Estratto I segreti di Bologna

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principio attivo Inchieste e reportage


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“La ragione di Stato, o di partito, appare oggi un alibi abbondantemente scaduto. C’è un solo modo, del resto, per scoprire la verità sulla strage di Bologna: cercarla.”

pretesto 1 f pagina 259

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Mani bucate

“La strage di Bologna costituirebbe un atto di rappresaglia del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), eseguito materialmente dal gruppo Carlos, per la violazione del lodo Moro da parte delle autorità italiane.”

“Ufficialmente il lodo Moro non è mai esistito. Ancora oggi l’accordo di sicurezza con la resistenza palestinese viene negato in modo risoluto, soprattutto dai rappresentanti delle istituzioni che hanno concorso alla sua stipulazione.”

pretesto 2 f pagine 235, 55


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“Il nostro governo ha stipulato un patto segreto con gruppi che hanno armato le Br… È proprio l’imbarazzante groviglio di rapporti tra Br, fedayyìn e servizi segreti italiani a spiegare l’insistenza con cui il Sismi negherà credibilità a Patrizio Peci.”

“Gli organi di polizia sono subito invitati a indagare sull’estrema destra. Non vengono indicate altre strade da percorrere.”

pretesto 3 f pagine 113, 169

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Mani bucate

“Com’è possibile che, proprio quando i fatti sembrano convalidare i timori palesati nelle informative, la pista palestinese scompaia improvvisamente nel nulla?”

“Ma perché i servizi segreti dell’Olp e il Sismi agiscono insieme, prima nel depistaggio di Bologna e poi in quello di Beirut?”

pretesto 4 f pagine 170, 199


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“La persistente ambiguità di un elemento di fatto, storicamente accertato e non compiutamente giustificato: la presenza a Bologna del terrorista tedesco Thomas Kram, esperto di esplosivi, la mattina del 2 agosto 1980.”

pretesto 5 f pagine 8, 236


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Š Chiarelettere editore srl Soci: Gruppo editoriale Mauri Spagnol S.p.A. Lorenzo Fazio (direttore editoriale) Sandro Parenzo Guido Roberto Vitale (con Paolonia Immobiliare S.p.A.) Sede: Via Guerrazzi, 9 - Milano isbn

978-88-6190-788-1

Prima edizione: luglio 2016 www.chiarelettere.it / interviste / libri in uscita

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Valerio Cutonilli Rosario Priore

I segreti di Bologna

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Sommario

i segreti di bologna

La pista dimenticata di Rosario Priore 5 La genesi del libro: il mio incontro con Valerio Cutonilli 8

Prima parte. La diplomazia parallela I missili di Ortona

13

Un insolito incontro notturno 13 – I membri dei Cao 19 – I missili Sam-7 e l’Fplp 21 – La soluzione del mistero 24 – Saleh e il Sismi 30

La genesi del lodo Moro

33

Il carisma di George Habash 33 – Il sostegno dell’Urss e le posizioni del Dottore 37 – La strategia dei dirottamenti 39 – La linea morbida dell’Europa 43 – L’Italia e i fedayyìn 44 – La diplomazia parallela 48 – Il governo di centrosinistra 50 – Il patto di Moro 55 – L’approvvigionamento energetico e le armi 63

L’omicidio di Aldo Moro e la crisi del lodo

68

La soffiata dell’Fplp 68 – La sinergia tra Brigate rosse, Raf e Fronte popolare 70 – Moro chiede la mediazione dei fedayyìn 74 – L’affare Eni-Petromin 79

Il contenzioso tra l’Fplp e il governo Cossiga

85

Gli euromissili 85 – Tra l’incudine e il martello 89 – Il processo di Ortona 93 – L’ascesa libica 96 – La crisi iraniana e il colpo di scena di Ortona 98 – Lo scontro Cossiga-Sismi 101 – La «confessione» di Miceli 105 – La collaborazione di Peci 107

L’Italia sotto minaccia Il cambio di rotta della nostra politica estera 114 – La porta in faccia a Gheddafi 117 – La vendetta del raìs 119 – Silvio Di Napoli:

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l’uomo chiave del Sismi 120 – Un attentato senza rivendicazioni 122 – L’immobilismo di Arafat 124 – Il ritorno dello Sciacallo 126 – La risoluzione di Venezia 133 – La guerra aerea 137 – Il conflitto segreto 143 – La solita ambiguità italiana 146 – La questione maltese 148 – L’appello per i missili di Ortona 152 – Le discordanti audizioni in commissione Moro 153 – L’attacco imminente dell’Fplp 157 – L’arrivo in Italia di Thomas Kram 160

