YR Magazine 2016 N.1 Gennaio-Febbraio

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YR Mag@zine – Online Gennaio-Febbraio 2016 n.1 – Bimensile del Gran Capitolo dell’Arco Reale Italiano. Tutti i lavori inviati anche se non pubblicati restano a disposizione della redazione che potrà utilizzarli . Redazione: arcorealerdy@gmail.com

Sommario

Editoriale pag.2 Tiziano Busca Intervento del Sommo Sacerdote alla Gran Loggia di Rimini. Vita dei Capitoli pag.4 Redazionale Blog Esteri pag.5 La grande Assemblea in Slovenia e la Massoneria dell’Arco Reale in Costa Rica. Portogallo: La Grande Assemblea del Rito di York.

YRMagazine Rivista bimestrale del Gran Capitolo dell’Arco Reale Italiano Rito di York. n.1/2016

Mediterrano culla dell’Alchimia Pag.7 Marco Rocchi Io sono la Vita, la Via e la Verità Pag.11 Antonio Marinosci Spunti di riflessione da un viaggio Pag.12 B.L. Melkisedec Pag. 15 di Marco Maria Antonio Alfio Patti Terzo seminario di studi rituale dello York pag.17 Redazionale Il Compagnonaggio pag.17 ESODO XVI: 32-36 Pag. 18 di Giuseppe Schimmenti

Narrazione Fantastica: Utopia Significati e Simboli (parte V) Pag.20 Luigi Maria Bianchini , SIGNIFICATI E SIMBOLI.

Il Gran Segretario Aggiunto per le relazioni internazionali Compagno Nicola Zanetti ha rappresentato il Gran Capitolo Italiano alla Grande Assemblea del Rito di York della Slovenia che si è tenuta a Lubiana. Durante l'Assemblea, alla presenza del Past General Grand High Priest Compagno Ted Harrison è stato eletto Sommo Sacerdote per il biennio 2016-2017 il compagno Franc Zeljko Zupanic (entrambi nella foto).

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■ Editoriale EDITORIALE

GRAN LOGGIA DI RIMINI 2016. IL SALUTO DEL SOMMO SACERDOTE TIZIANO BUSCA AL GRAN MAESTRO ED ALLA COMUNIONE DEL GRANDE ORIENTE D’ITALIA

Venerabilissimo Gran Maestro, Fratelli Gran Dignitari, Fratelli Maestri, vi porto il saluto del Rito di York dei Maestri dell’Arco Reale. Questa Gran Loggia il cui tema è veramente affascinante, anzi direi intrigante, apre un contesto di riflessioni, di confronto, su quello che è la nostra natura e la nostra essenza In un tema ed in un tempo in cui viviamo una dimensione completamente nuova il nostro essere, il nostro quotidiano, la nostra dimensione di iniziati. 24 giugno 1717 con tre Logge Inglesi, alla Taverna dell’Oca, si viene a formare quella che oggi noi riconosciamo coma la Massoneria Moderna. 299 anni! Un tempo lungo, un tempo difficile, un tempo in cui la storia ha attraversato momenti particolari e complessi, conoscendo tragedie, conoscendo violenze, conoscendo momenti di ricchezza e opulenza, ma vi era un tempo in cui questo messaggio passava attraverso una stratigrafia di posizioni e di presenze che coinvolgeva anche il Nostro modo di essere, il Nostro contesto di iniziati. Forse in quel tempo noi abbiamo potuto testimoniare, anche sul piano storico, il valore e significato del nostro Lavoro Muratorio e della nostra presenza iniziatica. Per quel poco che poco che può servire, ma credo che poco non sia, anche nella storia del nostro Paese, in vari momenti e diverse occasioni, la storia delle Libera Muratoria ha scritto il suo nome sulle pagine più belle dei valori di libertà, di riconoscenza, di funzione prioritaria dell’Uomo rispetto a tutto ciò che apparteneva alle nostre

tradizioni etiche ed ai valori più sacri quelli della Liberta della Solidarietà e della Fratellanza. Il tempo di oggi in questo tema intrigante: i doveri dell’uomo i diritti del mondo! Ci pongono un tema: siamo pronti? Io vi inviterei a guardare il Fratello che è vicino a voi, a guardargli il viso, a guardarlo negli occhi, ad osservargli gli zigomi, il colore della pelle, la forma delle labbra, il soma, i capelli, fotografate questo momento! Pensate che fra 15 anni non saremo più così! Pensate che quella immagine che voi osservate ora è una immagine che già sta cambiando perché viviamo ora l’ultimo tratto di lunga strada che è già iniziata, che è quella della internazionalizzazione, della globalizzazione, della multiculturalità. L’abbiamo vissuta attraversando questo tempo forse senza cogliere fino in fondo il significato di ciò che ci stava accadendo. Questo interrogativo che la Gran Loggia oggi ci apre, con questo tema in discussione, pone anche a noi il significato ed il senso di questo nuovo dialogo che dobbiamo costruire. A chi parliamo? Come parliamo? A chi ci rivolgiamo? Chi è pronto a raccogliere questa grande sfida che riguarda noi ma riguarda i valori su cui noi abbiamo nel tempo consolidato il nostro credo? Il nostro è un mondo difficile ed è anche un dialogo particolarmente complesso da questo punto di vista. Perche noi parliamo di rivoluzione in un mondo in cui la rivoluzione non c’è.! Fratellanza!

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Uguaglianza! Liberta! Non esiste una rivoluzione per questi valori in questo momento…. oggi! Esiste, al contrario, una profonda guerra verso questi valori che sono rappresentati in maniera sorda da gruppi di interesse economico, politico, finanziario, di gestione di beni e risorse, che umiliano la natura dell’Uomo ed emarginano sempre di più le posizioni deboli, meno incisive nel tessuto sociale, nel tessuto politico, nel tessuto economico. Ma noi dobbiamo parlare a qualcuno che è figlio di questo tempo e che è figlio di una rivoluzione possibile. Noi dobbiamo parlare a quell’Uomo che è nato in questo tratto di strada di cui non abbiamo colto il tema della grande diversità e della nuova identità che stava nascendo. Ed è quell’Uomo della tecnica, quell’Uomo della decisione, quell’Uomo della cultura, quell’Uomo che sprigiona nella sua quotidianità la capacità di compiere scelte che possono modificare radicalmente e testimoniare il percorso nuovo verso una dimensione in cui i nostri Valori trovano spazio, trovano forza, trovano identità comune. Dobbiamo parlare a quell’Uomo dell’Anima, dobbiamo parlare a quel Cercatore di Pietre che attraversa costantemente la sua dimensione quotidiana per ridare spazio a quella grande idealità che è padre e madre di questa di questa spiritualità che genera la nostra natura, che è figlia di tutti quei valori che noi oggi rappresentiamo. Noi oggi come Grande Oriente d’Italia, noi oggi come Corpi Rituali! Noi oggi come Fratelli della Comunione!

Non dobbiamo cadere nella tentazione di rincorrere. Dobbiamo essere rincorsi! Dobbiamo testimoniare. La testimonianza è fatta di grandi capacità. Di grandi capacità che testimoniano non soltanto il valore di presenza ma la capacità del quotidiano di quello che noi Fratelli noi Maestri portiamo all’interno del nostro contesto. E a questo Uomo dell’Anima vorrei leggere una brevissima considerazione di Rumi, uno dei più grandi mistici, che evoca con forza anche il tema di questa Gran Loggia "Tutto svela

quanto concerne l'Anima si spontaneamente ed ogni sforzo razionale non fa che allontanarla. Questo perche' la sua natura non e' fenomenica. Si coglie col cuore come una poesia,come un'opera d'arte. Si sente,si ama ma nessun concetto,come ombra fugace, e' ad essa adeguato".

Ecco Fratelli parliamo ai nostri cuori, guardiamoci negli occhi, sappiamo che le ombre precedono sempre la luce, ma i nostri valori i nostri simboli la nostra idealità il nostro sforzo di essere Massoni porterà la luce anche in quelle zone di ombra che, anche oggi, chiudono il mostro mondo. Gran Maestro insieme all’augurio di buon lavoro mi permetto di donarti un modesto lavoro mio, un libro il Rito di York tra Storia e Metastoria, che mi piace omaggiarti come Gran Maestro come Compagno!

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■ Vita dei capitoli Il Rito di York in Sardegna. Una tornata a Capitoli congiunti per l'insediamento dei Gran Sacerdoti del Rito di York in Sardegna. Un momento di incontro, anche per fare un bilancio di una crescita irresistibile. Ol Rito di York infatti in questi anni ha raddoppiato il numero dei suoi iscritti. «Siate un laboratorio», ha detto il Sommo.

«Sono

onorato di portarvi i saluti che mi sono pervenuti dal Gran Segretario del Goi Illustrissimo Fratello Michele Pietrangeli a Il Sommo Sacerdote questa nostra tornata a all'Oriente del tempio Capitoli congiunti per l'insediamento dei Gran Sacerdoti del Rito di York in Sardegna». Ha così esordito il Sommo Sacerdote Tiziano Busca di fronte ad un tempio pieno di compagni che con entusiasmo hanno raccolto una sfida di crescita che ha permesso al Rito di York di raddoppiare i capitoli. Un lavoro attento e profondo che consolida una unità iniziatica con le politiche della Comunione e

Sacerdote perché alla crescita ed alla qualità si consolidi il tessuto prezioso del lavoro rituale tra tutti i capitoli. Un lavoro fondamentale per tutto il rito che raccoglie il testimone di Filippo Gurrieri onorandone la memoria come quella di Bruno Fadda con nuovi ed importanti capitoli.

«Ho vissuto una forte emozione ed una gioia

inerrabile a testimonianza che una semina attenta raccoglie uno strepitoso successo». Con queste parole ha concluso il Sommo Sacerdote che insieme a Davide Bertola Illustrissimo Gran Maestro Delegato della Massoneria Criptica hanno invitato i capitoli a completare il percorso rituale con la costituzione dei concili e delle commenda templari. I Gran Dignitari hanno poi consegnato la pergamena del Gran Al termine della Tornata capitolare una bella foto ricordo di Garante Maestro di amicizia Stefano Bisi che per il Portogallo al Compagno Bua del capitolo da anni il Rito di York si onora di avere tra i Turris di Sassari, di consigliere del Sommo Compagni Maestri dell'Arco Reale. Un lavoro Sacerdote a Gianluca Mosca e il gioiello iniziatico tessuto dell'Ordine del Tempio a Mario Masillo Gran abnel solco della Armonia e del rispetto fraterno. Tesoriere della Commenda Templare. Il Sommo Sacerdote accompagnato da Mauro La Sardegna deve candidarsi a loratorio rituale Luzi e Davide Bertola è stato ricevuto dal Gran dello York»... un auspicio consegnato alla Dottore della Legge Aggiunto Giancarlo Caddeo. attenzione dei compagni da parte del Sommo

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■ Esteri La Grande Assemblea in Slovenia Il Gran Segretario Aggiunto per le relazioni internazionali Compagno Nicola Zanetti ha partecipato alla Grande Assemblea del Rito di York della Slovenia che si è tenuta sabato 16 gennaio a Lubiana.

