Scomodi ricordi, Serena Severi

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In uscita il 29/7/2022 (15, 0 euro) Versione ebook in uscita tra fine luglio e inizio agosto 2022 ( ,99 euro)

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SERENA SEVERI

SCOMODI RICORDI

ZeroUnoUndici Edizioni


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SCOMODI RICORDI Copyright © 2022 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-564-6 Copertina: immagine di Marialuisa Biandronni Prima edizione Luglio 2022


Alla mia famiglia



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CAPITOLO 1

La Panda quattro per quattro si arrampicava sulla strada sterrata, ormai del tutto ricoperta da un soffice manto di neve. La natura dormiva sotto quella coperta bianca, e ogni cosa sembrava incantata, sospesa nel tempo. Anche i rumori erano attutiti, ubriachi da tutto quello splendore e, nell’insieme, il paesaggio pareva quasi surreale. «Ma siamo sicuri di aver fatto bene a prenotare quassù? Siamo fuori dal mondo e continua a nevicare. Ci vuole più di un’ora per tornare a un paese degno di essere chiamato con quel nome! Guarda, guarda quei rami: tra un po’ toccheranno terra e bloccheranno la strada!» «Ma dai, Stefano, non brontolare sempre! È da quando è nato Elia che non ci muoviamo da casa, ormai non usciamo più! Io sento proprio la necessità di staccare un po’, di cambiare aria. Lo facciamo anche per il piccolino, vedrai che qualche giorno in mezzo alla natura non potrà che farci bene. E poi siamo in buona compagnia.» «In mezzo alla natura? A me sembra piuttosto di essere in mezzo al niente! Pensi di poter fare delle passeggiate con tutta questa neve? Se scivoli e ti spacchi una gamba, chi ti viene a prendere quassù? Se finisci i pannolini di Elia dove li vai a prendere? Se…» Ma Veronica guardava fuori, incurante delle lamentele del marito, e rapita dal quel panorama inusuale.


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Dietro di loro, su quella stradina di montagna, Daniele e Viola li seguivano con la loro Nissan Qashqai. *** «Chissà quante ne starà dicendo Stefano!» ridacchiò Viola. «Non era molto convinto di passare il Capodanno in un albergo disperso tra le montagne dell’Appennino Tosco-Romagnolo, ma ormai lo conosciamo bene: si lamenta sempre. Qui o in un altro posto, sarebbe uguale. La prossima volta lasciamo scegliere a lui e vediamo un po’ dove ci porta» continuò a ridere. Daniele, concentrato alla guida, era piegato leggermente in avanti, non del tutto a suo agio. «Con tutto questo bianco non ci vedo quasi più» si lamentò, passandosi una mano sugli occhi «e la neve continua a cadere. Forse siamo i primi che passano di qui da un paio d’ore a questa parte. Vuoi guidare un po’ tu?» chiese, voltandosi verso la ragazza. Viola scosse la testa. «No, preferisco continuare a farti da navigatore. Da quello che mi risulta, dovremmo essere quasi arrivati. Il telefono non prende quasi per niente e non c’è connessione, ma l’ultimo cartello diceva che mancavano tre chilometri all’albergo.» Avevano deciso per quella breve vacanza solo la settimana prima, e ritenevano una vera fortuna essere riusciti a trovare ancora qualche posto libero. L’Albergo in cui si stavano dirigendo era piuttosto grande, e aveva a disposizione un discreto numero di stanze.


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Viola e Daniele avevano portato con loro l’attrezzatura per sciare; a una decina di chilometri dal loro hotel era infatti presente un impianto ancora in uso, anche se non molto frequentato. Stefano e Veronica se ne sarebbero stati qualche giorno in relax a bere tisane, giocare a carte e ne avrebbero approfittato per far conoscere la neve a Elia, che ormai aveva quasi un anno e otto mesi. Queste, perlomeno, erano le motivazioni con cui Veronica aveva cercato di convincere il marito a seguirla. Del resto, per la prima volta dopo tanti anni, né Stefano né Daniele avrebbero dovuto lavorare la notte di Capodanno, e l’occasione di passare qualche giorno insieme era stata colta al balzo dalle ragazze, che sembravano non aspettare altro. La caserma di Corso Mazzini sarebbe sopravvissuta anche senza la presenza del suo pignolissimo maresciallo – anzi, avrebbero magari fatto una festa, aveva detto Viola guadagnandosi uno sguardo di traverso da Stefano – e il servizio d’emergenza dell’ausl avrebbe sostituito uno dei suoi migliori dottori, che aveva preso ben due giorni di ferie. Eccoli quindi, quel mercoledì 30 Dicembre, con qualche difficoltà, arrivare nei pressi del grande edificio che svettava in mezzo agli alberi. La strada, che conduceva fin davanti all’ingresso, pur essendo stata spalata da poco, cominciava di nuovo a imbiancare. Sul vialetto poche macchine: Stefano ne contò tre, più un fuoristrada che, con molta probabilità, doveva appartenere ai padroni dell’albergo. Una sembrava essere parcheggiata lì da diverso tempo, perché la neve che era stata spostata ai lati della strada, le aveva coperto del tutto le ruote.


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Non fu facile parcheggiare superando il muretto di neve e, nel fare le manovre, il piccolo Elia, che fino a quel momento aveva dormito nell’ovetto situato nel sedile posteriore, si svegliò e vedendo tutto quello splendore inaspettato, invece di mettersi a piangere rimase a bocca aperta. «Hai visto, tesoro mio? La neve! C’è la neve!» gli sorrise Veronica. «Tanta neve! Troppa!» aggiunse Stefano. «E se continua così, rischiamo di rimanere bloccati quassù. Continua a nevicare da paura, e sembra proprio non aver intenzione di smettere» continuò a lamentarsi, guardandosi attorno. «Siamo in un albergo, che problema c’è se anche rimaniamo bloccati quassù?» rispose allegra Veronica, mentre s’infilava i guanti e provava a scendere dalla macchina. «Vieni patatino, vieni dalla mamma» disse, sganciando il piccolo dal seggiolino dell’auto. «Adesso ci copriamo bene e stiamo attenti a non scivolare. Ste’, le borse le porti dentro tu, vero?» chiese poi al marito. «Pensavo di farle portare allo Yeti! Ce ne sarà pure uno da queste parti, del resto siamo nel suo habitat…» ironizzò lui, fingendo disappunto. «E che problema c’è se rimaniamo bloccati quassù? Anche la moglie di Jack Nicholson in Shining doveva aver pensato la stessa cosa. Dove si trova il labirinto? Overlook Hotel… non vedevo l’ora…» Nel frattempo li raggiunsero anche Daniele e Viola. «Veri, hai visto che bello?» chiese quest’ultima, appoggiandosi all’auto per non cadere. «Era come ti ricordavi?» Veronica inclinò la testa, guardandosi attorno. «In realtà è da diversi anni che non vengo più da queste parti. Comunque mi sembra che sia rimasto tutto più o meno come quando venivo


