PON C3 “Educare alla legalità, risorsa per lo sviluppo”

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Educare alla legalitĂ : risorsa per lo sviluppo


SOMMARIO 3 Pio La Torre: una vita per la legalità 5 L’occupazione delle terre 6 I decreti Gullo 7 Placido Rizzotto 8 Dopo 64 anni celebrati i funerali di Stato di Rizzotto 9 Libera…da tutte le mafie Addiopizzo 10 Una bottega della legalità nel centro di Roma 11 La Bottega di Palermo 12 Michele Aiello e Villa Santa Teresa 14 Mario Francese: un giornalista scomodo 15 Alla scoperta dei segreti del Giornale di Sicilia

Presentazione Il progetto PON C3 “Educare alla legalità, risorsa per lo sviluppo” ha prodotto questa rivista che ha rappresentato per gli studenti coinvolti l’occasione per seguire un percorso formativo sulla storia del movimento antimafia. In particolare gli studenti hanno conosciuto la storia della vita di Pio La Torre, sul cui operato è stato concentrato il lavoro, ed hanno approfondito il contesto storico della Sicilia dal dopoguerra ai nostri giorni. I decreti Gullo, la lotta per l’occupazione delle terre, le vittime del movimento contadino ed in particolare Placido Rizzotto, fino all’uccisione di La Torre ed all’approvazione della legge che porta il suo nome. Inoltre gli studenti hanno partecipato alle commemorazioni del trentesimo anniversario dell’uccisione ed alla presentazione di due volumi sul tema. Dall’esperienza di Pio La Torre si sono articolati due percorsi; il primo conoscitivo del fenomeno mafioso ha visto gli studenti incontrare i genitori dell’agente Antonino Agostino, il figlio del giornalista Mario Francese, l’agente IMD della squadra catturandi e l’associazione AddioPizzo; il secondo percorso ha affrontato l’aspetto legato alla confisca dei beni attraverso l’incontro con l’associazione Libera, la partecipazione ad un dibattito sulle aziende confiscate promosso dalla FILLEA CGIL presso la clinica “Villa Santa Teresa”, la visita ad alcuni beni confiscati e restituiti alla collettività e la visione di alcuni beni non ancora utilizzati con lo studio delle possibili destinazioni.

I partecipanti al progetto:

16 Antonino Agostino: un omicidio ancora irrisolto 17 18 I.M.D./ 100 % Sbirro e Catturandi 19 Dragoni e Lupare 20 I beni confiscati a Bagheria 22 Ars e Roma

I ragazzi: Alvares Riccardo, Bruno Erika, Cacciatore Simona, Castronovo Maddalena, D'Amato Antonino, De Vita Giovanni, Di Quarto Antonino, Firriolo Giovanni, Giampà Katia, Guida Giuseppe, Leggeri Daniela, Martorana Emanuele Martorana Fabio, Morreale Chiara, Russo Alessia, Scire' Andrea, Tanasi Roberta, Tribuna Amanda, Vaccaro Marco, Valdes Giada I tutor: Bruno Girolama, Di Giovanni Girolamo, Gangi Calogero, Giamporcaro Vincenza, La Monica Ignazio, Lombardi Antonella, Mancuso Davide, Pagano Giovanni


Pio La Torre: una vita per la legalità del corleonese, dove aveva preso il posto di Placido Rizzotto, sindacalista ucciso dalla mafia per la sua attività in difesa dei contadini (ved.pagina 7). Pio La Torre fu arrestato a Bisacquino il 10 marzo 1950 per questa attività durante gli scontri con le forze dell’ordine, rimase in carcere diciotto mesi durante i quali morì sua madre e nacque il suo primo figlio Filippo. Quando fu assolto dalle accuse e scarcerato, la Sicilia aveva approvato la legge di riforma agraria (1950) e la sua attività politica si concentrò sulla città. A partire da quegli anni gli interessi della mafia si concentrarono non più nelle campagne, bensì nella città in espansione per poter produrre guadagni grazie all'edilizia. Pio La Torre era consigliere comunale e si battè contro il “sacco di Palermo”, la grande speculazione edilizia che distrusse i giardini di agrumi della conca d’oro intorno alla città ed i villini liberty del centro per far posto ad enormi palazzi residenziali. L'8 luglio 1960 si svolsero una serie di manifestazioni in tutta Italia. A Palermo tra le ragioni della protesta vi era la condizione dei lavoratori dell’edilizia, sfruttati dalla mafia come venivano sfruttati i contadini dai gabelloti nel doUna foto di Pio La Torre Pio La Torre era un deputato comunista. Nacque a Palermo da una famiglia di poveri contadini. Si impegnò nel

poguerra, e difesi dai sindacati. Piazza Politeama era piena fin dalle prime ore del mattino di forze di polizia intenzionate a disturbare lo sciopero generale proclamato dalla Cgil. Vi furono durissimi scontri. Il primo a essere

dopoguerra nella difesa dei diritti dei contadini che venivano sfruttati dai ricchi proprietari terrieri. Nel 1944 ven-

colpito fu Giuseppe Malleo di 16 anni che venne raggiunto al torace da una pallottola di moschetto, subito

nero emanati i decreti Gullo (ved.pagina 5) perché gran

dopo Andrea Gangitano di 14 anni, ucciso a colpi di mitra

parte dei feudi (in Sicilia 2/3) erano incolti o mal coltivati.

ed infine Francesco Vella, operaio di 42 anni e guida dei

Pio La Torre guidò le occupazioni delle terre nella zona

lavoratori edili della CGIL. La quarta vittima fu Rosa La

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Barbera, una donna di 53 anni raggiunta da uno dei tanti

sone, è punito con la reclusione da tre a sei anni”, il se-

colpi sparati dalla polizia mentre si apprestava a chiudere

condo comma invece “nei confronti del condannato è

la finestra di casa.

sempre obbligatoria la confisca delle cose che servi-

Nel 1963, in seguito alla strage di Ciaculli, venne istituita la commissione parlamentare antimafia. Pio La Torre, si trasferì a Roma nel 1969, venne eletto deputato nel 1972, e fece parte della Commissione Antimafia con Ce-

rono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto”. Nel 1981 la Nato, in accordo con il governo italiano,

sare Terranova. Terranova, prima di essere eletto depu-

decise di installare a Comiso, in provincia di Ragusa,

tato, era un magistrato grazie al quale fu arrestato

dei missili nucleari. Contro questa militarizzazione Pio

Luciano Liggio, capo della mafia di Corleone (che tuttavia

La Torre, divenuto segretario regionale del partito co-

fu arrestato a Milano dove si nascondeva).

munista, raccolse oltre un milione di firme.

