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Lunedì 14 settembre 2009

IL PAPA, IL NAZISMO

MEDIOCRITÀ CHIAREZZA E FACCIA TOSTA

E IL RELATIVISMO di Francesco Bochicchio IL Papa ha recentemente dichiarato che il nazismo è la manifestazione più degradante del nichilismo contemporaneo a sua volta discendente pacificamente dal relativismo dei valori: l'unica alternativa sarebbe costituita dalla verità assoluta propria del Cristianesimo e del Cattolicesimo. L'accostamento tra nazismo e nichilismo è un'evidente forzatura storica: il nazismo non aveva nessun aspetto di indifferenza rispetto ai valori, contraddistinguendosi piuttosto per una forte ideologia e quindi per valori ben netti: addirittura, il nazismo fu una forma degenerata del nazionalismo, che secondo le interpretazioni più accreditate, rappresenta - e soprattutto ha rappresentato dalla prima guerra mondiale fino alla seconda - una forma di tutela dalla natura religiosa degli interessi e dei valori dominanti. Ma non solo, rispetto, al nazismo il Cattolicesimo non è in grado di porsi in termini di totale opposizione, in quanto dopo aver messo all'indice con Pio IX nell'800 il liberalismo, la democrazia, il socialismo e l'illuminismo, nel '900 non si limitò a condannare (giustamente) il comunismo sovietico ma si schierò, arbitrariamente, durante la guerra civile in Spagna a favore dei “golpisti” contro la repubblica democratica e socialista e non condannò mai, nemmeno durante la seconda guerra mondiale, il fascismo (che aveva concesso alla Chiesa i Patti Lateranensi, il che consentì a Mussolini di essere chiamato da Pio XI come “un uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare”) ed il nazismo nei cui confronti ebbe più di un'indulgenza quale baluardo contro il comunismo: e ciò non può non rappresentare una pesantissima responsabilità di Pio XII, il quale non a caso dopo l'instaurazione della democrazia diede il suo espresso appoggio a iniziative politiche tese ad estendere, su base locale, la maggioranza ai neofascisti, e fallite grazie all'opposizione di Cardinal Montini e di De Gasperi. Quello storico non è il più interessante dei profili legati alla questione sollevata dal Papa: quello più interessante è la condanna radicale del nichilismo collegato al relativismo; il collegamento esiste ma è più tenue di quello ravvisato dal Papa; il nichilismo si identifica con la mancanza di valori e più a monte con la mancanza di senso dell'uomo e della storia; il relativismo si estrinseca nell'indifferenza rispetto ai valori, posti sullo stesso piano e da selezionare quindi esclusivamente secondo regole procedurali. Il relativismo ha evidentemente un nucleo estremamente positivo di tolleranza e pluralismo e non coincide quindi con il nichilismo che è un frutto di disperazione ed rifiuto del mondo senza alcuna alternativa. E' quindi infondata la polemica del Papa contro il relativismo, polemica che pone l'alternativa della verità assoluta e quindi si colloca nel senso dell'intolleranza e dell'integralismo. Problema ben diverso è quello di una fondazione dei valori su presupposti democratici e di pluralismo: il confronto tra i diversi valori non può che avvenire sul piano della razionalità, unico terreno unitario; i tentativi di passaggio della razionalità dal piano della conoscenza al piano della prassi non sono finora riusciti nella loro completezza, e sul piano più prettamente giuridico si è sempre obiettato che il ricorso alla logica quale canone interpretativo non è nient'altro che un tentativo di limitare le scelte degli organi democraticamente eletti, quindi di rappresentare un limite alla democrazia, ma risultati importanti sono stati raggiunti in modo da impedire e comunque restringere evidenti abusi ed arbitrii; in via generale, la razionalità porta ad una selezione tra i valori sulla base del grado della loro universalità, vale a dire dell'idoneità di soddisfare le esigenze del maggior numero possibile di soggetti. Quello del confronto tra democrazia formale, irrinunciabile, e contenuti sostanziali è una strada lunga e difficile, ma piena di sviluppi. In definitiva, il nichilismo è un sbocco disperato dell'irrazionalismo, sbocco non totalitario se il nichilismo è effettivo e sincero, mentre il relativismo risponde ad un nucleo fondamentale di rispetto della democrazia e del pluralismo, anche se finisce per rivelarsi inconcludente, ma l'alternativa non è rappresentata dal ricorso alle verità assoluta propria delle religioni, anche del Cristianesimo, soprattutto nella versione del Cattolicesimo, incompatibile con il pluralismo: l'alternativa è rappresentata dal razionalismo occidentale, che ha trovato sbocco nell'Illuminismo, in grado di fondare una scala rigorosa di valori basata sull'universalità. La compatibilità tra razionalismo e religione cattolica, affermata da Papa Benedetto XVI, è del tutto illusoria, in quanto il razionalismo non contempla verità assolute, che limitano il ruolo critico della ragione. studiobochicchio@legalebochicchio.it

