Pmi live n. 5

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Live

PMI

Bimestrale - n. 5 - anno I - spedizione in abbomento postale - art. 1, legge 46/04 del 27/02/2004 - Registrazione n° 921/2009 presso il Tribunale di Latina

Anno I n. 5 GIUGNO - LUGLIO 2010

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Le imprese al centro dell’economia

“La crisi economica si sente e pesa. Eppure sembra che l’aerospazio e la difesa siano settori speciali, in grado di non perdere la capacità di rischiare che costituisce l’essenza del fare impresa e di progettare il futuro”.


EDITORIALE

Il Made in Italy dell’alta tecnologia PMI tra criticità e ambiziosi progetti

IN QUESTO NUMERO: Editoriale

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Il Made in Italy dell’alta tecnologia PMI tra criticità e ambiziosi progetti

L’intervista

4-5

Imprese e Forze Armate: la strategia vincente è la flessibilità

Difesa

6 -7

Viaggio nel cuore dell’industria italiana

Dentro le PMI

8 -9

La chiave della competitività delle PMI è l’aggregazione tra imprese

Intervista al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Vincenzo Camporini

Incontro con Remo Pertica, Presidente AIAD

Intervista a Silvano Capuzzo, Responsabile Sviluppo Business di Sofiter S.p.A.

Aereospazio

10 - 11

Agrospazio 2010: Agricoltura in Ambiente Controllato dalla Terra allo Spazio e ritorno

Si è svolto a Sperlonga (Latina) il 20 e 21 maggio il IV Workshop Internazionale

Economia

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Aperture

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Il dual use per la nautica. L’innovazione per lo sviluppo. Intervista al Vicepresidente di Unioncamere Lazio Vincenzo Zottola

Inizia il viaggio nelle PMI di cultura, con le stesse parole d’ordine Intervista a Luca Formenton, Presidente della casa editrice il Saggiatore

PMI Live anno I numero 5 bimestrale Giugno - Luglio 2010

Mentre scrivo queste righe la colonnina di mercurio nelle nostre città aumenta costantemente, fino a farmi dubitare che sia questa la causa dei pensieri che seguiranno. Perché dando uno sguardo d’insieme a questo numero, il quinto di PMI Live, mi sembra davvero di poter essere soddisfatta. Per la rilevanza dei nostri interlocutori, per la qualità delle loro argomentazioni, ma soprattutto per la trama che emerge con chiarezza nelle pagine che seguono. Una trama che racconta di progetti, proposte, volontà di condivisione e crescente consapevolezza delle criticità da affrontare per un reale sviluppo settoriale delle PMI dell’aerospazio e della difesa. E direi non solo, come abbiamo provato a dimostrare con l’intervista ad un medio editore, Luca Formenton, che troverete a pagina 14. Certo la crisi economica si sente e pesa. La sentono le imprese, i giornalisti che le raccontano, le associazioni di categoria e perfino le istituzioni che ne dibattono in Parlamento. La quotidianità è faticosa, in particolare per le PMI e nasconderlo sarebbe sbagliato, oltre che ipocrita. Eppure sembra che l’aerospazio e la difesa siano settori speciali, in grado di non perdere la capacità di rischiare che costituisce l’essenza del fare impresa e di progettare il futuro. In più punti del nostro numero si possono anche ritrovare alcune spiegazioni di un fenomeno che si può descrivere sempre con le stesse usate ed abusate parole: innovazione, ricerca, flessibilità, alta specializzazione. Le chiavi della resistenza alla crisi sono le stesse che qualificano le imprese di un settore che richiede continuo aggiornamento per poter mantenere le proprie nicchie di mercato. Il Made in Italy dell’alta tecnologia passa per queste strade. Ma la complessità dei sistemi che caratterizza la produzione di aerospazio e difesa si ripercuote anche sull’attività quotidiana del fare impresa ed evidenzia alcune criticità che ne mettono a rischio lo sviluppo. Anche qui poche sintetiche parole le raccontano: individualismo e scarsa capacità aggregativa, poca rappresentatività, difficile rapporto con le grandi aziende. Vi invito a leggere in tal senso i contributi di due personaggi di assoluto prestigio: il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Vincenzo Camporini e il Presidente di AIAD Remo Pertica. Il mondo delle Forze Armate e dell’industria si confrontano, seppure a distanza, sulle stesse tematiche e sembrano parlare sempre di più una lingua reciprocamente comprensibile. A pagina 8 Silvano Capuzzo raccoglie le sfide e rilancia con proposte ambiziose. Mentre a pagina 12 il Vicepresidente di Unioncamere Lazio Vincenzo Zottola ci racconta un esempio felice di incontro tra fondi pubblici e progetti per le imprese. A chiudere il quadro il racconto di una due giorni sospesa tra la Terra e lo Spazio, a pagina 10 con l’avventura del progetto Agrospazio. E ora la trama si intravede ancora meglio. Provate a scegliere un filo e ne troverete un altro. E un altro. In un percorso di ricerca che continuerà, nella storia delle imprese, nei loro progetti e, ovviamente, nei prossimi numeri di PMI Live. Roberta Busatto Direttore PMI Live

Registrazione: presso il Tribunale di Latina - n° 921/2009 Direttore responsabile: Roberta Busatto direttore@pmilive.it r.busatto@gmail.com Redazione: Coop. Editoriale “Barra Spaziatrice” redazione@pmilive.it Progetto Grafico: Vincenzo Schiano Moriello Stampa: Graficart snc - Formia (LT) viale dell’industria 37 - 04023

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Editore: Coop. Editoriale “Barra Spaziatrice” info@barraspaziatrice.it

“ETIAM CAPILLUS UNUS HABET UMBRAM SUAM” (dalle “Sententiae” di Pubilio Siro, mimo del 1° secolo a.C.)

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L’intervista

Imprese e Forze Armate: la strategia vincente è la flessibilità

Intervista al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Vincenzo Camporini L’intervista di questo numero è dedicata ad un personaggio di grande rilevanza e spessore, per la sua carriera e per il ruolo che oggi ricopre, quello di Capo di Stato Maggiore della Difesa. Abbiamo, infatti, incontrato in un’assolata mattinata romana il Generale Vincenzo Camporini per intraprendere con lui un breve viaggio nei rapporti tra mondo industriale e Forze Armate. Ne è risultato un confronto aperto e pieno di spunti per entrambe le parti, che ci fa piacere lasciare all’attenzione dei nostri interlocutori. Generale Camporini, PMI Live è una rivista che si occupa di PMI della Difesa e dell’Aerospazio. Abbiamo incontrato moltissime realtà aziendali che sviluppano servizi o prodotti per le Forze Armate e se dovessimo individuare una caratteristica comune a tutte trasversalmente troveremmo l’elevato tasso di innovazione tecnologica. Ed è da qui che ci corre l’obbligo di iniziare l’intervista. Che importanza attribuisce allo sviluppo di nuove tecnologie in ambito militare? E in che grado secondo lei contribuiscono le Forze Armate e in quale il mondo industriale nell’individuazione di soluzioni tecnologiche avanzate da applicare in ambito militare e civile? “L’ambito militare si è storicamente distinto per la ricerca di nuove tecnologie. Solo negli ultimi decenni abbiamo assistito ad una inversione di tendenza, con la tecnologia civile che ha iniziato ad agire per proprio impulso autonomo influenzando l’ambito militare. Dobbiamo però uscire dal dilemma se c’è prima il militare o il civile ed entrare in un’ottica duale. Le tecnologie possono essere utilizzate in un senso o nell’altro. Non dobbiamo irrigidirci in stereotipi ma essere flessibili. Da un lato occorre una classe dirigente militare con adeguata preparazione e dall’altro la sensibilità di chi sviluppa le tecnologie di rapportarsi con le esigenze di chi deve acquistarle”. Ritiene che lo scambio tra i due mondi sia abbastanza efficace? “Troppo spesso in passato e nella prassi non c’è stata una comunicazione ottimale tra il livello industriale e quello operativo. La mia esperienza è in campo aeronautico e lì l’interazione non è stata sempre ideale. Ma voglio fare l’esempio del sistema AMX dove una dialettica vivace e molto produttiva ha consentito un’interfaccia uomo-macchina e una soluzione per il pilota utile, anche se magari non brillante e per così dire sexy. L’ingegnere che lo ha implementato ha lavorato anche sulla psicologia dell’operativo che doveva guidarlo. Una giusta interazione si può avere partendo da due box separati oppure creando team misti. Noi ci stiamo muovendo verso questa seconda ipotesi che accorcia i tempi e riduce i costi. In ogni caso oggi non ci sono più gli steccati che c’erano nel passato”. Generalmente le commesse del settore della difesa coinvolgono come primi fornitori le grandi aziende. Ciò avviene perché è più semplice avere un solo interlocutore? “Ci sono questioni di gestione pratica e contrattualistica che rendono più semplice la presenza di un solo main contractor. Ma al di là di questo ci sono anche aspetti inerenti la prestazione. Se chiedo a qualcuno di fornirmi un oggetto a certe prestazioni e se lo subordino all’integrazione di più sistemi, che richiedono singoli contratti, non so più stabilire chi è il responsabile diretto. Il risultato potrebbe essere un oggetto che non risponde alle esigenze. Non si può però fare un discorso generale ma trovare di volta in