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qui da piccola con i miei genitori» spiegò, ma fu subito distratta dal figlio che si era chinato per toccare la neve. «No Elia, non toccare, la neve è fredda! Aspetta che ti metto i guantini.» Ma il bambino non ne voleva sapere di aspettare che la mamma gli mettesse i guanti e, dopo qualche secondo a contatto con la neve, iniziò a piangere a squarciagola. Veronica tentò di calmarlo e intanto, insieme a Viola, controllarono che non ci fosse del ghiaccio sulla stradina che dovevano attraversare, camminando con cautela. Quell’operazione richiese qualche minuto, ma finalmente riuscirono a entrare nell’ingresso principale. Dentro l’albergo il clima era molto diverso. Un delicato profumo di arancia e cannella si adattavano bene all’atmosfera di festa; grandi tappeti attutivano qualsiasi rumore, e il legno rendeva il tutto perfetto per una baita di montagna. Anche gli addobbi natalizi conferivano al luogo un senso di calore e protezione. Pur non vedendolo, dall’ingresso si udiva il crepitare del legno nel camino. «Carino qui!» esclamò Viola, guardandosi attorno. «Un po’ retrò, se devo dire il vero» affermò Veronica sottovoce. «Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo…» Davanti a loro, sulla destra, si trovava la scala per accedere ai piani superiori e, prima di questa, un grande arco dava l’accesso al bar. Sull’altro lato della parete si trovava il bancone della reception, e di seguito la porta che conduceva al ristorante. Proprio da questa, mentre le due donne si guardavano attorno, uscì fuori un uomo alto e di mezza età, piuttosto piacente.


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«Buongiorno e ben arrivate» sorrise affabile. «Io sono Moreno. Avevate prenotato, vero?» chiese, appoggiando su una sedia la biancheria che portava con sé. «Scusate, ma stiamo finendo di sistemare le camere; gli ultimi ospiti sono andati via in gran fretta qualche ora fa, temevano di rimanere bloccati quassù» ridacchiò. «Sapete com’è, queste nevicate, per chi non è abituato, spaventano un po’.» Le due annuirono e, mentre Veronica badava a Elia, Viola rispose alla domanda di Moreno: «Abbiamo prenotato la settimana scorsa: il cognome è Sini. I nostri compagni stanno scaricando le valigie.» Moreno annuì, controllando nell’agenda delle prenotazioni. «Sì, sì… eccovi qui. Questo tempo scoraggerebbe chiunque, ma siete stati coraggiosi a non disdire la prenotazione. Dunque, la coppia con il bimbo ha la stanza 101, mentre l’altra coppia la 103… si trovano entrambe al primo piano e sono una accanto all’altra. Se doveste avere qualche necessità particolare, non preoccupatevi perché siamo qui per questo. Un attimo solo che chiedo alla ragazza se può accompagnarvi.» E sparì da dove era venuto, lasciando le due amiche a combattere con Elia che, dopo essere stato catturato dalla presenza di un grosso gattone rosso acciambellato su una poltroncina, voleva a tutti i costi raggiungerlo. In quel momento Daniele e Stefano fecero il loro ingresso, carichi di borse e bianchi per la neve che continuava a cadere. «Grazie ragazze, grazie dell’aiuto!» bofonchiò il maresciallo, com’era solito fare. «Sapete già dove i due facchini possono portare tutta questa roba? Ma cosa vi siete portate, il mondo? Hai caricato anche i nostri vicini di casa in queste valigie?» chiese, soppesando i bagagli e lasciandoli a terra.


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«Il signore è andato a chiamare la ragazza che ci accompagnerà alle camere» rispose Viola, ignorando la provocazione. Poco dopo tornò Moreno, accompagnato da una giovane di circa vent’anni, un po’ allampanata. «Questa è Francesca» disse, indicandola. Poi notò che Stefano e Daniele erano arrivati e sorrise. «Ben arrivati anche a voi. Spero abbiate trovato la strada abbastanza pulita, questa nevicata non promette niente di buono. Speriamo solo non sia interrotta la viabilità, ma qui non c’è da preoccuparsi, eh! Siamo autonomi in tutto. Ora vi lascio riposare. Se vi serve qualcosa, potete chiedere a lei.» Si rivolse quindi all’aiutante: «Su, su Francesca, accompagna i signori nelle loro stanze.» La ragazza era rimasta come impalata, con le mani in grembo e le spalle curve; solo quando alzò lo sguardo, puntò i suoi occhioni chiari su Daniele e lo osservò finché il suo capo non la riportò alla realtà. «Sì, sì… prego, seguitemi, 101 e 103; le camere sono aperte.» Si avviò, salendo le scale seguita dagli altri. «Ci sarebbe anche l’ascensore se preferite.» «No, le scale vanno benissimo. Almeno ci sgranchiamo un po’ le gambe, siamo stati in macchina fino a poco fa» rispose Viola, allegra. «Certo, perché prendere l’ascensore quando ci sono le scale?» fece Stefano a Daniele, che non poté fare a meno di sorridere. «Ci sono molti ospiti in albergo?» chiese Veronica. Francesca scosse la testa. «No, solo un gruppo di ragazzi che sono arrivati stamattina, oltre a noi del personale. Pensavamo avreste chiamato per disdire visto il tempo» rispose girandosi verso di loro e lanciando un’altra occhiata a Daniele.


