Pasticceria Internazionale 351 gennaio 2024

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GENNAIO 2024

N.351

ANNO 47

Il futuro che vorrei Un mosaico di spunti a più voci, a più competenze

Maneggiare con cura e curiosità Tre nuovi libri di alto valore tecnico, e non solo, firmati Chiriotti Editori

Questione di consistenza Focus sulla texture, proprietà fondamentale per tatto, vista e udito

Attraversando la storia Le principali tappe dell’eccellenza d’Oltralpe raccontate da un nome eccellente

Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale DL 353/2003 (Conv.In L. 27/02/04) Art. 1 Comma 1 - NO/TORINO N. 01/2024 - IP - ISSN 392-4718


EDITORIALE

LA RIVOLUZIONE GENTILE Una nuova veste, nuove energie: l’autorevolezza e l’eleganza senza tempo che anticipa i tempi

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i piace la nuova veste della vostra “Pasticceria Internazionale”?! Abbiamo attraversato decenni, evoluzioni e accadimenti, sintonizzandoci con il mondo attorno a noi, raccontandolo, ispirandolo e valorizzandolo, mettendoci sempre in discussione per essere al servizio dei lettori e dei nostri partner. Una precisa scelta per essere costruttivi e non selettivi, senza ragionare per classifiche, ma lavorando a tutto tondo per far crescere al plurale, inclusivi e accoglienti. La nostra rivoluzione gentile, in marcia dal 1978, oggi porta ad una rivoluzione grafica e non solo, per sancire un nuovo passaggio, perseverando nella nostra filosofia editoriale che ci “obbliga” a evolvere, ascoltando e anticipando, nel rispetto di quanto fatto e di coloro che hanno influito significativamente in questo magnifico percorso. Ci riferiamo alla nostra Emilia Coccolo Chiriotti, fondatrice di “Pasticceria Internazionale”, che ci ha insegnato quell’etica e quell’amore che hanno reso la rivista un’istituzione, un faro, frutto del desiderio di illuminare, dare luce e “abitare” il comparto (e ancora di più chi agisce in esso), offrendo informazione, formazione, chiavi di lettura ed energia ottimista. Il tutto portato avanti con rigore deontologico, necessario per qualità e approfondimento, per stile e contenuti, per nutrire l’autorevolezza che tutti ci riconoscono, continuando ad amare le parole che sanno scavare oltre la superficie di un mondo fatto di mini messaggi e mini video. In questo contesto noiosamente mini, desideriamo invece raccontare in macro, in maniera verticale e non solo orizzontale. E non ci stanchiamo di confezionare contenuti approfonditi, anche fuori dal coro e oltre i sentieri più battuti, facendo cronaca e narrando una realtà che non ha bisogno di un bollino su Instagram per essere attendibile. Innovativa e anacronistica, indipendente, ammirata e impermeabile ai tentativi di imitazione, “Pasticceria Internazionale” cresce grazie ad un eterogeneo gruppo di stupendi e seri professionisti che condividono valori e visioni, e amore per il settore e per la comunicazione. È grazie a loro, a noi, se oggi vi presentiamo una nuova versione della rivista, assicurandovi che le radici sono sempre rigogliose e che gli investimenti aumentano, fra cartaceo e digitale, per offrire servizi a 360 gradi, performanti e pronti a dialogare con la nostra platea in tutti i modi plausibili. Ideatori di concorsi quando non esistevano, adesso che ce ne sono persino troppi promuoviamo una necessaria etica professionale, che porta all’unicità della creatività e delle qualità artigianali, cogliendo appieno il meglio della tecnologia e delle innovazioni. Un’etica che definisce l’identità di ogni singolo, senza dubbi e senza invidie, e l’identità di ogni professione, offrendo la ricchezza e la tridimensionalità di questo mondo dolce (e gelato), vero patrimonio da salvaguardare per il futuro. Di novità, oltre alla grafica, ve ne serbiamo tante in questo nuovo anno, ma non spoileriamo: leggete pagina dopo pagina, seguiteci nei tanti canali oggi attivi, e dialogate con noi! Buona lettura da tutta la redazione.

“La vita non va allungata, la vita va allargata” Seneca

Continuate a dialogare con noi info@pasticceriainternazionale.it

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Due domande a bruciapelo e, quello che doveva essere un ozio creativo, è diventato un ricco menù, pieno di cibo per la mente

IL FUTURO CHE VORREI

Lucilla Cremoni

SFERA DI CRISTALLO Pasticceria Internazionale n.351


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Il suo è un metodo, così come il suo è un agire con metodo: dialogando con Amaury Guichon, il re Mida del cioccolato social

METODO GUICHON

OLTRE L’APPARENZA Pasticceria Internazionale n.351


Abbiamo optato per il cioccolato al latte, per l’uovo, e per il fondente, per la base, che sono i due classici più amati e che, dal punto di vista tecnico, risultano di agevole lavorazione. Nebulizzando il burro di cacao su una base scura si ottiene un bell’effetto di lucentezza, che contrasta armoniosamente con la base in fondente

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NUOVI LIBRI DA DIVORARE

MANEGGIARE CON CURA E CURIOSITÀ S’intitola “Fragile” la prima magistrale opera del campione del mondo Lorenzo Puca

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una delle mie prime visite al Sigep e ricordo solo di essere rimasto colpito da quei colori così brillanti. Da lì cominciai a chiedermi cosa fosse e come si potessero realizzare. Come lo hai coltivato? Ho cominciato da autodidatta, cercando informazioni su libri e riviste. All’epoca niente era a portata di click, quindi si trattava di prove empiriche, giorno dopo giorno. Ho passato anni ad allenarmi e a praticare la tecnica che, dopotutto, come spiego sempre, è solo il frutto di duro lavoro e costanza, e chiunque può riuscire a dominarla. Poi, da quando ho cominciato con la prima competizione nel 2014, non ho più smesso di allenarmi fino alla vittoria della Coppa del Mondo 2021.

Per raccontare a fondo questa bella avventura editoriale, lasciamo la parola all’autore.

Da dove nasce questo amore per lo zucchero? Nasce tantissimi anni fa: vidi per la prima volta dei lavori in zucchero durante

Come descrivi il tuo libro? Un manuale tecnico, molto tecnico. Quello che ho pensato quando ho cominciato ad impostarlo è: cosa voglio trasmettere a chi lo leggerà? E, soprattutto, chi lo leggerà? Ho cercato di scindere il lato artistico da quello tecnico, perché l’arte ognuno di noi la vive e percepisce a modo proprio, mentre la tecnica non si discute. Ho pensato quindi di creare un libro proprio come se ne avessi avuto bisogno io, agli inizi. Un libro che parte dalle autentiche basi, proseguendo e approfondendo ogni singola tecnica fino alla massima espressione.

enio, follia, umiltà alloggiano tutti in questo vero campione del mondo, che ha saputo generare dalle sue doti artistiche e tecniche, dal suo carattere, così come dalle sue debolezze, una forza dirompente. Questa non solo l’ha condotto a conquistare quella Coupe du Monde de la Pâtisserie così sognata, così bramata, ma anche ad imporsi quale indiscusso talento e grande innovatore. Qualità che finalmente trovano massima espressione, e meritata celebrazione, in questo volume che rispecchia appieno la sua carica emotiva e professionale, codificando e illustrando - in maniera magnifica! tutto il suo sapere sullo zucchero. Sono esattamente queste le parole con le quali apriamo la novità libraria firmata da Lorenzo Puca: “Fragile” è il suo primo libro che, sin dal titolo, dichiara l’anima non solo dell’argomento, ovviamente lo zucchero artistico, ma anche in positivo quella dell’autore, sinonimo di mille altre caratteristiche che si ritrovano in ogni pagina, fra contenuti inediti, gestualità importanti e tecniche nuove. Un patrimonio di evoluzioni che dimostrano il genio non solo di Puca, ma anche dell’intera cultura dolciaria italiana. Nuovi tasselli che si fissano accanto a procedimenti antichi, tutti spiegati nei dettagli, grazie alla passione di Lorenzo, che rende tutto più chiaro, più gioioso, grazie al suo entusiasmo e alla sua tensione al miglioramento, che permettono a chiunque di capire, quasi di “toccare”, ogni creazione, ogni innovazione, frutto del suo talento innato ed educato, coltivato, sollecitato dall’incessante studio, dall’instancabile voglia di capire, sperimentare e andare oltre, in una storia d’amore infinita con la duttilità della materia, con il senso del colore, della tridimensionalità, delle trasparenze.