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volta la soluzione ideale. Il singolo contratto con una grande azienda ha infatti di contro alcuni difetti tra cui la lentezza di reazione. Per risolvere un problema ad una singola componente del sistema devo comunque rivolgermi a chi quella componente non l’ha costruita o sviluppata, allungando i tempi della risposta. Insomma a seconda del tema può convenire avere un unico main contractor o fare riferimento direttamente alle PMI”. Come giudica il rapporto delle PMI con le Forze Armate e viceversa? “Il rapporto è molto positivo per le loro caratteristiche di agilità e di scarsa ingessatura burocratica. La catena decisionale è più corta ed è quindi facile e rapido trovare un punto di incontro tra cliente e produttore. Ma non è sempre possibile fare diretto riferimento alle PMI, dipende dalle diverse fasi in cui si sviluppa un progetto. Come requisito operativo per giungere ad un prodotto è sicuramente meglio avere un prime contractor che garantisca un supporto logistico durante la vita del sistema. Oggi i mezzi militari hanno durate decennali e hanno bisogno di costante monitoraggio. Spesso in tal senso è più semplice andare da chi ha prodotto o sviluppato la singola componente del sistema. Questa logica già viene applicata e le risposte sono positive in tutti i settori, terrestre, navale, aeronautico”. Individua delle criticità da superare per migliorare lo scambio di patrimoni di ricerca tra imprese e Forze Armate? “La strada è quella dell’approfondimento della conoscenza reciproca che spesso è carente. Mi capita non di rado di visitare nelle fiere espositori italiani e scoprire piccole imprese che offrono un prodotto specifico che non conoscevo e che potrebbe esserci utile. E’ un problema di comunicazione ma qualche volta dipende dalla pigrizia dell’operativo che già dispone dell’intero sistema conosciuto e si accontenta. Certo è importante anche la disponibilità informativa dell’altro versante, quello delle imprese”. In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo pensa che si possano aprire nuovi spazi di partecipazione delle imprese nei grandi

programmi della difesa? “E’ un momento critico dell’economia di tutto il mondo occidentale e tutte le strutture della difesa pagano una difficoltà e ne subiscono gli effetti. Occorre metabolizzare la crisi come stimolo per ridurre le sacche di inefficienza e migliorare la redditività. Chi lo farà vivrà una svolta positiva. Dipende dunque dall’atteggiamento dei singoli”. Cambiando argomento ed entrando nel ruolo militare internazionale del nostro Paese, arriviamo a quell’approccio italiano alle missioni di pace di cui spesso si parla. Quali sono le sue caratteristiche ed è un modello anche per altri Paesi? “Da poco si è scoperto che le Forze Armate non sono un carrozzone che aspetta l’arrivo dei Tartari dalla Fortezza Bastiani. Abbiamo dimostrato una capacità operativa che deve essere adeguata alle esigenze del nostro Paese e agli sviluppi delle Forze Armate degli altri Paesi. Dalla Guerra Fredda e in pochi anni, l’esercito italiano ha saputo attuare una rivoluzione interna capace di affrontare i nuovi scenari. Deve crescere la consapevolezza che la politica di difesa, che discende dalla politica estera, non è più patrimonio per specialisti ma assume una dimensione pubblica più ampia. E la stiamo facendo crescere. Importante è poi che i cambi di strategia imposti dai nuovi scenari internazionali hanno coinciso con cambiamenti radicali interni alle Forze Armate. Cito su tutti il passaggio dalla leva al professionismo. Questo ha significato e significa la possibilità di selezionare i migliori aspiranti per ottenere un’unità di élite. Per ogni posizione abbiamo dai 6 agli 8 candidati, tutti con una formazione superiore e dunque con una maggiore capacità di comprendere le situazioni ed individuare le strategie migliori. Questo avviene in particolare in Italia. E fa sì che nelle azioni di controllo dell’instabilità ci sia una risposta positiva e le popolazioni possano notare un atteggiamento diverso dei nostri soldati rispetto a quelli di altre nazionalità. Il risultato è che esiste un’accettabilità più elevata da parte dei territori in cui operiamo; in Kosovo, Libano, Iraq e Afghanistan la gente collabora con noi. In generale mi sembra comunque importante sottolineare che l’Italia non interviene nelle missioni internazionali perché vuole essere della partita, ma perché ci sono interessi importanti in gioco. Il primo è la stabilità. Porto ad esempio il Kosovo, la cui instabilità metteva a rischio l’intera regione. Si trattava di un nostro interesse diretto Ciò è vero anche in Afghanistan dove occorre evitare di condurre ancora terreno fertile alla diffusione dei gruppi terroristici”. Abbiamo letto con attenzione il suo intervento di chiusura dell’anno accademico 2009/2010 del Centro Alti Studi per la Difesa (i nostri lettori potranno trovarlo collegandosi a www.difesa.it e cercandolo tra gli interventi del Capo di Stato Maggiore della Difesa). Di grande interesse il tema dell’etica che deve sottostare ad ogni azione delle Forze armate e al rapporto che questa nei contesti internazionali va ad instaurare con le culture dei popoli che incontriamo nelle varie missioni. Nel 2010 quale deve essere l’etica militare italiana e quali i confini di apertura con le popolazioni diverse? “L’etica è un discorso complesso che va oltre l’atteggiamento verso le popolazioni che incontriamo nelle nostre missioni. Chi è entrato nelle Forze Armate deve sapere che lo ha fatto con un contratto di lavoro diverso dagli altri, dove, fuor di retorica, si mette a rischio la propria vita. Ciascuno di noi lo sa. Alla base di questo c’è il fondamentale rispetto per la comunità, che contrasta con l’esibizionismo e mette in risalto il proprio ruolo di utilità verso i propri concittadini. Le conseguenze non sono peculiarità del mestiere militare ma non possono non essere presenti nel mestiere militare: onestà intellettuale, onestà ‘tout court’, disponibilità”. Legato al tema dell’etica c’è quello della salvaguardia dei beni culturali all’interno delle

missioni internazionali. Il ruolo dell’Italia in tal senso rivela particolari peculiarità. E’ d’accordo? “Noi siamo inviati in zone ricchissime di patrimonio culturale. In Kosovo, ad esempio, è attiva la nostra politica di protezione dei luoghi sacri dell’ortodossia serba. Ci sono centri di elevato valore simbolico e artistico, e dunque dall’elevato rischio, che dobbiamo difendere, per evitare drammatiche conseguenze politiche e per la sicurezza delle popolazioni che dobbiamo difendere. Ciò avviene anche in altri teatri operativi. La salvaguardia del patrimonio artistico e culturale è un compito nuovo che si sono assunte le Forze Armate e che scaturisce da una esigenza dei territori in cui operiamo”. Roberta Busatto

Generale Vincenzo Camporini Capo di Stato Maggiore della Difesa Nato a Como il 21 giugno 1946, arruolato in Accademia Aeronautica nel 1965 con il corso ‘Drago III’, ha terminato il corso di studi con il grado di Sottotenente nel 1969, conseguendo la Laurea in Scienze Aeronautiche presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. Nel 2004 si è laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università degli Studi di Trieste. Dopo il brevetto di pilota militare ha prestato servizio per molti anni come pilota F-104 RECCE presso il 3° Stormo di Villafranca. Ha frequentato il corso NATO Defense College nel 1977 e nel grado di Tenente Colonnello ha comandato il 28° Gruppo di Villafranca dal 1979 al 1981. Dopo il Corso Superiore di Guerra Aerea (1982), è stato assegnato allo Stato Maggiore Aeronautica dove, dal 1983 al 1985, è stato Aiutante di Volo del Capo di Stato Maggiore. Promosso Colonnello nel 1985, ha prestato servizio presso lo Stato Maggiore Aeronautica 4° Reparto Logistica nell’Ufficio Ricerca e Sviluppo dei Sistemi d’Arma. Nel 1988 ha assunto il comando del Reparto Sperimentale Volo di Pratica di Mare ed è stato il rappresentante Italiano presso il Comitato Studi sulle Applicazioni Aerospaziali dell’AGARD. In seguito, nuovamente allo Stato Maggiore è stato Capo “Ufficio Sviluppo Tecnico dei nuovi Sistemi d’Arma”, incluso l’EFA, e rappresentante italiano nel programma NAEW. Da aprile 1993 ad aprile 1996, quale Generale di Brigata, ha assunto l’incarico di Capo del 3° Reparto “Piani, Operazioni, Addestramento e Cooperazione Internazionale” dello Stato Maggiore Aeronautica. Dall’aprile 1996 ha assunto l’incarico di Ispettore dell’Aviazione per la Marina e dal novembre 1997, già promosso Generale di Divisione Aerea, al novembre 1998 è stato Ispettore per la Sicurezza del Volo. Successivamente ha retto l’Ufficio Generale di Politica Militare dello Stato Maggiore Difesa, successivamente ridenominato 3° Reparto “Politica Militare e Pianificazione”. Da aprile 2001 a febbraio 2004 il Generale Camporini è stato Sottocapo di Stato Maggiore della Difesa per diventare poi Presidente del Centro Alti Studi della Difesa (marzo 2004), incarico ricoperto fino a settembre 2006. Il 20 settembre 2006 ha assunto l’incarico di Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare. Dal 12 febbraio 2008 il Generale Camporini è il nuovo Capo di Stato Maggiore della Difesa. Il Generale è pilota con esperienza di volo su 24 differenti tipi di aeromobile, inclusi l’F104, il Tornado, l’AMX, velivoli da trasporto plurimotore ed elicotteri; al 31 dicembre 2006 ha effettuato oltre 2600 ore di volo. Nel 2007 è stato nominato Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. I suoi riconoscimenti e decorazioni includono inoltre la medaglia militare aeronautica di lunga navigazione aerea (oro), la medaglia militare al merito di lungo comando (oro), la croce d’oro per anzianità di servizio (40 anni), l’onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica Francese, la medaglia Santos Dumont al merito della Repubblica del Brasile, il distintivo d’onore di ferito in servizio e il diploma Paul Tissandier rilasciato dalla FAI e della Decorazione d’onore dello Stato Maggiore della Difesa. Infine, il Generale Camporini è membro della Royal Aeronautical Society.