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Il dottore, pur essendo abituato agli sguardi del genere femminile, si sentì a disagio, perché in quell’espressione non c’era niente che fosse riconducibile a un qualche interesse di tipo sessuale; sembrava piuttosto che lo stesse studiando. «Ecco, questa è la stanza 101» disse quando raggiunsero il piano. «E questa la 103» continuò, spostandosi alla porta accanto. «Gli asciugamani sono sul letto e, se doveste sentire freddo, nell’armadio c’è una coperta pesante. Nel caso in cui vi servisse qualcosa, potete fare il numero zero al telefono e sarete messi in contatto con la reception» sorrise e fece un passo indietro, per lasciare libero l’ingresso agli ospiti. Daniele si guardò intorno prima di entrare nella camera che era stata assegnata a lui e Viola; le stanze si trovavano attorno al grande scalone che continuava a salire. Dopo la prima rampa più stretta, la scala si allargava e diventava maestosa. «Che spettacolo!» esclamò Viola, entrando nella stanza e avvicinandosi alla finestra. «Guarda quanta neve!» «Sì, meraviglioso… Ormai ha ricoperto qualsiasi cosa. Quelli devono essere i nostri compagni di avventura» indicò i cinque ragazzi, due maschi e tre femmine, che si stavano avvicinando all’albergo. Tutti camminavano con cautela per non scivolare, intenti a percorrere la stradina sotto la neve copiosa, mentre ormai scendeva la sera.


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CAPITOLO 2

«Facciamo un aperitivo prima di metterci a tavola?» propose Daniele. Viola annuì. «Per me va bene, magari sentiamo se anche Stefano e Veronica ne hanno voglia. Speriamo che Elia non faccia i capricci stasera» disse, pensando al figlioletto degli amici. «Domani, o il giorno dopo, potremmo noleggiare un bob e farlo giocare sulla neve; si divertirebbe un sacco, e magari riuscirebbe finalmente a dormire!» Si era buttata sul letto, e stava provando i canali della tv, mentre Daniele era in bagno. Poco dopo la raggiunse, e si sedette sulla sedia accanto al letto per infilarsi le scarpe. «Mia mamma mi racconta sempre che quando portava me e mio fratello in montagna, ci facevamo delle dormite da paura. E lo sai che né io né lui siamo dei gran dormiglioni, ma si vede che la montagna aveva questa proprietà soporifera su di noi. Magari funziona anche per lui» considerò. Viola gli sorrise poi sbuffò, guardando lo schermo nero davanti al letto. «Niente, la televisione non funziona. Dovremmo trovare qualche altro modo per passare il tempo…» disse, gettando il telecomando sulla parte vuota del materasso. Si alzarono e sistemarono nei cassetti e nell’armadio il contenuto delle valigie. Gli scarponi da neve erano rimasti in


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macchina, ma se il tempo fosse migliorato, avrebbero fatto una passeggiata per i boschi la mattina dopo. Quando furono pronti, chiusero a chiave la porta della loro stanza e bussarono a quella vicina. Dopo poco, Stefano aprì. «Noi scendiamo per un aperitivo. Ci fate compagnia o preferite riposarvi un po’?» chiese Daniele. «Arriviamo subito, cambiamo il bambino e scendiamo.» «Ok, noi siamo al bar, vi aspettiamo per ordinare» disse Daniele e, mettendo un braccio attorno alla vita di Viola, si girò per scendere le scale. Proprio in quel momento una porta laterale si spalancò, e ne uscì una ragazza bionda, che doveva avere poco più di vent’anni. «Oh, Madonna Santa!» esclamò vedendo i due, e girando su se stessa ritornò da dove era venuta, sbattendo la porta. Daniele e Viola si guardarono stupiti. «Sono spettinata per caso?» chiese lei. «Sembra che quella abbia visto un mostro!» «Sei bellissima come sempre, tesoro mio» sorrise e le diede un bacio tra i capelli. «Si sarà dimenticata qualcosa in camera» fece spallucce. Scesero con tutta calma: erano in vacanza e avevano intenzione di godersi ogni attimo di quei giorni che pensavano sarebbero stati spensierati. A differenza dei loro amici, ogni volta che potevano, non perdevano occasione per staccare qualche giorno e concedersi una mini vacanza dallo stress dei loro rispettivi lavori. Una volta sotto, dalla cucina sentirono rumori di tegami e la risata di qualcuno.


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Al banco della reception trovarono Moreno, alle prese con il telefono. «La linea telefonica sembra averci definitivamente abbandonato.» «Anche la televisione non funziona» fece Viola. Moreno la guardò dispiaciuto. «Purtroppo dovrei andare sul tetto a liberare la parabola, ma finché non smette di nevicare, preferirei non farlo. Ci assicuriamo sempre io e Giovanni, ma sono più tranquillo quando vedo dove metto i piedi» rise. «Posso offrirvi qualcosa da bere, intanto che il nostro super cuoco Vincenzo prepara una deliziosa ed energica cenetta?» «Lei è molto gentile, stiamo aspettando i nostri amici. Intanto ci accomodiamo al bar» rispose Daniele. Si spostarono verso il bar e Moreno prese posto dietro al bancone. «Da dove venite?» chiese, iniziando a maneggiare alcuni bicchieri. «Veniamo da Forlì» rispose Viola. «Cioè, lui viene da Forlì, io in realtà vengo dalla zona di Bologna, ma ormai sono forlivese acquisita.» «Quindi non siete molto abituati a questo tempo pazzerello! Anche se una nevicata come questa era da parecchio che non si vedeva nemmeno qui.» «Vuol dire che ha colto di sorpresa anche voi?» «Le previsioni dicevano che avrebbe nevicato, ma non in una quantità simile. Ma state tranquilli, siamo super attrezzati» fece una sonora risata. «È da molto tempo che gestite questo albergo?» chiese Daniele, per fare un po’ di conversazione. «In effetti sì» annuì. «A marzo saranno vent’anni esatti! Una vita… Ero giovane e pieno di entusiasmo allora, ma le cose erano molto diverse, ci permettevano di lavorare senza tutte le


