Pmi live n. 9

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Live

PMI

Bimestrale - n. 9 - anno II - spedizione in abbonamento postale - art. 1, legge 46/04 del 27/02/2004 - Registrazione n° 921/2009 presso il Tribunale di Latina

Anno II n. 9 MARZO - APRILE 2011

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Le imprese al centro dell’economia

“Stavolta ce l’abbiamo proprio fatta, siamo riusciti a mettere insieme diverse eccellenze appartenenti ad ognuno dei settori da noi trattati: difesa, aerospazio, economia” .


EDITORIALE

Un numero pieno di eccellenze

E dopo averlo letto, veniteci a trovare su www.pmilive.com!

IN QUESTO NUMERO:

Editoriale

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L’intervista

4-7

Esercito italiano: una risorsa efficiente e fedele al servizio dell’Italia

Dentro le PMI

8-9

Vincono le PMI uniche al mondo per qualità e specializzazione

10 -11

Una mozione per rispondere al pericolo di attacchi cyber alla sicurezza nazionale

Difesa

Un numero pieno di eccellenze

E dopo averlo letto, veniteci a trovare su www.pmilive.com!

Intervista al Sig. Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Gen. C.A. Giuseppe Valotto

Intervista all’Amministratore Delegato di Atitech Spa, Roberto de’ Pompeis

Intervista al Senatore Luigi Ramponi, Presidente del Cestudis, Centro Studi Difesa e Sicurezza

12 -13

Aerospazio

A confronto con l’eccellenza nella ricerca in ambito aerospaziale

Intervista al prof. Paolo Gaudenzi, direttore del Master in Satelliti e Piattaforme orbitanti dell’Università La Sapienza di Roma

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Economia

Sistema economico italiano: il problema è la crescita

Intanto l’economia mondiale è tornata a crescere attorno al 5% annuo, cioè ai tassi precedenti alla crisi

Stavolta ce l’abbiamo proprio fatta, siamo riusciti a mettere insieme diverse eccellenze appartenenti ad ognuno dei settori da noi trattati: difesa, aerospazio, economia. In primis certamente il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito italiano, il Generale Giuseppe Valotto che ringraziamo per la sua grande disponibilità. Come avrete modo di leggere più avanti, abbiamo colto al volo l’occasione per affrontare diffusamente diverse tematiche di particolare rilevanza: i 150 anni della Forza Armata da lui rappresentata, le tensioni nel Mediterraneo, il ruolo delle PMI, il programma Forza NEC. Tra storia e un futuro pieno di innovazioni, preparatevi ad un viaggio intenso nel mondo della difesa italiana, guidati da una delle sue punte di eccellenza. Sulla stessa linea l’intervista al Senatore Luigi Ramponi, autorità trasversalmente riconosciuta nel settore, punto di riferimento culturale e legislativo per tutti coloro che vogliano misurarvi con le sue tematiche più rilevanti. Passando all’altro ramo delle nostre abituali competenze, arriviamo a Paolo Gaudenzi, docente dell’Università La Sapienza di Roma, certamente tra i più ascoltati ricercatori in ambito aerospaziale. Protagonista di uno dei Master di maggior successo, quello dedicato ai satelliti e alle piattaforme orbitanti, il professore è noto per la sua capacità di farsi ascoltare non solo dai suoi colleghi ma anche e soprattutto dalle più importanti industrie del nostro Paese; e non solo. La PMI di questo numero è, invece, leader incontrastata in Italia nella manutenzione di velivoli a medio raggio. Il suo nome è Atitech e la sua sede a Napoli, presso l’Aeroporto di Capodichino. Una punta di diamante del nostro Sud, riconosciuta a livello internazionale e al servizio del nostro Paese. Prima di augurarvi una buona lettura del numero 9 di PMI Live, concedetemi qualche altro minuto per annunciarvi la pubblicazione online del nuovo sito del nostro giornale, ricco di novità. Oltre a poter accedere a tutto l’archivio del giornale, con una semplice e gratuita registrazione, potrete trovare news e aggiornamenti su tutto ciò che interessi le PMI, l’economia, la difesa e l’aerospazio. Vi invitiamo pertanto a venirci a trovare su www.pmilive.com e, magari, a inviarci commenti, suggerimenti di notizie da inserire o di argomenti da affrontare. Solo con il vostro aiuto, il nostro sito potrà diventare un ricco portale a disposizione di tutti. Tra chi ci ha fatto già visita, troverete il logo di un’azienda, la Gemelli, che ha perso pochi giorni prima che il giornale andasse in stampa la sua guida. Grazie Pierantonio per esserci sempre stato vicino. E’ a te che dedichiamo questo numero di PMI Live. Roberta Busatto Direttore PMI Live

PMI Live anno II numero 9 bimestrale Marzo - Aprile 2011 Registrazione: presso il Tribunale di Latina - n° 921/2009 Direttore responsabile: Roberta Busatto direttore@pmilive.it r.busatto@gmail.com Redazione: Coop. Editoriale “Barra Spaziatrice” redazione@pmilive.it Progetto Grafico: Vincenzo Schiano Moriello Foto editoriale: Francesco Rastrelli Stampa: Graficart snc - Formia (LT) viale dell’industria 37 - 04023 Editore: Coop. Editoriale “Barra Spaziatrice” info@barraspaziatrice.it

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Sito web: www.pmilive.com

“ETIAM CAPILLUS UNUS HABET UMBRAM SUAM” (dalle “Sententiae” di Pubilio Siro, mimo del 1° secolo a.C.)

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L’intervista

Esercito italiano: una risorsa efficiente e fedele al servizio dell’Italia Intervista al Sig. Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Gen. C.A. Giuseppe Valotto Ricorre quest’anno il 150° anniversario dalla nascita dell’Esercito Italiano, che segue di pari passo quello dell’Unità d’Italia. Non abbiamo lo spazio e il tempo per raccontare le tappe principali della sua storia, ma ci piacerebbe che ci descrivesse comunque brevemente e sommariamente le sue caratteristiche e il suo legame forte con la vita del nostro Paese. “Ritengo non sia un esercizio facile quello di raccontare in maniera sintetica la storia e l’evoluzione dell’Esercito Italiano. Tuttavia, l’importante ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità Nazionale mi permette di delineare il primo e più importante tratto distintivo della Forza Armata: una preziosa risorsa del Paese e per il Paese. Alcune delle nostre unità sono gelose custodi delle loro tradizioni preunitarie – penso, ad esempio, ai reggimenti di cavalleria o ai Granatieri – ma ben più orgogliosamente viene vissuto il retaggio storico comune dell’Esercito, che fu da subito “Italiano” proprio in ragione del compito affidatogli di concludere l’opera intrapresa dai padri del Risorgimento. Era il 4 maggio 1861 quando Manfredo Fanti, Ministro della Guerra, decretò lo scioglimento dell’Armata Sarda e la costituzione dell’Esercito Italiano. Con quell’atto si apriva un nuovo capitolo della Storia Patria, alla cui scrittura hanno contribuito tutti quei milioni di Italiani che, per un secolo e mezzo, hanno scelto di servire il Paese indossando l’uniforme dell’Esercito. Un’uniforme che, con la coscrizione obbligatoria, è stata essa stessa imprescindibile strumento di unità nazionale, facendo incontrare e convivere, nel corso di così tanti anni, migliaia e migliaia di giovani, profondamente diversi per estrazione sociale e provenienza geografica. Il servizio militare ha, dunque, creato le condizioni per conoscere, condividere e comprendere usi, costumi, dialetti e tradizioni che rappresentano lo straordinario bagaglio culturale della nostra Nazione. La nostra storia, poi, presenta numerosi episodi in cui i soldati si sono distinti, soprattutto nei momenti più difficili, per impegno, abnegazione e senso del dovere, giungendo anche all’eroico sacrificio della propria vita con il solo intento di preservare l’integrità nazionale e i confini del nostro Paese, tenendo fermamente fede al giuramento di fedeltà prestato. Consapevole del proprio ruolo al servizio della collettività, l’Esercito è sempre stato pronto a rispondere alle emergenze, di diversa natura, che di volta in volta si sono presentate. Il consolidamento dell’Unità Nazionale, la partecipazione alle Guerre mondiali, il costante addestramento per la difesa della libertà nel periodo della Guerra Fredda, il soccorso alle popolazioni in occasione di calamità naturali e di catastrofi, il concorso alle Forze dell’Ordine nel contrasto alla criminalità organizzata e nel controllo del territorio, i primi interventi di peacekeeping all’estero, l’apertura all’arruolamento femminile, la sospensione della coscrizione obbligatoria e la completa professionalizzazione del mestiere delle armi: sono questi i principali passaggi che hanno scandito la storia contemporanea dell’Esercito. Oggi, nuovi impegni e nuove responsabilità ricadono sulla Forza Armata, che è chiamata a fornire il proprio contributo, al fianco di paesi amici e alleati, per garantire la sicurezza internazionale e il mantenimento della pace. Compiti, questi, che hanno portato e portano l’Esercito a operare in aree di crisi anche molto distanti dalla madrepatria, affrontando difficoltà e rischi

