Settembre 2011

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Settembre 2011 -

numero 2 - anno XXVII


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SOMMARIO 2

Un’organizzazione in movimento

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Ancora muro di Berlino

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Ma ora ci chiediamo perché un gatto...

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Il libro dei desideri

Distribuzione gratuita

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Concorso UPIPA

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Un nostro “mercatino” a favore...

Comitato di redazione Cristina Bolgia Giovanna Meneghini

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Adottiamo cocorite e canarini

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I quadri de veludo del Silvio

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Evviva la cena in terrazza

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Soggiorno marino

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Passeggiate nei pomeriggi …

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Le bici alimentari per un giorno ..

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La visita al Mart

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I nostri orti

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Un pomeriggio alle Lochere …

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Il mulino “Manuelot”

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Per conoscerci meglio

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Il frumento

CENTRO DIURNO

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Coro gioioso

EVENTI

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Il castello di Tullio Fruet

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In ricordo di Carlo Fontanari ...

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El ne alzheimer

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Iginio e Dino

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El nos futuro … che pasion!

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Le “spizzate”

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15° edizione delle Olimpiadi …

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Il torneo di bocce

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Il volontariato: occasione di crescita

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L’associazione anteas si presenta

LA CASA INFORMA

PROGETTI

ATTIVITÀ

RICORDI

POESIA

L’ANIMAZIONE INFORMA

A STRETTO GIRO DI POSTA

Il ponte n. 2 - Settembre 2011

Cura redazionale e impostazione grafica Cristina Bolgia Giovanna Meneghini Fotografie Servizio animazione

Redazione presso: S. Spirito - Fondazione Montel Azienda Pubblica di Servizi alla Persona

38057 - Pergine Valsugana (TN) Via Marconi n. 4 tel. 0461/531002 fax 0461/532971 E-mail: redazioneilponte@apsp-pergine.it Sito: www.apsp-pergine.ti

Stampa Publistampa Arti grafiche, Pergine Valsugana

Si ringraziano tutti coloro che hanno dato il loro apporto per la realizzazione del periodico


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LA CASA INFORMA

UN’ORGANIZZAZIONE IN MOVIMENTO di Giovanni Bertoldi E’ passato un anno dall’inaugurazione della nuova palazzina servizi e dei sottopassi pedonali di collegamento dell’APSP S. Spirito – Fondazione Montel di Pergine Valsugana, e la “Cittadella dell’anziano e dei servizi alla persona” sta ormai prendendo forma. Nel corso di questa estate, che ormai si accinge alla conclusione, è stata trasferita la cucina dalla storica

sede di via Pive al piano interrato della Palazzina Servizi completando così in parte il processo di ammodernamento e riorganizzazione dell’intera struttura operativa. Nell’arco di sole due giornate di intenso lavoro e di grande partecipazione e coinvolgimento di tutto il personale, la preparazione dei pasti è passata da una cucina ormai vecchia ed obsoleta a

dei fornelli nuovi e luccicanti collocati in un ambiente spazioso, luminoso ed accogliente. La biga ha incominciato a percorrere i circa 200 metri di lunghezza del sottopasso pedonale per portare nel minor tempo possibile i pasti ai nostri Ospiti garantendo sempre e comunque quella qualità e quelle attenzioni che il fatidico momento del pasto richiede.

E’ notoriamente risaputo che il momento del pasto detta e scandisce i tempi della giornata sia per chi studia, sia per chi lavora, ma anche e soprattutto per i nostri cari Ospiti che passano le loro giornate all’interno di queste residenze. Grazie ad un intenso lavoro svolto da un gruppo di operatori della struttura di via Marconi, è in programma nelle prossime settimane una revisione e riorganizzazione della “Giornata tipo” che vedrà una rimodulazione dell’orario dell’alzata, dell’orario

delle varie attività e, non da ultimo, dell’orario del pranzo e della cena. Tutto questo, nato anche grazie alla tenacia e alla sensibilità di Ospiti, familiari e collaboratori, si colloca all’interno della nostra strategia aziendale che mette al primo punto la qualità di vita degli Ospiti residenti. Gli incontri con i familiari che in queste giornate stiamo promuovendo all’interno dei singoli nuclei assistenziali hanno la precisa finalità di ascoltare dai diretti interessati eventuali proposte di miglioramento

del servizio erogato dalla nostra struttura. La Casa di Riposo, come ancora oggi viene comunemente chiamata questa APSP, è sì fatta di strutture, sottopassi di collegamento, attrezzature, piani di lavoro e orari ben definiti, ma è fatta anche e soprattutto di persone che, con la loro professionalità e capacità di relazione, sono chiamate a promuovere benessere e qualità della vita. Questa è la nostra missione e questo deve essere il nostro impegno oggi e domani.


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LA CASA INFORMA

ANCORA MURO DI BERLINO di Andrea Zuccatti

Qual è il modo più facile e immediato di risolvere un problema? Il dialogo, poiché ci permette di arrivare da due opinioni contrastanti ad un’unica soluzione. Il perdono, perché in un attimo tutto quello che è stato è passato. L’uomo è l’animale più intelligente, ma se dovessimo basarci sui suoi comportamenti diremmo che è il più sciocco. La soluzione più veloce ad un problema è fare in modo di non vederlo, costruendo un muro, magari alto più di 3 metri. In modo che nemmeno l’uomo più alto possa valicarlo. E così, in una sola notte, tra il 12 e il 13 agosto 1961, nel bel mezzo di Berlino, inizia la costruzione del muro che permetterà di fermare l’esodo di persone dalla Germania est. In un solo anno l’uomo costruì 155 chilometri di sciocchezza, tanto era la distanza in chilometri che separava la Germania est dalla Germania ovest, barriera invalicabile tra la zona d’influenza statunitense e quella di influenza sovietica durante la guerra fredda. La DDR (repubblica democratica tedesca) soffriva

di una fuga di massa di professionisti e lavoratori specializzati che si spostavano all’ovest, per non parlare delle diserzioni dell’esercito. Con la costruzione del muro le emigrazioni passarono da 2.500.000 tra il 1949 ed il 1962 a 5.000 tra il 1962 e il 1989. Il muro ottenne i risultati sperati, evitando le fughe, ma fu un vero disastro per la DDR, diventando simbolo della tirannia comunista e causa di degrado economico. Queste sono le conseguenze politiche ed economiche, ma la ferita maggiore quel muro la lasciò nell’identità del popolo tedesco. Intere famiglie furono separate, senza possibilità di contatto e ricongiungimento, per ben ventotto anni. Chi tentava di superare quella barriera sapeva be-

ne che di fronte a sé avrebbe trovato il muro di cemento armato alto 3 metri, vegliato da 302 torrette di guardia con cecchini armati e una “striscia della morte” disseminata di mine. “Se dovete sparare, fate in modo che la persona in questione non vada via, ma rimanga con noi” diceva nel 1989 Erich Mielke, ministro della sicurezza della DDR. Furono più di 200 le persone uccise mentre cercavano la fuga o catturate ed in seguito giustiziate. Il 9 novembre 1989, finalmente, il muro venne abbattuto. La città in festa era di nuovo unita. Il muro di Berlino ha segnato profondamente la storia europea e la coscienza collettiva. La parola “muro” evoca sensazioni spiacevoli: mettere al mu-


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ro (fucilare), mettere con le spalle al muro (non poter reagire), parlare al muro (indifferenza), sbattere la testa contro il muro (disperazione). E ancora, si usano espressioni come “muro di silenzio”, “muro di indifferenza”, “muro della solitudine”. L’uomo non ha smesso di costruire muri come soluzione ai suoi problemi. A Gaza una barriera di 60 km divide Israele dai territori palestinesi ed è una chiusura tre volte più alta e due volte più larga del muro di Berlino. A Tijuana la frontiera tra Stati Uniti e Messico è sbarrata da 595 chilometri di muro. Ma, rimanendo in Italia, a Giugliano (NA) un muro separa un campo con 600 ROM dal resto del

paese. A Padova è stata eretta una cinta alta 3 metri e lunga 80 per isolare un quartiere di immigrati. La guerra nella striscia di Gaza, la povertà messicana, l’intolleranza verso chi è straniero

o diverso. A cinquant’anni dalla costruzione del muro di Berlino i problemi rimangono, dietro a questi moderni “muri di Berlino”.….