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regole che si sono inventati per non farci guadagnare un euro. Se dovessi rifarlo adesso, ripartire da zero dico, non credo proprio che mi avventurerei in un’impresa del genere. Ogni giorno salta fuori una legge diversa, qualcosa da mettere a norma secondo l’articolo vattelappesca. Ci mangiano tutto con le tasse; tante belle parole, ma nessuno che ci tuteli sul serio» finito quel monologo polemico, chiese: «Voi che lavoro fate? Se non sono troppo indiscreto a chiederlo.» Viola indicò prima Daniele e poi se stessa: «Lui è medico, di quelli che intervengono in emergenza sulle auto che si vedono sfrecciare dietro le ambulanze. Io sono una neuropsichiatra; ho l’ambulatorio a Ravenna.» «Una neuropsichiatra? Si occupa di malattie mentali e cose del genere, quindi? Chissà quanto lavoro, allora. C’è un sacco di gente mezza matta in giro; mi sembra che il mondo si sia capovolto!» E iniziò a fare una lunga lista di politici e personaggi famosi che avrebbero dovuto richiedere la sua consulenza. Daniele le lanciò uno sguardo divertito: avevano sentito discorsi del genere molto spesso negli ultimi tempi. Mentre il gestore continuava a parlare, si aprì la porta che dal bar dava direttamente all’esterno, facendo entrare una folata di aria gelida. Un uomo infreddolito fece il suo ingresso. Indossava un impermeabile verde e una berretta che gli arrivava fin quasi sopra gli occhi. «Oh, Giovanni, stavo per venire a vedere che non ti fossi congelato!» lo accolse Moreno. «Questo è Giovanni Strocchi, il nostro tuttofare. Un altro di quelli che avrebbe necessità di un giro da uno strizzacervelli» rise, presentando il collega alla


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coppia. «Ti prendo un appuntamento con la signora? È una neuropsichiatra» e di nuovo una gran risata. L’uomo non colse la provocazione e si girò verso i due, facendo un cenno di saluto; poi, rivolto a Moreno disse: «Sono andato a controllare il gruppo elettrogeno. Se salta la luce, stanotte sarà necessario farlo partire. Preparami qualcosa di caldo, per favore, fuori si gela. Magari un punch al mandarino come quelli che fa Giulietta. Quelli sì che ti rimettono al mondo. Erano anni che non vedevo una nevicata del genere, e vedrai poi che gelata!» «Lo stavo proprio dicendo ai signori, qui. Ah, il telefono è andato, siamo isolati.» Giovanni imprecò. Si tolse cappello e guanti e li appoggiò sul bancone del bar. Doveva avere più o meno la stessa età di Moreno, ma aveva la pelle cotta dal sole e dal freddo. «Mai una volta che ci becchino con le previsioni del tempo! Domani mattina mi toccherà alzarmi alle 05:00 per spalare; altrimenti ci muoviamo di qui a primavera.» «Esagerato! Vedrai che già domani, o al massimo il giorno dopo, avremo i forestali in giro per l’albergo» lo rassicurò Moreno, servendogli il punch che aveva richiesto. «Il trattorino per spalare l’ho acceso un po’; più tardi andrò a spegnerlo. Il freddo come quello di stasera è massacrante per quegli aggeggi» comunicò, sorseggiando un po’ del liquido che parve rinvigorirlo. «Sono belle le piste qui da voi?» s’intromise Viola. «Be’, dipende da dov’è abituata a sciare lei. Non sono certo le piste della Val Gardena, ma se ci si accontenta, ci si diverte anche qui» spiegò Moreno.


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«Magari torneremo per un fine settimana di gennaio o febbraio» propose Daniele. «E dopo aver gustato la cucina di Vincenzo, scommetto che una capatina la farete anche per pranzo!» intervenne una donna sulla quarantina, che andò a sistemarsi vicino a Moreno. Questi le mise un braccio attorno alle spalle e sorrise. «Vi presento mia moglie Giulietta. La mia stella guida nella notte buia!» «Sei il solito esagerato!» rise, e lo colpì alla spalla con uno strofinaccio. «No, no davvero! Cosa farei senza di te?» «Il punch in effetti lo fa meglio lei» scherzò Giovanni, appoggiando sul bancone la tazza ormai vuota. «Mi sembra che anche il mio non ti sia dispiaciuto poi tanto.» La differenza di età tra Moreno e la moglie era palese; almeno una decina di anni dovevano intercorrere tra i due, proprio come per Daniele e Viola, ma erano davvero una gran bella coppia. Piccolina, scura di pelle e di capelli lei, grande e imponente lui, con barba e capelli già brizzolati. Pochi istanti dopo arrivarono Stefano e Veronica, con il piccolo Elia in braccio. «È pronta la cena?» chiese Stefano. «Ho una fame che non ci vedo!» «Che bel bimbo!» esclamò Giulietta, indicando il piccolo. «Come si chiama?» «Si chiama Enea… no, Elia!» fece Moreno. «Sì, Elia» confermò Veronica, mentre seguiva il figlio che aveva iniziato a correre per la hall. «Quanto ha? Due anni?» continuò Giulietta.


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«Ha un anno e otto mesi, quasi… ne farà due a maggio. Credo stia cercando quel bel gattone rosso che ha visto prima.» «Il nostro Tiziano? Starà dormendo, non fa altro» Giulietta rise. Giovanni guardò il bambino che, dopo un giro della stanza, finì la sua corsa proprio aggrappandosi ai suoi pantaloni. «Mi spiace, sono tutto bagnato. Sono stato fuori sotto la neve fino adesso» disse, come a scusarsi con i genitori e il piccolo. Veronica andò a recuperarlo. «Mi scusi, non sta fermo un secondo.» «Si figuri, dicevo per lui. Rischia di bagnarsi.» Poi si rivolse a Moreno: «Spengo il trattorino, vado a farmi una doccia veloce e scendo per cena.»