Ciò che è più complesso da imparare nello zucchero artistico è il momento giusto: di tirare, di strappare, di soffiare, di lasciare raffreddare… 67


VISIONI D’OLTRALPE

ATTRAVERSANDO LA STORIA L’appassionante intervista a Charles Znaty, già socio di Pierre Hermé e oggi fermo promotore della filosofia di Dengo

Domenico Biscardi

È

dalla Rivoluzione Francese che Parigi ha dichiarato l’ambizione di diventare vetrina del mondo. Dapprima volontà politica, poi obiettivo esteso alle arti e al sapere con la costituzione del museo universale del Louvre, il disegno di fare dell’antica Lutetia la nuova Atene e la nuova Roma si è esteso a buona parte delle discipline della conoscenza umana. Da lì l’esigenza di un apparato sofisticato e ramificato di luoghi di conservazione (musei e biblioteche), di tutela e valorizzazione (accademie e musei), e ricerca e sperimentazione (università e laboratori), essenziali al consolidamento del nuovo rango della capitale francese. Un rango al quale non potevano sfuggire forme di espressione artigianali, accomunate da un alto spessore di sapienza e creatività. Rientrano tra queste le arti culinarie (comprese la pasticceria e la cioccolateria), che partecipano in maniera organica al mantenimento di una posizione che, seppur non più egemonica come nel passato, resta di primo piano. L’incontro con Charles Znaty mi ha fatto pensare alla capacità che Parigi possiede di magnificare le idee, di tradurle concretamente senza svilirle e di connetterle al mondo, offrendovi una vetrina di riverbero dotata di una formidabile cassa di risonanza. Certo, a condizione che si abbiano stoffa e buona intuizioni, e Znaty, nonostante l’ironia e il senso dell’umorismo, su queste doti non scherza. Cofondatore del marchio Pierre Hermé, oggi CEO di Dengo France e presidente del Medef di Parigi (la Confindustria della capitale, ndr), è una persona di grande curiosità, attenta agli accadimenti nelle più varie sfere dell’azione umana e, allo stesso tempo, amante dell’isolamento dalla quantità di informazioni dalle quali siamo bombardati, poiché mal tollera l’aggressività insita nell’ingiunzione permanente della

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foto Maria Greco Naccarato

novità. Un personaggio di spicco nel mondo della creatività francese, capace di una trasversalità disciplinare stupefacente, alla quale sottintende una permanente ricerca di senso. Un’occasione interessante per percorrere alcune delle pagine più vivaci della storia della pasticceria francese, attraverso le parole di chi ha contribuito a scriverle.

30 ANNI DI STORIA DELLA PASTICCERIA Studente irrequieto, Znaty comincia a lavorare come redattore in un’agenzia di pubblicità a 19 anni, ambito in cui costruisce gradualmente un interessante percorso. A Parigi è titolare di un’agenzia di comunicazione e la clientela può contare sulle sue competenze in termini

di design e packaging. Tra i suoi clienti appare, tra il 1989 e il ‘90, Michel Bras. Lo chef si rivolge a lui nel momento in cui, con la moglie Ginette, decide di trasformare il ristorante di famiglia sito nel paesino di Layole, nel dipartimento dell’Aveyron al sud, nel magnifico Le Suquet, con gli architetti Eric Raffy e Philippe Villeroux: «È uno dei più grandi chef che io abbia mai incontrato - commenta Znaty - e non solo per le doti tecniche, ma perché unisce le sue capacità all’abilità di teorico e pensatore». Con Bras, Charles effettua un lavoro sull’identità visiva e sulle attrezzature, aspetti che oggi appaiono ovvi, ma che non erano banali in quel frangente storico: «Bras era cosciente di ciò che sapeva, di ciò che voleva, ma anche di quanto non sapeva e rispettava il lavoro di chi era specialista in altre discipline». Con lui impara ad “ascoltare” ciò che si mangia, a capire le ragioni di cotture e associazioni di sapori, a non dare per scontata la complessità che alberga persino nei piatti più semplici. Un bagaglio di conoscenze che si arricchisce dell’incontro con il giovane Alain Ducasse, chef del Louis XV a Montecarlo. Se con Bras aveva apprezzato la bontà di una cucina semplice, con Ducasse avviene la scoperta del lusso, per cui sedersi a tavola diviene un momento di astrazione in un tempo “altro”, attraverso ciò che si mangia e ciò che si vede in sala, tutti elementi che, nella declinazione ducassiana, superano l’immaginazione, grazie ad una sofisticatezza eccezionale. In quanto esperti di comunicazione, Charles e i suoi associati sono abituati a scegliere con attenzione la clientela e la loro agenzia è, in effetti, un luogo straordinario, nel quale ogni aspetto viene studiato. Si chiama Pennor’s & Peccinotti, in quanto Znaty è associato con Yan Pennor’s, grande tipografo, e Harry Peccinotti, eccellente fotografo,

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ESERCIZI DI STILE

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ESERCIZI DI STILE Schiacciare il fior di sale con il mattarello e setacciarlo con un colino medio/fine; utilizzare solo i cristalli più fini ricavati. Temperare il cioccolato e mescolarlo con il fior di sale. Su un foglio chitarra da 40x60 cm, stendere 320 g di cioccolato temperato. Posizionare un secondo foglio e un peso, per evitare che il cioccolato si deformi durante la cristallizzazione. Lasciare cristallizzare a 16°C per almeno 4 ore. Riporre in frigorifero per qualche ora prima di tritare finemente le scaglie di cioccolato al fior di sale. Conservare in contenitore ermetico.

Chantilly al fondente copertura fondente Dengo 70% crème fraîche liquida 32/34% mg (1) crème fraîche liquida 32/34% mg (2) scaglie di cioccolato al fior di sale totale

g g g g kg

600 1050 500 90 2,240

Sciogliere il cioccolato al microonde o a bagnomaria a 45°C. In planetaria con frusta, montare il primo quantitativo di crème fraîche liquida per un risultato morbido. Fuori dal fuoco, unire alla copertura sciolta il secondo quantitativo di crème fraîche liquida (2) non montata e il composto deve essere a circa 45°C. Aggiungere la montata in tre riprese, versare a pioggia le scaglie di cioccolato e utilizzare subito. NB Rispettare la temperatura corretta della ganache prima di unirvi la crème fraîche montata, perché ciò influenza la texture della chantilly.

Guscio in fondente copertura Dengo 70% olio di vinaccioli

Consigli ◆ Con la crema al cioccolato, prestare attenzione alla cristallizzazione (avviene in circa 12 ore), per una consistenza ottimale al momento del montaggio ◆ Verificare le corrette temperature di ganache e panna, affinché la chantilly risulti cremosa al momento del montaggio evitando che indurisca ◆ Controllare la tostatura degli anacardi per la realizzazione del pralinato, affinché non sia eccessiva.

kg g

1 50

Sciogliere la copertura a 36°C, quindi inserire l’olio di vinaccioli. Versare il cioccolato per metà in uno stampo a forma di cabossa (qui è utilizzato il modello Trésor de Cacao di Maé Innovation, mae-innovation.com), picchiettare per evitare bolle d’aria e rigirare lo stampo in modo che tutta la superficie sia ricoperta di cioccolato. Capovolgere lo stampo su una griglia e rifinire con una spatola prima che il cioccolato cristallizzi. Riporre in frigorifero per l’assemblaggio.

Massa da spruzzare al cioccolato fondente 70% burro di cacao totale

g g g

500 400 900

Mescolare insieme gli ingredienti e scioglierli nel microonde o a bagnomaria. Mescolare con un mixer a immersione, quindi filtrare con un colino a punta. NB Spruzzare la massa a una temperatura compresa tra i 45 e i 50°C.