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Difesa

Viaggio nel cuore dell’industria italiana Incontro con Remo Pertica, Presidente AIAD

Quando ho incontrato Remo Pertica ho pensato che occorresse un numero speciale per raccontare la sua vita professionale e i suoi progetti. E ho percepito di essere entrata nel cuore dell’industria italiana della Difesa. La storia personale dell’attuale Presidente della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD), infatti, si intreccia spesso con quella delle più importanti aziende del settore. Dal 1968 al 2002 Pertica è stato in Marconi, gruppo nel quale ha percorso tutta la sua carriera fino ad essere nominato nel 1997 Amministratore Delegato della Società per il settore militare. “Nel 2001 iniziarono i problemi per il mercato civile delle telecomunicazioni, che era cresciuto troppo rapidamente soggetto ad una pericolosa euforia, ed anche la Marconi, colpita con durezza da questa crisi, fu costretta a mettere sul mercato l’unica sua Società in attivo, che uno studio indipendente di Frost and Sullivan aveva descritto come Società leader nelle comunicazioni militari, ponendola al secondo posto in Europa ed al sesto posto del mondo in base al fatturato di settore. Inevitabile a quel punto fu la scelta dell’azionista di mettere all’asta la Società. Vennero interessati 8 grandi gruppi, 4 europei e 4 americani, tra i quali Finmeccanica unico concorrente nazionale, che aveva particolare interesse ad acquistarci perché priva di un settore tlc e perché una non acquisizione avrebbe comportato l’ingresso in Italia nostro tramite di un concorrente straniero ben introdotto sul mercato. Debbo riconoscere che il passaggio a Finmeccanica fu molto travagliato e faticoso per noi, impegnati ad orientare la vendita e contemporaneamente a mantenere la nostra posizione sul mercato, ma venne favorito grazie al forte interessamento di tutte le Istituzioni nazionali, da quelle governative

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a quelle sindacali, anche se i veri artefici del successo furono il dottor Letta, che seppe tessere da suo pari la tela delle relazioni tra venditore ed acquirente e, soprattutto, l’ingegner Guarguaglini, da poco nominato Presidente di Finmeccanica, che si impegnò con determinazione per favorire la conclusione positiva delle trattative.” Così nell’agosto 2002 la Marconi Difesa diventa Finmeccanica con il nome di Marconi Selenia e Pertica viene confermato Amministratore Delegato fino al 2004, anno in cui viene nominato Condirettore Generale di Finmeccanica. Ha mantenuto tale incarico fino al 2009. Oggi è senior advisor del Presidente ed Amministratore Delegato con altri due incarichi: la Presidenza della Selex Galileo e quella, appunto dell’AIAD. Finmeccanica, Marconi, Selex Galileo: nomi che portano in un attimo alle vette del settore. Eppure dietro ogni successo ci sono le persone. “Per l’affermazione di Finmeccanica a livello mondiale ci fu bisogno di Pier Francesco Guarguaglini. Lui infatti ha saputo in breve tempo valorizzare al massimo tutte le attività del Gruppo, consentendogli di conseguire successi in campo internazionale, inimmaginabili una decina di anni fa. A Guarguaglini dobbiamo l’attuale peso industriale, politico, economico ed occupazionale del nostro Gruppo”. E’ con grande attenzione e con piena consapevolezza che Pertica ci racconta questa storia vissuta da protagonista. Ma i suoi occhi diventano ancora più brillanti quando tocchiamo un’altra delle sue attività, quella di Presidente del Distretto Tecnologico Ligure dei Sistemi Intelligenti Integrati e le Tecnologie (Siit). Un piccolo grande gioiello dell’eccellenza italiana che raccoglie Enti pubblici di ricerca, 20 grandi aziende, oltre 100 piccole e medie imprese unite in un Consorzio, Enti pubblici, Associazioni di categoria e Istituti finanziari. “Il SIIT è una Società per Azioni il cui 51% appartiene ad Università e CNR, il resto alle industrie, insieme agli Enti pubblici e ad alcuni istituti bancari. Ne fanno parte tutte le Istituzioni pubblico-private più importanti del territorio”. Ma sono i numeri della capacità di attrazione di risorse a colpire di più: sono già 80 i milioni di euro investiti in due fasi e finalizzati alla ricerca applicata in grado di provocare ricadute di innovazione sul territorio ligure. Il tutto unito ad un accrescimento di occupazione. “I fondi di ricerca sono destinati ai 6 settori principali di attività che caratterizzavano l’industria ligure al momento della nascita del Distretto: ICT, infomobilità, sicurezza, automazione, salute ed energia”. E le PMI? “All’inizio hanno aderito una decina di grandi aziende e una ventina di PMI, oggi siamo a 20 grandi ed oltre 100 PMI. Praticamente tutta l’industria high tech ligure, grande e piccola”. A

conferma, aggiungiamo noi, dell’importanza reale di un Distretto che funziona nello sviluppo complessivo di un territorio. Tema di fondo resta quello delle alleanze nazionali e dell’internazionalizzazione. Remo Pertica ci parla della necessità di stipulare accordi tra distretti, tra Università che oggi sovrappongono spesso le proprie ricerche, tra imprese che sviluppano autonomamente gli stessi sistemi. Questo consentirebbe un risparmio di risorse, una razionalizzazione dell’offerta e maggiori probabilità che dalla condivisione nascano proposte innovative in grado di imporsi nel mercato internazionale. “In tal senso attendiamo anche l’annunciata riforma Gelmini che dovrebbe fare ordine tra i numerosi distretti, che in Italia sono più di 40”. E come annunciamo a Remo Pertica, PMI Live ha intenzione di sostenere questo processo di verifica e monitoraggio, certa che tali strumenti, se realmente applicati, possano rappresentare dei volani di sviluppo economici improntati all’integrazione e all’innovazione. Ma proseguiamo il viaggio nella vita professionale del nostro interlocutore. La prossima tappa è l’Istituto Italiano Tecnologia di Genova, del cui Consiglio di Amministrazione fa parte da 5 anni. “L’obiettivo è quello di sviluppare robot con caratteristiche umanoidi. L’Istituto è costituito da più di 800 ricercatori, di cui un 30% straniero, un 30% italiano di ritorno da esperienze all’estero e un 30% italiano”. L’Amministratore Delegato è il professor Grilli, il presidente è il dottor Galateri, il direttore tecnicoscientifico è il professor Cingolani. I progetti vengono valutati da Comitati esterni altamente qualificati. “I progetti dell’IIT” ha sottolineato con grande capacità persuasiva “sono talmente avanzati ed innovativi da convincere ricercatori stranieri a venire a lavorare a Genova perché hanno capito che all’ IIT potranno fare e sviluppare idee e soluzioni che in altre parti del mondo non sono ancora state affrontate”. Infine, ultima tappa tra gli incarichi di Pertica: l’Agenzia dell’Innovazione e della Tecnologia nata due anni e mezzo fa a Milano. “L’obiettivo è quello di monitorare gli investimenti in ricerca e sviluppo del nostro Paese, di costituire un tecnology foresight strutturato, di organizzare corsi di formazione finalizzati ad un efficace trasferimento di tecnologie”. L’Agenzia è stata voluta fortemente dal Ministro Brunetta e il suo Consiglio di Amministrazione è composto da rappresentanti di 4 Ministeri e di 4 Regioni. Da quel che intuiamo per capirne l’efficacia e l’utilità occorre attendere ancora qualche tempo. Anche se concordiamo con Pertica che “il successo di Enti come questo dipende prima di tutto dalle capacità e dai poteri di chi li guida”. “Il problema della ricerca italiana è quello della mancanza di coordinamento e del desiderio di supremazia. Occorre identificare le tecnologie strategiche su cui investire. La ricerca dispone di poche risorse, occorre orientarle al meglio. Non devono essere strozzate le ambizioni ma serve un forte coordinamento per evitare che tutti facciano le stesse cose”. Il tema ci spinge ad addentrarci insieme nei complessi rapporti tra PMI e grandi aziende. “Le PMI sono a parole sostenute da tutti. Non c’è convegno che non ne parli ed in cui non si convenga che vadano sostenute. E questo vale anche per la ricerca e lo sviluppo. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Prendiamo in considerazione il settore militare. Con la crescente richiesta di sistemi sempre più complessi e di sistemi di sistemi i clienti possono far riferimento solo a quelle grandi aziende che hanno forti capacità di integrazione, maggiore possibilità di effettuare investimenti sulle tecnologie strategiche alla loro sopravvivenza e che comunque possono gestire l’intero processo progettuale in prima istanza e quello produttivo, una volta ottenuto il contratto, nella loro complessità. Fin dalla fase di progetto diventa importantissima la capacità di gestione della supply chain da parte della grande azienda”.