GLI UTILI D’ IMPRESA VADANO AI DIPENDENTI di GAETANO DE FILIPPO UN elemento nuovo che potrebbe modificare profondamente la cultura e la filosofia d'impresa e del quale non si parla a sufficienza o comunque in maniera approfondita, è quello della partecipazione dei dipendenti agli utili d'impresa. Se, a mio modesto avviso, sarebbe un errore imperdonabile accettare a scatola chiusa una proposta della quale non si conoscono compiutamente contorni ed effetti, sarebbe altrettanto sbagliato respingerla “a prescindere”, spinti soltanto dal dubbio che possa nascondere l'inganno. Senza propendere a priori per l'una o per l'atra ipotesi e senza alcun preconcetto, vorrei provare a ragionarci sopra - ad alta voce al fine di far maturare in me un'opinione coerente e di esternarla a chi avrà la bontà e la pazienza di leggermi. Non v'è dubbio che ogni impresa appartenga più a chi vi lavora che a chi vi ha investito, versando o costituendo il capitale di rischio. Non a caso si usa sempre più spesso, nell'elencazione dei fattori di produzione di un'azienda, un'espressione che non amo, ovvero quella di “capitale umano”. Indicando con tale definizione i lavoratori dipendenti di un'azienda, che con la loro operosità, professionalità ed intelligenza concorrono ed in misura sempre crescente, alla sua fortuna. La struttura produttiva e la cultura di ogni impresa si sono, infatti, profondamente modificate nel tempo e sono oggetto di ulteriore e continua evoluzione. Al “dipendente”che eseguiva, pedissequamente e supinamente ed in ogni minimo dettaglio, le indicazioni o gli ordini dell'imprenditore-padrone, si va sostituendo il “collaboratore” che concorre attivamente alla definizione del processo produttivo ed all'immaginazione del prodotto. Da questo “lavoro di squadra” (concetto questo molto ricorrente nella nuova letteratura economica) scaturiscono beni e servizi di migliore qualità e ad un prezzo più conveniente. Qualità e convenienza che sono i due pilastri sui quali si basa ogni operazione di marketing e che sollecitano l'appeal dei consumatori. E che sono, anche, gli elementi che concorrono a far crescere i volumi di affari e quindi gli utili aziendali. Se è radicalmente cambiato il ruolo del dipendente in seno all'azienda, che addirittura in alcune scelte strategiche affianca l'imprenditore, il quale per definizione rappresenta l'elemento volitivo, cioè colui che esprime la volontà e la capacità decisionale in seno alla sua impresa, fino a sostituirsi a lui, mi sembra logico e consequenziale che partecipi agli utili alla cui realizzazione ha concorso, magari in maniera determinante. Di contro, la partecipazione agli utili legherebbe sempre più il dipendente all'azienda. Il fatto di conoscere in maniera sempre più approfondita i processi e le dinamiche produttive e quindi di essere sempre più capace di incidere sulla loro ottimizzazione, lo indurrebbe a fossilizzarsi nella stessa azienda al fine di godere dei vantaggi economici. Ciò mortificherebbe quella dinamicità e quella mobilità sempre più presenti nel mondo del lavoro, che consentono alle aziende di acquisire “cervelli” e quindi nuove esperienze e culture d'impresa ed ai “cervelli”di poter implementare la propria professionalità, facendo proprie esperienza e know how di un nuovo contesto lavorativo. Verrebbero, in tal modo, quantomeno attenuate le opportunità fornite da questo scambio simbiotico, nel

