Rivista arti marziali rivista arti marziali cintura nera budo international febbraio 2014

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STROEVEN COMBAT SYSTEMS

CINEMA MARZIALE

L'Eskrima non è solo adatta come sport o difesa personale praticata dalla popolazione civile, anche il personale militare utilizza questa realistica arte marziale delle Filippine. L'Eskrima è ideale per l'autodifesa, poiché possiede una versatilità pressoché illimitata. Perciò gli abbiamo chiesto di parlarci dell'addestramento delle forze speciali. In primo luogo ci siamo incontrati per parlare delle Forze Speciali della Polizia Federale del Brasile (COT).

Antony Szeto è un brillante regista cinematografico e produttore australiano residente a Hong Kong, responsabile tra gli altri titoli, della celebre pellicola prodotta da Jackie Chan e con protagonista una delle leggende viventi del Cinema Marziale, il grande Sammo Hung. Oggi vi ripor tiamo quest'intervista realizzata da Andrew Dasz, uno dei validi giovani che ha prodotto l'industria Marziale di Hong Kong.

JACKIE CHAN

SDS CONCEPT CINEMA MARZIALE “Shadow of a Tear” (Ninja II). Il nuovo film di Isaac Florentine “Ninja: Shadow of a Tear” non è il classico film a buon mercato di Hong Kong. È una pellicola d'azione di Hollywood con tutti gli ingredienti per essere ricordato negli anni a venire.

L'ar ticolo di questo mese ci riporta alle basi. Negli articoli precedenti sul SDS-Concept, abbiamo visto i principi propri della difesa,la difesa personale per donne,la difesa con diversi tipi di oggetti di utilizzo quotidiano (mai senza armi) e l'allenamento in sicurezza e la difesa personale con oggetti flessibili. Questo mese vedremo i concetti basilari del maneggio di alcuni bastoni da autodifesa, come il bastone tascabile, il Dulo, il Kubotan…

Nel corso degli anni Pedro Conde, il nostro esperto di Bruce Lee, ha raccolto tutte le dichiarazioni e gli aneddoti che Jackie Chan ha vissuto rispetto a Bruce Lee. Varie interviste sui media e molti anni di lavoro per riunire piccole citazioni qua e la, compongono questo magnifico articolo, per gli amanti delle pellicole d'azione e per i moltissimi fans che entrambi i personaggi hanno in tutto il mondo.

JUJUTSU MUGEN MUKERU For te, violento, obbiettivo... probabilmente questa parte del Bugei Juhapan che è conosciuta come Jujutsu, por ta in se una for te e sostenibile forma di combattimento. Chi pratica le tecniche relazionate al Jujutsu classico, può percepire nella sua forma genuina una caratteristica funzionale per le situazioni quotidiane vissute durante il Medioevo.

COMBAT HAPKIDO Allo scopo di capire come siamo giunti all'attuale percezione degli stili duri e morbidi, è necessario rivedere i criteri utilizzati per classificare le arti: quelle che si basano sulla potenza, su colpi e movimenti lineari si definiscono dure; quelle che utilizzano colpi con energia più dolce, attacchi e movimenti circolari si definiscono morbide.

UN GIORNALE SENZA FRONTIERE

BUDO INTERNATIONAL NEL MONDO

Budo International è senza alcun dubbio la rivista di Arti Marziali più

Budo International è un gruppo editoriale internazionale che lavora nell’ambito delle Arti Marziali. Raggruppa le migliori aziende che lavorano nel settore ed è l’unica rivista al mondo pubblicata in sette lingue diverse e che viene diffusa in oltre 55 Paesi di tre continenti tra cui: Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Australia, Svizzera, Olanda, Belgio, Croazia, Argentina, Brasile, Cile, Uruguay, Messico, Perù, Bolivia, Marocco, Venezuela, Canada, Senegal, Costa d’Avorio…

internazionale del mondo. Siamo convinti di vivere in un mondo aperto. Gli unici confini sono quelli che la nostra mente vuole accettare. Così costruiamo, mese dopo mese, una rivista senza frontiere, dove ci sia spazio per tutte le informazioni che interessano ai praticanti, qualunque sia il loro stile.


KRAV MAGA RED

HENRY PLEE Il DVD “Krav Maga, Ricerca, Evoluzione e Sviluppo” è nato come espressione della volontà di quattro specialisti di Krav Maga e Sport da combattimento: Christian Wilmouth, Faustino Hernandez, Dan Zahdour e Jérôme Lidoyne. Questi ultimi attualmente dirigono varie scuole e un gruppo di venti istruttori e insegnanti di varie discipline, dal Krav Maga alle MMA.

SHAOLIN HUNG GAR KUNG FU Anche se Occidentale, dalla Svizzera, ha saputo superare tutti gli ostacoli della sua vita per arrivare ad essere il migliore allievo e successore dell Dr. Chiu Chi Ling. Ha dedicato tutta la sua vita all'Hung Gar Kung Fu originale e si preoccupa sempre dei progressi dei suoi numerosi allievi e della divulgazione dello stile.

Salvador Herraiz nella sua ventina di viaggi a Parigi da oltre 25 anni, non ha mai mancato di visitare il carismatico luogo nel centro della capitale francese. Adesso ha recuperato di sua iniziativa la conversazione che ebbe in una di queste occasioni con Henry Plee, a casa sua, nello stesso stabile, appena sopra il leggendario dojo.

K-1 RULES - IL REPORTAGE DEL MESE

GKP METICCIOPCOMBAT

Intervista a Giorgio Petrosyan e Alfio Romanut. Presentare Giorgio Petrosyan solo in funzione dei numeri che caratterizzano la sua straordinaria carriera, non renderebbe giustizia all'uomo che sta dietro il fenomeno. Quella che ci accoglie sorridente in una grigia e umida mattina invernale in Brianza, è la figura genuina e schietta di un ragazzo di 28 anni giunto qui da un paese turbato da terribili conflitti interni, che a suon di pugni, calci e tanta determinazione si è guadagnato il posto che merita nell'Olimpo dei più grandi di sempre della Muay Thai K-1 Rules. Accanto a lui, il Maestro Romanut, suo scopritore e mentore, friulano doc dai modi semplici e concreti che lo segue sin dal primo momento in cui è approdato nella sua palestra, il Satori Team di Gorizia.

Stanno nascendo dei nuovi valori nel campo dell'autodifesa. Oggi por tiamo nelle nostre pagine uno di questi, frutto della contaminazione culturale e vitale del mondo moderno; con for ti radici Eritree e Italiane, ora residente in Germania, il Maestro Simohon Giaquinto possiede un ampio bagaglio militare e poliziesco, con interessanti principi pedagogici. Prestate attenzione al suo lavoro!

WINGTSUN Negli anni della “moda” del WingTsun in Europa, migliaia di praticanti di questa bell'arte si sono avvicinati alle numerose scuole che sono sorte in quasi tutte le città del continente, alla ricerca di ciò che le tecniche di marketing o la promozione definivano come “il più efficace sistema di difesa personale che esiste”. A chi non interesserebbe qualcosa del genere? Suona tipo, “Desidera imparare a volare?”

HUNG GAR KUNG FU La Tigre e il Drago, il logo del Weng Chun Kung Fu. A un primo sguardo al logo del Weng Chun Kung Fu, senza dubbio uno si rende conto innanzitutto che la tigre è al centro del simbolo.

METODO KODAKOV Un anno e mezzo fa, Cintura Nera/Budo International pubblicò l'intervista del Maestro degli Allenatori di Lotta Libera Olimpionica, Mehmed Kodakov e lanciò sul mercato il suo DVD “Lotta Libera Olimpionica e Grappling Professionale”.

Direttore editoriale: Alfredo Tucci, e-mail: budo@budointer national.com. Facebook: http://www.facebook.com/BudoInternationalItalia. Traduttore: Leandro Bocchicchio. Pubblicità e Redazione: Nicola Pastorino, e-mail: budoitalia@gmail.com Hanno collaborato: Don Wilson, Yoshimitsu Yamada, Cass Magda, Antonio Espinós, Jim Wagner, Coronel Sanchís, Marco de Cesaris, Lilla Distéfano, Maurizio Maltese, Bob Dubljanin, Marc Denny, Salvador Herraiz, Shi de Yang, Sri Dinesh, Carlos Zerpa, Omar Martínez, Manu, Patrick Levet, Mike Anderson, Boulahfa Mimoum, Víctor Gutiérrez, Franco Vacirca, Bill Newman, José Mª Pujadas, Paolo Cangelosi, Emilio Alpanseque, Huang Aguilar, Sueyoshi Akeshi, Marcelo Pires, Angel García, Juan Díaz. Fotografi: Carlos Contreras, Alfredo Tucci.


"Non camminare dietro di me, forse non so condurre. Non camminare davanti, forse non voglio seguirti. Cammina al mio fianco, affinché possiamo camminare insieme" Indios UTE

a vita è un cammino, una strada che transitiamo sulla quale continuamente si incrocia il mistero e che il più delle volte ci impegniamo a ridurre ad una semplice successione di avvenimenti necessariamente banali. Noi uomini non sopportiamo la profonda pressione dell'infinito e ci istruiamo l'un l'altro a ridurre il sacro dell'esistenza a qualcosa di prosaico. Alla peggio, solo il dolore o la presenza della nostra finitezza quando l'incrociamo, può farci svegliare da questo letargo autoimposto. Al meglio, è lo sforzo cosciente in un cammino di trascendenza, un cammino spirituale, quello che opererà il miracolo. Le persone più sveglie, che nel mondo sono state chiamate Maestri, hanno procurato, a volte loro malgrado, una frustata alla coscienza degli altri; non tanto perché quello che dicevano o il modo di farlo comportasse una violenza, bensì perché ridefiniva direzioni, cambiava paradigmi, riconduceva la nave della consapevolezza verso una nuova direzione e questo in un modo o nell'altro è sempre traumatico. “Non c'è scorciatoia senza lavoro" recita il proverbio, e niente di davvero importante arriverà nelle nostre vite senza questo sforzo. A volte per la nostra stupidità, perché diamo valore solo a quello che ci è costato, altre perché eravamo davvero lontani dal comprendere quello che ci serviva e abbiamo fatto un migliaio di volte lo stesso errore. L'ignoranza di non sapere è scusabile, quella di non voler sapere, mai. Non c'è una sola strada. Ce ne sono tante quante le persone; però esistono mappe, bussole, strumenti per transitare nel mistero. Gli antichi ci hanno trasmesso magnifichi strumenti, e poichè l'evoluzione si fa sempre in avanti e verso l'alto, ci lasciarono scale alle quali ci siamo appoggiati per fare un passo più in là. Nascere in questo momento storico, o in un qualunque altro, significa avere una strada percorsa, perché non nasciamo soli né in questo momento per casualità. Ogni tempo ha le sue questioni, le sue tare, ogni società i suoi presupposti, il suo inconscio collettivo, le sue verità, tutte con il loro fronte ... tutte con il loro retro. È lavoro di ogni generazione fare un passo avanti, tentare di migliorare, di trasformare quello che deve essere trasformato e mantenere quello che deve essere mantenuto; altrimenti l'evoluzione si troncherebbe in regresso. Dal personale tuttavia, ogni storia è una sola e distinta. Se siamo spiriti che stanno vivendo una vita materiale, ogni spirito ha il suo vissuto da realizzare, le sue cose da aggiustare, le sue lezioni da imparare. In questo cammino, sempre personale, convocheremo in un modo o nell'altro tutto ciò di cui abbiamo bisogno affinché si realizzino queste necessità; troveremo le persone che dobbiamo trovare, e vivremo storie che produrranno riorganizzazioni e trasformazioni in noi e negli altri. Il rispetto per il cammino degli altri non può essere formale, non durerebbe né resisterebbe alle strettoie della vita; questo riconoscimento deve essere il risultato del comprendere che ogni cammino è unico e accade solamente quando accetti e comprendi il tuo

L

"Chi non conosce la via del mare, deve scegliere il fiume per compagno.” John Ray

stesso. In tal modo, ogni persona che incroci nella tua vita, è un'opportunità per agire impeccabilmente, per imparare su di te stesso, e per risolvere qualsiasi lacuna in attesa di aggiustamento. Ogni momento è un'occasione ed ogni incrocio un'opportunità per variare la rotta e cambiare tutto. Intrappolati tante volte dalla vita e dal destino, rimaniamo arenati in un punto guardando senza sapere dove andare, né come farlo. Frequentemente gli avvenimenti della vita e la riverberazione dei nostri atti si sovrappongono, si ammassano e generano una diga che impedisce all'acqua della nostre vite di fluire. Nell'immensità di questi laghi rimaniamo persi, ancorati in uno spazio tempo che non è altro che una forma di prigione. Ma negli incroci anche le direzioni si chiariscono, perché sono talmente evidenti che costringono a fermarci. In questi momenti di non-cammino, troveremo l'occasione di andare più in là di noi stessi. Mandela lo fece; rinchiuso per anni, seppe andare più in là e compiere una missione per la quale era destinato; però avrebbe potuto anche non farlo, avrebbe potuto anche ancorarsi nel suo risentimento, nel dolore di una vita perduta. Ogni decisione personale ha ripercussioni immense, perché tutti ignoriamo il potenziale che portiamo o l'enorme forza che il destino ha preparato per noi. Era vero quando il poeta diceva "Viandante non c'è strada, la strada si fa cammin facendo": vero e sbagliato allo stesso tempo! Tutte le grandi verità sono paradossali, così viaggiando più in là del paradigma dimensionale dello spazio tempo, le frecce di ieri possono uccidere gli uccelli di oggi e viceversa, perché sebbene il passato sia inamovibile, l'aggiustamento permetterà di uccidere i suoi effetti con le frecce di oggi. Le strade sono create da situazioni, eventi ed energie che, lungi dall'essere casuali, si inquadrano nel nostro destino personale, e sono ridefinite ogni momento con le nostre azioni e i nostri posizionamenti. La vita è un cammino sacro, non una successione di avvenimenti lineari. Ma la vita è soprattutto quella che noi scegliamo che sia, perché ognuno può ingannarsi o perdersi in essa come gli piace. Ogni opzione ha il suo prezzo, ogni decisione la sua conseguenza, ogni approccio il suo opposto, ogni scenario la sua opera. Vivere il cammino con atteggiamento sacro, è rispettare tutto e tutti gli esseri, comprendere che tutto è interconnesso e che niente è casuale. Leggere tra le righe della vita, gli avvenimenti, le persone che si incrociano, è quello che chiamiamo saggezza. Esistono anche molte saggezze ed ognuna possiede il proprio livello dentro il tutto, la propria necessità di esistere e di servire per compiere una tappa specifica del percorso. Scoraggiare gli altri, togliere valore al loro sguardo, è un brutto modo di ferire i loro cuori ed il veleno causato dal dolore, in un modo o nell'altro ritornerà a chiunque lo provochi. Rispettare è anche questo, comprendere che tutto quello che esiste è necessario per tanto che ci disgusti. Rispettare non significa necessariamente dovere convivere con ciò; accettare non significa lasciare che questo ti tocchi.


Alfredo Tucci è Managing Director BUDO INTERNATIONAL PUBLISHING CO. e-mail: budo@budointernational.com

https://www.facebook.com/alfredo.tucci.5


Autodifesa I lettori più fedeli di questa rivista probabilmente ricorderanno Christian Wilmouth, un esperto dell'autodifesa professionale e un personaggio molto presente sulle nostre pagine negli ultimi anni. Chi lo conosce sa del suo buon lavoro e della sua professionalità; il suo carattere affabile, contrasta con la sua enorme e muscolosa figura e con l'incisività con cui affronta (non ve lo perdete!) un attacco deciso con la mazza da baseball. Quella che è stata una gradita sorpresa è l'aver conosciuto il suo compagno Faustino Hernandez, trent'anni di pugilato e professionista della sicurezza privata, esperto nella Savate, Canne, basco più che mai, che opera come tale. Sincero, diretto, scaltro e simpatico, micidiale nel suo lavoro; riflessivo al momento di valutare i pro e i contro, ma deciso come non mai quando deve entrare in azione. Il loro incontro è stata la scintilla e l'alchimia nella quale si è generato un nuovo sistema,

Ricerca, Evoluzione, Sviluppo


sensato, pratico e equilibrato di difesa personale e che farĂ parlare molto di se nel tempo. Tanti anni di professione e una continua ricerca di formule pratiche per l'autodifesa, li hanno portati a elaborare uno dei piĂš efficaci e istruttivi sistemi di difesa personale che si sia mai visto. Ispirato a vari sistemi sperimentati e studiati in tutto il loro percorso professionale, hanno dato vita al Krav Maga RED, che oggi abbiamo il piacere di presentare in questo articolo, annunciando l'imminente uscita (speriamo questo stesso mese) di un nuovo video prodotto dalla Budo International. Alfredo Tucci


Autodifesa

KRAV MAGA Ricerca Evoluzione Sviluppo Il DVD “Krav Maga, Ricerca, Evoluzione e Sviluppo” è nato come espressione della volontà di quattro specialisti di Krav Maga e Sport da combattimento: Christian Wilmouth, Faustino Hernandez, Dan Zahdour e Jérôme Lidoyne. Questi ultimi attualmente dirigono varie scuole e un gruppo di venti istruttori e insegnanti di varie discipline, dal Krav Maga alle MMA. Dopo essersi allenati e formati all'interno di numerose organizzazioni e scuole, e aver istruito centinaia di persone, diretto vari seminari e aver rappresentato diverse correnti di Krav Maga in Francia e in Europa per quasi 15 anni, hanno deciso di offrire, in primis ai loro allievi, ma anche alle persone che hanno quella mentalità aperta che è stata il motore della loro ricerca per tutti questi anni, la sintesi della loro visione del Krav Maga attraverso un DVD. Questo lavoro è nato dopo che gli autori hanno deciso di non rappresentare ora alcuna federazione o organizzazione, molto spesso “restrittive”, per operare liberamente nello sviluppo delle discipline che insegnano. Questo DVD non pretende di proporre alcun nuovo metodo o corrente di Krav Maga. Si tratta solamente di presentare un programma di Krav Maga che si concentra sull'importanza del contenuto. Non ci dimentichiamo che il Krav Maga è praticato in Francia e nella maggior parte dei paesi europei come disciplina di

difesa personale. In merito a ciò, c'è da considerare anche un altro fattore importante. L'insegnamento del Krav Maga e la didattica applicata differisce a seconda dei paesi in cui si è rivelato. Essendo principalmente combattimento corpo a corpo (Close Combat), nel suo paese di origine, Israele, si insegna con finalità decisamente belliche a causa di un contesto locale assai “particolare”, mentre in Francia, per esempio, si insegna al 95% con la necessità di rispettare un limite legale molto ristretto che concerne la difesa personale e l'assistenza alle persone in pericolo, pur dovendo operare con provata efficacia per venire a capo di una situazione di aggressione. Parallelamente alla loro passione per l'insegnamento degli sport da combattimento e della difesa personale, sono anche persone che provengono dai settori professionali della sicurezza in cui hanno lavorato per oltre 20 anni. E' questa alchimia tra passione e professione che li ha portati alla scelta di queste tecniche presentate nel DVD. Il DVD “Krav Maga, Ricerca, Evoluzione e Sviluppo” permetterà di scoprire alcune tecniche che tanti già conoscono, estratte dagli schemi classici della disciplina, ma anche altre, più moderne, nate da un'esperienza più recente. Scoprirete anche alcune metodologie di lavoro che permetteranno di percepire i limiti certe tecniche. Gli autori hanno costruito questo programma, tenendo sempre a mente il contesto di vita, così come l'ambito delle leggi del paese da cui provengono.

Ricerca, Evoluzione, Sviluppo



Autodifesa

“Il DVD “Krav Maga, Ricerca, Evoluzione e Sviluppo” permetterà di scoprire alcune tecniche che tanti già conoscono, estratte dagli schemi classici della disciplina, ma anche altre, più moderne, nate da un'esperienza più recente.” Le 5 linee guida di lavoro del Krav Maga R.E.D. Quando si parla di un “Close Combat” (Krav Maga in Ebraico) qualsiasi, si parla di metodi che sono stati creati dall'inizio per fornire alle persone un minimo di capacità tecniche in poco tempo, basi e principi che gli consentano di fronteggiare la maggioranza dei casi di scontro fisico, con o senza armi. Qui prevalgono la semplicità e l'attitudine al combattimento. In una situazione di aggressione, più semplici sono i gesti imparati e più uno dispone di una naturale “aggressività”, meglio si potrà far fronte alla situazione. Tuttavia, anche se il Krav Maga che pratichiamo non è un arte marziale e non richiede tantissimi anni di pratica, è anche vero che, per gli autori, è una disciplina che richiede un regolare apprendistato che può durare mesi o anni. D'altra parte, il contesto nel quale lo insegnano, anche se ogni volta più complesso, è molto lontano dalle necessità che avremmo in un paese

turbolento o in guerra. Pertanto, il programma del Krav Maga R.E.D. è stato elaborato seguendo 5 linee guida di lavoro.

Linea 1 La prima consiste nel costruire le basi tecniche del praticante. Durante questa fase, questo svilupperà le qualità necessarie per qualsiasi combattente. In programma: spostamenti, protezioni, tecniche di percussione, repliche, gestione delle distanze, lavoro dei piedi, lavoro a terra, gestione dell'effetto tunnel, ecc., ma si lavora anche sull'atteggiamento e sulle posture precedenti al momento critico.

Linea 2 Grazie all'esperienza acquisita e spesso allo stesso tempo, l'allievo metterà in pratica il contenuto attraverso differenti tipologie di sparring. Nel Krav Maga, un gran

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Autodifesa numero di persone non pratica ne insegna alcun metodo di sparring, tuttavia molto utilizzato negli sport da combattimento, e questo, talvolta accade per mancanza di competenza a priori o anche per “paura del combattimento”. Per entrambi gli autori che, insieme al Krav Maga, sono insegnanti e/o ex-agonisti di alto livello in discipline come la Boxe inglese, la Boxe Thailandese, Boxe Francese o K1, l'apprendimento del combattimento tramite vari seminari è imprescindibile per la crescita di un praticante di una disciplina che si definisce “difesa personale realistica”. Avremo pertanto sparring di tipo Boxe Inglese o Boxe pugni-calci e altri in modalità di autodifesa, permettendo in questi casi una maggior libertà d'azione.

Linea 3 Un programma che comporta tecniche “codificate” si può dividere in vari argomenti: pugni-calci, prese, strangolamenti, ecc. Tuttavia gli autori hanno voluto considerare questi temi distinti secondo un orientamento didattico specifico, suddiviso in tre fasi per facilitare la comprensione di questo programma. - la prima fase prende in considerazione l'azione riflessa, l'azione più istantanea in qualsiasi tipo di situazione, in pratica, il gesto più naturale. - La seconda fase è la “semipreventiva”, è la fase che segue l'azione riflessa, quando uno inizia a rendersi conto di ciò che sta per succedere. Queste due prime fasi non possono includere tecniche codificate al 100% perché avvengono nei primi istanti dell'aggressione. - E alla fine c'è la terza fase di questo schema. La fase 3 si mette in atto al momento in cui cerchiamo di applicare integralmente la tecnica consona alla situazione. Esempio: quando un colpo o un proiettile ti raggiunge e hai un riflesso in quel preciso istante, quale potrebbe essere? Qualcuno metterà un braccio in opposizione, altri eviteranno il colpo o il proiettile. Qui abbiamo la fa s e 1 . N e l l a fra z i on e d i s ec o n do s e gu e nte , q u a n d o l 'an al is i d e ll a situazione è ancora alquanto sfocata, è molto probabile che uno continui a bloccare, evitare o quel che è, però si mette in movimento o magari cerca di replicare. Ciò costituisce la fase 2. In s e gu ito, l ' a n al is i c o mpl eta d e ll a

situazione ci permetterà di applicare tutto quello che abbiamo acquisito e tutte le tec nic he a dis pos iz ione, passando alla fase 3 per affrontare efficacemente la situazione. Invece, ciò che dobbiamo assimilare molto bene è che queste tre fasi avvengono in un tempo molto breve e sono strettamente legate e imprescindibili l'una dall'altra. In ogni caso, se c'è una prevenzione della minaccia, la fase 3 diventa la regola.

Linea 4 Qui si parla della capacità di gestire lo stress. Questa parte è essenziale nella formazione di un buon praticante di Krav Maga, se ricerchiamo il r e a l i s m o e l ' e ff i c a c i a . C o m u n q u e separeremo lo stress fisico da quello psicologico, anche se cercheremo di provocarli entrambi, utilizzando spesso l'uno e l'altro nel percorso formativo. In programma: disorientamento, percorsi stancanti, lavori in atmosfere confinate, superamento limiti personali, lavoro ad occhi bendati, ecc., seguito da simulazioni di aggressioni il più realistiche possibili. Importante!: quando parliamo di aggressione realistica, è necessario pensare alla sicurezza dei praticanti. Per quello, gli autori utilizzano, tra le altre cose, un materiale adatto, come vedremo nel video, fatto di corpetti rinforzati a livello del petto, schiena e spalle, oltre a un casco protettivo.

Linea 5 La linea 5 ha come obbiettivo lo s v iluppo di alc une c ompetenz e tecniche supplementari per i praticanti. In programma, l'utiliz z o di c hiav i artic olari o lev e c he pos s ono completare alcune tecniche o essere usate in situazioni particolari, ma anche l'impiego del bastone o di altro per difenders i dav anti a div ers i tipi di aggressione. Però gli autori insistono mo l to s u u n pun to in partic ol are:” mettersi costantemente in discussione”, perché in tema di autodifesa e quindi di Krav Maga, l'ego e l'orgoglio devono essere messi da parte. Bisogna saper ric o n os c e re c he u na te c ni c a è d iv e n ta ta ob s ol eta e, in tal c a s o, cambiarla con una più efficace. Alla fine, la cosa più importante è riuscire a preservare la nostra integrità fisica in caso di aggressione.

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Curriculum degli autori Wilmouth Christian Co-fondatore del Krav Maga, Ricerca, Evoluzione e Sviluppo Direttore tecnico del centro THE FIGHTING ZONE di Dax (Francia) - Istruttore di Krav Maga (AEKM, FEKAMT, KMPI, FFKDA, KMWLE, ICCS) - Insegnante di Muay Thai, K1, Kick Boxing, Savate - Titolo dello stato - Istruttore capo SPK, ROS, bastone e tonfa - Professionista della sicurezza privata (22 anni) - Istruttore sicurezza privata, forze di sicurezza, esercito (+12 anni). Faustino Hernandez Co-fondatore del Krav Maga, Ricerca, Evoluzione e Sviluppo Direttore tecnico del centro ART OF FIGHTING 64 di Bayona e Ustaritz (Francia) - Istruttore di Krav Maga (AEKM, FEKAMT, FFKDA) - Istruttore SPK, bastone da difesa - Insegnante di Savate, Boxe francese - Specialista Boxe inglese (30 anni) - Professionista della sicurezza privata (+30 anni) - Istruttore sicurezza privata (+10 anni).