Terranova fu ucciso dalla mafia il 25 settembre 1979,

Il 30 aprile 1982 fu ucciso dalla mafia insieme al suo

dopo aver lasciato l’attività parlamentare per rientrare in magistratura. Pio La Torre, grazie all’esperienza maturata in commissione Antimafia, presentò il 31 marzo 1980 una proposta

collaboratore Rosario Di Salvo. La sua proposta di legge fu approvata solo dopo la sua morte e dopo l’uccisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

di legge formata da un articolo e due commi; il primo comma diceva: “chiunque fa parte dell’associazione ma-

Amanda Tribuna

fiosa o di un gruppo mafioso costituito da tre o più per-

Giada Valdes

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I decreti Gullo

I decreti Gullo che presero il nome dal ministro dell’agri-

tadino aveva diritto a rivendicare veniva fissata per

coltura che li emanò nel 1944 prevedevano la riforma dei

legge al 60%.

patti agrari, in modo da garantire ai contadini almeno il 60

Per effetto dei decreti Gullo, che poi presero il nome

per cento della produzione che andava divisa; permesso

di Gullo-Segni quando al ministero dell’agricoltura su-

di occupazione dei terreni incolti o mal coltivati rilasciato

bentrò Antonio Segni, nelle regioni meridionali i con-

alle cooperative agricole di produzione; indennità ai con-

tadini si trovarono impegnati nello scontro con le

tadini per incoraggiarli a consegnare i loro prodotti ai ma-

classi agricole dominanti. Sebbene ben due terzi dei

gazzini statali, ribattezzati granai del popolo; proroga di

feudi in Sicilia risultasse incolto o mal coltivato, non

tutti i patti agrari per impedire ai proprietari di sbarazzarsi

tutta la regione era coinvolta dal momento in cui in al-

nell’anno successivo dei loro fittavoli; proibizione per

cune aree non esistevano latifondi e terre incolte o

legge di ogni intermediario tra contadini e proprietari, così

mal coltivate da chiedere in concessione.

da eliminare nel Mezzogiorno agricolo figure di media-

Le forze più reazionarie, i movimenti separatisti e si-

zione come i malfamati gabellotti in Sicilia o i mercanti di

cilianisti, la mafia ed i proprietari terrieri si opposero

campagna nel Lazio. Questi provvedimenti erano condi-

con tutte le loro forze all’applicazione dei decreti. In

visi dai programmi del partito comunista, socialista e

questa stagione, oltre ai dodici morti della strage di

della democrazia cristiana.

Portella delle Ginestre (1 maggio 1947) si contarono

Grazie a questa legge i contadini costituiti in cooperative

47 sindacalisti e capilega assassinati dalla mafia.

sarebbero diventati proprietari dei feudi abbandonati ed

Antonino Di Quarto,

avrebbero potuto coltivarli e tenere l’intero prodotto, men-

Chiara Morreale,

tre nei feudi dati in concessione la percentuale che il con-

Roberta Tanasi

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L’occupazione delle terre La fase storica tra il 1945 e il 1950 fu caratterizzata nel meridione d’Italia dalla lotta dei contadini per il diritto alla coltivazione della terra e per l’applicazione dei decreti Gullo. Si tratta di provvedimenti legislativi emessi dal ministro dell’agricoltura Fausto Gullo nel 1944, che garantivano ai contadini più diritti e terre da coltivare. Diversi fattori come la modifica di alcune norme da parte del successore di Gullo al ministero e il comportamento dei proprietari terrieri che non riconoscevano la legittimità delle norme scatenò nel meridione la richiesta di una riforma agraria e l’inizio di una serie di proteste popolari che portarono alle occupazioni delle terre incolte da parte dei braccianti agricoli esasperati. Il 20 aprile 1947 alle elezioni regionali vinse la lista delle sinistre (il Blocco del popolo), ed il primo maggio dello stesso anno i banditi di Giuliano, e probabilmente non solo loro, spararono sui contadini riuniti a Portella delle Ginestre (12 morti tra cui donne e bambini e più di 30 feriti). È l’inizio di una stagione di violenza agraria e mafiosa. Le proteste per chiedere l’applicazione dei decreti Gullo ed il movimento nato in seguito alla strage di Portella furono guidati da tanti giovani dirigenti, alcuni dei quali furono per questo uccisi dalla mafia che difendeva gli interessi dei proprietari terrieri. Partecipò attivamente a queste proteste Pio La Torre che nel 1947 divenne funzionario della Confederterra. Nel 1949 con lo slogan “LA TERRA A TUTTI” iniziò ufficialmente l’occupazione delle terre. La protesta prevedeva il censimento delle terre mal coltivate e l’assegnazione in parti uguali a tutti i braccianti che ne avevano bisogno. Nello stesso tempo partì la campagna per la raccolta del grano utilizzato per seminare le terre occupate. Un episodio che sconvolse la situazione avvenne in Calabria, per la precisione a Melissa, dove le proteste dei contadini sfociarono in una tragedia che causò la morte di tre persone, di cui un bambino e una donna, e altri quindici feriti, oltre a tanti arresti. Questa strage portò ad anticipare la data dell’occupazione delle terre avvenuta il 13 novembre. Il progetto dell’occupazione delle terre cui partecipò Pio La Torre prevedeva che i contadini di dodici paesi diversi partis-

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Una foto del 1948 che illustra l’occupazione da parte dei contadini delle terre incolte sero da Corleone con una serie di cortei occupando e prendendo possesso di tutte le terre incolte e mal coltivate. Dopo la strage di Melissa la polizia aveva timore ad intervenire duramente così l’occupazione durò per molti giorni sviluppandosi anche nei comuni fuori Palermo. Complessivamente grazie alle occupazioni quasi tre mila ettari di terreno vennero coltivati al grano. Questa stagione si è conclusa in Sicilia con l’approvazione della riforma agraria nel 1950. Antonino Di Quarto, Chiara Morreale, Roberta Tanasi


