Anche le scimmie cadono dagli alberi estratto

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rom A nZo


[Amsterdam e piercing] «Olanda e Paesi Bassi. Che anno era?» «Non lo so. Non me lo ricordo. Sto lavorando.» «Dai. Non fare il rompiballe. Che anno era?» «Guardami attentamente e segui il labiale. Non me lo ricordo. Parli la mia lingua? Sono parole semplici, quattro in tutto. Non. Me. Lo. Ricordo. Non lo so. Ok?» «Amsterdam.» «Piantala.» «Le due francesi del coffee shop.» «Sssh. Ricciardi ci sta guardando.» «E allora? Penserà che stiamo parlando di Hoffenbach. Fai la faccia di uno che sta parlando di Hoffenbach, e dimmi come si chiamavano le due francesi.» «Jon. Sono passati dieci anni!» «La tua si chiamava Françoise. Ma la mia? Come si chiamava la mia?» Fingo di controllare un tabulato. «Lo vedi? Ha preso la penna. Secondo me sta formalizzando la tua lettera di licenziamento. O la richiesta di estradizione. Vuoi venire processato nel tuo paese? Lo sai cosa fanno a quelli come te nelle carceri della Guyana?» Verifico i dati delle borse asiatiche sull’iPad. «Cristo, Samu. Perché mi ricordo il nome della tua e ho completamente rimosso il nome della mia? Abbiamo fatto un sesso da condono io e quella tizia. È così che inizia a manifestarsi l’Alzheimer? Con dati fondamentali della tua vita che vengono brutalmente bannati senza nessuna possibilità di recupero?» «Pocahontas.» «Come dici?» «La chiamavi Pocahontas.» (...) «Andava in giro vestita come una squaw. Per questo la chiamavi Pocahontas.» «Sicuro?» «Fidati. Le hai cantato addirittura la canzone.» «La canzone? Quale canzone?» «Quella del fi lm. Credo che fosse di Massimo Di Cataldo.» «Stai scherzando? Io non ho mai cantato niente di Massimo Di Cataldo. Chi accidenti è Massimo Di Cataldo?» «Non conosci Massimo Di Cataldo?»


«Samu. Torniamo alla francese. Come si chiamava?» «Louise.» «Davvero?» «No. Però io devo lavorare.» «Sei un pezzo di.» «Noblesse oblige.» Tassonomia delle mie vacanze con Jonathan, suddivisibili in tre grandi macrocategorie: – le tossiche; – le etiliche; – i grandi pellegrinaggi. Tra questi ultimi ricordiamo: – bagno nel fi ume Wishkah, dove i biografi narrano sia stata gettata una parte delle ceneri di Kurt Cobain; – visita al civico sette di Craven Road, Londra, presunta casa di Dylan Dog (non trovata); – Lourdes, sperando invano in un’apparizione mariana. «Ieri ho portato una tipa a farsi mettere un piercing nel clitoride.» «Cinquemila dollari. Se la smetti di parlare te li bonifico immediatamente in conto corrente trasferendoteli dalla filiale di Windhoek.» «Windhoek? E dov’è?» «Namibia. Trecentomila abitanti. Centro nevralgico per il commercio delle pelli di pecora.» «Ti stavo parlando del piercing nel clitoride.» «Certo. Scusa.» «A parte che deve fare un male cane.» «Ampallang.» (...) «O altrimenti detto bastone del pene. In uso presso gli indigeni del Borneo. Si tratta di una barretta di metallo che viene inserita nel glande dopo averlo perforato. Conditio sine qua non per fare sesso, da quelle parti.» «Ma è orribile!» «Quello sì che deve fare un male cane.» «Ma perché lo fanno allora?» «Sembra che piaccia molto alle donne di Kuching.» «Kuching?» «La capitale dello stato federale del Sarawak. La città più importante del Borneo.»


«Com’è che conosci tutti i nomi di queste capitali idiote?» «Parlami del piercing della tua amica.» «Non so cosa dire. A me fa senso. Vuoi vedere la foto?» «Se ti fa piacere.» «Te la mando sull’iPhone.» Dieci secondi. Messaggio arrivato. «È uno scherzo vero?» (...) «Cioè la tua amica si è fatta costruire una roccaforte siderurgica sul clitoride e tu non le hai detto niente?» «Cosa potevo dirle? Era così convinta.» «Ma come fate a fare sesso con tutta questa roba in mezzo? Tanto valeva farsi piazzare dei dissuasori mobili a questo punto.» «Dice che le dà un po’ fastidio.» «Sul serio? Ma che strano. E chi l’avrebbe detto?» Una telefonata di Ricciardi pone fine all’avvincente dibattito sul tema. La commessura delle labbra della vulva, questo organo così sensibile. Che rimane così lettera morta.


Alla mia età, gesù cristo era morto già da quattro mesi. e diciamocelo onestamente, qualcosa nella vita aveva anche combinato. non perdeva il suo tempo dietro musica, sigarette, droghe leggere, ragazze sbagliate. e non era nemmeno costretto a fare un lavoro con quei nomi assurdi tipo sales account, tanto per intenderci. insomma, a suo modo era uno capace di lavorare per obiettivi. di centrare il target, per dirla con il dottor mario Pellegrini, il mio boss alla higherTrade.

la legge di murphy parte da un assioma molto semplice, che più o meno sintetizzato recita le seguenti parole: «se una cosa può andare male, andrà male.» ecco. la mia vita è esattamente così. e voglio essere onesto. non ne vado affatto fiero.


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