Durante la sua visita a Berlino del 15 giugno 1963, il presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy tenne un discorso pubblico che sarebbe divenuto uno dei momenti simbolo della Guerra Fredda:

« Ci sono molte persone al mondo che non comprendono, o non sanno, quale sia il grande problema tra il mondo libero e il mondo comunista. Fateli venire a Berlino! Ci sono alcuni che dicono che il comunismo è l'onda del futuro. Fateli venire a Berlino! Ci sono alcuni che dicono che, in Europa e da altre parti, possiamo lavorare con i comunisti. Fateli venire a Berlino! E ci sono anche quei pochi che dicono che è vero che il comunismo è un sistema maligno, ma ci permette di fare progressi economici. Lasst sie nach Berlin kommen! Fateli venire a Berlino! [...] Tutti gli uomini liberi, ovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso di dire: Ich bin ein Berliner! (sono un Berlinese, NdT). »


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LA CASA INFORMA

MA ORA CI CHIEDIAMO PERCHE’ UN GATTO NELLA PET-THERAPY - 1ª parte di Giovanna Meneghini

Sono tante le storie, le leggende tramandate che ci segnalano il gatto come animale divino, misterioso spesso amato o odiato, sentimenti contrastanti che assalivano l’uomo in ere e luoghi diversi. Molti pensano che il gatto sia divenuto domestico perché ha deciso così, è stato lui a prendere l’iniziativa. L’uomo, invece, ha mollato le redini notando come un piccolo felino fosse in grado di gestirlo e quasi “ammaestrarlo”. In sintesi, per la prima volta, non è stato l’uomo a scegliere il gatto e addo-

mesticarlo, ma il gatto ha voluto prendere l’iniziativa. Molti spiegano così il motivo che ha indotto l’uomo a sensazioni ed emozioni diverse e contraddittorie sul gatto … l’uomo dona al gatto una curiosità infinita, il gatto da sempre simbolo, del mistero e del potere, il gatto è sempre divertente e affascina grandi e piccoli, sprigionando tante energie positive e emozioni nuove, ma spesso l’uomo spaventato da questa indipendenza ha sparlato di lui, del gatto, come un animale insensibile, affezionato alla casa, un animale indipendente che non ha alcun bisogno del padrone. I sentimenti dell’uomo verso il gatto sono, quindi vari, l’uomo prova per questo piccolo felino amore, paura, odio e altre volte il gatto sprigiona un vero fascino, spesso simbolo di femminilità. Chi ha avuto la fortuna di incontrare un gatto e convivere con lui queste nuove emozioni rimarrà marchiato per sempre, il gatto facilmente diviene per l’uomo una dipendenza: rappresentato come un enorme vaso colmo di amore ed emozioni quando ci guarda e ci fissa dolcemente per chiederci qualcosa silenziosamente, un silenzio parlato, il suo. Aspetti positivi li dona anche il suo sguardo che a differenza degli altri animali (cane, cavallo, coniglietto etc…) è frontale, e non laterale è simile al nostro modo di guardare il mondo. Ma quali sono quelle emozioni, quei sentimenti che il gatto provoca al nostro corpo? Quali sono le principali caratteristiche di questo animale che lo rendono prezioso per la Pet Therapy ? Per le particolari dimensioni, la formidabile flessibilità del suo corpo agile e morbido, il gatto viene facilmente tenuto in grembo, sulle ginocchia per essere coccolato e la sua percettibile voglia di coccole, voglia di ricevere da noi, colma quel vuoto interiore che spesso


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ci rende tristi e depressi. Il suo mantello, la sua disponibilità nel lasciarsi accarezzare e manipolare esaltano la sua relazione fisica e rassicurante nei nostri confronti. In sintesi, l’esorbitante voglia di coccole, di carezze di un gatto è equivalente a quella dell’uomo e ancor di più della donna. Coccole è l’equivalente in lingua inglese di Petting, un insieme di dolcezza, carezze e emozioni che rassicurano l’uomo e lo rendono felice. Il gatto non suda e il contatto con l’uomo risulta alquanto piacevole e stimolante soprattutto quando viene accarezzato. I soliti indefiniti e spericolati giochi e comportamenti del gatto fanno sorridere l’uomo, rendendolo curioso e attento ad ogni suo movimento. Questo rapporto stimolante e interessante assume una elevata importanza nella vita dell’uomo, rendendolo rilassato e incuriosito. Comportamenti, questi, posti alle prime posizioni per quanto riguarda la riuscita di una Pet Therapy. Le fusa del gatto, inoltre, risultano efficaci

per alleviare lo stress, dimenticarsi dei problemi soprattutto se a stretto contatto con il nostro corpo. Le sue fusa ci rassicurano in momenti tristi e bui, ci donano allegria gratuita e vera, una serenità interiore. Tutto sta nel lasciarsi andare, nel sapersi isolare e nel ricercare in quei momenti solo la compagnia del nostro gatto. Il gatto presenta, come abbiamo prima evidenziato, numerosi e importanti aspetti che esaltano maggiormente, rispetto ad altri animali, le sue qualità specifiche di “induttore di emozioni” e di “stimolatore dell’uomo a livello psichico”. Un esempio vero e simbolico lo abbiamo nei nostri momenti tristi, nei mo-

menti di stress, quando spesso restiamo soli con i nostri pensieri. Ci accorgiamo del gatto che, senza alcuna pretesa, ci tiene compagnia accoccolandosi al nostro fianco, sulle nostre gambe o magari ai nostri piedi, sprigionando in silenzio un amore unico e vero. Il gatto dona amore quanto un cane ma diversamente. Non sottovalutate il suo amore. Non dimentichiamo che la Pet Therapy ha risvolti positivi se con il nostro gatto si instaura un buon rapporto basato sull’amore, la stima, la fiducia, il rispetto. Tutto questo, tuttavia, ci pone ad assumere obblighi e doveri nei suoi confronti. www.siberiano.it/Pettherapy

Nella prossima edizione de “Il Ponte” seguirà la seconda parte dell’articolo dedicato ad aspetti scientifici della Pet-therapy con il gatto.


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PROGETTI

IL LIBRO DEI DESIDERI di Giovanna Meneghini

Nel luglio 2010 è iniziato nella sede di via Marconi un progetto che abbiamo chiamato “Il libro dei desideri”. Dopo aver ragionato e discusso a lungo con i residenti sul significato di desiderio e di sogno, abbiamo iniziato a raccogliere tutti quelli espressi e soprattutto a cercare di realizzane quanti più possibile.

La nuova casa del figlio della signora Novella Parlando con la signora Novella è emerso il suo desiderio di poter visitare la casa nuova del figlio. Il 12 luglio abbiamo prenotato il pulmino e accompagnato la signora dal figlio a Trento. Durante il percorso con il pulmino, la signora ha riconosciuto le vie di Trento che era solita percorrere, i negozi di cui era cliente, si ricordava i nomi delle vie e ha anche riconosciuto degli edifici storici. E’ stato un pomeriggio piacevole ed emozionante, e la signora, anche se stanca, è stata molto contenta. Durante il rientro, la signora Novella mi ha detto: “Sono proprio contenta, ora quando penso a mio figlio, so che è nella sua casa nuova!”