Durante l'Assemblea, alla presenza del Past General Grand High Priest Compagno Ted Harrison è stato eletto Sommo Sacerdote per il biennio 20162017 il compagno Franc Zeljko Zupanic (entrambi nella foto). Il Compagno Nicola, oltre a portare i saluti del nostro Sommo Sacerdote Tiziano Busca e di tutti i Compagni italiani, ha sottolineato quanto il duro lavoro portato avanti negli anni dal nostro Sommo Sacerdote unitamente all'ex Sommo Sacerdote della Slovenia Compagno Mirjan Poljak abbia prodotto un grande risultato: la catena d'unione che lega tutti i compagni italiani e sloveni è oggi sempre più salda in un processo alchemico irreversibile. Il nuovo Sommo Sacerdote ha confermato la sua presenza alla nostra 52ma Grande Assemblea di Rimini, unitamente ad altri dignitari e compagni della Slovenia, Austria, Bosnia, Portogallo, Romania, Croazia e Serbia.

La massoneria dell’Arco Reale nello stato di Costa Rica

Una notizia che non può che rendere felici e orgogliosi i Compagni dell’Arco Reale Italiano: la massoneria dell’Arco Reale è oggi una realtà operativa anche nello stato del Costa Rica. Una grande iniziativa che a visto presente il General Grand High Priest Louis E. Bartrand alla consacrazione del primo tempio del rito di York in Costa Rica.

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Portogallo La Grande Assemblea del Rito di York

Il 12 marzo la Grande Assemblea del Rito di York del Portogallo Sabato 12 marzo si è tenuta a Lisbona la Grande Assemblea dei tre Corpi rituali del Rito di York. La Delegazione italiana era composta dal Sommo Sacerdote del Gran Capitolo dei Liberi Muratori dell’Arco Reale d’Italia, compagno Tiziano Busca accompagnato dal compagno Mauro Luzzi., dal Gran Maestro dei Massoni Criptici d’Italia, compagno Mario Pieraccioli con il suo Gran Maestro Delegato compagno Davide Bertola e dal Gran Commendatore dei Cavalieri Templari d’Italia, cavaliere Giovanni Pascale.

compagni italiani, commentando anche alcuni aspetti caratteristici del momento che stiamo vivendo da noi ed in particolare la forte attività di comunicazione e arricchimento culturale particolarmente focalizzato sugli aspetti ritualistici, esoterici e comportamentali sia all’interno delle riunioni rituali, sia utilizzando gli strumenti informatici, i libri e gli incontri con i compagni del Rito ed anche con i maestri dell’Ordine. Numerosi sono ormai i convegni che sono stati organizzati a questo scopo un po’ in tutta Italia.

Erano presenti numerose delegazioni, dalla Francia, all’Austria, alla Romania oltre alle massime autorità americane dei tre Corpi del Rito di York internazionale, compagni Lovis Bartrand, Ted Harrison, Lawrence O. Weaver. Ord della Rosa

Le Assemblee dei tre Corpi rituali, si sono svolte secondo i rispettivi ordini del giorno in maniera puntuale e nel pieno rispetto della prescritta ritualità in un clima sereno e propositivo con scambi di informazioni sulle varie situazioni internazionali, sul proselitismo, sulle iniziative di solidarietà. Ne siamo tutti usciti arricchiti di nuove vedute, di conoscenza delle varie sfaccettature che stanno in questo momento caratterizzando i tre corpi del Rito di York ed anche a livello di presa di contatto o di approfondimento dei rapporti con i vari personaggi che presenziano il nostro Rito nel mondo, l’occasione è stata davvero importante. In ognuna delle tre Assemblee i rappresentanti italiani sono intervenuti portando il saluto dei

Sicura conseguenza di tutto questo è il proselitismo che sta conoscendo nuovi impulsi e ci stimola a proseguire su questa strada. Questi messaggi sono stati manifestamente apprezzati dai presenti. Molto piacevoli e partecipate anche le opportunità collaterali offerte per l’occasione, dalla piacevolissima cena di gala alla visita alla splendida città di Lisbona.

Da segnalare infine una piacevole sorpresa: nel corso dei lavori dal Gran Capitolo dell’Arco Reale portoghese, a sorpresa, si è svolta la Cerimonia dell’Ordine della Rosa, nella quale alcune signore presenti, tra le quali anche tre nostre compagne e mogli italiane sono state insignite di questa onoreficenza. Davvero una bella opportunità quella di Lisbona ed ai compagni portoghesi va il nostro plauso per contenuti ed organizzazione.

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■ Mediterraneo, culla dell’Alchimia Mediterraneo, culla dell’Alchimia Di Marco Rocchi Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo"

nascente chimica, questa interpretazione storicista appare inconsistente rispetto alla portata di una pratica che ha impegnato l'umanità per qualche millennio. L'alchimia non viene soppiantata dalla chimica, come dimostra - con buona pace di alcuni storici della scienza - la vicenda di Isaac Newton, il quale dapprima si avvicina alla chimica ma poi, deluso dalla sua pochezza spirituale, si getta a capofitto nella In generale, è impossibile parlare di un argomento alchimia, che - a conti fatti senza averne definito confini in termini di impegno e contenuti. Eppure, proprio temporale lo terrà occupato per il suo essere un sapere ben più della stessa fisica.2 A iniziatico, l'alchimia sfugge a sancire semmai la fine della una definizione completa ed alchimia di laboratorio univoca. Certo, definizioni (sebbene non manchino non mancano: la Pereira l'ha degnissimi epigoni definita ad esempio «la contemporanei: Fulcanelli, convinzione di poter fare, a Eugene Canseliet, Paolo partire dalla materia Lucarelli solo, per citare i più imperfetta e impura dei noti) è la sua evoluzione in metalli, una sostanza una alchimia spirituale: perfetta e capace di nel XVII secolo i filosofi del trasferire ad altre sostanze la fuoco cominciano a capire propria perfezione».1 Molto che, dietro il velame dei più facile, invece, è simboli, la vera evidenziare i limiti mostrati trasformazione che essi da alcune interpretazioni vanno inseguendo non è nel migliore dei casi quella della materia quanto incomplete, nel peggiore piuttosto quella della propria superficiali - della Grande umanità. Compiuto questo Opera. Ci riferiamo in primo passo, diventa inevitabile luogo a quella tendenza Un dipinto raffigurante per gli alchimisti piuttosto diffusa che l'alchimista Arabo Jabir ibn Hayyan abbandonare athanor, storte considera l'alchimia quasi un e alambicchi per fare della ricerca alchemica una sinonimo di ciarlataneria, e che identifica attività prevalentemente speculativa, di biblioteca, l'alchimista come un personaggio da operetta, il lasciando i laboratori ai praticanti della filosofia cui prototipo è forse il Dulcamara dell'Elisir chimica (quella che poi diventerà la chimica in d'amore di Donizetti. Una lettura negativa e senso moderno). Occorreranno due figure superficiale del mito di Cagliostro ha - in larga straordinarie del XX secolo per restituire parte ingiustamente - alimentato questa all'alchimia una dignità e un ruolo rilevante nella interpretazione, non sufficientemente bilanciata storia del pensiero umano: Carl Gustav Jung e dalla parte positiva dello stesso mito. Fin troppo Frances Amelia Yates. Il primo fornì in alcune sue facile, comunque, mostrare che essa è totalmente opere fondamentali, in particolar modo Psicologia fuorviante. Molto più complesse e articolate le e alchimia del 1951 e Mysterium coniunctionis del argomentazioni di chi legge la alchimia come la 1954,3 una interpretazione dell'alchimia in chiave versione rozza e primordiale della chimica, ancora di psicologia analitica. Secondo Jung, l’alchimista intrisa di contaminazioni religiose e metafisiche, che attende alla Grande Opera compie un viaggio indegne di una scienza moderna. Ma, anche se all’interno del proprio inconscio, una vera nekyia non c'è dubbio alcuno che la alchimia abbia (termine mutuato dall’episodio omerico della fornito strumenti, nomenclatura e procedure alla Il testo che segue è il testo della relazione svolta il 16 maggio 2013 all'Università D'Annunzio di Chieti, nell'ambito del convegno "Italia-Africa: storia, letteratura, società, economia".