Placido Rizzotto Placido Rizzotto era nato a Corleone, in Sicilia, nel 1914. Rimasto orfano di madre da piccolo dovette lasciare la scuola per mantenere la famiglia dopo l’arresto del padre, accusato ingiustamente di associazione mafiosa. Durante la Seconda guerra mondiale combatté in Carnia, in Friuli, e dopo l’8 settembre si unì ai partigiani della Resistenza; tornò in Sicilia a guerra finita. Qui divenne presidente dei combattenti dell’Anpi, l’associazione dei partigiani, si iscrisse al Partito Socialista Italiano e divenne sindacalista della Cgil. Rizzotto cercò di convincere i contadini a ribellarsi al sistema di potere della mafia, che possedeva o gestiva gran parte della terra, opprimeva i lavoratori e li assumeva soltanto su raccomandazione e per motivi nepotistici: li guidò nell’occupazione delle terre gestite dalla mafia e nella distribuzione dei terreni incolti alle famiglie oneste. La mafia tentò di isolarlo e lo minacciò più volte, Rizzotto proseguì nelle sue lotte e continuò a guidare il movimento contadino di occupazione delle terre, diventando anche segretario della Camera del lavoro di Corleone. Rizzotto sostenne con forza i Decreti Gullo, che imponevano l’obbligo di cedere in concessione alle cooperative contadine le terre incolte o malcoltivate dei proprietari terrieri. Uno dei terreni che vennero assegnati alle cooperative era sotto il controllo di Luciano Liggio, all’epoca giovane mafioso di Corleone che negli anni Cinquanta si affermò come uno tra i più sanguinosi boss della mafia. La mafia decise di reprimere i tentativi di rivolta dei contadini e il primo maggio del 1947 sparò contro duemila persone – soprattutto contadini – che manifestavano contro il latifondismo a Portella della Ginestra. Undici persone furono uccise, ventisette restarono ferite, negli anni sulla strage si fecero molte altre ipotesi e riflessioni relative agli interessi di chi, oltre la mafia, poteva voler reprimere le rivolte. La situazione di Rizzotto divenne sempre più difficile, peggiorata anche dalle tensioni con Liggio: Rizzotto lo aveva umiliato pubblicamente sollevandolo durante una rissa scoppiata tra ex partigiani e uomini del boss mafioso Michele Navarra – a cui Liggio era affiliato – e appendendolo all’inferriata della villa comunale. Il 10 maggio del 1948 Rizzotto, che aveva 34 anni, venne attirato in un’imboscata da Pasquale Criscione, un compagno del sindacato fedele a Navarra, e venne rapito e

Una foto di Placido Rizzotto ucciso nella campagna di Corleone. La CGIL proclamò uno sciopero generale. Giuseppe Letizia, un pastore di 13 anni, assistette al suo omicidio di nascosto ma venne scoperto e fu ritrovato il giorno dopo dal padre, mentre delirava. Questi lo portò nell’Ospedale dei Bianchi, diretto da Navarra, dove il ragazzo, sempre delirante, parlò di un contadino assassinato durante la notte e venne curato con un’iniezione. Morì pochi giorni dopo per tossicosi, molto probabilmente avvelenato su ordine di Navarra. Le indagini sull’omicidio di Rizzotto vennero condotte dall’allora capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa e portarono all’arresto di Vincenzo Collura e Pasquale Criscione, che confessarono di aver rapito Rizzotto insieme a Luciano Liggio. Collura raccontò anche che Liggio aveva gettato il corpo di Rizzotto nelle foibe di Rocca Busambra, dove il 7 settembre 2009 sono stati trovati i resti riconosciuti come quelli di Rizzotto confrontandone il DNA con quello del padre, morto da tempo e riesumato. Criscione e Collura ritrattarono la confessione durante il processo e furono assolti per insufficienza di prove. Fabio Martorana

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Dopo 64 anni celebrati i Funerali di Stato Sono trascorsi sessantaquattro anni dalla morte di Placido Rizzotto, rapito e ucciso dalla mafia nel 1948 per il suo impegno a favore dei contadini siciliani. Di lui si erano letteralmente perse le tracce. Il 24 maggio segna una delle giornate più importanti per la storia del nostro Paese, in questa data si è restituita dignità, verità e giustizia a un “eroe”, a un “martire della patria”. Una vittoria del mondo istituzionale, di quanti hanno combattuto per non dimenticare. Ed è proprio per celebrare la figura di Placido Rizzotto che erano presenti non solo i rappresentanti del mondo sindacale come il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, ma anche politici, parlamentari, e il Sindaco di Corleone, Lea Savona. Il Capo dello Stato Giorgio Napolitano ha assistito alla celebrazione religiosa, insieme con il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri. Anche noi, i ragazzi dell’ITC Luigi Sturzo del corso ”Educare alla legalità, risorsa per lo sviluppo” abbiamo voluto essere presenti. Per ricordare quanto è fondamentale lottare per i propri ideali; quanto sia giusto e doveroso, nonostante il periodo di crisi economica che stiamo vivendo, farci sentire. Essere tutti insieme, in coesione, in un’unica e grande testimonianza. I resti di Placido furono trovati solo nel 2009 nelle foibe di Rocca Busambra, sui monti Sicani. Il successivo esame del Dna confermò che erano proprio i suoi. Per troppi anni sembrava che la giustizia si fosse dimenticata di lui, ora finalmente lo Stato ne ha onorato la memoria con i funerali di Stato, e così ridà ai suoi cari un luogo dove egli riposa, dove possono andare a salutarlo, dove molti possono ricordarlo e quindi mantenere viva la

sua memoria. Questo fa pensare ai Sepolcri di Ugo Foscolo, una poesia in particolare mi fa pensare a tutto ciò “Anche la speme, ultima Dea, fugge i sepolcri”; egli inizialmente afferma l’inutilità delle tombe per i defunti, perché se le ossa giacciono nel terreno o in bare, di certo il morto non si rallegra. Successivamente sviluppa delle riflessioni ed afferma che in fondo i sepolcri sono fondamentali per i vivi, poiché danno una doppia illusione, quella di dialogare con i propri cari defunti e quella di poter continuare a vivere dopo la morte, e in ogni caso i defunti non saranno mai morti perché continueranno a vivere nel ricordo dei propri cari. Per questo l’aver riconosciuto le ossa di Placido Rizzotto è stato così importante per tutti noi. Katia Giampà

Nelle foto le immagini dei funerali

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Libera...da tutte le mafie “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” è una associazione nata il 25 marzo 1995 con l'intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1500 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico-culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità. La legge sull'uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l'educazione alla legalità democratica, l'impegno contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro e lo sviluppo, le attività antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera. Libera è riconosciuta come associazione di promozione sociale dal Ministero della Solidarietà Sociale. È un'organizzazione dedita a sollecitare e coordinare la società civile contro tutte le mafie e favorire la creazione e lo sviluppo di una comunità alternativa alle mafie stesse. Libera Terra è il suo marchio che contraddistingue le produzioni delle cooperative che producono le materie prime su terre confiscate alla criminalità organizzata. Il presidente dell'organizzazione è don Luigi Ciotti, già fondatore del Gruppo Abele di Torino e direttore della rivista Narcomafie. Il presidente onorario è Nando Dalla Chiesa, figlio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla mafia. Diversi i settori di lavoro di Libera: beni confiscati, formazione (scuole, università ed extra scuola), sport, Libera Terra, Internazionale e memoria.