La domanda che viene spontaneo porre a Remo Pertica a questo punto è come fanno le PMI a stare dentro questo processo che le vede quasi come soggetti passivi. “Le PMI devono avere ben chiare prima di tutto le esigenze del cliente finale. Devono capire come dare il proprio contributo specifico, con quali investimenti ed in che tempi. Per fare questo occorrono conoscenza dei mercati, buoni rapporti con l’utilizzatore finale, flessibilità e lungimiranza, disponibilità ad investire per essere considerati partner strategici del main contractor. In questo senso i distretti tecnologici virtuosi e i bandi regionali di ricerca offrono due vantaggi: la possibilità di partecipare a progetti pilotati dalla grande industria ed essere riconosciuti quali partner essenziali per questi progetti”. E oltre ai grandi programmi per le PMI restano solo i “mercati di nicchia”. Eppure alle PMI qualcosa manca per affermarsi… “Manca la capacità di avere coesione per settori merceologici omogenei. I distretti industriali hanno funzionato poco e male. Oggi Governo e Confindustria stanno promuovendo con vigore le reti d’ impresa, che dovrebbero superare i problemi incontrati dai distretti industriali. In AIAD, ove troviamo una decina di grandi imprese ed oltre un centinaio di PMI, questo problema è particolarmente sentito: ed, infatti, nel settore aeronautico abbiamo fortemente sostenuto le iniziative che hanno portato al Meta Distretto Aereonautico che riunisce le PMI di tre differenti distretti industriali (Puglia, Campania, Piemonte) ed ha l’obiettivo di favorire la specializzazione delle PMI non solo per evitare sovrapposizioni e concorrenza, ma anche per avere una voce più forte in chiave di rappresentanza. A questo Paese servono sempre più persone che sappiano lavorare al di sopra degli interessi del singolo e serve sempre più integrazione tra piccoli e grandi. In AIAD il nostro obiettivo è quello della tutela complessiva della categoria”. La tentazione di chiedere a chi ha uno sguardo tanto privilegiato e lucido sul settore qual è il suo stato alla luce della crisi economica è troppo forte e allora lo facciamo, quasi in chiusura della nostra chiacchierata. La risposta è pronta: “la crisi si è fatta indubbiamente sentire, ma non ha inciso moltissimo sulla grande industria del settore perché i nostri programmi sono di lungo respiro e il loro ciclo di sviluppo è di molti anni. Chi ha sofferto di più sono comunque le PMI perché nei momenti di difficoltà si tende sempre a riportare in casa ogni aspetto dello sviluppo e della produzione per mantenere intatti i posti di lavoro. E’ ovvio quindi che ad essere penalizzato è chi lavora in subfornitura”. Ma in innovazione e ricerca in Italia si investe davvero troppo poco: “sono preoccupanti i tagli di bilancio, quelli passati e quelli attesi dalla manovra in corso. E preoccupante è l’atteggiamento di molti nei confronti del settore della difesa e delle sicurezza, che porta occupazione e sviluppa tecnologie. Per risolvere questa situazione occorre uno sforzo eccezionale nelle esportazioni”. Intanto però Finmeccanica prosegue il suo viaggio che la vede imporsi tra le aziende più forti e importanti. Con oltre 44.000 dipendenti diretti in Italia, ha un indotto nel nostro Paese tra le 150.000 e le 200.000 persone. E sicuramente è il punto di riferimento nel settore della difesa e dell’aerospazio grazie anche alla distribuzione sul territorio delle sue società partecipate e collegate. Dalla Marconi a Finmeccanica; dal Siit ligure all’Agenzia dell’Innovazione e della Tecnologia; dal passato ad un futuro ancora pieno di idee, progetti e passione. Ringraziamo l’ingegner Pertica per avercene regalata una parte. Sperando che voglia farlo ancora in futuro. Roberta Busatto

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Dentro le PMI

La chiave della competitività delle PMI è l’aggregazione tra imprese Intervista a Silvano Capuzzo, Responsabile Sviluppo Business di Sofiter S.p.A. elevate. Al centro deve esserci la visione del valore dell’impresa e non solo la capacità di produrre reddito in tempi brevi”. Quali sono invece le maggiori criticità specifiche che individua nelle PMI del settore? “Le criticità che pesano di più sono la bassa capitalizzazione e i limiti conseguenti sulle capacità di investimento ed accesso al credito, i problemi di scarsa liquidità derivanti in particolare dai lunghi tempi di pagamento del sistema nazionale (Stato e grandi imprese), la complessità della burocrazia per la gestione delle attività, in particolare per le componenti legate all’esportazione di sistemi militari o duali, il basso livello di sviluppo delle attività di ricerca per l’innovazione sia di prodotto che di processo e la necessità di sviluppare l’offerta verso una gamma più ampia di soluzioni, anche per migliorare il rapporto con le grandi che ricercano sempre più partner, coi quali condividere anche i rischi verso il mercato, che fornitori”. L’impresa che incontriamo in questo numero, Sofiter S.p.A., ci consente di spaziare oltre la semplice descrizione aziendale, perché il suo rappresentante dimostra fin da subito di avere particolare entusiasmo e determinazione nel delineare le criticità che caratterizzano il settore di nostro interesse e le possibili soluzioni. Non a caso, dunque, Silvano Capuzzo è anche il rappresentante delle PMI in AIAD. Iniziamo con il delineare un quadro generale della situazione del settore delle PMI di aerospazio e sistemi difesa. “Le PMI sono coinvolte da tempo nei problemi derivanti dal processo di globalizzazione ora aggravato dalla situazione di crisi generale del sistema internazionale. E oggi sono diverse le criticità generali da individuare per avviare un reale processo di sviluppo. Innanzitutto una cultura di approccio al mercato, improntata ancora in gran parte più all’esecuzione di input esterni che ad un atteggiamento propositivo e proattivo di ricerca e proposizione di soluzioni. Poi una forte individualità, che crea problemi a rapportarsi all’esterno e che deriva da un’impresa imperniata ancora molto sulla figura del singolo che l’ha creata o che la guida. Le soluzioni ruotano intorno a modelli organizzativi che superino la gestione padronale aiutando gli imprenditori a diventare maggiormente manager e che insieme sostituiscano la cultura da solisti con quella dell’individuazione di partnership per la costituzione di reti e filiere. E’ inoltre necessario muoversi verso un mercato più grande, internazionale, che vada oltre il locale ed oltre i modelli di relazioni per lungo tempo consolidati. Occorre poi modificare la visione del ritorno del business, oggi concentrato sul ritorno a breve, mentre i grandi progetti necessitano di tempi a lungo termine ed impongono masse critiche finanziarie più

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Dalle sue parole sembra che le PMI per essere competitive debbano assumere di sé le caratteristiche delle grandi aziende. “La PMI non devono avere le caratteristiche delle grandi strutture ma devono avere masse critiche più grandi e andare verso la parte più strutturata della presenza delle PMI nei mercati esteri, quella delle medie aziende. Nel settore abbiamo una scarsa presenza di medie aziende e ciò inficia anche la costruzione delle filiere e la proposta di soluzioni verso i grandi”. Ma l’azienda media di cui parla secondo lei potrebbe essere anche costituita dalla somma di due piccole? “Si ma questo significa lavorare insieme agli altri ed è uno degli aspetti più delicati. La forte caratterizzazione padronale e l’orgoglio, importante ma oggi credo limitante, di aver sempre rischiato in proprio e ottenuto risultati, porta gli imprenditori ad opporre resistenza a processi aggregativi. Un sistema di norme e regole che favorisca la creazione di reti di impresa o crei benefici per fusioni ed aggregazioni (es. dal punto di vista fiscale a quello dell’accesso ai finanziamenti) può essere uno stimolo nel favorire la creazione di medie aziende anche “virtuali”. Quali sono secondo lei i punti di forza delle PMI? “Una grande flessibilità operativa che consente di dare risposte in tempi rapidi e in più settori. Una grande partecipazione di tutti gli attori alle sorti ed ai risultati aziendali. Una struttura di gestione corta non caricata di livelli organizzativi che introducono costi ed inefficienze. Una creatività elevata nella ricerca di nuove soluzioni. Tutto questo evidentemente ricondotto alle dimensioni ridotte che sono penalizzanti dal punto di vista delle masse critiche sia per quanto concerne la conoscenza che la capacità di realizzare volumi”.