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discesa di Ulisse agli Inferi), proiettando nella il dono della conoscenza, della Gnosi. Dietro materia su cui opera tutto il proprio bagaglio di queste potenzialità - trasferendoci dal piano archetipi inconsci; l'esito potenziale di questo operativo a quello simbolico - è facile riconoscere viaggio è ciò che Jung definisce un processo di tre aspetti di un percorso comune: se l'oro è individuazione, cioè un progressivo sviluppo quello simbolico della conoscenza, poiché la dall’inconscio al conscio e dall’Io al Sé. Per usare conoscenza implica il saper collocare nella giusta le parole di Ellenberger, Jung «si interessò prospettiva la vita e la morte, l'elisir, se non di moltissimo anche agli scritti degli alchimisti, nei lunga vita, può diventare almeno di buona vita. quali vedeva i precursori della psicologia Oggi, gli studiosi sono concordi nell'identificare 4 dell'inconscio» . L'interpretazione junghiana - che all'interno della metallurgia l'origine della 7 ha raccolto frotte di sostenitori e altrettanto nutrite alchimia. Non è difficile immaginare lo stupore schiere di denigratori - ha certamente il pregio di con cui gli uomini guardarono colare brillanti spiegare i motivi della scarsa – per non dire nulla metalli fusi a martire da minerali opachi e terrosi. – riproducibilità dell'attività alchemica, fino a farne Tracce piuttosto evidenti di questo passato e un percorso iniziatico ed esasperatamente dell'importanza attribuita alla metallurgia sono individualizzato.5 In ambito filosofico, invece, una evidenti nelle civiltà del medio oriente. Basti rivalutazione della tradizione alchemica (e più in pensare al passo della Bibbia in cui viene generale dell'eredità magico-ermeticapresentato Tubalcain (un personaggio che, non a alchimistica) si deve a Frances Amelia Yates: caso, tornerà nella simbologia massonica): «Zilla secondo la studiosa britannica è proprio in questa a sua volta partorì Tubalcain, il fabbro, padre di eredità che vanno ricercate le radici della quanti lavorano il rame e il ferro»8. Ancora, la rivoluzione scientifica del XVII secolo. Per usare leggenda vuole che i curdi siano stati liberati dal le sue stesse parole, più volte citate da Paolo giogo persiano (nel 612 a.C.) durante una Rossi - che in Italia ha diffuso, ribellione capeggiata da un non senza qualche critica, fabbro, Kawa9, che avrebbe l'opera e il pensiero della Yates usato il proprio grembiule di - è alla tradizione magica che si cuoio come vessillo. Ma anche deve la “riorientazione in ambito mediterraneo, psicologica della volontà verso dovremo ricordare il ruolo l’azione”: in altre parole, è alla rilevante che la tradizione tradizione dei maghi e degli minoica e micenea attribuisce alchimisti che si deve il al capo della corporazione dei moderno concetto del fabbri, il pasireus, tanto da “conoscere attraverso il fare”, e spingere alcuni linguisti a il parallelo abbandono rintracciare in questo termine dell’approccio speculativo di l'origine della parola basileus, matrice aristotelica.6 Ma la poi utilizzata per indicare il Yates - che fino a queste tesi è Illustrazione da un manoscritto greco monarca. Dunque, l'alchimia entra bizantino di Zosimo: atrezzatura per la sostenuta ed apprezzata da molti nel Mediterraneo come metallurgia. distillazione studiosi, incluso lo stesso Rossi – si E come tale compare nella Grecia spinge ben oltre, ipotizzando che la classica, sebbene tardivamente rivoluzione scientifica non sia “altro” rispetto alla alcuni alchimisti abbiano identificato Democrito e tradizione alchemico-magica, ma ne rappresenti le sue opere atomistiche come un padre spirituale piuttosto la ovvia continuazione. La scienza, della Grande Opera; identificazione che appare secondo la Yates, non è che una forma di gnosi, comunque più mitopoietica che sostanziale. Il che avviene per rivelazioni successive e che contributo più profondo della Grecia all'alchimia seppure nei suoi principi di diffusione pubblica del avviene comunque tardivamente, in epoca sapere e di uguaglianza delle intelligenze - appare ellenistica, in quel crogiuolo di culture, lingue e come un’esperienza iniziatica riservata a pochi religioni che fu l'Egitto alessandrino: qui, il eletti, gli scienziati, che hanno sostituito i maghi e contributo fu offerto a pari titolo da ebrei, cristiani gli alchimisti solo nella forma esteriore. Ma cosa gnostici, egiziani (col bagaglio della tradizione cercano gli alchimisti? Cosa è davvero quel lapis magica egizia) ed arabi, costituendo uno philosophorum attorno al quale concentrano le splendido esempio di convivenza positiva di fedi e loro energie e i loro sforzi? culture diverse all'interno di una tradizione Anche su questo non v'è uniformità di iniziatica. Impossibile non citare, in questo senso, interpretazione; gli alchimisti attribuivano al lapis Ermete Trismegisto (il cui Corpus hermeticum - in philosophorum almeno tre differenti poteri: la realtà un corpus di scritti di epoche e autori capacità di trasmutare i metalli vili in oro, la differenti - è ancora riferimento per tutte le scienze possibilità di produrre l'elisir di lunga vita e, occulte) che le varie tradizioni hanno identificato almeno in una fase tarda, la potenzialità di recare con il patriarca ebreo Mosè, con il dio egizio Toth,

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con il dio greco Mercurio. Altro personaggio di rilievo di questo periodo è Maria l'Ebrea o Maria Prophetissa (da alcune tradizioni identificata con Miriam, sorella di Mosè e Aronne, mentre gli arabi la chiamavano la figlia di Platone), i cui scritti - o meglio gli scritti che le sono attribuiti dalla tradizione - sono di fondamentale importanza per capire le tecniche e le strumentazioni alchemiche dell'epoca.10 E ancora, Zosimo di Panopoli, nato in Egitto ma di lingua greca, fu il primo a firmare col suo nome alcune opere squisitamente alchemiche (Chemeutikà e Peri Aretes, delle quali restano alcuni frammenti): Jung si occuperà di lui nel saggio Le visioni di Zosimo (1948). L'alchimia non attecchì a Roma, la cui cultura era poco incline ad accettare contributi esoterici la cui utilità pratica risultasse poco evidente; alcuni autori considerano di attinenza alchemica i Collegia fabrorum et pontificiorum (una sorta di corporazione di lavoratori dei metalli e di costruttori) che si dedicavano comunque ad applicazioni molto concrete della tecnica metallurgica .11 Tra gli alchimisti romani, l'unico degno di menzione è rappresentato da Morieno (noto anche come Morieno Romano), di cui comunque si conosce poco o nulla, se non che nel medioevo fu pubblicato un testo intitolato Le rivelazioni di Morieno, eremita di Gerusalemme e discepolo di Adfar d’Alessandria, a Khalid ibn Yazid ibn Mu‘awiyya, re degli arabi. In effetti, se l'alchimia sopravvisse alle devastazioni dovute agli editti Costantino prima e soprattutto di Teodosio poi, lo si deve quasi esclusivamente agli arabi, che ne tennero vive la pratica e la tradizione. Troppi gli alchimisti arabi per citarli tutti: a titolo di mero esempio ci limitiamo a ricordare Geber (latinizzazione di Jabir ibn Hayyan) vissuto nell'VIII secolo. Non deve stupire che un alchimista catalano del XIII secolo firmi con questo nome le sue opere alchemiche, inaugurando una fortunata tradizione di attribuzione di contributi moderni ad antichi personaggi. Dunque, si diceva, è per tramite degli arabi che l'alchimia resta viva e torna in Europa, passando per la Spagna. Ed in Spagna, precisamente in Catalogna, si trovano alcuni dei maggiori alchimisti medievali: Arnaldo di Villanova (che aveva però appreso l'arte alchemica da Alberto Magno, a Parigi) e il suo allievo Raimondo Lullo. Anche a Tommaso d'Aquino viene attribuita un'opera alchemica (L'alchimia ovvero trattato della pietra filosofale), a testimonianza dell'avvenuto recupero di questa tradizione nell'alveo del Cristianesimo; d'altra parte anche Tommaso, come Arnaldo di Villanova, era allievo di Alberto Magno. Nel Rinascimento l'alchimia vive un periodo di grande diffusione, anche se viene inglobata nella più ampia cornice dell'ermetismo, che include anche altre discipline esoteriche, quali la teurgia e la qabbalah ebraica;

quest'ultima penetra nel mondo culturale cristiano, specialmente ad opera di Pico della Mirandola: un altro splendido esempio di come culture diverse possano coesistere in un mondo esoterico ed iniziatico. Inoltre, nel periodo Rinascimentale, tutte le discipline ermetiche trovano manifestazione non solo nel segreto dei circoli e dei laboratori, ma anche nella cultura letteraria e pittorica: è il casosolo per citare gli esempio più noti - della Primavera del Botticelli, la cui composizione fu per così dire "dettata" da Marsilio Ficino12 e degli affreschi del Parmigianino a Fontanellato. Non solo, quindi, commistione tra culture e fedi differenti, ma anche intersezione tra diverse discipline. Nel Seicento, l'alchimia pare interagire con i movimenti di ispirazione rosacrociana che si diffondono a macchia d'olio per tutta l'Europa dopo la pubblicazione dei cosiddetti Manifesti Rosacrociani nel triennio 1614-1616: la Fama Fraternitatis Rosae Crucis (1614), la Confessio fraternitatis (1615), e le Nozze chimiche di Christian Rosenkreutz (1616). Fra questi movimenti, uno dei più importanti fu quello dell'Aurea Rosa-Croce, cui appartenevano ai massimi livelli due valenti alchimisti quali 13 14 Francesco Maria Santinelli e Federico Gualdi , come è testimoniato dai documenti rinvenuti negli Archivi di Stato di Venezia15 concernenti un’indagine dell’Inquisizione che li sospettava di praticare arti magiche. In questa indagine - datata 1676 - viene riportata una dettagliata testimonianza di un tale Francesco Giusto che frequentava il Gualdi e il Santinelli a Venezia, e che riferisce l’esistenza di un’Aurea Rosa Croce composta in Italia da 84 confratelli, suddivisi tra Croce d’Oro e Rosea Croce. I primi, indicati come filosofi e teosofi, quindi operanti su un piano speculativo, erano 12 in tutto, e fra questi si annoveravano il Santinelli e il Gualdi, quest’ultimo al vertice della confraternita con il titolo di Imperator. Gli altri, in numero di 72, erano invece alchimisti di laboratorio, dediti quindi più alla pratica che alla speculazione filosofica. Emerge dalle regole dell’Ordine una filosofia particolarmente tollerante (basterà sottolineare