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crescenti e dovendo pagare, purtroppo, anche un alto tributo in termini di vite umane. La Forza Armata ha saputo rispondere con l’impegno e la determinazione di sempre, raggiungendo prestazioni operative straordinarie e suscitando rispetto e ammirazione da parte non solo dei nostri alleati, ma anche delle popolazioni locali a favore delle quali è indirizzato il nostro sostegno. Traspare, quindi, l’immagine di una Istituzione – l’Esercito Italiano – efficace, sempre pronta, disponibile, assolutamente leale e affidabile, “pulita” e trasparente, che poco, pochissimo chiede e che, per contro, tanto, tantissimo è chiamata a dare… Insomma, l’Esercito si pone come una risorsa unica per il Paese, forte di un rapporto consolidato da 150 anni di presenza attiva, di fedeltà alle leggi, di servizio alla collettività nazionale e internazionale”. Il periodo è particolarmente complesso per ciò che riguarda gli assetti geopolitici dell’area mediterranea. Pensa che gli accadimenti in atto modificheranno lo stato esistente e, in caso positivo, in che direzione? “Il Mediterraneo costituisce da sempre un’area geopolitica di primario interesse per il nostro Paese. All’indomani della caduta del muro di Berlino e della fine del bipolarismo, allorquando in molti riposero le proprie speranze nella capacità di un’Europa rafforzata di farsi promotrice, unitamente agli Stati Uniti, di un nuovo periodo di prosperità e pace, si verificò, invece, un profondo mutamento dello scenario geopolitico di riferimento con il riemergere prorompente di conflitti regionali in aree endemiche di instabilità, alcune delle quali affacciate o prossime al Mediterraneo. Era chiaro fin d’allora che i principali fattori di crisi – etnici, demografici, economici, di insufficienza di risorse naturali – si sarebbero potuti controllare solo in presenza di un efficace sistema di sicurezza internazionale e di aiuti allo sviluppo. Inoltre, la posizione geografica della nostra penisola faceva dell’Italia la “prima linea” dell’Europa sul fronte mediterraneo e a ciò si aggiungeva la rilevante esposizione del nostro Paese nei confronti dei paesi rivieraschi della sponda sud per i legami storici

nonché per i forti interessi commerciali e culturali. Si iniziò, pertanto, a parlare di “Mediterraneo allargato” per indicare, in termini geopolitici, quella macroarea – il bacino mediterraneo, il Medio Oriente e l’Africa subsahariana – ritenuta d’interesse vitale per l’Italia e in cui il verificarsi di una crisi avrebbe potuto riverberare effetti negativi. Questo excursus è indispensabile per meglio capire come l’area del Mare Nostrum sia sempre stata una priorità non solo per il nostro Paese – anche in termini di Difesa e Sicurezza – ma soprattutto a livello europeo. È questa, dunque, la chiave di lettura della particolare attenzione che l’Italia ha riservato al bacino mediterraneo: potrei citare, ad esempio, il caso della “Iniziativa 5+5”, vero e proprio forum per l’analisi e la soluzione comune di problematiche diversificate, che annovera cinque Paesi della sponda nord (Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Malta) e cinque della sponda sud (Marocco, Mauritania, Tunisia, Algeria e Libia). In sintesi e tenuto conto della labilità della attuale situazione in Libia, posso affermare con una certa sicurezza che qualsiasi eventuale modifica agli attuali assetti politico-organizzativi degli stati nordafricani non inciderà significativamente sulla postura, dell’Italia e dell’Europa, nei confronti dei paesi rivieraschi: continueremo a sviluppare con loro forme di cooperazione e di sostegno, anche nel settore della Difesa”. Qual è invece la situazione attuale delle nostre missioni internazionali e quali le loro principali caratteristiche? “A premessa, desidero sottolineare che la valutazione sull’operato delle nostre truppe impiegate in operazioni “fuori-area” è assolutamente positiva e scaturisce dalla lettura dei risultati conseguiti, dai riscontri con i miei omologhi stranieri nonché dai rapporti che mi giungono dai Comandanti di altre nazioni alle cui dipendenze sono posti i nostri contingenti militari. È dunque un giudizio non di parte ma costruito su dati oggettivi, che dimostrano tangibilmente la professionalità e l’eccellente livello dei nostri soldati. Al momento attuale, i militari dell’Esercito impegnati in operazioni ammontano a circa 11.000 unità: dalle più note ed onerose missioni in Afghanistan, in Libano e nei Balcani, alla presenza di nostro personale in Iraq (nella missione NATO per l’addestramento dell’Esercito iracheno) e nelle diverse missioni di osservatori delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea (in Israele e nel Sinai, nel Sahara occidentale, al confine tra India e Pakistan, in Etiopia e Eritrea, solo per citarne le principali). Ed è l’Esercito che deve sostenere l’onore maggiore, in termini di personale

ed equipaggiamenti impiegati, per la condotta delle operazioni a cui il Paese ha deciso di prendere parte. Non nascondo che l’operazione più impegnativa è certamente la International Security Assistance Force (ISAF) in Afghanistan, tanto per l’entità delle forze dispiegate e la loro lontananza dalla madrepatria quanto per le estreme condizioni ambientali e l’elevato livello di rischio. Peraltro, devo rimarcare che ho ricevuto, più e più volte, dal Comandante ISAF, il Generale Petraeus, la piena soddisfazione degli alleati per le attività poste in essere dai militari italiani nell’area di responsabilità del Regional Command West, asserendo che l’approccio italiano è un modello da esportare anche in altre aree di quel paese. Si tratta di attestazioni che, da Comandante, mi inorgogliscono, ma che non rappresentano una novità. Infatti, da Comandante del Comando Operativo di Vertice Interforze prima e da Capo di Stato Maggiore dell’Esercito adesso, ho assistito in prima persona all’evoluzione del nostro impiego in quel paese e ho potuto constatare sul campo la bontà delle scelte effettuate, nonché la scrupolosa e puntuale preparazione del nostro personale, ben conscio dell’importanza della missione e dei relativi livelli di rischio. In particolare, nel campo della sicurezza, oltre alle classiche operazioni di pattugliamento e presenza nelle aree sensibili del paese afghano, i nostri militari operano nel campo dell’addestramento delle forze di sicurezza locali. Esercito e polizia locali addestrati ed efficienti sono fondamentali per la stabilizzazione del Paese e per l’applicazione della legge. Indispensabili sono poi le azioni tese a consentire alla società afgana di ripartire dal punto di vista sociale ed economico. Questo richiamo mi permette di delineare quello che è il tratto caratteristico e distintivo di ogni intervento militare italiano: il fattore umano e la sua preparazione. I nuovi ambienti operativi hanno infatti chiaramente dimostrato che la tecnologia, anche la più sofisticata, da sola non è vincente, non può sostituirsi totalmente all’uomo che resta, e per me resterà ancora per molto, il fattore risolutivo. Proprio su questo campo si misura la peculiarità e la riconosciuta validità del cosiddetto “approccio italiano” alle operazioni. Tale approccio trae origine dalla particolare attitudine al dialogo e al rispetto delle culture e delle tradizioni locali da parte dei nostri militari – attitudine che è sintesi della millenaria storia e cultura stessa del nostro Paese – a cui si unisce una rigorosa osservanza di valori etici e morali, il tutto sempre a favore delle persone e dei popoli con i quali ci si deve interfacciare. Posso asserire, proprio sulla base degli ampi riconoscimenti tributati all’operato dei nostri contingenti, che le Forze Armate italiane, e l’Esercito in particolare, hanno saputo dare concretezza, meglio di chiunque altro nel panorama internazionale, al quel concetto di comprehensive