Assemblaggio Prendere lo stampo a forma di cabossa contenente il guscio in cioccolato e, con un sac à poche senza beccuccio, riempirlo con 200 g di chantilly. Usando una spatola, livellare ai bordi per evitare bolle d’aria. Inserire l’inserto di biscotto morbido al cioccolato e anacardi e crema al cioccolato, sempre avendo cura di eliminare eventuali bolle d’aria. Se necessario, spalmare un ulteriore strato sottile di chantilly (20 g) e adagiare la Base ovale in pasta frolla al cioccolato e fior di sale con pralinato fondant di anacardi. Porre in congelatore coperto con pellicola per 3 ore prima di sformare.

Finitura Collocare le cabosse congelate su una griglia in acciaio inossidabile e riporle in congelatore. Portare intanto la massa da spruzzare a 45°C, inserirla nella pistola apposita e spruzzare uniformemente le cabosse. Usare un cannello per dolci per un effetto velluto irregolare.

Consigli per la degustazione Togliere la cabosse dal frigorifero 30 minuti prima di servire. Riscaldare la lama del coltello prima di porzionare.

Bevande in abbinamento Acqua frizzante, tè nero (Ceylon, Darjeeling), caffè filtro o espresso, birra scura (Porter o Stout), vino rosso (Cabernet Sauvignon o Merlot). Thomas Bassoleil Dengo Parigi fr.dengo.com foto Maria Greco Naccarato

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TRIS VINCENTE

NON C’È IL DUE SENZA IL TRE Giambattista Montanari dà alle stampe il suo terzo libro, ennesima dichiarazione d’amore per la pasta lievitata

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ono due le passioni di Giambattista Montanari: la prima è la pasta lievitata, la seconda è il latino. Ed ecco che, unendole, prende forma la sua terza fatica editoriale: “Mater Fermentum – La genesi della pasta fermentata” (Chiriotti Editori). E scriviamo fatica non a caso, visto che il suo appassionato viaggio nel codificare l’evoluzione tecnica, scientifica, sensoriale e creativa del lievito ha richiesto (e richiede) un grande impegno. In un crescendo di oltre 17 anni, è stato contrassegnato da punti fissi: con il suo primo libro pH 4.1, l’Autore ha dato un’identità chiara alla pasta lievitata, disciplinando tante informazioni spesso tramandate solo a voce. Con il suo secondo, Omnia Fermenta, ha approfondito la tecnologia degli impasti a lievito madre ed esplorato nuovi territori, dimostrando quanto sia necessario l’aggiornamento in laboratorio e quanto questo sia stato capito dagli artigiani, considerato il successo di entrambi i volumi. Con questo terzo, Giambattista espande ulteriormente, e in maniera esponenziale, l’argomento, con ricerche, studi e test sul campo. Un libro “non facile”, frutto di una lunga gestazione e di un serio lavoro di squadra, per garantire la massima chiarezza, di contenuto ed estetica, a un materiale così vasto, così altamente tecnico. E, infatti, il linguaggio diretto, la complessità della materia e la profusione “MATER FERMENTUM – LA GENESI DELLA PASTA FERMENTATA” Giambattista Montanari per Chiriotti Editori Foto di Giancarlo Bononi pag. 544 - € 90 formato e-book € 52,99 Si ringraziano, Corman e Molino Pasini

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dei dettagli con cui gli argomenti vengono trattati sono resi accessibili grazie all’interpretazione grafica di Barbara Orofalo, mentre le ricette diventano ancora più golose grazie agli scatti fotografici di Giancarlo Bononi, affiancato da Vilmer Amadini. Questo terzo libro è quindi l’evoluzione e l’integrazione dei due precedenti, a formare una “collana” da considerare e studiare assieme: ognuno con una propria identità, che racconta anche un preciso momento storico, emotivo e culturale, a tracciare il percorso nei decenni e a rispondere ad esigenze sempre attuali. Tre “pietre miliari” che soltanto Giambattista poteva affrontare, non solo per la sua riconosciuta competenza, confermata e potenziata proprio dai suoi libri, ma specie per la sua capacità di divulgare, di trasmettere il frutto della sua costante ricerca. Con una carica umana inconfondibile l’Autore sa infatti conquistare ogni lettore, rendendo comprensibile da tutti i punti di vista la materia incantevole che è la lievitazione, fra scienza e arte. Anche in questo terzo viaggio la sua esperienza, la sua passione e la sua curiosità si esprimono nel migliore dei modi, pure trovando spazio per ospitare 16 amici, che arricchiscono ulteriormente il contributo pratico, fatto di ricette tradizionali e innovative, territoriali e internazionali. Giambattista, vuoi descriverci la tua terza opera? Sono molto soddisfatto, perché questo nuovo libro abbraccia tutto il mondo delle fermentazioni, dalla biga al poolish, dalle paste di riporto al lievitino, considerando aspetti microbiologici, preparazioni e utilizzi, per poi addentrarsi nella pasta madre (derivante da grano tenero, grano duro, segale, cereali senza glutine, legumi, pianta del cacao, germe di grano e osmotollerante), fra


CASA MANFREDI SI FA IN TRE

APERTI AL FUTURO A Roma, quella di Giorgia Proia e Daniele Antonelli è una storia imprenditoriale che si fa in tre

Chiara Mancusi

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asce sotto una buona stella in viale Aventino, nella Capitale, e subito diventa casa per la gente del posto e non. L’impronta emozionale del progetto è chiara già dal nome che, presto fatto, diviene un ricercato marchio artigianale: Casa Manfredi, emblema del concetto di buono, che Giorgia Proia, la pastry chef, con Daniele Antonelli, suo compagno di vita e di avventure lavorative, rilancia oggi in altre due location, Casa Manfredi Teatro, in via dei Conciatori, zona Piramide, e all’Anantara Palazzo Naiadi Rome Hotel. Casa Manfredi si fa in tre riconfermandosi sulla scena dell’alta pasticceria, dopo anni di studio e partecipazioni ad eventi, vissuti con impegno ed entusiasmo, per fare tesoro dell’esperienza. E forse è proprio questo il segreto. Non hanno mai smesso di lavorare alle novità di prodotto, guadagnando fiducia e affezione, tra clienti e menzioni giornalistiche. Per la migliore colazione a Roma, in primis; per aver intrapreso nuove strade in questi anni, tra salato e delivery in pieno Covid, tracciando la strada per la prima personalizzazione digital della torta e per l’experience di specialty coffee, non meri accompagnatori del dolce; per l’inventiva messa a frutto in lievitati da colazione, diventati iconici del locale, ed esser stati apprezzati non solo per il panettone, ma anche per il pandoro e per l’uovo di Pasqua al gin. Per essere una coppia caparbia nell’investire e crescere. Quella di Giorgia e Daniele è una storia imprenditoriale aperta al futuro.

TRE VISIONI E ALTRETTANTI CODICI I due hanno messo a segno tre visioni e altrettanti codici, ognuna con il suo perché, in sintonia con le tendenze del momento, nutrita dal grado di golosità

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LA FRITTURA IN PASTICCERIA

SIAMO FRITTI! Nove persone su dieci amano il fritto. La decima mente! E per tutti loro, ecco il libro ideale: “La frittura in pasticceria”

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utti amano il fritto, sia salato che dolce, così come tutti pensano di padroneggiare la tecnica della frittura, tanto diffusa e radicata, sia storicamente che culturalmente. Ma già il termine “tecnica” al singolare è fuorviante: sono molteplici le tecniche da conoscere ed è da questa consapevolezza che prende

forma la novità “La frittura in pasticceria”, frutto di un lavoro a più mani e a più competenze, per offrire una visione completa, esaustiva e di alto profilo professionale. L’obiettivo era codificare un patrimonio eterogeneo e sfaccettato, analizzando metodologie, prassi e ricette, e abbracciando più tradizioni non solo

nazionali. Un percorso stimolante che ha portato ad un risultato di valore: Massimo Carnio ha infuso rigore sia professionale che umano, orchestrando la squadra in un’armonia che traspare pagina dopo pagina. Tutti gli aspetti scientifici e nutrizionali legati al ben-essere sono autorevolmente firmati dal prof. Franco Antoniazzi, mentre quelli dedicati alle sfiziose ricette salate sono opera dello chef Marco Martinelli. Un “trio” che rende completo e sostanzioso il nuovo libro, reso ancora più efficace dalle foto di Maurizio Lodi e dalla grafica originale curata da Taurinense. “Sono cresciuto nel mondo del dolce e il fritto mi ha sempre dato grandi soddisfazioni ed emozioni. È un argomento fondamentale in pasticceria e mancante di un testo aggiornato e approfondito. La curiosità, la voglia di approfondire e conoscere ricette storiche e internazionali mi hanno spinto in questo progetto, per rendere la frittura ‘facile’, attraverso la tecnica, la scienza e la creatività”. Esordisce così Carnio dalla sua Villa dei Cedri a Valdobbiadene, Tv, con il quale ripercorriamo la genesi del progetto editoriale.