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che ai membri era vietato fare domande circa la religione dei Confratelli), ispirata a un cristianesimo esoterico con derive panteistiche. Non meraviglia quindi che la Massoneria, che a partire dalla seconda metà del Settecento e per tutto l’Ottocento era alla ricerca di spunti e suggestioni sulle origini dell’Istituzione (quasi un’opera di mitopoiesi) si sia lasciata affascinare dalla tradizione rosacrociana, che sembrava riunire in sé molte delle idealità liberomuratorie: la tolleranza (in primis quella religiosa), la segretezza, la pratica esoterica in generale e quella alchemica in particolare. Diversi ordini massonici (l’Ordine della Rosa Croce d’Oro fondato da Herman Fichtuld nel 1760; l’Ordine Cabalistico della Rosa Croce fondato da Joséphin Péladan e Stanislaus de Guaïta nel 1888; , del Tempio e del Graal fondato dal Visconte de Lapasse nel 1893, solo per citarne alcuni) trovarono quindi il loro fondamento sulla tradizione rosacrociana, senza che questo significhi necessariamente una comprovata genealogia.16 Quanto all'alchimia, non è solo per il tramite del rosacrocianesimo che essa penetra nella Massoneria: nel Settecento, a Napoli, Raimondo di Sangro principe di Sansevero è insieme alchimista e Gran Maestro di una Obbedienza Massonica17; il suo allievo Henry Theodor de Tschoudy18 - da lui iniziato in Massoneria fonderà l'Ordine Ermetico Massonico della Stella Fiammeggiante, nel cui Catechismo19 si ritrova un'Ode alchemica20 , di cui Wirth dirà che in essa «è racchiusa tutta la sapienza dei filosofi21» : si tratta del primo esempio di documento alchemico ad entrare in un documento ufficiale massonico. Così la Massoneria sembra reincarnare alcune cifre caratteristiche comuni a tutte le discipline esoteriche con cui l'alchimia ha incrociato il proprio cammino: anzitutto l'arricchimento che nasce dalla contaminazione culturale; poi la capacità di dialogo e confronto tra uomini di fedi e ideologie diverse, resi possibili dal comune percorso iniziatico. In un momento storico in cui l'umanità sembra più propensa a elevare barriere - alcune delle quali trovano terreno fertile nelle diversità, soprattutto religiose, che hanno attorno al bacino mediterraneo la loro culla - l'alchimia pare indicare una via antica fatta di confronto e di dialogo, capace di costruire ponti dove altri innalzano muri. Note Michela Pereira, Arcana sapienza, Roma 2001, p.21. 2 Cfr. Richard S. Westfall, Newton, Torino 1980; Betty Jo Teeter Dobbs, Isaac Newton scienziato e alchimista: il doppio volto del genio, Roma 2002. 3 Le altre principali opere in cui Jung interpreta l’alchimia alla luce delle sue teorie degli archetipi,

sono: Lo spirito Mercurio (1943), Le visioni di Zosimo (1948), Faust e l’alchimia (1949). 4 Henry F. Ellenberger, Introduzione a Jung, Bollati Boringhieri, Torino 1976, p.44. 5 Un altro punto interessante dell’interpretazione junghiana è rappresentato dal parallelismo inverso tra alchimia e cristianesimo: come Dio attraverso Cristo redime l’Uomo, così l’Alchimista attraverso la pietra filosofale redime il Dio imprigionato nella materia. Si tratta di un Dio ovviamente lontanissimo da quello della tradizione giudaico-cristiana, ma che ha echi nel neoplatonismo e nella tradizione ermetica rielaborata da Giordano Bruno. Questa interpretazione di Jung contraddice in toto la canonica interpretazione degli studiosi cristiani medievali e rinascimentali dell’alchimia, che vedendo nella pietra filosofale un simbolo di Cristo, indicavano piuttosto un parallelismo diretto Cristo-lapis. 6 Paolo Rossi, Il tempo dei maghi. Rinascimento e modernità, Milano 2006, pp.269-304. 7 Si vedano ad esempio Michela Pereira, Arcana sapienza, op. cit.; Mircea Eliade, Arti del metallo e alchimia, Torino 1980; Titus Burckhardt, Alchimia. Significato e visione del mondo, Milano 2005. 8 Genesi 4, 22. 9 Talvolta riferito come Kavagh. 10 A lei si deve, tra l'altro, la tecnica di riscaldamento per via umida che ancora è abitualmente chiamata a bagno maria. 11 Tuttavia non è escluso che i Collegia fabrorum et pontificiorum adottassero rituali esoterici. La Massoneria tende a riconoscere in essi i precursori delle corporazioni medievali di costruttori e quindi, in definitiva, della stessa Massoneria speculativa. 12 Cfr. ad esempio Francesco Milesi, Primi appunti per la soluzione di un enigma: il "viaggio dell'anima" nella Primavera del Botticelli, «Quaderni dell'Accademia Fanestre» 4, 2005, pp.149-178. 13 Su Santinelli, la sua vita, l'importanza delle sue opere alchemiche (tra le quali spicca la Lux obnubilata, scritta sotto lo pseudonimo di Fra Marcantonio Crassellame Chinese) si vedano: Marco Rocchi, Santinelli, Newton e l'Alchimia: un triangolo di luce, Urbino 2010; G.O.I. - RL Antonio Jorio OrPesaro, Associazione Culturale Voltaire – Pesaro (a c.di), Francesco Maria Santinelli, alchimista della Massa Trabaria, Sesto San Giovanni 2009. 14 Il Gualdi, tedesco di Augusta, si trova a Venezia tra il 1650 e il 1682, dove frequenta tra gli altri Santinelli. Su questo personaggio sono stati scritti interi volumi. Basterà qui ricordare la sua fama di alchimista che aveva prodotto l’elisir di lunga vita (gli si attribuiva un’età di 400 anni nonostante l’aspetto giovanile; e vantava un ritratto di Tiziano, vissuto due secoli prima); gioverà ricordare che anche a distanza di un secolo dalla morte la sua fama era immutata, se si pensa che Cagliostro proclamava orgogliosamente di esserne la reincarnazione.

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Federico Barbierato, Adelisa Malena, Rosacroce, libertini e alchimisti nella società veneta del secondo Seicento: i Cavalieri dell'Aurea e Rosa Croce, in Gian Mario Cazzaniga (a c.di) Storia d'Italia. Esoterismo, Torino 2010, pp.323-357. 16 Inoltre, in alcuni riti massonici si riscontra il grado di Principe Rosa-Croce (il 18° nel Rito Scozzese Antico ed Accettato, e l'11° nell'Antico e Primitivo Rito di Memphis e Misraim). 17 Raimondo di Sangro, VII principe di Sansevero (1710-1771), iniziato massone nel 1744, fondò in seguito la Loggia Rosa d’Ordine Magno (anagramma perfetto di “Raimondo de Sangro”) di cui divenne Gran Maestro, riuscendo ad unificare tutte le logge napoletane esistenti, tanto quelle di ambiente militare quanto quelle di ispirazione borghese. 18 Henry Theodor de Tschoudy (1724-1769), iniziato giovanissimo alla massoneria, nel 1751 fu nominato Maestro Venerabile di una loggia napoletana direttamente dal principe Raimondo di Sangro; nel 1766 fondò una loggia di stretta osservanza ermetica, denominata L’Etoile Flamboyante. Nello stesso anno pubblicò gli Statuti dell’Ordine e un Catechismo Massonico-Ermetico, col titolo complessivo di Etoile Flamboyante. 19 Henry Theodor de Tschoudy, Catechisme ou instruction pour le grade d’adepte ou apprentif philosophe sublime et inconnu, Francoforte, 1766; ed. italiana: Henry Theodore Tschudy, Il catechismo ermetico-massonico della stella fiammeggiante, Roma 1980. 2O È la già citata Lux Obnubilata di Santinelli, cfr. nota 13. 21 Oswald Wirth, Le Symbolisme hermetique, Paris 1910; ed. italiana: Oswald Wirth, Il simbolismo ermetico, Roma 1978.

Bibliografia F. BARBIERATO, A. MALENA, Rosacroce, libertini e alchimisti nella società veneta del secondo Seicento: i Cavalieri dell'Aurea e Rosa Croce, in G.M. CAZZANIGA (a c.di) Storia d'Italia, Esoterismo, Torino 2010, pp.323-357. T. BURCKHARDT, Alchimia. Significato e visione del mondo, Milano 2005. B.J.T. DOBBS, Isaac Newton scienziato e alchimista: il doppio volto del genio, Roma 2002. M. ELIADE, Arti del metallo e alchimia, Torino 1980. H.F. ELLENBERGER, Introduzione a Jung, Torino 1976. G.O.I. – R.L. ANTONIO JORIO OR.PESARO, ASSOCIAZIONE CULTURALE VOLTAIRE – PESARO (a c.di), Francesco Maria Santinelli, alchimista della Massa Trabaria, Sesto San Giovanni 2009. C.G. JUNG, Psicologia e alchimia, Torino 2006. C.G. JUNG, Mysterium Coniunctionis, Torino 1991. F. MILESI, Primi appunti per la soluzione di un enigma: il "viaggio dell'anima" nella Primavera del Botticelli, «Quaderni dell'Accademia Fanestre» 4, 2005, pp.149-178. M. PEREIRA, Arcana sapienza, Roma 2001. M. ROCCHI, Santinelli, Newton e l'Alchimia: un triangolo di luce, Urbino 2010. P. ROSSI, Il tempo dei maghi. Rinascimento e modernità, Milano 2006. H.T. TSCHUDY, Il catechismo ermeticomassonico della stella fiammeggiante, Roma 1980. R.S. WESTFALL, Newton, Torino 1980. O. WIRTH, Il simbolismo ermetico, Roma 1978.

Io sono la VITA, la VIA e la VERITA’ Un’interpretazione esoterico/cristiana delle parole di Gesù quando disse: io sono la VITA, la VIA e la VERITA’. di Antonio Marinosci La vita è un mistero e come tale rimarrà perché è la manifestazione di Dio. Possiamo tranquillamente dire che: Vita = DIO. Vita è creazione divina che si rinnova continuamente. Ora, se togliamo dalla parola “VITA” la lettera “T” (che è una croce) rimane la parola VIA che ha un duplice significato: 1) come sostantivo femminile che indica la strada, un percorso già tracciato; 2) come avverbio di luogo che indica allontanamento, rimozione, in questo caso da un piano fisico o spirituale; allontanato da qualcosa o da qualcuno. In questo senso, la croce del Cristo diventa elemento di sicurezza alla via trasformandola in vita: In questo modo l’uomo cristiano si avvicina al suo Creatore, mentre, se la croce è assente, si allontana e si porta verso una morte dello spirito e del corpo. Il mistero della vita per il cristiano, si concentra proprio sulla croce, perché è da lì che dipende la sua vita e trova un senso.

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■ L’interessante tavola di un’Apprendista: Spunti di riflessione da un viaggio

Spunti di riflessione da un viaggio. Nella città di Gerusalemme ha sede il Museo d’Israele, un’ampia struttura con un complesso di esposizioni permanenti e temporanee, intenzionalmente finalizzate ad illustrare nella sua materialità la civiltà della nazione di Israele attraverso i secoli. Tavola tracciata dal fr.B.L.