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L’intervista approach, che vede l’azione militare come una componente – peraltro fondamentale – del più ampio intervento del “sistema Paese” per contribuire alla stabilizzazione e alla ricostruzione di aree di crisi”. Uno dei principali programmi in corso per ciò che riguarda la Difesa italiana è sicuramente “Forza NEC”, per il quale esiste un concorso di forze industriali e militari. Si tratta forse della più complessa azione di trasformazione delle Forze Armate italiane degli ultimi decenni. Può descrivere brevemente in che direzione interverrà? E ritiene che sia questo un modello esportabile anche in ambito internazionale? ““Forza NEC” (dove l’acronimo sta ad indicare la Network Enhanced Capability) rappresenta certamente il programma fondamentale per l’evoluzione, in termini tecnologici, della componente terrestre della Difesa. Prima di entrare nel dettaglio circa l’impatto e l’impronta tecnologica nei programmi e negli equipaggiamenti presenti e futuri della Forza Armata, desidero rimarcare che il centro focale di tutto il “sistema Esercito” resta e resterà sempre e comunque il fattore umano. Infatti, soprattutto gli interventi in Iraq e in Afghanistan ci hanno dimostrato che, se da un lato è indispensabile disporre di tecnologie sofisticate per avere una chiara e univoca lettura della situazione, tanto per prevenire le azioni dell’avversario quanto per incrementare la protezione delle forze, dall’altro è necessario tornare alla conquista e controllo del territorio, unica misura in grado di assicurare il successo contro un avversario “asimmetrico” che, incapace di confrontarsi in maniera paritetica, ricorre a metodi bellici non convenzionali – la guerriglia – e al terrorismo. In altri termini, va bene la tecnologia, ma il nostro centro di gravità è, e sarà sempre, il singolo soldato, colui che con la sua presenza sul territorio – boots on the ground, per dirla con un adagio anglosassone – è l’unico “sistema d’arma” in grado di garantire il successo. Per tornare alla domanda, l’Esercito ha avviato da anni specifici progetti di ammodernamento, adeguamento e acquisizione di capacità che poggiano su una solida base tecnologica, necessaria non solo per le esigenze – già citate – di situational awareness e di incremento della protezione delle nostre truppe, ma anche per continuare a garantire una piena interoperabilità del nostro strumento militare con gli eserciti alleati e amici. Posso affermare, con un certo orgoglio, che siamo riusciti, attraverso una previdente pianificazione e delle scelte oculate, a colmare il gap tecnologico che ci distanziava da quegli eserciti che avevano avviato prima di noi importanti progetti a elevato contenuto tecnologico. In particolare, il nostro “fiore all’occhiello” è costituito proprio dal progetto “Forza NEC”, articolato in 3 fasi (Studio di fattibilità, Project Definition, implementazione graduale su “3 spire” delle unità “NEC”) e finalizzato alla costituzione di una forza di livello divisionale (3 Brigate terrestri, una landing force anfibia e relativi supporti – enablers – entro il 2031), idonea ad essere proiettata operando in uno spazio di manovra digitalizzato e assicurando piena interoperabilità a livello interforze e multinazionale.

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Al momento stiamo implementando la fase di Project Definition che prevede la “progettazione” delle capacità iniziali della forza e l’avvio delle attività di realizzazione dell’Integration Test Bed. Questa fase si concluderà con la federazione della struttura nell’ambito dell’architettura di Modelling & Simulation interforze. A breve, nel corrente anno, inizierà la fase di Concept Development & Experimentation (CD&E) che si colloca tra la Project Definition e l’implementazione della 1^ spira e si configura, di fatto, come una vera e propria attività di risk reduction tesa ad evitare di lanciare programmi su larga scala senza aver prima valutato, su scala ridotta, la coerenza capacitiva delle varie componenti. Sebbene in presenza di una situazione generalizzata di criticità finanziaria, questo programma gode, ad oggi, di un finanziamento adeguato, grazie a fondi tratti dal bilancio ordinario nonché a finanziamenti provenienti dal Ministero per lo Sviluppo Economico (MSE). Infatti, sono già disponibili le risorse necessarie allo sviluppo della Fase di Project Definition ed a breve sarà disponibile la prima aliquota di fondi MSE, necessari per l’implementazione della fase di CD&E. Queste risorse ci consentono di essere sostanzialmente in linea con le tempistiche progettuali e ci hanno già permesso di schierare in Teatro Operativo afgano la prima unità digitalizzata appartenente all’82° reggimento fanteria “Torino”. Devo ammettere che sono particolarmente soddisfatto ed orgoglioso di questo programma, che ritengo – anche alla luce delle mie pregresse esperienze nel campo del procurement – possa essere assunto quale esempio in termini di progettazione, di piena aderenza alle esigenze militari, di oculato impiego delle risorse e di straordinaria sinergia tra il comparto industriale e quello della Difesa. In un campo, quello della realizzazione di equipaggiamenti per la Difesa, a sempre maggiore contenuto tecnologico e con costi crescenti, la soluzione auspicabile è di giungere a forme coordinate ed integrate di produzione in ambito internazionale, al fine di poter realizzare significative economie di scala: in tal senso, “Forza NEC”, proprio per il coinvolgimento dell’apparato industriale fin dalle prime fasi del progetto, rappresenta sicuramente un modello esportabile”. All’interno dell’ambito di “Forza NEC” concorrono anche i contributi di diverse PMI. Quale pensa possa essere il loro valore aggiunto nella fornitura di servizi e prodotti per la Difesa? “Come ho detto, il progetto “Forza NEC” si contraddistingue per l’eccezionale sinergia d’intenti tra la Forza Armata ed il Raggruppamento Temporaneo d’Impresa (RTI), referente industriale del progetto su base FINMECCANICA, a cui aderiscono alcune importanti realtà produttive del distretto delle PMI, tanto come “indotto” quanto come erogatrici dirette di prodotti e servizi. Analogamente, le PMI sono presenti anche nello sviluppo di altri importanti programmi di ammodernamento, che si caratterizzano per un eccellente contenuto tecnologico, in alcuni casi talmente elevato da poterci condurre, per specifici settori, addirittura ad avere una primazia rispetto ad