Come avete gestito la costruzione del libro a sei mani? È stata una mia iniziativa ed ero consapevole dei miei limiti, così ho cercato

Immergere un prodotto preparato con cura e dedizione all’interno di un grasso in precedenza riscaldato fino a doratura voluta. Questa è l’essenza del friggere

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TECNOLOGIE ALIMENTARI

QUESTIONE DI CONSISTENZA Nota anche come texture, è una proprietà sensoriale dovuta a un insieme di caratteristiche meccaniche, geometriche e di superficie degli alimenti, percepibili attraverso il tatto, la vista e anche l’udito

Rossella Contato

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Lo standard ISO 5492, 1992 definisce la texture come “tutti gli attributi meccanici, geometrici e di superficie di un alimento percepibili per mezzo di recettori meccanici, tattili e, quando appropriato, visivi e uditivi”

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principali elementi che determinano l’accettabilità dei cibi sono aspetto, sapore (inteso come somma di gusti e aromi) e consistenza. È sufficiente che uno dei tre deluda le aspettative perché quel cibo venga rifiutato o, comunque, risulti poco gradito. Soffermiamoci sulla consistenza: è un insieme di diverse caratteristiche che derivano dalla struttura dell’alimento, a sua volta correlata a più fattori fra cui composizione chimica, stato fisico e geometria. È una proprietà sensoriale a tutti gli effetti poiché viene percepita attraversi i sensi, principalmente il tatto, ma anche la vista e l’udito possono essere coinvolti. Ancora prima di toccare il cibo e di introdurlo in bocca, infatti, spesso siamo in grado di prevedere quale sarà la sua consistenza osservandone l’aspetto e ascoltando il rumore che produce quando lo manipoliamo. Si tratta dunque di un’esperienza legata alla nostra interazione con il cibo, da cui originano molteplici stimoli che operano in combinazione fra loro. Sinonimo di consistenza è il termine inglese texture, dal latino textura che indica l’atto del tessere. In origine era infatti impiegato in riferimento ai tessuti per descriverne la struttura, l’aspetto e la sensazione tattile. La traduzione letterale in italiano sarebbe “tessitura”, ma questa parola non rende interamente il significato. Lo standard ISO 5492, 1992 (che riguarda il vocabolario impiegato nelle valutazioni sensoriali) definisce la texture come “tutti gli attributi meccanici, geometrici e di superficie di un alimento percepibili per mezzo di recettori meccanici, tattili e, quando appropriato, visivi e uditivi”. Studiare la consistenza (o texture) degli alimenti è importante per diverse finalità: • sviluppo di nuovi prodotti, ad esempio giocando sulla compresenza di consistenze a contrasto

• controllo qualità in prodotti come i biscotti frollini si valuta la friabilità, nel pane fresco la croccantezza della crosta, nella frutta matura la morbidezza, nel gelato la cremosità • studi di shelf life si valuta come cambia la consistenza nel tempo fino al raggiungimento di una soglia oltre la quale il prodotto non è più accettabile

(rammollimento dei biscotti, indurimento dei lievitati...) • scelta delle macchine/attrezzature idonee alla lavorazione dei prodotti in funzione della loro consistenza • scelta del packaging più adatto sotto vari punti di vista: protezione, contenimento e servizio.

COSA SUCCEDE IN BOCCA Durante le prime fasi della masticazione il cibo inizia a disgregarsi, in modi diversi a seconda della struttura. Si percepiscono le caratteristiche di consistenza dovute a costituzione fisica (duro, morbido), deformazione e rotture (friabile, plastico, croccante, spugnoso). Nelle fasi successive viene via via secreta la saliva e impastata insieme al cibo (che prende così il nome di “bolo”) per lubrificarlo. L’effetto di lubrificazione è svolto anche da umidità e grassi presenti. Gli attributi percepiti sono quelli che si riferiscono alla struttura dell’alimento (liscio, grossolano, polveroso, grumoso e pastoso), consistenza (cremosità, acquosità) e adesione al palato (collosità). Dopo la deglutizione del bolo i residui di cibo in bocca possono trasmettere sensazioni di scioglievolezza, untuosità, gommosità e filante. Ma a cosa si deve la percezione di tutto ciò? Mentre i segnali visivi e uditivi sono percepiti attraverso organi di senso specializzati – gli occhi e le orecchie –, i sensori che ci permettono di percepire la consistenza sono distribuiti in tutto il nostro corpo. Fanno parte del sistema somatosensoriale (o somestesico), responsabile della rilevazione, trasmissione ed elaborazione di informazioni provenienti sia dalle parti interne del corpo (organi, muscoli), sia da quelle superficiali (cute). Esistono diversi tipi di recettori somatosensoriali: tattili o meccanocettori (attivati da stimoli meccanici superficiali), termocettori (rispondono alle variazioni della temperatura),


ABOUT CHOCOLATE

COSA ABBINARE AL CIOCCOLATO? Guido Castagna

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n degustazione, la questione di cosa abbinare al cioccolato è uno dei dubbi che mi viene posto più sovente. Ovviamente in chiave solida è tutto più semplice, grazie al classico pane o al croccante grissino, che ben si sposano con la parte dolce del cioccolato. Ma cosa possiamo bere in abbinamento? Una tisana, un caffè o bevande come il marocchino o il bicerin si abbinano in facilità, perché la temperatura calda permette al cioccolato o alla crema gianduia di sciogliersi bene. Però, quando vogliamo puntare su qualcosa di più “sofisticato”, mettiamo la sera dopo cena, la scelta diventa più difficile. Di norma i sommelier suggeriscono di abbinare dolce con dolce. Ma su questo io non sono proprio d’accordo: dipende quando, come e con quale dolce. Facciamo un esempio: siamo a luglio, ad pranzo di nozze e, dopo 10 portate abbondanti, la torta nuziale viene servita alle 17. Bella, con tanta panna e piuttosto “zuccherina”: insieme cosa ci mettiamo? Un vino Moscato o qualcosa di secco che pulisca la bocca? Io preferirei la seconda opzione, ma tendenzialmente l’idea è di optare per il dolce… Però, se parliamo di cioccolato, ci sono canoni da rispettare che sono fondamentali. Prima di tutto: cos’è che aiuta a legare la parte liquida a quella grassa del cioccolato? È l’alcol, in quanto emulsionante naturale che riesce a creare un perfetto abbina-

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mento. Attenzione però, perché si cade facilmente su “ordiniamo un rum? Un distillato?”. Non è l’abbinamento adatto proprio per tutti e allora si può scendere con la gradazione e andare verso vini fortificati, strutturati, come possono essere i passiti, i vini del ghiaccio e, perché no, il vermut, visto che il cioccolato di tradizione è molto “torinese”. Per chi non lo conoscesse, il vermut è un vino addizionato di spezie, zuccheri e

alcol così da conservarsi nel tempo, che raggiunge i 17/18% vol. Gradazione alcolica perfetta per l’abbinamento al cioccolato che, per sua natura, è grasso (lo so, è brutto da dire, ma è effettivamente grasso!). Difficilissimo invece, direi quasi da bocciare, è l’abbinamento con la bollicina bianca. Questo perché, innanzitutto, la temperatura di servizio è intorno ai 5/6°C e sappiamo tutti benissimo che il burro di cacao fonde a 35°C e quindi questo è già un ostacolo. Inoltre, la bollicina “disturba” un po’ il palato, per non parlare della gradazione alcolica che può essere intorno ai 10% vol, quindi troppo bassa e non adatta. L’alternativa può essere un vino rosso un pochino più strutturato, tipo una Barbera dai 15% vol in su, ma, dovendo dare la mia opinione, desidero sottolineare che abbiamo un’Italia ricca di passiti e di tanti vermut che si sposano veramente bene al cioccolato. Quindi, riassumendo, il mio spassionato consiglio è di optare per una gradazione alcolica intorno ai 17% vol, un servizio a temperatura ambiente, con il cioccolato anch’esso a temperatura ambiente. E, mi raccomando, non va tenuto assolutamente in frigo! Buona degustazione a tutti