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M, dignità, fratelli, all’origine della tavola che si legge questa sera sono le sollecitazioni che ho ricevuto nello scorso agosto dal MV e dal Segretario quando hanno saputo che avrei trascorso dieci giorni in viaggio nella terra di Israele e nei territori palestinesi. Mi si chiedeva di riferire ai fratelli in officina e condividere con essi le suggestioni di quella terra. Non una richiesta precisa, quanto piuttosto un invito ad aprire fisicamente e metaforicamente occhi, orecchie, testa. Era esattamente questa la disposizione d’animo con cui sono partito, quello di lasciarmi coinvolgere da tutto quel che mi avrebbe attorniato. Così è stato, ma non è questo il luogo dei racconti di viaggio, ché annoiano persino gli amici in una situazione informale, qui in un contesto rituale sono semplicemente inopportuni. È parso invece preferibile selezionare una delle suggestioni che più può toccare i temi delle nostre tornate, al quale passo senza indugio.

materiale al racconto delle scritture. I reperti esposti sono di grandissima qualità artistica, storica e documentaria e sono presentati con grande enfasi. Tra questi si può vedere quel che resta di un tempietto che si trovava nel santuario di Arad; al suo interno è presente, non in posizione centrale, ma all’estremità sinistra una stele, come si dice, aniconica; una stele cioè che segnala la presenza di una divinità oggetto di culto senza tratteggiarne il volto né le fattezze. Questo

non dobbiamo Museo d’Israele. …..quel che resta di un tempietto considerarlo una che si trovava nel santuario di Arad; peculiarità delle religioni che non raffigurano le proprie divinità, è Nella città di Gerusalemme ha sede il Museo attestata, per esempio nella civiltà greca in diversi d’Israele, un’ampia struttura con un complesso di casi. esposizioni permanenti e temporanee, intenzionalmente finalizzate ad illustrare nella sua Chiariamo bene il contesto: Arad è una città del materialità la civiltà della nazione di Israele Sud di Israele, il cui sito archeologico ha restituito attraverso i secoli. L’estensione del museo chiede una città che era punto di passaggio obbligato per di selezionare e soffermarsi su alcune parti, io ho chi proveniva dall’Egitto dopo aver lasciato le privilegiato la sezione archeologica, quella che montagne del complesso del Sinai, una vera porta raccoglie le maggiori attenzioni da parte del per il deserto del Negheb. In quest’area del sud di museo stesso, quella intesa cioè a dare sostanza

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Israele concordemente gli storici della religione fanno nascere il monoteismo. Il sacello del museo di Gerusalemme proveniente da Arad è proprio dedicato ad Adonai. Vien fatto spontaneo di chiedersi come mai in posizione non centrale e la risposta c’è ed è ovvia: a destra c’era una seconda stele poi rimossa e nascosta dietro l’altra, nell’esposizione museale ne è sparita del tutto ogni traccia. La stele, parimenti aniconica, era dedicata alla moglie di Adonai, Asherah. Se poteva avere un senso la forma primitiva di rimozione della moglie del dio unico nascondendone la stele dietro quella del marito, è scientificamente sorprendente la scelta di esporre questo reperto senza far menzione di cosa manca, come per sollevare la figura del dio di Israele da ogni sospetto di appartenenza ad un sistema politeistico. Queste considerazioni mi hanno riportato ad un tema che da tempo pensavo di sondare meglio, suggestionato dalla somiglianza linguistica tra i nomi di Adonai, Adone e Aton. Non avrei intenzione né i mezzi per affrontare in maniera completa il tema, ma soprattutto, al di là di alcuni dati sommari che propongo qui di seguito è altro quel che porto nei lavoro di officina. Iniziamo a considerare i personaggi di cui voglio parlare. 1. Adonai è la parola con cui gli Ebrei da sempre sostituiscono l’impronunciabile tetragramma, che in alcuni dei nostri tempi trova posto nel delta luminoso in alternativa all’occhio divino che sovrasta il trono del MV. Solo il giorno di Yom Kippur il Sommo Sacerdote nel sancta sanctorum aveva la possibilità di pronunciare il nome di Dio senza ricorrere alla parola Adonai, parola che nella scrittura è normalmente utilizzata per indicare “signore” non solo riferito alla divinità, ma anche come forma di rispetto per le persone. Questo è uno dei nomi della divinità nella religione ebraica standardizzata, e coesiste con Jaweh e con il complesso Eli-Elohim. Il monoteismo ebraico è quindi un punto di arrivo e il santuario di Arad è una significativa prova in quanto propone un dio ed una dea in un recinto sacro, insomma un politeismo. 2. Dalla figura di Adonai è breve il passo che ci porta verso Adone, una creatura della mitologia classica di proverbiale bellezza, conteso tra le dee, nato dall’amore incestuoso di una figlia, Mirra, per il padre. Il giovane bello che accompagna una dea, così possiamo schematizzare il nostro Adone, figura nella religione dei Fenici con lo stesso nome Adonis che assume nella religione greca come un mortale privilegiato che accompagna la dea

Astarte, esattamente come a Babilonia accade per Thammuz che accompagna Ishtar, in tutto assimilabile ad Afrodite. Tornano qui le memorie di viaggio, in particolare la tappa a Betlemme. Negli edifici che la tradizione riconosce e addìta come il luogo della nascita di Gesù si trovano le stanze occupate da Girolamo nel lungo periodo in cui egli preparò la traduzione in lingua latina del complesso delle sacre scritture, la Vulgata. A questo periodo fa riferimento una lettera indirizzata a Paolino in cui Girolamo si scandalizza per la presenza a Betlemme di un santuario di Thammuz, cioè di Adone, e che “nel luogo dove un tempo risuonava il vagito di Gesù bambino, si piangeva l’amato di Venere”. Quando Ezechiele (8, 14) racconta di una visione terrificante del tempio di Gerusalemme invaso da culti inappropriati, parla anch’egli di donne che piangono per Thammuz. Sarebbe estremamente interessante riuscire a verificare in che misura il culto per Thammuz si intrecci con il culto di Adonai, motivo per il quale poteva suonare strano ad un uomo di formazione occidentale come Girolamo la sua presenza nella grotta di Betlemme, ma non alla gente del posto. Si tenga anche conto che Adonai è uno dei titoli che il culto cristiano rivolge a Gesù proprio nei giorni immediatamente precedenti il Natale, nello specifico il 18 di dicembre, dopo averlo invocato come Sapienza, e nei giorni successivi come Radice di Iesse, Chiave di Davide, Oriente, Re delle genti, Emmanuel in una serie di preghiere le cui iniziali, lette dal fondo, formano nel testo latino la frase ERO CRAS, cioè «io sarò domani». Piccolo Glossario: ADONAI il nome che si usa per leggere l’impronunciabile tetragramma con il nome della divinità. ADONE il giovane bello che accompagna una dea (=Adonis in Fenicia, =Thammuz a Babilonia), venerato a Betlemme sul luogo dove è nato Gesù (definito anche ADONAI); Adone prosegue il culto di Adonai? ATON episodio di monoteismo nella religione egiziana; i fedeli del culto di Aton vengono spinti nella terra di Canaan (Ay è stato sommo sacerdote di Aton prima di essere faraone; aton+Ay) La storia delle religioni mostra elementi e tratti comuni, la cui conoscenza agevola la pacifica coesistenza di forme religiose diverse.

3. Tornando di nuovo ad Arad, prenderei metaforicamente la strada per l’Egitto, andando a

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sondare la figura di Aton, ma qui le mie competenze più che essere incerte sono assenti. Anche dalle più immediate fonti di informazione sappiamo concordemente che Aton è una divinità solare cui è prestato un culto particolare. Vediamo bene di cosa si tratta. In un sistema religioso politeistico un faraone, Amenòfi IV, inizia a tributare il culto ad una modalità di concepire il sole, col nome di Aton, differente da quella tradizionale, che ha nome di Amon. Anziché uno degli dei a cui tributare il culto, tramite una interessata casta sacerdotale, Aton, in quanto forza è principio benefico è adorato come semplice disco solare che raggiunge senza mediazioni la terra e chi la popola e non viene Tutankaton cambiò il proprio nome, raffigurato con che ricordava Aton, in Tutankamon sembianze antropomorfe. L’attenzione a questa forma privilegiata di culto fu percepita come alternativa al culto di Amon e fu inteso come una effettiva rivoluzione monoteistica (monolatrica o enoteistica che dir si voglia). Tale rivoluzione ebbe vita brevissima, nemmeno vent’anni e passò attraverso figure che ritennero opportuno un ritorno alla religiosità tradizionale (il segno più evidente è che Tutankaton cambiò il proprio nome, che ricordava Aton, in Tutankamon). Il suo secondo successore Ay, già sommo sacerdote di Aton, allontanò i sacerdoti e i fedeli di Aton nella zona di Canaan, dove ebbe inizio il culto per Adon-Ay, cioè il signore Ay (a onor del vero corre l’obbligo di dire che il dibattito su questo suffisso ay da aggiungere al nome divino Adon è tuttora aperto ed acceso). Mi fermo qui con i dati che segnano l’avvio di questa mia ricerca che credo mi accompagnerà a lungo nel mio viaggio. Mi fermo per lasciar spazio a delle riflessioni. Fin qui infatti sono emersi gli elementi, le nozioni, che non sono il vero scopo del nostro lavoro. Mi sembra invece utile, per me lo è, proporre al lavoro di ciascuno il capire che certi elementi della storia delle religioni, a cui si guarda con occhio storico (non si parla di religione, a cui si guarda invece con occhio di fede e quindi resta fuori dall’officina), aiutino a vedere comuni origini, evoluzioni indipendenti delle civiltà religiose antiche e come il Sole, la bellezza, il rispetto siano figure elementari che si sono trovate, nella fantasia creativa dell’uomo ad essere divinizzate ed oggetto di culto, anche se in forma diversa. Figure elementari, principi essenziali, irrinunciabili.

Un percorso di questo genere porta a cogliere molto meglio i principi di fratellanza che sostanziano e devono sostanziare la coesistenza pacifica delle forme religiose. Quando compaiono i confini, le proprietà, le prerogative, i privilegi, le rivendicazioni questa fratellanza affonda nell’ombra, innalza barriere, accresce gli odi spegne la conoscenza e con essa fatalmente la pace. E allora il percorso della conoscenza diventa un percorso necessario. La via della contrapposizione, del conflitto è la più semplice, anzi, semplicistica; conoscere significa far proprio, impossessarsi ed abbassare le barriere che ci separano, per il fatto che ci si accorge che le radici dei separatismi sono inconsistenti. D’altra parte la conoscenza dev’essere storica: non si può prescindere dal considerare ciascun fatto il prodotto degli uomini di quel tempo, con la loro capacità creativa, la loro sensibilità filosofica. Il quadro variegato, talora arlecchinesco, delle differenziazioni religiose oggi, come prodotto dell’incontro e dello scontro tra persone ed interessi ci parla di separatismi, conflitti, contrapposizioni. Il percorso a ritroso semplifica man mano questa selva confusa, finendo poi per ritrovare delle radici unitarie, che nella civiltà mediterranea e mediorientale posso ricondursi ad un sostrato comune e comunicativo, capace di mettere in relazione anche forme locali ed integrarle in una corrente collettiva. Il discorso è diverso per civiltà che non hanno tra loro dialogato, ma dal loro studio emerge un parallelismo che mostra quanto elementari siano i fondamenti del rapporto tra l’individuo e il GADU. Se il massone è uomo di pace, in grado di coesistere con una cittadinanza piena insieme agli altri, ai diversi di tutte le sfumature, è perché il suo è un lavoro di conoscenza ed apertura. Questo è lo spirito con cui mi sono dedicato a questo tipo di studio al mio ritorno da Israele, questo è il poco al quale porta l’esercizio dello scalpello ancora immaturo di un apprendista, verso il quale chiedo luminosa benevolenza.

