Da qui si vede il mondo intero

Page 1

Titolo originale Vanaf hier kun je de hele wereld zien

Testo © 2021 Enne Koens

Illustrazioni © 2021 Maartje Kuiper

Edizione originale pubblicata da uitgeverij Luitingh-Sijthoff B.V., Amsterdam

Traduzione dal nederlandese di Olga Amagliani

Per l’edizione italiana © 2023 Camelozampa

Prima edizione italiana: aprile 2023

ISBN 9791254640678

Tutti i diritti riservati

www.camelozampa.com

L’Editore ringrazia per il sostegno la Dutch Foundation for Literature

Alta leggibilità

Questo libro utilizza il Font EasyReading® Carattere ad alta leggibilità per tutti. Anche per chi è dislessico. www.easyreading.it

Camelozampa ha scelto per questo libro carta certificata FSC® e da altre fonti controllate, contribuendo in questo modo a salvaguardare le foreste e le popolazioni che da esse dipendono

Finito di stampare nel mese di marzo 2023

presso Elcograf, Cles (TN)

qui

Enne Koens Da si vede il mondo intero

illustrazioni di Maartje Kuiper

traduzione di Olga Amagliani

Per Chrisje, che ormai è

parte della famiglia

Questa storia ha inizio un sabato qualunque. No, a dire il vero è iniziata molto prima. Deve essere cominciata nel momento in cui mia mamma ha visto mio papà. O è stato il papà che ha visto la mamma? Non lo so, io non c’ero. La mia storia, però, è iniziata proprio in quell’istante. Sì, perché se mia madre non avesse visto mio padre, o se mio padre non avesse visto mia madre, avrebbero visto qualcun altro e di conseguenza io sarei un’altra persona. Io non sarei io e non mi sarei nemmeno messa alla ricerca di… Basta, Dee, non divagare. Un sabato pomeriggio qualsiasi ho trovato una lettera. Non era indirizzata a me, ma è stata una bella cosa che l’abbia trovata io. Perché grazie a quella lettera ho cominciato a fare domande.

Per chi era? E chi l’aveva scritta?

Dovevo scoprirlo. Lì, in quel momento, non sapevo ancora quanto sarebbe stata lunga la mia ricerca. Come non sapevo che mi avrebbe condotta a una domanda molto più grande. Più cose chiedevo, più il mistero si infittiva. Dietro a ogni domanda se ne nascondeva un’altra. Finché sono arrivata alla domanda delle domande: chi sono io?

È sabato e siamo dal macellaio. La mamma ha appena pagato e infila il resto nel portamonete.

Il macellaio taglia una fettina di salame.

«Ti va un po’ di salame, ragazzina?»

Io faccio sì con la testa e allungo la mano.

«Niente salame» dice la mamma. «Cosa ti salta in mente? L’abbiamo appena preso».

Agita l’involto di carta che le ha appena dato il macellaio.

La fettina di salame resta sospesa in aria, tremolante.

Il macellaio lascia ricadere la mano sul bancone.

Mia madre si volta ed esce, facendo tintinnare il campanellino sulla porta.

Così il macellaio e io ci ritroviamo insieme nel suo negozio.

11

Lo guardo: è immobile e dalla sua faccia non riesco a capire cosa stia pensando. Ecco che all’improvviso, però, vedo qualcosa di piccolo accendersi nei suoi occhi, una nave nel mare che si avvicina piano piano. E poi succede tutto insieme: uno degli angoli della sua bocca si solleva, le sue guanciotte si gonfiano e un occhio si chiude. Il macellaio mi fa l’occhiolino.

Io arrossisco.

«Salame?» mi offre. Do un’occhiata di sfuggita dietro di me: la mamma mi sta aspettando, ma non guarda da questa parte. Allungo la mano per prendere la fetta di salame. «Grazie, signore». Sposto la fettina di salame in fretta nella guancia.

«Prego» risponde soddisfatto il macellaio. Alle mie spalle, mia madre bussa alla finestra della bottega. Io mastico senza farmi vedere.

«Dee» mi chiama impaziente. «Dee!»

Sollevo una mano per salutare il macellaio, dico «Grazie» e mi giro. Il campanellino suona ancora una volta.

«Ciao, Dee» dice il macellaio. «Torna presto a mangiare un altro po’ di salame».

Io faccio segno di sì ed esco in fretta dal negozio.

Cammino per la strada dietro a mia madre,

12

con la fetta di salame al sicuro nella guancia.

Traccio delle linee sul selciato con la punta delle scarpe, mi piace il rumore che fanno.

«Smettila» dice mia madre. «Altrimenti la settimana prossima mi tocca già prendertene un paio nuovo». Pesca dalla borsa delle lettere da imbucare.

