Passare col rosso - alta leggibilità

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GLI ARCO B ALENI 1


Titolo originale “Passer au rouge” Traduzione di Mirella Piacentini Copertina di Giovanni Nori

Passer au rouge © Editions du Rouergue, France, 2006 Per l’edizione italiana Copyright © 2012, 2019 Camelozampa Tutti i diritti riservati www.camelozampa.com

Prima edizione: marzo 2012 Nuova edizione ad alta leggibilità: giugno 2019 ISBN 9788899842345

Alta leggibilità Questo libro utilizza il Font EasyReading® Carattere ad alta leggibilità per tutti. Anche per chi è dislessico. www.easyreading.it




Hélène Vignal

PASSARE COL ROSSO Traduzione di Mirella Piacentini



A Kamal, ad Alban.


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Capitolo 1 È perché non avevo le scarpe giuste.

Eppure erano nuove. Ma Johana ha detto che avevano la suola troppo alta e che con quelle zattere che mi ritrovavo al posto dei piedi facevo pena. Andava avanti così da tre mesi: da quando avevo iniziato la scuola media su come vestirsi c’era da perderci la testa. «Ma sì, ha aggiunto Clovis, e poi… Quel rosso non si può guardare…» Mi sono guardato le scarpe e Sabine ha cominciato a ridere come un’isterica dandomi del clown. «Tua sorella!» le ho detto per farla tacere. Ma sono scoppiati tutti a ridere: invece di calmarli, la mia rabbia li aveva come scatenati. Avrei voluto ridere con loro, anche se poi voleva dire ridere di me. Ma gli angoli della bocca non ne volevano 9


sapere di alzarsi. Mi accorgevo che così avevo una faccia strana, forse sembravo davvero un clown. Allora mi sono voltato, ho alzato le spalle e tutto quello che sono riuscito a dire è stato: «Rosse un corno! Col cavolo che non si può guardare!» Come risposta faceva un po’ pena, anzi faceva veramente pena. Ma non riuscivo a dire altro perché avevo la gola che sembrava di cemento armato. E poi, l’ho detto così piano che non deve aver sentito nessuno. Con fare disinvolto sono andato verso i bagni. Sentivo dietro di me la risata isterica di Sabine. Sembrava un grido barbarico, mi sono chiesto perché nessuno notava quanto fosse ridicola quella risata che non aveva niente di umano. Mi sono chiuso in bagno. Sono rimasto lì per un bel po’ a guardarmi le scarpe. Le ho trovate anch’io penose, con quelle suole enormi. E poi il colore! Come mi era venuto in mente di scegliere quel 10


rosso così rosso? Ma dove lo ero andato a prendere poi questo rosso? In tutta la scuola, non ce le aveva nessuno le scarpe rosse. Nessuno tranne io: Boris il clown. Allora, per abbassare le suole, sono rimasto lì a sfregare i piedi per terra, uno dopo l’altro. Mi facevano male le cosce e le ginocchia. Ho deciso di andare avanti fino al suono della campanella. Mentre consumavo le suole, riflettevo su come cambiare il colore delle scarpe. Colorarle con il pennarello, magari indelebile? Impossibile: se ne sarebbero accorti subito tutti e io avrei fatto ancora di più la figura del buffone. Camminare nel fango? Un fango bello nero, tipo letame? O ingegnarmi per far finta di sporcarle per sbaglio con i colori che usiamo nell’ora di arte? Quando la campanella è suonata, alla fine dell’intervallo, sono andato a sedermi tranquillo. Stavo attento che non si vedesse che questa storia delle scarpe era diventata un’ossessione per me, una 11


tragedia. Ero disperato, mi vergognavo di esserlo, ma nessuno lo doveva sapere. Mentre prendevo posto in classe, mi sono accorto di aver lasciato il giubbotto per terra in un angolo del cortile. Avrei potuto fare una volata e andare a riprenderlo, ma farlo davanti a tutta la classe mi è sembrato troppo rischioso. E se fossi caduto? E se, visto da dietro, mentre corro, facessi ridere? Allora ho messo le mani in tasca, ho aspettato il prof di matematica e ho sperato che nessuno me lo fregasse perché sarebbe stato difficile trovare una spiegazione convincente per mia madre se fossi tornato senza. Poi, è ricominciato tutto. Corentin mi si è avvicinato e da dietro mi ha detto che aveva visto le stesse scarpe da Bingo, il negozio dei pezzenti. Si sono messi tutti a ridere un’altra volta, ma questa volta sono riuscito a ridere anch’io e gli ho risposto per le rime: «Ah, sì! È vero! È lì che hai comprato il 12


tuo schifo di astuccio, no?» E allora i ruoli si sono invertiti perché James si è messo dalla mia parte e ha detto: «No! Non l’ha comprato: glielo davano in regalo se sua mamma si comprava tre reggiseni!» Ma Corentin non aveva voglia di scherzare. Ha afferrato James per il collo urlando che aveva offeso sua madre. James è inciampato in Perrine, che è finita su Olga. Olga è un ragazzo che si chiama Olivier ma lo chiamiamo Olga. Forse perché è grasso, non lo so. Quindi, quando Perrine gli è caduta sopra, tutte le ragazze si sono messe a ridere perché si è trovata lunga e distesa proprio sopra di lui. Quando si sono alzati, nessuno faceva più attenzione a James e a Corentin che si stavano strangolando a vicenda. Con tutta la delicatezza di cui va fiero, Anthony ha chiesto a Olga: «Allora? Com’è Perrine? Ti è piaciuta?» 13


Ma Perrine gli ha dato una sberla prima ancora che avessimo il tempo di ridere della sua battuta del cavolo. Allora Anthony ha cercato di sputare addosso a Perrine, ma l’ha mancata. Ha preso in pieno Sabine, però, sul suo giubbino KPP. E allora non ci ho pensato due volte a mettermi a ridere come un matto perché le stava troppo bene, dopo quello che aveva detto delle mie scarpe. Ce l’avevo ancora in testa il suono della sua risata mostruosa. James e Corentin erano sempre lì per terra. James sopra, tutto blu, e Corentin sotto, tutto rosso. Siccome non c’era più molto da guardare, ci siamo tutti messi intorno e li incitavamo gridando: «Vogliamo il sangue! Vogliamo il sangue!» E quando è arrivato il prof di matematica, li ha messi in punizione con una nota sul diario. Siamo saliti in classe e io mi sono guardato le scarpe. Nel casino della rissa 14


ci era passata sopra cosÏ tanta gente che erano molto meno rosse e molto meno nuove. Mi ha fatto piacere, ma ho smesso subito di guardarle per non attirare l’attenzione.

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