Venerdi sera 13 maggio 2016 a latere dei lavori della 52ma Assemblea dell’Arco Reale si terrà una cerimonia rituale per il conferimento del grado di Maestro dell’Arco Reale. I Gran Sacerdoti sono pregati di comunicare alla Gran Segreteria i nominativi dei compagni Eccellentissimi Maestri che desiderano in qualità di “candidati” parteciparvi per ricevere il grado in tale occasione.

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■ Personaggi Bibblici. Melkisedec di Marco Maria Antonio Alfio Patti Secondo la filosofia iniziatica Melchisedec è il Maestro di tutti Maestri, è il realizzatore della Pace e della Giustizia e tutti i grandi Maestri che hanno portato civiltà e luce ai vari popoli nel corso dei secoli provengono dall'ordine di Melkisedec.

Il significato Melchisedec

del

nome Melkisedec nell’Opera del maestro Omraam Mikhaël Aïvanhov

di Marco Maria Antonio Alfio Patti SADIK o SADOK (Ebr.) - Simile al Melchizedec Biblico, identificato dai mistici adoratori della Bibbia con Geova e con Gesù Cristo. Ma essendo provata l'identità di Padre Sadik con Noè, egli può essere identificato pure con Cronos - Saturno. Un uomo giusto, padre dei Cabiri che sono detti figli di Sydic o Zedek, da cui Melchizedec e Paterzedec. Astronomicamente, Melchisedec è il Signore dell'eclittica, o bilancia, o linea di equilibratura, per tale motivo è detto "il giusto". Era considerato anche come l'ottavo pianeta (Mater Terra), quello che aveva generato gli altri sette. L'Ottavo pianeta era Nibiru rappresentato con la stella ad otto punte. E qui ci colleghiamo con le teorie di Nibiru e del Dio Enki e di suo figlio Marduk... SIGNIFICATO DEL NOME MELCHISEDEC. Melchisedec, ovvero Malkî-tzèdeq, secondo l'ebraico del testo massoretico di Genesi 14, 18, può significare: "Mio re è Giustizia", infatti mèlekh (MLK),"re", con il suffisso possessivo di prima persona -î (Y) diventa malkî e significa "mio re", mentre tzèdeq (TzDQ) vuol dire "giustizia" e la copula è omessa (cfr. Brown-Driver-Briggs, p. 575; Ricciotti, Storia d'Israele I, 130); "Re di giustizia" (come il sanscrito dharmarâja), se si interpreta la -î non come suffisso possessivo bensì come littera compaginis (cfr. Joüon, 93m; Scerbo 56). L'interpretazione è assai dubbia, lo Zorell per esempio non dà il significato, e i filologi sono incerti. Parecchi interpretano tzèdeq come il nome di una divinità (p. es. Brown-Driver-Briggs: my king is Tzedeq; Testa, Genesi, p. 179: re cananeo, protetto dal dio Tzèdeq); e Tzèdeq è in ebraico anche il pianeta Giove (cfr. per es. il Séfer Yetzirà IV, 6ss.

(da: http://digilander.libero.it/vangeli/melkisedec.htm)

La Sua importanza è straordinaria se si considera che Gesù e Abramo appartenevano all'ordine di Melkisedec e che egli "è senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio e rimane sacerdote in eterno". Anche Omraam Mikhaël Aïvanhov ne parla con grande devozione e ammirazione in più punti delle

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[Toaff] o 43ss. [Busi-Loewenthal]). Però, dato che la vocalizzazione massoretica del testo biblico è tarda (VII sec. d. C.) e non vincolante più di tanto, la parola MLKY-TzDQ potrebbe anche essere letta malkî-tzàdaq, "il mio re fu giusto", laddove si leggesse tzàdaq invece di tzèdeq, ovvero mèlekh yitzdàq,, "il Re sarà giusto", se si interpreta il nome come composizione di mèlekh, "re", e yitzdàq, "sarà giusto" (MLK-YTzDQ). Un suo anagramma ottenuto spostando la yod - darebbe poi "mikhal tzèdeq", MYKL TzDQ, "serbatoio/ruscello [termine di difficile interpretazione] di giustizia". Un altro invece darebbe "Mèlekh tzaddìq", MLK TzDYQ, che vuol dire "re giusto". Ciò, se non ha significato da un punto di vista filologico, può però averlo da un punto di vista cabalistico, in quanto mostra il Giusto implicito, celato nella Giustizia, ovvero la nona sefirà, Yesòd, il Fondamento, celata nella decima, Malkhùth, il Regno. Infatti Tzaddìq, Giusto, è un altro nome per Yesòd, e Tzèdeq, Giustizia, un altro per Malkhùth. Questo ci può portare a vedere in Melchisedec una sorta di guardiano della soglia, o di traghettatore verso il mare interno dell'anima, o di perno, di "polo" spirituale del mondo.

sue opere. Si consiglia, tra le altre, la lettura del libro "Commento all'Apocalisse" - cap.3 "Melkisedek e l'insegnamento dei due principi". Ricorda Aïvanhov che la figura di Melkisedec è richiamata non solo nella Genesi, nei Vangeli e nelle Lettere di S.Paolo, ma anche nell'Apocalisse di S. Giovanni: Il Personaggio misterioso di cui parla Giovanni nell'Apocalisse è Melkisedec, cfr. anche la pag.160 del volume 32 - Opera omnia-; la nuova Gerusalemme Celeste di cui parla S.Giovanni è collegata all'opera di Melkisedec. Secondo la filosofia iniziatica Melchisedec è il Maestro di tutti Maestri, è il realizzatore della Pace e della Giustizia e tutti i grandi Maestri che hanno portato civiltà e luce ai vari popoli nel corso dei secoli provengono dall'ordine di Melkisedec. Il Suo ordine rappresenta la vera Tradizione dell'Amore, della Saggezza, e della Verità. A questo Ordine è ispirato l'Insegnamento di Deunov e di Aïvanhov. Lo stesso Deunov gli ha dedicato alcuni canti sacri.

Al centro della fotografia due componenti la delegazione Cubana alla Gran Loggia di Rimini 2016

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Si è concluso il terzo seminario di studi rituale dello York Terzo seminario rituale per il Rito di York, a Catanzaro dopo quello della scorsa estate a Taranto e quello di Bergamo. La formula è la stessa, affrontare lo studio filosofico e esoterico (con particolare attenzione alle influenze dell'alchimia e della qabalah sul simbolismo) dei rituali, per dimostra che lo York è la più potente 'macchina formativa' per la 'realizzazione' iniziatica. La novità di questa edizione – che si è svolta presso il Tempio grande della casa massonica - è stata la completezza della discussione, che per la prima volta ha coinvolto anche la Massoneria Criptica, presente il Gran Maestro Mario Pieraccioli, e quella Templare, presente il Gran Commendatore Giovanni Pascale. Erano presenti gli E.G.S. dei capitoli calabresi Domenico Billotta, Maurizio Barberio, Carlo De Giacomo, Enzo La Valva, Carmelo Carabetta, gli I.M. Antonino Simoni, Salvatore Attinà e l’E.C. della Commenda Cosimo Silvestri. Tiziano Busca, Mario Pietraccioli e Giovanni Pascale hanno installato i nuovi dignitari eletti. Al seminario erano presenti i Deputy del Gran Capitolo del Rito di York Francesco Fusca, Francesco Ferrari e Alfonso Martino Il seminario rituale vero è proprio è stato condotto da Mauro Cascio e Massimo Agostini e si è articolato in un'approfondita disamina dei significati simbolici, esoterici, filosofici dei rituali della Massoneria in generale e del Rito di York in particolare. Tanti gli spunti di riflessioni offerti per una sostanziosa istruzione. nella fotografia da destra a sinistra: l’Em. Gran Commendatore Cav. Giovanni Pascale, il Sommo Sacerdote Comp. Tiziano Busca, il Gran Maestro dei Massoni Criptici Comp. Mario Pieraccioli.

Grazie alla traduzione di un nostro compagno Maestro dell’Arco Reale N. Maurizio C. abbiamo oggi la possibilita di colmare un vuoto con molti dati interessanti e inediti riguardanti il Compagnonaggio. Il Compagnonaggio è una forma iniziatica fondata essenzialmente sull’esercizio di un mestiere. Al di fuori di esso in Occidente un legame reale e “operativo” della Tradizione con le professioni o le attività dell’uomo è andato perduto da secoli. Ciò che sopravvive di altre iniziazioni artigianali, ormai separato dalle sue radici “operative”, possiede virtualità di realizzazione che, senza lo sforzo metodico di una concentrazione quotidiana nell’opera, rischiano di rimanere semi sterili, in petrosa, come afferma il Vangelo di Matteo. Vari riferimenti e accenni all’organizzazione compagnonica, sparsi nell’opera e nella corrispondenza di René Guénon, ne mostrano invece l’importanza tradizionale. Il Compagnonaggio è ancora vitale in Francia e nelle aree francofone di alcuni paesi ma è quasi sconosciuto in Italia. Non esiste una bibliografia italiana sull’argomento e questo libro è l’unico in grado di dare informazioni brevi ma esaustive e profonde sulla sua natura, il suo simbolismo e la sua storia. Luc Benoist (1893-1980), è stato autore di numerosi libri sull’arte e il suo simbolismo, fu conservatore dei Musei di Francia. Nel 1928 scoprì l’opera di René Guénon e questa rivela zione lo portò a un profondo mutamento intellettuale. Divenne collaboratore della rivista parigina Etudes Traditionnelles, ispirata e rinnovata da Guénon, e i suoi lavori successivi furono segnati da questo incontro.

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■ Personaggi Bibblici. ESODO XVI: 32-36 di Giuseppe Schimmenti Quando ci riuniamo nella Camera Criptica di Maestro Eletto del Rito di York, apriamo il Libro Sacro sul passo delle Scritture “Esodo XVI : 32-36”, ma perché proprio in quel passo ed a quei numeri? Il quindicesimo giorno del secondo mese che i figli di Israele avevano lasciato l’Egitto liberandosi dalla schiavitù, nel pieno deserto di Sin tra Elim e il Sinai, protestarono vivamente con Mosé e Aronne.