eserciti alleati e amici. Mi riferisco, ad esempio, a tutti i sistemi di Comando, Controllo e CIS (Communication & Information Systems) e ad alcune componenti del sistema “Soldato Futuro”, che ne garantiscono una completa digitalizzazione e un’assoluta interfaccia con analoghi sistemi di prossima introduzione in altre Forze Armate, nazionali e non. Per completezza d’informazione, altre PMI sono coinvolte in ulteriori ambiziosi progetti di rinnovamento di equipaggiamenti (la Nuova Blindo Centauro, la flotta di elicotteri CH47, il mortaio da 81mm) e di acquisizione di nuovi sistemi d’arma e mezzi (i “mini” Unmanned Aerial Vehicles, gli Unmanned Ground Vehicles, i kit di sensori terrestri, il veicolo VTM-X, il munizionamento “Vulcano”). In virtù di queste strette sinergie, reputo che il valore aggiunto reso possibile dalle PMI con le loro forniture risiede non soltanto nella possibilità di disporre di prodotti e servizi di nicchia, all’avanguardia e ad alto contenuto tecnologico, ma anche, e soprattutto, di poter contare su una flessibilità, una versatilità e una capacità d’adattamento alle richieste della Forza Armata con una prontezza difficilmente esigibile da industrie di grandi dimensioni o a connotazione multinazionale”. Ritiene che il rapporto tra Forze Armate e PMI del settore nella definizione delle forniture sia adeguatamente efficace e quale pensa possa essere il ruolo dello sviluppo tecnologico in ambito militare? “Rivendico – non senza un certo orgoglio, per aver insistito in prima persona sulla necessità di creare anche un “collegamento personale” con i responsabili industriali – la piena efficacia dell’attuale sistema di rapporti tra l’Esercito e l’Industria della Difesa, con particolare riguardo alle PMI. Un’efficacia che risiede proprio nella capacità di instaurare relazioni dirette e concrete, ma anche in una “ricettività” di eventuali problematiche riscontrate e in una peculiare predisposizione allo studio congiunto di soluzioni che, sinceramente, avrei dubitato di poter riscontrare così largamente nel mondo industriale. Per quanto attiene, invece, al ruolo dello sviluppo tecnologico in ambito militare, ritengo si debba aprire una doverosa riflessione. Se vogliamo continuare ad impiegare i nostri militari mettendoli nelle migliori condizioni di operare, senza essere risucchiati dalla violenza cieca tipica delle popolazioni che per troppo tempo hanno vissuto in un clima di sopruso e sopraffazione, dovremo dare loro qualcosa in più rispetto a coloro con i quali si troveranno a doversi confrontare. Questo qualcosa in più è rappresentato dal dominio delle informazioni, dalla mobilità, dalla protezione, dall’efficacia: in due parole dalla “superiorità tecnologica”, che sia soprattutto sinonimo di concreta maggiore sicurezza per i nostri uomini, senza avere preclusioni concettuali. Investire in tecnologia, e soprattutto in tecnologia militare, non è un lusso ma una necessità e un dovere per un Paese dallo sviluppo avanzato come è il nostro. Non può essere sottaciuto d’altro canto che, storicamente, la ricerca in campo militare ha assolto al ruolo di vero e proprio traino per l’applicazione in numerosi settori dell’industria e della società civile. Si pensi, ad esempio, alle conseguenze che hanno avuto, nella vita di ognuno di noi, la scoperta di apparati come il radar o di materiali come il kevlar e il goretex, o a cosa sarebbero le moderne comunicazioni senza i satelliti e, infine, alle enormi potenzialità in campo medico (e non solo) offerte dal laser. Tutto ciò che può servire a migliorare la sicurezza e l’efficacia del soldato dovrebbe, quindi, compatibilmente con le possibilità finanziarie e con gli obiettivi di politica militare del Paese, essere acquisito quanto prima: in questo le PMI, e più in generale il comparto dell’Industria della Difesa, costituiscono l’indispensabile partner per mettere a disposizione dei nostri uomini il meglio che

l’apparato produttivo e l’applicazione tecnologica rendono possibile”. Chiudiamo con un piccolo gioco: se le chiedessimo tre parole per descrivere l’Esercito Italiano quale utilizzerebbe? “Devo confessare che ho qualche difficoltà nell’individuare solo tre aggettivi qualificativi che possano rappresentare pienamente tutta la complessità di un’istituzione così profondamente eterogenea come l’Esercito Italiano, il cui “collante” è, e sempre sarà, il giuramento di fedeltà prestato alla Patria e le radici etico-morali del “mestiere delle armi”. Comunque, mi presto volentieri a questo gioco e, in maniera assolutamente istintiva, mi viene da dire che l’Esercito è: “pulito”, sempre disponibile e efficiente”. E tre aggettivi per le PMI del settore? “Altrettanto istintivamente, per le piccole e medie imprese del settore aerospazio e difesa, penso a: innovatrici, imprescindibili (per il tessuto produttivo nazionale) e duttili”. Roberta Busatto Generale di Corpo d’Armata Giuseppe Valotto Il Gen. C.A. Giuseppe VALOTTO è nato a Venezia il 13 ottobre 1946. Ha frequentato nel biennio 1966-1968 il 23° (148°) Corso presso l’Accademia Militare di Modena e nell’ottobre 1968 è stato nominato Sottotenente di Cavalleria-Carristi. Dopo due anni e mezzo di Corso di Specializzazione presso la Scuola di Applicazione di Torino, è stato assegnato, con il grado di Tenente, al 132° Reggimento Carri “Ariete”/Divisione corazzata “Ariete” ad AVIANO (PN) e, successivamente, nel grado di Capitano al 182° Reggimento di Fanteria corazzato “Garibaldi”/Divisione meccanizzata “Folgore” a SACILE (PN) e al 13° Battaglione Carri “M.O. Pascucci”/Brigata meccanizzata “Brescia” della Divisione “Mantova” a CORDENONS (PN), dove ha svolto i periodi di comando di plotone e compagnia. Dal 1973 al 1974 e dal 1977 al 1984, ha prestato servizio presso l’Accademia Militare di MODENA nei gradi di Tenente e Capitano, svolgendo incarichi di comando e di staff. Ha frequentato il 106° Corso di Stato Maggiore (1981-82) e il 106° Corso Superiore di Stato Maggiore (1984-85) presso la Scuola di Guerra di CIVITAVECCHIA. Quale Ufficiale di Stato Maggiore: ha prestato servizio presso l’Ufficio Impiego del Personale del 1° Reparto dello Stato Maggiore dell’Esercito (1985-1987): ha ricoperto l’incarico di Capo Ufficio Personale, Ordinamento e Mobilitazione e di Capo Ufficio Operazioni e Addestramento (1989-1992) del Comando del 3° Corpo d’Armata a MILANO; nel periodo 1993-1997, è stato Capo Ufficio di Stato Maggiore del Segretario Generale e Direttore Nazionale degli Armamenti del Ministero della Difesa. Da Ufficiale Superiore, il Generale VALOTTO ha comandato nella sede di LEGNANO il 20° Battaglione Carri “M.O. Pentimalli”/Brigata meccanizzata “Legnano” (1987-1989), il Distretto Militare di TORINO (1991-1992), la Brigata Corazzata “Ariete” (da marzo 1997 a luglio 1999 - durante quest’ultimo periodo, dall’ottobre 1998 ad aprile 1999, ha assunto il comando della Brigata Multinazionale Nord a SARAJEVO); nel periodo ottobre 1999 - luglio 2001, ha comandato l’Accademia Militare di MODENA; dal luglio 2001 al luglio 2004, è stato Vice Comandante dell’ARRC (Corpo d’Armata di Reazione Rapida di ACE - Allied Command in Europe - NATO) a RHEINDAHLEN (GERMANIA). Rientrato in ITALIA, dal 24 luglio 2004 al 30 agosto 2005 ha ricoperto l’incarico di Capo Dipartimento Impiego del Personale presso lo Stato Maggiore dell’Esercito. Dal 1 Settembre 2005 al 1 settembre 2006, è stato il 10° Comandante (COMKFOR) delle Forze KFOR impiegate in KOSOVO. Dal 28 settembre 2006 al 6 marzo 2008 è stato il Presidente del Centro Alti Studi per la Difesa in ROMA. Dal 7 marzo 2008 al 16 settembre 2009 è stato il 6° Comandante del Comando Operativo di vertice Interforze in ROMA. Dal 17 settembre 2009 è il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito. Il Generale VALOTTO è insignito delle seguenti decorazioni: - Ufficiale dell’Ordine Militare d’ITALIA; - Medaglia di Bronzo al Valore dell’Esercito; - Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana; - Medaglia Mauriziana al Merito dei 10 lustri di carriera militare; - Medaglia d’Oro al Merito di Lungo Comando nell’Esercito; - Croce di Commendatore con Spade dell’Ordine al Merito Melitense; - Croce d’Oro con Stelletta per Anzianità di Servizio; - Medaglia commemorativa per operazioni di soccorso alle popolazioni colpite da pubbliche calamità (terremoto del FRIULI del 1976); - Croce Commemorativa per la Missione militare di Pace in BOSNIA; - Medaglia NATO per il servizio svolto nel quadro delle operazioni nella ex-JUGOSLAVIA ed in KOSOVO; - Medaglia Commemorativa dell’ONU per il servizio prestato in KOSOVO; - NATO Meritorious Service Medal; - Legion d’Onore - Classe “Officier” della Repubblica Francese; - Medaglia d’Oro della Difesa Nazionale Francese; - Gran Croce al Merito Militare con Distintivo Bianco del Ministero della Difesa Spagnolo; - Medaglia d’Oro al Valore Militare da parte del Presidente del Governo Provvisorio del Kosovo; - Medaglia al Merito Militare di 1^ Classe dello Stato Maggiore Portoghese; - Medaglia di Bronzo al Merito del Ministero della Difesa Tedesca. In data 15 maggio 2010 è stato insignito della Cittadinanza Onoraria della città di Foligno. Laureato in Scienze Strategiche, parla fluentemente la lingua inglese e possiede un’ottima conoscenza della lingua francese. E’ sposato con la Signora Mara; ha due figli e una figlia.

