Acquisita un'opera di Andrea Benetti nella Collezione permanente della Pinacoteca Modigliani

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An d re a B e n e tti

Collezione permanente della Pinacoteca Amedeo Modiglian i 路 Follonica



"L'individualità dell'espressione è l'inizio e la fine di tutta l'arte" Johann Wolfgang Goethe


Comune di Follonica

® ANDREAB EN ETTI ARCHIVES FOUNDATION

70 AMBROSDEN AVENUE · SW1 P · LONDON · U NITED KINGDOM VIA FRANCESCO ZANARDI , 56/4 · CAP 401 31 · B OLOGNA · I TALIA


N e l l ' a g o s to 2 007 s i è c o n c l u s a l ' o p e ra zi o n e d i a c q u i s i zi o n e n e l l a C o l l e zi o n e P e rm a n e n te d e l l a P i n a c o te c a Am e d e o M o d i g l i a n i d i Fo l l o n ic a ( GR ) d e l l ' o p e ra d i An d re a B e n e tti i n ti to l a ta "I l c i c l o d e l l a vi ta " e re a l i zza ta n e l l l ' a n n o 2005


LA PINACOTECA AMEDEO MODIGLIANI La Pinacoteca è situata in Piazza del Popolo angolo Via Zara, al termine dell'Isola pedonale di Via Roma. Trova la sua ubicazione nei locali della Casa del Popolo, in seguito al restauro di questo edificio storico, esempio di architettura tardo-liberty risalente al 1 922-23, nel cuore della città, ad un passo dal lungomare. Al primo piano del palazzo si trovano le collezioni permanenti, costituite da opere di pittori follonichesi e donazioni di altri artisti di arte contemporanea. Una delle finalità della Pinacoteca è la sensibilizzazione dei ragazzi e degli adulti alla conoscenza dell'arte. Pertanto le sale al piano terreno accolgono mostre temporanee di arte moderna e contemporanea di elevato livello qualitativo, che abbracciano i diversi generi artistici (pittura, scultura, fotografia, installazioni ecc.). La Pinacoteca presenta ogni anno un articolato calendario di Mostre di arte moderna e contemporanea. In occasione delle esposizioni, vengono svolte visite guidate e laboratori didattici per i bambini delle scuole. La Pinacoteca organizza inoltre iniziative culturali come conferenze, spettacoli, concerti ecc.



Il Manifesto dell'Arte Neorupestre è stato presentato da Andrea Benetti alla 53. Biennale di Venezia, all'interno del padiglione "Natura e sogni" presso l'Università Ca' Foscari - San Giobbe - Cannaregio - Venezia - Italia

M A N I F E S TO D E L L ' A R TE N E O R U P E S TR E di Andrea Benetti

All'alba dell'umanità, ancor prima di inventare la scrittura, l'uomo sentì la necessità di comunicare, di lasciare una traccia di sé nel mondo; tutto ciò lo fece grazie alla pittura. Quell'uomo si rapportava ogni giorno con il sole, con la terra, con l'acqua, con il cielo... integrandosi armonicamente nella natura; e quand'anche la natura non rappresentasse una minaccia, egli la rispettava, con il rispetto che si deve ad una divinità, consapevole dei propri limiti umani. L'uomo contemporaneo ha rinnegato quei limiti e calpestato quel rispetto, ponendosi prepotentemente al centro del mondo e mettendo al primo posto le proprie esigenze, il proprio egoismo. Così facendo, ha stupidamente distrutto un incantesimo e profanato la sacralità della natura e della vita. Allora, facciamo un passo indietro. Azzeriamo e ripartiamo da quel doveroso rispetto per la natura e per l'essere umano; l'arte, deve ripartire dalla prima forma artistica, ovvero l'arte rupestre. Noi dobbiamo ripartire dagli albori dell'uomo e dall'arte primigenia, per ricostruire un nuovo mondo, in cui il rispetto per la natura e per la dignità umana siano finalmente al centro del volere dell'uomo. Solo così riaffermeremo la sacralità della vita, ormai perduta in cambio di un miope e vacuo stile di vita, che sta portando la terra all'autodistruzione. Ricreiamo le condizioni per “avvolgere” il mondo di amore e di pace. Ripartiamo da quella pittura rupestre, che l'uomo primitivo, molto più saggio di noi, realizzava sulle pareti rocciose, ingraziandosi il volere delle forze sovrannaturali. Per la propria parte, questo è ciò che l'arte può fare. Ritroviamo dentro di noi quell'essenza primordiale, incontaminata, priva dei condizionamenti, che muovono l'uomo odierno; condizionamenti imposti da un sistema consumistico mondiale, che ci sprona sempre di più ad essere produttori inarrestabili e consumatori insaziabili. Ricreiamo un giusto rapporto tra l'uomo e l'ambiente, tra la produzione ed il consumo. Ricerchiamo dentro di noi la purezza