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orte, violento, obbiettivo... probabilmente questa parte del Bugei Juhapan che è conosciuta come Jujutsu, porta in se una forte e sostenibile forma di combattimento. Chi pratica le tecniche relazionate al Jujutsu classico, può percepire nella sua forma genuina una caratteristica funzionale per le situazioni quotidiane vissute durante il Medioevo. Contrariamente allo Yoroi Kumiuchi o Kumiuchi, il Jujutsu era praticato senza l'armatura e possedeva il suo insieme di formule obbligatorie - o traducendo più alla lettera, delle forme ordinatamente stabilite Seiteigata - tecniche che erano sviluppate laddove il samurai venisse attaccato in abiti civili e non in tenuta da battaglia. In questa maniera, per molti, le tecniche del Jujutsu sono state associate unicamente all'autodifesa. Dalle caratteristiche antiche, la forma praticata nel Bugei Juhapan dovrebbe essere veloce e diretta se riferita al primo attacco dell'aggressore, il che ci porta a pensare che tra le tecniche sviluppate per il Jujutsu veniva mantenuta l'idea che il samurai poteva essere attaccato a sorpresa in qualsiasi momento. E' possibile capire attraverso i Seiteigata, che la maggioranza delle volte l'aggressore utilizzava situazioni ricorrenti all'epoca in cui l'arte si sviluppò, differendo molto dalle forme sorte in periodi più moderni. Così si può percepire chiaramente una differenza nelle forme applicate secondo il momento storico, anche se condividono degli aspetti in comune. Molto ci si domanda e molto si è discusso sulla sua funzionalità in una situazione reale,

F

ma vale la pena sottolineare che qualsiasi tecnica può essere facilmente adattata a situazioni imminenti, poichè la pratica del kakuto nel Bujutsu - la forma realistica del combattimento - era richiesta dalle varie scuole e quello era il suo proposito. Alcune scuole più specializzate, insegnavano ai loro allievi ad attaccare il corpo, facendo ricorso a forme poco convenzionali, come stritolare i capezzoli, i testicoli, graffiare la faccia, afferrare le orecchie, lussare costole e perfino afferrare la lingua dell'avversario con le mani, ovvero, ricorrere a soluzioni più violente. Mugen Mukeru è uno degli studi più interessanti del JuJutsu più genuino. Nella conoscenza delle tecniche applicate nel Jujutsu, abbiamo sempre imparato che ciò che è semplice è forte e potente. Ovvero, un percorso che favorisce le azioni rapide ed efficaci. Pertanto... sicuramente possiamo capire che un percorso più semplice agevola un pensiero più chiaro e coerente. D'altra parte, sappiamo che non è soltanto questo fattore ciò che favorisce la sua efficacia. Una tecnica efficiente è una tecnica che possiede un principio e una fine, senza interruzione. Molta gente confonde e crede che per il fatto che il Jujutsu disponga di tecniche, che in gran parte sono costituite da leve articolari, i suoi movimenti richiedano enorme forza fisica, così come determinate tecniche che sono impossibili da realizzare senza l'aiuto di una muscolatura ben allenata. Come le altre arti create dai giapponesi, il Jujutsu fu creato per rispondere alle necessità di un popolo di bassa statura e con un corpo relativamente più fragile. Possiamo credere perciò che non abbiano mai creato qualcosa che non potessero utilizzare. Può essere che col



passare degli anni e l'arrivo di tali arti in Occidente, molte di queste tecniche siano state adattate alle popolazioni locali e di conseguenza adulterate. Per quanto nascano nuove discipline e tecniche infallibili, diciamo la verità, poche volte vediamo un'arte così efficace nel combattimento corpo a corpo come alcuni stili di Jujutsu. La modernità ha portato discernimento e attraverso di esso, la conoscenza della differenza di necessità nelle singole epoche. Nonostante questo, tutte quante, anche se moderne si rifanno ai meravigliosi sistemi di leve che troviamo nell'antico Jujutsu. Ora, invitiamo il lettore a osservare altri aspetti del Jujutsu antico. Tra gli stili di Jujutsu, il Mugen Mugeru - che significa puntare all'infinito - è uno dei più antichi e sebbene non ci sia alcun documento scritto delle sue forme, la sua conoscenza è stata tramandata oralmente alle generazioni successive. Ciò ci riporta a un pensiero più grezzo, quasi di carattere tribale. Questa particolare apparenza ci porta a pensare che, dopo le metodologie antiche - Zue (collezioni) e Den (Tradizioni) - sia stata una delle arti probabilmente adottata, che ricevette il carattere dell'identità Shizen, quando la rimanente cultura era già influenzata dalle arti militari. Antropologicamente parlando, solo per chiarezza o fare un pò di luce sulla cultura, due as petti as s ai pec uliari v engono c ons iderati una pos s ibile radic e degli Emishi. Andando a ritroso nella storia del territorio giapponese, nell'arco di decenni e contaminazioni con altre culture ed etnie,

esso venne condannato all'ostracismo o additittura a scomparire - argomenti questi c he tratteremo nel pros s imo artic olo. Paragonandolo ad altre tecniche a mano nuda, il Jujutsu si specializzò in svariate forme di prese e torsioni, utilizzando il suolo come grande arma a suo favore. La parte degli Atemiwaza è secondaria nella maggior parte dei sistemi giapponesi, tuttavia è ampiamente esplorata nel Mugen Mukeru, la cui enfasi nell'impatto a mani chiuse, si attribuis c e all'antic o us o di pietre per amplificare il danno generato contro le ossa degli arti superiori o anche della zona cranio-facciale, senza escludere i traumi da impatto causati dal gomito o dai calci. In quanto parte del Jujutsu, una delle cose che si potrà constatare più chiaramente è che il Mugen Mukeru conserva una capacità di trazione. A molti dei praticanti di Jujutsu piac ev a ac c orc iare la dis tanz a, per soffocare le chance di attacchi diretti e cercando un combattimento più basato su lev e, s trangolamenti e proiez ioni, c he offrivano un vantaggio contro un avversario preparato s olo a tec nic he d'impatto traumatico. Perchè ciò fosse possibile, v ennero s v iluppate molte forme c he migliorarono la loro esecuzione, perchè tali tec nic he fos s ero realiz z abili i Maes tri perfezionarono una forma di preparazione del corpo, che avrebbe fatto reagire il guerriero come un carro armato da guerra. Anche se non venivano utilizzate le pietre per amplificare i danni, il corpo doveva essere in grado di generare e sopportare tali impatti, il che giustifica le posture e le basi caratteristiche.



Nei sistemi Giapponesi, quegli aspetti prendono dei nomi distinti a seconda che abbiano una maggiore o minore influenza cinese, nella loro importanza dedicata alle Atemiwaza, mentre i sistemi che derivano da fonti più nipponiche non mostrano una preferenza particolare per alcuna di quelle tecniche. Ci sono varie ragioni per cui le Arti Giapponesi si svilupparono in questo modo. Prima di tutto, ci fu un grande cambiamento di condotta durante il Sengoku Jidai, paragonato ai periodi precedenti. La maggior parte delle volte gli scontri avevano luogo sui campi di battaglia e i guerrieri, in un modo o nell'altro, erano ben protetti. Un'altra ragione secondaria di tale importanza è che nelle Atemiwaza dei sistemi Giapponesi, anche quando l'avversario non sta usando un qualsiasi equipaggiamento protettivo, le possibilità di sconfiggerlo con tale arsenale si fanno un tantino remote a causa del più forte predominio ed evoluzione delle arti armate. Nel caso si sbagliasse un'applicazione tecnica, il nemico userebbe l'arma che avrebbe ancora in suo possesso per tagliare verso il basso. La cosa più importante sarebbe dunque di non permettere questa possibilità. Ma torniamo al Mugen Mukeru. Preparati per l'esame di Chuden, questi Seiteigata specializzano le innumerevoli tecniche che erano considerate dai maestri i “Tesori del Medioevo”. I più studiosi affermano che sono reminiscenze del periodo Sengoku e che le loro forme rispondono a necessità storiche quotidiane. Il nome Mugen

Mukeru è ciò che rimane immutabile di questi studi relazionati alla “Yamada Den” - la tradizione della famiglia Yamada, la più in vista negli insegnamenti del Jujutsu Mugen Mukeru. Che siano verità o menzogne bisogna sempre sottolinearlo perchè la storia è raccontata e tramandata dalle persone quello che rappresenta la sopravvivenza di questi Seiteigata è la peculiarità di ogni forma e i loro punti di convergenza. Molti affermano che gran parte delle forme furono modific ate, las c iando inalterato solo il senso direzionale delle loro applicazioni. Altri preferiscono dire che non è cambiato nulla dai Seiteigata originali. Noi rimaniamo nei limiti della pratica come patrimonio e non come fonte di dissenso, tenendo presente che non abbiamo nessun documento che provi ne i loro cambiamenti o ne la loro conservazione. La pratica in questo modo, è arrivata fino al XX Secolo e quindi ai giorni nos tri. Nella nos tra istituzione conserveremo soltanto ciò che ci è stato insegnato. Si studiano cinque tipi di Mugen Mukeru: - Ikusa Mugen Mukeru - Sangen Mugen Mukeru - Hangetsu Mugen Mukeru - Sanzui Mugen Mukeru - Sanchi Muge Mukeru

Ikusa Ikusa si può tradurre come guerra e in questo Seiteigata la sua terminologia si riferisce ai guerrieri che portavano due spade - Senshi.



L'Uke utilizza delle armi. Come caratteristica, l'uke utilizza katana, wakizashi, tanto o tanbo. Questa forma di Jujutsu era specifica per attacchi in serie. Per questo motivo, possiamo vedere la cura nel posizionarsi in maniera differenziata e adeguata. In maggioranza, le sue sequenze prestabilite sono orientate alla difesa di attacchi provenienti da una katana, seguiti da altri possibili con il tanto (coltello) e il wakizashi (spada corta).

Sangen Indubbiamente tutte le forme di Mugen Mukeru sono forti e molto dirette. “Sangen Mugen Mukeru” significa : Andare verso l'infinito dalla provincia di montagna”. Tali tecniche rappresentano il genere di Seiteigata che sono un esempio dei diversi tipi di Jujutsu praticati dalle differenti famiglie nella regione vicino a Hokkaido. Si pensa che soltanto intorno al 1820 siano stati organizzati tutti in un unica sequenza di pratica, dove ciascuno dei cinque possiede dieci sequenze proprie. Sangen si pratica senza uso di armi. Tori e Uke sono a mani nude. Le loro forme sono anche esempi dell'utilizzo di attacchi nelle regioni basse del corpo dell' Uke, come ginocchia, caviglie, dita dei piedi, ecc.

Hangetsu “Han” - metà , “Getsu” - Luna E' caratterizzato da uke che effettua due attacchi, ma questo secondo attacco viene fatto utilizzando un tanto o un aikiuchi, che si trova nel hara-obi.

Il termine “Hangetsu” si riferisce alla “mano che è nascosta”: la metà della Luna che non vediamo.

Sanzui Sanzui significa “tre acque”. Questo nome è originario di tre famiglie praticanti: Inoue, Aoki e Hayashi. L'originalità di questa forma risiede nell'univoco e specifico indirizzo per la difesa personale dell'epoca. Le sue tecniche variano in Nage no Gikkou, Kansetsu no Gikkou, Katame no Gikkou, Shime no Gikkou; tutte le forme di Mugen Mukeru possiedono una forte peculiarità riguardo all'Atemi.

Sanchi Sanchi in giapponese significa “tre terre”. E' rivolto alla difesa personale. Le sue forme mostrano una propria peculiarità tecnica e di movimenti. Tenendo conto che molti maestri gli attribuivano applicazioni e orientamento agli scontri nelle foreste e in luoghi di limitato e difficile movimento, certamente troveremo diverse applicazioni per ciascun contenuto tecnico, nonostante le sue forme rimangano all'interno di una logica orientata verso la difesa personale dell'epoca. Molti video illustrativi di queste cinque forme si possono vedere nel canale ufficiale su YouTube. “Nel prossimo articolo di questa rivista, sarà specifico sulla cultura Shizen e le sue origini”.


En el próximo número hablaremos de todas las características de Uchiuu Shizen en sus diferentes épocas.


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Nuovi libri! Questo libro è il primo che parla apertamente di una tradizione Sciamanica giapponese che dal Secolo XII rimase segreta. Si tratta della cultura spirituale degli Shizen ("i naturali"), un popolo che raggiunse la sua massima espressione intorno al Secolo XIV sull'Isola di Hokkaido, al Nord del Giappone. La cultura apparteneva alla popolazione Aino, culla di guerrieri e sacerdoti, gli abitanti originari delle Isole, di razza caucasica e in perenne lotta con gli invasori Yamato. Oggigior no solo un tre percento dei giapponesi possiede geni Aino, tuttavia la sua saggezza sul mondo spirituale fu tale che, nonostante l'essenza fu mantenuta segreta, "contaminò" intensamente la cultura giapponese e la sua influenza si può percepire in aspetti dello Shinto, nello Shugendo, nelle Arti Marziali e nelle tradizioni e abitudini di tutto il Giappone. I saggi Miryoku, gli Sciamani del popolo Shizen, erano temuti e ricercati persino dallo stesso Shogun per via del loro potere e delle loro conoscenze. L'e-bunto è rimasto talmente segreto che anche digitando il suo nome su Google, non ne esce niente. La ricchezza della sua eredità è enor me e le sue conoscenze del mondo spirituale e delle interazioni con esso sono sorprendenti e poderose. Filosofia, psicologia, strategia, alimentazione, medicina spirituale ... le materie che compongono l'ebunto sono molto vaste e ricche mentre la sua Cosmogonia possiede la finezza, la profondità e la raffinatezza della Grecia classica. Questo lavoro è dunque una primizia storica, ma anche una fonte d'ispirazione per comprendere come i popoli antichi esplorarono l'ignoto, interagendo in modo sorprendente con le forze dell'Universo, a partire dall'analogia e dal linguaggio dei fatti, giungendo a conclusioni che solamente ora la scienza moder na incomincia ad intravvedere. Una conoscenza che lontano dal rimanere un qualcosa d'infor mativo o sterile, fu utilizzata come medicina spirituale, trasmettendoci un bagaglio immensamente ricco che solo ora, finalmente, incomincia ad aprirsi al resto dell'umanità, trovando in questo modo il suo giusto riconoscimento.

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La Tigre e il Drago, il logo del Weng Chun Kung Fu A un primo sguardo al logo del Weng Chun Kung Fu, senza dubbio uno si rende conto innanzitutto che la tigre è al centro del simbolo. Le parole intorno alla par te superiore sono un pensiero successivo, dal momento che l'immagine della tigre è davanti ad esse, come succede nel resto dello stemma, compreso il carattere cinese posizionato vicino alla tigre. Nessun'altra cosa mi sembra più rilevante per la persona che guarda il simbolo del Weng Chun. Un ar tista marziale potrebbe prestare attenzione al carattere che segue la tigre, così come alle parole, e dopo probabilmente si fermerebbe, senza comprendere la profondità che si cela dietro tali parole. Molti artisti marziali potrebbero vedere “Shaolin” e “Weng Chun” e scarterebbero la possibilità che le due cose siano in qualche modo in relazione tra loro. Il logo del Weng Chun tuttavia simboleggia le radici Shaolin dell'ar te in una maniera che molti non immaginerebbero mai. Il logo in se è molto di più che delle parole e un paio di immagini. In questo articolo esamineremo il significato del logo del Weng Chun per tutti coloro che lo vedranno. Tutto il logo può essere verbalmente rappresentato con cinque frasi apparentemente semplici, nella seguente maniera: Il logo è contenuto in un cerchio. Nella parte superiore del cerchio ci sono le parole “Weng Chun Kung Fu”. Sull'altro lato, dalla parte inferiore del cerchio, c'è scritto “La Forza Interiore di Shaolin”. Nel centro del cerchio c'è l'immagine già menzionata di una tigre, acquattata come se dovesse saltare su una preda. Alla destra della tigre c'è il carattere cinese di Eterno. Non sembra molto vero? Presto vedremo che questo è tutt'altro che sicuro. C'è molto più da capire nel logo di quelle cinque frasi. Andiamo ad


esaminare le parole più da vicino. Weng, significa eterno o perpetuo. La stessa Eternità del carattere citato prima. Chun, significa primavera (la stagione). Nel suo insieme, Weng Chun vuol dire eterna primavera, in riferimento alla continua rinascita di tutto, che riflette la realtà della transitorietà Chan e la natura del cambiamento. Kung, che significa abilità, è il successivo, seguito da Fu che significa impegno. Insieme, Kung Fu si riferiscono alle capacità che si acquisiscono attraverso l'impegno e il duro lavoro. Kung Fu riprende anche l'idea del Karma nel quale ciò che facciamo oggi, influenza il domani. Se ci alleniamo duramente oggi, domani saremo abili. Se si è pigri oggi, domani la salute potrebbe risentirne negativamente. Nel Chan, questo è il principio di causa ed effetto, o azione e conseguenza.

Fonte di nutrimento interiore - Questa sembra spiegarsi da sola, ma è davvero così? In generale, si riferisce al flusso del Chi in tutto il corpo e l'universo, lo sfruttamento di un'energia vitale che lavora per noi. Però è riferito anche al nutrimento inerente alle conoscenze specifiche del combattimento e della salute che la pratica del Weng Chun fornisce al praticante. Il Weng Chun è un sistema completo che comprende vari settori primari di allenamento. Il primo si basa sulla condizione fisica e la salute. La Salute intesa sia interiore che esteriore, attraverso esercizi destinati allo sviluppo tanto della respirazione quanto del lavoro fisico. La frase sul nutrimento interiore include anche gli aspetti morbidi e interni del sistema del Weng Chun per la difesa personale. Il sistema Weng Chun insegna agli allievi a entrare in armonia con l'energia di un avversario invece di affrontarlo con la forza. Lì entra in gioco la formazione morbida, in cui si impara a ricevere energia da un avversario senza che questa influisca sulla struttura dell'allievo. L'approccio alla formazione interna insegna come utilizzare tutto il corpo mediante l'energia, imparando a unificare le estremità e il tronco in uno strumento più efficiente. Shaolin - e perché c'è questa parola nel logo del Weng Chun? Che relazione esiste tra loro? Sfor tunatamente, tante persone, compresi gli artisti marziali, paragonano il Wushu moderno (ovvero, Jet Li) con quello di Shaolin. Il Wushu moderno è uno sport, non un combattimento reale. E' diver tente da vedere, ma non tutti possono praticarlo. Lo Shaolin Kung Fu consiste nell'allenamento di se stessi per essere in armonia con la realtà e il Wushu moder no non contempla delle reali capacità per applicazioni da combattimento ed è lontano dall'essere realistico. Anche se il Wushu possiede alcuni movimenti di Shaolin, non è vero Shaolin. I tesori sono il Chan (Zen), la salute e il combattimento. Salute riferita sia ai benefici per il benessere interiore che esteriore che si riceve dalla pratica dello Shaolin.


retta. Questa è la maniera adeguata di affrontare e finalizzare un aggressore. Sebbene il movimento sia circolare, i triangoli devono rimanere allineati (osservate le zampe della tigre), pronti all'attacco repentino. Questo è conosciuto come il mantenimento del proprio spazio senza perdere l'obbiettivo. Le immagini combinate introducono i cerchi nel pensiero Weng Chun, ma perché? Molte persone paragonano la lotta con l'essere diretto e muoversi in linea retta, ma i cerchi non sono diretti. Come possono esistere i cerchi all'interno del Weng Chun? In poche parole, sono uno strumento strategico impiegato per aiutare la tattica del combattimento. Fanno anche parte degli aspetti legati alla salute, poiché le loro radici Shaolin fanno dell'arte un mezzo adatto a migliorare la propria salute e le abilità. I cerchi fluiscono in modo continuo e all'infinito, in contrapposizione agli angoli del triangolo. Intimamente connessi, cerchi e triangoli lavorano assieme come lo Ying e lo Yang. Non dobbiamo essere tesi durante uno scontro o nella pratica, ma dobbiamo mantenere la calma e la fluidità per aiutare a conservare la nostra salute e difenderci. Questo è il logo del Weng Chun. Cinque frasi spiegate in quattro paragrafi. Il logo e le sue spiegazioni sono semplici e diretti al punto, tuttavia, evocano più pensieri di quanti ce ne possiamo immaginare. Il Weng Chun è la stessa cosa, ogni movimento è in relazione con il Chan, il benessere e il combattimento - i tre tesori di Shaolin. Scritto dal Ving Tsun Museum degli U.S.A. tratto da alcune interviste a Sifu Andreas Hoffmann - Associazione Internazionale di Weng Chun Kung Fu - www.wengchun.com


invisibili (il Chan e la salute). Per il Weng Chun queste sono le 10 saggezze dell'arte e il potere interiore. Il drago e la tigre vivono in armonia nel logo del Weng Chun. La postura curva della tigre, dalla sua coda fino alla zampa, disegna anche una linea nel cerchio nello Ying-Yang, riferita alla cedevolezza che i praticanti di Weng Chun usano per sconfiggere i loro avversari invece di scontrarsi con loro. La tigre e il drago sono come un tutt'uno come il Chan, la salute e il

combattimento. Non c'è alcun dubbio sul fatto che il Weng Chun e lo Shaolin siano parte di un tutto. La successiva immagine visuale è il carattere Weng. Il personaggio rappresenta i triangoli del Weng Chun. Il triangolo rappresenta il focus dentro lo spazio del cerchio e l'uso degli angoli per penetrare quello spazio. Molte delle strutture fisiche del Weng Chun richiedono che il corpo assuma delle forme triangolari per ottenere la massima efficienza. Il Weng implica anche lo spazio, tuttavia così, il simbolo in se copre tutto lo spazio tridimensionale, ricordando che ognuno deve essere cosciente del proprio spazio, mentre nelle situazioni di combattimento deve conservare il proprio spazio mantenendo l'attenzione. L'espressione Weng Chun dello spazio tridimensionale si riflette nei concetti tradizionali Shaolin del Cielo, dell'Uomo e della Terra. La tigre e il carattere insieme, creano un'altra sfumatura simbolica. Oltre a ciò a cui ci siamo riferiti in precedenza riguardo alla tigre che sta per attaccare, i simboli ci ricordano anche che è simile alla tigre, cioè gira intorno all'avversario da una zona vantaggiosa, cercando il ponte per attaccare quella breccia da un punto di vantaggio, invece di farlo frettolosamente in linea retta.


Questa è la maniera adeguata di affrontare e finalizzare un aggressore. Sebbene il movimento sia circolare, i triangoli devono rimanere allineati (osservate le zampe della tigre), pronti all'attacco repentino. Questo è conosciuto come il mantenimento del proprio spazio senza perdere l'obbiettivo. Le immagini combinate introducono i cerchi nel pensiero Weng Chun, ma perché? Molte persone paragonano la lotta con l'essere diretto e muoversi in linea retta, ma i cerchi non sono diretti. Come possono esistere i cerchi all'interno del Weng Chun? In poche parole, sono uno strumento strategico impiegato per aiutare la tattica del combattimento. Fanno anche parte degli aspetti legati alla salute, poiché le loro radici Shaolin fanno dell'arte un mezzo adatto a migliorare la propria salute e le abilità. I cerchi fluiscono in modo continuo e all'infinito, in contrapposizione agli angoli del triangolo. Intimamente connessi, cerchi e triangoli lavorano assieme come lo Ying e lo Yang. Non dobbiamo essere tesi durante uno scontro o nella pratica, ma dobbiamo mantenere la calma e la fluidità per aiutare a conservare la nostra salute e difenderci. Questo è il logo del Weng Chun. Cinque frasi spiegate in quattro paragrafi. Il logo e le sue spiegazioni sono semplici e diretti al punto, tuttavia, evocano più pensieri di quanti ce ne possiamo immaginare. Il Weng Chun è la stessa cosa, ogni movimento è in relazione con il Chan, il benessere e il combattimento - i tre tesori di Shaolin. Scritto dal Ving Tsun Museum degli U.S.A. tratto da alcune interviste a Sifu Andreas Hoffmann Associazione Internazionale di Weng Chun Kung Fu www.weng-chun.com


Autodefensa


Stanno nascendo dei nuovi valori nel campo dell’autodifesa. Oggi portiamo nelle nostre pagine uno di questi, frutto della contaminazione culturale e vitale del mondo moderno; con forti radici Eritree e Italiane, ora residente in Germania, il Maestro Simohon Giaquinto possiede un ampio bagaglio militare e poliziesco, con interessanti principi pedagogici. Prestate attenzione al suo lavoro!


i chiamo Simohon Tuwoldè Giaquinto. Sono mezzo eritreo e mezzo italiano. Sono il fondatore del GKP Meticcio Combat, il primo Sistema Codificato di Combattimento Eritreo. GKP significa “Giaquinto Knife Knowledge Program”. Non sono né africano né italiano. Sono un meticcio, ed adoro questo termine, perché un tempo lontano quando Mussolini colonizzò l’Eritrea, i neri erano considerati gli schiavi, i bianchi la razza superiore, e i meticci dovevano essere uccisi alla nascita. Secondo la sua teoria non erano esseri umani degni, perché erano il fr utto dell’unione della “razza superiore” con la “razza inferiore”.

M

OLTRETUTTO SECONDO DEGLI STUDI FATTI DA DEI MEDICI, IL GENE DELL’ETNIA NERA è Più FORTE DEL GENE DELL’ETNIA BIANCA, E QUINDI UN METICCIO è IN PREVALENZA AFRICANO; QUESTO MANDAVA IN BESTIA IL DIDTTATORE FASCISTA. Secondo me invece il meticcio è la sintesi e il rafforzamento del tutto. Almeno due lingue, almeno due culture, due modi di pensare, quindi più libertà mentale. Questo significa per me meticcio! L’Eritrea è nell’Africa dell’est, di fronte al mar Rosso. In Eritrea vivono nove gruppi etnici: Tigrini, Tigray, Bilen, Saho, Nara, Hidareb, Rashaida, Cunama e Afar. Nella formazione dell’identità di ognuno di questi gruppi etnici, è presente la cultura guerriera. Le mie origini sono del gruppo etnico Bilen.

I Bilen erano ottimi combattenti con il coltello denominato “Bilao” (con lama a doppio taglio), con la spada denominata “sefi”, e con il bastone denominato “shafo”. Nel modo di combattere eritreo, è presente anche una tecnica denominata N’Kullit, ovvero buttare di lato e sono presenti delle tecniche denominate Refi Arehsi ovvero riposare e arare. In Eritrea, non esiste una vera e propria arte marziale, non esistono scuole di arti marziali eritree, e chi conosce il combattimento della propria etnia, non si allena mai perché lavora nei campi dalla mattina alla sera, ma, come in altri posti dell’Africa esiste una cultura guerriera che viene trasmessa di padre in figlio e che serve a forgiare il carattere dell’uomo oltre che ad insegnargli il combattimento. Infatti sono presenti altri riti simboleggianti la resistenza alla sofferenza, per esempio la


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Per informazioni o prenotazioni di lezioni di GKP potete contattarmi all'email: gkpmeticciocombat@gmail.com Siamo presenti anche su Facebook: Gkp Meticciocombat



circoncisione (CHE NON E’ SOLO UN FATTORE RELIGIOSO) o determinati tipi di danze guerriere impugnando armi che durano svariato tempo. Oltre a questo aspetto vi è anche l’aspetto militare, che si è dovuto sviluppare, purtroppo attraverso una drammatica guerra civile di 30 anni; in cui tutte le famiglie hanno par tecipato. Nel programma militare vi è l’allenamento del Mkalahal Mtkà, ovvero difesa e attacco. Io iniziai il mio addestramento nel 1987 con mio padre, il quale era anche il mio Maestro. Egli era un guerrigliero del fronte di liberazione. E’ stato anche formatore dei soldati e fondatore di un metodo di combattimento col coltello per soldati: il GMKC (Giaquinto Military Knife Concept). Il mio addestramento era totalmente di stampo militare. Ho beneficiato per diverso tempo della doppia cittadinanza e questo mi ha permesso di fare il soldato a contratto in qualche altro Stato dell’Africa, e di fare il poliziotto per dieci anni in Italia, anche insegnando difesa

personale e gestione dello stress psicofisico ai Reparti Antisommossa, attraverso il Red Man Training. Nel 2001 iniziai ad elaborare il GKP e finii di elaborarlo nel 2010. Nel GKP Meticcio Combat misi quindi tutta la mia esperienza. Il mio metodo di insegnamento per i civili è basato su 60 lezioni. Ogni studente ha una sua tessera GKP nella quale scrive il numero di ore che fa per ogni lezione. E così lui tiene sempre sotto controllo l’andamento del suo corso ed io riesco a monitorare ogni studente. Nel corso basico ci si allena 3 volte alla settimana per 2 ore ogni volta, quindi in 5 mesi si finisce il corso basico. Il programma comprende, l’allenamento dei principi di sicurezza personale, quindi il modo di comportarsi durante la quotidianità per evitare di trovarsi in situazioni rischiose, e la difesa da aggressioni a mani nude, e da aggressioni armate. Contro le armi insegno a combattere con le armi, quindi si parte dal’utilizzo dell’arma stessa fino ad allenarsi con ogni genere di oggetto: una tazzina,

una bottiglia, una penna, un cellulare, o le armi morbide: una sciarpa, una felpa, una giacca. In Eritrea si utilizza il nezela uno scialle che può servire alla difesa ed il contrattacco. Poi è impor tante anche difendersi dalle ar mi con le mani nude, ma solo come ultima ratio, nel caso non si avesse il tempo di reper ire velocemente un’arma. La prima cosa che insegno nel GKP è che il modo migliore di difendersi è la distanza di tiro, quindi una pistola negli stati in cui è consentita oppure uno spray anti-aggressione tattico, negli stati in cui è consentito. Lo spray anti aggressione, quando ci si trova in luoghi chiusi o c’è vento o ci sono altre persone vicino all’aggressore, non si può usare come distanza di tiro, e quindi insegno ad utilizzarlo come oggetto contundente. Io ho studiato nel tempo diverse ar ti marziali per capirne il funzionamento, e così facendo sono diventato Sifu (MAESTRO) di Kungu. Nei miei corsi non insegno le ar ti marziali, ma insegno come applicare il GKP


contro gli altri sistemi oltre che contro un balordo da strada. Questo modo di allenare i miei studenti garantisce la r iuscita dell’applicazione del GKP, perché se loro si allenassero a combattere solo contro il GKP, non avrebbero idea di quello che potrebbero fare altri combattenti di altri sistemi, e oggigiorno il delinquente abituale

è molto preparato, anche nel combattimento. Il GKP è un metodo di combattimento completissimo, non è una difesa personale che deriva da un’ar te marziale, quindi nei livelli più avanzati lo studente, non dovrà approcciarsi ad altre arti marziali, ma dovrà solo scoprire il cuore del GKP Meticcio Combat.