IL PUNTEGGIO PIÙ ALTO AGLI ICA 2023 VA AI GIUINOTT La stagione 2023 degli International Chocolate Awards si è conclusa a Firenze con una finale, guidata da Martin Christy, Monica Meschini e Maricel Presilla, dedicata al miglior cioccolato del mondo. Secondo una votazione alla cieca della giuria, composta da membri provenienti da tutto il mondo, più marchi hanno ricevuto oltre 10 riconoscimenti: Fu Wan, da Taiwan, 18; il danese Mikkel Friis-Holm 14, più 9 speciali; l’americana Goodnow Farms, 12. Nelle categorie di cioccolato a base di nocciole gli italiani, tra cui Guido Castagna, Depetris Riccardo e i fratelli Gardini, impongono il loro dominio e brilla la quota rosa, con Monia Achille, Francesca Caon e Stefania Massera. Si attesta oltre la soglia dei 90 il punteggio dei vincitori assoluti, a testimonianza di quanto ogni anno il concorso alzi l’asticella della qualità, con candidature di valore. Il punteggio più alto della finale è andato al Giuinott (94,4) di Castagna. Tra i vincitori assoluti, il piemontese si posiziona quindi al top, seguito dai norvegesi Fjåk Chocolate e Vigdis Rosenkilde, e dal canadese Chaleur B Chocolat. E adesso è il turno della World Drinking Chocolate Competition. chocolateawards.com


PANE, AMICIZIA E CIOCCOLATO

Tartelletta Palet Or

Pasta lievitata al cacao farina brioche soft cacao lievito naturale sale lievito compresso uova latte zucchero di canna burro miele

g g g g g g g g g g

950 50 200 20 30 400 200 250 250 50

Impastare e lasciare puntare per 30 minuti. Schiacciare l’impasto e mettere in frigorifero a 4°C per 10-12ore. Togliere dal frigorifero e procedere in uno di questi due modi: pesare dei pezzi da 50 g, dando loro una preforma rotonda. Dopo 10 minuti, lavorarli nuovamente, per dare la forma definitiva. Aspettare che la pasta si rilassi, poi appiattirla, collocarla su uno stampo da tartelletta al contrario e adagiare un controstampo; laminare la pasta, lasciarla riposare e, una volta raffreddata, tagliare a cerchio, quindi collocarla su uno stampo da tartelletta capovolto e adagiare un controstampo. Far lievitare per 90 minuti a 28°C. Cuocere a 170°C per 16 minuti e fare raffreddare le tartellette. Farcire e decorare.

Ganache fondente per crostata latte vaccino intero pastorizzato sciroppo di glucosio 60 DE zucchero invertito in pasta (trimolina) copertura fondente 72% panna UHT 35% mg olio di girasole totale

Qtà (g) Qtà (%) 180 40

18 4

70 400 280 30 1.000

7 40 28 3 100

Portare a bollore il latte con sciroppo di glucosio e trimolina. Versarvi sopra la copertura ed emulsionare con un mixer a lame. Aggiungere la panna e poi l’olio, entrambi a filo, quindi raffreddare a 32°C. Colare nei fondi cotti di pasta lievitata.

Crema pasticcera al cioccolato bianco Qtà (g) Qtà (%) latte vaccino intero pastorizzato saccarosio semolato baccello di vaniglia saccarosio semolato amido di mais amido di riso tuorli pastorizzati massa di gelatina copertura bianca 35% burro cake multiuso 82% mg totale

496 45 1,5 65 25 25 65 30 99 50 900

55,2 5 0,2 7,2 2,8 2,8 7,2 3,3 11 5,5 100

Portare a bollore il latte e la prima parte di saccarosio (5%). A parte, pre-miscelare gli amidi con la seconda parte di saccarosio, aggiungervi i tuorli e mescolare con la frusta. Una volta giunto il latte ad ebollizione, versarvi dapprima una parte sull’appareil di tuorli e amidi e stemperare, poi trasferi-

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PANE, AMICIZIA E CIOCCOLATO re il tutto. Cuocere fino alla pregelatinizzazione degli amidi, togliere dalla fonte di calore e unire il cioccolato fuso. Emulsionare con un mixer a lame e inserire il burro morbido, continuando ad emulsionare. Mettere in un contenitore in acciaio basso e largo, coprire con pellicola a contatto e abbattere di temperatura a ciclo positivo. Conservare in frigorifero per massimo 3 giorni. Composizione Una volta raffreddate le basi, inserire al centro di ciascuna la ganache al cioccolato fondente colata a 30°C e lasciare cristallizzare 10/15 minuti in frigorifero. Decorare con un anello di cioccolato forato al centro. Posizionare un bignè farcito con la crema pasticcera al cioccolato bianco spolverato con zucchero a velo. Yuri Cestari e Enzo Marinato foto Matteo Lonati

Pasticceria Internazionale n.347


FRONTE BAR

IL MOMENTO DELLA CASCARA Grazie al contributo di Rêver, ecco come utilizzare la cascara in cioccolateria

Fabio Verona

M

artina è la più grande, quella che di solito parla, ma tutti parlano poco: sono tanto timidi quanto bravi!”, Fabio Verona così esordisce nel raccontarci dei tre amici e colleghi romani - Martina Mantica, Christian Galante e Cristina Pelliccioni - che con successo conducono Rêver, la pasticceria che ad Albano Laziale, nella zona dei Castelli Romani, rappresenta, come indica il nome stesso del locale (sognare, in francese), appunto il loro sogno divenuto realtà. “Sono andato a trovarli due volte – prosegue Fabio –: prima dell’apertura, avvenuta nel maggio dello scorso anno, per uno stage di formazione sulla caffetteria, e poi a locale avviato. Si tratta di una realtà inconsueta: un paesino sui

Pasticceria Internazionale n.351

Colli Albani, uno di quelli ‘antichi’, con le immutate tradizioni, le norcinerie, la porchetta e i cibi saporiti… Poi improvvisamente trovi loro: puliti, luminosi, diversi, innovativi, giovani, timidi, coraggiosi, sicuri, con prodotti di prima qualità. E sbancano! Ecco infatti code interminabili di clienti, prodotti finiti alle 9 del mattino e lamentele perché non ci sono abbastanza Croissant Roll, la loro specialità, cioè i lievitati tondi farciti con crema, visciole e mandorle oppure nelle versioni con pistacchio e lamponi o con pralinato alla nocciola e crema”. Dopo aver operato in un primo piccolo laboratorio, dedicato soprattutto ad una produzione di tipo tradizionale, ne è da poco entrato in attività un secondo,

grazie alla fortunata acquisizione di un locale vicino, dove si producono elaborati di concezione moderna, anche su ordinazione. “È piacevole parlare con loro e traspare la passione per la materia prima e per la pasticceria ‘pura’, abbinata all’innovazione e alla ricerca”, aggiunge Fabio. Oltre alla pasticceria moderna e ai loro ormai celebri lievitati da colazione, il locale offre il gelato in estate e un’offerta curata di prodotti di caffetteria. Di qui, grazie alla propensione dei tre per la ricerca, nasce la ricetta delle praline alla sempre più in voga cascara, “la parte rimanente della buccia e della polpa della drupa del caffè, a seguito di lavaggio e spolpatura”, come spiegava nel dettaglio il nostro esperto di caffè sul n. 348.