A spasso per la valle del Primiero per rivedere il luoghi natali della signora Maria La signora Maria ha espresso il desiderio di poter, un giorno, rivedere il proprio paese d’origine, la zona dove aveva vissuto e che da tanto tempo ha lasciato. L’ ultima volta che ha rivisto il suo paese è stato nel 1984 e da allora non ci ha più rimesso piede. Ben 27 anni fa.... Così, dopo aver organizzato il tutto, venerdì 12 agosto siamo partiti alla volta di questo splendido paesino, Sagron, che sulla carta geografica è un piccolo puntino in una sperduta valle


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del Primiero, ma è situato in un posto bellissimo con dei paesaggi “mozzafiato”. La signora Maria ha rivisto la sua casa con il suo bel poggiolo di legno, situata vicino alla chiesetta e ha incontrato il cugino che con la moglie vive ancora nel paese. Dopo questo momento carico di emozioni e dopo aver scattato le foto per ricordare meglio questi momenti, abbiamo rag-

giunto l’hotel Tressane dove la signora Maria era solita recarsi e dove ci attendeva la signora Alessandra titolare dell’hotel. Per il pranzo, siamo stati raggiunti dal nostro Presidente e dal nostro Direttore che, nonostante i numerosi impegni, ci hanno fatto compagnia. Al termine dell’ottimo pasto, apprezzato da tutti gli Ospiti, abbiamo proseguito il nostro viaggio e siamo arrivati a San

Martino di Castrozza, situato in una conca e circondato dalle Dolomiti che, con i loro mille colori, hanno fatto da sfondo alle nostre fotografie. Dopo una passeggiata e un buon caffè, ahimè, siamo dovuti ripartire per fare ritorno stanchi, ma con il cuore carico di emozioni....

Il laboratorio da calzolaio del signor Iginio In questa occasione, vogliamo rendervi partecipi di un desiderio coltivato da anni dal signor Iginio Vinciguerra, che, grazie alla sensibilità e disponibilità del Direttore e dell'Amministrazione, abbiamo potuto realizzare. Il signor Iginio, esperto calzolaio, al momento del suo arrivo in Casa di Riposo, aveva lasciato a casa sua, tutta l'attrezzatura ancora ben conservata e funzionante. Ha continuato a prendersi cura delle sue cose andando con regolarità a casa per controllare e, collaborando, con un laboratorio del centro storico nei pressi della nostra A.P.S.P. di via Pive, è riuscito a conservare la sua manualità di calzolaio. Nel tempo, il nostro Iginio non si è scoraggiato e ha reso partecipe il nostro Direttore e il Servizio Animazione del suo desiderio di poter avere uno spazio tutto suo, qui in sede, dove poter portare il suo laboratorio e mettere a disposizione di tutti le sue abilità, anche per tramandare una professione che, nel tempo, rischia di scomparire. Così, come promesso, dopo il trasferimento della cucina nella palazzina del Centro Servizi, è stato possibile accontentare il signor Iginio, ricavando lo spazio da lui molto desiderato...

Un altro desiderio è stato esaudito.......


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PROGETTI

CONCORSO UPIPA di Giovanna Meneghini

“Il tempo dei giochi

Ricordar en pugnat de balote

e i giochi di un tempo” “Scondilever”, “balotole”, “botega”, “giro giro tondo”,

di Lidia Tecilla Roat

Nà not, en tel sogn me son ritrovada lì en quela piazeta ciamada “Nogare” de tèra batuda, e tuta segnada Dei zòghi de alora, de strise, de gare… La chiociola, el mago, el campanon,

e ancora:

la corda, le corse a corerse drè,

il gioco della corda,

balòte de creda, en vècio sercion

il gioco dell'oca, la dama e le bambole. Questi i giochi principali che emergono nei racconti dei nostri residenti.

parà con en fèr, madama dorè. Con tuti quei zòghi en tel sogn ò zugà con tuti i compagni ò saltà fin sera coi pèi descolzi e credeva l’fuss vera… Ma po’ a la matina è tornà la reltà! Adio zòghi antichi, adio cari amizi, adio scondileoro con le matelote; i sogni i finiss… bèi tempi felizi… M’è restà per ricordo, en pugnat de balote.

Quanti ricordi… quante emozioni... Cerchiamo di riviverli nei nostri incontri e nei laboratori.

Natalina Paolazzi: “se zugava con la bambola... se la cocolava, se l'acudiva... mi la gavevo con la testa de porcelana, l'era preziosa... la gaveva el so letin... en dì con do' cordele ho fat el dondolo e così lei cascada e la s'è rota...ma en Via San Pietro ghera 'en negozio che le giustava...”


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La bambola di pezza

Bambole di Emma Valcanover Bambole de pèza de celuloide de carta Con tanti vestidòti! Bambole de vardar E no’ tocar, messe lì per beleza. Bambole vive che ò ‘ncontrà; se le gaveva ‘n còr l’èra senz’altro stofegà ‘n tra nastri e pizi. Ma… ‘l còr de le me bambole de pèza de celuloide de carta e per beleza, el bate ancor… el bate sol per mi con tenereza!

Un giorno, tra un bicchiere di tè e una semplice chiacchierata, si ricordavano i tempi passati, quando ancora si rammendava, si cucivano i vestiti e quant’altro.. Ad un certo punto è uscita un’ idea: ‘‘ Fente ’na bambola de peza con pizi e merleti?!’’. Si è così pensato di provare a realizzare una bambola di stoffa e, una volta visto il risultato, tutti i presenti sono stati d’accordo sull’ idea che oltre ad essere bella, era una cosa molto creativa. E’ iniziato così il progetto ‘‘della bambola’’ a cui gli Ospiti stanno dedicando impegno, entusiasmo e tanta partecipazione. La prima bambola che abbiamo realizzato è stata esposta al quarto piano. Visto il risultato e la disponibilità a realizzarne altre, su proposta della signora Ines, si è pensato di venderle al mercatino di Natale e devolvere il ricavato in beneficenza all’associazione pro- Etiopia, secondo il progetto del nostro dirigente medico dottor Brandolani, contribuendo agli aiuti in favore di un ospedale. L’iniziativa è stata promossa dalle operatrici Sara Zanei e Michela Visintainer che hanno proposto questo laboratorio e si fanno carico di organizzare e preparare il materiale per la realizzazione delle bambole.

Virginia Demattè: “io giocavo con le bambole, la mia preferita me l'aveva regalata la zia Ottilia, la sorella di mio papà, in occasione del mio 12° compleanno. Era di celluloide, alta più o meno così (con le mani indica la misura: 50 cm ca), aveva i capelli neri corti con i boccoli e un cappellino rosa. Gli occhi celesti che, se stava in piedi, rimanevano aperti e, se la si sdraiava, li chiudeva; se le si schiacciava il pancino chiamava mamma. Aveva le scarpette nere con i calzini bianchi; i vestitini erano belli, colorati, con le balze e i pizzi... fatti dalla zia. L'avevo battezzata Gigliola perchè conoscevo una bella signora che si chiamava così e lei me la ricordava. Quando mi sono sposata, ho avuto solo maschi, così l'ho regalata ad un'altra famiglia...”


