Piume in libertà

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i pelucchi


Titolo originale FEATHERBRAINS Per il testo © 1993 John Yeoman Per le illustrazioni © 1993 Quentin Blake Per l’edizione italiana © 2022 Camelozampa Prima edizione italiana: giugno 2022 Tutti i diritti riservati ISBN 9791280014986 www.camelozampa.com Finito di stampare nel mese di maggio 2022 presso Società Editoriale Grafiche AZ, San Martino Buon Albergo (VR) Camelozampa ha scelto per questo libro carta certificata FSC®, contribuendo in questo modo a salvaguardare le foreste e le popolazioni che da esse dipendono

Alta leggibilità Questo libro utilizza il Font EasyReading® Carattere ad alta leggibilità per tutti. Anche per chi è dislessico. www.easyreading.it


Traduzione di Luigi Berio



UNO

Flossi e Bessi abitavano alla “Radura Felice”. O almeno questo era il nome stampato sulle scatole delle uova. In realtà si trattava di un capannone molto lungo, con un corridoio al centro e gabbie per pollame impilate su entrambi i lati, le une sulle altre. Flossi e Bessi, che erano sorelle, condividevano una gabbia con altre due galline, Megghi ed Egghi. La loro era la gabbia più vicina all’ingresso, nella fila bassa, sul lato destro. Il pollaio era veramente stracolmo: a contarle saranno state all’incirca ventimila galline. Non si può quindi dire che non fossero in compagnia, 9


ma non parlavano mai molto, tra di loro. Quando non si è mai stati da nessuna parte o non si è mai fatto alcunché, non c’è molto di cui parlare.

Quel giovedì incominciò come ogni altro giorno. Quando alle sette del mattino le lampade si accesero automaticamente (non c’erano finestre nel capannone), le galline tirarono fuori le teste da sotto le ali e aprirono gli occhi sbattendo le palpebre per la tanta luce. «Hai dormito bene?» chiese Flossi. «Sì, grazie» disse Bessi. 10


«Ho fatto un sogno incantevole». «Che cosa carina» disse Flossi. «Cosa hai sognato?» «Ho sognato che ero in una gabbia, in un lungo capannone. E poi… poi mi sono svegliata!» Flossi la guardava stupita: lei non faceva mai sogni. Era Bessi quella con più immaginazione. «Tu sì che sei fortunata» le disse. «Oh, guarda» esclamò Bessi, «colazione!» Lo diceva ogni giorno in quel momento, proprio quando il macchinario si accendeva. Il tutto incominciava sempre con un brusio, poi si sentiva un po’ di volte clunc-clunc e poi accadeva qualcosa di ancora più eccitante: il nastro trasportatore incominciava a muoversi e, dopo poco, il mangime


passava scorrendo davanti alla loro gabbia. Per riuscire a beccarlo, le galline dovevano spingersi contro la grata e stare, a turni, l’una sul collo dell’altra. «Lo stesso di ieri» disse Bessi, tra una beccata e l’altra. «Fantastico!» rispose Flossi. «Ieri era veramente buonissimo… Ho veramente apprezzato la colazione di ieri!» Dicevano così tutti i giorni. Egghi e Megghi, invece, non dicevano mai nulla. A dire il vero erano sempre troppo occupate per parlare: troppo occupate a mangiare, a dormire o a guardare nel vuoto.


DUE Raccontato così, quel giovedì non era andato molto diversamente da ogni altro giorno. Questo almeno fino al momento in cui una piccola figura, lucida e nera, spuntò attraverso una fessura nella porta del capannone.

Era una taccola! Con fare curioso si guardò intorno e decise poi di entrare. 13


Detto tra noi, uno dei maggiori difetti delle taccole è quello di essere delle gran ficcanaso e la peggiore delle loro colpe è quella che tendono spesso a rubare. Ora, se noi chiamiamo le persone che prendono le cose altrui “manilunghe”, possiamo tranquillamente dire che le taccole sono delle vere e proprie “beccolunghe”. Molto cordiali e simpatiche di sicuro, ma anche, decisamente, beccolunghe. Una volta dentro, la taccola lanciò uno sguardo veloce intorno a sé, saltellò lungo tutto il corridoio e vide che non c’era nulla di valore da portarsi via. Risaltellò quindi tutto il percorso all’indietro e, voltandosi per andarsene, disse con lieve disappunto: «Bleh». «Ma guarda quel povero pollo» disse Flossi.



A sentirsi chiamare così, la taccola esclamò: «Taccola!!! Tacco…» «Ah, buongiorno allora, Tacco» disse Flossi. «Hai un aspetto un po’ tanto magrolino». «Non trovi che sia un po’ tanto magrolino, Bessi?» «Oh, sì. Assolutamente!» disse Bessi. «Piume e ossa! Dovresti veramente prenderti un po’ più cura di te, caro Tacco. Hai già fatto colazione?» e, rivolgendosi a Flossi: «Scommetto proprio che non ha fatto nessuna colazione!» «Solo a guardarti mi verrebbe da dire che tu non faccia mai colazione!» esclamò Flossi. «Avanti, dai qualche beccata con noi. Non può che farti bene». «Ti farà ingrassare un po’!» disse Bessi. La taccola fu davvero colpita dalle loro premure e così, per cortesia, si sporse verso il nastro trasportatore per assaggiare qualcosa. Ma quello che vide e annusò le fece coprire il becco in gran fretta. «Mille grazie veramente» deglutì, «ma prima di entrare stavo proprio andando a cercare un po’ di colazione. Ora, se mi volete scusare, è il caso che io vada». 16


«Cercare un po’ di colazione?» borbottò tra sé e sé Flossi, alquanto stupita. Proprio nell’istante in cui si stava voltando per andarsene, la taccola intravide sul lato destro della gabbia un bel bottone di metallo lucente. 17


Ora, dato che non vedeva che utilità potesse avere quell’oggetto per le galline, decise, senza troppi complimenti, di prenderselo. Le taccole non sanno proprio resistere al fascino degli oggetti luccicanti!

Con un bel colpo di testa cercò di farlo saltare, ma, con sua grande delusione, il bottone non si staccò. 18


Provò di nuovo, e di nuovo, e fu così che a un certo punto, improvvisamente, l’oggetto di metallo ruotò verso l’alto, fece clang e lo sportello della gabbia si aprì.

Prese dal panico, Egghi e Megghi si rifugiarono, spingendosi, contro la parete di fondo. Flossi e Bessi rimasero invece completamente immobili, in totale smarrimento. E fu lì che la taccola ebbe un’idea! «Care ragazze, visto che ho aperto la vostra gabbia, non vi andrebbe di accompagnarmi fuori a fare colazione?» «Fuori dove?» chiese Bessi, più smarrita e confusa che mai. 19


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