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Dentro le PMI

Vincono le PMI uniche al mondo per qualità e specializzazione

Intervista all’Amministratore Delegato di Atitech Spa, Roberto de’ Pompeis che ne abbiano bisogno. Per il futuro abbiamo poi individuato altre aree di sviluppo quali ad esempio la sicurezza e l’avionica”. L’Atitech è una società leader nel settore. Quali sono i suoi valori aggiunti? “Il nostro valore aggiunto sta innanzitutto nei tempi che impieghiamo nell’effettuare manutenzioni che in ogni caso i velivoli sono costretti ad effettuare. Ci attestiamo su operazioni di circa una settimana. E poi ci sono i costi. Quest’anno abbiamo raddoppiato l’attività utilizzando un terzo delle risorse in meno”. 440 dipendenti, un fatturato di 39.000.000,00 di euro, un utile 2010 pari a 1.600.000,00 euro. Sono numeri importanti quelli dell’Atitech, soprattutto se seguono una crisi strutturale come quella dell’Alitalia. In questo numero della nostra rivista siamo voluti entrare in un’azienda campana leader incontrastata nel settore della manutenzione di velivoli civili, per raccontarne la sua storia recente. L’Atitech nasce, infatti, nel 1989 dalla compagnia di trasporto aereo napoletana ATI per divenire braccio manutentivo dell’Alitalia. Nel novembre 2009 in seguito alle note vicende della più importante società aerea italiana Atitech viene venduta a una compagine composta per il 75%, da Manutenzioni Aeronautiche (appartenente al fondo finanziario Meridie Investimenti, quotato alla Borsa di Milano), per il 15% dalla nuova Alitalia CAI e per il 10%da Finmeccanica. Nasce dunque così Atitech Spa, società privata soggetta ai tempi e alle regole delle società quotate in Borsa. “La storia di Atitech è la sua forza” ci hanno detto alcuni appassionati responsabili dell’azienda, per i quali “è grazie a questa storia che l’azienda è capace oggi di mettere a frutto la competenza e l’esperienza acquisite negli anni”. E noi siamo felici di entrare nel cuore pulsante di una Napoli di eccellenza. Ingegnere de’ Pompeis, partiamo come è nostra abitudine da una breve descrizione dell’azienda. Di cosa si occupa Atitech? “Ci occupiamo principalmente di manutenzione pesante per velivoli per lo più civili a medio raggio come gli airbus A320, MD80, B737. Si tratta di un’attività che deve essere effettuata circa ogni anno e mezzo e comporta l’apertura di buona parte dell’aeroplano, dalla struttura all’impiantistica e per la quale effettuiamo in generale un centinaio di operazioni all’anno. Eseguiamo anche manutenzione di linea, che per noi resta però un business secondario ed è un’opportunità per allargare la base dei nostri clienti. Al momento stiamo servendo Easyjet e Air Georgian. Per quanto riguarda le riparazioni, il materiale di consumo utilizzato è di nostra competenza, il resto ci viene fornito direttamente dalle compagnie aeree. Siamo soggetti, ovviamente, alla normativa EASA PART145 e alle ispezioni dell’ENAC. Stiamo inoltre valutando l’opportunità di espanderci alle attività di manutenzione su aerei di Lungo Raggio, molto più grandi del Medio Raggio. Purtroppo l’aeroporto di Capodichino non ha un hangar di dimensioni adeguate e stiamo valutando l’ipotesi di appoggiarci ad altre strutture aeroportuali. Abbiamo messo a punto, durante quest’anno, una nuova area dedicata alla verniciatura che tra l’altro è anche a disposizione delle aziende esterne alla nostra

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Entrando nei capannoni per venire qui negli uffici ho visto molti operai all’opera con le mani dentro gli aeroplani… “La manodopera è preponderante, rappresentando il 70% delle attività pur sopportata ovviamente in alcune fasi da strumenti meccanici ed elettrici. Molte di queste sono ad esempio di puro esame visivo. Non riscontriamo particolari difficoltà nel trovare il personale specializzato che in ogni caso formiamo internamente con una scuola di buon livello che stiamo pensando di aprire all’esterno”. Come reputa l’aeroporto di Capodichino in cui voi operate? E come il contesto napoletano, spesso sotto osservazione da parte dei vostri colleghi del nord? “Capodichino è secondo me uno dei migliori aeroporti d’Italia, secondo solo a Venezia, come funzionamento interno (sicurezza, cultura, gestione). Questo è avvenuto da quando nel 1998 è stato privatizzato e gestito da una società inglese di cui è rimasta l’impronta. In generale la Campania è meglio di Napoli, che è una città bellissima ma difficile da vivere. E’ una città di cultura, con una grande partecipazione sociale ma è piena di contrasti. Non è vero che da queste parti la gente non abbia voglia di lavorare, le competenze acquisite sono generalmente buone, ma è vero che le condizioni rendono difficili il lavoro. L’Atitech ne è la prova, avendo al proprio interno per la quasi totalità proprio maestranze locali”. Pensa che le PMI italiane abbiano un’adeguata valorizzazione nei tavoli politici e di rappresentanza del nostro Paese? “Penso che ci sia una scarsa visibilità per le PMI, bisogna andare in America per vederle valorizzate. La responsabilità è sicuramente delle grandi a cui fa comodo controllare i contratti, il mercato, il valore e il costo. Sostanzialmente, mi passi il termine, schiavizzano le PMI, che non riescono ad essere autonome. Anche perché chi ci prova viene punito. La soluzione è rinforzarsi sul mercato vero e questo non è facile in Italia, dove anche il mercato militare fa male perché abitua male. Hanno successo le PMI che fanno internazionalizzazione su mercati esteri e con società importanti. Bisogna prendere una fetta di lavoro e farlo bene fino a diventare unici al mondo per qualità e specializzazione”. E l’aggregazione? “La rete tra PMI ha senso se tutte hanno una finalità comune, ma la mia esperienza mi dice che occorre sempre qualcuno che tiri le fila. Noi abbiamo comunque alcuni fornitori locali da cui ci riforniamo

per diverse esigenze e ne siamo molto soddisfatti. In più abbiamo costituito un consorzio di imprese in occasione dell’ultimo PON che vorremmo lavorasse anche a prescindere da eventuali finanziamenti. C’è poi il distretto aeronautico campano che esiste ma sostanzialmente non esiste. Non funziona, a differenza di altri a noi vicini come quello pugliese”. Una crisi, quella di Alitalia, è il motivo del vostro successo. Ma la crisi economica generale si è fatta sentire anche per voi? “La crisi c’è e si sente ancora. Noi stessi siamo dovuti ricorrere alla cassa integrazione. Il nostro successo è dipeso dalla crisi dell’Alitalia che ha innescato lo sviluppo, ma la crisi generale si sente. I clienti sono più attenti a spendere soldi che per quanto siano necessari sono elevati. Noi stiamo contenendo i costi anche se la competizione dei Paesi dell’est e del Medioriente si batte sempre grazie alla qualità delle nostre prestazioni che loro non sono in grado di raggiungere. In Italia invece non abbiamo nessun competitor diretto. Eppure è proprio in questo quadro difficile che abbiamo iniziato ad implementare il lavoro del nostro settore di Ricerca e sviluppo, avviato con la nuova proprietà. Abbiamo deciso di sfruttare l’occasione degli ultimi bandi regionale, nazionale ed europeo per investire su alcune progettualità che vadano ad implementare le nostre attività. Grazie ad un bando regionale stiamo puntando sull’aircraft greening, nuove tecnologie applicate alle prove motori in chiave ambientale. Abbiamo partecipato al PON con il progetto finalizzato alla realizzazione di un pacchetto di strumenti indipendenti che insieme facciano massa critica per l’efficientamento dell’MRO. Abbiamo poi costituito un consorzio di imprese per lo sviluppo di un’area di manutenzione in ambito aeronautico che possa dare nuovo impulso al distretto aerospaziale campano. Infine una curiosità: con l’ENEA stiamo portando avanti un progetto a medio termine di applicazione delle tecnologie del naso elettronico anche al campo aeronautico con l’obiettivo di individuare a terra perdite di carburante o di agenti contaminanti In ogni caso il nostro principio di partenza è la necessità di innovazione per la competizione anche in un settore fino ad oggi statico e normato come quello della manutenzione. In particolare prevale un’attenzione all’ambiente e all’efficientamento dei processi manutentivi e delle tecnologie trasversali per le ispezioni, partendo dalla valorizzazione delle competenze e delle esperienze già presenti in azienda”. Piera Zocchi