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ATTIVITA’

UN NOSTRO “MERCATINO” A FAVORE DELL’ETIOPIA di Ines (3° piano di via Marconi) Con un suo documentario dall'eloquente titolo “Etiopia, lontano dall'Occidente... viaggio per immagini nella realtà dell'Etiopia di oggi”, il nostro dirigente medico dottor Lorenzo Brandolani ci ha fatto conoscere la difficile condizione del popolo etiope. Le immagini mostrateci la sera del 21 giugno scorso, nell'ambito delle serate culturali proposte dal nostro servizio animazione, si riferiscono al viaggio del nostro dottore compiuto nella scorsa primavera in terra etiope e terza

sua esperienza presso un ospedale privato retto da due valenti infermiere indiane coadiuvate saltuariamente da medici volontari. La narrazione inizia con un'immagine di Addis Abeba, la capitale (scattata dall'auto in corsa poiché in Etiopia non è gradita la “curiosità” occidentale) che ci mostra una città dalle caratteristiche europee. Poi, il viaggio prosegue per vie carovaniere ed in barca sul fiume fino all'arrivo all'ospedale: ”CLINICA DI BURAT” nella regione “Guraghe” nell’Sud dell’Etiopia. Vediamo una struttura moderna, bene attrezzata, riferimento e meta di genti che vivono tutt'attorno in un raggio di molte miglia: bambini, donne e anziani ne sono i principali fruitori. Il racconto ci rende partecipi delle difficoltà di quelle popolazioni dell'Etiopia il cui governo vuole “lontano dall'occidente”. È da ricordare, però, che come rivelano gli osservatori internazionali l'occidente (ovvero circa il 20 % dei Paesi

del Mondo) consuma più dell'80 % della ricchezza totale prodotta; mentre il restante 80% dei Paesi (definito 3° - 4° Mondo) “vive” con il restante 20%. E’ uno sfruttamento assolutamente vergognoso ma purtroppo noi, individualmente, possiamo solo esprimere la nostra indignazione! Ora, però, il nostro dottor Brandolani ci ha proposto di collaborare con lui destinando il ricavato di un nostro “mercatino” a questo ospedale ed abbiamo accettato con entusiasmo. Dobbiamo dunque organizzarci per “produrre” quanto più è nelle nostre possibilità.

Il nostro contributo sarà “una piccola goccia nell'oceano”, ma una goccia che, aggiungendosi ad altre, diventerà per noi e per il “nostro” ospedale una goccia molto importante.


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ADOTTIAMO COCORITE E CANARINI dal gruppo discussione di Via Marconi

Da quando nella nostra casa si è deciso di adottare degli uccellini, i residenti si sono dimostrati felici della loro presenza e ricordano con nostalgia i canarini e gli altri piccoli uccellini che allietavano le loro case con il dolce cinguettio.

Raccontano di quando, da giovani, andavano nel bosco a “oselar”: si prendeva la “canterina”, uccello in gabbia che richiamava altri volatili con il suo canto, e si posizionavano attorno ad essa le “bachetine”, bastoncini di legno di nocciolo ricoperti di vischio. Gli uccellini del bosco, attirati dal canto della canterina, si posavano sulle bachetine e vi rimanevano attaccati con le zampine.

Il cacciatore si alzava sempre molto presto, perché il mattino era il momento ideale per catturare più prede. Gli uccellini vivi rimasti prigionieri del vischio venivano ripuliti e sistemati nelle gabbie di casa o venduti agli appassionati. Ovviamente, bisognava stare molto attenti, perché se si veniva scoperti dal guardiacaccia, si rischiavano multe molto salate.

I QUADRI DE VELUDO DEL SILVIO Nò el crederè Ma chi al secondo G’aven l’artista Pù brao de sto mondo! El Silvio che endreza Con la machineta; Tanti fili de lana Con man perfeta! E dopo ore… Stimane e giornade Do meraviglie Le è pur deventade!

Da tut quei gropi Gartioni e colori È saltà for propi Do capolavori! Mazi de fiori En zeste e color Che se te vardi Te senti l’odor! El Silvio con la machineta el n’ha fati tuti conteni en gran BRAO ghe speta e ancor complimenti!!


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ATTIVITA’

EVVIVA LA CENA IN TERRAZZA Finalmente il giorno 30 giugno è stata organizzata la cena in terrazza degna di questo nome … eh sì, perché complice la bella serata la cena l’abbiamo potuta proprio preparare sulla nostra bella terrazza. Tutti noi mentre preparavamo le tavole eravamo un po’ scettici, perché tirava un venticello fresco che faceva svolazzare le tovaglie e non prometteva nulla di buono .. ma poi tutto è andato per il meglio e la serata è stata meravigliosa. Lo chef e tutto il personale della cucina hanno preparato un menù da “grandi occasioni’’, alcuni Ospiti hanno detto ‘’meio de na noze’’ e lo strudel era veramente… da leccarsi i baffi. Sulla tavola faceva mostra di sé un porta candele preparato

dalle nostre Ospiti che con pazienza e dedizione hanno ritagliato e incollato i pezzettini di carta colorata sui vasetti di vetro riciclati. Molti i famigliari che, con la loro presenza, hanno contribuito

alla riuscita della serata. Per tutti è stata una bella serata, trascorsa in allegria, e speriamo che, anche il prossimo anno, la cena in terrazza si possa svolgere proprio in terrazza.

In via Pive la cena d’estate si è svolta il giovedì successivo. Il 7 luglio, nello spazio aperto ma coperto, sotto la sala polivalente, nonostante il tempo minacciasse pioggia, la cena è andata per il meglio e solo in chiusura i lampi e i tuoni del temporale ci hanno romanticamente fatto compagnia durante il riordino.


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SOGGIORNO MARINO dagli Ospiti del soggiorno marino Il 6 giugno: partenza per Viserbella, località turistica della Romagna sul mare Adriatico. 16 ospiti con 5 operatori della nostra casa alla conquista del sole, del mare e dell’aria salubre della riviera. Il tempo, purtroppo, non ha corrisposto alle nostre aspettative, ma non ci siamo persi d’animo e abbiamo reagito sfruttando al meglio quello che questa opportunità ci poteva offrire. Abbiamo pertanto approfondito i nostri rapporti, ci siamo fatti buona compagnia, organizzando gite, giochi, uscite in pizzeria, gelateria, per negozi, e abbiamo fatto filò. L’ Hotel California che ci ha ospitato era confortevole, luminoso, con una bella veranda all’aperto, in stretto rapporto con il mare. La spiaggia era vivibile perché non era ancora troppo affollata; c’era il tipico

chiosco del “COCCO BELLO” dove gustare gelati e bevande fresche, molto gradito a tutti. Infine, una festa di compleanno ha ulteriormente allietato que-

sti giorni di relax e serenità. Il ritorno, seppure atteso ha lasciato comunque un attimo di nostalgia.

PASSEGGIATE NEI POMERIGGI D’AGOSTO AL PARCO 3 CASTANI Una leggera brezza ci accarezza il viso sotto una pergola di “uva americana” che ci ripara dal sole davanti al “Maso 3 Castagni”, dove siamo giunti con il nostro pulmino per partecipare all’iniziativa promossa dal Comune di Pergine in collaborazione con l’associazione di volontariato “auser” e la nostra A.P.S.P., “A passeggio nel Parco” … Ogni giovedì pomeriggio, per tutto il mese d’agosto, ci è stato possibile godere di questo bellissimo spazio con tanti amici volontari che si sono prodigati per offrici una “dolce-salata merenda” e rendere il più confortevole possibile la nostra presenza. Chi cantava, chi ballava, chi giocava a carte, chi chiacchierava e chi andava ad esplorare la “zona”… Ci siamo proprio rilassati e divertiti, al parco, tutti assieme…


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ATTIVITA’