Io infilo una mano nella fessura della cassetta della posta e faccio scivolare le dita lungo lo sportellino. La mamma ricomincia a camminare. «Permesso?»

La voce improvvisa mi fa sobbalzare, ma poi la riconosco.

È Bilal, il postino.

«Non ti voglio mandare via» dice, «ma è ora». Indica il suo orologio e proprio in quell’istante cominciano a suonare le campane della chiesa. Contiamo i rintocchi. Uno, due… Conosco bene Bilal, è il nostro postino da un sacco di tempo. Certe volte, quando riempie le cassette delle lettere del condominio e capita che io sia giù nel portico, chiacchieriamo. Una volta, per esempio, mi ha raccontato che non aveva una fidanzata, ma che gli sarebbe tanto piaciuto averne una. Insomma, Bilal era a caccia. Sotto l’uniforme da postino indossava scarpe da ginnastica a colori vivacissimi e ce

13

la metteva tutta per farsi crescere la barba. Nel taschino dell’uniforme teneva una pinzetta luccicante e, quando capitava davanti a un portone d’ingresso, si sistemava la barba nel riflesso del vetro. Gliel’ho visto fare spesso. Mi ha raccontato che si dava appuntamento con delle belle ragazze nei bar, dove offriva loro bibite colorate e, gridando forte per sovrastare la musica, cercava di capire se avevano degli animali domestici o se invece erano allergiche, se andavano matte per le costolette d’agnello o preferivano l’insalata, o qualsiasi altra cosa ritenessero importante raccontargli.

E ogni settimana era una delusione. Infatti era complicato, aveva detto Bilal, perché tempo prima aveva avuto una storia con Grazia.

E Grazia era famosa, per cui quale altra donna avrebbe potuto competere con lei? Eppure un bel giorno, così dal niente, si è fidanzato. Era una ragazza diversa da tutte le altre e Bilal ha iniziato a consegnare la posta a passi di danza. Era innamorato.

Aspettiamo che le campane smettano di suonare. Quattro. Cinque. Bilal fa già per aprire la cassetta della posta. Ha un’aria molto meno allegra del solito.

14

«Devo sbrigarmi, Dee» dice. «E tu non mi hai visto, capito?»

«Come, non ti ho visto?» chiedo.

«Avrei dovuto svuotare questa cassetta della posta già ieri, ma è andato tutto storto e l’ho saltata. Lo faccio adesso, altrimenti questo fine settimana non ci starà più niente».

«Sei sicuro di stare bene?» chiedo.

Bilal lascia cadere il braccio. «Uh, Dee» sospira. «Non voglio nemmeno pensarci».

«A che cosa?» chiedo io.

«Lei vuole fare un viaggio».

«Bello, no?»

«Magari fosse solo questo. Il fatto è che ogni settimana cambia idea. Adesso vuole fare una crociera in Lapponia».

«È lontano?»

«Non lo so, ma la crociera costa un patrimonio, perciò non credo che sia proprio dietro l’angolo. E ieri avevo appena svoltato questo qui, di angolo, quando lei mi ha telefonato dicendo che non si poteva andare avanti così e che dovevo decidere subito. Scusa, permesso un attimo».

Apre la cassetta delle lettere con una chiave minuscola, e nel frattempo ci tiene un grande sacco postale aperto sotto. Dalla cassetta delle lettere precipita una cascata con tutti gli inviti,

15

le bollette, le lettere arrabbiate, le lettere

d’amore, gli avvertimenti, i cordiali saluti e le minacce. Il postino raccoglie tutto. Quando le lettere smettono di cadere, Bilal chiude il sacco e lo lancia nel retro della sua macchina arancione.

«Se costa troppo, diglielo e basta». Bilal sospira. «No, Dee, purtroppo non funziona così».

«Perché no?»

«Devo fare una buona impressione».

«Pfff» dico io, «con soldi che non hai, immagino».

Bilal deglutisce. «In effetti, hai ragione». Ha un’aria terribilmente delusa. Poi scrolla le spalle, salta in macchina e mi fa un cenno di saluto. «A lunedì!»

Parte a tutta velocità.

Io resto da sola. Osservo inquieta la strada, in cerca della giacca di mia madre. Dov’è finita? In quel momento comincia a piovere.

Mi guardo intorno ancora una volta, ma non la vedo da nessuna parte. Sarà andata avanti senza aspettarmi. Proprio quando decido di correre a casa, la vedo.

La lettera.

È per terra davanti a me. Una piccola busta

16

azzurra che spicca sul grigio del marciapiede. All’inizio non oso raccoglierla; mi guardo in giro indecisa, ma la macchina di Bilal è sparita da un pezzo dietro l’angolo, verso la prossima cassetta delle lettere. Le gocce di pioggia macchiano la carta. Velocissima, la prendo e me la ficco nella tasca interna. Poi mi metto a correre.

17
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.