éthiopien

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Éthiopien, bandito di palude

Éthiopien è un uomo nato dal fango. Sono di fango le sue dita, la sua pelle, persino i suoi denti. Le sue ossa di barbottina lo sorreggono a malapena. Un po’ traballante, un po’ fuggitivo.

Éthiopien, che si fa chiamare così perché il suo nome in amarico è troppo difficile, viene da lontano.

Fu abitante di Macallè, nel nord della regione, a quasi cinquecento miglia da Addis Abeba. Un tigrino esule, dal cuore infranto. Cacciato dai suoi compagni fatti di carne.

Éthiopien è arrivato in palude nel milleottocentonovantasei stufo della guerra. È un tipo a cui la guerra non piace, troppo violenta e troppo ingiusta. Éthiopien è un bandito, un bandito della domenica, poiché non è mai riuscito a saccheggiare nemmeno le signore al mercato. La percentuale argillosa delle sue membra gli ammorbidisce il carattere, lo priva di ogni spigolosità.

È tuttavia uno che rivendica il suo titolo con fierezza.

Nessuno sa come sia giunto un forestiero così bizzarro da queste parti. A chi lo incontra dice che è venuto a piedi, un pellegrinaggio. Un bandito di fango e senza casa, senza origine, ha da perdere qualcosa se non consumarsi dei piedi già logori?

Éthiopien, che pare autoctono tanto ha imparato a muoversi bene in questa terra è anche riuscito a rubare qualcosa per davvero, finalmente si dice. Qualche uova, qualche pezzo di formaggio che si gusta soddisfatto nel suo canneto, al limitare della vecchia fornace. Una specie di quartier generale auto-proclamato, suo personalissimo regno.

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Mio bel bandito, lo apostrofò una volta una chiazza di poltiglia, fermati qui. Il terreno è accogliente e la nebbia ti nasconde ai più. Solo gli abitanti indigeni, quelli del posto, hanno occhi tanto fini da poterti scorgere, ma loro certo non ti cacceranno via. Conoscono bene il fango, gli acquitrini e le pozze dove cresce la saggina migliore.

Éthiopien mio bello, continuò quella zuppa di terra, fermati, resta qui.

Éthiopien si è innamorato, e questa, è una sua foto ricordo.

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