Addio Pizzo AddioPizzo è un'associazione nata nel 2004 da dei ragazzi che volevano avviare un'attività, volevano aprire un locale per guadagnare e allo stesso tempo divertirsi. Non essendo molto esperti chiesero aiuto ad un ragioniere per pianificare l’avvio dell’attività e fra tutte le spese da sostenere egli inserì la previsione di costo del pizzo. I ragazzi si opposero e decisero di attivarsi contro questo fenomeno. volendo coinvolgere più commercianti possibile. Tutto ciò doveva essere anonimo, ed una notte quando la città dormiva appesero 5.000 adesivi con scritto su una grafica da annuncio funebre: "UN INTERO POPOLO CHE PAGA IL PIZZO, E' UN INTERO POPOLO SENZA DIGNITA'" . Dopo gli adesivi, in città apparvero le lenzuola con scritte come: "UNITI CONTRO IL PIZZO". Per sconfiggere la mafia bisogna essere in tanti, senza limitarsi alle competenze dei magistrati; se si ribellano più

Ragazzi al lavoro sul campi confiscati gestiti da Libera Nel corso degli anni Libera ha dato via a numerosi progetti sui beni confiscati alle mafie. Inoltre ha organizzato il 17 marzo la diciassettesima edizione della "Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie", promossa dall'associazione insieme ad Avviso Pubblico. Nino Di Quarto, Andrea Sciré commercianti sarà molto più difficile per i mafiosi danneggeiare tutte queste attività perché si farebbe troppo clamore e costerebbe anche troppo, soprattutto dal punto di vista del consenso. Chi non paga il pizzo ed aderisce ad AddioPizzo attacca nella vetrina della propria attività un adesivo con scritto: " consumo critico, addio pizzo". Qualunque consumatore che acquista beni e servizi da un commerciante che non paga il pizzo scegliendolo per questa ragione compie una scelta di consumo critico. Il 10 novembre del 2007 è nata la prima associazione antiracket a Palermo, "Libero futuro", ed è dedicata, a cominciare dal nome, all'imprenditore Libero Grassi ucciso dalla mafia nel 1991 per essersi opposto alle estorsioni. Egli si ribellò al pizzo denunciando pubblicamente il fenomeno attraverso una lettera che fece pubblicare sul Giornale di Sicilia. Non essendo stato sostenuto, ed essendo stato lasciato solo, fu ucciso dalla mafia il 29 agosto del 1991.Ad oggi i commercianti che non pagano il pizzo e sono iscritti nelle liste del consumo critico di Addiopizzo sono 710. Giada Valdes

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La bottega di Palermo Mercoledì 8 febbraio il gruppo “Educare alla legalità, risorsa per lo sviluppo”, ha visitato la bottega dei saperi e dei sapori di Libera in piazza Politeama a Palermo. Appena entrati si possono subito notare moltissimi prodotti, marmellate e prodotti alimentari soprattutto, ma anche borsette, cappelli e moltissimi libri. Il nostro tutor ci ha spiegato che quelli erano prodotti creati e coltivati nei terreni e nelle fabbriche confiscate alla mafia. Anche la bottega dei saperi e dei sapori è uno di questi beni; essa era un negozio di vestiti chiamato “Morgan” gestito da Giovanni Ienna per conto dei fratelli Graviano nel 1994 ed utilizzata per il riciclo di denaro. Grazie alla legge La Torre – Rognoni ed alle modifiche del 1996 si ebbe un riutilizzo sociale, così i beni che prima appartenevano ai mafiosi oggi vengono utilizzati per combattere loro stessi. Fu Don Luigi Ciotti a costituire l’associazione Libera nel 1995, egli affermava che “per contrastare la mafia non bisogna essere un carabiniere, un poliziotto, un giudice o un magistrato ma semplicemente un buon cittadino che s’interessa ai beni comuni”; inoltre egli sostenne che ci sono tre libri che aiutano nell’essere un buon cittadino, e dunque a contrastare la mafia: Il Vangelo, se è seguito in modo corretto, porta i cristiani ad essere antimafiosi; La Costituzione, il libro migliore antimafioso scritto in Italia, seguendo la quale si può contrastare la mafia sul campo militare, economico e culturale; La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino. Molti giovani pensano erroneamente che la mafia sia una cosa positiva perché offre lavoro ed aiuta, ma in realtà tutela solo i propri interessi, fingendo di voler aiutare le persone solo per riuscire ad ottenere potere. Katia Giampà

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I prodotti provenienti dalle terre confiscate in vendita nella Bottega di Palermo


Una bottega della legalità nel centro di Roma Durante il viaggio a Roma in occasione delle celebrazioni del 30° anniversario dell’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, il gruppo “Educare alla legalità, risorsa per lo sviluppo” ha fatto visita alla bottega di LIBERA. All’arrivo ci è stata raccontata dalle persone che ci lavorano la nascita di questa bottega e di che cosa si occupa. In questa bottega si vendono prodotti che sono frutto delle terre confiscate alla mafia: pasta, olio, peperoncini, pomodori e vino tutti coltivati e confiscati nei terreni un tempo di proprietà di Provenzano, di Mammoliti, dei Piromalli, di Matteo Messina Denaro, nel corleonese e nelle terre della Sacra Corona Unita. La Bottega, la seconda nella capitale voluta dalla Provincia e dall'associazione Libera guidata da don Luigi Ciotti, mette a disposizione prodotti frutto ''del coraggio e del lavoro di tanti giovani delle cooperative” che tra mille difficoltà, lavorano su quelle terre una volta patrimonio delle mafie. Nella presentazione si è fatto riferimento anche a Don Ciotti che ha sottolineato che ''la ricerca della verità'' dovrebbe essere la parola d'ordine di chi combatte per la legalità: ''Oltre il 70 per cento delle famiglie delle vittime della mafia non conoscono ancora la verità'' ha detto il fondatore di Libera, ricordando che ''molti dei 1700 beni confiscati sono sotto ipoteca e quindi le associazioni non ce la fanno a riscattarli''. Poiché dopo la legge Rognoni-