LE BICI ALIMENTARI PER UN POMERIGGIO INSOLITO sone proprio con queste biciclette. Noi eravamo molti meno, ma abbiamo gustato tantissimo questo spuntino in compagnia dei molti famigliari presenti e anche dei nostri fedelissimi volontari che sono accorsi appositamente per accompagnarci anche da via Marconi… Il tutto, grazie a questa squadra che, oltre a donarci il proprio tempo con una iniziativa per noi alquanto inaspettata e apprezzata, ci ha generosamente offerto quanto abbiamo potuto gustare. Quello trascorso il 9 luglio sotto la Sala polivalente di via Pive è stato un pomeriggio al quanto “singolare” ... Vi spieghiamo perché! Merenda con pane e “luganega” e rapanelli conditi, poi il tè “alla spina” per continuare con le cose dolci, quali pane e nutella e i “torteleti” con la marmellata fatta in casa, per finire con lo Jogurt naturale di Vipiteno con i frutti di bosco di S. Orsola “...Mai visto una cosa simile!” è stato il commento più diffuso in quel giorno. L'iniziativa è stata promossa dalla nostra Caterina della cucina e da Fabio, il figlio della signora Angelina Zuccatti, che hanno saputo coinvolgere tutti gli altri del comitato che tradizionalmente anima la “Pedalata della Vita” rifocillando migliaia di per-


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LA VISITA AL MART: alla scoperta degli impressionisti dagli ospiti di via Marconi

Il nostro viaggio artistico-culturale è iniziato con la presentazione della mostra intitolata “La rivoluzione dello sguardo” che un giovane del Servizio Civile che, attualmente, sta lavorando al Museo “Mart” di Rovereto, è venuto a farci per fornirci le conoscenze di base per poter poi apprezzare la visita a questa esclusiva mostra. “Esclusiva”, in quanto, i dipinti arrivano direttamente da Parigi. Presenti in sala polivalente, quel martedì 31 maggio alle 10.00 in punto eravamo veramente in tanti. C'erano i residenti di via Pive, ma anche noi accompagnati dai nostri volontari e animatori direttamente da via Marconi, poi gli utenti del Centro Diurno e anche i residenti del nucleo Sorgente con i loro operatori. Tutti attentissimi e silenziosi ad ascoltare ed ammirare quei capolavori che tanto abbiamo sentito nominare e che ora ci venivano descritti da quel giovane che

cercava di coinvolgerci chiedendoci cosa noi vedessimo in un dipinto piuttosto che in un altro. Poi, finalmente, lunedì 11 luglio alcuni di noi hanno potuto partecipare alla mostra, andando personalmente al Museo. Due pulmini, pieni per avere tutti il proprio accompagnatore, diretti al “Mart”, un “Paesino” dentro a Rovereto, dice Luigina. C'erano quadri di artisti famosi come Van Gogh, Monet, Cèzanne, Renoir, Gauguin e tanti altri. Un'artista donna di cui non mi ricordo il nome ha dipinto un quadro raffigurante una bimba in braccio alla sua mamma e un altro dove c’era una bellissima culla con una donna seduta accanto. I quadri erano di varie dimensioni e sparsi in tante stanze… poi ad un certo punto c’era una cupula di vetro sopra al museo dove entravano i raggi di sole…

Uno spettacolo di tanti colori…

Arredamento d'interni e tende da sole


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ATTIVITA’

I NOSTRI ORTI dal gruppo Orto di via Marconi L'estate non è stata di certo una delle più soleggiate. Nonostante tutto, con impegno, buona volontà e costanza da parte di tutti, sia degli ospiti, sia dei nostri preziosi volontari Silvano Brol e Silvano Dellai, i risultati ci sono stati. Curate con tanto amore e pazienza, le piante hanno dato i loro frutti e ci hanno permesso anche quest'anno, con la collaborazione della cucina, di poter offrire un pomeriggio particolare con una degustazione, precisamente il 25 agosto durante la Festa dei Compleanni. Un ringraziamento particolare agli ospiti che con la loro esperienza hanno contribuito a realizzare e portare a termine questo nostro “doppio progetto”: l’orto in terrazza e l’orto in giardino.

Un pomeriggio alle Lochere Al Garage Bike Museum per mettere in “moto” i ricordi! A seguito della lettura dei quotidiani, alcuni Ospiti hanno raccontato di quando, da giovani, andavano o sognavano di andare in motocicletta. Ricordavano che la mitica “vespa” è stata il primo mezzo di trasporto motorizzato popolare. Si usava sia per lavoro, sia per svago.

Allora, visto che vicino a noi, alle Lochere, si trova un bel museo della moto dagli anni ’70 fino ai giorni nostri, si è pensato di andarlo a visitare con un’uscita pomeridiana. Il 12 agosto abbiamo effettuato la visita che, grazie alla disponibilità, competenza e cordialità del signor Lorenzini, responsabile del museo, si è rivelata

un vero successo. Gli Ospiti hanno potuto vedere e toccare alcune moto da competizione che finora avevano visto soltanto in televisione, e poi… Tutti in “ VESPA” !!! E lì i racconti si sono fatti densi di emozioni vissute ai tempi della loro gioventù.


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RICORDI

IL MULINO “MANUELOT” di Gemma Andreatta (Vattaro - TN) Sopra il paese di Bosentino o sotto quello di Vattaro, sul torrente Màndola (la roggia dei mulini) esisteva già verso la fine dell’800 un florido mulino, al quale facevano riferimento gli agricoltori di ampie zone del Trentino. Due proprietari, padre e figlio, di nome facevano ‘Emanuele’, così il mulino diventò ‘Manuelot’. La preziosa macina del grano oggi, però, mostra i segni del tempo e del logorìo ed ha pure perso la storica ‘ruota’. Nonno Emanuele aveva sposato nonna Clementina. Papà Emanuele aveva sposato Teresa e questi ultimi avevano avuto undici figli: Giovanna, Amelia, Ester, Faustina, Gemma (la nostra amica), Maria, Gigioti, Celeste, Benigno e altri due di cui Gemma, in questo momento, non ricorda i nomi. Nei suoi ricordi, Gemma era la più vecchia, mentre Amelia vestiva un abito militare, “Gigio el neva coi cavai”, due sorelle erano dalle monache, mamma e papà “l’era ‘n par de sposi che se voleva ben”. Di fatto Gemma era la penultima. Allo scoppio della seconda guerra mondiale tutta la famiglia era fuggita in Moravia, dove abitavano gli altri nonni (il nonno si chiamava Cuba e le due zie Sunta e Tonka). Presso i nonni della Moravia c’erano anche due cani, Pluto e Mollusco. In Moravia rimasero tutto il tempo della guerra. Ora Gemma ride di gusto ricordando l’episodio di cui è stata protagonista, quando mangiò voracemente tutte le “teste dei capusi” che il nonno coltivava nell’orto. Era brava, Gemma. Diceva tante orazioni, andava a scuola anche in Moravia e vangava la campagna detta “il campo”. Poi il ritorno al Mulino Manuelot: era tanto familiare il rumore del mulino! C’erano anche le camere al mulino. Al mulino si dormiva… Si fa per dire perché la macina lavorava tutta la notte disturbando il silenzio… Tanto tempo fa, era difficoltoso raggiungere il mulino, ma arrivò, ad un certo punto, anche la comodità della strada. Gemma ricorda il tonfo nella “roza” per la caduta da cavallo, mentre cercava di recuperare dall’acqua la “dalmedra” che le era scivolata dal piede. Durante l’inverno, Gemma giocava ai ‘piti’ con ossi di frutta o sassetti. Con i grani delle “manze” ( pannocchie) e “ formentaz” faceva “pile” ( mucchietti a torre) . Ricorda la trebbiatrice d’estate. E poi andava a cavallo, recitava ‘le belle statuine’ e cantava ‘la bella lavanderina’, rivede con la mente “ ‘l sciopet de legn che i mateloti i portava anca a dormir o i steva in bela mostra sora la capa del camin .” Le sembra di vedersi il giorno della prima comunione, quando tre compagne andarono in processione, come anche il giorno del Corpus Domini. Rammenta il rumore breve della potatura in campagna in primavera e il suono delle campane lontane due chilometri e il cinguettìo dei passeri (che la mamma talvolta arrostiva). Ma… se il rumore della Macina e delle ‘pile’ ( una su e una giù come uno stantuffo) nell’acqua era proprio forte e il tonfo sordo della battuta verso il basso faceva sussultare, il ruggito della “roza”, specie durante il temporale, era rombante e minaccioso!...Faceva veramente paura!