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SWEET FINE DINING

VOCE AI PASTICCIERI DA RISTORAZIONE Inizia dalla Capitale la nuova rubrica dedicata alla pasticceria protagonista nell’alta ristorazione

Sarah Scaparone

L

a professione del pasticciere da ristorazione ha ancora una lunga strada da percorrere prima di essere riconosciuta come merita all’interno del “sistema cibo” italiano. Nonostante un ruolo di primaria importanza (anche storica) nelle dinamiche dell’offerta di un’esperienza di fine dining, questa figura (quando esiste) viene spesso offuscata dalla presenza dello chef. Ma il vero problema è che sovente anche ristoranti di ottimo livello non hanno all’interno del loro organico un pasticciere ad hoc. Non molto sono valsi, fino a ora, i tentativi di associazioni come quella degli ormai ex Pass121, di indire eventi negli eventi o i premi che negli ultimi anni vengono assegnati da guide o classifiche mondiali capaci di accendere i riflettori sul sistema. Importanti riconoscimenti che testimoniano una rinnovata attenzione anche in Italia, ma che lasciano un po’ d’amaro in bocca. Se un’istituzione come quella della Guida Michelin premia, nell’edizione 2024, la pasticceria dei ristoranti, perché sul palco chiama a ritirare il riconoscimento gli chef? Del resto cucina e pasticceria hanno confini sempre più labili e il loro confronto è una realtà consolidata nelle cucine dei ristoranti, dove sono chiamati a viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda, in un lavoro sinergico e di fiducia. Manca però ancora oggi, in Italia, la volontà di dare come fatto assodato la presenza, l’importanza e la bravura di una figura professionale fondamentale come quella del pasticciere da ristorazione. Volontà da noi nutrita negli anni attraverso collaborazioni fattive con eventi nazionali, iniziative formative, libri dedicati (come i due firmati da Fabrizio Fiorani) e articoli approfonditi. Il tutto reso ancora più chiaro e indelebile da quello che oggi viene definito un “manifesto della categoria”, ovvero il libro “La pasticceria da ristorazione contemporanea - Rigore

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Ecco perché, a partire da questo numero, racconteremo i protagonisti, entrando nelle cucine di grandi ristoranti italiani e non solo, andando alla scoperta di quei professionisti che contribuiscono a rendere memorabile l’esperienza a tavola.

A ROMA, LA CUCINA ITALIANA CHE GUARDA AL MONDO

Antonio Ziantoni

Christian Marasca

Creativo”, curato da Giuseppe Amato e Lucilla Cremoni: la parte introduttiva offre infatti un excursus storico e una definizione dettagliata del mestiere, da tutti i punti di vista.

Ridare alla pasticceria la dignità che si merita. Da questo assioma nasce la proposta dolce di Zia, ristorante stellato guidato da Antonio Ziantoni a Roma, in quel di Trastevere. Aperto nel 2018 sulla strada che porta verso il Gianicolo, il locale rispecchia la filosofia dello chef nato a Vicocaro, nella campagna tra Roma e l’Abruzzo, nel 1986. Con lui, in sala, la compagna Ida Proietti, mentre la pasticceria è sotto l’egida di Christian Marasca, che qui lavora sin dall’apertura. Accogliente, moderno, essenziale, il locale è una cornice neutrale per non mettere in ombra il protagonista di ogni esperienza culinaria: ciò che viene servito in tavola, il cibo. Un menù sintetico composto da piatti alla carta e percorsi degustazione, “perché bisogna lasciare libertà ai clienti e non obbligarli a estremismi”, spiega Ziantoni, che nasce come geometra e si forma in Alma, a Colorno, Pr. Da lì un percorso in crescita che lo porta a varcare le porte di cucine di mezzo mondo: dal Nord Africa alla Cina e all’Australia, dalla Francia del pluristellato Georges Blanc alla Londra di Gordon Ramsay, sino al bistellato Pagliaccio di Anthony Genovese, a Roma, dove torna, dopo lo stage iniziale, per poi restare per 4 anni. È qui che incontra Marasca, che lo seguirà nell’avventura di Zia. “Il mio sogno – spiega Ziantoni – era quello di aprire un ristorante in campagna, nella mia zona di origine, ma era veramente dura. E così ho iniziato


Brillante direttore di SigepGiovani, formatore e divulgatore, Samuele Calzari risponde a dubbi e quesiti, giunti a info@pasticceriainternazionale.it

NOI X VOI 4.0

Buongiorno Samuele, potrebbe indicare qual è la gelatina migliore per i dolci moderni? Io utilizzo la colla di pesce, so che ce ne sono diverse. Andrea, Latina

Pasticceria Internazionale n.347 130

Buongiorno a lei, provo a riassumere quali sono le principali gelatine in commercio, evidenziando che ciascuna conferisce una consistenza differente: in base alla tipologia di prodotto da gelificare, può selezionare la più adeguata. Carragenina Iota gelificante vegetale derivato da alghe rosse Chondrus crispus (crondo crispo) provenienti dalle coste settentrionali dell’Oceano Atlantico, ideale per creare un gel morbido ed elastico che, se rotto, si ricompone lasciandolo riposare. Ecco perché il suo utilizzo è interessante. Si scioglie in acqua a circa 60°C ed è utile anche come stabilizzante nel gelato. Gelatina kappa ricavata da alghe rosse, si usa per strutture rigide e ben ferme; anche per semifreddi. È insolubile in acqua fredda e si scioglie circa a 80/90°C. Caratteristiche importanti sono la reversibilità a freddo e la facilità con cui può creare sineresi con rilascio d’acqua. Guar fibra estratta dall’endosperma dei semi del guar, altamente idrosolubile, è spesso utilizzata come gelificante e come sostitutivo del glutine per dare elasticità agli impasti. Ideale in gelateria come stabilizzante, presenta più benefici per il nostro organismo. Agar-agar composto da due polisaccaridi, solubile dopo ebollizione. È un gel termoreversibile, ma solo a temperature elevate (circa 80°C per liquefarlo); è consigliato per prodotti che, anche subendo un innalzamento di temperature, non alterano le loro caratteristiche organolettiche. Ideale in cucina e per preparazioni al sifone. Colla di pesce composta da proteine derivate da materie prime animali, ha punto di fusione di circa 37°C (come il nostro corpo) e per questo rende i prodotti piacevoli al palato. Si trova in fogli, polvere o granulato. Ha una capacità di assorbimento dell’acqua pari a 1-5 e di norma si scioglie in rapporto di 1 g di gelatina x 5 g di liquido. La dose media è di 20-30 g per 1 litro di liquido. Solubile in acqua calda attorno a 60°C, in fase di raffreddamento forma un gel elastico e senza sineresi. Il valore Bloom espresso in gradi (tra i 50 e i 300) indica la forza gelificante del prodotto. Pectina rientra nella famiglia dei polisaccaridi, di origine vegetale e viene ricavata da frutta o verdure. Ne esistono due tipologie: ● HM (high methoxylation) alta metossilazione (processo di esterificazione). Crea un gel in funzione della tempe-

ratura a un Brix (concentrazione di zuccheri) elevato e a pH acido (circa 3). Adatta in confetteria e per marmellate e confetture. ● LM (low methoxylation) bassa metossilazione. L’attivazione necessita di temperature alte a prescindere dai gradi Brix, avviene in ambiente basico ed è influenzata da sali di calcio.

Buonasera, devo iniziare un nuovo lavoro e mi è stato chiesto di inventarmi una o più ricette per biscotti da latte. Ha qualche suggerimento da offrirmi? Gaetano Buongiorno Gaetano, i biscotti da latte, tipici della nostra tradizione, sono adatti all’inzuppo e qui le riporto 3 ricette. Il procedimento è identico per tutte.