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CAPITOLO 3

Pochi minuti più tardi, erano tutti davanti al camino che svettava, maestoso, nell’ampia sala da pranzo in cui soltanto pochi tavoli erano stati apparecchiati. Solo Veronica era già stata in quell’albergo, ma era successo molti anni prima, quando ancora era una bambina, ed era gestito dai vecchi padroni; essendo molto piccola, non conservava tanti ricordi di quei momenti. «Ecco, questo bel camino me lo ricordavo, ma avrei detto che fosse stato ancora più grande! Ero così piccina quando venivo qua con i miei genitori, che tutto mi sembrava enorme» disse indicandolo. «Ricordo che avevano anche degli animali. Venivo con i miei cugini ed è qui che ho cavalcato il mio primo pony, è stata un’esperienza indimenticabile.» Stefano prese posto al tavolo a loro riservato, strofinandosi le mani: aveva una gran fame e non vedeva l’ora di mettere qualcosa sotto i denti. «Se non è troppo disturbo, aspetterei che ci raggiungano anche i ragazzi che occupano il tavolo qui accanto. Forse stanno già scendendo» comunicò Moreno, avvicinandosi a loro. Stefano annuì ma si toccò la pancia. «Speriamo che si diano una mossa perché il mio stomaco è in rivolta! Sa com’è, l’aria di montagna mi mette un certo appetito» sorrise. «Sì, l’aria di montagna» gli fece eco sua moglie.


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«Cosa si mangia di buono?» chiese il maresciallo, ignorando il commento di Veronica. «Iniziamo con una bella zuppa calda di verdure» elencò Moreno, vedendo morire l’entusiasmo sul viso di Stefano. «Come zuppa di verdure?» Moreno sorrise. «Non si preoccupi, le garantisco che non la deluderà, e subito dopo verranno servite tagliatelle con ragù di cinghiale o pomodoro, a seconda di quello che preferite. A queste seguirà una bella grigliata mista, accompagnata da patate al forno. Come serviamo qui le patate, non le mangerete da nessun’altra parte! Abbiamo anche un ottimo assortimento di dolci. Se intanto volete dirmi cosa vi posso portare da bere…» Stefano emise un sospiro di sollievo; era pronto a riempirsi la pancia, a costo di non riuscire a dormire per l’indigestione. La zuppa di verdure non era proprio tra i suoi programmi. Il rumore proveniente dalla zona reception lasciò intendere che i ragazzi di cui aveva parlato Moreno stavano arrivando. «Buonasera» salutò una morettina, entrando nella sala. Insieme a lei, due giovani che non dovevano avere ancora trent’anni, di cui uno era piuttosto bello; e un’altra ragazza con i capelli chiari. Della giovane che avevano intravisto Daniele e Viola mentre scendevano le scale, però, nessuna traccia. La compagnia si dispose attorno al proprio tavolo, ma la ragazza con i capelli chiari prese posto a capotavola, lasciando libera la sedia vicino al giovanotto appariscente. Era chiaro che mancasse ancora qualcuno. Mentre Francesca serviva le bevande, finalmente la ragazza raggiunse i suoi amici. Entrando nella sala andò a sbattere


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contro Elia, che girava indisturbato vicino al tavolo dei genitori; il piccolino cadde sul sedere. «Scusa bambino, scusa. Non ti avevo visto» si giustificò in fretta, ma Elia si era già rialzato e non sembrava averne risentito troppo. La giovane invece sembrava assente, quasi imbambolata, persa dietro ai suoi pensieri e, sedendosi, a fatica rivolse la parola ai suoi amici. In quel momento, si sentì un gran trambusto dall’ingresso. Qualcuno aveva aperto la porta principale, perché una folata di aria gelida raggiunse gli ospiti che si trovavano nella sala da pranzo. Tutti udirono la voce di Giovanni: «Ehi, ciao. Vi siete persi?» chiese all’indirizzo dei nuovi arrivati. «Oh Giovanni, che bello vederti! Abbiamo fatto una cazzata. Se fossimo stati fuori un altro minuto, avremmo rischiato il congelamento. Fortuna che siete aperti.» Moreno attraversò la stanza per vedere cosa stesse succedendo. «Davide, Filippo! Ma cosa ci fate in giro con questo tempo?» esclamò quando li riconobbe. «Ciao Moreno. Abbiamo avuto paura che foste andati giù in paese. Siamo quasi congelati!» rispose uno dei due, frizionandosi le braccia per combattere il freddo. «Venite, mettetevi vicino al camino» fece loro strada. Avevano circa vent’anni, ed erano visibilmente provati da una prolungata esposizione a temperature molto basse; battevano i denti e avevano il viso congestionato dal freddo. Dopo averli fatti accomodare, Moreno chiamò la moglie a voce alta, che uscì dalla cucina asciugandosi le mani nel grembiule.


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Quando vide i due, li guardò a lungo con aria stupita e preoccupata. «Ragazzi, ma siete impazziti? Come siete ridotti! Vi porto un po’ di zuppa calda!» disse, correndo via in cucina. C’era un particolare che saltava subito all’occhio sui nuovi arrivati: erano identici, e per un attimo crearono lo stupore che si può provare solo di fronte a due gemelli omozigoti. Soltanto gli abiti di colore diverso potevano in qualche modo fornire un appiglio per distinguerli a chi non li conoscesse bene. Senza pensarci un secondo, Daniele si alzò e si avvicinò a loro, che stavano cercando di scaldarsi davanti al camino. «Salve, scusate se mi permetto, ma prima della zuppa sarebbe meglio un bel tè caldo con molto zucchero. Dovete togliervi subito gli indumenti bagnati che avete addosso. Avete un cambio con voi?» li guardò a lungo. I fratelli si scambiarono un’occhiata, poi quello che sembrava stare un po’ meglio rispose: «Abbiamo qualcosa nello zaino, ma temo si sia bagnato tutto…» «Lei ha qualcosa qui in albergo?» chiese Daniele a Moreno. «Degli abiti caldi e asciutti, intendo. Altrimenti posso dar loro la biancheria e i vestiti che ho portato con me.» Moreno farfugliò, cercando di pensare, poi si voltò verso la moglie che era tornata dalla cucina con la zuppa calda e una teiera bollente. «Dovremmo avere qualcosa, vero Giulietta? Vai a prendere un cambio per questi due pazzerelli. Ma voi siete proprio matti ragazzi» scosse la testa, guardando i due. «Se avete anelli, braccialetti o orologi sarebbe meglio toglierli; è probabile che vi si gonfino le dita e sarebbe molto spiacevole doverli togliere dopo… Cominciate a spogliarvi» continuò Daniele.