Come giudica il grado di rappresentatività delle PMI? “Per occuparsi di rappresentatività in ambito politicoistituzionale occorre avere risorse e le PMI non sono in grado di distaccarne anche solo una parte su questo. Anche in tal senso la risposta delle reti e delle filiere ci viene incontro, perché un network può sostenere le istanze comuni con maggiore forza”. Che ruolo possono avere o hanno in tal senso le associazioni? “Possono avere un ruolo se rappresentano realmente le istanze delle imprese. Possono dare soluzioni ad alcuni loro problemi ma soprattutto essere contenitori per creare lobby e consentire loro di assumere maggior peso nel mercato. Questo avviene fornendo da un lato visibilità del contesto generale delle PMI e dall’altro proponendo analisi e orientamenti che possano tracciare per loro delle linee di sviluppo. E poi ci sono associazioni (come l’AIAD ndr) che favoriscono il dialogo tra le associazioni sia a livello nazionale che internazionale . Ma in assoluto è lo stimolo all’aggregazione a rappresentare il vero valore aggiunto delle associazioni”. Passiamo ora alle soluzioni per risolvere le criticità da lei sollevate. “Penso che tutto possa raccogliersi intorno al termine OSARE, acronimo che racchiude in sé tutte le caratteristiche che un’azienda dovrebbe avere per essere realmente competitiva: cultura aperta e proattiva, elementi aggregativi e valori condivisi, fiducia nel cooperare, affidabilità e capacità di esaltare le potenzialità dei singoli. Occorre non disperdere tali capacità, soprattutto in momenti di difficoltà della singola impresa e per fare ciò la soluzione può essere proprio il network in grado di assorbire l’urto e sostenere il rilancio. E le dirò di più, credo fortemente nello sviluppo di accordi interaziendali di gestione della conoscenza e in quelli sindacali di gestione della mobilità all’interno di un settore, attraverso uno scambio di risorse umane qualificate da un’azienda ad un’altra sia in momenti di crisi di una sia in momenti di forte necessità di sviluppo del business. E poi lo sviluppo vero, ma in Italia è ancora un tabù, passa per la partecipazione dei dipendenti alle politiche aziendali, attraverso la condivisione degli obiettivi e dei risultati e dunque per una assunzione di responsabilità diversa . La nazione a cui guardare per questo è la Germania dove tale modello è sviluppato, rendendola la nazione europea con meno conflitti sindacali. In Italia c’è un problema culturale per cui non viene privilegiato il valore che si costruisce e si distribuisce nel fare impresa ma il possesso del proprio piccolo orticello”. Questo ha a che fare con una funzione sociale del fare impresa? “In un territorio le imprese danno e ricevono. In un quadro globalizzato le reti di imprese rappresentano il fattore di sviluppo maggiore ed è proprio il legame territoriale a rafforzarle e contribuire allo sviluppo del valore creato e distribuito, sia in termini di remunerazione del capitale investito sia in posti di lavoro, e quindi creazione di ricchezza distribuita. Irrobustire il tessuto imprenditoriale dei territori e portarlo in modo stabile ad avere capacità e masse critiche adeguate è sicuramente anche una funzione sociale importante. Due punti di estrema importanza, per lo sviluppo delle PMI, da lei lasciati sottintesi per tutto il discorso, sono l’internazionalizzazione e la ricerca. “L’internazionalizzazione è un’esigenza imprescindibile per restare sul mercato soprattutto in

una fase come questa dove i tassi di crescita sono molto più elevati non solo in paesi tecnologicamente più avanzati (USA) ma in altri con grandi mercati e grandi risorse (BRIC). Rispetto alle attività per l’internazionalizzazione, se ci fosse l’ottimizzazione del meccanismo attuale, molto dinamico ma gestito da una infinità di realtà pubbliche e private che disperdono risorse con scarsa visione di sistema, la situazione potrebbe essere migliore. Occorre un lavoro più coordinato e mirato se si vogliono ottenere altri risultati. Ci vogliono forse meno partecipazione a fiere e più presenza nei luoghi e posti stranieri giusti di persone giuste (sviluppando ad esempio la forza di desk quali quelli dell’ICE e delle Camere di Commercio). Per le fiere vengono spese centinaia di migliaia di euro che potrebbero coprire i costi delle risorse da destinare a questo lavoro continuo e capillare di vera e sana lobby industriale. Per la ricerca il discorso è di utilizzare al meglio le risorse disponibili. Sono troppi i progetti di piccole dimensioni portati avanti. Bisogna selezionare pochi filoni e poche linee guida con il coinvolgimento sia della grande impresa che delle PMI e con obiettivi che tutelino entrambe nella acquisizione di fattori competitivi. Serve poi una maggiore possibilità di accesso ai finanziamenti da parte delle sole reti di PMI, finalizzando progetti di ricerca in modo specifico per i loro bisogni. Infine credo sia da modificare il meccanismo di erogazione di finanziamenti a scadenze definite e da costituire un fondo rotativo che consenta di sostenere specifici progetti nati da vere esigenze, anche temporali, di competitività sul mercato”. A questo punto chiudiamo con alcune linee strategiche. “Maggiore capacità di creazione di reti di imprese per avere masse critiche adeguate, maggiore livello di automazione dei processi dalla progettazione del prodotto al suo supporto operativo, sviluppo di servizi comuni a supporto del business, maggiore finalizzazione degli investimenti in ricerca ed innovazione anche attraverso lo sviluppo di maggiori brevetti, maggiore presenza sul mercato come sistema”. Piera Zocchi

L’AZIENDA Ragione Sociale: Sofiter S.p.A. Presidente: Secondo Grassi Responsabile Sviluppo Business: Silvano Capuzzo Sede Legale: Corso Francia 35, Torino Sedi operative: Corso Francia 35, Torino Via Francesco De Sanctis 15, Roma Riferimenti: Tel. +39 011 4405711; Fax +39 011 4405715 Sito web: www.sofiter.it E-mail: segreteria@sofiter.it Capitale Sociale i.v.: €1.550.000,00 DIPENDENTI GRUPPO (nel settore): 270 PRINCIPALI CLIENTI: Alenia Aeronautica, Thales Alenia Space, Alenia Aermacchi, Selex Galileo OFFERTA: Consulenza e servizi di ingegneria nel settore aerospazio e sistemi difesa: • ingegneria delle strutture • ingegneria dei sistemi generali e di missione • ingegneria del supporto logistico

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Il IV Workshop Internazionale Agrospazio prosegue nella sfida lanciata nel 2004 di legare due ambiti apparentemente lontani e invece in questo caso legati indissolubilmente: la ricerca scientifica applicata allo spazio e l’industria agroalimentare. L’obiettivo è di percorrere virtualmente la strada che dai sistemi più avanzati per la produzione di cibo sulla terra porterà alla definizione delle specifiche caratteristiche e dei requisiti che dovranno avere i futuri sistemi per la produzione di cibo nello spazio e, a ritroso, delineare le ricadute scientifiche e tecnologiche che la ricerca spaziale comporterà per il miglioramento delle conoscenze e delle tecnologie da applicare alle coltivazioni in ambiente protetto. Appunto, dalla Terra allo Spazio e ritorno. Seguendo il filo tracciato dai precedenti convegni, saranno analizzate le più recenti innovazioni scientifiche e tecnologiche nel settore delle colture protette (dalla fisiologia vegetale ai sistemi di

Agricoltura in Ambiente Controllato dalla Terra verso lo Spazio e ritorno

The fourth international AgroSpace workshop will progress on the challenge raised in 2004 of combining two different, yet inextricably linked, areas - namely, the application of scientific research to the food industries on Earth and in Space. The workshop will be a compelling, informative and essential two days focussed on the two fascinating and evolving areas of Space and agricultural research. A primary objective is to develop a path from the most advanced systems for food production on Earth to define specific requirements for future food systems in Space. Additionally, the scientific impact of Space research to improve knowledge and apply technology for protected environment food production on Earth will be addressed. Developing the issues of the previous AgroSpace workshop, the latest scientific and technological innovations related to protected growth techniques will be analysed - this will range from plant physiology to

Controlled Environment Agriculture from Earth to Space and back

AGROSPAZIO2010

AGROSPACE2010

Si è svolto a Sperlonga (Latina) il 20 e 21 maggio il IV Workshop Internazionale Sperlonga ex Chiesa Santa Maria 20-21 maggio 2010

FEDERLAZIO Latina SEGRETERIA Italy, 04100 Latina Piazza Mercato, 11 Tel. +39 0773.661212 fax +39 0773.661122 www.federlazio-latina.com federlazio.latina@federlazio.it

with the contribution of:

scientifico e soprattutto l’esperienza accumulata nelle precedenti edizioni, la determinazione e lucidità di intenti degli organizzatori hanno permesso alla molteplicità di culture e conoscenze di confrontarsi con la voglia e la propensione a trovare settori di interazione sia scientifica che industriale. Si tratta di un approccio moderno che risponde sia alla necessità di trasferire rapidamente le conoscenze scientifiche dai ricercatori dell’Università e degli Enti Pubblici di Ricerca verso il tessuto produttivo, sia a quella di interazione disciplinare fra diverse competenze su temi complessi come sono l’avanzamento tecnologico in agricoltura e il supporto alla vita nello spazio. L’Unione Europea, il Governo Nazionale e i Governi Regionali si muovono in modo deciso verso schemi di finanziamento alla www.agrospaceconference.com ricerca e allo sviluppo economico che favoriscano l’interazione stretta tra mondo scientifico e mondo produttivo. Ciò a Sperlonga è avvenuto. In particolare il supporto tecnico delle agenzie spaziali: ASI (Agenzia Spaziale Italiana), ESA (Agenzia spaziale europea), NASA (Agenzia spaziale americana) e CSA (Canadian Space Agency), ha consentito di focalizzare i lavori sull’uniformità del progetto con le vision esistenti rispetto al futuro dei voli umani nello spazio. Tali attività dovranno cimentarsi con aspetti tecnici, medici, sociali e finanziari, per il mantenimento della vita nei viaggi sugli altri pianeti. Ma il dibattito ha ravvisato che esistono oggi simili sfide anche sulla Terra per le proprie attività di supporto alla vita, specialmente nella produzione di cibo e nella sua distribuzione. Tra queste citiamo le richieste di energia, la disponibilità e la qualità Provincia di Latina