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RICORDI

PER CONOSCERCI MEGLIO “I pannelli che raccontano storie di vita” Durante i venerdì pomeriggio, assieme alle nostre volontarie (Teresa, Giuliana e Maria) abbiamo costruito dei pannelli creando immagini che vengono dai ricordi dei partecipanti e che parlano dei loro vissuti. Così ci siamo ritrovate a “interpretare” ciò che è rimasto vivo nella memoria di alcuni di loro: questa volta vi presentiamo Trento durante la guerra nel settembre '43 e La Chiesa di Madrano. Realizzare i quadri ha richiesto un grande lavoro, non proprio semplice, sotto la guida attenta dei diretti interessati. Lasciamo a voi il giudizio ma siamo certi che apprezzerete il risultato perché ci racconta attraverso le immagini le diverse storie... Guardandoli dopo un po' ci sembra di sentire anche noi quei rumori, e per un attimo, facciamo nostra quella storia... Gemma Casagrande 4 maggio 1939 Viene dalla città di Trento. Qui aveva abitato, in via Prepositura, fino al 1943, quando gli aerei americani bombardarono Trento e la Piazza della Portella. Il 2 settembre ’43, sotto le bombe e le macerie, Gemma perdeva una sorellina mentre il fratellino di 18 mesi veniva privato di una gamba. Sfollati dapprima a Roncegno, paese natale della madre, tornò con la famiglia a Trento nel ’45 dopo la fine della guerra. Per qualche tempo abitò in Via Roma 31 e successivamente in Via delle Orne 28. Gemma ricorda intensamente il rumore di ‘Pippo’, l’aereo minaccioso nel buio. Risente l’assordante rumore del crollo della sua abitazione, i laceranti lamenti dei feriti. Memorizza i soccorsi seguiti al bombardamento, la fuga verso la salvezza. Le dicono degli alpini che hanno estratto il fratellino dalle macerie della sua casa. Del tempo trascorso a Ronce-

gno rammenta una donna che, trattenuta da due soldati tedeschi, urlava disperatamente :“non voglio venire con voi!” Venne a sapere poi che la donna era stata torturata e che il suo corpo era stato visto galleggiare sull’acqua del lago di Levico. La vita, però, continua anche dopo tanta tragedia: Gemma si sposava nel ’77 e andava ad abitare a Seregnano, nasceva un bimbo, poi il marito moriva, ma i suoi buoni suoceri, che abitavano vicino a lei la aiutarono a tirare avanti. Aveva lavorato alla Corte dei conti, ma quello che, soprattutto, ricorda con profondo affetto, è il suo primo lavoro e i suoi Buoni Padroni, i fratelli Pedrotti, storici fotografi di Trento, presso i quali aveva svolto il ruolo di ritoccatrice di foto. Commovente l’immagine che traccia del tempo speso presso i Fratelli Pedrotti, dove la serenità era scandita dal rumore della lavatrice che girava ( trrr trrr trrr), della smaltatrice (tsss tsss tsss) , della stampatrice (tac tac ), che accompagna con il gesto del braccio e della mano, come se impugnasse una vera manopola. E qui, Gemma, chiude il suo racconto con un dolce sorriso pieno di malinconia.


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Pierina Visintainer 10 aprile 1923 Nel suo ricordo di Madrano, l’interesse di Pierina, provetta sarta (in specie nel cucire pantaloni), si accentra sulla Chiesa di Madrano e sull’immediato circondario: ecco Pierina che parla con il Parrocco (forse Don Tito, trasferito poi in Val di Fassa)… Sente ancora il suono dell’organo al canto del coro. Ascoltale campane e il campanò, particolare musica di certe ricorrenza. Racconta, Pierina, tra il serio e il faceto, delle sere del “Maggio”: “i mateloti

i zugava a bala o a sconderse o a ciapar zorle (maggiolini)…”. Rammenta la processione della Madonna pellegrina, con canti dedicati a Maria. Narra della sagra, dei matrimoni e delle prime comunioni e commenta. Ha ancora chiara l’immagine di una sedia fuori dalla porta di una casa, nelle vicinanze della chiesa. Intorno, le comari che cicaleggiano (ci ci – ce ce – cià cià – ciò ciò). Da più lontano giungono voci forti con intercalata qualche imprecazione: sono i giocatori della “mora” (no vegno, ca –terina, un per un…) che, forse al bar, bevono “en bicerot” o “anca de pù”. Passa un carro (grin gron gran). Si sente il rumore delle balòte e la “conta” del nascondino (fino a trenta, polenta, vegno!), la filastrocca dell’antico gioco. Poi la notte. E tutto è silenzio.

IL “MAESTRO PRATI” E LA SUA PASSIONE PARTICOLARE PER LE OPERE LIRICHE Al 4° piano di via Pive abita il “maestro Prati”, che ha una passione particolare per le opere liriche al punto di conoscere a memoria tutte le romanze. Quotidianamente trascorre gran parte del suo tempo ad ascoltare le diverse opere, di cui possiede una grande collezione (240 dischi, le videocassette de “La Traviata” e pezzi de il “Rigoletto”). Ci dice di avere iniziato a coltivare questa passione fin da bambino, di averla ereditata dai suoi genitori “che erano entrambi patititi dell’opera. Soprattutto amavano il “Rigoletto”. Prosegue raccontandoci di come lo avevano portato ancora piccolo, forse aveva dieci anni, ad assistere allo spettacolo di questa opera al teatro “La Scala” di Milano. Non ha una romanza preferita. Ci accenna alcuni passi di alcune opere commentando che la maggior parte finiscono in modo tragico, ma che lui le ama per le emozioni sempre vivide che tutte gli provocano…


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IL FRUMENTO di Leone Chilovi I nostri anziani ricordano ancora quando lungo i filari in località Graberi o nella piana di Costasavina o ancora alle Paludi, si seminava il frumento. Subito dopo la vendemmia, nelle prime mattine ottobrine ancora fresche di rugiada, diradatesi le nebbie con il sorgere del sole, il contadino, indossando un grembiule oppure munito di secchio, affidava alle zolle appena arate i preziosi chicchi di frumento. Era un rito quasi sacrale quello spargere il seme con ampi lanci uniformi. A novembre scendeva sulle zolle la prima neve come una provvida coperta che difendeva il seme dal gelo. Quando in primavera la neve si scioglieva nei filari si poteva ammirare un tenero verde, cresciuto sotto la coltre come un vero miracolo. Gli steli crescevano talvolta frammisti a papaveri e fiordalisi, non graditi ai contadini, ma che creavano un gradevole spettacolo di rosso e celeste. Era un piacere osservare la brezza vespertina che faceva ondeggiare gli steli, ormai carichi di spighe, come fosse un’onda del mare. Il tempo della mietitura era verso la metà luglio. Il frumento veniva mietuto a mano con falcetto (la zesla). I contadini chini sugli steli da tagliare rasoterra, grondava-

no sudore. Gli steli venivano legati a mannelli e rizzati in covoni. Dopo qualche giorno i mannelli asciugati venivano caricati sul carro trainato dai buoi, ma più sovente da mucche e portati sull’aia. Qui il grano veniva battuto a mano con i “flavei”. Si trattava di un rudimentale attrezzo formato da due maneggevoli tronchetti di legno, legati e snodati su delle cinghie di cuoio. Uno veniva impugnato e l’altro sbattuto con forza sulle spighe per liberare i chicchi dalla cariosside che li conteneva. Quindi il grano veniva raccolto e liberato dalla pula mediante un setaccio. Più tardi arrivarono le trebbiatrici che sostavano sul “Tegazzo”, quando ancora offriva l’ombra

dei suoi ippocastani (che non ci sono più) oppure ai “Dossetti” vicino allo “Spiaz delle Oche”. Secondo turni prestabiliti, i carri, carichi di mannelli, si preparavano in fila, uno dietro all’altro. Dopo aver affiancato il carro alla trebbiatrice, l’addetto ai lavori infilava i fasci di spighe nella tramoggia. La macchina separava la paglia dalla pula e dal grano. La paglia si raccoglieva in balle quadrangolari che uscivano dalla parte anteriore, legate con il fil di ferro. Il ritmico rumore della macchina si udiva per tutto l’abitato. Si compiva così il miracolo del frumento: era il premio al lavoro e alla fatica umana, nonché l’assicurazione del pane quotidiano.