del bambino, che ancora non conosce il mondo e lo interpreta attraverso la fantasia, osservandolo con curiosità e stupore. Viviamo rappresentando l'oggi come un attimo immortale ed analizzando il passato con uno sguardo critico, ma costruttivo; non viviamo in termini utilitaristici, in cui ogni atto è paragonabile ad una mossa, nel gioco degli scacchi, il cui fine è quello di conquistare tutta la scacchiera. Viviamo ascoltando l'essenza che c'è in ognuno di noi; quell'essenza fanciullesca che ci porta ad amare il contatto con la natura, il cibo sano, le tradizioni, i valori condivisi e fondanti, che hanno elevato per lungo tempo l'esistenza umana; rifuggiamo dalle gettate di cemento incontrollate, dalle plastiche, che ormai avvolgono ogni cosa, dalla velocità forsennata che permea, inconsciamente, ogni nostra azione e ci spinge ad una corsa esasperata, anche laddove essa non è affatto necessaria. Riappropriamoci del corso della storia e non accettiamo passivamente tutti i cambiamenti imposti dall'alto, mediante campagne di persuasione, che ci portano ad essere dei numeri e non più delle persone, con le proprie peculiarità e, soprattutto, con le menti pensanti. L'uomo non può mai essere un numero; nemmeno quando la popolazione mondiale raggiunge un affollamento senza precedenti. Ricordiamoci sempre che l'essere umano è, prima di tutto, un'essenza immateriale, oltre ad essere un corpo, troppo spesso proteso alla ricerca del piacere effimero. Questo concetto ci è ormai sfuggito dalla mente e questa “fuga” ha provocato effetti nefasti. Rinnegare o non coltivare la sfera immateriale dell'uomo e rinnegare l'uomo stesso. Questa concezione non è ispirata alla religione, ma ad una visuale “dualista” dell'individuo, ovvero che distingue i due livelli su cui cresce e si forma un essere umano. Non sbilanciare l'ago della bilancia a favore della materia nelle scelte di vita, è un evidente segno di consapevolezza e di saggezza, che ci eleva da qualsiasi altro essere vivente. Senza una parte di mistero, di immaterialità, l'uomo non ha futuro ed è destinato all'estinzione; e prima dell'estinzione toccherà il fondo dell'esistenza, in cui il valore questa sensibilità. Nell'arte, il senso del mistero, dell'ignoto, deve regnare incontaminato; devono esistere dei dubbi, poiché nella “società delle certezze” non vi è più spazio per la fantasia e, qualora essa sia presente, appare della vita non esisterà più, sacrificato sull'altare di un edonismo becero e privo di solidi contenuti. Nel parallelismo con l'arte, i simboli, i tratti, i colori devono tornare ad


essere i protagonisti della pittura, forieri della semplicità e della bellezza della vita che rappresentano. L'istintività, il sentire primordiale, che risiede in ognuno di noi, deve guidarci nell'interpretare ciò che ci circonda; anche l'uso e l'assimilazione della tecnologia più avanzata deve essere filtrata attraverso finta, creata a tavolino e finalizzata ad un risultato certo. Tracciamo un netto confine tra ciò che è vero e sentito, che viene da quella parte “misteriosa” del nostro io, e ciò che è falso e strumentale. Una lavatrice rotta o una bicicletta arrugginita non sono arte, ma semplicemente una lavatrice rotta ed una bicicletta arrugginita. L'arte è tutt'altra cosa. Nelle grotte della preistoria, ove gli “artisti rupestri” tracciavano i propri segni e spargevano i colori, era già stato inventato tutto; le opere figurative, astratte, simboliste, concettuali... Le future strade dell'arte pittorica erano già delineate nel complesso; nulla mancava all'appello. Ripartiamo, allora, da quelle intuizioni geniali, istintive, che venivano dal cuore ed avevano la forza dell'infante, che traccia segni e colori, spesso inconsapevole dei significati intrinsechi delle proprie creazioni, poiché generate da un livello subcosciente ed affiorate al conscio senza mediazioni. Produrre dei beni per cento volte quelle che sono le nostre reali esigenze ed assistere impassibili ad una grande fetta dell'umanità, che muore ogni giorno per l'assenza di acqua e di cibo, è criminale ed antitetico al nostro sentire. Con quale coscienza possiamo avvallare la civiltà del consumismo, quando ancor oggi vi è una vasta parte del mondo che lotta per la sopravvivenza, quasi sempre perdendo? Un azzeramento è necessario, prima che sia, e forse lo è già, troppo tardi. Se l'essere umano vorrà evitare l'autodistruzione, sarà necessaria una ripartenza, che tenga conto degli errori commessi, per superarli e dare un peso alle cose vere dell'esistenza umana, rifuggendo i falsi miti e le stupidaggini imposte da uno stile di vita vacuo, ma generatore di profitti per coloro che lo controllano. Ad un certo potere fa comodo un individuo che non pensi, che non si erudisca, che segua pedissequamente le mode create in laboratorio. Guardiamo intorno a noi ed