L’AZIENDA RAGIONE SOCIALE Atitech Spa PRESIDENTE Giovanni Lettieri AMMINISTRATORE DELEGATO Roberto De Pompeis SEDE STABILIMENTO Palazzo Atitech Aeroporto di Capodichino 80144 Napoli RIFERIMENTI Marketing & Sales – Tel: +39 081 369 4070 E-mail: marketing@atitech.it SITO WEB www.atitech.it CAPITALE SOCIALE 6.500.000,00 euro NUMERO DI DIPENDENTI 440 FATTURATO 2010 39.000.000,00 euro DESCRIZIONE Atitech è uno dei più grandi centri per la manutenzione dei velivoli narrow body in Europa. PRINCIPALI CLIENTI Medie compagnie aeree. In Italia: Alitalia, Windjet Catania, Mistral, Blue Panorama. All’Estero: Olympic Air ed Aegean in Grecia, AlbaStar in Spagna. PRODUZIONE Servizi di manutenzione pesante e revisione degli Airbus A320, MD80, B737 e di altri velivoli a medio raggio e manutenzione di linea.

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Difesa

Una mozione per rispondere al pericolo di attacchi cyber alla sicurezza nazionale

Intervista al Senatore Luigi Ramponi, Presidente del Cestudis, Centro Studi Difesa e Sicurezza Per chi conosce l’ambiente della difesa e della sicurezza il Senatore Luigi Ramponi è un volto familiare. La sua competenza e la sua grande serietà gli consentono, infatti, di rappresentare una delle voci più autorevoli del nostro Paese. Da oltre 10 anni il suo Centro Studi Difesa e Sicurezza organizza momenti di approfondimento e confronto sulle tematiche più attuali inerenti il settore, a cui trasversalmente da ogni parte politica viene riconosciuto il merito di anticipare i tempi con tematiche che presto si riveleranno attuali. E’ questo il caso del convegno “Cyber space e la sfida alla sicurezza nazionale” che ha visto la partecipazione dei più importanti rappresentanti istituzionali, militari e industriali e di una platea qualificata e numerosissima. Mai domo e difficilmente accomodante il Senatore Ramponi è ora impegnato nell’organizzazione della prima grande mostra internazionale organizzata in Italia dedicata alla Difesa e alla Sicurezza in programma nell’aprile 2012 presso l’Aeroporto di Pratica di Mare. Ma questo evento, che vedrà coinvolte le più importanti aziende italiane operanti nella protezione, prevenzione, intelligence e soccorso post attacco terroristico accanto a delegazioni estere provenienti per lo più dall’area del Mediterraneo, sarà di certo oggetto di una prossima intervista. Senatore, quali motivazioni sono alla base dell’organizzazione del suo convegno sulla cyber? “L’idea che mi ha spinto nasce dalla constatazione che da diversi anni lo spazio cyber è diventato l’area nella quale specialmente Paesi in avanzato stato di sviluppo hanno messo a punto strutture che regolano il funzionamento di tutti i servizi essenziali per la vita della società. Oggi un servizio idrico, i trasporti, il sistema di acquisto e vendita, lo stesso meccanismo del mondo finanziario, politico, gestionale, della sicurezza e via dicendo sono tutti strettamente dipendenti dal buon funzionamento della struttura informatica e telematica, entro la quale si sviluppa l’attuazione di qualsiasi iniziativa. Nel prendere atto di questo si deve parallelamente prendere atto di una sua debolezza e di una sua vulnerabilità ad attacchi che ne possono paralizzare il funzionamento. Ecco che allora appare chiaro come lo spazio cibernetico sia dopo quello terrestre, marittimo, aereo e spaziale il quinto elemento in cui possano svilupparsi azioni di carattere bellico che possono mettere a repentaglio la sicurezza degli Stati e dei cittadini sino a minacciarne la sopravvivenza”. Essendo un tema conosciuto da diversi anni, sicuramente sono state prese misure di risposta nazionali e internazionali. “Si, tra l’altro voglio ricordare che lo stesso Centro Studi ha organizzato tre anni fa un altro convegno

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La stessa NATO nel nuovo concetto strategico di recente approvazione ha posto l’accento sulla necessità di realizzare nell’ambito dell’alleanza un sistema integrato offensivo e difensivo”.

relativo alla possibilità offerta alla minaccia terroristica dal settore cibernetico. Ma per rispondere alla sua domanda, in tutti gli stati più avanzati sono state assunte iniziative per riuscire da una parte a proteggere dagli attacchi gli assetti nazionali e dall’altra per essere anche pronti in termini offensivi prevedendo anche azioni preventive”.

E l’Italia? “Anche l’Italia ha da tempo sia nel settore privato che in quello pubblico, sia nell’ambito civile che in quello militare, attraverso soprattutto l’impegno del Ministero dell’Interno, del Ministero della Difesa e della Presidenza del Consiglio, impostato e portato a termine studi e realizzazioni paragonabili a quelli degli stati più avanzati dell’Unione Europea. Quello che risulta mancante è la costituzione di un organismo capace di coordinare le linee guida e di effettuare un efficace controllo nello sviluppo della realizzazione di un sistema di sicurezza”.

istituire presso la Presidenza del Consiglio un organo dedicato alla soluzione delle esigenze che sono emerse dal convegno. Visto il successo, che è andato al di là di ogni previsione poiché nonostante la capienza della sala fosse di circa 300 posti altre 100 persone circa per ragioni di sicurezza non hanno potuto assistere, ho deciso assieme ai miei collaboratori di riorganizzare nell’arco di un anno un nuovo momento di approfondimento in cui fare il punto su quanto auspicato dal convegno e quanto sia stato realizzato dalla mozione. Un’altra conseguenza importante è la decisione di inserire nella mostra sulle capacità di sicurezza, protezione, difesa, intelligence dell’industria italiana che stiamo organizzando per l’aprile 2012, un settore dedicato proprio al problema cibernetico”. Roberta Busatto

Quali sono le caratteristiche di questi attacchi? “Sono caratteristiche nuove rispetto alla tipologia che contraddistingue i conflitti sin qui manifestatesi, dal momento che un attacco cibernetico può essere portato avanti da tutta una serie di attaccanti che può andare dal singolo hacker ad un’azione a livello di sistema statale. Anche uno Stato molto piccolo può avere la forza per paralizzare la vita di uno Stato molto più potente di lui, sconvolgendo in questo modo i tradizionali rapporti di forza e mettendo fuori gioco gli arsenali militari sin qui considerati”. Prima di entrare nel merito della situazione italiana qual è il quadro internazionale? “Gli Stati che più hanno affrontato concretamente il problema sono quelli più avanzati: Stati Uniti d’America, Inghilterra, Francia, Germania, Russia, Cina, ma anche alcuni più piccoli come ad esempio i Paesi baltici. Gli USA per esempio hanno messo a punto una struttura presso il Pentagono guidata dal Generale Alexander, già capo della National Security Agency, che può contare sull’impegno di ben 60.000 operatori. La Cina è molto avanzata nel settore della protezione ma sviluppa anche notevoli capacità offensive senza però per ora raggiungere gli USA.