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CENTRO DIURNO

CORO GIOIOSO


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EVENTI

IL CASTELLO DI TULLIO FRUET

Il 12 giugno 2011, giornata della Pentecoste e “Sagra” della Casa per la struttura di via Pive, si è dato ufficialmente il benvenuto al plastico del castello di Pergine che ci è stato donato dall'Amministrazione Comunale e che ora fa bella mostra di sé all'ingresso del 1° piano della struttura di via Pive.

di Teresa Natale Nato in quel di Pergine, di casa sotto il castello, in via 3 Novembre, calzolaio di mestiere, Tullio Fruet, nato nel 1919, morto nel 1971 ha lasciato traccia di sé nell'anima di un plastico che rappresenta un Castello, guarda caso, quello di Pergine che si trova sul colle del Tegazzo. In verità Tullio Fruet, castelli (di Pergine) ne ha realizzati almeno tre, documentati dalla voce diretta di alcuni suoi conoscenti e tutti, si pensa, ispirati da un affetto che ti si radica dentro per un legame profondo... Tullio Fruet dopo una lunga permanenza in Venezuela, ritorna a Pergine, nella sua terra, all'ombra del colle del Tegazzo nel 1960. Tra il '60 e il '71 rea-

lizza i manufatti dei castelli. Quello analizzato, che si presume costruito intorno agli anni '65-'66 (mt. 3.20 per 1.90 circa), risulta materialmente costruito con pezzetti millesimali di cartone, trattato con collanti, e mostra un maniero fedelmente documentato nelle complesse strutture architettoniche. Quante volte Tullio si è recato a visitare il castello per osservarlo nella sua realtà al fine di realizzarlo in scala? Ogni pezzo è documentato con precisione e, a suo tempo, aveva interessato anche l'Ass.ne degli Aviatori per poter controllare la forma del tetto aperto per la raccolta delle acque. Ogni particolare è stato oggetto di attenta osservazione ed il risultato è un modello rispon-

dente ai canoni della realtà oggettiva del manufatto con l'aggiunta indispensabile di una risorsa artistica che documenta un capolavoro. Il plastico ha subito qualche danneggiamento nel suo girovagare, essendo stato rimosso più volte da più sedi e, talvolta, sotto le intemperie. Ora si pensa che il suo pellegrinare sia concluso e possa riposare tra amici. Il recupero conservativo eseguito sul plastico del castello è stato realizzato da un gruppetto di Soci dell'Associazione “ATELIER”- Centro Aperto di Attività Creativo-Espressive (attiva in Pergine) condotto da Francesca Giovannini Conci di Casalino.


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IN RICORDO DI CARLO FONTANARI E “CIRILLINO” Assieme al plastico del castello di Pergine è in mostra anche un pupazzo speciale che si chiama “Cirillino”; speciale, in quanto, trattasi di un pupazzo da ventriloquo che ci è stato donato dalla famiglia Fontanari. Cirillino prendeva vita dalla sensibilità ed abilità del suo ideatore: il caro amico Carlo Fontanari di cui vogliamo onorare e tenere vivo il ricordo ospitando la sua “creazione” affinchè tutti possano ammirararla.

di Teresa Natale Il 5 marzo 2000, con rimpianto di tutta Pergine, ci lasciava Carlo Fontanari (Carletto), stimato maestro ebanista, Insegnante di disegno alla Scuola apprendisti presso il vecchio edificio “Margoni” di via T. Maier, ex amministratore del Comune di Pergine con carica di vicesindaco, rappresentante dell'Ass.ne del Fante, attivista cantore del coro Castel Pergine e quanto altro ancora. Persona corretta e onesta, disponibile, attento ai bisogni della gente, aveva sempre messo se stesso a disposizione del suo paese: l'ultimo periodo della sua vita lo ricorda impegnato come Figura

-Ponte a far comunicare le due generazioni dei giovani studenti di una classe della Scuola media “C. Andreatta” con gli anziani della Casa di Riposo S. Spirito – Fondazione Montel, insegnando ai ragazzi i segreti del mestiere e facendo rivivere ai “nonni” certi tempi e certi interessi. Un capolavoro! Tra tutte le sue opere molto particolare è “Cirillino”, altro capolavoro di “Carletto”! Cirillino è il personaggio al quale Carlo Fontanari dava la sua voce e insieme allietavano feste campestri, eventi significativi, ritrovi di coscritti, gite e tanti altri indimenticabili momenti conviviali di gioia collettiva. Ora Cirillino è rimasto solo ma la sua presenza parla ancora di Carlo al cuore della comunità perginese.


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POESIA

EL ME ALZHEIMER di Massimo Dorigoni

Spesso non è facile l’autoironia e tanto meno tra gli anziani. Se poi c’è chi riesce a scherzare su anche su quella che forse è la malattia del secolo, l’Alzheimer, ebbene, ciò suscita un certo stupore. Così anche la freschezza delle imprecazioni, la limpidezza delle immagini, rendono notevole questo testo. Poesia segnalata con premio della giuria al quarto concorso nazionale di poesia “premio Terrasanta 2010” – Verona -

A otanta ani, sacrato, l’è proprio ‘n bèl gazèr, me son ennamorada de ‘n todesch ho pèrs la testa, no gò pù la memoria, pensar che fin algéri mi la gaveo de fèr. L’è ‘n can da l’osta, epura ghe convivo, el me ‘n fa de ogni sòrt el sconde scarpe e maie, no trovo pù l’ombrèla quando ‘l piove, l’è ‘n tipo “recidivo”. A otanta ani, sacrato, gò ‘n del còr en rebaltón , me son ennamorada de’n todesch ho pèrs la testa, vorìa ‘npiantarlo lì, ma lu ‘l me vòl per elo no ‘l vòl sentìr resón.

Il mio Alzheimer Ad ottant’anni, accidenti, / è proprio un bèl problema, / mi sono innamorata di un tedesco / ho perso la testa, / non ho più la memoria, / e penso che fino ad ieri / l’avevo di ferro (molto stabile). // E’ un briccone, / eppure ci convivo, / me ne combina di tutti i colori, mi nasconde scarpe e maglie, / non trovo più l’ombrello / quando piove, / è un tipo recidivo. // Ad ottanta anni, accidenti, / ho nel cuore un ribaltone, / mi sono innamorata di un tedesco / ho perso la testa, / vorrei lasciarlo / ma lui mi desidera / e non vuole sentirne ragione.