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«Qui?» chiese uno di loro, guardandolo come se avesse detto un’assurdità. «Dai, Davide, non mi sembra il caso di fare tante storie. Non interessa a nessuno se rimanete in mutande» protestò Moreno. «Mi sembra più importante che vi riprendiate. Inoltre, non mi pare che tuo fratello stia molto bene…» Evidentemente li conosceva bene, e non aveva alcuna difficoltà a distinguerli. «Sarebbe bene mettergli addosso delle coperte» continuò Daniele. Moreno allora chiamò Francesca, che fino a quel momento era rimasta ferma a guardare la scena. «Vai a prendere delle coperte. Corri!» Francesca scappò via di corsa. «Tuo fratello ha un principio di congelamento» spiegò Daniele, dopo aver tolto scarponi e calzini al ragazzo. Il giovane, in effetti, sembrava in catalessi. «Come ti chiami?» «Filippo» riuscì a rispondere. Daniele gli porse una tazza fumante. «Ecco, bevi il tè caldo a piccolissimi sorsi, e non stare troppo vicino al fuoco. Il tuo corpo deve tornare alla temperatura normale, ma lo deve fare poco a poco. Gli sbalzi termici non portano mai a niente di buono. Ora ti ho asciugato i piedi. Appena arrivano, metteremo un paio di calzini asciutti, vedrai che starai subito meglio.» «Gra… grazie…» rispose Filippo, inchinando il capo. «Ma è una cosa grave?» chiese Davide, preoccupato. «Se foste rimasti fuori ancora un po’, sarebbe diventata molto grave. Adesso cerchiamo di far ripartire la circolazione nella


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zona che ha sofferto di più, e vedrai che non ci saranno conseguenze.» Nel frattempo Francesca ritornò con le coperte, e dopo averle consegnate a Daniele, rimase a osservare la scena senza muovere un muscolo. Daniele si rialzò dalla posizione in cui si trovava e la guardò con aria incuriosita. C’era qualcosa di strano in lei, ma non riusciva a capire cosa, qualcosa che lo metteva a disagio. Forse l’aveva già incontrata da qualche parte? Il viso non gli sembrava del tutto nuovo. Prese le coperte e le mise sulle spalle dei due ragazzi, aiutando Filippo a togliersi i vestiti. Anche Giulietta tornò con la biancheria e i cambi e li mise vicino al camino, in modo da riscaldarli ulteriormente. «Non ho trovato niente di meglio, spero vi vadano bene.» «Vado a lavarmi le mani e torno» fece Daniele, rivolto ai suoi amici. «La toilette è vicino al bar» indicò Giulietta. «Non sappiamo davvero come ringraziarla! Questi ragazzi conoscono bene le nostre zone, ma non avrebbero dovuto trovarsi là fuori con questo tempo» affermò. Moreno e Giovanni avvicinarono un tavolo ai due fratelli, così da permetter loro di mangiare qualcosa senza allontanarsi dal calore del fuoco. Quando Daniele tornò, Stefano era alle prese con un enorme piatto di tagliatelle. «Alla fine hai lavorato anche oggi» osservò Viola, sorridendo. «Abbiamo dovuto tenere Elia, voleva venire a vedere cosa stava facendo lo zio Lele. Chissà, da grande magari farà il dottore anche lui» Veronica sorrise, mentre teneva Elia in


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braccio. «Adesso ti metto nel seggiolone, tesoro! Devi mangiare la pappa, altrimenti si mangia tutto papà.» Continuando imperterrito a mangiare, Stefano piegò più volte la testa da una parte per indicare il tavolo di fianco. «Si è già scolata tre bicchieri di vino» commentò, a bocca piena. Daniele girò la testa per vedere a chi si riferisse, e non fu difficile capirlo. L’ultima arrivata, la ragazza che avevano visto sulla porta della sua camera, sembrava davvero su di giri. «Déjà vù, cazzo! Non lo sapete cos’è? Ma da dove venite, da Marte?» Aveva gli occhi sgranati e l’agitazione le rendeva la voce stridula. «Sì che lo sappiamo, ma non c’è bisogno di fare questa gran confusione.» «Non ci sarà bisogno per te, cretino! Sto parlando di una cosa seria. Sto parlando di un omicidio! Hai presente cos’è un omicidio? Quando una persona ne ammazza un’altra!» continuò a urlare. «Dai Jenny, calmati… mi sa che hai bevuto troppo…» provò a contenerla la ragazza con i capelli chiari. «Che cazzo vuoi tu, che non sai nemmeno tenerti un moroso! Sei qui a piangere mentre lui sarà già in giro con quell’altra! Sai quanto gliene frega di te?» La giovane con i capelli chiari la guardò con tristezza. Si alzò e, con gli occhi pieni di lacrime, corse fuori dalla sala da pranzo. «Sei proprio cattiva quando fai così!» la rimproverò il ragazzo che le sedeva accanto.


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«Manuel ma hai capito o no quello che ho detto? Sto parlando di un assassino! L’ho visto con i miei occhi!» urlò lei, alzandosi e sbattendo le mani sulla tavola. «Datti una calmata, Jenny» Manuel cercò di farla risedere. «Andate a cagare! Io vado fuori a fumare!» e così dicendo si mise il giubbotto, prese un pacchetto di sigarette dalla borsa e uscì. Giulietta aveva assistito a tutta la scena, rimanendo in piedi vicino alla porta, pietrificata. Moreno e Giovanni erano ancora vicino ai gemelli, ed erano rimasti in silenzio per tutto il tempo. Filippo si era appoggiato al muro e quasi dormicchiava, per niente disturbato dalla confusione che aveva attorno, mentre Davide stava terminando di sorseggiare il suo tè. L’atmosfera nella sala da pranzo era molto tesa. Manuel si voltò verso il tavolo dei quattro amici, guardandoli desolato. «Scusatela, ha bevuto un po’ troppo e non sa quello che dice. Spero non vi abbia rovinato la cena.» Poi si rivolse agli amici che erano ancora seduti al suo tavolo. «Vado a vedere come sta Elisa; ci mancava solo questa!» «Che caratterino la vostra amica…» commentò Stefano. «Non è una nostra amica» rispose una ragazza, senza nemmeno guardarlo. «Dai Silvia, non mi sembra il caso…» «Perché, cos’ho detto di male? Ho detto solo che non è una nostra amica, ed è la verità. Hai sentito cos’è andata a tirare fuori quella scema? È la prima e l’ultima volta che ce la portiamo dietro!» Moreno si aggirò tra i tavoli con un vassoio in mano, giusto per riportare un po’ di normalità e spezzare quel clima di tensione. «Volete un altro po’ di patate?» chiese.