Quando ci riuniamo nella Camera Criptica di Maestro Eletto del Rito nascondeva il deserto di York, apriamo il Libro Sacro sul passo delle Scritture “Esodo XVI : dell'anima di chi era schiavo e 32-36”, ma perché proprio in quel passo ed a quei numeri? doveva rinunziare alle proprie Il quindicesimo giorno del secondo mese che i figli di Israele avevano Tradizioni e al proprio lasciato l’Egitto liberandosi dalla schiavitù, nel pieno deserto di Sin tra Trascendente per Elim e il Sinai, protestarono vivamente con Mosé e Aronne. sopravvivere, costruendo I figli d' Israele dissero loro: "Perché non siamo morti per mano del templi per dèi che non erano i Signore nel paesed'Egitto, quando stavamo presso la pentola di propri. carne e mangiavamo a sazietà? Perchéci avete fatto uscire in questo Il passo biblico mostra deserto per far morire dí fame tutta questa moltitudine?" chiaramente la difficoltà di chi Il testo biblico narra allora che, per intervento divino, piovve manna, è oscurato dalle passioni e che nutrì il popolo in cammino. dalla materialità della vita …...Mosé disse: “Ecco quello che ha ordinato il Signore: Riempitene quotidiana, a distinguere le un omer da conservare per le vostre generazioni, necessità vere da perché vedano il pane che vi ho fatto mangiarenel quelle futili. deserto, quando vi ho fatto uscire dalla terra È più facile e d'Egitto.” conveniente Ricordo a tutti noi, che anche nell’Arca dell’Alleanza, soddisfare i bisogni posta nella più segreta stanza del nostro tempio, è più immediati e conservato un omer di manna, il pane del deserto, superficiali che perché? ricercare le verità Probabilmente, gli elementi essenziali di questo profonde. viaggio: il deserto, la fame, la manna e l’ordine di Chi ha fame delle conservarne una quantità per i posteri, palesa una verità profonde e allegoria perfettamente coincidente con quello che si segue la via può considerare il compito delle organizzazioni esoterica deve iniziatiche istituzionali, di tutti gli ordini, riti e gradi, necessariamente che si prefiggono di tramandare la luce primordiale, sapere analizzare la una luce oscurata dalla inconsapevolezza della La raccolta della Manna (Musée de “materialità ” profanità. dell’universo, la Chartreuse, Douai, ca. 1460 Allegoricamente, la manna - pane degli angeli consapevole che nutre lo spirito nel deserto dell’anima e della non può arrivare alla profanità; di questo nutrimento ciascuno ne deve prendere quanto verità assoluta e che le proprie basta e ne deve essere conservata per i posteri. verità non devono La profanità invece fa pensare ai bisogni materiali come verità necessariamente concordare assolute e irrinunciabili, e quindi obiettivi della vita, per cui costruisce con quelle degli altri, ma idoli. La luce primordiale, che proviene dal mondo Trascendente, tramite la Trascendenza può costituisce il nutrimento da preservare per le future generazioni. elevare la propria spiritualità. L’abbondanza dei beni materiali, di cui gli Israeliti godevano in Egitto, Le organizzazioni iniziatiche

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tradizionali come la Massoneria indicano ai loro iniziati questa strada, che ha una serie di passaggi obbligati ben chiari. La strada va individualmente cercata e interiorizzata; seppure all'interno di una scuola iniziatica che ha natura associativa, si cammina tenendosi a vista, ma ciascuno lungo il proprio sentiero. Il percorso consente, perseverando, di trovare il nutrimento dell'anima, e permette agli iniziati di custodire questo cibo nel luogo più sacro del loro essere, nel Santo dei Santi di sè stessi, dove riecheggia il segreto iniziatico evocato dal nome dell' Essere supremo, che non può essere neppure pronunziato, perché non conosciuto. Sembra tanto facile separare l'oro dal piombo nelle teorie e nei massimi sistemi, ma chi inizia veramente questa strada, sa che non è proprio cosi! Il nostro compito, come organizzazione iniziatica tradizionale, ma soprattutto come Massoni Criptici, è di illuminare il cammino di chi vive nella profanità per condurlo alla iniziazione vera, una strada accidentata, che noi stessi dobbiamo rendere piana. Un percorso che deve essere chiaro prima di tutto a noi stessi, alla nostra anima. Credo che questo sia il Compito precipuo e specifico della Massoneria Criptica! Per tornare all'apertura del Libro Sacro in Grado di Maestro Eletto, cioè a Esodo 16, questo rivela anche un elemento distintivo fondamentale della tappa del deserto: l'esperienza esistenziale della provvisorietà umana e della fiducia nel G.A.D.U.. Infatti la quantità di manna è assegnata in modo preciso per ogni membro della famiglia, un omer a testa (circa 4 litri) così da divenire una lezione sulla fiducia nella provvidenza divina. Nello spazio rischioso e senza vita del deserto è Dio stesso che sostiene ogni giorno ogni membro del suo popolo. Nel deserto tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne ma nonostante ciò le regole della raccolta sono state ben precise: non solo indicavano la quantità consentita per ciascuno, ma determinavano anche il modo di consumazione. Tale normativa ha, anche nell'ottica conciliare, un fine catechistico, liturgico e teologico. Il primo insegnamento è quello dell’uguaglianza: tutti ne raccolgono la stessa quantità e fra di loro non c’è distinzione di ricco e di povero: «Ne raccolsero chi molto chi poco. Si misurò con l’omer: colui che ne aveva preso di più, non ne aveva di troppo, colui che ne aveva preso di meno non ne mancava: avevano raccolto secondo quanto ciascuno poteva mangiarne» (16,17-18). Nel deserto,quindi, nonostante tutti i disagi, c’era giustizia sociale ed eguaglianza. Il secondo insegnamento è la preoccupazione giornaliera di manna per il giorno dopo, giacchè essa dura solo per il giorno in cui viene raccolta escludendo l’accumulo dei beni: non bisogna far avanzar manna per il giorno dopo, giacchè essa dura solo per il giorno in cui viene raccolta. Nella raccolta della manna si mette alla prova la fiducia che il popolo nutre nei confronti del Divino: chi ne raccoglie troppa, non ha nessun vantaggio e dimostra di non fidarsi. Questa regola della raccolta simboleggia la fiducia nel G.A.D.U. e

quindi esclude l’accaparramento dei beni. Mosè disse: «Questo ha ordinato il Signore: Riempitene un omer e conservatelo per i vostri discendenti, perché vedano il pane dato da mangiare nel deserto, quando vi ho fatti uscire dal paese d’Egitto». Le generazioni future devono avere un segno concreto della provvidenza divina che ha guidato il suo popolo nel cammino del deserto: l’urna della manna diventa il simbolo della Provvidenza. I posteri è bene che ricordino e vivano di conseguenza. Dalla mormorazione, che è segno del peccato di Israele, è chiamato a passare alla meraviglia quotidiana. Ognuno di noi è chiamato a passare dall’infedeltà, dalla non fiducia, dalla mormorazione alla meraviglia quotidiana dell’incontro col nostro deserto. Noi, pellegrini come i nostri padri, noi che continuiamo a camminare nel deserto, luogo della sofferenza e della tentazione, dobbiamo comprendere che il deserto deve essere riscattato e quindi inteso come il luogo dell’incontro con noi stessi e con il G.A.D.U., perché il cammino nel deserto porta a Sinai e lì l'Innominabile viene incontro al popolo. Il deserto è il simbolo quindi dell’incontro con noi stessi e con il G.A.D.U. che ci chiede la meraviglia quotidiana di saperlo scoprire. Giuseppe Schimmenti

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■ Utopia, significati e simboli.

di Luigi Maria Bianchini. Parte V Ci scusiamo per l’errata numerazione precedente

NARRAZIONE FANTASTICA: UTOPIA, SIGNIFICATI E SIMBOLI. Nei precedenti numeri della rivista le prime tra parti di questo studio del Comp. Luigi Maria Bianchini

divorata dal lupo e rinascere dalla sua pancia rappresenta simbolicamente l’alternarsi quotidiano del giorno e della notte. Un simbolo pregnante del tempio massonico è la Allegoricamente, la chiave di lettura di Vladimir volta stellata, ch’è dipinta sul soffitto del tempio: il Propp è del transito di Cappuccetto Rosso cielo, la notte e le stelle, il Cosmo, in tutte le attraverso i riti di passaggio adolescenziali. religioni. Ha lo scopo di portare serenità di spirito L’uscita dalla sua casa rappresenta un rito di e di stimolare la meditazione, divenendo emblema separazione, la permanenza nel bosco è un massonico di universalità e di trascendenza. periodo di passaggio, il momento in cui viene Troviamo il cielo stellato in più parti del racconto. divorata dal lupo nella casa della nonna, A esempio, nel Campo dei Miracoli, o Campo simboleggia una prova d’iniziazione e il suo della Stella, ove si dovrebbe verificare una salvataggio dalla pancia del lupo, la rinascita e trasformazione e il burattino perde le sue monete l’ammissione nella società degli adulti. -i metalli-. L'immagine della volta Il lupo simboleggia una potenza stellata si ripete più volte, ma malvagia, il cui scopo è deviare la particolarmente incisiva è quando bambina dal suo percorso di crescita, uscendo dal Pescecane, ancora tema facendo in modo che prolunghi il più di meditazione, è anche guida per possibile il soggiorno nell’infanzia, l'orientamento. Geppetto è portato in costringendola a una condizione di salvo sulle spalle di Pinocchio, come perpetua staticità e ignoranza. In Anchise su quelle di Enea.. seguito Cappuccetto Rosso incontra il lupo che ha ormai divorata la nonna. CAPPUCCETTO Questo momento rappresenta ROSSO l’emergere della consapevolezza: la bambina comprende che per crescere La maggior parte degli studiosi della deve affrontare gli eventi negativi che le favola si è concentrata sulla versione si presentano e superare i propri limiti. dei fratelli Grimm o, al massimo, su Secondo un’altra interpretazione tutta la fiaba si quella di Perrault. Tuttavia la favola di basa sul concetto di maternità; ogni personaggio Cappuccetto rosso vanta una tradizione di principale è permeato da esso: la nonna è stata interpretazioni ben più consistente. madre, Cappuccetto deve diventare tale, il lupo L’interpretazione mitologica è che Cappuccetto svolge una funzione paradossalmente e Rosso rappresenti l’allegoria della Capuccetto rosso e il lupo propriamente maieutica: alla fine della ciclicità solare: la protagonista storia, dal suo ventre riemergono la rappresenta il sole, il lupo che la divora, nonna e la ragazza pronte a una nuova possibilità rappresenta la notte, mentre la liberazione dalla di crescita. Il lupo, terminato il suo ruolo di pancia del mostro rappresenta il sorgere del sole. “partoriente”, torna a essere malvagio come per Così la bambina che attraversa il bosco per esser ricordarci che anche le sventure sono in realtà