iniziamo a verificare il quoziente di consapevolezza della gente comune, per capire quanto siamo raggirati, “rincretiniti”, resi innocui da una marea di stupidaggini che, all'improvviso, sono divenute tutte un'importante ed unica ragione di vita. Vi sono molti fattori, che caratterizzano il progresso della nostra civiltà, che possono essere considerati delle armi a doppio taglio; e ciò dipende da come le usiamo. Purtroppo, nella società, l'uso improprio e l'abuso di molti beni è ormai la prassi, divenuto un consolidato “modus vivendi”. Tutto ciò accade trasversalmente, accomunando i più abbienti agli indigenti, i giovani agli anziani, tutti uniti nella forsennata corsa, che ci sta portando ad essere, non più individui, ma pedine, le cui scelte, i cui movimenti, sono comandati dall'alto, ma senza fili, poiché tutto ciò non sia percepito come una dittatura, bensì come scelte assunte dall'individuo, grazie al libero arbitrio. Siamo dunque “pilotati” come una macchinina radio comandata ed abbiamo la sensazione di essere liberi, di decidere noi ciò che determina il nostro futuro; ma liberi non lo saremo mai, finché non spezzeremo questa catena di tacita e, molto spesso, inconsapevole obbedienza. Ecco perché l'arte deve simbolicamente ripartire dalle proprie origini; essa ha sempre precorso i tempi ed appare come un faro da seguire; questa volta, però, non correrà verso l'ignoto, verso l'inesplorato, ma avrà la lungimiranza di ritornare sui propri passi, verso le proprie radici, consapevole della necessità di dare un segnale chiaro e forte di ricostruzione delle fondamenta, che sono alla base della nostra esistenza. Sarà un ritorno alle origini simbolico; ma spesso i simboli posseggono una forza pari soltanto alla forza della natura; quella stessa natura con cui dobbiamo ritornare in armonia e ricominciare a rispettare e ad amare. Bologna, 7 dicembre 2006


Sopra: Gregorio Rossi ed Andrea Benetti dentro alla Pinacoteca Amedeo Modigliani di Follonica, in occasione della mostra "I Contemporanei a Follonica - Il Novecento" - A destra: il documento di acquisizione dell'opera nella Collezione Permanente del Museo



PICCOLO VOCABOLARIO DELLE DEFINIZIONI SOSPESE di Carolina Lio Andrea Benetti, artista bolognese, ha realizzato una Collezione che è formata da una quindicina di opere su tela e paragonabile, come esprime il titolo, ad un piccolo dizionario. Ogni opera che Benetti crea è, infatti, una sua personale spiegazione e definizione di un concetto, di una parola, di un tema. Dal ciclo della vita alla televisione, dall’equilibrio ecologico alla donna, fino ancora all’informazione mediatica e via dicendo, ogni lavoro si presenta come una spiegazione imprevedibile e, in fin dei conti, impossibile. Perché impossibile? Perché si tratta di concetti vasti, usati, sfruttati, a volte persino svenduti. E che proprio per questo acquistano interesse in una logica di sfida personale che il preciso, a volte pignolo, Andrea Benetti, vuole racchiudere in una immagine. Una e una sola, non una serie, non annosi studi, non infinite ricerche stilistiche su uno stesso messaggio. Una e una sola opera che dev’essere puntuale e il più possibile esauriente su temi inesauribili. Per comprimere le infinite parole, sensazioni, informazioni e contraddizioni su questi soggetti, Benetti opera in due momenti diversi. Un primo teorico/filosofico, dove trascrive le sue stesse opinioni, che volendo sono parte integrante del lavoro finale. E un secondo, naturalmente pratico, in cui crea l’opera. Questa, una volta finita, si presenta come un insieme di elementi geometrici, piani o tridimensionali, creati con mezzi non sempre canonici, come fili per tagliaerba, molle e specchi. Tutti sono collegati tra loro da