La Torre non un solo mafioso ha intestato beni a se stesso Don Ciotti ritiene che sia necessario creare le ''condizioni per risalire alle persone che stanno dietro questi beni''. Abbiamo parlato dei beni confiscati che si trovano a Roma i quali sono vuoti ed inutilizzati, diversamente da Palermo dove questi beni spesso vengono destinati a edifici pubblici, scuole ecc. Da uno studio fatto da Libera risulta che nel comune di Roma i beni confiscati alle mafie, per i quali si e' riscontrata un'effettiva assegnazione per il riutilizzo sociale o istituzionale, previsto dalle legge 109/96, sono 32, solo il 27,3% del totale. La Provincia di Roma ha istituito un fondo di 300 mila euro per ristrutturare gli immobili confiscati alle mafie e a disposizione dei comuni che risultano assegnatari di tali beni e che intendono utilizzarli per scopi sociali. Ci hanno anche detto che la sede dove ci trovavamo, era stata l’abitazione del camorrista Michele Zaza che costruì il suo potere criminale sul contrabbando. Infine abbiamo concluso la visita con una serie di domande rivolte ai due ragazzi di Libera chiedendo ultime spiegazioni e chiarimenti. Giovanni De Vita

Nella foto alcuni momenti della visita alla bottega di Roma e alcuni degli oggetti in vendita

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Michele Aiello e Villa Santa Teresa

Nella foto i partecipanti al convegno. Da sinistra Giampiero Oteri, Salvatore Lo Balbo, Maurizio Calà, Carmelo Restivo, Pier Luigi Vigna Inizialmente Gaetano Aiello creò un impresa edile incen-

numero raggiunto negli ultimi periodi dall’impresa prima

trata sulla costruzione di strade interpoderali; ma il figlio

che Aiello venisse arrestato con l’accusa di associa-

Michele Aiello terminando il suo percorso di studi e di-

zione mafiosa, corruzione e truffa aggravata .

ventando un Ingegnere, decise insieme al padre di cam-

Una delle occasioni più importanti di Michele Aiello fu

biare

quella di gestire i cantieri-scuola grazie alle gare d’ap-

la

vecchia

destinazione

dell’impresa,

concentrandosi maggiormente nella costruzione e ma-

palto vinte nei vari Comuni.

nutenzione di edifici e ospedali.

Intorno agli anni ‘90 nel prolungamento di Via Città Di Pa-

Michele Aiello diventò una persona fondamentale per

lermo a Bagheria, in un palazzo di sua proprietà, l’inge-

l’azienda in quanto era ormai lui a prendere le decisioni

gnere vendette alcuni appartamenti mentre altri li adibì

più importanti.

ad ufficio. Modificò anche il vecchio scantinato situato nel

L’impresa edile di Aiello si stava gradualmente ingran-

medesimo palazzo creando la “Diagnostica per imma-

dendo; infatti cominciò a creare altre imprese edili e sa-

gini” un centro dove si potevano effettuare diversi tipi di

nitarie,

radiografie, TAC e risonanze magnetiche.

acquistare

terreni

edificabili,

autovetture,

appartamenti, ville di lusso imbarcazioni ed infine costosi

In questo periodo il padre di Michele Aiello fondatore del-

macchinari utili per un miglior funzionamento delle im-

l’impresa iniziale, ammalato di cancro, morì, evento che

presa come pale cingolate, escavatori e camion; pian

costrinse l’ingegnere Aiello a prendere in mano le redini

piano cominciò ad assumere personale passando da

delle imprese.

circa 15 dipendenti assunti inizialmente dal padre a 400,

Spinto sia dagli enormi utili ottenuti nel campo della me-

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dicina, sia dal dispiacere per la morte del padre l’ingegnere decise di investire del denaro proprio nel campo medico e quindi acquistò e modificò il vecchio HOTEL ZABARA rendendolo una sofisticata struttura medica specializzata soprattutto per la prevenzione e cura del cancro come poche in Europa, custodendo all’interno dei costosissimi macchinari. A questo gioiellino della sanità privata Aiello decise di dare il nome della madre e quindi “Villa Santa Teresa”. Ma non andò tutto nel migliore dei modi, infatti già da tempo l’ingegnere era monitorato dalle forze dell’ordine che non si spiegavano come lo stesso potesse posse-

tutte con forma di società a responsabilità limitata, e la

dere tutto questo; infatti già da tempo analizzavano ogni

spa "Villa Santa Teresa group"); la società sportiva Ba-

movimento che lui faceva e tutte le persone che incon-

gheria Calcio srl, che gestisce la squadra locale; la so-

trava nell’arco della giornata intercettandolo anche telefonicamente.

cietà "Servizi & Sistemi srl", operante nel settore informatico; due stabilimenti industriali di circa 6mila

Il 4 Novembre del 2003 l’ingegnere viene arrestato con le accuse di associazione mafiosa, corruzione, e truffa ag-

metri quadrati adibiti ad attività del settore edile; un im-

gravata. La pena che gli viene inflitta è di ben 15 anni e

pianto di calcestruzzi; quattro edifici, per complessivi

6 mesi di reclusione; e di sette anni per Cuffaro presi-

18mila metri quadri usati come uffici dirigenziali; 14

dente della regione Sicilia e suo carissimo amico. Gli in-

appartamenti a Bagheria, per complessivi 2200 metri

quirenti credono che Aiello avrebbe potuto contare in

quadri; tre ville di lusso ad Aspra, Santa Flavia e Fica-

tutto l'arco della sua attività imprenditoriale, nata nel set-

razzi, località costiere del palermitano; 22 magazzini;

tore edile e poi ampliatasi in quello della sanità, su una 22 terreni edificabili; 24 autovetture; 22 veicoli indusostanziale situazione di monopolio assicurata dall'appoggio dei vertici mafiosi, i quali avrebbero anche inve-

striali; due imbarcazioni da diporto, rispettivamente di

stito ingenti somme di denaro nelle sue aziende.

38 e 48 piedi; 145 rapporti bancari per complessivi 250

I beni oggetto di confisca sono la sofisticata clinica ''Villa

milioni di euro di liquidità; due polizze vita.