Nel GKP il coltello ha un’impor tanza altissima, ogni nostro movimento sorge dal coltello e la filosofia del nostro modo di muoverci è la filosofia del coltello. Per cui, non usiamo prese e proiezioni, ma con le mani e i gomiti facciamo le stesse cose che faremmo col coltello: colpiamo, colpiamo, colpiamo.


GKP STATION Sin da quando ero bambino, mio padre mi faceva allenare a colpire con le mani nude e con le armi, delle colonne di pneumatici, poi quando iniziai a studiare le ar ti marziali in parallelo all’addestramento di mio padre, conobbi un attrezzo asiatico che si chiama “uomo di legno”. Dopo altri 20 anni di allenamento fra pneumatici e uomo di legno, decisi di creare un attrezzo per il GKP. Si chiama GKP STATION. Ci si può allenare contro utilizzando, mani nude, bastoni ma soprattutto coltelli veri senza che l’attrezzo si rovini. CINA Nel 2011 viaggiai in Cina per portare il GKP e trovai un amico, il quale è Maestro di Kungfu Wing Chun, il Maestro Heman Leung. Egli è il presidente della Chin Woo Association e nipote di Kungfu del Gran Maestro Yip Man, il GKP trovò grande consenso in Cina, sia da parte sua che da parte di altri maestri, soprattutto il Gran Maestro ed attore Chiu Chi Ling. Tanto che qualche mese dopo mi rinvitarono con un mio studente Istruttore per esibire il GKP nella celebrazione del 90° anniversar io della Chin Woo Association. In quell’evento, finimmo nei quotidiani cinesi e nei Tg, ed inoltre venni pubblicato in un libro scritto dal Maestro Heman Leung. Siccome feci vedere ai maestri cinesi il Kungfu che conoscevo, loro inizialmente chiamavano il GKP: Kungfu Eritreo. ERITREA Sempre nel 2011, ritornai in Eritrea dopo tanti anni, ed insegnai il GKP METICCIO COMBAT, con autorizzazione governativa. Quest’ultimo evento è più unico che raro, visto che le condizioni di instabilità politica hanno portato a vietare l’insegnamento di tecniche di combattimento. GERMANIA In Italia ho formato pochissimi Istruttori ma buoni, ma ora guardo al futuro Europeo. Mi trasferisco a Berlin, nella Germania, e il mio obbiettivo è diffondere il GKP METICCIO COMBAT in tutta Europa mantenendo in Berlin il Quartier Generale. Al mio fianco ho la mia compagna di vita ed è Istruttrice di GKP. Questo ci permette di condividere anche il lavoro insieme, oltre che la vita.


La Zen Nihon Toyama-Ryu Iai-Do Renmei (ZNTIR) è l'organismo che attualmente, una volta rivisti e adattati i concetti e la metodologia di una scuola proveniente da un sistema di combattimento reale, vuole preservare questa tradizione e le forme originali tramite un metodo che unisce corpo, mente e spirito in maniera realistica ed efficace. Questo DVD è stato creato a cura dei praticanti della Filiale Spagnola della Zen Nihon Toyama-Ryu Iai-Do Renmei (ZNTIR - Spain Branch) per far conoscere a tutti uno stile di combattimento, con una vera spada, creato nello scorso XX secolo e con radici nelle antiche tecniche di guerra del Giappone feudale. Qui potrete trovare la struttura basilare della metodologia che viene applicata nello stile, dagli esercizi codificati per il riscaldamento e la preparazione, passando per gli esercizi di taglio, le guardie, i kata della scuola, il lavoro in coppia e l'introduzione alla pietra miliare su cui si basa il Toyama-Ryu: il Tameshigiri, o esercizio al taglio su un bersaglio reale. Ci auguriamo che la conoscenza dell'esistenza di uno stile come il Toyama-Ryu Batto Jutsu sia una riscoperta di un modo tradizionale e allo stesso tempo differente dalle attuali discipline da combattimento, che attragga coloro che desiderano andare più lontano nella pratica delle arti marziali. Gli appassionati della spada giapponese e i neofiti, troveranno questo DVD utile come punto di riferimento e supporto al proprio apprendimento.

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Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.

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L'articolo di questo mese ci riporta alle basi. Negli articoli precedenti sul SDS-Concept, abbiamo visto i principi propri della difesa,la difesa personale per donne, la difesa con diversi tipi di oggetti di utilizzo quotidiano (mai senza armi) e l'allenamento in sicurezza e la difesa personale con oggetti flessibili. Questo mese vedremo i concetti basilari del maneggio di alcuni bastoni da autodifesa, come il bastone tascabile, il Dulo, il Kubotan…

SDS-Concept - tutto sotto controllo Il bastone del SDS-Concept uno strumento di autodifesa lungo da 8 a 15 cm che viene usato nel sistema. Tuttavia, l'arsenale del SDS-Concept comprende anche delle alternative, come cucchiai, penne, riviste arrotolate, torce elettriche, telefoni portatili e altro ancora. Forma, caratteristiche, materiali, dimensioni, peso, cos come punti di forza e debolezze sono essenziali per il maneggio. Grazie alla sua semplice idea fondamentale, l'SDS eccezionale per qualsiasi persona che intenda migliorare la sua sicurezza nelle situazioni di pericolo, mediante l'uso di un oggetto. Di base, quelli tipici del SDS o altri oggetti, vengono impiegati per amplificare gli effetti di colpi, pressioni o prese. Il bastone per SDS deve essere un paio di centimetri pi lungo della larghezza della mano dell'utente. Se si tiene con il pugno, deve spuntare da entrambi i lati della mano. La terminologia del SDS-Concept definisce l'estremit inferiore “calcio” e la parte alta “testa”, la testa fuoriesce dal lato superiore della mano. Il SDS stato ideato in modo che il pugno stringa la parte media - il “corpo” - con la testa e il calcio che fuoriescono da entrambi i lati. Questo pu variare per gli oggetti pi piccoli, in questo caso lasciando fuori la testa o il calcio. Il SDS-Concept di base contiene varie prese che permettono l'effettivo uso del bastone SDS. Tale variet di prese ha come risultato una grande quantit di opzioni disponibili. Utilizziamo il bastone SDS per amplificare l'effetto di colpi, pressioni o prese, per colpire di punta, per pungere, per comprimere, portare in leva o anche come una frusta.


Amplificare i colpi Il bastone SDS si afferra dal corpo (presa a martello). I colpi si danno con il calcio (in orizzontale dall'alto in basso) o con la testa (dal basso in alto in orizzontale). In base alla strategia, le zone d'impatto sono la testa o l'inguine, o anche le braccia e le gambe dell'avversario se non si vuole causare traumi gravi.

Testo: Peter Weckauf & Irmi Hanzal. Foto: Mike Lehner



Amplificare la pressione La pressione sulle zone sensibili (punti di pressione) in generale provoca certe reazioni che potrebbero essere molto utili in alcune situazioni (per esempio, la resistenza passiva, il divincolamento dalle prese). Attaccare il naso, le orecchie e il collo dell'avversario. L'intenzione non di ferire l'aggressore.

Presa per pungere Il bastone SDS si impugna con forza, il pollice si utilizza per comprimere o fare leva su certe parti del corpo (pelle, orecchie, capezzoli, genitali, dita). Queste tecniche si impiegano principalmente per rompere la resistenza passiva (Sicurezza), o con lo scopo di non creare traumi all'aggressore.

Amplificare le prese In uno scontro, le prese si utilizzano per controllare o neutralizzare l'aggressore, rompere le articolazioni se necessario, o costringerlo ad arrendersi. In generale, si usano entrambe le mani per le chiusure. Gli obbiettivi preferiti sono le mani dell'avversario e le braccia. Quelle che chiamiamo

le sequenze di prese si utilizzano per allenare tali tecniche.

Colpire con la punta. Il pollice preme con forza il bastone SDS nel pugno per evitare che quest'ultimo scivoli all'indietro. Questa variazione della presa permette di colpire di punta, per esempio, agli occhi, al collo o all'inguine dell'avversario.


“La vera grandezza si dimostra attraverso il rispetto reciproco dei traguardi ottenuti e delle rispettive arti marziali�


Comprimere Afferrate il polso dell'avversario con entrambi i pollici, subito dopo, mantenete il bastone SDS da entrambe le estremit e comprimete. Questo procura un forte dolore all'aggressore, che in genere indebolisce la sua presa (della mano o dei vestiti).

Liberarsi o portare in leva Il bastone SDS funziona alla perfezione anche per amplificare la pressione di leve e prese. In particolare, quando si afferrano le sue mani, il bastone SDS causa un momentaneo dolore, il che ottimo per le tecniche di riduzione dell'intensit .

“L'articolo di questo mese ci riporta alle basi�

Per finire‌ Quando iniziammo la nostra serie sul SDSConcept, era nostra intenzione far si che questo fosse conosciuto da un pubblico pi vasto per ispirare gli Artisti Marziali interessati. I nostri fans internazionali in molti paesi che non hanno l'opportunit di imparare e praticare SDS-Concept con noi, sono particolarmente apprezzati. Il SDSConcept un sistema europeo in crescita e ha una propria identit autonoma, strutture e concetti chiari. Tuttavia, l'autonomia non significa che non ci siano similitudini o punti in comune con altri sistemi. Ciascun adepto, fan, allievo, istruttore e maestro ha il suo posto all'interno della comunit marziale ed nostra intenzione percorrere questa strada con il maggior numero possibile di loro, per ispirare gli altri ed essere sempre seguaci appassionati delle arti marziali. La vera grandezza si dimostra attraverso il rispetto reciproco dei traguardi ottenuti e delle rispettive arti marziali. Ringrazio particolarmente il mio caro amico Alfredo Tucci, che mi ha concesso una piattaforma unica dalla quale sto avendo l'opportunit di informare i nostri amici in tutto il mondo circa il nostro impegno.

Frusta Mantenete il bastone SDS dal corpo (presa a martello), nel frattempo, come si vede nella foto, un mazzo di chiavi fuoriesce dalla testa. Usate le chiavi unite come una frusta per le distanze pi lunghe.

Il prossimo corso istruttori avrĂ luogo a Vienna, Austria, a Marzo 2014.


PREZZI EDIZIONE ITALIANA Per tutto ciò che riguarda le pagine locali o questioni di pubblicità nell'edizione italiana, per favore, si prega di contattare Nicola Pastorino: (bu do it alia@g m a il.co m ).

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AUTORE: B. RICHARDSON

AUTORE: SALVATORE OLIVA

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TITOLO: J.K.D. STREET SAFE:

TITOLO: BRUCE LEE: L’UOMO E LA SUA EREDITA

AUTORE:RANDY WILLIAMS

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TITOLO: HOMENAJE A BRUCE LEE AUTORE: TED WONG & CASS MAGDA

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TITOLO: JEET KUNE DO BRUCE LEE’S YMCA BOXING

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AUTORE: BOB DUBLJANIN

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AUTORE:TIM TACKETT

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INCONTRO DI DRAGHI Sono senza dubbio i due più grandi nomi del cinema marziale. Uno il genio creatore, l'artista originale, la stella fugace del firmamento marziale. L'altro, il re della perseveranza, la simpatia senza limiti, l'umiltà e l'intelligenza nel dirigere la carriera più prolifica e di successo nella storia del Cinema Marziale. Entrambi a modo loro hanno conquistato il cuore del pubblico e dell'industria come nessun'altro del genere. Nel corso degli anni Pedro Conde, il nostro esperto di Bruce Lee, ha raccolto tutte le dichiarazioni e gli aneddoti che Jackie Chan ha vissuto rispetto a Bruce Lee, un argomento d'altra parte ricorrente sin dal loro primo incontro, in cui un giovane di 18 anni proveniente dall'Opera Cinese si mise in evidenza come controfigura con Bruce Lee in una produzione che avrebbe fatto la storia, aprendo un nuovo linguaggio cinematografico chiamato Cinema Marziale. Varie interviste sui media e molti anni di lavoro per riunire piccole citazioni qua e la, compongono questo magnifico articolo, per gli amanti delle pellicole d'azione e per i moltissimi fans che entrambi i personaggi hanno in tutto il mondo. Testo: Pedro Conde & Gladys Caballero Foto: Pedro Conde & Budo International Archives ackie Chan è nato a Hong Kong il 7 Aprile del 1954. Nell'oroscopo cinese quest'anno è sotto il segno del cavallo, animale che rappresenta la forza e l'energia e che è molto vicino al segno del Dragone, sotto il quale è nato Bruce Lee. La famiglia di Jackie Chan proveniva dalla città di Yintai nella provincia dello Shantung. L'etnia di questa regione è conosciuta in tutta la Cina per la sua corpulenza e aggressività, è gente amante delle prodezze fisiche che ha dato i natali a grandi

J

guerrieri e artisti marziali. Senza dubbio Jackie Chan ha reso onore al sangue dello Shantung che scorre nelle sue vene. Il padre di Jackie Chan era un esperto di Kung Fu, Siu Hung Kun, ma si guadagnava da vivere cucinando. Nel 1940 si trasferì ad Hong Kong per entrare come cuoco in una ambasciata straniera. Nel 1957, quando Jackie era un bimbo, il diplomatico per cui lavorava il padre venne trasferito in Australia; prima di andarsene invitò il cuoco e la sua famiglia ad accompagnarlo in questo paese. Essi


Cinema Marziale “Nel 1971 la comunità cinematografica andò in fibrillazione dopo la notizia sul nuovo attore che Raymond Chow aveva ingaggiato, per la più grande somma di denaro che nessuno aveva mai ricevuto fino a quel momento, nonostante egli non avesse mai avuto un ruolo da protagonista in un film, qui o in Occidente” Jackie Chan accettarono e fu così che Jackie passò la propria infanzia in Australia, immerso in un contesto e un'educazione di tipo britannico. Presto cominciò il calvario per Jackie Chan quando lo mandarono a scuola. Per quanto i suoi genitori insistevano, promettevano e minacciavano, Jackie Chan non solo era incapace di seguire una qualsiasi materia scolastica, ma aveva dei seri problemi per pas s are di c las s e. Ciò in c ui veramente si distingueva era nello sport e gli piaceva fare un sacco di acrobazie; al contrario di questo, tutto ciò che aveva pagine e lettere lo s tanc av a e lo res pingev a. Tant'è c he non fu neanche capace di terminare la scuola primaria (EGB). Jackie Chan tornò a Hong Kong nel 1961 per studiare il Kung Fu del Nord sotto la tutela di un buon amico del padre, Sifu Yu Jim Yuen. Questo maestro faceva lezione di arti marziali a una decina di ragazzi, tutti pessimi studenti, ma eccellenti atleti e acrobati. Allora cominciarono i dieci anni più duri della vita di Jackie Chan. Nella scuola di Sifu Yuen imparò il significato delle parole Disciplina e Sacrificio, gli allenamenti in realtà non avevano ne un principio ne una fine e poiché Yuen e i suoi allievi facevano vita comune, qualsiasi momento o situazione erano buoni per mettere alla prova le abilità fisiche e marziali. Sifu Yuen addestrò un gruppo di allievi per recitare nell'Opera Tradizionale Cinese e Jackie Chan era tra loro. Si chiamavano “Ki Xiao Fu” (qualcosa tipo “Il gruppo dei Sette”), il quale era composto da Yuen Lo (Jackie Chan), Yuen Biao, Yuen Wah, Yuen Corey, Yen Tak e Yuen Ng Ming Choi. Entrando nell'accademia dell' Opera Cinese del maestro Yu Zhanyuan, in cantonese Yu Jim Yuen, gli allievi passavano a far parte della “famiglia”, adottando il cognome del maestro. Le p erforma n c es de l g rupp o c ons is tev ano nel rappresentare racconti e leggende tradizionali condite da molteplici e spettacolari acrobazie. Nel 1970 Raymond Chow (Man Wai) abbandona la Show Brothers e apre la sua produzione, che chiamerà Golden Harvest, a cui si unisce Jimmy Wang Yu, la star maschile in quel momento più famosa del sudest asiatico. Non sarà l'unico ad accompagnarlo, lo farà anche il regista Lo Wei. La nuova casa di produzione iniziò da zero e Raymond cercò di ingaggiare, in base alle proprie possibilità, i più validi ed esperti di ogni scuola, sapendo che a parte delle stelle e dei registi, aveva bisogno di un buon coreografo. Il migliore era Han Ying Chieh, quindi si mise in contatto con lui e gli fece una grande

offerta con l'intenzione di fargli coreografare 10 film all'anno. Han Ying Chieh gli disse che era impossibile, che poteva occuparsi solo di 3 o 4 film, al massimo 5. Era chiaro che Raymond aveva bisogno di un altro coreografo che avesse esperienza e che fosse di assoluta fiducia. Allora Han Ying Chieh gli raccomandò di ingaggiare il suo vecchio assistente, Sammo Hung, che aveva una certa esperienza, oltre che essere un amico fidato. Tutto questo accadeva all'inizio del 1971, aveva appena debuttato “A Touch Of Zen - la Fanciulla Cavaliere Errante”, l'ultima opera di King Hu acclamata all'unanimità da pubblico e critica, che era stata coreografata da Han Ying Chieh, riservando una parte come cattivo a se stesso e al suo assistente. In tre delle cinque pellicole di maggior successo al botteghino del sudest asiatico, Han Ying Chieh aveva svolto il lavoro di coordinatore delle scene d''azione. Raymond Chow non credeva nella casualità per cui accettò a malincuore le loro richieste. Sammo Hung aveva appena compiuto 19 anni, era agli inizi, perciò sarebbe stato relegato a film di basso livello all'interno della produzione. Quasi tutti i film di Angela Mao Ying nella Golden Harvest, che furono un successo prima in Asia e poi in occidente, vennero coreografati da Sammo Hung, diventando, col passare degli anni, dei veri pilastri della casa di produzione. Grazie a lui, molti dei suoi compagni di accademia



Cinema Marziale “La gente ha parlato così tanto di lui da poter riempire migliaia di grossi libri, senza però rendergli giustizia” Jackie Chan trovarono lavoro nella settima arte, tra loro, Jackie Chan. In quegli anni, l'industria cinematografica fu la causa principale della grave crisi che attraversava l'Opera Cinese, il pubblico preferiva andare al cinema piuttosto che a teatro ad assistere ai racconti e alle leggende tradizionali, le quali, in molte occasioni erano portate sul grande schermo con maggiori mezzi ed effetti speciali; per questi motivi i membri che formavano le varie compagnie di opera, per poter sopravvivere, cercavano lavoro negli studios cinematografici. La compagnia o i gruppi di Sifu Yuen non facevano eccezione, Sammo Hung s'impegnò affinchè molti dei suoi “fratelli” di accademia trovassero lavoro nella produzione come figuranti, o anche per le loro conoscenze marziali e acrobatiche, come extra. In merito a questo, Jackie Chan ricorda: “ Tutto iniziò nel 1970, quando Raymond Chow, un importante manager della Show Brothers, si stancò di lavorare per loro e decise di rendersi indipendente, fondando la compagnia Golden Harvest, che nacque dal nulla ma distribuiva i lavori dei produttori indipendenti. Raymond Chow sapeva che s arebbe s tato nec es s ario qualc os a di grande per fars i notare dal mondo cinematografico. Quindi nel 1971 la comunità cinematografica andò in fibrillazione dopo la notizia sul nuovo attore che Raymond Chow aveva ingaggiato, per la più grande somma di denaro che nessuno aveva mai ricevuto fino a quel momento, nonostante egli non avesse mai avuto un ruolo da protagonista in un film, qui o in Occidente. Era un cinese, americano di nascita, il cui ruolo in una popolare serie televisiva americana, lo aveva trasformato in una figura-culto, in America e a Hong Kong. Il suo nome era Bruce Lee, Lee Siu Lung o “Piccolo Drago” Lee, in cantonese. Il contratto con Bruce Lee fu un precedente senza uguali nella cinematografia della colonia britannica. Raymond fece una scommessa molto, molto rischiosa e commentata da tutti i media. “Il Furore della Cina colpisce ancora”, uscì il 31 ottobre del 1971 a Hong Kong, Bruce Lee stupì il pubblico e la critica, qualcosa di veramente


Jackie Chan


Cinema Marziale Bruce Lee recitava con tutto il corpo, aveva questa qualità, era tale il suo carisma e la presenza scenica sullo schermo che eclissava tutti quelli che aveva intorno a se.” Jackie Chan incredibile e inaspettato, poiché a Hong Kong tutti erano abituati alle arti marziali. Jackie Chan sapeva perché egli aveva avuto un impatto del genere su tutti quanti: “Il film, mostrava una nuova specie di eroe, più forte, rapido e un genere di combattimenti di arti marziali più eccitanti, cosi veloci e mortali come gli attacchi di un cobra, portato all'essenziale. A differenza della rigidità dello stile di combattimento dei film di spadaccini che aveva prodotto la Show Brothers, qui tutto appariva brutale e i colpi erano credibili. Il personaggio di Bruce Lee, non era stoico, di animo nobile, di quelli che viveva la sua vita in cerca della propria onorevole vendetta. Egli era un lottatore di strada, un giovane delinquente cacciato di casa per la sua passione per i combattimenti. Riassumendo: era un uomo reale.” “Il Furore della Cina colpisce ancora” uscì contemporaneamente in 16 cinema, qualcosa di assolutamente incredibile e sorprendente per l'epoca, soprattutto per una produzione locale. Abbattè tutti i record sin dal suo primo giorno di proiezione, in quanto arrivò a incassare 372.000 dollari di Hong Kong in un solo giorno, con pienoni in tutte le sessioni. Passò alla storia per riuscire a incassare più di un milione di dollari in tre giorni, diventando in poco tempo (19 giorni) il film record d'incassi della storia della colonia. Quell'avvenimento segnò molte persone nell'industria cinematografica e Jackie Chan non fu un eccezione: “ Quando i miei fratelli dell'accademia e io andammo a vedere il film, ci trovammo in mezzo a una moltitudine di persone che da ore aspettavano per avere dei biglietti. Non ce li saremmo mai procurati se non fosse per le nostre abilità acrobatiche che ci guidarono fino a una finestra aperta nel retro del cinema nella quale ci infilammo giù senza che nessuno se ne rendesse conto. Aldilà del fatto che non pagammo per entrare, eravamo mentalmente predisposti per odiare il film, lo volevamo davvero. Dopotutto Bruce Lee era un cinese d'oltreoceano che era


Bruce Lee




Cinema Marziale “Lui aveva un carisma enorme, una presenza fisica che non si poteva ignorare. Se era in una stanza con te, era impossibile non prestargli attenzione ed era molto difficile fare caso a qualcun altro� Jackie Chan


venuto fuori dal nulla, guadagnava cento volte il nostro stipendio e aveva Hong Kong ai suoi piedi. Noi volevamo fare lo stesso, ma non potevamo. Il film era tutto ciò che non erano i nostri, probabilmente “il Furore della Cina” non sembra così impressionante oggi, ma per noi, in quel momento, fu una rivelazione”. Effettivamente, fu una rivelazione per molti e al contrario per altri, per invidia o diffidenza non era così impressionante, Jackie Chan era tra questi: “Era questo quello che intendevo io”, disse Sammo Hung all'uscita

dal cinema, colpendo l'aria con un pugno. “Un combattimento reale, un eroe vero, mi piace”. “Bah, non è niente di che” dissi io. “Se credi che sia così reale, allora com'è possibile che quando combatte con un gruppo di persone, loro lo attaccano uno alla volta?” “Esatto, questo non succede nella realtà” disse Yuen Biao. “Tutti noi abbiamo dei lividi che lo provano”. Sammo scosse la testa e si allontanò da noi con un gesto, “Voi non sapete quello che dite, scommetto che questo è l'inizio di qualcosa di grande e se mi sbaglio, mi rimangerò le mie parole.” Il Furore della Cina non solo fu un enorme successo al botteghino a Hong Kong, ma in tutta l'Asia. Il suo successo trasformò Bruce Lee nella stella più luminosa di Hong Kong e grazie a lui la Golden Harvest, una produzione modesta, diventò un serio concorrente per gli Show Brothers. Jackie Chan ricorda quei momenti:” Il Furore della Cina diede una svolta totale all'industria cinematografica di Hong Kong. La Show Brothers era sempre stata la regina indiscussa del cinema di Hong Kong, praticamente un monopolio. Annoverava i migliori attori, i migliori registi e aveva maggiori risorse finanziarie, ma la Golden Harvest ingaggiando Bruce Lee aveva cambiato tutto. La Shaw si era sbagliata e adesso si rendeva conto che poteva essere battuta. Tutti sapevano che Bruce Lee era andato prima alla Shaw Brothers e questa gli offrì un contratto standard, appena sufficiente per sopravvivere. Bruce Lee si vendicò di quell'insulto milioni di volte, una per ciascun dollaro che depositò nel conto corrente della Golden Harvest. Nel frattempo, ogni produzione indipendente, studio esecutivo e magnate del cinema di Hong Kong erano in cerca disperata di qualcuno che assomigliasse, parlasse, recitasse o combattesse come il drago, cercavano il nuovo Bruce Lee. Questo procurò un sacco frustrazioni a molti, incluso a noi poiché quando ci si ritrovava la sera a bere e a chiacchierare, la conversazione finiva sempre allo stesso modo; - Cos'ha Bruce Lee che non abbiamo noi? - Qual'era il segreto del suo successo?” Jackie Chan, così come tutti coloro che lavoravano nell'industria cinematografica, desiderava partecipare a qualche lungometraggio con il nuovo fenomeno e


Cinema Marziale vedere “dal vivo e in diretta” il segreto del suo successo, ma esisteva una qualche chance di riuscirci? “Tutto cominciò con una chiamata del mio “fratello maggiore”: “Ehi Nasone”, disse Sammo, “Ho un'offerta per te”. Sammo fu chiamato dagli uffici della Golden Harvest, dove lavorava come coordinatore degli stuntman. Ascoltavo emozionato come mi parlava del nuovo film che stava per girare la Golden Harvest, che era ambientato all'epoca dell'occupazione giapponese in Cina. “Dalla Cina con furore” era una storia di rivalità e vendetta tra due scuole di arti marziali, una cinese e l'altra giapponese. In essa vi erano decine di ruoli per controfigure. “E tu ne puoi avere uno” disse Sammo, “Se ne vuoi uno…” Prima che potessi dire si, Sammo aggiunse, come se mi leggesse nel pensiero. “Oh si, la star del film è Bruce Lee”. Iniziai a gridare come un pazzo al telefono, Sammo se la rideva di gusto. “Suppongo che significa si vero? Bene, presentati alla Golden Harvest domattina presto. Se arrivi tardi, peggio per te, quindi non brontolare e non dimenticare, mi devi un grande favore”. Sapevo che me lo avrebbe ricordato per tutto il tempo che sarei stato li, Sammo non perse mai l'occasione di fare in modo che gli “baciassi il culo” quando lavoravamo insieme, ma se c'era un momento in cui era giustificato, era proprio quello. Naturalmente: avrei osservato, ascoltato e imparato e se ne avessi avuto l'opportunità, avrei fatto vedere al Piccolo Drago quello che un ragazzo dello Shandong era capace di fare. Quando arrivai sul set la mattina seguente, mi resi conto che tutte le controfigure con una certa reputazione erano state ingaggiate per il progetto. Un grido di “ciao”

richiamò la mia attenzione e vidi Yuen Biao, in piedi con le mani in tasca, vicino a lui c'era un giovane spilungone che riconobbi poi essere il fratello maggiore, Yuen Wah. Il caso volle che lui fosse ingaggiato come la controfigura speciale di Bruce Lee, grazie in parte alla sua impressionante abilità e in parte al fatto che la forma del suo corpo combaciava con la delicatezza di quella di Bruce Lee, rapido e esplosivo come una frusta.” I contrasti tra Lo Wei e Bruce Lee erano noti a tutti e curiosamente, durante il primo incontro che Jackie Chan ebbe col “Piccolo Drago”, fu testimone di un acceso confronto tra loro… “La somiglianza tra Bruce Lee e Yuen Wah era ancora più ovvia quando Bruce Lee si presentò sul set scuotendo la testa con una rabbia malcelata. Quello che Yuen Wah non potev a eguagliare era l'intens o magnetis mo personale di Bruce Lee, anche quando stava soltanto camminando. La ragione della sua arrabbiatura era che appena dietro di lui c'era il regista del film, il famoso Lo Wei. Ques ti av ev a girato numerose pellicole di successo, compreso il debutto di Bruce Lee “Il Furore della Cina c olpis c e anc ora” e s i v antav a di es s ere in primo regista milionario di Hong K ong. Le c ontrofigure c he lav orarono c on lui,