Esiste una differenza tra ambito civile e ambito militare? “Si. Mentre il settore civile deve soprattutto preoccuparsi della protezione del pubblico e del privato, in ambito nazionale in chiave dissuasiva e difensiva prima e di intervenire poi a seguito di attacco per mantenere l’efficienza del sistema, in ambito militare il discorso si deve sviluppare per le proprie strutture e per i propri procedimenti nell’ambito dell’Alleanza atlantica”. In conclusione, che cosa è emerso dal convegno? “Dal convegno, nel cui ambito sono intervenuti esperti e responsabili della struttura governativa, esperti relativi al problema in sede internazionale, esperti dell’industria di produzione dei sistemi e responsabili politici di altro livello, sono emerse la conferma di un discorso ben avviato nel settore ma non ben coordinato, la necessità della costituzione di un organo di coordinamento e controllo presso la Presidenza del Consiglio, la capacità di alto livello tecnologico di produzione di sistemi protettivi da parte dell’industria nazionale. Conseguentemente ho messo a punto una mozione da presentare in Senato firmata dalla stragrande maggioranza dei gruppi presenti di governo e di opposizione, nella quale si impegna il Governo ad

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Aerospazio

A confronto con l’eccellenza nella ricerca in ambito aerospaziale

che possa avvicinare al mondo delle imprese, delle utenze, dell’operatività. Collaboriamo costantemente con diversi Enti di ricerca, con le grandi Agenzie spaziali e della Difesa italiane ed estere, con numerose imprese, per seguire l’evoluzione delle diverse professionalità e partiamo da proposte di contenuti condivise. Nei nostri programmi è sempre previsto uno stage per mettere immediatamente gli studenti all’interno di un percorso operativo. Oltre a garantire un’esperienza importante all’interno del proprio curriculum vitae, lo stage consente, infatti, una verifica delle condizioni dell’ambiente industriale per verificare reciprocamente le affinità. La loro progettazione è dunque sicuramente uno dei momenti più delicati”.

ad avere dei risultati scientifici, ed è questa un’esigenza che la solo la comunità scientifica può offrire. La nostra azione è sempre costruita sulla base di un rapporto tra missione attesa, risultati ottenuti e costi sostenuti. Dedichiamo inoltre a quest’ultimo aspetto una particolare attenzione attraverso un’analisi che non si ferma ai flussi di spesa ma parte dalla fase di progettazione con la scelta delle componenti e dei materiali. Una sbagliata previsione sui costi nella fase iniziale rischierebbe di minare la sostenibilità dell’intero progetto oppure una riduzione degli obiettivi. Si tratta, insomma, di un lavoro di vero e proprio management. Da sottolineare, infine, la partecipazione, al fianco dei giovani laureati, di professionisti che vogliano acquisire nozioni di maggiori specializzazione. Il master è frequentato in misura sempre maggiore da personale dell’Aeronautica, della Marina e delle altre Forze Armate. Si tratta per loro di una grande occasione di formazione, di aggiornamento e di miglioramento delle proprie competenze. Nel settore della difesa, il nostro master ha formato ufficiali che hanno occupato posizioni operative in programmi importanti, come Cosmo Skymed o Sicral”.

Lei dirige il Master in satelliti e piattaforme orbitanti del Dipartimento di ingegneria Meccanica e Aerospaziale, giunto ormai alla sua nona edizione. La sua continuità nel tempo ne denota certamente un successo. Quali sono secondo lei i suoi punti di forza? “Il Master in Space Systems and Services è nato per rispondere alle esigenze di formazione avanzata nell’ambito del settore spaziale da parte delle principali Agenzie, degli altri organismi pubblici come il Cira, l’ENAV, o i diversi Ministeri componenti, nonché delle imprese aerospaziali interessate allo sviluppo di capacità tecniche e manageriali dei propri quadri direttivi. Il Master ha subito un processo di completa internazionalizzazione, per rispondere alle peculiarità del mondo spaziale e dei suoi vari protagonisti. E’ articolato su due aspetti, sul satellite vero e proprio e sul sistema di terra e di lancio delle stazioni spaziali. Frequentare il Master ti dà dunque una visione di insieme su tutto il sistema, partendo dal punto di vista di chi deve soddisfare i requisiti dell’utenza. La comunità nazionale è interessata

Ad affiancare il Master c’è lo SmartLab, finalizzato allo studio di prototipi in grado di rispondere alle esigenze avanzate del mondo produttivo. Quali percorsi di ricerca ha recentemente intrapreso il gruppo da lei guidato? “Da diversi anni ci siamo concentrati sulle Smart Structures, dedicandone una parte alla ricerca di base e un’altra alla sperimentazione con la collaborazione di ESA, CIRA, Thales Alenia Space e il Tecnopolo di Roma. Si tratta di una tecnologia che mira a riprodurre le capacità dei sistemi naturali, ad esempio l’atto del volo negli uccelli, attraverso il monitoraggio dello stato di sensing e morfing delle componenti meccaniche. Parliamo dunque di materiali a memoria di forma. In particolare ci siamo dedicati allo studio di forme per i sistemi di rientro delle navi spaziali, di nuovi polimeri elettroattivi per strutture gonfiabili e di altri materiali compositi. Ora siamo nella fase di spin off attraverso una società che riunisce l’Università La Sapienza e alcuni imprenditori con lo scopo di produrre dispositivi

Intervista al prof. Paolo Gaudenzi, direttore del Master in Satelliti e Piattaforme orbitanti dell’Università La Sapienza di Roma

Il tema della ricerca e della sperimentazione in ambito aerospaziale è da sempre al centro dei nostri interessi. E ci fa sempre piacere poter raccontare esempi positivi di realtà formative in grado di mettere in atto progettualità concrete al servizio dell’imprese e delle esigenze di sviluppo del nostro Paese. Le iniziative del professor Gaudenzi rientrano sicuramente in questa categoria. Ne è una conferma la grande velocità con cui le iniziative da lui intraprese rischiano di essere sorpassate da quelle successive. Siamo così piacevolmente obbligati a tenerlo costantemente d’occhio. Professor Gaudenzi, l’Università La Sapienza di Roma si dimostra uno dei centri di ricerca più avanzati in ambito aerospaziale. “La nostra Università ha scelto da tempo di proporre iniziative di formazione di alta qualità, non venendo meno al rigore scientifico dei suoi corsi. Noi discendiamo da una grande tradizione che fonda le sue radici nella Scuola di Ingegneria Aerospaziale e fino ad oggi non siamo mai venuti meno al suo livello qualitativo. Abbiamo un’offerta articolata: da quella base dei tre anni più i due delle lauree magistrali fino a Master di secondo livello. L’obiettivo prioritario è di fornire una formazione

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che possano andare sul mercato dedicati alla sicurezza strutturale e alla raccolta di energia a partire da campi di generazione meccanica”. Altra iniziativa da lei curata è la rivista “Aerotecnica, Missili & Spazio”, di cui lei è il Direttore. ““Aerotecnica, Missili & Spazio”, rivista ufficiale dell’A.I.D.A.A., fonda le sue radici nel 1920 con i primi Atti pubblicati dall’Associazione Italiana di Aeronautica e Aerospazio e subisce un percorso di fusione tra due periodici, l’”Aerotecnica Spazio” e la “Missili e Spazio” che l’ha portata nel 1969 ad assumere l’attuale denominazione. Da sempre punto di riferimento importante per l’intero mondo aerospaziale italiano, grazie ad un recente percorso di internazionalizzazione, la rivista è oggi al centro dei dibattiti della comunità scientifica mondiale, offrendo importanti elementi di aggiornamento anche per le realtà industriali. Attraverso le nostre pagine, inoltre, promuoviamo convegni di alto contenuto scientifico come ad esempio il foro scientifico internazionale Ceas che si svolgerà a Venezia dal 24 al 28 ottobre 2011”. Il 5 e 6 maggio presso il CASD si terrà il workshop internazionale dal titolo: “HIGH TECH SMALL SAT MISSIONS: New operational concepts, innovative manufacturing and air-launched platforms” ideato e promosso dall’Università di Roma “Sapienza” e dall’Associazione Arma Aeronautica ed organizzato con il contributo dell’Aeronautica Militare e dell’Agenzia Spaziale Italiana. Un parterre di tutto rispetto dà garanzie di grande qualità alla discussione. Ci anticipa su cosa verterà? “Al centro del dibattito ci saranno i piccoli satelliti, caratterizzati da un elevato contenuto tecnologico. Parleremo di piattaforme di dimensioni ridotte che incorporano le tecnologie più avanzate esistenti, con l’obiettivo di miniaturizzarle fino ad ottenere una massa inferiore. Esistono già satelliti che funzionano con un alto grado di risposta. L’obiettivo è quello di arrivare a poter dare risposte a fenomeni estremamente rapidi. Il punto è la capacità di assemblare le tecnologie velocemente, di sviluppare tecnologie plug and play in grado di integrare le componenti elettroniche con grande facilità”. Roberta Busatto