Santa Teresa'', a Bagheria; otto imprese edili (Costruzioni

Alle 400 persone occupate nelle imprese definitiva-

s.r.l., Edilcontrol s.r.l., A.t.i., Alte Tecnologie Ingegneristi-

mente confiscate ad Aiello è stata garantita continuità

che group s.r.l., S.el.da s.r.l., E.m.a.r s.r.l., Edil costruzioni

lavorativa in regime di amministrazione giudiziaria.

s.r.l., la Tuttedil s.r.l. e Edil maf s.n.c. di Aiello Francesca & c.); sei imprese del settore sanitario ("Radiosystems protection", "Villa Santa Teresa - Diagnostica per immagini e radioterapia", "Italsystems", "Centro di medicina nucleare S. Gaetano", Atm - Alte tecnologie medicali,

L'intero patrimonio ora appartiene all'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Giuseppe Guida

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Mario Francese: un giornalista scomodo Mario Francese cominciò la sua carriera come telescriventista dell'ANSA, poi divenne giornalista e scrisse per il giornale "LA SICILIA" di Catania. E nel 1958, dopo essere stato assunto all'ufficio stampa dell'assessorato ai Lavori Pubblici della Regione Siciliana, iniziò a collaborare per il "GIORNALE DI SICILIA" di Palermo. Quando cominciò a dedicarsi totalmente al giornale si occupò della cronaca giudiziaria entrando in contatto con i temi del fenomeno mafioso. Divenuto giornalista professionista si occupò della strage di Ciaculli, del processo ai corleonesi del 1969 a Bari, dell'omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo e fu l'unico giornalista a intervistare la moglie di Totò Riina, Antonietta Bagarella. Nelle sue inchieste entrò profondamente nella analisi dell'organizzazione mafiosa, delle sue spaccatture, delle famiglie e dei capi specie del corleonese legato a Luciano Liggio e Totò Riina. Ma la sera del 26 gennaio 1979 venne assassinato a Palermo con 6 colpi da arma da fuoco, proprio davanti casa.

Due foto che ritraggono Mario Francese Per l'assasinio furono condannati Totò Riina, Leoluca Bagarella (che sarebbe stato l'esecutore materiale del delitto), Raffaele Ganci, Francesco Madonia, Michele Greco e Bernardo Provenzano. Nelle motivazioni della sentenza si legge: «Il movente dell'omicidio Francese è sicuramente ricollegabile allo straordinario impegno civile con cui la vittima aveva compiuto un'approfondita ricostruzione delle più complesse e rilevanti vicende di mafia degli anni '70». Il figlio Giuseppe dopo vari anni che aveva dedicato alla ricostruzione dell' omicidio di suo padre, lavoro essenziale per la riapertura delle indagini, si suicidò nel 2002. Tutta la sua opera di ricostruzione dell’attività giornalistica del padre è ora disponibile sul sito della fondazione Francese www.fondazionefrancese.org. Giada Valdes

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Alla scoperta dei segreti del Giornale di Sicilia Tra le visite fatte nel percorso del progetto, siamo stati a

Il Giornale di Sicilia pubblica le seguenti edizioni: Pa-

Palermo nella sede del Giornale di Sicilia. Un giornalista,

lermo, Trapani, Agrigento, Marsala, Gela, Caltanissetta,

Angelo Meli, ha accolto i ragazzi del progetto “Educare alla legalità, risorsa per lo sviluppo”, facendoli accomo-

Messina, Catania, Enna, Siracusa e Ragusa. Spedisce 80000 copie in tutta la Sicilia trattando tipi di

dare in una sala dedicata a Mario Francese con delle foto del giornalista ucciso dalla mafia. Il quotidiano è stato fondato a Palermo subito dopo l'ar-

cronaca: bianca che tratta fatti economici e amministrativi, nera che riguarda stragi, incidenti ed omicidi, rosa,

rivo in Sicilia di Giuseppe Garibaldi, quando recava la te-

sport e spettacoli. La cronaca più complessa è la bianca

stata Giornale officiale di Sicilia, esce il 7 giugno 1860,

poiché deve riportare le nuove deroghe amministrative

con Girolamo Ardizzone come editore e direttore.

ed economiche in modo dettagliato e formale.

Questo lo rende una delle testate giornalistiche più antiche d'Italia.

Il significato civile del giornale è di informare i cittadini di ciò che accade, infatti, il 26 gennaio 1979 un cronista del

La sua storia di giornale indipendente comincia con la famiglia Ardizzone, una tradizione che oggi continua con il direttore Antonio Ardizzone (nominato nel 1982), affian-

Giornale di Sicilia, Mario Francese, è stato ucciso dalla mafia. Egli si occupava della cronaca giudiziaria en-

cato da Giovanni Pepi, prima come vicedirettore respon-

trando in contatto con gli scottanti temi del fenomeno ma-

sabile, poi come condirettore responsabile.

fioso. In una situazione palermitana dove la criminalità è molto diffusa, riportare la verità pubblicamente può infastidire molte persone che ricambiano con l’uccisione, questo è ciò che è avvenuto allo stesso Francese, considerato da Riina, un giornalista che scriveva troppo bene e in modo veritiero i suoi articoli. Lo stesso Riina ordinò a Luca Bagarella di uccidere Mario Francese.

Erika Bruno, Katia Giampà Nella foto una delle rotative del Giornale di Sicilia

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Antonino Agostino: omicidio ancora irrisolto Antonino Agostino era un agente di polizia in servizio presso il Commissariato San Lorenzo ucciso dalla mafia il 5 agosto 1989. I suoi genitori hanno incontrato i ragazzi del gruppo “Educare alla legalità, risorsa per lo sviluppo” ed hanno raccontato la sua storia, partendo da come è iniziata la storia d'amore tra lui e Ida Castellucci, culminata nel matrimonio e nel viaggio di nozze in Grecia . Nel periodo precedente al matrimonio Nino aveva avuto degli atteggiamenti strani, ma il padre non fece tante domande pensando che potessero essere causati dai preparativi del matrimonio. Alla fine i ragazzi si sposarono e qualche giorno dopo partirono per la Grecia. Mentre il figlio era in Grecia due uomini su una moto andarono a trovare il padre di Nino nella casa al mare, gli dissero che cercavano suo figlio ma Vincenzo Agostino rispose che non era a casa e chiese loro chi fossero. I due uomini risposero che erano dei colleghi. Quando Nino tornò a casa il padre si dimentico di dirgli che erano venuti questi due uomini a cercarlo. Il 5 agosto Nino si fece cambiare il turno perché la sorella compiva 18 anni e dovevano festeggiare insieme; mentre i due sposi stavano rientrando a casa arrivarono degli uomini in sella ad un motore. Nino urlò: “corri, corri Ida” ma nel momento in cui Nino stava entrando nel portone di casa venne colpito da vari proiettili e quando la ragazza stava per entrare venne colpita con un colpo al cuore ed ebbe solamente le forze per potersi avvicinare al marito. Inizialmente il padre non capì che si trattava di spari poiché pensò fossero i ragazzi che festeggiano con i petardi il ferragosto che si avvicinava. Ma dopo diversi spari la moglie uscì e vide il corpo di suo figlio e di sua nuora ricoperti di sangue. Quando vennero i poliziotti a controllare i corpi portarono il portafoglio di Nino a suo padre e lui per la rabbia lo lan-