Comune Sperlonga

Sperlonga former Santa Maria church 20th, 21st May 2010

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th

4 workshop internazionale

AGROSPAZIO2010 Agricoltura in Ambiente Controllato dalla Terra verso lo Spazio e ritorno

“Agrospazio 2010: Agricoltura in Ambiente Controllato dalla Terra allo Spazio e ritorno”, è il titolo di un Workshop Internazionale organizzato dalla Federlazio, Associazione delle Piccole e Medie Imprese del Lazio, che si è svolto il 20 e il 21 maggio a Sperlonga (Latina). Giunto alla sua quarta edizione, l’appuntamento biennale dedicato all’approfondimento delle relazioni tra ricerca aerospaziale e ricerca agroalimentare, ha vissuto un suo importantissimo momento di sviluppo. Grazie ai contributi dei massimi esperti nei due settori riconosciuti a livello internazionale, di docenti universitari, di rappresentanti istituzionali nazionali e locali, di sindacati, di giornalisti e di numerosi imprenditori, il Workshop ha confermato la sua attitudine a rappresentare un momento periodico di confronto e aggiornamento ai massimi livelli. Si sono susseguiti interventi di oltre cinquanta relatori provenienti da tutto il mondo. Hanno concesso il loro patrocinio e il loro contributo l’ESA e l’ASI, insieme a Provincia di Latina, Camera di Commercio, Comune di Sperlonga e Consorzio del Kiwi. Il Comitato Scientifico, che ha costruito il fitto programma della due giorni e ha focalizzato i contenuti del convegno, era composto da autorevoli rappresentanti di Aero Sekur Spa, CNR, Università della Tuscia, Federico II di Napoli, di Bari e dell’Arizona, ESA e Thales Alenia Spazio. Il Workshop è stato dunque caratterizzato dalla estrema varietà dei background culturali dei convenuti, sia dal punto di vista delle discipline scientifiche rappresentate, sia per la varietà degli interessi. Erano presenti, in un elenco solo indicativo, scienziati esperti di biologia vegetale e di orticultura, di ingegneria aerospaziale o microbiologia, di ambienti estremi così come di analisi territoriali da satellite, di biotecnologie, di alimentazione umana o di energie rinnovabili. C’erano scienziati che lavorano per aumentare le conoscenze di base sui sistemi biologici o tecnologici, ingegneri abituati a progettare e costruire strutture che lasceranno la terra per l’esplorazione dello spazio, industriali di livello internazionale e del tessuto produttivo regionale, agricoltori e decision makers ai più alti livelli. L’ambientazione del meeting, il lavoro del comitato

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Progetto grafico Fabio D’Achille ph: Roberta Busatto

Aerospazio

Agrospazio 2010: Agricoltura in Ambiente Controllato dalla Terra allo Spazio e ritorno

dell’acqua, il lavoro e la forza lavoro, il recupero ciclico delle risorse, la bonifica dei rifiuti e l’approvazione sociale delle nuove attività di mantenimento della qualità della vita. Alla base della discussione dei lavori della due giorni un prototipo di serra gonfiabile allestito all’interno della sagrestia della ex Chiesa, strutturato su un sistema di coltivazione ad ambiente controllato e idroponico. L’idroponica per la crescita delle piante, utilizzata nell’ambito di strutture ad ambiente controllato come le serre, è diventata importante in tutto il mondo per la fornitura di cibo e fiori per la società. Questa matura tecnologica manca per ottenere la finale approvazione e l’espansione futura nell’industria agricola di una clientela formata e di agricoltori con una acquisita esperienza.

Le considerazioni sull’equilibrio dell’investimento di ritorno, quando si valutano questi sistemi serricoli, non devono includere solo aspetti finanziari ma 4 international workshop anche l’impatto ambientale e le componenti della qualità della vita. Controlled Environment Agriculture La and sicurezza e l’eccellenza della produzione di cibo from Earth to Space back con tali operazioni, nonché il grado di produzione in uscita rispetto alle risorse in entrata, dimostreranno in molte situazioni che l’idroponica e/o i sistemi ad ambiente controllato rappresentano un approccio più vantaggioso a lungo termine per la società. Per inserire i vegetali nei sistemi di life support nello spazio, bisogna avere il controllo completo di tutti i fattori ambientali e biologici che influenzano la crescita e lo sviluppo delle piante, la produzione e la qualità di questa. Sebbene i sistemi agricoli “terrestri” non abbiano bisogno oggi di un tale livello di controllo, le conoscenze biologiche e tecnologiche necessarie per ottenerlo, possono essere certamente utili per migliorare molte criticità. Un aspetto che sicuramente avrà un peso nelle politiche di sostegno dell’Unione Europea all’agricoltura dei paesi membri è quello relativo alla sostenibilità ambientale dei sistemi agricoli. Nei PSR (Programmi di Sviluppo Rurale) dei prossimi anni la premialità sarà necessariamente condizionata alla attuazione di misure che si dimostreranno utili a ridurre l’impatto ambientale delle coltivazioni e l’emissione de gas clima-alteranti. Per questo ogni applicazione tecnologica che potrà ridurre i consumi energetici, l’emissione di gas clima alteranti, i consumi idrici o l’inquinamento ambientale potrà trovare mercato anche in relazione in relazione ai finanziamenti comunitari. Il mondo agricolo nazionale è afflitto da problemi di mercato. Il successo delle produzioni agricole e la loro penetrazione può essere fortemente influenzata dalla qualità, che oggi viene valutata in termini globali sia di prodotto che di processo. Lo sviluppo di nuove tecnologie per il controllo ambientale e di nuove conoscenze sul ruolo dei fattori ambientali nel guidare e condizionare il metabolismo vegetale potrebbero favorire l’incremento della qualità dei prodotti agricoli, in particolare per le colture protette; ad esempio riducendo l’impiego di fitofarmaci o la quantità di concimi minerali rilasciati nell’ambiente. In più, controllare le condizioni ambientali delle colture potrà permettere di favorire la sintesi e l’accumulo di sostanze a forte valore nutraceutico, che possono aumentare notevolmente il valore nutrizionale di cibi di origine vegetale. La ricerca spaziale è stata all’origine di tanti sviluppi tecnologici che fanno parte della nostra quotidianità. La ricerca sui sistemi vegetali di life support nello spazio può svolgere lo stesso ruolo di incubatore scientifico e tecnologico per il comparto agricolo e in particolare per il settore delle colture protette, così importante per l’Italia e per il Lazio. Il convegno di Sperlonga è stato di grande stimolo per tutti i th

AGROSPACE2010

partecipanti e di certo sarà all’origine di nuovi risultati scientifici, tecnologici e applicativi. L’esperienza del Meeting Agrospace di Sperlonga sarà dunque certamente utile a tutte le categorie presenti, perché ha evidenziato come sia possibile e utile il dialogo interdisciplinare e fra mondi solo apparentemente lontani come l’accademia e l’industria. Anche i decision makers presenti potranno tranne beneficio dal contatto diretto con i fruitori di molte loro decisioni in merito alle misure di sostegno alla ricerca e allo sviluppo. A Sperlonga hanno infatti avuto modo di capire che a fronte di una competizione internazionale agguerrita, il territorio nazionale e regionale dispone di tante persone serie, attive e determinate a confrontarsi con la necessità di nuove applicazioni scientifiche e investimenti. Il lavoro del Comitato Scientifico permanente proseguirà nelle direzioni tracciate nel Workshop grazie al contributo di tutti i soggetti interessati al progetto Agrospazio. Con la barra puntata a dritta sul prossimo appuntamento di maggio 2012. Alberto Battistelli Ricercatore presso l’Istituto di Biologia Agroambientale e Forestale (IBAF) del CNR Gene Giacomelli Docente di Agricoltura e Ingegneria dei Biosistemi presso l’Università di Tucson in Arizona e Direttore del Centro di Agricoltura in Ambiente Controllato (CEAC)

NUOVO BANDO ASI PER LE PMI Mentre andiamo in stampa con la nostra rivista è in fase di pubblicazione sul sito dell’Agenzia Spaziale Italiana il Secondo Bando Tematico - su Osservazioni della Terra - riservato alle Piccole e Medie Imprese. Si tratta del secondo dei quattro bandi tematici per le PMI approvati dal Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia Spaziale Italiana nello scorso settembre. Per info: www.asi.it

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Economia

Il dual use per la nautica. L’innovazione per lo sviluppo.

maggiore sia previsto per il Polo innovativo della nautica. E torniamo così alla centralità dell’innovazione, di prodotto, di processo ma anche in chiave aggregativa, per lo sviluppo complessivo. Il Polo tenderà ad integrare, a mettere in rete le risorse. E le PMI sono le prime a doversi mettere in gioco, ancora di più di quanto stiano facendo”.