Cinema Marziale “Era un incredibile artista marziale, come dicevano tutti. Non credo che avrei potuto batterlo in uno scontro e non sarei stato così stupido da provarci” Jackie Chan avevano opinioni differenti sulle sue capacità, più che per la sua vanità, era noto per addormentarsi sulla sua sedia durante le riprese e, ancora peggio, Lo Wei era un giocatore che dava più importanza alle corse dei cavalli che alle scene che stava girando, si portava sul set persino la radio per ascoltare la trasmissione delle Corse di Happy Valley. Infatti se qualcuno si azzardava a interrompere la trasmissione, veniva fuori il suo brutto carattere, gridando alle persone o cacciandole dal set, così poteva continuare in pace con i suoi cavalli. Era chiaro che Bruce Lee provava solo disprezzo per l'uomo che definiva se stesso come “Il mentore del Drago”. “La citazione era fuori luogo” borbottò Lo Wei che camminava dietro Bruce Lee “Erano parole tue, no?” rispose Bruce Lee “Non ho mai detto che io ti ho insegnato a combattere” replicò Lo Wei per tranquillizzare la sua star. “Ho solo detto che ti ho insegnato a combattere davanti alle telecamere, l'abilità, il talento, quelli sono tuoi, Bruce io ti ho solo raffinato”. Noi osservavamo la spiacevole sceneggiata, indecisi se intervenire o no. Sembrava che stesse per succedere qualcosa di brutto, ma dopotutto, noi eravamo solo delle controfigure, che diritto avevamo di intrometterci tra il regista del film e la sua star? Il cupo e furente sguardo nella faccia di Bruce Lee, faceva intuire che i giorni di Lo Wei erano contati. Proprio quando pareva che la situazione esplodesse da li a poco, una piccola mano toccò la spalla di Bruce Lee, era Liu Lianghua, la moglie del regista. “Per favore Siu Lung”, disse lei, “Non prenda così sul serio ciò che dice mio marito, non c'è offesa nelle sue parole. Tutti sanno che lei è il maestro e noi siamo semplici studenti” Bruce Lee abbassò i suoi pugni e le sua spalle si rilassarono, casualmente Lo Wei fece un passo laterale e si mise dietro il fragile corpo di sua moglie. “Va bene signora Lo”, disse alla fine Bruce Lee, “Per rispetto verso di lei dimenticherò quello che è successo, ma se suo marito parlerà di nuovo di me ai giornalisti, gli darò una lezione su come si combatte.” Quindi lasciò il set scuotendo la sua testa. Lo Wei impallidì “Questa era una minaccia?”, gridò, agitandosi convulsamente verso di noi “Lui mi ha minacciato, tutti voi ne siete testimoni!!” Tutti noi stuntman avevamo osservato con disgusto come Lo Wei si era nascosto alle spalle di sua moglie e ora non avevamo nulla da dirgli. Lo Wei ci guardava e il suo volto palesava un misto tra paura e fastidio, non gli rispondemmo e continuammo nella nostra pigra conversazione. “Andiamo ragazzi, abbiamo un film da fare”, vociò Sammo mentre entrava sul set, “smetti di chiacchierare e muoviti” disse all'operatore che era dietro a lui. Quando Sammo e l'operatore arrivarono, scattammo immediatamente in piedi, i nostri visi erano in allerta e i nostri corpi in tensione. Credo che il nostro atteggiamento verso il nostro nuovo direttore era molto chiaro…”


Jackie Chan


Come Jackie Chan ha spiegato in precedenza, sapeva che quella era una grande opportunità e doveva approfittarne, nonostante la sua giovane età (17 anni) avrebbe fatto il possibile per mettersi in evidenza tra le tante controfigure e dimostrare cosa poteva fare un ragazzo dello Shandong. Apparve per qualche breve istante combattendo con una ragazza nel cortile della scuola Ching Wu, tuttavia non risaltò per questa scena, ma sarà per un'altra che rimase impressa negli occhi di migliaia di spettatori, quella in cui, nei panni del malvagio Suzuki, venne spedito da un calcio volante sul prato del giardino attraversando il Soji (la parete in carta di riso della casa), anche se purtroppo non lo si vedrà in faccia… “Per spiegare la scena Bruce Lee disegnò quella che doveva essere la caduta di Suzuki. Lo stuntman che l'avrebbe fatta doveva attraversare la parete di carta e cadere cinque metri più in là. L'unico modo di farlo era utilizzando un cavo, il problema era che con quello ti potevano tirare, ma non ammortizzava la caduta. Qui era il vero pericolo, perché l'imbracatura doveva essere piazzata al centro della schiena e non si poteva cadere su di essa, perché avrebbe potuto causare un trauma serio alla colonna vertebrale. Bruce chiese un volontario, ma nessuno osava farsi avanti, e così mi offrii. Quando mi stavano preparando, compresi perché nessuna delle controfigure voleva farlo; ma io non penso mai al rischio, solo che andrà tutto bene. Quando tutto era pronto, Bruce Lee si avvicinò e controllò che l'imbracatura non si vedesse, ne si notasse, poi disse: “Ok, andiamo” e avvicinandosi al mio orecchio mi disse: “Buona fortuna, ragazzo”. Dunque salii sul tavolo, mettendomi all'altezza adeguata, feci un segnale a Bruce Lee e questi gridò: “Azione”. Quindi sentii un tremendo strattone e partii spedito all'indietro. Dopo qualche breve istante, notai che scendevo, allora rilassai i miei muscoli e girai di lato per non atterrare sulla spina o sul collo. Sentii un grande dolore e una nebbiolina mi appannò

“Per me lui non era Bruce Lee, il potente Drago, era e sarà sempre Bruce Lee, un grande maestro, una bella persona e un uomo buono” Jackie Chan la vista, quando mi svegliai c'erano Sammo Hung, Lo Wei e Bruce Lee molto preoccupati. Con il loro aiuto, mi alzai e gli dissi che mi sentivo bene, e allora lui disse soddisfatto “Molto bene ragazzo, questa è andata!!!”


“Era un valido artista marziale, ma a causa della sua fama, si esagerò molto sulle sue capacità” Jackie Chan “Dalla Cina con furore” uscì il 22 marzo del 1972, con un successo travolgente senza precedenti nella cinematografia di Hong Kong. Era chiaro che una nuova stella avrebbe imperversato nella settima arte del sudest asiatico, ma che opinione aveva Jackie Chan di Bruce Lee dopo aver lavorato con lui?

“Quando lo conobbi era un uomo impulsivo, ossessionato dalla perfezione di se stesso, determinato a raggiungere i suoi obbiettivi. Durante le riprese, lui lavorava per dieci, coreografando le risse, istruendoci individualmente in ciò che egli voleva da noi e anche osservando attraverso la macchina da presa per assicurarsi che rendesse sullo schermo così come aveva concepito il suo cervello. Lo Wei poteva essere il regista del film, ma Bruce Lee comandava e tutti s u l s e t l o s a p e v a n o . L o We i e r a soddisfatto lasciandogli prendere il controllo, poiché questo voleva dire meno lavoro per lui. Inoltre dopo lo spiacevole incidente all'inizio della produzione, Lo Wei non sarebbe mai entrato più in contrasto con la sua grintosa e pericolosa superstar.”. “Quasi tutti”, all'unanimità, erano d'accordo sul fatto che il successo del lungometraggio era dovuto alla sua stella, il “Piccolo Drago”, ma alcuni, una minoranza, continuavano a credere che era grazie al suo regista e a Hang Ying Chieh in particolare. Bruce Lee era stanco di discutere e voleva fare le cose alla sua maniera, dimostrando a tutti che era lui l'unico artefice del suo successo. Ne “Il Furore della Cina terrorizza anche l'Occidente” (Way Of the Dragon) fu sceneggiatore, coreografo, coordinatore degli stuntman e attore principale. Quella fu una grande lezione, che mostrò a Jackie Chan la strada da seguire… ”Una gran parte del successo di Bruce Lee era dovuta al fatto che era un buon attore, capiva di fotografia e inoltre sapeva coreografare e girare. Nessuno a quel tempo padroneggiava così tante materie.


Oggi accade sempre più spesso, perché se vuoi sfondare, devi conoscere tutti i particolari di questo mestiere”. Dopo l'ennesima apoteosi, che superò di gran lunga i suoi precedenti lungometraggi, Bruce Lee venne coinvolto nelle riprese di “L''ultimo combattimento di Chen (Game Of Death) che interromperà per un progetto più ambizioso, una superproduzione U.S.A.& Hong Kong, la prima co-produzione che venne realizzata nella colonia con un grande Studios di Hollywood. In questo grande film venne richiesto un gran numero di controfigure e naturalmente, Jackie Chan vi avrebbe preso parte… “Girando “I 3 Dell'Operazione Drago”, ero dietro alla macchina da presa in attesa, vedevo Bruce Lee che preparava la coreografia del combattimento, quando tutto era pronto, dovevo attaccare, entrai all'improvviso e la mia vista ad un tratto si annebbiò perché mi colpì dietro la testa con un bastone” segnala il punto esatto - “si sbagliò e calcolò male i tempi, io non feci nulla tranne ricevere il colpo e cadere a terra, mi girava la testa. Quindi guardai Bruce Lee e lui non fece nessun movimento, osservava tutto, continuava a recitare, si girò e rimase fermo fino a che il regista disse

“taglia”, allora si voltò e disse: “Oh mio Dio” e corse verso di me scusandosi. “Mi dispiace, mi dispiace”. Davanti a un nugolo di controfigure, mi alzò da terra e iniziò a chiedermi perdono, ero dolorante per la botta ma iniziavo a recuperare, ero giovane e molto resistente, venivo dall'opera di Pechino, tuttavia finsi di essere gravemente ferito perché volevo attirare l'attenzione di Bruce Lee e rimanere aggrappato a lui il più possibile. Per tutto il giorno mi lamentai, dopo, per tutta la sera quando mi vedeva da lontano mi faceva dei segni chiedendomi se era tutto ok, io gli dicevo che andava meglio e quando si girava verso di me mi massaggiavo la testa come se mi facesse ancora male.” Questa scena fu una delle tante a cui partecipò, come quella in cui lo attacca e viene colpito da Bruce Lee con il Tabak-Toyok filippino (nunchaku) e cade nella piscina dell'acido, oltre a quella emblematica dove intervenne Jackie Chan: quella in cui Bruce Lee rompe il braccio, in maniera spietata, a una delle guardie di Han… “La vita di una controfigura non era facile neanche per un giovane con esperienza nell'Opera Cinese. In quel periodo non c'era molto lavoro, i compensi non erano elevati e le condizioni lavorative pietose; gli incidenti,

persino mortali, erano frequenti, non esistevano sindacati ne tantomeno contratti. Non esistevano nemmeno gli effetti speciali computerizzati, dovevi fare tutto di persona e se ti facevi male o ti ferivi, semplicemente smettevi di lavorare. Noi controfigure avevamo una nostra filosofia di vita: vivi al massimo, goditi ogni istante perché potrebbe essere l'ultimo. Per poter lavorare vari giorni in un film, dovevi rispettare due regole: Mai dimostrare di essere migliori della star e cercare di apparire di lato o di spalle nelle scene perché il pubblico non ti riconoscesse, in questo modo ti potevano uccidere varie volte nella stessa produzione. Ne “I 3 dell'Operazione Drago” infransi una di queste regole, fu nella scena in cui Bruce Lee mi ruppe il braccio nei sotterranei. Ero molto giovane, avevo 18 anni e per me era un grande orgoglio apparire in quella scena di fronte alla macchina da presa perché tutti mi riconoscessero, ma mi sbagliai; il pubblico concentrò la sua attenzione nell'espressione del volto di Bruce Lee e nella sua muscolatura; Bruce Lee recitava con tutto il corpo, aveva questa qualità, tale era il suo carisma e la presenza scenica sullo schermo che eclissava tutti quelli che aveva intorno a se.” Al termine delle riprese di “Operazione Drago”, Jackie Chan


Cine Marcial



“il Drago non era ne una favola, ne un Dio, egli era un uomo. Un uomo da ammirare, ma non da idolatrare� Jackie Chan


Cinema Marziale ebbe l'opportunità di incontrarsi con il “Piccolo Drago”, quella sarebbe stata l'ultima volta… “Nel Luglio del 1973, uscendo dagli Studios incontrai Bruce Lee e mi disse: “Ehi Jackie dove vai?” e gli risposi: “Vado al Bowling”, quindi mi chiese se poteva venire con me; rimasi senza parole. Stavo andando alla stazione dei treni perché i taxi erano troppo cari per me, ma ero così orgoglioso…Bruce Lee che viene con me al bowling, per cui prendemmo un taxi. Quando arrivammo li, tutti guardavano Bruce e io mi sentii improvvisamente grande, tutti volevano un suo

autografo, quindi era come se io fossi la sua guardia del corpo. “No, no, no, allontanatevi da Bruce”. Lui non voleva giocare a bowling. Rimase semplicemente li a vedermi giocare. Giocavo molto bene, infatti ho vinto diversi premi e volevo farmi vedere da lui, ma ogni volta che mi voltavo per vedere se era impressionato, i suoi occhi erano vuoti, con lo sguardo perso. Alla fine disse che doveva andare e chiamò un taxi. Mentre entrava nel taxi vidi che si tirava su i pantaloni scoprendo un paio di stivali con un bel tacco. Non mi ero mai reso conto di

quanto fosse basso. Non mi sono mai dimenticato quelle scarpe; erano molto particolari. Nel salutarci gli dissi: “Arrivederci fratello Drago” e lui mi guardò come se volesse dirmi qualcos'altro, ma non lo fece. Quella fu l'ultima volta che lo vidi. Sei giorni dopo appresi che era morto, non ci credevo. Andai agli Studios e li me lo confermarono, allora realizzai che era morto davvero e non era una trovata pubblicitaria.” Dopo quella perdita irreparabile, l'industria cinematografica della colonia cercò di trovare un successore, qualcuno che continuasse a generare migliaia di


Bruce Lee dollari; grazie a Bruce Lee eravamo venuti a conoscenza delle arti marziali a livello mondiale, bisognava continuare in quel filone d'oro… “Dopo la morte di Bruce Lee, a Hong Kong tutti gli attori credevano di essere il nuovo Bruce Lee, tutti volevano imitarlo. Ricordo che ci fu un momento in cui vennero fuori un sacco di cloni di Bruce, soprattutto a livello commerciale, fuori dalla Cina, dove uscivano questi films. C'era Bruce Li, Bruce Lai, Bruce Liang, ecc. Persino io interpretai il secondo Bruce Lee (Fist of Fury II), se guardavi la locandina da lontano sembrava che Bruce Lee ne fosse il protagonista, dopo da vicino vedevano che era Jackie Chan. La gente passava e diceva, wow guarda il nuovo film di Bruce Lee. Allora cominciai a pensare a come avrei potuto distinguermi da Bruce Lee, per me era un supereroe, ma io non sono un supereroe. Quando lui colpiva faceva così (esegue una tecnica, imitando la tensione e l'espressione di Bruce Lee) allora io decisi di fare il contrario (colpisce e si lamenta, assumendo un'espressione comica), lui tirava calci alti, io li portavo bassi, perché pensavo che quello era qualcosa che poteva fare lui e basta, era il suo stile e il suo modo di fare le cose, così decisi di fare le mie cose, aggiungendo nuovi elementi come introdurre i salti mortali e le acrobazie nei combattimenti, saltare tra i tavoli e altri movimenti complicati. Ovvero: Decisi di creare un mio proprio stile o maniera di fare le cose; nell'Opera di Pechino imparai a cantare, ma anche le acrobazie e le arti marziali, dove non solo era dovevamo dare calci e pugni, ma anche fare salti mortali, maneggiare lance, spade, armi e altri oggetti che si abbinavano alle situazioni, era come una fusione delle arti marziali cinesi e tutto ciò era quello che volevo portare sullo schermo, ma a modo mio. Volevo essere Jackie Chan”. Effettivamente, Jackie Chan si propose interpretando un altro genere di eroe ne “Il Serpente all'ombra dell'Aquila” (Snake in the Eagle's Shadow) e in “Drunken Master”, ottenendo ciò che per alcuni era

impossibile: battere i record d'incasso dei film di Bruce Lee nel sudest asiatico, un po' più tardi anche in Occidente… “Bruce Lee raggiunse la fama come una meteora: in maniera rapida e repentina. Questo spiega il fatto che spesso era sottoposto a una grande pressione e credo che non fu sempre in grado di gestirla. La gente intorno a lui si comportava in modo quasi isterico e in un batter d'occhio lo alzavano su un piedistallo esaltandolo totalmente, un attimo dopo cercavano di affondarlo con degli scandali e altre storie. Era un valido artista marziale, ma a causa della sua fama, si esagerò molto sulle sue capacità; per esempio, se portava un calcio rapido, c'era certa gente che in seguito diceva che in realtà ne aveva portati tre, ma che grazie alla sua velocità non si erano potuti vedere. Penso che questo sia accaduto abbastanza di frequente con tutto ciò che riguardava Bruce Lee. Nel mio caso credo che sono giunto al successo con maggior tranquillità, nel senso che sono arrivato ad esso in maniera più graduale (prima come attore dell'Opera di Pechino, dopo come stuntman di azione, dopo come attore secondario e finalmente come attore protagonista e regista di film di arti marziali e di azione). Inoltre, nel contesto in cui sono cresciuto e maturato ho conosciuto molte stelle e sono stato anche testimone della loro decadenza; ho imparato molto da tutto questo.” Jackie Chan ebbe l'opportunità di lavorare con Bruce Lee in due film, in cui ha potuto conoscerlo, osservarlo e avere prova della sua qualità marziale lontano dalle videocamere, ma che conclusioni ha tratto da tutto ciò? Cosa pensa del “Piccolo Drago”? “La gente ha parlato così tanto di lui da poter riempire migliaia di grossi libri, senza però rendergli giustizia. Lui aveva un carisma enorme, una presenza fisica che non si poteva ignorare. Se era in una stanza con te, era impossibile non prestargli attenzione ed era molto difficile fare caso a qualcun altro. Era un incredibile artista marziale, come dicevano tutti. Non credo che avrei potuto batterlo in uno scontro e non sarei stato così stupido da provarci. Comunque, se mi domandate che cosa ho appreso dal tempo passato con Bruce Lee io direi che ho imparato due cose, le quali sono state molto importanti per me. La prima è che un grande successo deriva da una grande ambizione. Da bambino, non avevo un grande

interesse ad entrare nel mondo del cinema. Da adolescente, più di ogni altra cosa, desideravo la libertà di giocare, mangiare, dormire e vivere come mi pareva. Sarei stato felice facendo la controfigura per tutta la vita o pensando al futuro, magari il coordinatore di stuntman. Ma in Bruce Lee ho trovato un uomo che voleva cambiare il mondo, un uomo la cui idea di successo era essere amato, ammirato e ricordato da milioni di persone e in una carriera di meno di dieci anni, nello spazio di soli 5 film, raggiunse il suo obbiettivo. Suppongo che è stato in quel momento che ho capito che l'orizzonte del possibile era più ampio di quanto immaginavo. Dopotutto se Bruce ci è riuscito, perché io non avrei potuto? Perché, e questa è la seconda lezione che imparai stando con Bruce Lee, il Drago non era ne una favola, ne un Dio, egli era un uomo. Un uomo da ammirare, ma non da idolatrare. Quando eravamo sul set, era sempre circondato da gente che cercava si avvicinarsi a lui, tutti loro dicevano “Bruce sei il migliore, il più grande”. Io lo ammiravo, così come tutti gli altri, ma non mi sono mai mescolato a quella massa. Mi fermavo a 30 metri dietro dei suoi seguaci, osservando a distanza e provavo disgusto quando vedevo anche gli stuntman con anni di esperienza sulle spalle che gli baciavano i piedi. Dopo aver lavorato con lui, tutti avevamo sentito i suoi pugni e i suoi calci, erano forti e precisi, ma io conoscevo persone che erano forti e abili come lui o addirittura di più, ma non importava. Bruce era Bruce e solo per questa ragione, lui era il migliore. Bruce Lee non chiedeva questo tipo di trattamento, era abbastanza intelligente da sapere quanto vuote erano queste esternazioni d'affetto, perché dipendevano dalla posizione importante che ricopriva, grazie alla quantità di denaro che procurava agli Studios e a tutti i suoi adulatori. Più tardi quando arrivai al mio successo personale, ho compreso la posizione in cui si trovava Bruce Lee. Quando sei una “superstar”, significa che quello che significa, cioè che ci sarà sempre gente che ti tratta come se non fossi un essere umano. Pensando a lui, cerco di non commettere questo sbaglio. Per me lui non era Bruce Lee, il potente Drago, era e sarà sempre Bruce Lee, un grande maestro, una bella persona e un uomo buono. E sai cosa? Spero che anch'io verrò ricordato così.”


Il Maggiore Avi Nardia, uno dei principali istruttori ufficiali per l'esercito israeliano e la polizia israeliana nel campo della lotta al terrorismo e CQB, e Ben Krajmalnik, hanno fatto un nuovo DVD elementare sulle armi da fuoco e sicurezza, e tecniche di allenamento derivate dall'IPSC. Il Tiro Istintivo in Combattimento (Instinctive Point Shooting Combat IPSC) è un metodo di tiro basato nelle reazioni istintive e cinematiche di sparare a brevi distanze in situazioni veloci e dinamici. Una disciplina di autodifesa per sopravvivere in una situazione di minaccia per la vita, in cui è necessario avere una grande rapidità e precisione; si deve tirar fuori immediatamente la pistola e sparare a breve distanza, senza usare lo spioncino. In questo primo volume studieremo: il maneggio dell'arma (rivoltella e semiautomatica); la pratica di tiro secco e sicurezza; "Point Shooting" o tiro istintivo, a breve distanza e movimento; esercizi di ritenzione dell'arma, sotto stress e multiple attaccanti; esercizi di ricarica, con caricatore, a una mano, ... e, infine, la pratica in galleria di tiro con pistole, fucili AK-74, M-4, mitragliatrice M-249 e anche lanciagranate M-16.

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Cinema Marziale

Antony Szeto è un brillante regista cinematografico e produttore australiano residente a Hong Kong, responsabile tra gli altri titoli, della celebre pellicola prodotta da Jackie Chan e con protagonista una delle leggende viventi del Cinema Marziale, il grande Sammo Hung. Oggi vi riportiamo quest'intervista realizzata da Andrew Dasz, uno dei validi giovani che ha prodotto l'industria Marziale di Hong Kong.

zeto è nato a Sydney, Australia, ma vive a Hong Kong sin da molto giovane. Ha studiato all'Università dello Sport di Pechino specializzandosi nelle arti marziali cinesi. Dopo la laurea, è stato inserito nella squadra di Wushu dell'Australia, gareggiando per il proprio paese. Ha inoltre studiato all'Università di Bond nel Queensland, Australia, dove vinse il premio come miglior Regista Studentesco. Terminata l'università, ha lavorato in un cantiere navale, guadagnandosi una posizione manageriale di alto livello prima di lasciarla per avviare il proprio studio di animazione con alcuni suoi amici. Quindi ha diretto il suo primo lungometraggio marziale 3D di Hong Kong chiamato “Dragon Blade: The Legend of Lang”. Il film ha ricevuto una nomination per il premio Golden Horse e Szeto vinse quello del Sindacato dei Registi in Australia. Nel 2007 ha diretto un film di Jackie Chan intitolato “Wushu” con protagonista Sammo Hung. Il film ebbe grande successo al Festival di Cannes 2008.

S


“Per coloro che desiderano far parte dell'industria del cinema, nello specifico dei film d'azione, il mio consiglio principale è di allenarsi duramente”

C.N.: Come ha iniziato a praticare Arti Marziali? Antony Szeto: Ho cominciato a imparare il Judo a 8 anni e il Karate a 11, ma lo facevo per divertimento. E' stato soltanto verso 18 anni che ho iniziato a praticare seriamente. In quel momento facevo Taekwondo con un ufficiale dell'esercito di Corea che è stato campione militare coreano per diversi anni consecutivi. Il suo Taekwondo era molto pratico, con molte più tecniche di braccia, è un metodo che al giorno d'oggi viene insegnato in molte delle scuole che vedo. C.N.: Ci parli del suo primo contatto col cinema. Ha sempre pensato di poter diventare attore o regista di Arti Marziali? A.S.: Crescendo a Hong Kong ero come la maggior parte dei locali, perché ammiravamo quelli che vedevamo nei film. Tuttavia, non pensavo seriamente di fare dei film. Quando avevo 19 anni mi allenavo nel Choy Li Fut (proseguendo anche il Taekwondo). Facevamo un sacco di dimostrazioni sia di danza del leone che di Kung Fu e copiavamo molti movimenti che vedevamo nei film di Jackie Chan e Jet Li. Grazie al fatto che io e i miei fratelli di Kung Fu eravamo molto agili. Un giorno, una produzione venne alla nostra scuola per reclutare gente per un film che stavano girando vicino a Sidney. Erano già stati in altre scuole di arti marziali, ma quando videro ciò che stavamo facendo ci ingaggiarono tutti immediatamente. Così è stato che ho avuto la mia prima opportunità nel mondo del cinema.


Cinema Marziale

C.N.: Lei è' un regista con esperienza nei film d'azione, che cosa pensa degli ultimi decenni dagli anni 70 ad oggi, a Hong Kong e in tutto il mondo? A.S.: Ci sono stati grandi cambiamenti nei film di arti marziali cinesi dagli anni 70 ad oggi. Fondamentalmente, all'inizio dei '70, si coreografavano combattimenti stilizzati. C'era molto sangue e ferite. Naturalmente Bruce Lee portò un nuovo approccio alla realtà e lo ha fatto in modo inimitabile. Negli anni '80 sono apparsi Jackie Chan, la famiglia Yuen, Sammo Hung e Jet Li. Queste erano persone altamente preparate che hanno capito cos'è la spettacolarità. Hanno realizzato delle coreografie di combattimento a un livello completamente nuovo, ad oggi difficilmente superabile. Uno degli strumenti nelle coreografie di combattimento che sono diventati una forma d'arte è l'uso dei cavi. Questo ha fatto sembrare che anche i non artisti marziali fossero in grado di combattere. Sfortunatamente ciò vuol dire che dal momento che personaggi come Jackie Chan e Jet Li avanzano con l'età, il lavoro con i cavi si utilizza sempre di più…e così è arrivato il “cavo fantasma”. Per fortuna Donnie Yen ha fatto ritorno verso un certo realismo, ma anche questo è destinato a durare poco perché nemmeno lui è così giovane. Credo che ci siano un mucchio di cambiamenti, anche oggi, perché tutti quanti nel business cercano nuovi mezzi per stupire il pubblico. C.N.: Ha lavorato con un nome importantissimo a Hong Kong, Sammo Hung, nel suo film “Wushu”. Com'è stata questa esperienza? A.S.: Lavorare con Sammo Hung è stato meraviglioso. Ho imparato molto da lui, e lui mi ha rispettato tantissimo. Gli piace il proprio cibo


Entrevista tradizionale, al punto che ha portato sul set il suo chef personale. Devo ammettere che nei freddissimi giorni delle riprese di Wushu (certi giorni si arrivava a -17 gradi), tutti apprezzavano il cibo caldo extra che ci offriva. Spero fortemente di avere una nuova occasione di lavorare con lui. C.N.:Su YouTube in questo momento è disponibile il trailer del suo ultimo film “Fist of The Dragon”, ci racconti dell'esperienza di lavorare con un lottatore del UFC nel ruolo principale e in un contesto internazionale.