delle corde e molle sollevate sull’opera per mezzo di gancetti e dalle ombre che quindi proiettano. Il risultato complessivo, creato dagli elementi e dalle loro correlazioni è una figura vagamente riconoscibile in una stilizzazione il più delle volte decisamente minimale. Ricco di sfumature, accostamenti più che felici e riuscite sperimentazioni, è invece l’uso del colore, artefice nella maggior parte dei casi della grande validità estetica delle “definizioni benettiane". E forse proprio per fermare il fascino di questo mezzo e fare in modo che non prevalga sul significato concettuale, lo usa con parsimonia, e lo piega alla funzione pratica di rafforzare i legami tra le varie parti della composizione tramite un gioco di rimandi e di richiami, di equilibri creati con una precisione perfetta. Le strutture così complicate, a volte addirittura smontabili, in un equilibrio fintamente fragile, caratterizzano dunque tutto il suo lavoro, tutte le sue definizioni, che invece di ridurre - come si potrebbe pensare - i temi universali considerati, li spiegano sotto un’ottica estremamente ampia. Non esiste una sola dimensione, sembra dirci Andrea Benetti, ma vari punti di vista e varie situazioni. Solo se riusciamo a metterle in correlazione tra loro, a trovare un punto di equilibrio che le medi tutte senza escluderne alcuna, avremo una visione larga, completa, finalmente veritiera di quello che cerchiamo di spiegarci.


Scheda tecnica dell'opera oggetto dell'acquisizione TITOLO

Il ciclo della vita TECNICA

Tecnica mista su legno e masonite MISURE

cm 35 x 1 00 ANNO DI CREAZIONE

2005

NUMERO DI ARCHIVIAZIONE

Archivio n째 1 98-W/TM-TM/T-05

AndreaBenettiArchivesFoundation



BREVI CENNI BIOGRAFICI SU ANDREA BENETTI Andrea Benetti, nato a Bologna nel 1 964, da molti anni esprime col favore della critica e del pubblico qualificato le proprie idee e la propria pittura, nel mondo dell'arte contemporanea. Oltre ad avere esposto in luoghi di grande pregio, hanno superato ormai la dozzina i musei, le istituzioni e le importanti collezioni nazionali ed internazionali, che ospitano le sue opere in permanenza. Nel 2006, Andrea Benetti ha ideato e stilato il Manifesto dell'Arte Neorupestre, successivamente presentato alla 53. Biennale di Venezia, nel padiglione "Natura e sogni", presso l'università Ca' Foscari. In occasione dell'evento, sotto l'egida della Biennale, è stato pubblicato un catalogo, edito da Umberto Allemandi. Nel luglio 201 0, il pittore bolognese è stato invitato ad esporre alla LXI edizione del Premio Michetti, la blasonata rassegna internazionale di arte contemporanea, che è allestita ogni anno, dal 1 947, all'interno del Museo Michetti. Nel novembre 201 0, la pittura Neorupestre di Andrea Benetti è approdata a Palazzo Taverna (Roma), nella sede degli Archivi Legali Amedeo Modigliani, accanto alle opere di De Chirico, Modigliani, Andy Warhol, Keith Haring, Mario Schifano, Max Jacobs... in occasione della mostra intitolata “Portraits d'artistes”, curata dal professor Christian Parisot (Presidente degli Archivi Amedeo Modigliani) e dal professor Pierfrancesco Pensosi. Il progetto è stato presentato alle televisioni ed alla stampa dal professor Vittorio Sgarbi. Nello stesso periodo, a metà novembre 201 0, nel Palazzo di Vetro, sede delle Nazioni Unite (O.N.U.) per il progetto “Academic impact”, al quale erano presenti 1 30 università di tutto il mondo, per conto della delegazione italiana veniva donata ed acquisita nella Collezione delle Nazioni Unite, un'opera di Andrea Benetti. Nel maggio 201 1 , Andrea Benetti è stato invitato dal professor Massimo Guastella, docente dell'Università del Salento, a tenere un seminario sull'arte Neorupestre ai suoi allievi del corso di laurea di Storia dell'Arte Contemporanea. Inoltre, la mostra di Benetti che si è tenuta all'interno delle Grotte di Castellana è stata inserita nel programma di ricerca universitaria, con la musica composta ed eseguita live per il progetto da Frank Nemola. Nel marzo 201 2, per volere del Presidente della Repubblica e con il beneplacito del professor Louis Godart, Consigliere per la conservazione dei Beni Artistici del Quirinale, è stata acquisito un dipinto di Andrea Benetti nella Collezione d'Arte del Quirinale. Nel 201 2, mentre il presente catalogo è in stampa, sono in corso le acquisizioni di alcune opere di Benetti nella Collezione della Farnesina (Ministero degli Affari Esteri) e nella prestigiosa Collezione della Chiesa Cattolica della "Raccolta Lercaro". Inoltre a giugno saranno inaugurati gli affreschi Neorupestri di Andrea Benetti commisionati dal Consorzio delle grotte di Frasassi, da realizzare nel tunnel d'entrata delle grotte omonime.



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Andrea Benetti, a Roma nel 2009, fotografato davanti all'Anfiteatro Flavio, in un momento di svago durante la mostra a Palazzo Brancaccio


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Dopo Altamira, tutto è decadenza Pablo Picasso


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