Seconda parte. L’eccidio di Bologna La strage

165

Strane presenze 165 – Un’unica pista 169 – Il segreto sul lodo Moro e i ripensamenti di Cossiga 171 – I sospetti su Francesco Furlotti 177 – Lo strano caso di Mauro Di Vittorio 180 – La controinformazione di Stato 184 – L’«insospettabile» Francesco Marra 187 – La falsa pista libanese 193 – La scomparsa di Maria Grazia De Palo e Italo Toni 197 – Terrore sui treni 203 – Il pretesto della P2 207 – L’ascesa del Professore e il misterioso Santini 211 – La scarcerazione di Abu Anzeh Saleh 216 – L’arresto di Christa-Margot Fröhlich 220

I segreti di Bologna

224

Le rivelazioni di Carlos 224 – Il «ritorno» di Kram 227 – La scoperta dei blogger 230 – La ritorsione palestinese? 235 – Il passaporto di Salvatore Muggironi 237 – Il colpo di scena 242 – L’ultima verità di Cossiga 247 – Il mistero del cadavere scomparso 253

I documenti

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i segreti di bologna

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Le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Carlo Emilio Gadda La giustizia è un robot senza cuore né intelligenza: colpisce a seconda della carica che ha avuto. E la carica è costituita dalle prove. Dobbiamo metterle nello stomaco le prove sicure, i documenti, le testimonianze certe. Allora colpisce giusto. Guai se le mettiamo nello stomaco delle opinioni! Peggio, se la rimpinziamo di prove incomplete, approssimative. Piero Chiara

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La pista dimenticata di Rosario Priore

La verità non ha tempo: non è mai troppo tardi per raccontarla. Non è mai troppo tardi per mettere insieme tutti i tasselli di un mistero di Stato. Sollevare il velo sulla strage di Bologna è un dovere soprattutto per chi, come me, ha indagato a lungo sulle vicende più torbide della storia dell’Italia repubblicana e conosce bene i limiti della verità giudiziaria. È arrivato il momento, dopo trentasei anni, di spiegare cose che ancora rimangono in sospeso. E per farlo, per tessere il filo sottile ma tenace che collega questo eccidio al contesto nazionale e internazionale dell’epoca, è di vitale importanza che il lettore tenga a mente alcune date e luoghi che spesso torneranno in questo libro. Veniamo ai fatti. Al momento dell’arresto a Roma, la notte del 9 gennaio 1982, il terrorista rosso Giovanni Senzani viene trovato in possesso di un appunto, scritto di suo pugno, che riassume i contenuti di un colloquio avuto a Parigi con Abu Ayad, capo dei servizi segreti dell’Olp, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina. Quest’ultimo confida al leader brigatista che le recenti azioni terroristiche avvenute in Europa celano la regia dell’Urss, intenzionata a sanzionare la politica dei paesi europei in Medio Oriente. Senzani annota uno dei tre attentati elencati da Ayad con la sigla «Bo», che io – in qualità di giudice titolare dell’inchiesta, che indagava sulle azioni compiute a Roma dalle Brigate rosse a partire dal 1977 –, non senza sorpresa, interpreterò come un evidente riferimento alla strage avvenuta alla stazione ferroviaria di Bologna il 2 ago-