A.S.: Abbiamo avuto molta fortuna ad avere Josh Thomas a disposizione per lavorare con noi. “Fist of The Dragon” (Il Pugno del Drago) aveva un budget molto basso e gli attori principali sono arrivati sul set il giorno seguente all'inizio delle riprese del film, quindi avere qualcuno che collaborasse con me e con lo staff era importante per il successo del film. Josh era questo genere di persona. Non solo è stato assai facile lavorare con Josh, ha molto talento, ma voleva fare anche tutte le proprie scene d'azione. Per qualsiasi regista questa è una manna dal cielo, perché significava che potevo concentrarmi direttamente sulla ripresa dell'azione. Le azioni meravigliose che sono presenti in questo film sono dovute soprattutto al fatto che tutti gli attori hanno realizzato i propri combattimenti e scene acrobatiche. Tutti sono

stati creativi e generosi. C.N.: Ha qualche nuovo progetto per il 2014? A.S.: Per il 2014 stiamo cercando di fare un film con una star del cinema d'azione molto conosciuta. Non posso ancora dire di chi si tratta, però sarò il regista delle azioni del film e sono molto entusiasta per la chance di poter lavorare con lui. Prima di concludere, potrebbe mandare un messaggio agli attori o registi di arti marziali dell'ultima generazione, a coloro che sono impegnati nei film d'azione e nell'industria cinematografica? A.S.: Per quelli che desiderano far parte dell'industria del cinema, nello specifico dei film d'azione, il mio consiglio principale è di allenarsi duramente. Oggi c'è più competizione di quanto sia mai avvenuto in passato. Quando ho iniziato negli anni '80 facevo un salto mortale a 360°, una ruota e quello era un bel problema. Oggigiorno usando molteplici trucchi la gente salta facendo 720° come se passeggiasse in un parco. Inoltre, è necessario avere svariate capacità per sopravvivere. E' raro che qualcuno con un'unica tipologia di abilità sia in grado di durare a lungo nell'attuale industria del cinema. C.N.: Dove si possono trovare informazioni sul suo lavoro e le sue esperienze (links, sito web personale, ecc.)? A.S.: Ci sono molte informazioni su di me su IMDb.com e ci altre fonti su google.

Testo y foto: Andrew Dasz KUNGFUGRUPO SKYPE andrewdasz Phone: (+852) 9425 8276 Hong Kong






Presentarlo solo in funzione dei numeri che caratterizzano la sua straordinaria carriera, non renderebbe giustizia all’uomo che sta dietro il fenomeno. Quando ci troviamo al cospetto di personaggi come Giorgio Petrosyan, parrebbe quasi naturale aspettarsi un atteggiamento distaccato, specie quando li si coinvolge in una cosa che non è di certo tra le priorità di un quotidiano, fatto di fatica e sudore, tutt’altro che patinato e mediatico come quello del campione italo-armeno.

P

rova ne èil fatto che anche cercando su Google non si trova granchè a livello di interviste, apparizioni in televisione o altro del genere, se non un interessante special realizzato da Rai Sport nel 2010. Invece quella che ci accoglie sorridente in una grigia e umida mattina invernale in Brianza, più precisamente a Desio, in compagnia del fratello Armen e dell’uomo che ne ha plasmato il talento infinito, Alfio Romanut, è la figura genuina e schietta di un ragazzo di 28 anni giunto qui da un paese turbato da terribili conflitti interni, che a suon di pugni, calci e tanta determinazione si è guadagnato il posto che merita nell’Olimpo dei più grandi di sempre della Muay Thai K-1 Rules. Il suo impressionante score parla chiaro: 79 match disputati di cui 76 vittorie (35 prima del limite), 2 sconfitte e 1 nocontest, oltre a un record di imbattibilità che durava dal lontano 2007 e caduto lo scorso 24 Novembre sul palcoscenico del Madison Square Garden di New York in occasione dello sfortunato combattimento perduto contro surinamense Andy Ristie a Glory 12. In questo nostro incontro abbiamo affrontato anche questo, a suo modo, storico avvenimento. Accanto a lui, il Maestro Romanut, suo scopritore e mentore, friulano doc dai modi semplici e concreti che lo segue sin dal primo momento in cui è approdato nella sua palestra, l’oramai leggendario

Satori Gym di Gorizia. Quest’ultimo si è rivelato un’autentica sorpresa, con la sua notevole conoscenza del panorama delle arti marziali e la simpatia contagiosa che lo rendono un interlocutore mai banale e capace di catturare gradevolmente chi lo ascolta. Approfittando della loro presenza in qualità di docenti del 1° Corso per Istruttori di K-1, organizzato presso la Pro Evolution Fight di Desio (che ringraziamo per la gentile ospitalità) li abbiamo raggiunti fin qua per intervistarli e toccare temi che riguardano aspetti, aneddoti e curiosità del mito del “Doctor” Petrosyan

dai suoi inizi ad oggi, nonché altri riguardanti il percorso marziale dell’uomo che da sempre lo allena e lo guida dall’angolo. E quella che ne è venuta fuori è una piacevolissima conversazione nella quale, a microfoni accesi e anche spenti, ciò che più ha colpito noi di Cintura Nera è la grande armonia e l’ironica complicità che esiste tra l’allievo e il maestro; un segno inconfutabile del rapporto di stima e fiducia reciproca che va ben oltre la risonanza dei risultati che fanno di Gevorg “Giorgio” Petrosyan da Yerevan, goriziano d’adozione, uno degli sportivi italiani più vincenti dell’ultimo decennio.

A cura di: Leandro Bocchicchio e Nicola Pastorino Video completo su: http://www.marzialenetwork.info/#!intervista-petrosyan/c1bza


CINTURA NERA.: (Giorgio) Le Arti Marziali e gli Sport da Combattimento, una passione che comincia fin da bambino. Hai iniziato a praticare queste discipline già in Armenia, o l’hai fatto al tuo arrivo in Italia? GIORGIO PETROSYAN: Beh, come tutti i ragazzini mi sono appassionato alle arti marziali guardando i film di Van Damme e Bruce Lee quando ero ancora in Armenia. Ma poi ho cominciato solo quando sono arrivato in Italia e ho conosciuto il Maestro Romanut, con cui ho intrapreso questa strada. C.N.: (Giorgio) Sei arrivato in Italia che avevi 14 anni. Ricordi qualche aneddoto o episodio legato a questa nascente passione di quando ancora vivevi nel tuo paese? G.P.: Si, ricordo che dopo aver visto quei film mi veniva voglia di allenarmi e andavo a correre da solo, perché il mio sogno era di salire sul ring e combattere come faceva Van Damme sullo schermo. Ma laggiù non era facile trovare una palestra come quella che poi ho trovato al mio arrivo in Italia, dove poi è cominciato tutto. C.N.: (Giorgio) Quando sei arrivato a Gorizia ti sei affidato alle sapienti mani del Maestro Romanut: ricordi le sensazioni che hai provato la prima volta che sei salito sul ring? G.P.: Si certo, ricordo molto bene: ero molto tranquillo anche perché non sapevo bene a cosa andavo incontro, non ne ero ancora cosciente. Il primo match che ho fatto fu molto duro perché ho combattuto contro uno che aveva più esperienza di me, avendo fatto già molti incontri. Andò bene, fu un incontro molto tecnico. Tra l’altro alla prima ripresa mi ruppi il dito di un piede e ricordo che io e il mio maestro, vedendo il piede tutto storto, ci guardammo e lui mi disse: “Non preoccuparti, continua a calciare!” ed è quello che ho fatto…(sorridono entrambi, divertiti e complici). C.N.: (Alfio Romanut) Agli occhi dello spettatore appare chiaro lo spirito di squadra che si manifesta ogni volta che


Grandi Maestri

Giorgio, Armen o altri tuoi fighter salgono sul ring. Quanto è importante a livello tecnico e psicologico creare un ambiente del genere intorno agli atleti del tuo team? Alfio Romanut: Per me è sempre stato tutto molto naturale, ho sempre pensato che l’unione fa la forza. Anche in palestra ho cercato di creare un ambiente armonioso dove tutti si aiutano reciprocamente. Quando uno sale sul ring, tutti noi siamo sul ring. Che ci sia Giorgio, Armen o qualsiasi altro che combatte, noi combattiamo tutti con lui. Da me che sto all’angolo a chi mi tiene il tempo, che è sempre uno del team, facciamo tutti un lavoro di squadra quotidiano e di conseguenza quando siamo sul ring si crea questa unità, questa forza. C.N.: (Alfio Romanut) Pur avendo a che fare con personaggi del calibro di Giorgio e Armen, un’altra cosa che si percepisce in voi è l’estrema umiltà e il grande senso del rispetto degno di veri artisti marziali, cosa non sempre scontata in un ambiente rude e spesso superficiale come quello degli sport da ring. E’una sensazione corretta? A.R.: Si, è proprio così. Il rispetto è alla base di tutto sia nella vita di tutti i giorni che nello sport, soprattutto in uno sport duro come il nostro. Anche l’avversario che fronteggiamo fa dei sacrifici enormi, suda e fa fatica tutti i giorni per prepararsi a un match. Perciò il rispetto viene prima di tutto, non sarebbe corretto non averne, che si vinca o si perda non fa differenza. C.N.: (Giorgio) Oltre che l’indiscusso numero uno da anni, sei

un punto di riferimento per molti giovani atleti che si avvicinano a queste discipline. Hai avuto anche tu un fighter a cui ti sei ispirato? Se si, chi è e perché? G.P.: Ma guarda, a parte che quando ho cominciato a praticare Muay Thai non conoscevo praticamente nessuno. In seguito, ho iniziato a guardare molti incontri thailandesi alla televisione e così ho conosciuto il grande Samart Payakaroon. Mi piaceva il suo modo di combattere perché era tecnico, usava la testa ed era il più completo di tutti, quindi diciamo che un po’ mi sono ispirato a lui nel mio stile. C.N.: (Alfio Romanut) Quando preparate i match quanta importanza date alla strategia di combattimento, in base al singolo avversario? A.R.: Ovviamente molta. Lo si vede dai match di Giorgio e Armen di cui si capisce che sono match tatticamente preparati, non si cade mai nella rissa e si cerca di lavorare possibilmente sui difetti dell’avversario. Oggi è abbastanza facile conoscere per tempo il proprio avversario, grazie ai tanti video disponibili su internet che aiutano senza ombra di dubbio. Possiamo dire che sulla tattica puntiamo un buon 70% della nostra preparazione. Comunque bisogna distinguere tra il fatto di avere a che fare con dei professionisti del loro livello, che hanno un numero di avversari molto limitato, di cui si sa tutto o

quasi e quando si porta a combattere degli atleti dilettanti contro altri dello stesso livello dei quali si sa poco o nulla, dove risulta decisamente più complicato adottare delle strategie adeguate al relativo avversario. C.N.: (Giorgio) Presentandoti all’ultimo Glory 12 di New York la stampa americana ti ha definito “The Greatest of All Time” (il più grande di tutti i tempi). Sapere di essere un numero uno ti crea particolare tensione? Senti il peso di questa responsabilità? G.P.: La tensione c’è, non potrei dire il contrario. Ogni volta che salgo sul ring devo sempre dimostrare di essere il più forte e questo alla lunga potrebbe pesare parecchio. Però io cerco di non dargli troppa importanza perchè penso solo a fare il mio lavoro, a combattere e ad affrontare ogni avversario a prescindere dal titolo in palio, da chi mi trovo davanti e soprattutto da chi sono io. Preferisco concentrarmi su questo e basta. C.N.: (Alfio Romanut) Deviando un attimo dal contesto degli sport da ring, hai avuto trascorsi in qualche arte marziale tradizionale, che in qualche modo ha plasmato il tuo bagaglio di conoscenze poi trasmesso ai tuoi atleti? A.R.: Si ovviamente. Come la maggior parte gli insegnanti della mia generazione ho iniziato con il Karate tradizionale, perché in quegli anni non esistevano la kick boxing o la Muay Thai in Italia così come le conosciamo oggi. Sono partito dal Karate, però ho spaziato in vari stili di arti marziali, per poi dedicarmi anima e corpo prima alla


Boxe Thailandese e in seguito ho trraformato tutto il mio bagaglio tecnico per poter eccellere insieme a Giorgio nel K-1. Da li in poi abbiamo intrapreso questo percorso in cui abbiamo sviluppato tutto appositamente in funzione del K-1. (a microfoni spenti, Alfio ci rivela di aver praticato per qualche anno Wing Chun nella WT di Leung Tin, raggiungendo il 3° grado allievi, e anche il Brazilian Ju-Jitsu, confessando di trovare molte analogie specie tra la Muay Thai tradizionale e alcuni principi tecnici del Wing Chun. La sua estrema umiltà e la paura di apparire prolisso davanti alle telecamere lo ha indotto a non parlarne durante l’intervista, ma ci ha concesso di poter menzionare questi aspetti della sua carriera marziale).

che questo re-match non si potesse più fare. Oggi però è tornato e sappiamo che hai di voler dichiarato incrociare ancora una volta i guantoni con lui. Cosa ci puoi dire a riguardo? G.P.: Beh, io ho sempre detto che se mi chiamano per fare questa rivincita la farei molto volentieri. Per il momento però mi sono preso una pausa per recuperare dai miei problemi fisici, dopodiché, appena sarò a posto, non ci saranno problemi, potrò combattere anche contro di lui.

C.N.: E tu Giorgio hai avuto esperienze in stili tradizionali? G.P.: No mai avute, io ho cominciato subito con la Muay Thai con il M°Romanut.

C.N.: (Giorgio) Nell’ultimo match di New York contro Andy Ristie hai accusato di nuovo la frattura della mano sinistra al primo round. Puoi dirci se e quanto ha influito sull’andamento dell’incontro? Raccontaci un po’… G.P.: Guarda, io sono il primo a non voler trovare scuse. Il match l’ho perso e basta, è giusto dire così. La mano so bene che si è rotta alla prima ripresa, però io so come stavo prima dell’incontro e come mi ero preparato quindi sono tranquillo. Adesso, dopo l’operazione, ho bisogno solo di un po’ di tempo per rimettermi a posto, poi sicuramente mi prenderò la rivincita da Ristie, così come farò quella con Buakaw. Non importa quale delle due verrà prima, a me non cambia nulla.

C.N.: (Giorgio) Il tuo atteggiamento prima di salire sul ring sembra imperturbabile, manifesti sicurezza, determinazione e una visione lucida di tutti gli aspetti del combattimento. Puoi dare un consiglio ai giovani atleti su come gestire al meglio la parte emozionale prima, durante e dopo il combattimento? G.P.: Per essere tranquilli bisogna anzitutto essere sicuri di se stessi e fare tutto ciò che si deve in palestra. Se hai fatto il 100% allora sei certamente molto più tranquillo. Se venite a vedere come lavoriamo nella nostra palestra, capirete meglio che questa è l’unica cosa che fa davvero la differenza… C.N.: (Alfio Romanut) Come integrazione all’allenamento quotidiano dei tuoi atleti includi anche un lavoro tipo pratiche interne, piuttosto che meditazione o tecniche affini? A.R.: No, in palestra no. Io personalmente mi dedico ad alcune pratiche per conto mio. Come diceva giustamente Giorgio, io ho sempre insegnato questo: quando devi combattere, devi aver fatto tutto al 100%. Devi essere convinto di non aver tralasciato nulla nel tuo allenamento, non puoi andare sul ring col timore di non aver fatto tutto quello che c’era da fare, altrimenti non sei sicuro. Se hai lavorato bene al 100% vai sul ring perché sei un combattente ok? Se vinci bene, se perdi ci può stare, perché nella vita esistono sia la vittoria che la sconfitta. C.N.: (Giorgio) Buakaw vs Petrosyan, forse l’incontro più desiderato da tutti; quando Buakaw ha annunciato il suo ritiro sembrava

C.N.: (Giorgio) Quali sono i tempi di recupero previsti in seguito all’operazione? G.P.: I medici dicono che da Marzo potrò ricominciare a colpire con cautela, ma ci vorrà qualche mese per tornare al massimo. L’importante è rimettersi bene, non c’è fretta. C.N.: (Alfio Romanut) Prima dell’intervista ci hai detto che conoscevi già la nostra rivista CINTURA NERA/BUDO INTERNATIONAL. Sai quindi che si dedica in particolare alle discipline tradizionali. Ecco, c’è uno stile o un maestro tradizionale che ricordi o che ti incuriosisce in particolare adesso? A.R.: Ora come ora non seguo molto le discipline tradizionali, anche perché molte di queste, a mio avviso, hanno perso di vista il loro fine ultimo che è quello della difesa personale. Certi stili tradizionali oggi somigliano più a degli sport, comunque ognuno è libero di scegliere la strada vuole, io rispetto tutti. Se dovessi dire chi mi sarebbe piaciuto conoscere direi Mas Oyama, il fondatore del Kyokushinkai, per ciò che riguarda uno stile tradizionale e i suoi allievi

Kurosaki e Fujiwara, che sono delle icone storiche della kick boxing. Se invece parliamo di stili attuali di combattimento mi piacerebbe confrontarmi, come metodo di insegnamento, con il grande George St.Pierre, il campione canadese della UFC (MMA) che si è appena ritirato dall’attività. Mi è sempre piaciuto molto il suo stile. C.N.: (Giorgio e M°Romanut) Siete al corrente dell’iniziativa del CENSIMENTO DELLE ARTI MARZIALI che portiamo avanti attraverso il portale MARZIALE NETWORK. Pensate possa essere utile al mondo delle arti marziali e delle discipline da combattimento in Italia? (Risponde Alfio Romanut) A.R.: Si, perché può creare dei punti di riferimento. Ci sono tantissime realtà fatte di insegnanti e atleti validissimi che però sono semisconosciuti e questo censimento potrebbe dar loro l’opportunità di far conoscere il proprio lavoro. Quindi ritengo che una cosa del genere possa essere assolutamente utile. C.N.: (Giorgio) Un ultima domanda: la tua vita è da sempre legata al ring e a tutto ciò che lo riguarda. Una volta terminata la tua carriera, che noi speriamo essere ancora lunga e ricca di successi, rimarrai in questo mondo o hai altri progetti? G.P.: Io spero di aprire una mia palestra in cui poter continuare a sviluppare questo metodo di lavoro portato avanti in tutti questi anni attraverso ciò che ho imparato da AlfioRomanut. Quindi ci sarà sempre un Petrosyan nel mondo degli sport da combattimento, questo è certo. C.N.: Grazie per aver accolto il nostro invito e averci dedicato il vostro tempo. speriamo di rivedere presto il grande Giorgio in azione sul ring! A.R.: Grazie a voi,è stato un piacere. G.P.: Grazie, lo spero anch’io!!







Cosa vogliamo essere? Negli anni della “moda” del WingTsun in Europa, migliaia di praticanti di questa bell'arte si sono avvicinati alle numerose scuole che sono sorte in quasi tutte le città del continente, alla ricerca di ciò che le tecniche di marketing o la promozione definivano come “il più efficace sistema di difesa personale che esiste”. A chi non interesserebbe qualcosa del genere? Suona tipo, desidera imparare a volare?


“La cattiva pubblicità che il nostro stile si è fatto tra i praticanti di Arti Marziali, non deve essere attribuita a nessuno se non a noi stessi”

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oltissime persone che si sono approssimate al nostro stile in quell'epoca erano attratte da quel sogno che la pubblicità sulla stampa specializzata aveva venduto loro e naturalmente, dopo poco tempo mollavano perché non riuscivano ad appropriarsi di questa infallibile tecnica di autodifesa che era superiore a tutte le altre. Parallelamente, alcuni istruttori che sono stati formati e che sono saliti sul “carro” dei vincitori di quel momento, tempo dopo hanno abbandonato la nave e in molti casi hanno scaricato la loro ira e le loro frustrazioni contro questo stile che non aveva soddisfatto le rispettive aspettative. Alla fine, non è stata altro che l'ennesima moda che arriva, brilla e poi viene messa nel dimenticatoio. Passati quegli anni, siamo rimasti in pochi. Come dicevo nell'articolo del mese scorso, queste riflessioni ci collocano in un contesto in cui lo stile è giunto al top del panorama delle Arti Marziali in Europa e non molto tempo dopo è finito in mille pezzi, sotto forma di piccole organizzazioni che nella maggior parte dei casi vivono in competizione l'una con l'altra, come minimo, o dandosi le spalle reciprocamente. Triste panorama per dei “fratelli” che hanno la stessa origine. Ma come definisce una legge universale, tutto ciò che sale…alla fine cadrà. E così è stato. In alcune occasioni si guarda al WingTsun in Europa in prospettiva e dobbiamo accettare che in molti casi la cattiva pubblicità che il nostro stile si è fatto tra i praticanti di Arti Marziali, non deve essere attribuita a nessuno se non a noi stessi. Ma, lungi dal lamentarci e provare ad additare altri responsabili dei nostri problemi o addirittura (l'opzione che hanno scelto in molti) abbandonare alla ricerca dello stile di moda del momento, alcuni come il sottoscritto, pensano che questo straordinario stile di boxe cinese abbia ancora tantissimo da offrire al praticante di Arti Marziali. Senza ombra di dubbio, dobbiamo affermare categoricamente che noi NON INSEGNAMO A VOLARE a nessuno!! E naturalmente, che questo stile NON E'

MIGLIORE DI NESSUN'ALTRO! (ma nemmeno peggiore). Le nostre proposte vanno nella direzione di trasformare lo stile WingTsun in un percorso di pratica delle arti marziali. Di BOXE CINESE! Se quello che vogliamo è definire con maggiore esattezza ciò che facciamo, ma lontano da quelle affermazioni magniloquenti con le quali, in passato, si tentava di catturare grandi masse di adepti. Ci sono stati molti anni in cui non è stato ben definito quello che volevamo essere e forse il vecchio proverbio spagnolo,“de aquellos barros vengan estos lodos” (“chi è causa del suo male, pianga se stesso”, ndt), inquadra alla perfezione l'attuale situazione dello stile in Europa. Una delle mie frasi preferite e che spesso utilizzo nei miei corsi per istruttori dice più o meno così: “abbassiamo la testa, chiudiamo la bocca e dedichiamo il tempo a sudare nel silenzio di una sala d'allenamento”. Questa sentenza sta prendendo piede tra alcuni di quelli che vogliono il bene di questo stile e hanno deciso di continuare a studiare e ad allenare questa Arte che ci appassiona. Esiste una tendenza da parte di alcune delle organizzazioni di WingTsun più grandi di Europa, che le vedono coinvolte in una lotta-campagna per l'autodeterminazione dell' “unico e originale WingTsun”. Mi domando, perché sono così impegnate ad attribuirsi l'etichetta di uniche e autentiche? Capisco che se spendessero tutto quel tempo allenandosi, magari non gli rimarrebbe ne la voglia, ne il tempo di impelagarsi in tali dispute. A me personalmente, piacerebbe che i nostri praticanti, istruttori e scuole fossero un giorno riconosciute per la lezione di UMILTA', serietà e lavoro serio e non per le etichette che certi personaggi si impegnano a mettere a se stessi. E' indubbiamente ridicolo. Concentrandosi su come migliorare quello che tanto amiamo e al quale dedichiamo gran parte della nostra vita, vorrei focalizzarmi nell'articolo di questo mese su un argomento che ho già trattato in questa rivista o nel mio blog, che mi pare alquanto importante per poter impostare qualsiasi percorso a

venire: cosa vogliamo essere? La domanda, che suona ovvia, non lo è così tanto se osserviamo in prospettiva la serie di articoli che ho scritto qualche mese fa che intitolavano “alla ricerca di uno stile riconoscibile”, e anche se nel mio secondo libro, che uscirà entro pochi mesi, dedico un capitolo molto importante a questo punto, non voglio perdere l'occasione di a f f r o n t a r e nuovamente una serie di dubbi su cui poter riflettere. Penso che faccia sempre bene. Quando faccio la domanda, cosa vogliamo essere? e' oltre che un invito alla riflessione, una c h i a r a dimostrazione di intenti. -In primo luogo dobbiamo recuperare lo spirito critico. Quando ho cominciato con la pratica del nostro sistema, il mio maestro insisteva sempre che non credessi sempre a tutte le cose! Che fossi sempre critico e portassi alla luce tutti i dubbi che mi venivano. Che non dovevo accettare nulla senza averlo provato e che non dovevo mai lasciarmi ipnotizzare da persone, che dall'alto del loro titolo di grandissimo maestro, sentenziano ed indottrinano aspettandosi una sola cosa: l'assenso. Questo è un punto fondamentale per fissare degli obbiettivi. Questo spirito critico deve essere e restare presente da adesso in tutto ciò che facciamo e naturalmente deve regolare sempre la


WingTsun “Esiste una tendenza da parte di alcune delle organizzazioni di WingTsun più grandi di Europa, che le vedono coinvolte in una lotta-campagna per l'autodeterminazione dell' “unico e originale WingTsun”. Mi domando, perché sono così impegnate ad attribuirsi l'etichetta di uniche e autentiche? Capisco che se spendessero tutto quel tempo allenandosi, magari non gli rimarrebbe ne la voglia, ne il tempo di impelagarsi in tali dispute” nostra crescita ed evoluzione. -Il secondo dei punti importanti sarebbe di smetterla di fare riferimento a dei maestri e ai loro traguardi. Succede spesso di sentire persone o anche istituzioni che parlano dei traguardi che i loro istruttori “superstar” hanno raggiunto negli anni. Le battaglie e i combattimenti che hanno vinto e gli enormi successi che hanno ottenuto nel passato. La frase “qui e adesso” è l'unica che conta per me. Inutile dire che porto il massimo rispetto e ammirazione per quanti prima di noi hanno lavorato e reso famoso lo stile che amiamo. Che dobbiamo riservare loro un posto sugli altari che salutiamo all'inizio e alla fine delle lezioni, ma…l'unica cosa che importa è quello che siamo capaci di fare noi in questo preciso momento. Cercare di migliorarsi al massimo, ciascuno di noi. Raggiungere il massimo del nostro sviluppo personale senza preoccuparsi se altri sono o

sono stati più o meno di noi. Vivere degli altrui allori del passato, non deve far altro che ispirarci, ma nulla di più. Dobbiamo avere fiducia nel nostro lavoro. Come conseguenza di quello, dovremo arrivare a una conclusione importante circa il nostro rapporto con le altre persone: ciò che siamo è indipendente da quello che gli altri possono ottenere. Perciò, parlare (soprattutto male) delle altre persone per cercare di ingrandire la nostra figura, oltre che ridicolo è molto negativo per le arti marziali e per la vita in generale. -La terza delle proposte dovrebbe essere, a mio avviso, generare delle differenti dinamiche di lavoro. Rimango sorpreso quando un gran numero di praticanti di Wing Tsun della mia scuola (dal ramo da cui provengo) si aggrappano con forza a quello che hanno imparato dai loro maestri con la banale espressione: “lo facciamo così perché il nostro maestro faceva altrettanto”. Mi pare una scelta come minimo maldestra. Qualche giorno fa leggevo una frase del grande Mohammed Alì che diceva qualcosa del genere…”se vivi a cinquant'anni come a trenta, vuol dire che hai sprecato vent'anni della tua vita…”. Come sempre, il geniale Alì ci fa riflettere su dei concetti come l'evoluzione o l'assenza di essa (involuzione). Se in un'arte marziale dinamica, adattabile, versatile e praticata da individui vivi non cambia nulla col passare degli anni, c'è qualcosa che

funziona veramente male nella trasmissione della stessa. Una delle cose che più mi piace di questo bel sistema, sono le differenze che ci possono essere tra un lineage e l'altro. E tutti hanno la loro ragione di essere. E' la prova evidente che gli stili sono mutevoli e generano punti di vista, modi di operare e pertanto evoluzioni differenti. E sono sicuro che questa è, senza alcun dubbio, una delle maggiori qualità di questo stile di boxe cinese: la varietà all'interno dello stesso stile. -per il quarto e ultimo proposito mi piacerebbe tornare al titolo di questo articolo, cosa vogliamo essere? Troppo spesso osserviamo come gli insegnanti passano da un settore all'altro della pratica, trascinando i loro allievi da nessuna parte. Questo per colpa del fatto che in varie circostanze non ci siamo fatti la semplice domanda “cosa vogliamo essere?” Quando rivolgo la domanda ai miei allievi cerco di farli riflettere su tutto questo. Cosa vogliamo essere? Toro o torero? Sembra ovvio che nella similitudine taurina che gli prefiguro, ci si aspetta la risposta numero due: il torero! L'intelligenza, la versatilità, la strategia e la tecnica per affrontare un nemico


superiore in forza, aggressività e resistenza. Se siamo d'accordo su questo, il seguente passo deve essere definire il nostro modo di lavorare e di allenarsi per conseguire tale obbiettivo. La mancanza di obbiettivi causa di conseguenza una mancanza di identità, una mancanza di uno stile riconoscibile e pertanto l'impossibilità di una logica evoluzione. Alla fine ci dimenticheremo “cosa vogliamo essere?” L'obbiettivo finale dello stile WingTsun è la NON FORMA! Questo concetto presuppone un modo di agire e di affrontare un avversario (creare una struttura che alla fine scompare

grazie al costante cambiamento nella ricerca di una adattabilità assoluta). Forse questo concetto confonde spesso i praticanti e gli insegnanti del nostro stile. Forse molti si dimenticano che la NON FORMA non si raggiunge con delle scorciatoie, ma con il duro lavoro e un profondo studio. Però non nasce neanche per “puro caso”. E' li dove insisto nell'importanza del PERCORSO.