ciò contro un muro; ne uscì fuori un biglietto con scritto: "se mi dovesse succedere qualcosa controllate il mio armadio". I poliziotti si accorsero di quel biglietto ed andarono a casa di Nino. Trovarono vari documenti all'interno del suo armadio, ma non furono mai mostrati ai familiari e le indagini si arenarono. Ancora oggi non si conosce esattamente la motivazione dell’uccisione di Antonino Agostino; un’ipotesi è che venne assassinato perché aveva scoperto alcune cose sul fallito attentato al giudice Giovanni Falcone nella sua villa estiva dell’Addaura. Questa ipotesi verrebbe confermata dal fatto che Falcone, recandosi al funerale del giovane agente, avrebbe affermato di essergli debitore della propria vita. Il padre, ancora in attesa di giustizia, giurò che finché non si fosse scoperto chi fosse stato ad uccidere suo figlio non si sarebbe tagliato né barba né capelli. Giada Valdes

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I.M.D. I.M.D. è un agente della polizia di Stato che fa parte della squadra Catturandi di Palermo, un gruppo dedicato alla cattura dei latitanti che ha compiuto in tanti anni una serie di arresti molto importanti: da Lo Piccolo a Brusca, Provenzano e tanti altri. La squadra Catturandi nasce intorno agli anni 80 per dare la caccia ai latitanti mafiosi. Nei primi anni tutti i latitanti non venivano cercati bene perché il livello di corruzione era alto, anche se non tutti erano corrotti. Beppe Martorana, capo di polizia venne ucciso nel 1985 proprio perché aveva messo a segno due operazioni, catturando due latitanti eccellenti. Tra i mafiosi arrestati da I.M.D. c’è Gaspare Spatuzza, che aveva ucciso Don Pino Puglisi, e adesso è un pentito che collabora proprio con la giustizia, oltre a Giovanni Brusca, arrestato nel 1997. Per catturare i latitanti e i mafiosi si ricorre soprattutto alle intercettazioni telefoniche e ambientali, che richiedono tempi abbastanza lunghi. Sono operazioni che devono essere fatte con molta attenzione, bisogna studiare le loro abitudini, capire la routine cosi da mettersi in allarme se notano qualcosa di anomalo e insolito. Collaborano anche con polizie di Paesi stranieri e con i servizi segreti italiani che spesso passano precise informazioni fondamentali. Nell’incontro con gli studenti del gruppo “Educare alla legalità, risorsa per lo sviluppo” I.M.D. ha raccontato anche il suo ingresso nelle forze dell’ordine. Spesso si entra in polizia o carabinieri per parentela, ma quando egli si arruolò aveva 18 anni e lo fece perché dopo l’uccisione di Fal-

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cone e Borsellino ha deciso di fare qualcosa per la sua città. Ai tempi a guidare la squadra a Palermo era Arnaldo La Barbera, che compose la squadra da suoi fidati agenti di Venezia e giovani Palermitani. Adesso a Palermo non ci sono più latitanti di altissimo spessore, ce n’è uno solo a Trapani di cui si occupa anche la squadra Catturandi di Palermo Secondo I.M.D. il problema della Mafia non si sconfigge solo con

la politica o la repressione, ma deve partire principalmente da noi senza essere disponibili a scendere a compromessi La Mafia è sia plateale, nei casi in cui accadono le stragi, ma soprattutto occulta perche si muove in silenzio. Spesso si pensa che l’Italia sia il paese con il più alto tasso di criminalità, in realtà non è così perché la Grecia e il Belgio ne hanno molto di più. In Italia sono più frequenti rapine o furti. Chiara Morreale, Roberta Tanasi

100% Sbirro e Catturandi 100% Sbirro è un libro scritto da I.M.D., un poliziotto che lavora nella Catturandi di Palermo, che insieme ai suoi colleghi avevano il compito di catturare, principalmente, tutti i mafiosi. È un libro autobiografico in cui lo scrittore è protagonista e racconta 15 anni di carriera nella polizia. Lo scrittore spiega passo passo come si struttura il lavoro della Catturandi, tenendo sotto controllo il telefono di parenti e amici dei delinquenti allo scopo di individuarli, li pedinano fino al momento in cui decidono di fare il blitz. Spiega anche che non è facile fare parte della Catturandi perchè devono sempre nascondersi da tutto e tutti anche per evitare di fare rischiare la vita ai parenti e amici, I.M.D. ai primi tempi teneva allo scuro anche la fidanzata (attuale moglie) che però ha scoperto subito il lavoro del fidanzato. Grazie alla collaborazione di squadra, sono riusciti a catturare i mafiosi più importanti, come: Giuseppe La Mattina, Bernardo Provenzano, i fratelli Lo Piccolo e Giovanni Brusca. 100% Sbirro è un libro che racconta la verità che ha sconvolto per molto tempo Palermo, molti hanno letto questo libro, è stato giudicato anche da Andrea Cammilleri che ha esattamente detto che “leggendo questo libro è come se si leggesse un rude e appassionante romanzo poliziesco, invece è solo la vita quotidiana di persone che cercano giustizia per coloro che sono stati uccisi dalla mafia”. Amanda Tribuna Catturandi è un libro che racconta come si opera all’interno della Squadra Mobile di Palermo Catturandi. Questo libro si sofferma soprattutto a spiegare la cattura del boss Bernardo Provenzano avvenuta l’11 Aprile del 2006. Nel libro c’è un intera parte dedicata ai pizzini grazie ai quali si è arrivati alla cattura. E’ un libro molto bello perché mette in evidenzia la realtà che molti di noi trascura o si ricorda nel momento in cui accadono avvenimenti spiacevoli. Roberta Tanasi