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Economia

Sistema economico italiano: il problema è la crescita

Intanto l’economia mondiale è tornata a crescere attorno al 5% annuo, cioè ai tassi precedenti alla crisi Negli Stati Uniti il PIL ha recuperato il livello precedente la crisi, nell’area euro è ancora inferiore del 3% ed in Italia lo scarto è ancora maggiore: siamo a meno 5. Se continuiamo a crescere dell’1% per raggiungere il livello pre-crisi ci vorranno 5 anni. Nella riunione del Consiglio dei Ministri di mercoledì 13 aprile u.s., il Governo ha approvato il Documento di Economia e Finanza (DEF) contenente il programma di stabilità, lo stato e le prospettive della finanza pubblica ed il Piano Nazionale di Riforma (PNR), documento che entro la fine del mese dovrà essere inviato a Bruxelles. Il quadro macroeconomico che si prospetta non è esaltante. La crescita nel triennio si attesterà attorno all’1%. Soltanto nel 2014 salirà all’1.6%. Il rapporto debito-PIL supererà nel corso di quest’anno la soglia del 120%; la pressione fiscale e tributaria resterà invariata attorno al 42.5% ed il deficit si attesterà al 3.9 nel 2011 per scendere al 2,7 nel 2012. Anche se tali previsioni restano ammantate da pesanti incertezze. E non è soltanto l’opposizione in Italia a sostenere che per garantire la stabilità dei conti pubblici occorrerà, nei prossimi mesi, porre mano ad una manovra di 7/8 miliardi, anche il Fondo Monetario internazionale e l’OCSE paventano una tale necessità. Per la nostra economia, dunque, ancora strada in salita. Per le imprese italiane restano, infatti, le difficoltà derivanti da una crisi non ancora passata e da una ripresa non ancora decollata. Tutto ciò mentre all’orizzonte si affacciano nuovi pericoli. Le pressioni inflazionistiche, attualmente ancora sotto controllo, cominciano, infatti, a manifestarsi sollecitate dall’aumento dei costi di produzione, a cominciare da quelli delle materie prime, determinato - quest’ultimo - dalla rapida ripresa dei Paesi emergenti e dalla speculazione sempre in agguato. La BCE ha giocato di anticipo: ha già provveduto ad aumentare di un quarto di punto i tassi di sconto. Risulta di tutta evidenza che di fronte a rischi reali di una ripresa robusta dell’inflazione l’aumento dei tassi diventerà ben maggiore: in ogni caso è quello che si aspettano i mercati. Ciò che maggiormente preoccupa è il fatto che un aumento dei tassi di interesse non gioca alla stessa maniera nell’ambito dell’unione. Ne sarebbero più colpiti i Paesi a bassa crescita ed a debito elevato, condannandoli a politiche economiche ancor più rigorose sul piano dei conti pubblici, con la conseguenza di ridurre la possibilità di sostenere la domanda interna e di varare adeguati piani di sviluppo. Per il nostro Paese, inoltre, sarebbe la stessa tipicità della struttura produttiva a determinare la gravità di un alto costo del denaro. Il sistema produttivo italiano, caratterizzato da una miriade di piccole e piccolissime imprese, molto spesso del tutto sottocapitalizzate, è infatti, fortemente dipendente dal credito bancario e non potrebbe reggerne un costo eccessivo, men che meno un suo arresto o una sua caduta, anche temporanea. E’ un problema non solo di responsabilità ma di lungimiranza economica quello che sta davanti al nostro sistema bancario. “E’ evidente“, osservava Massimo Giannini alcune settimane or sono, “che il cavallo non ha molta sete ma è altrettanto evidente che non ha molta acqua da bere e quella che trova in giro resta molto salata”. Il comitato esecutivo dell’ABI in un comunicato del 7 febbraio u.s., emesso al termine di un esame della situazione economica e creditizia, ha affermato che nonostante l’incertezza sul piano della redditività le banche avrebbero continuato a dare il sostegno necessario alle imprese ed alle famiglie. E’ sperabile in una politica del credito conseguente.

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Ma il vero problema che abbiamo di fronte è quello di individuare la strada per crescere in modo più consistente. E’ davvero difficile creare occupazione, abbattere il debito e rilanciare il Paese se il nostro tasso di crescita non si avvia a superare rapidamente il 2% annuo. Se da un lato ha ragione Il Governatore della Banca d’Italia quando afferma che “il nostro Paese, non corresponsabile della crisi, vi è entrato già debole, ha pagato un prezzo alto di riduzione del reddito e dell’occupazione, ne esce con i suoi problemi strutturali da risolvere”; se ha ragione Tremonti quando dice “senza rigore non c’è crescita”, ha ragione anche Gianpaolo Galli quando afferma (Sole24 del 13 aprile u. s.) che “tenere i conti in ordine” è necessario ma “se non riparte la crescita, non si risolve neanche il problema del debito”. Da tempo il mondo delle imprese si augurava che i provvedimenti che il Governo avrebbe dovuto assumere ai fini di rilanciare la crescita (non si tratta della manovra di due punti di PIL, chiesta dall’Europa per raggiungere gli obiettivi di una rapida riduzione del rapporto fra debito e PIL e del consolidamento della situazione finanziaria, che sembra rinviata alla prossima legislatura) fossero in grado di sostenere fortemente la ricerca e l’innovazione, aumentare la produttività del lavoro e quella totale dei fattori produttivi, recuperare lo scarto esistente, a livello infrastrutturale, che ci separa dai Paesi più avanzati, aumentare la competitività del sistema Paese, creare le condizioni per attirare investimenti esteri diretti. Soltanto a queste condizioni, infatti, ricordavano commentatori ed economisti sarebbe possibile alzare strutturalmente il nostro tasso di crescita. Il Decreto per lo sviluppo varato dal Governo nei primi giorni di maggio, in verità, si è mosso nella direzione giusta: orienta la fiscalità a beneficio degli investimenti in ricerca ed innovazione, del recupero di produttività del sistema Paese e dell’occupazione nel Mezzogiorno. Definisce le condizioni per il decollo del cosiddetto piano casa e la valorizzazione costiera, stabilendo percorsi e tempi rigorosi per l’adozione dei necessari provvedimenti regionali e comunali. Importante è anche quanto previsto in termini di semplificazione amministrativa per facilitare la vita e la nascita delle imprese. E tuttavia la manovra appare economicamente insufficiente rispetto alla esigenza di una robusta politica della domanda. Del resto lo stesso ministro Tremonti ha spiegato che “non sarà la spesa pubblica il motore della ripresa”. Inoltre dal punto di vista più generale la strategia di rilancio appare carente: mancano iniziative di intervento strutturale e l’accelerazione dei processi di liberalizzazione. E’ sperabile che il Parlamento, in occasione della trasformazione in legge, provveda a porre riparo ai difetti ed alle insufficienze della manovra. Giovanna Prina

Profondamente colpiti dalla perdita di uno dei primi amici di PMI Live con cui abbiamo iniziato la nostra avventura e con cui speravamo di raggiungere ambiziosi obiettivi, dedichiamo questo numero del giornale a un imprenditore, un uomo, straordinario. Grazie Pierantonio

Per ricevere PMI Live in abbonamento postale inviate una mail a:

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