WingTsun Forse qualcuno dimentica che per arrivare ovunque, bisogna percorrere una via. Troppo spesso i praticanti trascorrono la vita pensando o cercando di imitare ciò che alcuni maestri facevano al termine delle loro esistenze (ARTE autentica) dimenticando che perfino i grandi maestri hanno percorso una via per arrivare dove sono arrivati. Il prossimo mese il nostro articolo si baserà sul lavoro

del Biu Tze Tao e le sue applicazioni per il combattimento. Cercheremo di dare il nostro umile punto di vista in merito. Fino ad allora non possiamo fare altro che quello che abbiamo giĂ detto: abbassare la testa, chiudere la bocca, sudare nel silenzio di una sala di allenamento e provare a farci conoscere per due parole che devono distinguere ciascuna delle nostre scuole: Rispetto e UmiltĂ !! Un cordiale saluto marziale






Eskrima per Forze Armate L'Eskrima non è solo adatta come sport o difesa personale praticata dalla popolazione civile, ma anche il personale militare utilizza questa realistica arte marziale delle Filippine. L'Eskrima è ideale per l'autodifesa, poiché possiede un'elasticità pressoché illimitata. Pensate al bastone corto, al coltello, al cannocchiale, alla torcia elettrica, le possibilità sono infinite. Quindi, su richiesta delle Forze Armate di tutto il mondo, Frans Stroeven ha addestrato molte di esse all'arte marziale dell'Eskrima, nel sistema conosciuto come Sistema di Combattimento Stroeven. Perciò gli abbiamo chiesto di parlarci dell'addestramento delle forze speciali. In primo luogo ci siamo

incontrati per parlare delle Forze Speciali della Polizia Federale del Brasile (COT).

Forze Speciali di Polizia Federale del Brasile (C.O.T.) Il COT, Comando de Operações Táticas (Comando di Operazioni Tattiche) della Polizia Federale è stato creato nel 1987 con la missione di dare una risposta agli attacchi terroristici all'interno del paese. Essi partecipano a missioni ad alto rischio come sequestri di droga, misure di espropriazione, conflitti rurali, sicurezza VIP, smantellamento di organizzazioni



criminali, e scorta dei detenuti ad alto tasso di pericolosità. Questa unità speciale si trova a Brasilia, capitale del Brasile, ma può entrare in azione in tutto il paese nel giro di due ore. Frans è stato richiesto da queste forze speciali per l'Eskrima e il combattimento con il coltello. “Questi ragazzi sono già ben allenati nel Ju Jitsu brasiliano, nella Thai Boxing ecc. Il mio compito era di insegnargli la lotta con il coltello e con il bastone (corto). L'allenamento durava otto ore al giorno, il che naturalmente è abbastanza pesante per la maggior parte di noi, ma normale per loro. Questi ragazzi erano in ottime condizioni, quindi gli ho potuto fornire un addestramento di alto livello”.

Il sistema a scatola Il sistema a scatola è un concetto che Frans ha disegnato appositamente per gruppi specifici, come la polizia, l'esercito e le forze speciali. Il sistema a scatola si basa su metodi di formazione brevi ed efficaci che sono di facile apprendimento. Frans: “In realtà, l'ho concepito per un semplice motivo. La lotta corpo a corpo deve essere breve e le tecniche più facili ed efficaci possibile. Le Forze Speciali del COT sono state addestrate con questo sistema e tutto ha funzionato alla perfezione. Gli ho insegnato una varietà di attacchi che possono essere eseguiti da qualsiasi posizione. Ci siamo anche allenati nel bloccaggio e nel disarmo, nelle leve e in esercizi aggressivi. Potete immaginare i

risultati incredibili che questi ragazzi, con 8 ore al giorno di lavoro, hanno ottenuto. L'ultimo giorno di allenamento abbiamo terminato con una sessione speciale con l'uniforme completa e tutte le armi.” Frans ci ha poi detto che questi ragazzi ricevevano 50 colpi di bastone quando si allenavano con il bastone o il coltello. “Nessun dolore, nessun guadagno” aggiungeva Frans, con un sorriso.

Lotta con coltello La lotta col coltello è dunque una parte importante dell'addestramento. Frans lo chiama combattere senza fare rissa. “Dal momento che la lotta per le forze speciali deve essere il più breve possibile, utilizziamo tecniche molto dirette e predisposte per finalizzare l'avversario velocemente. Ma abbiamo anche allenato la coscienza. Abbiamo dimostrato, tramite appositi esercizi, quello che un coltello può fare come arma effettiva che spesso viene sottovalutata. Coltello contro pistola, potete immaginare come sono rimasti sorpresi osservando quanto rapidamente si può risolvere un attacco con arma bianca. Non avevano

il tempo di estrarre la propria arma e tanto meno di sparare.

Dall'altra parte del mondo L'allenamento con le Forze Armate delle Filippine Su invito delle Forze Armate delle Filippine, Frans ha diretto un seminario di due giorni per varie unità da combattimento e forze speciali. Frans: “Per me è stato un grande onore essere li a istruire uomini filippini. Visto che



non sono filippino. Quindi allenarli al mio metodo di Eskrima SCS è stato piuttosto eccezionale”. Questi ragazzi già padroneggiano l'Eskrima e molti di loro sono membri del Team di Arnis. Per cui hanno una grande conoscenza dell'Eskrima. Frans: “Ad essere onesto, l'istruzione di questi ragazzi è una grande sfida. Loro, naturalmente, volevano sperimentare e mettere alla prova la mia Eskrima e il mio sistema, così all'inizio l'atmosfera era un po' tesa. Il mio compagno Ahmed e io abbiamo realizzato una prima azione e dopo un breve silenzio ci hanno fatto un grande applauso”. “Loro si sono anche divuti abituare al contatto con il corpo. Perchè nel mio sistema alleniamo il bastone contro il corpo (contatto pieno). Col tempo gli è piaciuto lavorare così. Dopo due giorni di allenamento nel mio sistema, questi eskrimadores hanno cominciato a farmi delle domande sul mio stile. I risultati sono stati eccellenti”.

Combattimento con coltello Il combattimento con coltello è stato anch'esso molto apprezzato dai militari

filippini. Visto che la lotta con il coltello ce l'hanno nel sangue e i migliori combattenti di coltello provengono appunto dalle Filippine. Ma si può dire che il combattimento con coltello SCS è differente da quello che di solito fanno. Il sistema di Frans è un mix di tecniche filippine e tecniche europee, integrato dalla scuola olandese che si basa su metodi di lotta realistici. Non in metodologie di allenamento strane da cui non si trae granchè, ma in tecniche realmente aggressive che possono essere usate in qualsiasi momento. Frans:” Solo in questa maniera si può addestrare i soldati in modo che possano utilizzarle nelle loro azioni”.

SCS Lo Stroeven Combat System (Sistema da Combattimento Stroeven) come concetto, funziona per tutti. Non importa se fate parte di forze militari speciali o semplicemente volete aprire una scuola e insegnare queste abilità nel combattimento dinamico, mettetevi in contatto con Frans Stroeven e anche voi potrete allenarvi nel SCS. Egli, vi darà il benvenuto nel suo mondo, il mondo dell'Eskrima.







Sin dai tempi antichi, dallo studio delle forme tradizionali e dai suoi metodi codificati, vengono estratte le tecniche e le strategie per il combattimento. E' fondamentale per questo motivo, avere un approfondito programma, sulle materie che compongono l’arte del combattimento. Nella scuola del Sifu Paolo Cangelosi, grazie alla sua conoscenza degli stili tradizionali di combattimento Cinesi e non, ormai nota a livello internazionale, nasce un metodo con un programma diviso in livelli. Un sistema riguardante le varie tecniche e situazioni di un combattimento in stile libero, cioè senza quelle regole che gli organizzatori variano, di torneo in torneo per rendere la gara più spettacolare. Regole aggiunte o tolte per dare più o meno cruenza al combattimento.

O

vviamente nel combattimento free-style, come viene interpretato nella nostra scuola, un minimo di regolamento per salvaguardare gli allievi che si cimentano con una grande carica adrenalinica , deve esserci; ma sempre nel rispetto della persona, dell'arte e quindi sforzandosi a non trasformare quel combattimento in una zuffa da strada, dove il più violento e fisicamente prestante (del calibro dei Mister Olimpia di body building) ha la meglio su un atleta, magari più completo tecnicamente, ma non armato della stessa rabbia. Dalla fantastica mente del nostro Sifu Cangelosi nasce il W.M.A. (warrior martial art), il guerriero delle arti marziali, inteso come condottiero di una bandiera delle arti marziali; colui che vuole cimentarsi nel mostrare la sua arte e lo spettacolo che nasce dall’incontro di due persone che si affrontano in un combattimento guidati da un regolamento che non permette loro di degenerare in una volgare rissa. Purtroppo oggi si è abituati a vedere questo nella maggior parte dei tornei, dove si riduce in modo esorbitante il programma tecnico espresso. Gli sforzi incessanti del sifu, sono quelli di dare efficacia all'allievo che si cimenta in un lavoro tecnico di scherma, di lotta sia in piedi che a terra. Negli ultimi 10 anni vi è stato un significativo mutamento di prospettiva nelle arti marziali. Una serie di tornei di

MMA (mix martial art), ponendo diversi stili di combattimento l'uno contro l'altro, con pochissime regole, agì da catalizzatore per quella che fu la rivoluzione dei metodi competitivi. I risultati iniziali evidenziarono con grande chiarezza che gli stili di combattimento basati sul grappling erano di gran lunga più efficaci rispetto

alle arti basate sui colpi, in principio ben più favorite. Per la maggior parte degli atleti fu uno shock, poiché le arti marziali erano generalmente concepite come qualcosa riguardante prevalentemente l'abilità nei pugni e nei calci. Contrariamente ai pregiudizi dei più in materia di combattimento si scoprì che levando le regole rigide


sportive, quasi tutti i concorrenti ben presto arrivano al corpo a corpo, per poi cadere a terra, in una situazione di grappling dove quasi sempre si decide l'esito del combattimento. Il risultato di questi tornei di MMA, fu che il grappling sia a terra che in piedi, risultasse assolutamente cruciale per ottenere la vittoria nella realtà. Ma la mente dell'uomo ha portato questo cambiamento all'estremo delle situazioni creando competizioni simili ad una mischia tra rugbysti alla conquista della palla. Come ogni rivoluzione il cambiamento in atto ha i suoi avvocati ed i suoi detrattori. Il risultato iniziale di tale cambiamento fu quello della divisione dei praticanti delle arti marziali tra "grapplers" e "strikers" (lottatori / schermitori), tra "tradizionalisti " e "modernisti". L'esperienza ha comunque rivelato il grande beneficio delle tecniche di grappling. Nella maggiori scuole di arti marziali oggi si prevede l'utilizzo del jiu-jitsu Brasiliano, come metodo eccellente per il grappling sia in piedi che a terra, ma questo non corrisponde esattamente alla realtà: i metodi che utilizzano le tecniche di grappling sono molti e di origine Cinese, Coreana e Giapponese; quasi 2000 anni più antichi di quello Brasiliano. Jigoro Kano (1860-1938), il creatore del JUDO KODOKAN, era particolarmente interessato a far conoscere il suo nuovo metodo al mondo intero, per farne uno sport olimpico, inviando seguaci che lo promovessero. Uno dei più brillanti allievi di Kano, si chiamava Mitsuyo Maeda ( 1878 - 1938); inizialmente aveva praticato JU-JITSU classico in Giappone, come d'altronde anche Kano in età giovanile, per poi passare al KODOKAN ove divenne famoso per il suo straordinario talento. Negli stati Uniti vennero inviati TOMITA, più alto in grado, e MAEDA, essi tennero molte dimostrazioni ma con scarso successo, fin alla sconfitta di Tomita contro un giocatore di football. Questo provocò un abbassamento della reputazione del JUDO e dei due Maestri. Maeda intenzionato a riscattare l'onore perduto, si allenò sui monti Catskills sulle alture di New York, per poi combattere contro un campione locale di lotta libera; Maeda vinse recuperando il rispetto per il Judo e per Tomita. Maeda era un giramondo e dagli Stati Uniti passò in America Centrale, Europa, ed infine in Brasile, ingaggiando parecchie sfide di qualunque genere, contravvenendo al severo codice del Kodokan Judo. Fu probabilmente per questo motivo che Maeda descrisse il suo metodo chiamandolo jiu-jitsu, anche perché negli anni successivi rielaborò il suo programma aggiungendo il suo vecchio repertorio, appreso nelle scuole di jiu-jitsu e personalizzandolo. Il suo insegnamento nella prima parte del 1900 riguarderà alcuni esponenti di una famiglia di spicco in brasile emigrata dalla scozia... ma questa è un altra storia.

Possiamo dire con questo piccolo escursus storico che il sistema del grappling non è collegabile ad un unico sistema, ma risale a circa 2500 anni fa quando in Cina, nacque la distinzione tra CHUEI-TI e SHOU-PO. Nacque una nuova conoscenza del combattimento per l'essere umano: la scherma dei colpi, poichè nell'antichità la lotta fu il primo metodo. Come documento storico abbiamo il GO-TI, dell'imperatore giallo HUANG-TI dinastia XIA, il primo stile di Kung Fu codificato, che usava un elmo con grandi corna per combattere; le sequenze di questo stile improntato maggiormente nella lotta corpo a corpo rievocando un combattimento leggendario dell'imperatore contro un mostro con le corna, questo documento riporta come sistema più antico e come arte più istintiva dell'uomo, la lotta. Questo pratica ha fatto sempre parte dell'evoluzione dell'essere umano, anticamente all'interno del gruppo come metodo per definire il capo, il più forte, la supremazia, come si può notare osservando i bambini giocare tra di loro.


L'uomo per natura curioso e, spinto dal suo istinto di voler scoprire e conoscere, tende sempre ad affacciarsi su nuovi orizzonti. In prevalenza, il praticante tende a dedicarsi a ciò che più gli si addice, a quello che più si confà alla sua predisposizione naturale. Il consiglio del Sifu Cangelosi è quello di praticare più stili, per conoscersi più a fondo per perfezionare le proprie tecniche indipendentemente dallo stile. Perfezionarle nel modo più semplice e naturale, continuare a praticare fino a che questa pratica diventerà la nostra meditazione. "LIBERATI DA QUELLO CHE SAI, E SAPRAI MOLTO DI PIU' " Trascendere quindi gli stili e trovare se stessi, ma imparare anche dal passato a rispettare ed amare questa arte. L'arte è l'espressione della vita, trascende il tempo e lo spazio per dare una nuova forma e un più profondo significato alla natura e al mondo. Tutto questo ha spinto ed indirizzato alla ricerca per rendere accessibile a tutti l’equilibrio, per recuperare quello che oggi non deve essere una volgare rissa, ma uno scambio tra praticanti di arti marziali. W.M.A. tecniche di colpo, pugno , gomito, piede, ginocchio. tecniche di lotta, proiezioni, colpi di anca, di schiena, di sacrificio, clinch . Tecniche di lotta a terra , immobilizzazioni, strangolamenti, leve alle braccia o gambe. Studio della conoscenza tattica e della strategia, della metodologia di allenamento e di tutto quello che si può estrarre dai maggiori e più conosciuti stili di KUNG -FU , THAI - BOXING, JUJITSU, JUDO. Questo è lo studio che il nostro Sifu Paolo Cangelosi, instancabile, ci trasmette nelle lezioni formative per il WMA. Questo regolamento evidenzia la sua professionalità nel creare un metodo di combattimento dove gli atleti si possano confrontare, senza il rischio di cadere nel vortice della rabbia adrenalinica e di sporcare l'arte portando qualunque tipo di colpo. Regole per trovare un terreno facile da percorrere e per dare un ottimo spettacolo anche agli occhi dei neofiti. A cura dell’istruttore Max menei Della sede di Fiumicino “TIANDI” - via I. Zanini 18



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Come è strutturato il “Fu-Shih Kenpo” Movimento e Flessibilità Tutte le scuole cinesi danno enfasi a una buona flessibilità, non importa se sono interne o esterne, del Nord o del Sud. Per praticare la difesa personale non è necessario eseguire complicati esercizi per la potenza nelle arti marziali, ma il movimento è essenziale al fine di completare un livello di conoscenza dei calci, evitare di stancarsi e di ferirsi durante la pratica. Per coloro che si dedicano alle Arti Marziali dovrebbe risultare utile per soddisfare la propria ricerca di metodi diversi ed esercizi da praticare. Se abbiamo praticato uno stile e si ha la sensazione di essere arrivati a un punto morto per ciò che riguarda la flessibilità ad esempio, è necessario guardare ad altri stili e sistemi per trovare nuovi stimoli e obbiettivi. Quando si agisce per molto tempo in uno stesso gruppo di esercizi, il corpo e la mente perdono gran parte del loro entusiasmo. Il corpo si stanca, diventa pigro e non collaborativo. Elasticizzare il corpo con nuovi gruppi di esercizi, produce risultati meravigliosi. Flessibilità è vita, rigidità è la morte. Dividete i movimenti in due o tre gruppi, parte superiore del corpo, anche e gambe, variare la sequenza ogni due o tre settimane, cercare costantemente nuovi esercizi, non lasciate che le gambe si irrigidiscano ed eseguire tutti i tipi di movimento prima di ogni sessione di allenamento.

ALLENAMENTO PER LE DONNE: Allenare e addestrare le donne, non è lo stesso che farlo con i ragazzi. Ciò che di solito accade con bambini e adulti, è o dovrebbe essere esposto con differenti metodi. Nell'allenamento per le donne, bisogna tener conto delle loro qualità e dei loro limiti, e dobbiamo vedere le cose a un altro livello emozionale. Nella loro quasi totalità, le donne di solito sono più flessibili degli uomini, ma per contro a loro volta possiedono meno forza e potenza nei colpi e nelle azioni tecniche. Esse devono imparare ad attaccare sempre punti sensibili, punti vitali e con tecniche naturali e spontanee, facili da utilizzare. Tutte quelle manovre che non avranno perfezionato e che non saranno capaci di applicare con assoluta confidenza e sicurezza, non dovranno mai essere utilizzate. Tecniche come per esempio infilare le dita negli occhi, o anche calciare ai genitali, non devono essere impiegate se non con la completa fiducia in esse. Il percorso di lavoro nel loro allenamento, consiste in un repertorio di pugni individuali, con le nocche, una varietà di colpi semplici che non richiedano una grande potenza per essere efficaci e più importante, in conoscenze basilari e addestramento con armi naturali. Devono essere realistiche e mirare all'efficacia e alla semplicità. Colpi al naso, orecchie, mento,occhi, setto nasale, trachea, plesso solare, genitali, clavicola,menischi, rotula, dita dei piedi, costole fluttuanti, reni, cervicale collo, ecc., tramite l'impiego di pugni, palmi della mano, gomiti, ginocchia e calci, sono gli elementi da perfezionare, insieme a un grande senso di

sicurezza e fiducia nei propri mezzi. In questa maniera, una donna può avere delle possibilità quando viene aggredita, ma prima deve cercare l'efficacia, dopo lo stile, l'arte, le forme, ecc. L'allenamento con armi naturali (Penne, chiavi, bastoni, borse, ecc.) dovrà essere diretto e accurato. Nel nostro sistema tutte le armi, o meglio, qualsiasi cosa (tutto) venga usata come arma, deve essere usata con l'unico scopo di infliggere molti danni. Questo se ci troviamo a dover difendere la nostra vita o quella del prossimo. L'addestramento con lo sparring per le donne nel Fu-Shih Kenpo, è diviso nei seguenti gruppi: 1)Sparring di mano. Simile alla Boxe, ma con attacchi costruttivi al perimetro del corpo. 2) Sparring di gamba-calci. Bisogna dare enfasi agli angoli corretti di avvicinamento, a una corretta teoria, a concetti ben applicati, al lavoro eseguito con decisione. 3) Sparring standard. Braccia e gambe, tutti i tipi di presa e colpo sono permessi. 4) Attacco armato. Contrattacchi con diversi elementi armati. All'aggressore si chiede che attacchi al corpo o alla testa di quello che si difende; questo serve per la tecnica costruttiva e permette una certa libertà all'aggressore. L'aggredito deve provare e praticare una varietà di tecniche. La maggior parte delle donne tende a indietreggiare in tutte le aggressioni, in questo caso, ottenendo solo un ulteriore castigo da parte dell'aggressore a cui è concesso più spazio e tempo per pianificare i suoi attacchi. Eventualmente il difensore impara che il movimento corto e progressivo di passi rapidi, riduce gli angoli e gli permette di ostruire con sicurezza l'arco che produce l'arma quando attacca. Può darsi che una donna possa restare anche ferita, ma così impara a costruire la sua difesa. 5) Attacco armato contro soggetto armato o disarmato. Questo è il contrario di quanto detto nel punto precedente, qui normalmente è la donna che attacca un uomo. Alla donna che attacca viene data libertà di tecniche, le è permesso attaccare il perimetro difensivo dell'avversario se lo desidera. Dobbiamo ricordare che non è solo attacco o difesa, nello sparring ci sono sempre due istruttori disponibili a vigilare sul lavoro, quindi questi possono dare dei consigli preziosi, o anche criticare ciò a cui stanno assistendo. Nota: in questi 5 metodi di sparring non c'è arbitro, non ci sono punteggi, non c'è limite di tempo, se i contendenti portano la contesa a terra, hanno 10 secondo per dominare l'altro o per portare una sottomissione usando tecniche dolorose, altrimenti l'istruttore annullerà lo scontro e si dovrà iniziare di nuovo. In un primo momento questa arte da combattimento non è molto bella, non è stilizzata perché, è utile ripeterlo, quando il Fu-Shih Kenpo agisce nella difesa personale, il praticante non cerca lo stile, ma l'efficacia. Poi, nella misura in cui il lottatore o la lottatrice praticano per un certo periodo di tempo, poco a poco raggiungono un livello di comprensione ed espressione dell'arte come tale, la sua estetica migliora e i movimenti arrivano a essere abbastanza gradevoli, anche se letali, conservando tutte le giuste qualità delle Arti Marziali.


“Per praticare la difesa personale non è necessario eseguire complicati esercizi per la potenza nelle arti marzialiâ€?


YIN e YANG (1° Parte)

D

all'introduzione delle arti marziali dell'Asia nel mondo occidentale si è avuta la tendenza da parte degli insegnanti e del pubblico in generale, a classificarle in due grandi categorie: gli stili “duri” e “morbidi”. Con gli anni, questa percezione generale si è consolidata nella comunità delle arti marziali e la terminologia degli stili “duri” e “morbidi” adesso è accettata e raramente messa in discussione. Anche i mezzi di comunicazione delle arti marziali hanno contribuito a rafforzare questa idea con molti articoli che si riferiscono a differenti discipline e stili come “dolci” o “duri”, risaltando le loro peculiarità. Credo che possiamo essere ragionevolmente d'accordo sul fatto che alcune arti possano essere riconosciute e classificate come “prevalentemente” morbide o dure, in maniera semplice e corretta. Pochi mettono in discussione che il Taekwondo, il Tang Soo Do, lo Shotokan e l'Isshin Ryu, ad esempio, siano principalmente duri, mentre l'Aikido, il Jiu Jitsu e il Tai Chi siano considerati morbidi. Ma dopo un analisi più accurata, queste semplificazioni e classificazioni superficiali non rispecchiano la vera natura e la ricca complessità (per non parlare della storia) della maggior parte delle arti marziali. Allo scopo di capire come siamo giunti all'attuale percezione degli stili duri e morbidi, è necessario rivedere i criteri utilizzati per classificare le arti: quelle che si basano sulla potenza, su colpi e movimenti lineari si definiscono quelle dure; quelle che utilizzano colpi con energia più dolce, attacchi e movimenti circolari si definiscono quelle morbide. In generale, la distinzione è corretta, esatta e perfino utile. Tuttavia il problema è che la maggior parte delle arti marziali

“Gli insegnanti e gli allenatori sportivi tradizionali che limitano o rifiutano il cross training, stanno dando un cattivo servizio ai loro allievi”


presentano elementi di entrambe le classificazioni! Infatti, in un sistema marziale “completo”, integrale e strutturato, il suo programma includerà sia la parte lineare, dura, i colpi, che l'elemento circolare, morbido e le prese. Non dobbiamo stupirci di questo. Le arti marziali hanno sviluppato metodi di combattimento per il campo di battaglia e pertanto debbono contenere un'ampia varietà di strategie, tecniche, sottili astuzie e adattamenti all'ambiente e perciò è necessario incorporare sia gli aspetti duri che morbidi. Ma aldilà di questa considerazione pratica e storica, la ragione più convincente per mettere da parte la visione semplicistica di morbido e duro è radicata nel fondamento esoterico-filosofico presente nel nucleo di tutte le arti marziali asiatiche, che si può elegantemente vedere nel loro simbolo: lo Yin e lo Yang. Questo simbolo, meraviglioso nella sua semplicità, significa soprattutto la dualità di tutte le cose nell'universo e l'assoluta necessità dell'esistenza degli opposti. Gli artisti marziali possono vedere questo simbolo e il suo significato come un veicolo strettamente educativo, spogliato e carente di una qualche connotazione religiosa o mistica. Si tratta uno strumento di insegnamento e ispirazione, un dispositivo per ricordarci che dobbiamo essere flessibili e in costante evoluzione. Evoca la fluidità e nega la rigidezza. Ci stimola a ricercare sempre di più, a sperimentare il più possibile e rifiutare le limitazioni. A livello pratico, lo Yin e lo Yang ci stanno avvertendo che nessuna arte è totalmente morbida o dura, che i movimenti lineari e circolari si completano tra loro; che i colpi e le prese

sono utili e necessarie; che il combattimento con o senza armi sono due facce della stessa realtà. La costruzione artificiosa di duro contro morbido è illusoria. Da quando il primo UFC è arrivato sulla scena mondiale, la necessità di “cross training” si è fatta evidente e, con la crescente popolarità della MMA, sempre più istruttori e praticanti finalmente hanno compreso il messaggio, aprendo le loro menti e abbracciando la conoscenza per integrare il proprio stile duro con tecniche morbide e il proprio stile dolce con tecniche dure. Adesso il combattente in piedi impara a destreggiarsi a terra, il judoka



Grandi Maestri impara a colpire, l'esperto in calci del taekwondo impara ad afferrare e il praticante di Aikido impara a calciare. Come c'era da aspettarsi, COMUNQUE, questa tendenza non si è sviluppata senza controversie e il cross training è stato oggetto di tanti dibattiti e critiche negative. I due gruppi più attivi nella discussione sono agli estremi opposti della comunità delle arti marziali. In primo luogo, come era facile pensare, ci sono i tradizionalisti più acerrimi che vedono il cross training come una mancanza di rispetto, persino sleale, e una distrazione dallo studio della propria “vera” a r t e . Sorprendentemente nell'altro estremo, ci sono i molti p r a t i c a n t i “sportivi” di arti marziali che si sono specializzati in un tipo specifico di competizione con tecniche limitate e regole restrittive. L'idea è che se questi gareggiano solo nei tornei di taekwondo, per esempio, non hanno la necessità di imparare le prese o le proiezioni. Considerano il cross t r a i n i n g confusionario,

controproducente o addirittura una perdita di tempo. Per la stessa logica, se un combattente si allena soltanto per le competizioni di MMA, perché “perdere tempo” nell'imparare a disarmare, o a lottare con i bastoni filippini? Sono in

assoluto disaccordo con ambo i punti di vista, poiché sbagliano completamente nel valutare il cross training. Non è (e non deve essere!) solo in funzione della competizione sportiva. Si tratta di produrre un migliore artista marziale! Gli insegnanti e gli allenatori sportivi tradizionali che limitano o rifiutano il cross training, stanno dando un cattivo servizio ai loro allievi. Alcuni sono insicuri e di mentalità chiusa, altri sono motivati dall'ego e dall'avidità. Il Crosstraining serio, equilibrato e strutturato non solo è intelligente e porta benefici, ma è profondamente coerente con l'eterno principio di Yin e Yang. Ciò rivela che p o s s i a m o raggiungere livelli sempre più alti di abilità, conoscenza e fiducia per sperimentare e abbracciare il duro e il morbido, il lineare e il circolare, i colpi e le prese, con armi o senza armi. Nel prossimo numero spero di poter condividere con voi le mie opinioni personali e le mie esperienze sui principi dello Ying e lo Yang e la loro influenza nella creazione del Combat Hapkido.