quale risiede la crescita delle persone, delle imprese e del sistema produttivo in generale. Considerato ancora che la quota degli utili da destinare ai dipendenti dovrebbe essere ovviamente una percentuale di quelli realizzati dall'azienda nell'esercizio e desunti dal bilancio ufficiale , vi è da analizzare un altro aspetto che non reputo secondario. Non ritengo di svelare un segreto se affermo che il bilancio, che nella dottrina economica è il risultato d'esercizio della gestione di un'azienda, nella pratica è la conseguenza della sua politica di bilancio. In altri termini l'imprenditore decide a quale funzione il bilancio deve prioritariamente assolvere - di fiscalità, di immagine, di borsa, di opportunità di finanziamento, etc ed in base ad essa viene costruito. Allo scopo si interviene su delle poste e con degli accorgimenti che, pur muovendosi nell'ambito della legalità, possono modificare anche significativamente il risultato d'esercizio, cioè l'utile. A chi ha un minimo di conoscenza della realtà economica italiana, non sfuggirà che al Nord sono allocate imprese più grandi e spesso quotate in borsa, che per una questione di immagine (al fine di sostenere la loro quotazione in borsa) e per tenere alto il loro rating, cioè il loro indice di rischio, ovvero l'attitudine a rimborsare i debiti contratti (allo scopo di poter ottenere finanziamenti sia presso gli investitori privati, attraverso l'emissione di obbligazioni e sia presso il sistema creditizio ed a tassi particolarmente convenienti), hanno tutto l'interesse a mostrare utili gonfiati, addirittura superiori a quelli reali. Al sud, al contrario, gli imprenditori hanno l'esigenza di pervenire ad utili modesti, inferiori a quelli effettivi, spinti della necessità di pagare meno imposte, questione spesso vitale per le loro imprese. Se poi caliamo il problema nel mondo produttivo lucano, scopriamo che qui intervengono ancora altri fattori - questi oggettivi - a mortificare le sue aziende. La distanza dai mercati di approvvigionamento delle materie prime e di collocamento dei prodotti finiti e la carenza di infrastrutture, quali una rete stradale adeguata, moltiplicano i costi di trasporto, mortificando gli utili aziendali. In questa logica perversa si inserisce anche la difficoltà per le imprese del sud e lucane in particolare, di poter accedere al debito di fornitura. I fornitori, infatti, sono poco propensi a concedere credito, a causa della scarsa fiducia che ripongono nei loro clienti meridionali, se tali crediti non sono assistititi da costosissime fidejussioni bancarie o polizze fideiussorie assicurative. Gli imprenditori lucani sono spesso costretti ad accedere al debito di funzionamento presso le banche il cui costo è di gran lunga superiore rispetto al nord. Anche questi elementi incidono negativamente sugli utili d'esercizio delle aziende meridionali. In conclusione ed in linea di principio, la distribuzione di una parte degli utili d'impresa ai dipendenti è cosa valida perché gioverebbe sia ai dipendenti che potrebbero godere di una maggiore remunerazione (cosa importantissima per assicurarsi un migliore tenore di vita ed in questa fase congiunturale per far ripartire i consumi) e sia alle aziende che avrebbero la possibilità di contare su dipendenti più motivati, con un maggiore senso di appartenenza.

BENE ha fatto il coordinatore cittadino del Partito democratico, Donato Traficante, a stigmatizzare «il clima pesante, disdicevole, poco etico e fuorviante alimentato, disperatamente, da taluni cittadini di Barile» che, reduci da una disastrosa campagna elettorale (già mimetizzati - si fa per dire, era noto a tutti - in una lista civica “Barile che cambia” di centrodestra ) si sono esibiti - che faccia tosta - in una passeggiata finale lungo lo “Steccato” bariles , alla presenza del leader nazionale “Fiamma tricolore” Storace (sic!!!). Oggi, a tre mesi dall'insediamento della nuova Giunta di Giuseppe Mecca (Pd) , relegati, in un'esigua minoranza - una delle tre presenti in consiglio comunale - a pagare il fio di tante perverse manovre e numerosi camuffamenti politic , certamente almeno sette “casacche” buttate al macero . Tipico di personaggi che non entrano nei Partiti per servirli e per rispettare persone, patti e regole democratiche. Bensì per imporre la loro legge della giungla , usa e getta, servirsene e buttare alle ortiche onore, dignità, lealtà politica , pur di raggiungere lo scopo ultimo, a qualsiasi costo, il potere ed il denaro. A scanso di equivoci “ulteriori” ovvero “pilotati”, il Pf si riferisce ad un manifesto a colori intitolato “Che disastro!” firmato, era ora, da una sezione Idv , attualmente all'opposizione, Invece il circolo storico “Italia dei Valori” di Piazzetta Skanderbeg , fondato nel 2005, è attivo da sempre con raccolta di firme per i referendum (da “Parlamento pulito” a “Lodo Alfano”) nel dibattito politico-culturale e nella promozione della cittadinanza attiva. Diffonde anche il foglio “Info Barile” visionabile pure online, grazie alla lungimiranza di alcuni accorsati “Blog”come“www.siderurgikatv.ilcannocchiale.it” e “www.comunilucani.net” . Ecco perchè, nella nostra pubblica linearità, lealtà ed onestà intellettuale, siamo tanto diversi ed incompatibili. Noi lavoriamo, normalmente, alla luce del sole e dei diritti-doveri di ogni partito e cittadino, e nel centrosinistra , non al buio, tramando e preparando ostacoli artificiosi e tranelli “a chi ci dà fastidio”. Addirittura, con calunnie senza fondamento , minacciando denunce (la favola del lupo e dell'agnello è già nota) ed intimidazioni telefoniche, tramite sms ed atteggiamenti aggressivi, prevaricatori, ottusi, strafottenti, di stile mafioso ! Ci sarebbero - all'oggi tutti gli elementi per una denuncia particolareggiata agli organi competenti del reato di “Stalking”. In definitiva, siccome la gente di Barile, ha sovranamente scelto di “metterli all'angolo” , quei cittadini mettano l'animo in pace e si rassegnino. Certamente la verità fa male ma - strimpellerebbe un già celebre cantante di musica leggera - “non c'è più niente da fare..........!”. Circolo Idv Skanderbeg di Barile

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