Intervista al Vicepresidente di Unioncamere Lazio Vincenzo Zottola ovviamente come ogni Camera di Commercio ha come scopo principale e prioritario. E non può che esserlo anche per due settori, come la nautica e il turismo, che fanno del continuo aggiornamento e della novità il loro motivo di vita. Ma l’innovazione non è solo uno strumento di crescita è un ambito di azione vero e proprio, la cui importanza nel Lazio è rafforzata dalla presenza di imprese in particolare Piccole e Medie caratterizzate da un elevato livello tecnologico. I distretti dell’aerospazio o delle bioscienze, solo per fare due esempi, ne confermano la rilevanza in termini territoriali di rete. E’ nostra intenzione continuare nell’azione di trasferimento tecnologico e di sostegno alle reti di imprese, come primo concreto passo per l’accrescimento dell’innovazione”. Per trasferimento tecnologico intendiamo il passaggio di innovazioni e tecnologie dagli sviluppatori agli utilizzatori. Forzando e traslando il concetto arriviamo al ruolo delle imprese della difesa e dell’aerospazio quali possibili sviluppatori di tecnologie applicabili in altri settori. Ciò avviene anche per la nautica

La nostra consueta rubrica dedicata all’economia, oltre ad ospitare un doveroso punto della situazione sulla manovra finanziaria in discussione in Parlamento, si sviluppa con un approccio speciale. Nell’intervista che segue si tratteranno i temi che ci sono propri raccontando però gli sviluppi di un Sistema Produttivo Locale regionale che stimola riflessioni applicabili anche in altri campi. Il settore è quello della cantieristica navale e della nautica da diporto del Lazio, il nostro interlocutore il Vicepresidente di Unioncamere Lazio con delega all’economia del mare, al turismo e all’innovazione Vincenzo Zottola. Come vedremo, molti sono i punti di contatto con l’aerospazio e la difesa e sempre le stesse sono le parole chiave che rappresentano nello specifico le nostre PMI. L’intervista potrà dunque confermarne ancora di più la veridicità, attraverso l’applicazione in un settore affine ma diverso quale è appunto la nautica.

laziale? “Penso che il tema del dual use militare e civile sia sempre più attuale e sempre più valido. Alcuni settori vivono per loro stessa natura di continua ricerca e aggiornamento, affinano gli strumenti che hanno a disposizione e hanno la flessibilità adatta per dedicarsi a settori diversi. E’ inevitabile che le aziende che operano in settori dall’elevata innovazione possano più facilmente sviluppare soluzioni applicabili anche in altri ambiti. In particolare ciò vale per le PMI, grazie alla loro flessibilità e alla forte territorialità. Ecco perché sono convinto che i protagonisti della vostra rivista possano dare un contributo importante ad un settore così denso di potenzialità come la nautica. E devo dire che nel distretto regionale del Lazio più di qualcuna già lo fa, offrendo, solo per fare alcuni esempi, servizi di strumentazione di bordo o producendo componenti valide sia per gli autoveicoli che per le navi”.

Presidente Zottola, colpisce la presenza tra le sue deleghe, vicino all’economia del mare e al turismo, dell’innovazione. “C’è un filo molto stretto che unisce le deleghe che mi sono state riconosciute e che sta proprio nell’ultimo degli ambiti menzionati. L’innovazione è la chiave di volta trasversale per quello sviluppo imprenditoriale che un Ente come Unioncamere e

Il Sistema Produttivo Locale laziale ha da qualche anno, e ancor di più nell’ultima edizione del 2010, investito in un evento intitolato Yacht Med Festival. Al centro c’è il Mediterraneo. In che senso? “Oggi il nostro impegno è indirizzato a sviluppare e potenziare tutte le risorse che la posizione strategica nel sistema euro-mediterraneo ci offre, supportando le imprese e sostenendo iniziative innovative. Siamo

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convinti che lo Yacht Med Festival possa diventare un elemento centrale per la politica economica del nostro territorio, un’iniziativa forte, complessa, strategica per la quale stiamo profondendo molti sforzi; già dal titolo della manifestazione si evince il nostro progetto: Yacht rappresenta l’eccellenza della cantieristica laziale; Med vuole sottolineare la centralità del Mediterraneo e Festival sta a testimoniare la molteplicità delle proposte che rappresenteremo nel ricco programma di iniziative ed eventi che caratterizzeranno la manifestazione. Nel Distretto laziale sono oltre 500 imprese, 2000 lavoratori diretti, un indotto che interessa migliaia di addetti e un export regionale quasi raddoppiato in meno di due anni, facendo segnare un saldo positivo di 62 milioni di euro. E a dominare sono sicuramente le PMI. Tra l’altro mi fa piacere in questa sede sottolineare la presenza del Generale Di Paolo all’apertura dei lavori del primo Forum internazionale sui distretti della nautica, teso proprio a rilanciare la centralità del Lazio nel panorama nazionale e internazionale. E’ lo spunto per rimarcare la grande collaborazione che si è attivata tra Forze Armate e imprese, costantemente a confronto per l’intera durata della manifestazione e anche oltre”. Lo Yacht Med Festival è anche campione di incassi, nel senso della capacità di attrarre importanti risorse. La quasi totalità dei costi organizzativi è stata coperta da finanziamenti pubblici. E questi si vanno ad aggiungere a quelli ottenuti dalle imprese grazie ai bandi regionali e comunitari e alla presentazione di importanti progetti di sistema come il Polo innovativo della nautica. “La manifestazione, organizzata dalla Camera di Commercio di Latina, in collaborazione con Regione Lazio, Comune di Gaeta, Unioncamere Lazio, Camera di Commercio di Roma, Autorità portuale di Civitavecchia, Fiumicino e Gaeta, Sviluppo Lazio, CREIA, Arsial, ATLazio, Astral, le Associazioni di categoria del settore e i Consorzi di imprese e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri, oltre che di cinque Ministeri, di Ucina, Enit, Unpli e di altre importanti istituzioni, è frutto dell’impegno e del lavoro comune di Istituzioni e imprese, con una spinta che certifica la spinta propulsiva che tutti i protagonisti stanno dando allo sviluppo del settore. Lo Yacht Med Festival in questa ottica diventa non solo un veicolo promozionale e commerciale per le imprese della nautica di rilievo internazionale, ma anche un importante moltiplicatore di risorse. I momenti di approfondimento istituzionale, di scambio tra soggetti diversi riuniti in un unico contenitore, di analisi dello stato del settore, sono affiancati da un lavoro di sostegno alle imprese che parte prima e prosegue per tutto il periodo successivo l’evento. Ciò è confermato da quanto da lei ricordato e cioè dall’ottenimento di importanti finanziamenti regionali per progetti di imprese e progetti di sistema. Non è un caso che l’investimento

L’edizione 2011 della manifestazione si terrà dal 12 al 17 aprile sempre a Gaeta. Si parla di innovazioni applicate in ambito ambientale. “Si, avremo una sezione dell’area espositiva dedicata alla eco-compatibilità in ambito nautico. Esporranno cantieri e aziende di servizi che hanno implementato soluzioni legate alla sostenibilità ambientale nella fase di produzione o di utilizzo delle imbarcazioni. In più stiamo studiando la possibilità di rendere lo Yacht Med un Festival un evento ad impatto ambientale zero. E’ un modo questo per unire le imprese maggiormente all’avanguardia, soprattutto tecnologicamente, nel tentativo di diffondere sempre di più una cultura di attenzione all’ambiente. E nel mare questo è ancora più importante. Siamo certi che le PMI ci stupiranno anche in questo campo”. Che si parli di nautica o di difesa, che ci si concentri sull’editoria o sull’aerospazio, le PMI più all’avanguardia tecnologicamente restano il centro delle strategie di sviluppo competitivo. L’esempio del Sistema Produttivo della nautica laziale conferma dunque le nostre convinzioni, sempre più condivise: per imporsi sul mercato occorre essere innovativi, pronti, uniti. Roberta Busatto FACCIAMO IL PUNTO SULLA SITUAZIONE ECONOMICA ITALIANA E’ in corso il dibattito in Parlamento sulla manovra finanziaria Al momento in cui andiamo in stampa l’esame del Senato del decretolegge 31 maggio 2010, n.78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica non è ancora concluso. Inoltre occorre ricordare che il provvedimento dovrà, poi, passare all’esame della Camera. E’ quasi certo, pertanto, che profonde modifiche verranno introdotte. Tuttavia poiché tali modifiche – alcune delle quali, per altro, già annunciate dallo stesso Governo - dovranno muoversi all’interno degli attuali saldi, qualche considerazione è già oggi possibile formularla. Si tratta di una manovra tendente a ricondurre, entro due anni, il deficit all’interno dei parametri stabiliti, a rimettere in ordine i conti pubblici attraverso una serie di tagli (il 70% è concentrato sugli Enti Locali e sul pubblico impiego) e a rilanciare nel contempo la competitività dell’economia del Paese. Tutte le forze politiche, le forze sociali e gli stessi organismi dell’Unione europea hanno convenuto sulla necessità della manovra e sulla adeguatezza della sua dimensione, ma forte è la preoccupazione sul rischio che essa possa determinare effetti recessivi. La situazione della nostra economica, legata per tanti versi a quella europea e mondiale, a fronte delle scarse risorse disponibili, richiederebbe un’attenzione speciale nella definizione delle scelte di priorità. La lieve ripresa del PIL, di fronte al crollo degli investimenti fissi, al calo dei consumi delle famiglie (la cui spesa mensile è a - 1,7% ed è ben lungi dal manifestare un’inversione di tendenza) ed al rischio di un ulteriore caduta dell’occupazione, non basta a portarci fuori della crisi. E’ necessario alimentare fortemente il mercato interno e non affidarsi esclusivamente all’export. Correzioni in tal senso, sulla base della discussione nella Commissione Bilancio del Senato, sembrano prefigurarsi. D’altra parte oltre cento economisti hanno sollecitato, con una lunga lettera, una tale esigenza ed hanno sostenuto che la grave crisi economica non si risolve coi tagli ai salari, alle pensioni, allo stato sociale, ai servizi pubblici ed alla ricerca. Altre associazioni hanno sottolineato che la manovra in esame, così com’è, farebbe perdere 100 mila posti di lavoro in tre anni e causare un punto di perdita del PIL. L’esigenza di un’ulteriore riflessione sulle scelte da imboccare è stata ulteriormente sollecitata da forze sociali, politiche e culturali. E’ in base ad esse che al Senato si sta discutendo per spostare risorse sugli investimenti, per ammorbidire il blocco delle compensazioni tra debiti e crediti fiscali ed all’allungamento dei termini di riscossione da parte dell’erario, per eliminare i tagli alle tredicesime di poliziotti, magistrati e professori universitari, per modificare le norme sui certificati verdi che, così come previste, potrebbero intralciare lo sviluppo dell’industria delle energie rinnovabili e a diluire in più anni i tagli operati nei confronti delle Regioni e degli Enti locali. E’ sperabile che il dibattito in corso si concluda in modo positivo, completando e migliorando il testo in esame per renderlo maggiormente funzionale alla congiuntura e maggiormente raccordato con gli interventi degli altri Paesi Europei. Nel prossimo numero avremo modo di esaminare attentamente la conclusione della vicenda. Giovanna Prina