“A livello pratico, lo Yin e lo Yang ci stanno avvertendo che nessuna arte è totalmente morbida o dura”





In questa nuova serie di DVD didattici, il Maestro Mark Gridley presenta e spiega nel dettaglio, l'uso dei punti di pressione nella difesa personale. Il programma di Punti di Pressione Tattici del Combat Hapkido è il risultato di svariati anni di studi e indagini sotto la guida e l'assistenza di uno dei maggiori esperti mondiali in materia e si basa su principi pratici e attuali della moderna Difesa Personale, senza l'eccessiva e mistica complessità di altri analoghi sistemi sui punti di pressione. Il corso di Punti di Pressione Tattici del Combat Hapkido è ampiamente utilizzato dalle forze di polizia di tutto il mondo e può essere integrato in qualsiasi programma di Arti Marziali. La serie conta di quattro volumi che comprendono tutto il programma per Istruttori: Corso per Assistente Istruttore, Corso per Istruttore Associato, Corso per Istruttore e Corso per Istruttore Senior.

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Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.


Testo e foto: Franco Vacirca La Convinzione è Vitale Sandra Nagel


Il principio fondamentale del Gracie Jiu-Jitsu: La Pazienza Nel Gracie Jiu-Jitsu il “principio” di lottare ha più a che fare con la preparazione che con la “finalizzazione”. Un attacco affrettato e senza preparazione non fa molti danni e alla fine può avere conseguenze negative su se stessi. Pertanto, si applica la “pazienza” come uno dei principi più importanti dell’autentico Gracie Jiu-Jitsu (GJJ). Può accadere per caso nello sport Brazilian Jiu-Jitsu (BJJ), anche se non si rischia mai la vita in un torneo di BJJ, ma può succedere invece in una situazione di auto difesa. I lottatori di GJJ (e le lottatrici di GJJ) imparano a focalizzarsi nello sviluppo salutare. Questo si applica a tutti settori del Gracie Jiu-Jitsu, sia mentale, fisico e umano, che si tratti di etica, rispetto, coraggio, gentilezza, amicizia, ecc. In uno scontro nella “fase iniziale” è, ovviamente, una

parte molto importante di ciò che succederà e per questo bisogna seguire anche una regola importante che mi diede il mio Maestro Pedro Hemeterio:”...chi ha il controllo del centro del rivale ed è capace di adattarsi con poco dispendio di energie, con elasticità e libertà, ha già vinto metà della battaglia”. Nel Gracie Jiu-Jitsu da combattimento è molto importante posizionarsi in maniera da poter essere sempre attivi. Si deve essere capaci di cedere alla pressione dell’avversario e se è possibile, riuscire a pressare questi in posizione verticale, ma senza perdere la propria forza del corpo e l’energia. Si deve sempre mantenere uno spazio libero sufficiente al fine di poter cambiare con flessibilità e adeguarsi alla situazione. Durante tutto il combattimento, specialmente all’inizio, bisogna limitarsi a contenere gli attacchi. Ogni attacco deve, se ancora non si è sotto pressione, essere contenuto con una tecnica di

contrattacco in modo che si possa mantenere l’opzione di applicare più tecniche. Con gli anni di esperienza e l’evoluzione personale, i combattenti di GJJ intelligenti imparano a leggere bene il proprio opponente sin dal principio per migliorare e se possibile, agire con maggior rapidità. I principianti commettono spesso l’errore di attaccare il nemico sin dall’inizio come un rullo compressore. Ciò può andare a favore di un lottatore di GJJ esperto che si ritrova un rivale quasi senza forze. La maggior parte dei combattenti GJJ sono molto “quadrati”, voglio dire che non utilizzano “curve” – pertanto i loro attacchi spesso si possono vedere da lontano, in contrasto con un praticante di GJJ esperto che applica le tecniche in forma più rotonda ed elastica, che padroneggia le proprie capacità e quindi sta più vicino al suo rivale. L’obbiettivo di qualsiasi principiante deve essere di apprendere questa “rotondità” da far entrare nell’applicazione delle tecniche.


Jiu Jitsu Questo è in verità piu facile a dirsi che a farsi, perchè necessita di tanto tempo di allenamento – a volte mesi – nel quale si pratica una sola tecnica. Praticare la tecnica di combattimento con differenti compagni si fa un pò più avanti e anche questo ha un ruolo importante, ma prima bisogna imparare bene ciò che lo precede. Nella nostra didattica Gracie JiuJitsu si effettuano degli esercizi di interiorizzazione prima del combatimento libero reale. Questi giocano un ruolo ancora più importante, perchè questi lottatori GJJ imparano la tecnica. I molto intensi e tecnici “esercizi” delle distinte tecniche o di quelle strettamente collegate, migliorano la fluidità e si utilizzano per acquisire una velocità naturale. “L’esercizio” aiuta anche parecchio e specialmente i lottatori di GJJ più passivi. Di frequente essi recitano un ruolo più passivo, per cui vengono praticamente obbligati a prendere una parte più attiva. Nel GJJ non abbiamo nulla contro un ruolo passivo, al contrario, talvolta è meglio di qualsiasi altra cosa, ma dobbiamo praticare i due ruoli per capirli meglio entrambi. In questo gioco di ruoli bisogna senza dubbio mettere molta attenzione anche alla difesa. Si ha l’opportunità di vedere quello che fa un altro praticante di GJJ nella stessa situazione o in una simile. Nel Gracie Jiu Jitsu esiste sempre la domanda su come un principiante debba assemblare il suo “repertorio iniziale”. Nel BJJ sportivo bisogna lavorare per imparare tecniche di atterramento del Judo, Sambo e Lotta Libera. Nel Gracie Jiu-Jitsu, avendo io imparato dal maestro Pedro Hemeterio, che a sua volta imparò le sue conoscenze personalmente dal fondatore del GJJ Helio Gracie, questo non è necessario. Nell’autentico GJJ si ha l’idea di autodifesa, il che vuol dire che già sappiamo dal principio che una posizione sbagliata può costarci la vita. Quindi, il primo movimento è già concepito per proteggerci (sopravvivenza). Le tecniche che servono solo per competere sul TATAMI, ci risultano superflue... Questo non significa che non siano s u ff i c i e n t e m e n t e b u o n e – m a semplicemente non ci servono per la nostra difesa, che è il nostro obbiettivo principale. E’ meglio eseguire una tecnica con un 20% di precisione e un 80% di convinzione, che una con un 80% di

precisione e un 20% di convinzione. Ecco qui alcuni importanti punti che il principiante deve assolutamente tener presente, nel suo cammino verso la cintura azzurra, perchè se gli sarà necessario per strada, possa applicare quanto imparato: L’efficacia di una tecnica può essere necessaria anche in mancanza di convinzione. La convinzione è molto importante, può esserla tanto quanto o più della stessa tecnica. La convinzione influisce in maniera significativa sul successo e sul

fallimento. Se magari, inizialmente, non si realizza alla perfezione la tecnica, ci si deve provare, ma con la piena convinzione. Alla fine si trarrà il profitto dovuto. Se si pratica una tecnica, bisogna allenarla bene, praticarla perchè sia completa in teoria e totalmente al suo posto; il primo passo è combinare precisione e convinzione. Bisogna praticare ciascuna tecnica con autocontrollo, però non deve mai venire meno il desiderio di padroneggiarla fino in fondo.




passato pi di un anno da quando l'International Martial Arts Institute invit il Gran Maestro Martin Sewer allo spettacolo annuale della World Black Belt Hall of Fame, in Malesia. Dobbiamo ricordare che gi anni fa gli organizzatori si rivolsero a Martin Sewer, grazie alla sua fama (che in aumento) nella comunit mondiale delle arti marziali, e in differenti occasioni lo hanno invitato a Kuching (Malesia). L'anno scorso non soltanto ha vinto il primo premio nel torneo dei Grandi Maestri, ma stato anche eletto Gran Maestro dell'anno 2012. Allo stesso tempo ricordiamo che quel meraviglioso e memorabile evento stato turbato dall'incendio di una delle locali scuole di Kung Fu. Quando il Gran Maestro Martin Sewer ha saputo di questo incidente, non ha tardato a donare il suo Lai Si annuale (regalo di compleanno) per agevolare la ricostruzione di tale scuola. E' stato un anno glorioso per Martin Sewer che ha riempito d'orgoglio la scuola e i suoi numerosi allievi in Svizzera. Ancora di pi si sono emozionati quando questo stesso anno stato invitato di nuovo e si recato, ancora una volta, a Kuching. Appena arrivato, stato accolto dal responsabile dell'evento, il Gran Maestro Dr.Song e gli stato chiesto di mostrare la sua maestria. A parte il Dr.Song e i Grandi Maestri presenti, vari VIP malesi hanno assistito alla dimostrazione, come per esempio il ministro della Salute. Il Gran Maestro Martin Sewer si esibito in una parte

E’

“Anche se Occidentale, dalla Svizzera, ha saputo superare tutti gli ostacoli della sua vita per arrivare ad essere il migliore allievo e successore dell Dr. Chiu Chi Ling. Ha dedicato tutta la sua vita all'Hung Gar Kung Fu originale e si preoccupa sempre dei progressi dei suoi numerosi allievi e della divulgazione dello stile”

della famosa Tit Sin Kuen, una forma leggendaria e “segreta” nel mondo delle arti marziali. Poco dopo stato eletto Senior Advisor dell'evento e per la sua opera nell'Hung Gar Kung Fu originale stato decorato con un nuovo riconoscimento, la medaglia d'oro della World Black Belt Hall ofo Fame. Alla fine di una lunga e fruttuosa giornata, la World Kuosho Federation Bangladesh lo ha omaggiato come invitato VIP dell'evento del Martial Arts Institute. Finalmente ha potuto poi riposare e recuperare dal lungo viaggio e da un pomeriggio pieno di omaggi e premi. Il giorno seguente ha avuto luogo il torneo delle dimostrazioni, tanto atteso dal pubblico e dai partecipanti estasiati. Martin Sewer vi ha partecipato nuovamente nella categoria dei Gran Master e ha difeso il primo posto dell'anno precedente. Ha esibito la famosa forma della Tigre e della Gru, in cinese “Fu Hook Seung Yin Kuen”. Questa forma cos conosciuta che molte volte l'Hung Gar Kung Fu originale viene definito il “Sistema di Kung Fu della Tigre e della Gru”. Con questa forma il Sigung (nonno nel Kung Fu) di Martin Sewer, il famoso uomo d'onore e eroe nazionale Chiu Kow, si impose nel campionato cinese di Wushu nel 1957. Martin Sewer ha dimostrato di essere un degno successore nella gloriosa storia dell'Hung Gar. La celebrazione proseguita nella Hall of Fame, il raduno delle leggende del Kung Fu. E' qui che Martin Sewer stato riconosciuto Gran Maestro nel 2012 e per quest'anno, grazie alla sua attivit come Maestro, stato selezionato come Gran Maestro


Hung Gar



Kung Fu Istruttore. Gli hanno chiesto un'altra volta di dimostrare il suo Hung Gar Kung Fu, ma non si limitato solo a fare sfoggio delle sue capacit , ma ha anche tenuto un seminario per i Grandi Maestri presenti. Ci lo ha messo in risalto davanti ai suoi colleghi. Come gi era accaduto nelle altre dimostrazioni, i partecipanti del seminario sono rimasti a bocca aperta e stupiti. Per giorni si parlato dei suoi insegnamenti e del buon umore che li hanno accompagnati. Il terzo giorno, le emozioni sono giunte al loro apice: Martin Sewer stato nominato Gran Maestro Istruttore dell'anno 2013. Ma non era tutto, mancavano ancora i riconoscimenti pi importanti. Successivamente alla consegna dei titoli onorifici, sono iniziati i festeggiamenti per la riapertura della scuola di Kung Fu, che venne distrutta da un incendio lo scorso anno. Che felicit mostrarono gli allievi locali al taglio del nastro rosso! In Svizzera, gli allievi del Gran Maestro Martin Sewer hanno condiviso la stessa emozione, poich hanno contribuito con la donazione del Lai Si del loro Sifu. Siamo arrivati dunque all'ultima serata e mentre molti gi pensavano al ritorno, un'altra sorpresa attendeva Martin Sewer e i suoi allievi: il successore del leggendario Dr.Chiu Chi Ling e direttore della pi grande scuola di Hung Gar in Svizzera, il Gran Maestro Martin Sewer, ha ricevuto il 9° Grado di Maestro, davanti a tutto il pubblico e agli altri Grandi Maestri. Secondo il rappresentante dell'Internationale Martial Arts Institute, era il minimo che si poteva fare per premiarlo e non poteva essere meno che onorarlo e mostrargli tale riconoscimento. La notizia ha avuto grande ripescussione sui giornali e altri media locali. Sempre leale e fedele al suo Sifu, il Dr. Chiu Chi Ling, Martin Sewer ha dichiarato: “ Per me importante l'8° grado conferitomi dal mio Maestro. Con questo grado lavoro ed esso appare nel mio biglietto da visita. Ma, naturalmente, un onore eccezionale ricevere questo premio, verso il quale nutro il mio sommo rispetto.” I suoi allievi svizzeri, incluso lui stesso, sono rimasti sorpresi da una simile onorificienza mostrata nei suoi confronti. Tuttavia i Grandi Maestri anziani dell'Asia, soprattutto quelli di Hong Kong, non erano affatto stupiti: “ Non meritava altro” - disse uno dei Grandi Maestri - “Anche se Occidentale, dalla Svizzera, ha saputo superare tutti gli ostacoli della sua vita per arrivare ad essere il migliore allievo e successore dell Dr. Chiu Chi Ling. Ha dedicato tutta la sua vita all'Hung Gar Kung Fu originale e si preoccupa sempre dei progressi dei suoi numerosi allievi e della divulgazione dello stile. Ha scritto libri e pubblicazioni varie e lavora attivamente per la comunit delle Arti Marziali. Cos dev'essere! Conosco pochi che sono arrivati a tanto al giorno d'oggi, ma questo svizzero un po' pazzo ci riuscito!”.





Il nuovo film di Isaac Florentine “Ninja: Shadow of a Tear” non è il classico film a buon mercato di Hong Kong. È una pellicola d'azione di Hollywood con tutti gli ingredienti per essere ricordato negli anni a venire.



Ninja “Shadow of a Tear” (“Ninja II”, ndt) Diretto da Isaac Florentine Attori protagonisti, Scott Adkins e Kane Kosugi Prodotta da Millennium Films, Avi Lerner, Boaz Davidson e Frank Di Martini Azione, colpi di scena, eccellente tecnica, una storia credibile, grande cinematografia, storicamente corretto, David White ha fatto un lavoro incredibile nello scrivere la sceneggiatura. Prodotto da Avi Lerner e Boaz Davidson della Nu Image Millennium, riempirà i dojo come hanno fatto negli anni 70 e 80 “Senza esclusione di colpi” e “I 3 dell'Operazione Drago”. Esplosioni, calci come mai si sono visti prima, una bella storia e l'incredibile performance del nuovo eroe delle arti marziali di Hollywood, SCOTT ADKINS (Boyka nella serie

“Undisputed”). L'abilità nelle arti marziali di Scott è aumentata a tal punto da farla div entare da buona a v eramente impressionante. In condizioni fisiche eccezionali, le ragazze impazziranno nel vedere questo giovane affascinante c he c ombatte da uomo c on una missione, insieme al nuovo cattivo Kane Kosugi che è il figlio di Sho Kosugi. Sho è stato il protagonista di molti dei primi titoli della serie di film N i nj a degl i an n i ' 80, a c u i appartengono classici come “Ninja, la furia umana”, “Pray for Death” (“Il colpo segreto del Ninja”) che hanno reso popolare la parola ninja nelle case americane. Kane è una star assoluta nel suo paese natale, il Giappone, e adesso colpisce Hollywood con calci e pugni come fece il padre 30 anni fa. I d ue a ffro nta no s u llo s c hermo i l dilemma dell'affetto e del rispetto di fronte alla pura disperazione e all'odio quando Casey cerca di scoprire chi è stato il responsabile della morte di sua moglie incinta Namiko e del figlio.

La storia è la vendetta di Casey (Scott Adkins) la cui moglie viene assassinata da una gang e lui segue i criminali dal Giappone alla Thailandia e nelle foreste della Birmania. Le scene di combattimento, unite a una eccellente recitazione di Adkins e Kosugi hanno un ritmo che non ti lasciano senza fiato. Tuttavia, quando comincia l'azione è come se scoppiasse l'inferno e i calci sono così rapidi, alti e sorprendenti che sfidano la forza di gravità. I combattimenti con le spade sono sanguinosi ma non eccessivi. Ah, ho detto che non vengono usati cavi per le riprese delle scene di lotta? Non ci potrete credere. Si cerca di mettere in risalto sia Scott che Kane per le rispettive incredibili abilità, pulizia, rapidità precisione nelle tecniche che derivano da ore di allenamento in un dojo. L'arma principale per uccidere è un Mankirigusari o catena da 30 pollici, che era utilizzata dai Ninja del XVI secolo per strangolare o atterrare un avversario. La curiosità è che è fatta con filo spinato ed




è il biglietto da visita della banda di malviventi che lascia un segno terribile sul collo delle loro vittime. Nei ruoli secondari ci sono Jahwad e Tim Man che realizzano delle grandi azioni, oltre a un grande comparto di artisti marziali che contribuiscono a rendere eccellente questo film sia tecnicamente che storicamente, in modo che tutti coloro che hanno praticato o studiato il Ninjutsu e daranno un'occhiata alla pellicola, ne approveranno l'effettiva bontà. Lo svedese Tim Man è il coreografo dei combattimenti al quale rivolgere una standing ovation per il suo eccezionale lavoro nelle scene di lotta. Altro motivo di interesse per il film è la passione e l'attenzione maniacale di Florentine ai dettagli delle sue storie, in cui indaga per assicurarsi della loro correttezza nel particolare come fa nuovamente in questa pellicola, perché mostra il vero ed esatto stemma Ninja e la

vera storia di Fujita Saiko, l'ultimo ninja del lineage Koga che morì nel 1966 e che è stato di fatto l'ultimo vero ninja durante la II Guerra Mondiale. Il film ricorda alcune scene di “I 3 dell'Operazione Drago”, con due bottiglie rotte e un passaggio incredibile con un calcio laterale e anche se non c'è una sale con degli specchi, non c'è dubbio che Florentine voglia rendere omaggio al Piccolo Drago nell'ultima scena di combattimento. E così cita ancora una volta Bruce Lee quando imita “Dalla Cina Con Furore” in una delle scene di lotta del dojo con un gruppo di ragazzi tutti i insieme e che di certo è stata fatta in un unico piano d'azione, congratulazioni a Ross Clarkson il cineoperatore, che ha fatto un lavoro incredibile come solo lui può fare. Se vi è piaciuto “Ninja 1” è sicuro che amerete questo film. La pellicola, secondo me che non sono così

imparziale, è la migliore di Florentine fino ad ora. Sarà un grande successo come “I 3 dell'Operazione Drago” e “Senza esclusione di colpi”? Beh, dipende risposta del pubblico, ma una cosa è certa, non bisogna perderselo per guardare qualche stupida storia di arti marziali piena di effetti grafici c omputeriz z ati c he s appiamo essere fasulla e con movimenti impos s ibili c he nes s uno può eseguire. Che sollievo non vedere nessun trucco con cavi tipico di ogni altra pellicola Chop Suey (sinoamericana, ndt) fatta in America! Lasciate quella spazzatura a quelli di Hong Kong. Forza Hollywood sveglia e dai a ques to ragaz z o un budget per realizzare films di arti marziali come si deve, ancora una volta. Nessuno può rac c ontare una s toria e rappresentare il genere d'azione meglio di Isaac Florentine e non dico altro.



Classici

IL PADRE DEL KARATE EUROPEO Senza dubbio il potente Karate Europeo non finirà mai di ringraziare il lavoro realizzato dal suo precursore nonché suo vero padre, il francese Henry Plee, che ha appena compiuto i 90 anni di età. Carismatico, curioso, anche pittoresco, con le sue stranezze che ne alimentano la sua aura di grande maestro, Plee portò i primi maestri giapponesi fino al suo club parigino, il primo dojo europeo di Karate (che continua ad essere dove è sempre stato, anche se ristrutturato dopo un pauroso incendio accaduto di recente). Così gettò il primo seme del Karate nel vecchio continente. Salvador Herraiz nella sua ventina di viaggi a Parigi da oltre 25 anni, non ha mai mancato di visitare il carismatico luogo nel centro della capitale francese. Adesso ha recuperato di sua iniziativa la conversazione che ebbe in una di queste occasioni con Henry Plee, a casa sua, nello stesso stabile, appena sopra il leggendario dojo. Testo e Foto: Salvador Herraiz, 7°Dan di Karate Parigi (Francia) arigi è una città nella quale in molte occasioni, a partire dagli anni 80 ad oggi, ho viaggiato per motivi legati al Karate. Laggiù, anni con il mio valido team agonistico abbiamo partecipato per diversi anni alla Coppa di Francia di Wado Ryu che il maestro e amico Patrice Belrhiti continua ad organizzare da svariate decadi. Parigi è anche un luogo in cui avvengono seminari e galà dalla tradizione leggendaria. Le tante visite alla “Ville Lumière” mi hanno portato tempo fa ad avere una profonda conversazione con il maestro Henry Plee, una conversazione che oggi vogliamo riportare qui, su Cintura Nera/Budo International, dal momento che la validità del suo contenuto è più che mai attuale. Chi ha a che fare con le Arti Marziali e non ha mai sentito parlare del Maestro Henry Plee? Quest'uomo francese è una leggenda in Occidente. Egli introdusse la pratica del Karate in Europa e fece moltissimo per lo sviluppo non solo di quest'Arte, ma anche di altre come Judo, Aikido…attraverso l'edizione in lingua francese di riviste e altri lavori. Con al suo attivo una trentina di Dan (!), ripartiti tra le varie arti marziali, Judo, Aikido, Kendo, Bojutsu e Karate, è con quest'ultimo che è arrivato ad essere più conosciuto negli anni recenti. Il signor Plee è 10°Dan di Karate, riconosciuto da Tsuneyoshi Ogura (1909-2007). In Francia, in tutta Europa e nel mondo intero, Plee è riconosciuto e rispettato. Tutti i Maestri Francesi sono stati suoi allievi, o hanno avuto a che fare con lui. E', ripeto, una vera leggenda.

P

Henry Plee, nato nel 1923 ad Arràs, nella regione del Passo di Calais in Francia, nel nord del paese, cominciò gli studi di architettura poi interrotti dalla II Guerra Mondiale. Ho conosciuto personalmente Henry Plee nel 1990. La cosa mi provocò sensazioni contrastanti. Senza mettere in discussione ne il suo interesse, ne tantomeno la sua importanza e il suo meritato posto nella storia del Karate, la verità è che il suo modo di essere mi causò una sensazione non troppo positiva. Una mattina di primavera, mi diressi al mio appuntamento con Plee. Il luogo non poteva essere altro che la casa che possiede appena sopra al suo dojo, il primo posto in Europa dove si praticò e insegnò Karate in maniera ufficiale. La proprietà che Henry Plee ha nel centro di Parigi, molto vicina alla cattedrale di Notre Dame, è un luogo tranquillo e attraente dove insieme alla residenza familiare si trova il famoso club di Karate e il negozio di articoli per arti marziali da sempre in suo possesso. Devo dire che nella ventina di occasioni che ho visitato la capitale francese, non ho mai mancato di venire qui. E' pur sempre il luogo in cui ebbe inizio il Karate in Europa e pertanto, per gli amanti della storia, è come un luogo di culto. Henry Plee mi ricevette in casa sua, una vecchia villa in cui è compreso un famoso negozio di Arti Marziali che ha lasciato ai suoi figli e lo Shobudo “Karate Club de France”- club a capo di una elite. Il signor Plee, i cui allievi hanno vinto 32 tra titoli nazionali francesi, europei e mondiali, era li che mi aspettava. Ci sedemmo insieme in una stanza dallo stile molto particolare, dalla quale se ne vedevano altre non

meno originali. Poca luce, innumerevoli oggetti tradizionali del Budo, spade, armature da Samurai…si trovano in questa stanza. I mobili, in stile antico, l'ambiente, mi fanno pensare a lui come una persona alquanto filosofica, profonda, molto profonda e persino stravagante a volte. Plee si era interessato in precedenza alla Boxe e alla Savate, ma è dal 1948 che inizia a tradurre la rivista Judo Kodokan di Judo e a interessarsi alle arti marziali giapponesi. Poco più tardi entrerà in contatto con maestri di Karate come Mochizuki, Murakami e Oshima, i quali riuscirà a portare a Parigi per insegnare. Tra quei primi allievi di Plee a Parigi c'è il successivamente noto (nel mondo del Karate) Jaques Delcourt. Nella parete principale di questa stanza ci sono due armature veramente impressionanti. Tra di esse spicca un ritratto. E' il padre del Maestro Plee. “Ho iniziato a cinque anni ad allenarmi al pugilato con mio padre, che era nell'esercito. Poi ho praticato “Savate”. Signor Plee come ha cominciato con le Arti Marziali? “Nel 1948 iniziai a tradurre e pubblicare la rivista JUDO KODOKAN. L'ho fatto per moltissimi anni. Tradussi anche Gichin Funakoshi dal 1948.” Poco più tardi entrerà in contatto con maestri di Karate come Mochizuki, Murakami e Oshima, i quali riuscirà a portare a Parigi per insegnare. Tra quei primi allievi di Plee a Parigi c'è il successivamente famoso (nel mondo del Karate) Jaques Delcourt. Il Maestro Plee ha avuto ottimi rapporti con tanti Maestri Giapponesi. Come entrò in contatto con il Maestro Mochizuki?


Maestri “Io ero un buon Judoka. Mochizuki arrivò con il suo Aikido. Praticai Aikido con lui (si riferisce a Minoru Mochizuki, una grande leggenda del Budo Giapponese con oltre 50 Dan al suo attivo). Siamo amici e anche con il figlio Hiroo.” Hiroo Mochizuki venne in Europa. Ma anche altri maestri lo fecero, no? “Si, venne Murakami, che è morto da alcuni anni. Anche Oshima, Kase, Tokitsu, Nambu…Mochizuki Hiroo ebbe una spiacevole esperienza di combattimento. In Giappone aveva sentito che il Wado Ryu aveva qualcosa della boxe e quindi…Ma era un karateka molto valido.” Mochizuki fu un importante maestro e precursore del Wado Ryu in Europa. Infatti esistono libri di Mochizuki sui Kata del Wado Ryu, realizzati inoltre in collaborazione con…Henry Plee. D'altra parte è certo che Mochizuki praticò anche Shotokan e più tardi mescolò sistemi e idee per ideare il suo Yoseikan Budo, ecc…tuttavia, che fu un importante maestro di Wado Ryu…non vi è alcun dubbio. Cosa pensa dei Giapponesi?

“Nel 1950, i giapponesi non volevano gli occidentali. Era appena terminata un'epoca molto triste per loro, a causa dell'occupazione Occidentale. I giapponesi maltrattavano gli occidentali per colpa dell'occupazione americana. Pensavano che ciò che non viene dal loro paese sia negativo. Si consideravano superiori”. Sembra che il Signor Plee non abbia u n a

grande opinione dei modi di fare nipponici. Egli continua dicendo…”Anche poco tempo fa, gli americani comprarono azioni di una grande azienda giapponese e questo fece grande scandalo.” Henry Plee pensa un po' e mi dice: “Se vai in Giappone, in qualche modo verrai ferito praticando il Karate.” Cambiamo argomento. Un'altra persona che ha significato molto nel modo delle Arti Marziali in occidente fu Donn F.Draegger, che ebbe frequenti rapporti con Plee. Gli domando in merito a tutto ciò, lui annuisce con il capo e risponde:

1. Pergamena originale dello storico Club 2. Salvador Herraiz, nel cortile interno della struttura, sulla soglia del portone del dojo. 3. Henry Plee 4. Henry Plee tra il pioniere inglese Vernon Bell e Hiroo Mochizuki 5. Plee da bambino, nel 1930, combattendo per gioco sulla spiaggia. 6. Plee e Hiroo Mochizuki agli albori del Karate in Europa. 7. Posa tecnica di Kokutsu Dachi Shotokan 8. Nel 1949, nel dojo del maestro Kawaishi di Judo, a Parigi. Geniot, Plee, Valin, Conquil e Gillet. La giacca grigia che utilizza Plee l'ha portata dalla Germania, dai tempi in cui era stato prigioniero li nel 1944. 9. Plee riceve un Sokuto Geri da Taiji Kase. 10. Henry Plee e Hiroo Mochizuki durante il primo Campionato di Francia di Karate, il 25 Ottobre del 1957. 11. Un altro momento di un kata.


Intervista 12. Plee che esegue una tecnica di rottura durante il Campionato di Francia del 1958. 13. Henry Plee, pioniere del Karate in Europa.