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I segreti di Bologna

sto 1980. Invio copia del documento ai colleghi emiliani che stanno indagando sul­la carneficina. La notizia, tuttavia, non si rivelerà di alcuna utilità. A riconoscerne l’importanza sarà invece Carlo Mastelloni, il magistrato del Tribunale di Venezia che condurrà in modo esemplare l’istrut­toria sul traffico di armi tra l’Olp e le Brigate rosse. Altro fatto saliente. Poche settimane dopo, interrogo Ro­berto Buzzatti. Il brigatista pentito riferisce di aver assistito a un in­contro tra Senzani e un certo Santini, un uomo del Kgb vicino ai servizi segreti italiani e legato a una persona che conosce gli indicibili retroscena della strage di Bologna. L’identikit di Santini mi lascia sgomento per l’incredibile somiglianza con Pietro Musumeci, l’ufficiale del Sismi in seguito condannato per il depistaggio dell’inchiesta bolognese. Ma la differenza di altezza tra i due soggetti porta a escludere che Musumeci sia realmente l’uomo descritto da Buzzatti. E anche quella pista si rivela infruttuosa. Sempre nel 1982, all’aeroporto di Fiumicino, viene arrestata Christa-Margot Fröhlich. La terrorista tedesca trasporta una valigia contenente un potente esplosivo e alcuni detonatori. Chiamato a condurre anche quell’inchiesta, appuro i rapporti tra la donna e l’Ori, il gruppo filopalestinese di «Carlos lo Sciacallo», un pericolosissimo terrorista venezuelano legato agli apparati dell’Est, attualmente detenuto in Francia dove sta scontando l’ergastolo. Nessuno però mi avvisa che un dipendente del Jolly Hotel di Bologna, vista la foto della Fröhlich sul giornale, aveva segnalato ai magistrati bolognesi una forte somiglianza con una signora tedesca presente in albergo il giorno della strage. Può sembrare strano, ma apprendo il fatto solo nel 2005, dopo che la commissione parlamentare Mitrokhin acquisisce copia del verbale con le sommarie informazioni testimoniali. I commissari di maggioranza della Mitrokhin, infatti, stanno vagliando un’ipotesi investigativa sulla strage alla stazione, ignorata per venticinque anni, che rende finalmente comprensibili gli indizi emersi nelle mie vecchie istruttorie. La nuova pista nasce dopo una clamorosa

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La pista dimenticata

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scoperta effettuata da Gian Paolo Pelizzaro, giornalista e consulente della stessa commissione. Pelizzaro rinviene presso la Questura di Bologna alcuni documenti da cui risulta la presenza in città, la mattina del 2 agosto 1980, di Thomas Kram, un altro terrorista tedesco sospettato di militare proprio nel gruppo filopalestinese di Carlos lo Sciacallo. Secondo i commissari di maggioranza, la presenza di Kram è correlata all’attentato, concepito e realizzato dal Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), gruppo filosovietico affiliato all’Olp, per punire l’Italia. All’inizio degli anni Settanta, infatti, il nostro governo aveva stipulato un’intesa segreta con le organizzazioni della resistenza palestinese – il cosiddetto «lodo Moro» – che consentiva a queste ultime di trasportare armi nel nostro territorio in cambio dell’impegno a non compiere attentati. Il patto viene violato nel novembre del 1979 con l’arresto, a Bologna, di Abu Anzeh Saleh, esponente dell’Fplp coinvolto nel traffico dei missili terra-aria Strela scoperto dai carabinieri a Ortona nei giorni precedenti. Il libro comincia proprio da questo evento, frutto della situazione tesa tra Usa e Urss, negli anni della Guerra fredda, che non risparmia il nostro paese e, seguendo l’iter di quelle armi, svela l’intrigo internazionale allora in atto. La condanna dell’espo­nente palestinese, nonostante gli inviti alla clemenza rivolti dal Sismi ai magistrati di Chieti e il pubblico disconoscimento dell’accordo da parte del premier dell’epoca, Francesco Cossiga, potrebbe aver indotto l’Fplp a formulare reiterate minacce e poi a compiere l’attentato ritorsivo alla stazione di Bologna. Come accade spesso in Italia, purtroppo, il confronto sulle nuove risultanze cede subito il passo a polemiche di natura politica. La pista palestinese viene contestata dai commissari di minoranza della Mitrokhin, che invitano i colleghi a rispettare le sentenze sulla strage. Nel 1995, infatti, i terroristi neri dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar) Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro vengono condannati in via definitiva quali autori materiali dell’attentato. Nel 2007 passa in giudi-