Dragoni e Lupare Dragoni e lupare è un libro scritto da I.M.D., un poliziotto della squadra Catturandi di Palermo e autore dei libri “Catturandi” e “100% Sbirro”. Con questo libro l’autore vuole capire se è vero che l'immigrazione e la criminalità cinese hanno portato un cambiamento nel nostro Paese, legandosi alla nostra criminalità organizzata, oppure se è frutto di pregiudizi e luoghi comuni la convinzione che la mafia cinese sta occupando un ruolo di primo piano nella nostra criminalità. Per far rispondere a queste domande, il poliziotto fa un accurato lavoro di ricerca sulla criminalità cinese presente nel nostro territorio. L'immigrazione cinese viene suddivisa in due periodi: prima della seconda guerra mondiale e dopo la seconda guerra mondiale. Fra cinesi stessi ci sono delle differenze, infatti si fanno differenze fra cinesi provenienti dalla zona dello Zhejiang e quelli provenienti dal sud, vi sono differenze linguistiche e culturali. Le prime città interessate dall’immigrazione cinese furono Milano, negli anni '30, e a seguire Firenze, Prato, Roma e Napoli. La prima attività cinese aperta in Italia fu a Milano nel 1962, era un’attività di ristorazione, ma vi furono dei problemi con le orga-

nizzazione criminali cinesi che imposero il racket ad aziende e ristoranti dei loro connazionali; la stessa situazione si ebbe a Firenze. A Roma in prevalenza sono giunti cinesi provenienti dallo Zhejiang e i settori economici principali sono imprese artigianali e ristoranti. Per quanto riguarda i reati, le provincie che primeggiano sono Prato e Milano; tra i reati troviamo omicidi, furti, rapine, estorsioni, sequestri di persona. Invece a Roma spicca il reato di contraffazione, mentre a Firenze organizzazione e favoreggiamento dell'immigrazione illegale. Per poter entrare in Italia, secondo il Testo unico sull'Immigrazione applicato a tutti gli individui che non sono cittadini della Comunità Europea ed agli apolidi, serve un permesso di soggiorno. Tutti i cittadini che entrano regolarmente in Italia richiedono il permesso di soggiorno entro gli otto giorni lavorativi precedenti l'entrata. I motivi per cui vengono rilasciati i permessi di soggiorno sono: familiari, sportivi, di commercio o attività autonoma, per lavoro subordinato e lavoro temporaneo o in attesa di occupazione o per salute. Un reato molto diffuso è il "traffico di persona", che si distingue nell'introduzione illegale

di immigrati, smuggling, e nella compravendita di esseri umani, trafficking. Le società cinesi prendono il nome di Triade, la più importante è quella della Tiandihui (società del cielo e della terra). Il simbolo della triade è un triangolo che rappresenta la relazione tra terra, cielo e uomo. Quando entrano a far parte nuovi membri si svolge una cerimonia di iniziazione, dove viene chiesto loro di prestare giuramento con il sangue di fronte ad un altare, dopo si bruciano gli incensi e si uccide un gallo e il nuovo membro deve berne il sangue. Durante l'800 crebbero e arrivarono a controllare il settore dei trasporti nazionali e internazionali e il lavoro delle miniere. Per chi vuole raggiungere illegalmente il nostro Paese si deve rivolgere a un membro dell'organizzazione presente in loco e per il viaggio il prezzo richiesto e tra i 15.000 e i 30.000 euro; al clandestino vengono dati dei documenti originali ottenuti tramite la corruzione di funzionari, invece un passaporto falso costa 10.000 euro. La Cina è famosa anche per la contraffazione di merci, infatti è attualmente il più grande esportatore del mondo e il made in Cina può essere visto su una vasta gamma di prodotti, dall'abbigliamento all'elettronica. Giada Valdes

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Così a Bagheria rinascono i beni confiscati Il progetto PON C3 “Educare alla legalità, risorsa per lo sviluppo” ha visto nella parte finale un approfondimento su alcuni beni confiscati. Gli studenti hanno visitato un terreno a Fondo Micciulla assegnato ad una Base Scout ed un appartamento assegnato all’associazione AddioPizzo, mentre a Bagheria hanno conosciuto gli ex magazzini del ferro (ICRE) ed una palazzina di tre piani vicino al centralissimo corso Butera. I magazzini ICRE sono uno spazio molto vasto che può essere convertito a luogo di aggregazione giovanile e realizzazione di manifestazioni culturali, oppure secondo un’altra proposta emersa durante la visita potrebbe ospitare un museo dell’antimafia. Il condominio invece ospiterà a breve uffici comunali che verranno trasferiti lì sgravando le casse del Comune dall’onere degli affitti per le sedi che attualmente li ospitano. Inoltre il piano terra è stato provvisoriamente assegnato ad una associazione che vi ha realizzato una esposizione di monete. Si ringrazia per la collaborazione Pietro Pagano, già assessore del Comune di Bagheria con delega ai Beni confiscati.

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Alcune immagini della visita al bene confiscato di corso Butera

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A Palermo e Roma in ricordo di Pio La Torre Gli studenti coinvolti nel progetto PON C3 “Educare alla

mera dei deputati, del Senato della Repubblica, della

legalità, risorsa per lo sviluppo” hanno partecipato alle

Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno

commemorazioni ufficiali del trentesimo anniversario

della mafia e della Fondazione della Camera dei depu-

dell’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo.

tati, su iniziativa del Centro di studi ed iniziative culturali

Le due manifestazioni, svoltesi presso la Camera dei De-

"Pio La Torre" di Palermo, ed è stato realizzato grazie alla

putati il 15 aprile e presso l’Assemblea Regionale Sici-

collaborazione fra gli Archivi del Tribunale e della Procura

liana il 27 aprile, sono state caratterizzate dalla

della Repubblica di Palermo, l'Archivio storico e la Biblio-

presentazione di un portale dedicato alla memoria di La

teca della Camera dei deputati, la Biblioteca Centrale

Torre contenente documenti e materiali bibliografici per

della Regione Siciliana "Alberto Bombace", la Fonda-

conoscerne la vita e l'impegno civile e politico attraverso

zione Istituto Gramsci, l'Istituto Gramsci Siciliano e il

l'attività di dirigente sindacale e di partito, di consigliere

Centro documentazione Archivio Flamigni.

comunale, di deputato regionale e nazionale.

Il portale è consultabile all’indirizzo http://archiviopiola-

Il progetto è stato promosso dalle Presidenze della Ca-

torre.camera.it/

Nella foto sopra la commemorazione all’Ars, nelle pagine accanto foto di gruppo davanti la Camera dei Deputati

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