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Aperture

Inizia il viaggio nelle PMI di cultura, con le stesse parole d’ordine Intervista a Luca Formenton, Presidente della casa editrice il Saggiatore Con Luca Formenton, Presidente della casa editrice il Saggiatore, si inaugura il nostro percorso nel mondo della cultura intesa come settore economico ed imprenditoriale. Il Saggiatore è una Piccola e Media Impresa del mondo editoriale, con una storia importante alle spalle e con le stesse problematiche che incontrano i suoi colleghi di altri settori che ben conosciamo. Leggendo le righe che seguono appare evidente come siano le stesse parole d’ordine a guidare gli imprenditori piccoli e medi nella loro attività quotidiana: investimenti nella ricerca, individuazione di nicchie di mercato, flessibilità, ancora scarsa riconoscibilità, rapporto difficile con le grandi aziende. Oggi appare sempre più importante, ancor più in un momento contingente di grande delicatezza, individuare le esigenze e le prospettive di sviluppo di un settore, quello culturale, speciale per costituzione e funzioni. La scelta è quella di dedicarvi attenzione con un approccio affine alla nostra linea editoriale, individuandone potenzialità e criticità di sviluppo in primis economico, a partire dalle imprese. Partiamo dal fare impresa in Italia e dal rapporto tra i piccoli e i grandi. Il fenomeno della concentrazione editoriale, con le dovute differenze, ricorda quello delle grandi aziende come Finmeccanica che puntano a contenere in sé il maggior numero di aspetti produttivi. Come vive il Saggiatore il rapporto con Mondadori o Rizzoli? “Come qualunque medio piccolo editore che deve trovare il suo spazio nel mercato. I problemi maggiori, soprattutto in un momento di crisi come questo, sono legati alla distribuzione. Molti grandi editori (ad esempio Mondadori, Rizzoli, Gems) dispongono di distribuzione e promozione di loro proprietà che danno un grande vantaggio”. E ancora il Saggiatore, come altre case editrici delle stesse dimensioni, ritiene di avere un’adeguata riconoscibilità istituzionale e un adeguato potere contrattuale per la difesa dei propri specifici interessi? “E’ una domanda a cui non è facile rispondere perché andrebbe girata a librai, distributori, giornalisti. Ovviamente noi siamo sempre al lavoro perché questa riconoscibilità sia sempre crescente”. Le case editrici come il saggiatore hanno nella qualità dell’offerta culturale il proprio know how. Esattamente come le PMI di difesa e aerospazio devono puntare sull’innovazione. E’ la ricerca la chiave di volta? E se è così si può dire che è dai piccoli che può partire un processo di sviluppo non solo economico del nostro Paese?

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“La ricerca che opera una casa editrice è quella del talento letterario sia nella narrativa sia nella saggistica. I piccoli medi editori, che hanno una struttura e una velocità decisionale maggiore, possono dare grandi contributi a questo aspetto. E’ chiaro che i ritorni economici, come sempre in questo mestiere, non sono mai a priori garantiti. Quelli culturali molto spesso si”. E infine la cultura può realmente essere considerato un settore di intervento imprenditoriale o per le sue funzioni sociali deve essere appannaggio del pubblico? “La cultura deve sempre essere considerata un settore di investimento imprenditoriale sia esso pubblico o privato. L’importante è che si operi in un mercato veramente libero, che premi il migliore e non il più grande. E questo in Italia non sempre avviene”.

Estate

 Ardono i seminati,
 scricchiola il grano,
 insetti azzurri cercano ombra,
 toccano il fresco.
 E a sera 
 salgono mille stelle fresche
 verso il cielo cupo.
 Son lucciole vagabonde.
 Crepita senza bruciare
 la notte dell’estate.
 Pablo Neruda

Mirna Mascherino BREVE STORIA DE IL SAGGIATORE Il 26 marzo 1958 Alberto Mondadori prende la penna e scrive a Jean-Paul Sartre: «Col prossimo mese di aprile nascerà una nuova casa editrice, una casa cui ho dato il mio nome, e che avrà come suo principale impegno quello di diffondere libri di grande importanza nella storia della cultura, delle arti, delle dottrine e del costume». Nasce il Saggiatore. L’obiettivo è di «sprovincializzare e laicizzare la cultura italiana». Per raggiungerlo Alberto Mondadori si circonda di intellettuali e allestisce un vasto catalogo di saggistica di impronta «illuministica». Tra le prime collane «Uomo e mito», «la prima collana concepita e organicamente realizzata di archeologia, etnologia, mitologia, preistoria, storia delle religioni che appaia in Italia», la «Biblioteca delle Silerchie», con la grafica di Anita Klinz, e «La Cultura», che contiene libri «strumenti», con l’obiettivo di creare «un clima di cultura adulto ed emancipato da ogni intolleranza e pregiudizio e conformismo». Nel settembre 1967 Alberto Mondadori lascia la casa editrice paterna e si dedica completamente al Saggiatore. In un’intervista dell’anno successivo a La Stampa spiega il suo progetto editoriale: occupare «un filone scoperto, che implica una politica a lungo raggio: quello che guarda agli anni ’80». Nel 1986 il Saggiatore torna a far parte della Mondadori, che ne assume la proprietà. La casa editrice di Alberto diventa così a tutti gli effetti uno dei settori nei quali si suddivide il programma editoriale dell’Arnoldo Mondadori Editore. Pochi anni dopo, nel 1993, la casa editrice torna a essere indipendente e i Formenton, eredi di Alberto, diventano unici azionisti. Luca Formenton assume la presidenza. Nella collana «Scritture. Nuova serie» vengono pubblicate poi le opere di Allen Ginsberg, tradotte da Luca Fontana. Nel 2008 la casa editrice compie cinquant’anni e come nel 1958 coltiva l’idea del libro non come verità definita ma come strumento di conoscenza. Uno degli obiettivi, come recita il manifesto della casa editrice destinato a uso interno, è «progettare libri più che trovarli o “subirli” dal mercato». Il catalogo della casa editrice è composto da cinque collane. La collana principe è «La Cultura», dove escono libri di scienza dinamica come Il cigno nero (2008) di Nassim N. Taleb, libri che ripercorrono gli ultimi cinquant’anni del nostro paese, come Patria 1978-2008 (2009) di Enrico Deaglio o Il sarto di Ulm (2009) di Lucio Magri e libri di storia come La guerra bianca (2009) di Mark Thompson. Nella collana «Infrarossi/Pamphlet» escono libri-inchieste o di denuncia come La scomparsa dei fatti (2006), nella collana «Opere e libri» volumi illustrati, spesso di musica, come quelli di Ashley Kahn, nella «Narrativa» romanzi di autori come Jonathan Lethem, Carlos Fuentes e Yoko Ogawa. Nei «tascabili» e nei «superTascabili» escono i grandi titoli del catalogo della casa editrice come quelli di Claude Lévi-Strauss, Daphne du Maurier e Noam Chomsky. Nel maggio 2010 il Saggiatore, aderendo alla piattaforma Bookrepublic che raduna gli editori indipendenti italiani, è tra i primi editori a realizzare ebook.

Buona estate dalla redazione di PMI Live. E arrivederci a settembre.

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