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cato anche la condanna di un terzo neofascista, Luigi Ciavardini, processato a parte in quanto nell’agosto del 1980 era addirittura minorenne. Sempre nel 2005 la Procura della Repubblica di Bologna riapre l’indagine sulla strage per verificare la pista della ritorsione palestinese. Nel 2011 il pm Enrico Cieri iscrive nel registro degli indagati Kram e Fröhlich, ma l’inchiesta viene archiviata dal gip Bruno Giangiacomo il 9 febbraio 2015. Nella richiesta di archiviazione, motivata dall’insufficienza probatoria, il pm Cieri rileva «la persistente ambiguità di un elemento di fatto, storicamente accertato e non compiutamente giustificato: la presenza a Bologna del terrorista tedesco Thomas Kram, esperto di esplosivi, la mattina del 2 agosto 1980». In quell’esatto momento nasce l’idea del libro, che volutamente abbiamo suddiviso in due parti: una prima in cui vengono illustrati la genesi del lodo Moro tra l’Italia e i palestinesi e il ribollente contesto geopolitico internazionale prima della strage; e una seconda che ha per punto focale la strage con le relative indagini e le eclatanti scoperte. Abbiamo scelto questa formula cosicché il lettore arrivi al 2 agosto 1980 con tutti gli elementi a disposizione per capire e, dunque, giudicare. La genesi del libro: il mio incontro con Valerio Cutonilli Ho conosciuto Valerio Cutonilli in occasione di una presentazione del libro Intrigo internazionale, che ho scritto nel 2010 insieme allo storico e giornalista Giovanni Fasanella e che è stato pubblicato sempre da Chiarelettere. Valerio, giovane avvocato civilista, ha seguito con attenzione il processo Ciavardini ed è stato il portavoce di un comitato che esponeva le ragioni dell’estra­neità dei Nar alla strage di Bologna. L’incontro si è rivelato stimolante per entrambi e mi ha offerto la possibilità di esaminare ulteriormente gli atti dei processi bolognesi. Pur rispettando le sentenze, infatti, non ho mai nascosto i miei dubbi sulla ricostruzione giudiziaria.

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Ho condiviso le riflessioni di Cutonilli, che ravvisava la necessità di affrancare il dibattito sull’eccidio emiliano dalle contrapposizioni ideologiche o geopolitiche. Entrambi siamo giunti alla conclusione che la pista emersa nella commissione Mitrokhin non fosse priva di fondamento. Avevo maturato il sospetto dell’esistenza di un patto segreto con la resistenza palestinese già in occasione di numerose inchieste, a partire da quelle sulle stragi di Fiumicino del 1973, in cui persero la vita trentaquattro persone, e del 1985, in cui ne morirono sedici, di cui tre terroristi palestinesi. Non mi sorprende, quindi, l’imbarazzo che quel vecchio accordo, il lodo Moro appunto, continua a generare tuttora in ambito istituzionale. Ci è sembrato ingiustificato e sospetto il silenzio calato per venticinque anni sui documenti dei nostri apparati di sicurezza che nei primi mesi del 1980 avevano certificato il rischio imminente di un’azione ritorsiva dell’Fplp. Documenti di cui si è persa incredibilmente memoria sin dalle ore successive alla strage di Bologna, quando la terribile esplosione sembrò convalidare i timori dichiarati dalle nostre autorità nelle settimane precedenti. Ad apparirci meno chiara, invece, era la dinamica dell’eccidio. Anche il comportamento di Kram ci lasciava perplessi. Le motivazioni offerte dall’ex terrorista per giustificare la sua presenza in città erano manifestamente inverosimili, come ritenuto anche dalla Procura di Bologna nella richiesta di archiviazione della nuova indagine. I magistrati emiliani, però, ritenevano che la presenza del tedesco nel capoluogo il 2 agosto 1980, pur restando ingiustificata, non fosse sufficiente per provare la sua partecipazione all’attentato. In effetti, la sera precedente Kram si era registrato in albergo esibendo la sua patente. Non si era preoccupato di nascondere la propria identità utilizzando un documento falso, come dovrebbe fare un terrorista che si appresta a compiere un attentato di proporzioni spaventose. Kram era esperto non solo nel campo degli esplosivi ma anche nella contraffazione dei documenti e non avrebbe avuto, si presume, difficoltà a procurarsi una

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I segreti di Bologna

patente falsa. Ci siamo convinti, quindi, che qualcosa continuava a sfuggirci. I segreti della strage di Bologna restavano ancora molti. Così ha avuto inizio un’ostinata attività di ricerca. Abbiamo consultato gli atti della vecchia istruttoria bolognese con la documentazione di varie commissioni parlamentari d’inchiesta: Moro, P2, Stragi, Mitrokhin. Particolarmente utile si è rivelato l’esame comparato delle carte italiane con il materiale proveniente dagli archivi dei paesi del vecchio blocco sovietico. Con Valerio ci siamo incontrati periodicamente nel centro di Roma per confrontarci sul lavoro svolto. Alla galleria Sordi, davanti a un caffè, cercavamo di ricomporre un mosaico intricato fino a quando è emerso un ultimo inatteso tassello. La chiave della soluzione a quel punto era davanti ai nostri occhi. Ricordo una strana sensazione condivisa di stupore e spaesamento. Quel giorno ci siamo lasciati senza proferire parola, con in testa le pagine bianche che prendevano forma. Ora sarà il lettore a giudicare se le nostre ipotesi siano fondate o no.

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Prima parte

La diplomazia parallela

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