14. Plee, in basso a sinistra, insieme a Tsutomu Oshima. Nel cerchio, in alto a destra, Jacques Delcourt. 15. Plee, insieme a Nambu e ad altri a San Rafael.

“Fu molto importante. Praticò Karate con Fukuda (traduceva una rivista). Venne in Francia per un campionato di Judo e mi fece visita per via della biblioteca così rara che possiedo.” Il signor Plee si riferisce agli esemplari di libri, così curiosi, interessanti e unici che la compongono. E con Draeger ebbe un buon esempio di Karate vero? “Avevo un club di Judo e lui venne ad aiutarmi. Veniva sempre una mezz'ora prima e in quel lasso di tempo Donn praticava il suo Karate. Io gli domandai se quella era Boxe francese e lui mi disse no! Così mi mandò un film.”

Questo film, con le tecniche dei maestri Obata, Nishiyama e Nakayama, insieme a un libro di Yoshitaka Funakoshi, furono i primi insegnanti di Henry Plee. Donn Draegger collaborò anche alla rinascita del Karate dopo la proibizione della sua pratica con l'occupazione americana. Plee parla ancora di questo: “Si, il Generale Mc Arthur proibì la pratica del Karate. Draegger si adoperò perché fosse tolto tale veto. Il film menzionato prima, ebbe anch'esso un ruolo importante nella sua restaurazione. Era il 1946.” Henry Plee ora parla del suo Maestro e del suo modo di essere.

“Non mi piacciono molti Maestri. Quando andai in Giappone, Donn mi aiutò con alcuni di loro. Più tardi conobbi dei veri Maestri. Ma questi non si fanno vedere. Einstein e un professore universitario non sono la stessa cosa. I veri Maestri non parlavano. Il vero Maestro non è visibile per la gente ordinaria. E' necessario avere un certo spessore. A Einstein non sarebbe interessato discutere di matematica con qualcuno senza alcuno spessore. Gichin Funakoshi e Itosu erano Maestri nel 1901. Funakoshi sin da piccolo voleva insegnare ai più piccoli. Non erano al suo livello.



Intervista Funakoshi a volte sbagliava a insegnare.”

Pare che H.Plee stia pensando ai Maestri clandestini dell'epoca di Matsumura, ecc…” Funakoshi nelle sue memorie dice che aveva dei Maestri segreti. Un buon Maestro ha quattro o cinque buoni discepoli.” Il 21 Novembre del 1965 ebbe luogo un Congresso Europeo di Karate nella città della Senna. Era già la terza edizione. Austria, con Kart Neveceral in testa, Jugoslavia e Portogallo si aggiungono all'interesse per l'organizzazione europea. Henry Plee, in qualità di Consigliere Tecnico, apporta l'operato di quattro esperti giapponesi che aiuteranno a sviluppare il lavoro tecnico. Si tratta di Kono, Yamashima, Toyama e Suzuki. Ovvero, lo stile Wado Ryu è, senza ombra di dubbio, il capofila del consiglio tecnico Europeo. Vengono formalizzati gli statuti e con quello nasce ufficialmente quella che sarà l'Unione Europea di Karate. Il 7 di Maggio del 1966 venne disputato un primo Campionato d'Europa a Parigi, sia a squadre che individuale, ma questo al momento avvenne solo a livello maschile (e così sarà per i 10 anni a seguire). Cinque paesi a squadre e uno in più per l'individuale. Non male per cominciare! La Francia arrivò 1°, seguita dalla Svizzera e dall'Italoa. Nell'individuale vinse il francese Baroux, seguito dal connazionale Sauvin e dall'italiano Geronema e Setrouk (Francia). Traumi e colpi senza controllo si videro a iosa. Un problema da risolvere. L'Unione Europea di Karate posò le sue prime solide basi. Henry Plee si fece

carico della Segreteria Generale, l'italiano Ceracchini venne nominato Vicepresidente e Leo Arts ottenne l'incarico di Tesoriere. Per Henry Plee c'è una chiara differenza tra il Karate sportivo e il Karate che egli definisce Marziale e di tali differenze parla molto spesso durante la mia permanenza li. Cosa pensa dell'esistenza degli Stili? “Quando s'impara a cucinare, ti insegnano a fare dei piatti. Una volta preso il diploma se non fai dei piatti nuovi non sei un Maestro. Bisogna creare.” Per Plee esiste una grande differenza tra l'autentico e profondo Karate Marziale e lo sport. Nel primo si richiede una effettiva purezza. Lo sport, per lui, va per una strada differente. Cosa pensa circa l'introduzione del Karate ai Giochi Olimpici? “ Le competizioni hanno bisogno di soldi e i professionisti di titoli. Le Federazioni vogliono avere validi agonisti per ottenere sovvenzioni. Per i vari campionati è necessario unificare i Kata e i regolamenti…è tutto qui.” Ma ciò contrasta un po'…o abbastanza con gli stili di Karate, limitandoli per tale scopo? “E' un'altra cosa. La meta del Karate è rivelare qualità fisiche e mentali. Prima si diceva del Judo: Bisogna mettere il Judo nella vita e viceversa, la vita nel Judo.” Il Signor Plee torna a sottolineare la differenza che deve essere molto chiara, tra la parte sportiva che le Federazioni devono sviluppare e la parte Marziale, più interiore e personale. “Il campionato è un gioco (Le Olimpiadi, per esempio). Lo sport è lo sport. La parola sport significa divertimento. E' una parola FrancoIspanica che gli inglesi fecero propria e dopo ce l'hanno propinata come se fosse loro.” Allora si potrebbe dire che il Karate sportivo non è Karate, no? “ E' un'altra cosa. E' un errore utilizzare la parola “Karate” nei

In alto, Salvador Herraiz e Hanry Plee, riuniti 25 anni fa a Parigi. Più in basso, tradizionale corso a San Rafael nel 1965: in piedi, al centro, Yoshinao Nambu e davanti a lui, Henry Plee insieme ai leggendari Valera, Lavorato, Baut e Baroux. Henry Plee nel 2009, che riceve per mano di Jacques Delcourt il suo importante riconoscimento. Esterno del cortile, in Rue Ste.Genevieve a Parigi. Ultima, sotto, Herraiz e Plee parlano animatamente in casa del maestro francese.


Grandi Maestri campionati, anche se è buono a livello pubblicitario.” C'è dunque uno spirito distinto in entrambe le cose? “Nel Karate Arte Marziale non si prende mai l'iniziativa dell'attacco mentre nello sportivo si, perché è offensivo. Il vero Karate è difensivo.” Interrompo il Signor Plee…”Karate ni sente nashi” (Non ci sono tecniche offensive nel Karate), frase importante di Gichin Funakoshi che attualmente si

trova incisa su un monumento a Kamakura, Giappone. Il Signor Plee annuisce con la testa e dice: “Esattamente”, poi continua… “Nelle Arti Marziali si uccide per difendersi. È difficile provare a non attaccare. Attendere l'attacco avversario. La mente deve essere vigile, ma neutra e pronta ad attaccare…ma quest'idea viene spesso distorta. La posizione “Kokutsu” è difensiva e nel combattimento sportivo

si tende a fare “Fudo”, trasformandola in offensiva.” Lo sport e il suo spirito sono negativi? (Mi riferisco alla mentalità dal punto di vista del Karate Arte Marziale): “Lo sport è buono in gioventù. E' vita. Dopo i trent'anni si pratica l'Arte Marziale. Si perde in vitalità e si ricercano altre cose.” All'improvviso, il Maestro Plee si alza e si dirige verso un computer nella stanza accanto. Da li mi dice:


Intervista “Le voglio fare un regalo. Sono alcune regole per lo sviluppo del Karate Arte Marziale. Devono essere seguite non soltanto dentro il Dojo, ma anche fuori. Sono autorizzato a svelargliele.” Facendo riferimento alla versione originale delle 20 Regole D'Oro che dettò Gichin Funakoshi. “Lo sport è un rituale. Tutte le specie animali hanno i propri rituali in natura. Il più forte si guadagna la femmina migliore e il diritto di fecondarla. Così migliora la propria specie. La donna sceglie un bel corpo, anche se l'uomo è stupido. Va a migliorarsi e non uccide mai esemplari della stessa specie. E' solo un rituale. Gli uomini quando litigano spesso dicono:

“Vieni fuori se sei un uomo!” E' tutto un rituale. E poi non si uccidono mai. Mai.” Però a volte succede. Ci sono morti ammazzati, terrorismo… ” Si certo, ci sono sempre dei cani sciolti. Ma sono eccezioni. Nelle risse, se volessero davvero uccidersi si caverebbero gli occhi, o si morderebbero il collo, ma non lo fanno perché è tutto un rituale. Si afferrano…ma non si mordono. Gli animali con le corna quando lottano si attaccano frontalmente e non si fanno niente. Le loro corna si scontrano. Anch'esso è un rituale. Quando vogliono uccidere sul serio, cacciando altre specie, attaccano in modo circolare e trapassano la preda puntando al ventre. E' diverso se si vuole uccidere. Esiste una censura psicologica che ce lo impedisce.” Per il Signor Plee la parola Maestro ha un significato profondo come vediamo. Continua dicendo: “ Un Maestro nel senso più completo del termine non esiste. Solo in parte. Picasso era un pittore di grande livello, ma non era completo nel resto. Anche Dalì. Dalì dava messaggi esoterici nei suoi quadri. Era più uno specialista.” Per concludere con questo tema, il signor Plee mi da la sua opinione di se stesso: “Io non sono un Maestro. In ogni caso sono un buon insegnante. E molto fortunato.” Il signor Plee si dilunga su questo argomento, ma io voglio affrontarne degli altri. Cosa fa adesso Henry Plee? Ha degli insegnanti nel suo Club? Segue personalmente le lezioni? “Ho alcuni insegnanti che fanno le lezioni e io insegno a loro, dev'essere così. E si deve sempre avere qualcuno a capo di questi, così se il Maestro muore non ci sono problemi ne esplosioni. Se facessi le stesse lezioni uguali per tutti, venendo a mancare il Maestro potrebbe esserci uno smarrimento e tutti vorrebbero prendere il suo posto. Un Maestro deve essere preparato a questo. Se alla sua morte avviene una cosa del genere è perché non era un grande Maestro. Solo un pedagogo. Vuole aggiungere qualcos'altro per tutti i karateka Sr.Plee? “ Mettere l'accento nel “Kyokun”, i 20 precetti che le ho dato. Devono essere tramandati ai discepoli preferibilmente in maniera orale e comprendendoli bene. Ci sono differenti livelli di comprensione e parti oscure. Perciò bisogna anche stabilire un proprio metodo, ma solo quando si avrà una grande esperienza, se c'è qualcosa di nuovo si sentirà, quando la cucina è perfezionata si aggiungono gli ingredienti e tutto migliora.” Non molto tempo fa, nel 2009, il Presidente Onorario della WKF, l'inossidabile Jaques Delcourt, ha decorato Henry Plee con il titolo di Cavaliere dell'Ordine al Merito di Francia. Lo stesso presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Jaques Rogge si è congratulato con il suo connazionale per questo. Senza dubbio il Maestro Plee ha e avrà un posto privilegiato nella storia del Karate Europeo.




Mehmed Kodakov Due volte campione e 7 volte vicecampione di Bulgaria. Ha partecipato a due campionati mondiali di Lotta Libera Olimpionica e a due di Sambo. Maestro nazionale degli allenatori di Lotta Libera Olimpionica, Sambo, Grappling e Difesa Personale per Forze di Polizia. Testo: Angel lopez rojo Foto: Š www.budointernational.com



Metodo Kodakov IL METODO KODAKOV di Lotta Libera Olimpionica Un anno e mezzo fa, Cintura Nera/Budo International pubblicò l'intervista del Maestro degli Allenatori di Lotta Libera Olimpionica, Mehmed Kodakov e lanciò sul mercato il suo DVD “Lotta Libera Olimpionica e Grappling Professionale”. Nell'ultima domanda di quell'intervista, la rivista chiese al Maestro Kodakov quali fossero i suoi piani e progetti per il futuro del suo Club Gladiator di Madrid. Non solo ha raggiunto tutti gli obbiettivi che si era prefissato, ma li ha superati ampiamente. L'idea di allargarsi a più scuole, è diventata una realtà che ingloba 16 scuole della Comunità di Madrid. La ragione: Un nuovo metodo di allenamento alla Lotta Libera Olimpionica per bambini e adolescenti di Spagna come vivaio dei futuri rappresentanti della Lotta Libera Olimpionica Spagnola ai Giochi Olimpici. Dopo i successi ottenuti agli ultimi campionati della comunità, la Federazione Madrilena non ha potuto far altro che guardare al Metodo Kodakov. Tutti gli allievi del Club Madrileno Gladiator si sono laureati campioni, la maggior parte come primi nella loro categoria di divisione e quando ciò non è avvenuto, vicecampioni. Mai nella storia della Spagna un Club, in soli due anni, aveva ottenuto tanti successi consecutivi in dei campionati. Per questo motivo, la Federazione di Lotta Libera Olimpionica Madrilena si è messa in moto e in prospettiva ha riconosciuto al Club Gladiator di Madrid la possibilità di gestire le lezioni di Lotta Libera in 16


scuole della Comunità. Non solo ci hanno visto giusto, per la prima volta in questo sport, ma hanno saputo valorizzare la professionalità di un grande Maestro e un nuovo approccio all'allenamento di questa disciplina, adattato ai bambini e ai giovani dei nostri giorni. Il Maestro Kodakov si riconosce una cosa:” Io posso trasformare qualsiasi ragazzo o ragazza, adolescente, in un campione di Lotta Libera e ho le prove che lo dimostrano. Il nostro metodo non solo funziona, ma è scienza...una scienza che sviluppo da trent'anni. La gente non deve confondersi! Sono entrato in un centro di Alto Livello quando avevo appena sette anni. Questo è molto duro per un bambino. Potevamo vedere i nostri genitori solo una volta alla settimana. Mangiavamo, dormivamo, studiavamo li, ma soprattutto CI ALLENAVAMO NELLA LOTTA LIBERA. Allora, i russi erano già molto evoluti per ciò che concerne la scienza dello sport. La Lotta Libera in Russia era ed è ancora oggi sport nazionale e il mio paese a quei tempi era uno dei pochi stati satellite che poteva tener testa a quel gigante. Ma noi bulgari siamo molto orgogliosi e se ciò lo mescoli con la scienza dello sport, la costanza, dei tecnici d'elite e la passione, siamo inarrestabili...e lo abbiamo dimostrato! A me non piaceva solo allenarmi e gareggiare, ma anche osservare come tutti quei grandi allenatori del mio tempo insegnavano e allenavano i propri lottatori. Nelle centinaia di campionati a cui ho partecipato e nelle altre che ho visto da


vicino, nelle migliaia di club che ho visitato in tutto il mondo, ero ossessionato da una cosa sola: come si costruisce un campione da “zero”? Come lo si prepara fisicamente, mentalmente e spiritualmente? Io non possiedo soltanto una grande esperienza come lottatore, perchè per arrivare a essere campione del mio paese natale due volte e sette volte vicecampione, non solo devi allenarti, ma devi anche saper pensare molto. Essere campioni di Lotta Libera del mio paese è come essere campioni di Boxe degli Stati Uniti, forse anchè di più. Là, tutti gli uomini praticano la Lotta. Il metodo che ho sviluppato per allenare bambini e adolescenti ha richiesto una gestazione durata trent'anni. Non mi interessa solo che un lottatore sia allenato fisicamente, ma anche che abbia la forza mentale e emotiva per superare se stesso tutti i giorni. Durante la mia preparazione come lottatore, ho anche studiato Psicologia all'Università; lì ho compreso che la preparazione della mente e il controllo delle emozioni era importante quanto il training fisico. Sono riuscito a realizzare dei metodi di allenamento che abbracciano tutti questi aspetti, ma la cosa più importante è che l'ho concepito per i giovani. Come padre, io voglio il meglio per i miei figli e


a livello empatico capisco gli altri genitori di ragazzi e ragazze che partecipano alle mie lezioni; voglio che siano sani a imparino a superarsi quotidianamente. E' molto facile dire, come dico sempre nel mio slogan, “la costanza è la base del successo”, ma, come si insegna a un bambino a essere costante...questa è la base del mio metodo! Io sono il suo “coach” a livello fisico, mentale ed emozionale. So tirare fuori il meglio da ciascun bambino o adolescente. Le prove sono lì. Ci sono

le statistiche. Qui non si può ingannare nessuno! Io so come farli credere in se stessi. Se guardo indietro, alla mia infanzia, mi rendo conto che mi hanno costretto a superare i miei limiti giorno dopo giorno ed è su questo che faccio leva, sulle motivazioni che possiede ogni essere umano, a migliorarsi e a spingersi oltre. Se oltre al fattore emozionale e motivazionale, aggiungiamo un allenamento fisico scientifico, un insegnamento tecnico progressivo e coscenzioso e un ambiente di costante

evoluzione personale nelle lezioni, è possibile creare dei campioni adesso e nel tempo, i futuri campioni della Spagna. C'è una cosa importante che devo dire. Desidero ringraziare la Federazione Spagnola di Lotta Libera e la Federazione Madrilena di Lotta Libera per il loro appoggio incondizionato e la fiducia che ripongono in me e nel mio progetto, progetto che sta dando i suoi frutti. www.gladiator.eu Più Che Un Club.




Posizione 11: “Postura della cariola” Chatuspadàsana Dalla nostra ultima postura nella quale ci siamo aperti e abbiamo permesso che le energie fluissero attraverso la colonna vertebrale verso il cervello, ora questa ci apre nuove vie e comunicazioni neuronali. Ma serve anche per un altro proposito che è la corretta ossigenazione del sangue, del corpo e specialmente del cervello (che controlla tutte le altre funzioni del corpo). Nella misura in cui avanza con l'età la maggioranza della gente tende naturalmente a incurvare la propria postura e a provocare l'inclinazione in avanti della colonna vertebrale, verso le spalle e le stesse spalle si chiudono verso la parte frontale del corpo. Ciò causa molti problemi di salute, da malesseri lievi, all'incontinenza e alla stitichezza, che affatica, comprime e soffoca l'organo e la funzione intestinale. Altre conseguenze fisiologiche che si andranno a produrre sono: cattiva memoria, mancanza di concentrazione e precario senso di equilibrio, e questi sono soltanto gli effetti secondari osservabili dato che il cervello non riceve sufficiente ossigeno dal proprio afflusso sanguineo. Cominceremo con il cervello; il nostro cervello ha una gran quantità di strutture similari ad altre parti del corpo e necessita di essere alimentato bene e di continuo. Ci sono altre cose di cui il nostro cervello ha bisogno e se lo faremo coscientemente, aumenteremo la circolazione del sangue. Questo è vitale perché il nostro sangue trasporta ossigeno al cervello e l'ossigeno è vitale per la cura e la crescita del cervello. La Funzione corretta del cervello ha bisogno di un equilibrio corretto della

respirazione adeguata per l'ossigenazione, con il necessario biossido di carbonio e gli esatti livelli di ossido nitrico per la circolazione e un programma di attività cerebrali o esercizi per la stimolazione della crescita (come mostrato dalle posizioni precedenti). Per aumentare deliberatamente l'ossigeno e la circolazione nel cervello, prima dobbiamo capire come respiriamo. Siamo fatti per respirare facilmente e senza pensiero cosciente, attraverso il naso e con la bocca chiusa. Il modo più naturale in cui respira un bimbo appena nato è con la pancia, o respirazione diaframmatica (disporremo di una maggior capacità e influenzeremo le posture precedenti, mediante l'uso del perineo e respirando con maggior attenzione). I nostri seni paranasali, cavità orali e le parti superiori della nostra struttura polmonare hanno un certo livello di agenti di controllo chimici, come biossido di carbonio e ossido nitrico che aiutano il controllo della circolazione e il tono dei vasi sanguinei. Quando respiriamo normalmente, profondamente e con il diaframma, muoviamo l'ossigeno e l'aria verso le zone più basse dei polmoni, dove si produce la maggior parte della circolazione del sangue. E' anche dove avviene il maggiore interscambio di ossigeno e anidride carbonica, per cui dovremo tornare ad imparare a respirare in maniera naturale utilizzando il nostro muscolo del diaframma per ottenere la quantità corretta di ossigeno nel sangue da trasportare al cervello e alle altre parti del corpo. Quando usiamo la bocca per respirare, non inspireremo di nuovo l'anidride carbonica immagazzinata e l'ossido nitrico che aiuta il sangue a circolare verso il cervello per ossigenare le cellule cerebrali. Sono l'anidride carbonica e l'ossido nitrico (ossido nitrico

aiuta a dilatare i vasi sanguinei nei polmoni per poter consentire una buona circolazione da li per l'interscambio di ossigeno e anidride carbonica), che aprono i vasi sanguinei per poter raggiungere i livelli di ossigeno adeguati al nostro cervello. Ora, a causa della gravità e della cattiva postura, la spinta verso il basso della testa e degli organi del pavimento pelvico inizia a curvare le nostre spalle perché i muscoli pettorali, che sono grandi e forti, si contraggono. Più si stringono, più le spalle si spingono in avanti. I nostri muscoli del centro della schiena, trapezio medio e romboide, che sono più deboli, vengono usati meno di frequente (così come il gruppo muscolare della cuffia dei rotatori). Gli squilibri muscolari come questi daranno luogo allo scorretto posizionamento delle spalle che di solito provoca una tensione cronica nelle spalle/collo e dolore a causa anche dell'eccesso di energia e all'iper-estensione. Questo lo si dimostra chiaramente nella postura precedente “In piedi, piegato in avanti” Padahastasana. C'è anche il problema dell'asfissia da compressione (da questa compressione del petto), che è l'espansione meccanicamente limitata dei polmoni attraverso la compressione del torso, che causa una minor ossigenazione del sangue e del cervello. In casi gravi, ciò può portare alla morte o alla perdita di coscienza da danni cerebrali per anossia, attraverso il collo o la compressione del petto. Questo lo affermiamo solo per illustrare come una cattiva postura possa danneggiarci silenziosamente e causare problemi fisici col passare del tempo…ma non è soltanto questo. Comprimiamo anche le trasmissioni di energia che indeboliscono ancora di più gli organi,


gli intestini e le funzioni del corpo. Inoltre, le energie saliranno dalla colonna vertebrale fino al cervello, in una posizione curva o ingobbita, ma non fluiranno liberamente. Questo darà origine a una perdita di attenzione o di concentrazione a causa dell'eccesso di energia che sale dalle tre principali vie (Ida, Pingala e Shushuma), senza la capacità di liberarsi ed equilibrarsi per fluire di nuovo dai percorsi frontali.

“Posizione della cariola” Chatuspadasana Il finale della Postura “In piedi, piegato in avanti” o Padahastasana, permette alle mani di “camminare” in avanti lontano dai piedi e in una posizione leggermente più larga delle spalle. Nella misura in cui le mani avanzano, essa permette anche che i talloni dei piedi si sollevino da terra allo scopo non solo di posizionarsi in modo che l'energia ascenda, ma per consentire una maggiore distanza tra i piedi e le mani. Questa distanza deve esserci per consentire ai fianchi di formare un angolo verso l'alto e così al corpo di realizzare un triangolo con il suolo. Una volta posizionati permettete (se è possibile) ai talloni di riposare di nuovo a terra. I palmi delle mani si mettono a terra per permettere che l'energia passi attraverso i talloni dalle mani invece che dai piedi. Questo serve per mettere energeticamente a fuoco la parte superiore del corpo, le braccia e il cervello. Una volta che questa base si colloca e si stabilizza, ponete la testa più indietro rispetto alle braccia perché sia comoda e per stirare il petto (pettorali), poiché questo rinforza il centro della schiena e la regione delle spalle (muscoli mediani della schiena, trapezio medio, e romboidi, così come il gruppo delle cuffie dei rotatori). Questa postura aiuta a correggere l'ingobbirsi posturale delle spalle e le compressioni degli organi interni, del diaframma e degli intestini, non solo stira il petto e rafforza la schiena, ma serve a contrastare la forza di gravità e la compressione del torso. Man mano che si allevia la pressione, prima si liberano gli intestini mentre si spinge sugli organi stirandoli, il che è efficace per la regolarità e una corretta evacuazione. Realizzato quotidianamente o quasi, il posizionamento dentro e fuori questa posizione svolgerà anche un'azione di pompaggio. Si alleggerisce la pressione dell'intestino e lo si libera anche dal diaframma, il che serve per decomprimere e permettere al muscolo una maggior capacità di movimento, pertanto la respirazione è più profonda nelle parti inferiori dei polmoni. Vedrete anche che questa postura inibisce la quantità di aria che si può respirare dalla bocca, mentre aumenta quella che si può inspirare dal naso (col metodo appropriato). Un altro beneficio è un flusso più libero di sangue al cervello, in quanto adesso la gravità è a favore e non si lavora contro di essa. Combinato con la più ampia capacità di respirazione e la decompressione di tutti gli organi e gli intestini, il flusso di sangue ossigenato al cervello, così come

in tutto il corpo, aumenta in gran quantità mentre diminuisce la pressione. Mediante l'uso dei movimenti e delle posture più lente dello Yoga, la respirazione sarà rallentata, al contrario di ciò che avviene in esercizi più impegnativi come correre o camminare veloci. Questo permetterà che la respirazione sia profonda, diaframmatica, rilassata e lenta, aumentando l'ossigenazione e la salute generale dell'individuo. Ciò è dovuto al leggero aumento della circolazione e all'aumento dell'ossigeno al cervello, mentre l'esercizio più impegnativo può essere altrettanto buono, ma causa anche che i muscoli assorbano gran parte dell'ossigeno nel sistema e che venga ostacolato l'aumento di ossigeno trasportato al vostro cervello.

Respirazione e intenzione: A partire dalla postura “In piedi piegato in avanti” o Padahastasana, espirate dal naso permettendo al corpo di rilassarsi. Inspirate lentamente e profondamente dal naso nel momento che le mani si muovono dai piedi fino a una larghezza un po' più ampia delle spalle, per rilassare gli organi ed espandere il petto affinchè la capacita respiratoria sia più elevata. Mentre si porta la testa indietro rispetto alle braccia, espirate in maniera lenta e morbida concentrando l'attenzione nell'aumento del flusso di sangue alla testa. In ciascuna inspirazione di questa postura, permettete che la testa sia situata tra le braccia e sentite le energie che scendono dal torso frontale, attraverso il perineo e verso il basso attraverso i talloni. Espirando lentamente e tirando la testa sentirete l'ascesa dell'energia dalla pianta dei piedi, dalla parte interna della coscia, attraverso il perineo e la colonna vertebrale fino alla testa e ai palmi delle mani. Non mantenete la posizione per troppo tempo all'inizio, perché il corpo non è abituato all'aumento del flusso sanguineo, ma col tempo lo sarà. Nel prossimo numero: “Postura in affondo” Janurasana.

Istruttrice di Yoga: Carolina Lino - Ponta Delgada, Azzorre Foto: Tiago Pacheco Maia - Ponta Delgada, Azzorre






Questo DVD sul pronto soccorso è uno strumentoindispensabile per tutti i praticanti di Arti Marziali chepresto o tardi si trovano in situazioni nelle quali ènecessario “soccorrere”. In qualsiasi scuola in cui siha a che fare con la lotta, il combattimento osemplicemente il contatto fisico, è successo chequalche allievo o istruttore sia stato colpitoo abbia patito un infortunio. E' possibile siano stati messi ko,che abbiano avuto difficoltàrespiratorie, spasmi muscolari,vertigini, nausee, o unqualsiasi altro problemacausato da un allenamentolesivo. Gli “incidenti” sonoqualcosa di reale ed ènecessario intervenirequanto prima, in modoche la disfunzionecausata non peggioriulteriormente. Questeinformazioni n o n d o v r e b b e r o essereobbligatorie per tutti gli“istruttori”, ovviamente, perpreservare la sicurezza e ilbenessere dei loro allievi?Questo DVD è il primo di unaserie di lavori a cura del Maestro Pantazi, incentrato nell' “altro lato”del Kyusho, quel lato che ponel'attenzione alle scienze dell' “energia” dellasalute e del benessere, non solo applicabile nei Dojo, ma anche ne quotidiano con i vostri cari e tutte lepersone che ci circondano.

REF.: • KYUSHO19

Tutti i DVD prodotti da Budo International vengono identificati mediante un’etichetta olografica distintiva e realizzati in supporto DVD-5, formato MPEG-2 (mai VCD, DivX o simili). Allo stesso modo, sia le copertine che le serigrafie rispettano i più rigidi standard di qualità. Se questo DVD non soddisfa questi requisiti e/o la copertina non coincide con quella che vi mostriamo qui, si tratta di una copia pirata.

ORDINALA A:

Budo international.net




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