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«Per me sì, grazie!» rispose Stefano, porgendogli il piatto ormai vuoto. «Speriamo di non rimanere bloccati quassù troppo a lungo, mio caro signore, con lei non so per quanto tempo ci basterebbero le provviste» rise, mentre gli versava una dose di patate. «Naturalmente sto scherzando! Abbiamo da mangiare per un reggimento e il nostro cuoco è qui da noi in pianta stabile fino alla fine della stagione. Anzi, ve lo chiamo. Vincenzo!» Come se non stesse aspettando altro, la porta della cucina si spalancò e ne uscì un omone grande e grosso, la cui vista lasciò interdetto anche Stefano. Elia, che era alle prese con uno dei suoi giochi preferiti, si bloccò con le mani a mezz’aria e balbettò: «Baba Tale.» «No tesoro, non è Babbo Natale!» gli spiegò Veronica con dolcezza, nella speranza di non aver offeso il cuoco. Moreno ridacchiò e si rivolse al piccolo: «Sì Elia, è proprio lui, il nostro Babbo Natale! Ora vedrai che bei dolci porta al babbo come regalo!» A quel punto Manuel ed Elisa rientrarono nella sala e tornarono a sedersi ai loro posti; si vedeva che lei aveva pianto. Manuel bevve un sorso d’acqua e si scusò con gli amici: «Mi dispiace ragazzi. Appena torniamo a casa vi prometto che la scarico. Paolo, io non so davvero…» ma la frase rimase a metà, interrotta dall’arrivo di Jenny. Era chiaro che sarebbe stata una serata difficile. Solo, non sapevano quanto.


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CAPITOLO 4

A fine cena, sistemarono le sedie attorno al camino. Moreno portò una delle poltroncine che si trovavano all’ingresso, per permettere a Filippo di stare più comodo. La compagnia dei ragazzi provenienti dalla città si era accomodata al bar, mentre gli altri erano rimasti nella grande sala da pranzo. «Francesca vi prepara una stanza al primo piano, poi domani vedremo come fare. Se le linee telefoniche non ripartono, non riusciremo neanche ad avvisare. Chissà a casa come saranno preoccupati» disse loro Moreno. «Macché, i nostri genitori sono in crociera. Tornano il 7 gennaio» lo rassicurò Davide. «Be’ meglio così, altrimenti tua madre si sarebbe preoccupata a morte, non vedendovi rientrare.» «Ormai ci ha fatto il callo» ridacchiò. «Sai quante volte rimaniamo in giro anche la notte? Ci fermiamo nei rifugi e siamo capaci di tornare anche dopo due giorni.» Moreno scosse la testa. «Quando il meteo lo permette, posso anche capirlo, ma con questo tempo siete stati degli stupidi ad andare in giro. Se foste i miei figli, una bella scoppola non ve la toglierebbe nessuno!» fece un gesto eloquente con la mano. Poi sorrise e chiese: «Dimmi piuttosto, dove sono andati Loriano e Patrizia? A loro piace viaggiare, vero? Hanno visto mezzo mondo.»


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«Ah, questa volta fanno un gran giro!» spiegò «hanno preso l’aereo da Bologna il 23. Poi da lì vanno a Francoforte, e poi a Singapore. Dopodiché con la nave visitano Malesia, Thailandia e Cambogia… E i matti saremo noi?» sorrise. «Alla faccia del viaggio! Come mai non siete andati con loro?» Davide fece spallucce. «È il loro anniversario» spiegò, sorridendo. «Per carità!» aggiunse Filippo, insonnolito. Tutti si misero a ridere. Sulla tavola era stata sistemata una gran quantità di bottiglie e bottigliette di digestivi di vari colori. Stefano, indeciso su quale assaggiare per primo, si toccava la pancia, felice del lauto pasto. Moreno aveva proprio ragione: a partire dalla zuppa di verdure, tutte le pietanze erano ottime; le patate poi… «Adesso sì che sono contento» disse soddisfatto. «Dopo una mangiata del genere, ho intenzione di farmi una dormita indimenticabile. Voglio buttarmi a letto e svegliarmi con il sole già alto in cielo, anche se temo che non si vedrà per qualche giorno…» constatò, riferendosi al tempo. «Tu Stanotte farai il bravo, vero?» chiese facendo un cenno al figlio. Elia gironzolava per la stanza, andando ora da uno ora dall’altro, finché non si mise seduto per terra a giocare con il suo sonaglino preferito. Senza tentennare oltre, Stefano prese due bicchierini e li riempì per metà di un liquido verdastro, poi ne porse uno all’amico che lo accettò diffidente. «Ottimo davvero» decretò infine Daniele. «Versamene un altro po’» chiese, agitando il bicchierino vuoto verso Stefano.