Biscotti da latte 1 farina 00 saccarosio burro latte uova lievito per dolci

g g g g g g

650 220 125 100 150 10

Biscotti da latte 2 farina 00 saccarosio latte burro uova lievito per dolci

g g g g g g

350 150 100 50 50 8

Biscotti da latte 3 (senza burro) farina 00 g uova g olio di semi g latte g lievito per dolci g

300 100 50 50 8

Iniziare a lavorare gli ingredienti liquidi (burro, latte, uova, olio) insieme allo zucchero, poi aggiungere la farina precedentemente setacciata con il lievito per dolci e impastare come per una normale pasta frolla. Fare riposare l’impasto ottenuto per circa 2 ore in frigorifero, poi stendere 0,5 cm e formare i biscotti. Spolverizzare un leggero strato di zucchero semolato (per arricchire la texture in degustazione) e cuocere a 170°C per circa 15 minuti. Samuele Calzari samuelecalzari.com


NOTIZIARIO ROBOcream

Barry Callebaut

L’innovazione al servizio dell’artigiano

La parola d’ordine è PLAY!

Per una “crema pasticcera da numeri uno”, ROBOcream semplifica la quotidianità con l’obiettivo della qualità massima e, al tempo stesso, del risparmio,

della sicurezza e della multifunzionalità. Grazie alla capacità di lavorare in autonomia, la macchina consente di ottimizzare le operazioni in laboratorio per la massima costanza nel risultato, potendo replicare le ricette della tradizione, senza dover apportare modifiche, o di crearne di nuove. Facile da usare e con un’interfaccia intuitiva, la linea permette a coloro che già operano all’avanguardia di migliorare ulteriormente le performance. robocream.com

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Il team internazionale di Barry Callebaut ha progettato un 2024 ricco di novità. Al Sigep, come ricorda Alberto Simionato, direttore della Chocolate Academy di Milano, “siamo felici di accogliervi e farvi vivere tutte le emozioni del cioccolato. Partiamo con la finale italiana del World Chocolate Masters, il principale concorso dedicato alla creatività degli artigiani, con finale mondiale nell’autunno 2025”. Accanto al contest internazionale, a Rimini sono in scena le novità studiate dai brand Callebaut,

Cacao Barry e Monalisa che, grazie a chef emergenti, prodotti innovativi e forme inedite, disegnano un’ulteriore dimensione della materia prima, con nuove consistenze, abbinamenti ed esperienze. Chocolate Academy Milano è un laboratorio in continua attività, che accoglie i professionisti in percorsi di formazione dedicati al cioccolato in tutte le sue forme ed è parte del network internazionale, che include 26 realtà attive, spaziando dagli USA all’Asia e in 11 nazioni europee, formando in media 500 professionisti ogni settimana. barry-callebaut.com chocolate-academy.com

Foto di gruppo per la squadra di resident chef che opera presso la Chocolate Academy a Milano: da sinistra Ciro Fraddanno, choco gelato chef; Alberto Simionato, direttore; Marta Giorgetti, chef (e anche autrice, con Davide Comaschi, di “Sul cioccolato” per Chiriotti Editori) e Diego Poli, chef.


APRO ANCH’IO offrire la specialità sempre tiepida. “Credo in un ritorno al classico, con la sfoglia a regalare gioia al palato”, afferma Luigi Martini, che racconta della grande festa con fornitori, amici e parenti, al cospetto di una gigante millefoglie. Una soddisfazione resa ancora più tangibile dopo aver dovuto rifare, in fretta e furia, tutto il tetto della pasticceria, distrutto da una devastante grandinata estiva. pasticceriamartiniflavio.it

Il veg gourmet della capitale

Da un’idea di Valentina de Matteis, ideatrice di Romeow Cat Bistrot, prende vita Julietta Pastry and Lab, prima pasticceria gourmet vegetale a Roma, nel

Bon Marché e Saint-Germain-des-Près, capace di attirare la clientela agiata dei dintorni e il notevole flusso turistico. L’architetto Laurence Bonnel firma l’arredamento, mescolando marmi italiani a un parquet di legno. I colori dei materiali sottolineano il packaging dai toni marrone scuro, che contiene le creazioni del marchio, il cui catalogo enumera bacche di vaniglia, ganache, praline, tavolette e frutta candita, tutto senza zuccheri e grazie all’uso dell’acqua di betulla (foto @Clemence Sahuc). chocolat-allenorivoire.fr

Il secondo indirizzo di Dengo Dopo l’inaugurazione del primo store a Montmartre, Dengo apre un secondo negozio nella centrale rue Bonaparte, a Parigi. Personale brasiliano, tavolini da degustazione, un arredo dai colori caldi,

30 anni a Valeggio

vivace quartiere Ostiense, dall’ispirazione francese curata da Barbara Giovanetti, con uno spazio riservato alla fermentazione. juliettapastryandlab.it

Ciak due per Alléno&Rivoire Il cioccolato gastronomico frutto dell’esperienza e dell’inventività dello chef Yannick Alléno e del pasticciere Aurélien Rivoire è protagonista di un secondo negozio al 25 di rue du Vieux Colombier, in un quartiere strategico di Parigi, tra il

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Con entusiasmo, la famiglia Martini ha festeggiato i 30 anni di attività a Valeggio sul Mincio, Vr, offrendo a tutti i clienti il caffè con il cannoncino, diventato il cavallo di battaglia, in 5 versioni (crema pasticcera, crema tradizionale, mousseline, zabaglione e pistacchio), grazie alla nuova Cannoncina della Konomac, che consente di lavorare con una percentuale di burro altissima e

packaging variopinto e, soprattutto, un approccio alla materia che esalta le note naturali della fava di cacao. fr.dengo.com

Modica sbarca in rue Racine Da dicembre il cioccolato di Modica di Sabadì ha una vetrina parigina al 30 della rue Racine. A due passi dal palazzo del Lussemburgo, Simone Sabaini intende proporre ai parigini, abituati ad una proposta variegata, il cioccolato interpretato attraverso l’approccio del marchio da lui creato, che si contraddistingue per l’affinamento del cioccolato in cantina (Modica, Siracusa e Noto), ove avviene l’aromatizzazione per contatto e non per inclusione dell’ingrediente, grazie all’uso del burro di cacao come fissatore


#TIPS&TRICKS

CAROTINA DEL MIO CUORE

T

ra i periodi dell’anno clou nel campo della decorazione c’è la Pasqua. Sono tanti i soggetti che si possono realizzare e le uova decorate la fanno da padrone. Ma possiamo dedicarci anche ad un cake topper a tema e l’animaletto che spopola è il coniglio, spesso proposto con la sua amata carota! Una variante che vi presento qui è quella della cartoon cake, con soggetto tridimensionale che richiama la bidimensionalità del fumetto. Instagrammati e fotografati ovunque, questi soggetti decorati hanno la caratteristica di avere i bordi delimitati da un filo nero molto evidente, con l’uso di tinte piatte e ben colorate, appunto evidenziate come se un pennarello ne definisse i contorni. Per ottenerlo, il mio #tips&tricks Artist è l’uso di un estrusore ( ), cioè una trafila a mano intercambiabile, in cui si inserisce un po’ di pasta di zucchero o cioccolato plastico nero e, girando una leva, la pasta fuoriesce a pressione. Noi usiamo quella con un solo foro, per un filo perfetto e lineare. Ma se non lo abbiamo? Stendiamo una striscia di pasta e la tagliamo dello spessore che ci serve. Con una leggera pressione la rotoliamo sul tavolo da lavoro per renderla cilindrica e… il gioco è fatto! In più, sempre a proposito di “conigli con carota”, ecco a voi le immagini di ulteriori versioni, da cui potrete trarre ispirazione, e poi un dolcetto proprio base di carote. Ecco a voi la ricetta delle mie camilline.

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Camilline Per circa 12 camilline alla carota

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carote fresche g 170 farina 00 g 135 zucchero a velo non vanigliato g 135 polvere di mandorle g 70 succo d’arancia g 70 olio g 53 uova g 120 baking per dolci g 12 buccia grattugiata di 1 arancia un pizzico di sale cannella a piacere (se piace, ma non esageriamo😁😁😁

Prima di tutto, pesare le carote, pelarle e grattugiarle molto finemente, con la grattugia fine per gli agrumi. Inserirle in un mixer con burro fuso, olio e succo d’arancia; azionare a velocità molto alta, interrompendo e girando ogni tanto, fino a quando non si ottiene una purea di carote molto fine. Montare a velocità media, quindi aggiungere la farina miscelata con lievito setacciato e pizzico di sale. Montare ancora un poco a velocità medio bassa per amalgamare tutto. Mi raccomando, imburrare benissimo e infarinare gli stampi prima dell’uso. Che siano in silicone, alluminio o altro, vanno perfettamente trattati per un risultato ottimale. Versatevi quindi il composto, lasciando giusto mezzo millimetro dal bordo. Cuocere le Camilline in forno statico ben caldo a 180°C per 16/18 minuti (massimo 20 minuti: dipende dal forno, ma attenzione! ). Dopo 16 minuti, se sono ben gonfie, fare la prova stecchino: se esce umido, allora lasciarle ancora qualche minuto in forno; lo stecchino deve uscire asciutto, ma la consistenza non dev’essere secca. Sfornare e fare raffreddare su una griglia per dolci.