Il cielo stellato

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portatrici di comprensione, maturazione e crescita. Ma il lupo vede al buio ed è simbolo della luce: in greco lupo è s e luce. Quindi, simbolicamente, assume la funzione di traghettatore verso la luce. Cappuccetto Rosso e l’ignoto Un’ultima chiave di lettura proposta da E.Brasey e J.P.Debailleul, invita i lettori a riflettere su un tema un po’ ambiguo che desta sensazioni contrastanti: l’ignoto. Ciò che non conosciamo ci spaventa e nello stesso tempo ci incuriosisce, come il vuoto verso il quale siamo attratti. La favola di Cappuccetto Rosso suggerisce di non perdere la curiosità di conoscere e il desiderio di cogliere le occasioni nuove, insolite e inattese che incontriamo lungo il nostro cammino. Consiglia di guardare ciò che ci circonda, lasciandoci tentare dalle diverse esperienze che ci si presentano. L'ambiente, i rumori che la impauriscono di notte, quando non vede, non distingue l'innocuo dal pericoloso, sono ben diversi alla luce del sole, quando si vede, si sa, si comprende, si distingue. Ulisse è spinto a varcare i confini dell'ignoto perché ,fatti non foste a viver come bruti, ma a perseguir virtute e conoscenza, per usare i versi di padre Dante. Ma non bisogna mai dimenticare di stare sempre allerta, attenti a non smarrire la strada e a … scegliersi i compagni di percorso.

CENERENTOLA

Europa, Cenerentola esisteva già in Cina. Ma la prima versione scritta risale all'antico Egitto.. La più antica è riportata da Claudio Eliano, uno scrittore romano di lingua greca vissuto tra il I e il II secolo dopo Cristo, nella sua opera Storia varia ed è ambientata appunto nell'antico Egitto. Anche il mondo arabo ha la sua Cenerentola, una fanciulla che fuggendo via dalla festa dell'henné della sposa perde uno zoccoletto d'oro, mentre la variante vietnamita parla di Tam, una contadina orfana di madre, con una terribile sorellastra di nome Cam. La storia è sempre quella, ma ci sono differenze importanti tra i diversi racconti, che ci permettono di entrare attraverso la suggestione e la magia della parola narrata nella vita quotidiana di un villaggio, di una terra, di un popolo. A esempio: nella storia vietnamita, la protagonista viene uccisa dalla matrigna, ma grazie a successive reincarnazioni può tornare a vivere con il suo principe; e chi la protegge e l'aiuta nelle difficoltà è Buddha, in persona. Nella storia araba il principe non conosce nemmeno la futura sposa (visto che nel mondo arabo uomini e donne vivevano nettamente separati fino al matrimonio), ma se ne innamora perdutamente alla sola vista dello zoccoletto d'oro. Tra le varianti europee una delle più famose e quella napoletana di Giambattista Basile del 1636 La gatta Cenerentola da Il Pentamerone, in cui la protagonista, Zezolla o Perlina ha addirittura due matrigne e sei sorellastre. Ma tra tutta quest'abbondanza di versioni diverse, c’è la Cenerentola disneyana che per molti di noi è la versione autentica o. forse, l’unica che conosciamo. Queste centinaia di Cenerentola ci permettono di compiere un interessante viaggio tra le varie culture.

Siamo abituati alla versione che abbiamo letta da bambini o, forse, più facilmente, nella versione filmica disneyana. Ma ce ne sono almeno altre trecentoquarantacinue versioni della scarpetta perduta (quante ne ha annoverate Marion Rolfe Cox in uno studio pubblicato a Londra nel 1893). Le più antiche sono quella cinese ed egiziana, ma ne esistono anche nei paesi arabi e in Vietnam. E se nella storia vietnamita Buddha in persona Alcune varianti extraeuropee viene a salvare Cenerentola, in quella araba il principe non incontra mai la ragazza, ma si Nella fiaba ci sono sempre l'eroe, l'antagonista, innamora alla sola vista dello zoccoletto d'oro. l'allontanamento da casa, il danneggiamento, il Ecco un'occasione per scoprire somiglianze e divieto, l'oggetto magico, la prova da superare... differenze nelle varie culture. nelle diverse versioni, con le differenze di tempo, Quando parliamo di Cenerentola immediatamente contesto culturale e ambientale. pensiamo a una bella ragazza centro-nordCenerentola A esempio: la festa dell'henné della sposa europea, bionda, dai grandi occhi azzurri, invece che il ballo del principe, nella storia maltrattata dalla matrigna crudele. araba, pone in rilievo il ruolo che le madri hanno Pensiamo all'intervento della Fata Buona, alla nel contesto arabo per la scelta della sposa per il zucca che diventa carrozza, al ballo del principe, figlio, l'animale come aiutante, invece che la fata alla scarpina di vetro e tutto il resto. madrina, l'intervento di Buddha, il forte richiamo E’ difficile immaginare una Cenerentola con gli religioso presente nella fiaba araba, la occhi a mandorla o la pelle scura. Eppure reincarnazione della fanciulla dopo la morte nella settecento anni prima che la fiaba comparisse in storia del Vietnam.

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Le differenze possono sorprendere, mentre gli elementi comuni confermano e rassicurano gli schemi che abbiamo nel nostro bagaglio cukturale tradizionale. Le differenze ci pongono interrogativi ci spingono verso strade nono conosciute e verso elaborazioni differenti. Alcuni finali sono crudeli: nella fiaba vietnamita la protagonista fa bollire la sorellastra e la offre in pasto alla matrigna, in quella dei fratelli Grimm le sorellastre vengono accecate dalle buone colombelle, mentre in quella araba la sorellastra subisce la punizione di una violenta purga! La storia di Rodopi,  (o Rodope) è un'antica fiaba egiziana, citata per la prima volta da Erodoto e poi da Strabone e infine anche da Claudio Eliano nella sua opera Storia varia. La favola di Rodopi è considerata il più antico archetipo letterario di Cenerentola, in quanto il faraone Amasis, protagonista della fiaba, è un personaggio reale della XXIV dinastia, vissuto nel 663-609 a C, molto noto agli storici antichi in quanto agevolò i commercianti greci. Lo stesso Erodoto citò vari aneddoti sulla cortigiana Rodopi. È da notare che secondo alcune versioni della fiaba egiziana Rodopi-Cenerentola non è una modesta schiava, ma una cortigiana di successo. Rodopi (guance rosa), bellissima schiava di stirpe tracia lavora nell'abitazione del suo padrone egiziano. Sebbene gentile con lei, il padrone di casa, che passa molto del suo tempo a dormire, è completamente ignaro dei maltrattamenti che la fanciulla è costretta a subire dalle altre schiave, perché straniera e perché di carnagione chiara, sottoponendola, a continui ordini e comandi vessatori. Non visto, la vede danzare da sola con grande abilità e la ritiene degna del dono d'un paio di pantofole d’oro rosso, fatto che accrebbe ulteriormente il rancore delle altre schiave verso di lei. Un giorno, il faraone invita il popolo d'Egitto a un'imponente celebrazione nella città di Menfi. Le altre schiave ostacolano la partecipazione di Rodopi, ingiungendole di portare a termine una lunga lista di ingrati lavori domestici. Mentre è al fiume a fare il bucato, lascia le pantofole donatele dal padrone al sole. Il dio Horus, nelle sue sembianze di falcone, vede le pantofole e ne porta via una. Vola a Menfi e lascia cadere la pantofola sulle gambe del faraone che, interpretato l'evento come un segno del dio, decreta che tutte le fanciulle del regno debbano provare la pantofola perché lui avrebbe sposata quella che fosse riuscita a calzarla.

La lunga ricerca del Faraone, lo conduce infine nella casa di Rodopi. La schiava, vista arrivare l'imbarcazione reale, cerca invano di nascondersi. Ma non sfugge alla vista del monarca che, dopo aver riconosciuta la pantofola gemella, la fa provare alla ragazza constatando ch’è proprio quella giusta per il suo piedino, Il faraone la prende con sé per sposarla. Il faraone Amasis del V sec. a. C sposò effettivamente una schiava greca di nome Rodopi, facendo di lei la regina. Rodopi ed Esopo sarebbero stati compagni di schiavitù: per questo lo scrittore greco fa una breve menzione di questa storia. In letteratura, la bella Rodopi, chiamata anche Dorica, che ebbe una grande fama nel mondo greco, viene citata da Erodoto come schiava tracia di Iadmone di Samo padrone anche dello schiavo Esopo. Rodopi si recò a Naucrati al seguito di Xanto di Samo, divenendo un'etera famosa per la sua bellezza. Immensamente arricchitasi, fece generose offerte al santuario di Delfi. L'attribuzione a lei di una piramide è considerata però infondata dallo storico di Alicarnasso. È famosa anche, come ci informa la stessa fonte, per essere stata riscattata da Carasso, il fratello di Saffo, mercante di vini di Lesbo, sui mercati di Naucrati e dell'Egitto. In effetti esistono alcuni frammenti dell'opera di Saffo che riconducono a questa storia. In particolare il più completo dei tre, il n. 5, contiene un'invocazione ad Afrodite e alle Nereidi perché propizino il rientro del fratello, libero dagli antichi errori. Vorrei concludere questa non breve trattazione, sperando di non avere annoiato il lettore, con una poesia del poeta romanesco Carlo Alberto Salustri, in arte Trilussa, fratello in pectore, la cui domanda era stata accettata, ma non potette avere corso, per la sua morte prima dell’iniziazione. Così come, dieci giorni prima della morte, gli arrivò la nomina a senatore a vita da parte del Presidente della Repubblicai Luigi Einaudi. Pe’ conto mio la favola più corta è quella che se chiama Gioventù: perché... c’era una vorta... e adesso non c’è più. E la più lunga? E’ quella de la Vita: la sento racconta' da che sto ar monno, e un giorno, forse, cascherò dar sonno prima che sia finita... (fine)

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