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IGINIO E DINO Content come en putel Ghè, sul pontesel Col far… tut alegro L’Iginio che guerna N’osel, slis e negro! El ghe va vizin… El lo ciama per nome…! Come i faga a capirse Ne diralo,… en dì come? L’è zerto en laoro De tanta pazienza Tegnendo anca cont Dela concorrenza! Defati ghè el Dino… En de n’altro canton Con el so pizon Che el fa colazion! I se l’hà adotadi I do bei penuti I è fortunadi No l’è roba de tuti!


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EL NOS FUTURO … CHE PASION! di Michela

….A far sto laoro en pensier ven sempre en mente: “quando saren veci noi, che fin farente?” Sperante de aver mes via qualche euro en den canton perché el governo el n’avrà magnà for tuta la pension. Anca la salute la sarà nada tra el magnar sempre pù entosegà e l’aria enquinada. I nosi fioi o neodi de starne dreo i ghe n’avrà pien le aze e alora dopo aver binà ensema le nose straze naren en via Marconi o via Pive en do che sarà chi che ne aspeta per farne el bagno e se non se va de corp anca la pereta. Con tuta quela zent che studia sula qualità e sule inovazion chissà quanti cambiamenti ghe sarà quante invenzion. Già m’enmagino: per nar en del let basterà strucar do botoni, a lavarne ghe sarà en self service a getoni e po, me domando: ghe sarala na persona , una sola, che se fermerà a farne na parola? No se pretenderà i filo’ de ‘sti ani Ma de do ciacere de sicur se gavrà destrani. E no la sarà finida, anca San Pero, che de solito con poc el se’contenta, per poder nar en paradis el domanderà l’ICEF o ‘el 730. Forse gho en poc esagerà, sperante de non arivar mai en de ste condizion ma se ghe penso me ven za el magon. E alora l’è propri vera che a volte basta poc per far contenta la zent: perché nela vita do parole en soriso l’è ancor la roba pu gradita.


L’ANIMAZIONE INFORMA

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LE “SPIZZATE” Due serate distinte in due cornici completamente diverse sono state scelte dai partecipanti ai laboratori dei gruppi maglia e cucito… Via Pive, infatti, ha scelto il lago mentre via Marconi la montagna … ma poco importa… queste uscite rappresentano ormai una tradizione ma anche un momento molto importante di scambio e condivisione, in un ambiente fuori dall’ordinario, nonché un’occasione di autogratificazione. Sì perché dopo aver tanto lavorato lo scorso anno, in particolare per collaborare nella realizzazione della sciarpalonga, cui il ricavato è andato in beneficienza, è bello anche concedersi il piacere di uscire tutti insieme a divertirsi e socializzare e magari condividere i progetti futuri. Infatti, in questa occasione abbiamo deciso che quest’anno lavoreremo per realizzare delle apposite creazioni da poter mettere a disposizione di chi le volesse, come sempre ad offerta per donare il ricavato al progetto sostenuto dal nostro Dottor Brandolani a favore dell’Etiopia.


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L’ANIMAZIONE INFORMA

15° EDIZIONE DELLE OLIMPIADI DELL’ANZIANO La 15° edizione delle Olimpiadi dell’Anziano, svoltasi dal 1 al 5 luglio 2011, ci ha visti arrivare al 10° posto nella classifica generale di tutte le A.P.S.P. e portare a casa, anche quest’anno, una bella coppa. Ottimi piazzamenti dei nostri partecipanti: il 2° posto della signora Ines nella corsa; il 3° posto della signora Severina Roat al canestro; il 14° posto nel tiro ai barattoli del signor Casimiro Valentini e il lavoro di squadra con il 5° posto nella pesca. Ad accompagnarci ed incoraggiarci c’erano i nostri fedelissimi amici Maria, Giuseppe, Bruna, Silvia, Rita e per la prima volta… tre giovanissimi (17 anni) volontari: Arianna, Elena e Nicola. Un ringraziamento speciale va ad Arianna che, vincendo la sua timidezza, ci ha egregiamente rappresentati partecipando alla corsa nella competizione riservata agli accompagnatori ottenendo il primo posto e portando a casa non solo la medaglia d’oro e un coloratissimo bouquet di fiori ma, siamo certi, anche un’infinità di emozioni.

IL TORNEO DI BOCCE Grande successo di adesioni anche quest’anno per la 10° edizione del Torneo di Bocce “Giochi in amicizia”. Ad aprire il torneo una sfida tra “autorità”: in rappresentanza della Casa la coppia composta dal presidente e dal direttore dell’A.P.S.P. e come esterni la coppia composta dall’assessore Tessadri e dal vice direttore della Cassa Rurale di Pergine. Un collaboratore d’eccezione, in questa edizione, è stato il signor Sergio Occoffer, presentatoci da un altro volontario dell’associazione anteas: il signor Giuseppe Holneider, che collabora nelle nostre strutture da diversi anni. Il signor Sergio ci ha fornito degli ottimi suggerimenti per la realizzazione del fondo del campo oltre a coadiuvarci al momento delle gare per quanto riguarda il rispetto del regolamento e l’assegnazione dei punti. La premiazione, come da tradizione, si svolgerà nella Sala Polivalente di via Pive il 6 settembre 2011 (tempo permettendo).


A stretto giro di posta

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IL VOLONTARIATO: OCCASIONE DI CRESCITA di Anna Bacia

Dal servizio civile a una scelta di vita Ho 26 anni e sono un Ufe, perché appartengo al gruppo “Giù la maschera” dal 2008. A ottobre del 2006, dopo pochi mesi che ero stata presa in carico dal Centro di Salute Mentale, ho iniziato il servizio civile volontario presso la RSA di Pergine Valsugana, collaborando alle attività di animazione della struttura. Questa esperienza lavorativa è stata molto positiva, perché riuscire ad aiutare gli anziani dando loro ascolto o accompagnandoli in sala polivalente per le attività, non rappresentava solo un fare qualcosa, ma la loro gratitudine, manifestata attraverso i loro sorrisi o apprezzamenti espliciti, era la dimostrazione che anch’io nel mio piccolo avevo la mia parte ed ero riconosciuta. Durante questo periodo ero seguita da un tutor, nel mio caso era una donna, alla quale col passare del tempo mi sono davvero affezionata, in quanto, oltre al rapporto professionale, si è instaurata una bella amicizia, perché è stata la prima persona a cui ho saputo confidare un mio problema di salute, che condizionava in modo significativo il mio lavoro! Grazie a questo rapporto di fiducia, anche al termine del mio servizio, sono rimasta in contatto con lei e saltuariamente andavo a darle una mano, finchè, anche grazie al mio stato di disoccupazione, ho deciso di andare lì ogni giovedì per collaborare con il gruppo maglia. Questo impegno, che porto avanti tuttora nel tempo libero, è significativo, visto che oltre a portare il mio contributo alla riuscita dell’attività mi permette di crescere mantenendo e coltivando le relazioni instaurate nel tempo.

L’associazione ANTEAS si presenta Cari Ospiti dell’A.P.S.P. S. Spirito delle sedi di Via Pive e di Via Marconi, ci presentiamo a voi: siamo la nuova associazione ANTEAS (Associazione Nazionale Terza Età Attiva e Solidale). Una associazione di volontariato della CISL – FNP pensionati che opera già presso le due strutture con un nostro volontario da molti anni.


S. Spirito ‐ Fondazione Montel Azienda Pubblica di Servizi alla Persona Sede legale: Via Marconi n. 4 ‐ 38057 Pergine Valsugana (TN) Tel. 0461/53 10 02 Fax 0461/53 29 71 www.apsp‐pergine.it E‐mail: amministrazione@apsp‐pergine.it Sedi opera ve: Stru ura Via Pive Via Pive n. 7 ‐ 38057 Pergine Valsugana (TN) Stru ura Via Marconi Via Marconi n. 55 ‐ 38057 Pergine Valsugana (TN)


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