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Se avete ulteriori curiosità su cui vorreste un #tips&tricks, scriveteci. E arrivederci al prossimo numero! Francesca Speranza Sugar Artist francescasperanza.it @francesca_speranza_artist


FORMAZIONE

IL VALORE DELLA COLLABORAZIONE I prodotti vegetali surgelati come ingrediente creativo per proposte originali

a cura di Silvia Profili Senior Consultant Press Office and Media Relations in CAST Alimenti

I

l progetto di formazione R.O.P.A. (Responsabile Organizzativo Produzioni Alimentari), messo a punto in collaborazione fra Orogel Food Service e CAST Alimenti, si è dimostrato ricco di valori professionali utili per tutti – allievi, scuola e azienda – nel nome di una nuova creatività e di una sfida agli allievi che hanno scelto di frequentare l’anno di questa iperspecializzazione professionale, riservata a chi ha già svolto almeno 6 mesi di esperienza nel settore, oppure ha frequentato un corso di Alta Formazione in CAST. Tre le tematiche da gestire con l’utilizzo di verdure surgelate - un dessert al piatto, un prodotto di panificazione e uno di pasticceria salata – e cinque gli step: primo incontro di analisi e definizione dell’argomento; definizione delle ricette e dei possibili elaborati; prova pratica con prima definizione interna di assaggio; prova finale e

Pasticceria Internazionale n.351

redazione della ricetta; elaborazione e presentazione. “L’esperienza è stata più che positiva – afferma Caterina Pignata, Trade Marketing Specialist Orogel Food Service –, sia per quanto riguarda la creatività, sia

per gli spunti di utilizzo innovativo dei prodotti. Abbiamo constatato con soddisfazione che l’obiettivo è stato centrato: dare libero spazio alla fantasia dei giovani, che hanno risposto con entusiasmo alle sollecitazioni. L’intera iniziativa si colloca nel crescente successo che i prodotti vegetali stanno ottenendo anche in contesti diversi. Sia il pubblico che i professionisti sono sempre più attenti ai valori salutistici e di sostenibilità dei prodotti, nonché alla ricerca di proposte inclusive, capaci di coniugare benessere e gusto. I vegetali surgelati rappresentano una risposta: grazie anche allo studio e alle proposte degli allievi R.O.P.A. si possono creare ricette che mettono tutti d’accordo. Scegliere i vegetali coltivati in Italia, surgelati e resi subito pronti all’impiego, significa migliorare l’organizzazione durante il lavoro senza rinunciare a qualità, gusto e valori nutritivi”.

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FANTASIA E SCIENZA IN VETRINA La presenza femminile è l’elemento determinante per la vendita dei prodotti artigianali e Annamaria Lovatti ha fatto la storia del confezionamento creativo in Italia e non solo, con amore, competenza e capacità divulgativa

Milena Novarino

Pasticceria Internazionale n.351

Le prime vetrine esposte in concorso risalgono alla Coppa Italiana della Pasticceria Confetteria del 1984: quei lavori contribuirono a risvegliare la voglia di mostrare l’essenzialità della presenza femminile nelle attività artigianali

N

el 1983 la nostra rivista inaugurava la rubrica “Per lei, Signora”: notizie, suggerimenti, immagini e proposte per “l’altra metà della pasticceria”. L’intento era di dedicare spazio alle attività svolte dalle mogli, compagne e collaboratrici dei pasticcieri, che si occupano della vendita, del compito cruciale di presentare e proporre, in modo elegante e al tempo stesso discreto, i prodotti genuini, facendone risaltare l’unicità. In sintesi: trasformare i dolci in splendidi regali. Sfogliando quelle tante pagine, a distanza di oltre 40 anni, emerge l’impegno a far comprendere l’importanza del confezionamento, dell’abbinamento regalo e della vetrinistica. Emoziona vedere quelle fotografie dei passaggi per costruire i fiocchi da porre su sacchetti e scatole, le bomboniere e oggetti vari da vetrina, così come l’attenzione alla moda e alle tendenze. All’epoca la suddivisione del lavoro era più netta: “compete al pasticciere, in laboratorio, preparare prodotti squisiti, ma è alle signore in negozio che tocca il compito di presentarli al cliente con originalità, grazia e buon gusto”. All’epoca le colleghe d’Oltralpe, Svizzera e Francia erano già organizzate come gruppo anche a livello nazionale, e ben preparate. Infatti furono loro a tenere i primi corsi presso le aziende produttrici di cartonati, anche con il nostro impulso. Nel 1984, durante la 3ª Coppa Italiana della Pasticceria Confetteria da noi organizzata a Torino con Agrimontana, assieme ai lavori artistici, per la prima volta spiccò la presenza femminile che, avendo fatto tesoro dei primi insegnamenti, esponeva come opera di gruppo quattro vetrine ispirate alle stagioni. Quei lavori contribuirono a risvegliare la voglia di mostrare l’essenzialità della presenza femminile nelle attività artigianali. Lavorando insieme, le mogli dei pasticcieri torinesi si resero conto dell’utilità dello scambio di esperienze, dell’aspetto formativo e trainante dell’attività di gruppo e, di conseguenza,

nacque il Gruppo Femminile di Confezionamento, sotto la guida di Giusy Gertosio, con un mazzo di mughetti come simbolo. Fu un periodo fecondo, pieno di innovazioni, e il coinvolgimento delle colleghe di Lione diede vita ad un proficuo interscambio di incontri favoriti della nostra rivista. L’esempio fu emulato anche dalle ge-

Annamaria Lovatti con l’inseparabile marito Marino.

latiere piemontesi e nacque infatti il Gruppo femminile gelatiere, sotto la presidenza di Maria Tarateta. “Il lavoro di gruppo è stimolante – affermava Gertosio –: insieme ad altre colleghe è più facile far nascere tra noi idee nuove. Per questo intendiamo partecipare a concorsi aperti alle donne, visitare insieme i saloni specializzati e dedicare tempo a corsi per migliorare la nostra professionalità”. Furono anni di fermento tra le donne che lavoravano in pasticceria e, infatti, dopo pochi mesi, seguì il Comitato donne pasticcere lombarde, costituitosi nell’ambito dell’APAL. La prima presidente fu Mariuccia Roffia e man mano sorsero gruppi analoghi nelle varie regioni. “Pasticceria Internazionale” – seguendo la sua missione di incoraggiare le competizioni in quanto incentivi a confrontarsi per migliorare le tecniche e far conoscere e apprezzare ovunque la pasticceria artigianale italiana – contribuì così ad organizzare al Sigep il primo concorso nazionale di confezionamento e vetrinistica, in seno al Sigep d’Oro. Tra i nomi brillava quello di colei che presto sarebbe diventata presidente del gruppo femminile APAL. Annamaria Lovatti iniziò la sua attività come vetrinista: sue le vetrine delle boutique di haute couture del centro di Milano e anche del comparto moda della Rinascente, verso la fine degli Anni ‘60. Poi il matrimonio con Marino Garavaglia la porta nel mondo della pasticceria. Noi la conoscemmo nel 1986, quando si distinse al Sigep nel concorso “Idee regalo per il compleanno dei bambini”, con due bambolotti in un cesto tra cioccolatini e praline. La particolarità fu che tutto il bordo e il manico erano decorati con grappoli di ovetti sapientemente intrecciati, intercalati a fiori, con un’elegante armonia di colori. E ogni grappolo con fiore poteva essere staccato e donato ai partecipanti alla festa.

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