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Nel frattempo, i gemelli Filippo e Davide si erano quasi del tutto ripresi dalla brutta avventura. Daniele si avvicinò a loro e chiese: «Di dove siete?» «Siamo di Santa Sofia. Giriamo sempre per boschi, ma questa nevicata ci ha colti impreparati. Abbiamo fatto male i conti, se non avessimo trovato nessuno qui in albergo, saremo morti congelati… Il primo rifugio utile è a qualche chilometro da qui, e non ci saremmo mai arrivati» spiegò Davide. «Guarda che il capanno degli attrezzi lo lascio sempre aperto, dovreste saperlo» s’inserì Moreno. «Se dovesse succedere un altro episodio del genere, potreste rifugiarvi lì dentro e riscaldarvi lo stesso.» «Be’, speriamo non succeda mai più… abbiamo passato un brutto quarto d’ora» commentò il ragazzo. «Ma perché lo lasci aperto? Non hai paura che ti rubino qualcosa?» Moreno scosse la testa. «Generatore, trattorino e altre cose di valore sono chiusi nel garage. Nel capanno c’è roba di poco conto; se me la fregassero, sarebbero sul serio dei morti di fame» rise. «Inoltre, preferisco pensare che lasciando accostato quel portone, potrei salvare la vita a qualcuno che si trova in mezzo a una tormenta, com’è successo a voi stasera. Non m’importa degli attrezzi.» «Lodevole da parte sua» intervenne Viola, annuendo compiaciuta. La luce del grande lampadario sfavillò un paio di volte. «Ahi!» esclamò Moreno. «Stiamo pronti con il generatore perché qua, tra poco, ci abbandona anche l’energia elettrica!» Giovanni si alzò e, dopo aver indossato la giacca a vento, si diresse verso la porta. Doveva essere abituato a situazioni del genere, e sapeva esattamente come muoversi.


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«Non rischiamo di rimanere al freddo, vero?» chiese Veronica, un po’ allarmata. «No, stia tranquilla signora. Se non ci fosse nessuno in albergo, potrebbe anche accadere, ma finché l’acqua continua a girare nelle tubature, è molto improbabile che succeda una cosa del genere» la rassicurò Moreno. Mentre loro parlavano, gli giungevano le chiacchiere della compagnia che si era spostata al bar; la discussione non doveva ancora essere terminata, perché udirono Manuel dire a Jenny: «Smettila di bere! Non vedi che sei fradicia e dici solo cazzate?» «Cazzate le dirai tu! Mi fumo l’ultima sigaretta e poi vado in camera. Appena riesco a sentire i miei, poi vediamo chi dice delle cazzate! Se decidi di dormire da un’altra parte, mi fai solo un piacere.» «Aria di tempesta fuori e dentro l’albergo…» asserì il maresciallo. Moreno guardò in lontananza i giovani, con disappunto, e spiegò: «Quando iniziano a bere è un macello, e qui succede abbastanza spesso. Se l’umore è alto non c’è problema, magari si diventa un po’ molesti ma va bene; ma se è nero come stasera, sono guai. Per un Capodanno una coppia di sposi ha iniziato a litigare in modo imbarazzante davanti a tutti. Io e mia moglie non sapevamo più a che santo votarci» sorrise, poi si voltò a cercare Giulietta. «Francesca, ma dov’è Giulietta?» Francesca arrivò dal bar, attraversando l’ingresso. «Penso che sia in ufficio. L’ho vista entrare lì prima, mentre andavo a fare i caffè ai ragazzi.»


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«In ufficio a quest’ora? Penserà che se salta la luce è perché non abbiamo pagato la bolletta! Tranquilli, tranquilli, le bollette sono a posto!» rise di gusto. Giulietta tornò nella stanza, trafelata. «Mi hai chiamata, Moreno?» L’uomo la guardò un po’ preoccupato. «Tutto bene, tesoro? Sei bianca come un cencio, sembra che tu abbia visto un fantasma!» «Ma no» lo rassicurò lei, tenendosi una mano sullo stomaco. «Probabilmente ho preso freddo. Sai dov’è Giovanni?» «È andato a controllare il generatore; è molto probabile che presto debba entrare in funzione.» Giulietta annuì. «Io mi faccio una limonata e poi vado in cucina a dare una mano a Vincenzo. Forse è il caso di spostare tutto nel congelatore grande e spegnere l’altro. Se vedi Giovanni, per favore, mandamelo: ci sono da spegnere tutte le luci non indispensabili» disse, poi guardò i quattro amici e sorrise prima di congedarsi. «Vi auguro una buona serata, signori!» Stefano salutò a sua volta la donna, ma colse un’espressione indecifrabile nello sguardo di Moreno. Che fosse preoccupato per il mal di stomaco della moglie? «Mi sa che Elia inizia a essere stanco» gli comunicò Veronica, prendendo in braccio il piccolino. «A che ora dobbiamo scendere per la colazione?» chiese poi a Moreno. «Scendete pure quando volete! Dalle 07:00 in poi, siamo operativi» sorrise cordiale. «Buona notte signori, vedrete come si dorme bene nel nostro albergo!» )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD


INDICE

CAPITOLO 1................................................................................ 5 CAPITOLO 2.............................................................................. 13 CAPITOLO 3.............................................................................. 20 CAPITOLO 4.............................................................................. 29 CAPITOLO 5.............................................................................. 34 CAPITOLO 6.............................................................................. 40 CAPITOLO 7.............................................................................. 45 CAPITOLO 8.............................................................................. 52 CAPITOLO 9.............................................................................. 58 CAPITOLO 10............................................................................ 68 CAPITOLO 11............................................................................ 75 CAPITOLO 12............................................................................ 77 CAPITOLO 13............................................................................ 81 CAPITOLO 14............................................................................ 86


CAPITOLO 15............................................................................ 96 CAPITOLO 16.......................................................................... 104 CAPITOLO 17.......................................................................... 107 CAPITOLO 18.......................................................................... 110 CAPITOLO 19.......................................................................... 114 CAPITOLO 20.......................................................................... 117 CAPITOLO 21.......................................................................... 126 CAPITOLO 22.......................................................................... 136 CAPITOLO 23.......................................................................... 139 CAPITOLO 24.......................................................................... 143 CAPITOLO 25.......................................................................... 152


AVVISO NUOVI PREMI LETTERARI La 0111edizioni organizza la Quinta edizione del Premio ”1 Giallo x 1.000” per gialli e thriller, a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 31/12/2022) www.0111edizioni.com

Al vincitore verrà assegnato un premio in denaro pari a 1.000,00 euro. Tutti i romanzi finalisti verranno pubblicati dalla ZeroUnoUndici Edizioni senza alcuna richiesta di contributo, come consuetudine della Casa Editrice.



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