L'Arvicola, Rose Madonia

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Inuscitail28/4/2023 (14,50euro)

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ROSEMADONIA L’ARVICOLA

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L’ARVICOLA

Copyright©2023ZerounoundiciEdizioni

ISBN:978-88-9370-607-0

Copertina: Immagine Shutterstock.com

PrimaedizioneAprile2023

A chi mi incoraggia ogni giorno: loro sanno. Rose

Esistono solo quattro storie al mondo, e noi le riscriviamo, di continuo. JorgeLuisBorges

Internogiornodiundipintoaolio.

La luce filtra da una finestra esterna al quadro, e colpisce alcunefigureintalmododisposte.

Tre adolescenti al centro, il volto seminascosto da ciuffi di capelli. Uno di essi indossa jeans a zampa di elefante e un maglioncino aderente. Gli altri due, un ragazzo e una ragazza, portano invece pantaloni larghi, a vita bassa e un berretto calato sugli occhi. La ragazza tiene in grembo un animaletto, uncriceto,forse.

Alla loro destra una coppia di coniugi con abbigliamento baroccoinoro,pelleevelluto.

I tre maschi, pur chiaramente appartenenti a periodi storici diversidialmenoventianni,hannolostessosguardoceruleo.

Asinistrauncompuntosignorecongliocchiali.

Dietro di essi, uno specchio nel quale è riflessa l’immagine di una donna con una fascia colorata tra i capelli, e quella di uomo in tuta blu da meccanico. Lo specchio è illuminato da unafiamma:sembrauna candela,maaunapiùattentaanalisisi rivelaessereunaccendinodiacciaio.

PROLOGO

Su una parete, una fotografia ritrae tre ragazzi in bicicletta ai piedi di un monumento, e alcune pagine del quotidiano Il Mattino, cheparlanoditrafficodidrogaeincendi. Da una finestra sullo sfondo s’intravede la collina del Vomero, dall’altra un volo di tucani non su una spiaggia tropicale, come cisiaspetterebbe,masuPonteMilvio.

CAPITOLO1

NINADELFABBRO,VEDOVAMOLINARI

La signora Del Fabbro si affacciò dalla grande terrazza dell’attico sul Vomero e aprì il pacchetto di Marlboro Gold

Touch, osservandone l’eleganza delle scritte in argento. Sembravano disegnate apposta per le donne come lei. Il contrasto cromatico del segno grafico e delle rifiniture, simili a quelle di un’automobile di lusso, rispecchiavano ciò che era riuscitaacostruirenella propriavita.

Il nero del mare di malaffare, nel quale aveva navigato, fiero, suo marito Federico, un criminale dalla doppia esistenza economica e familiare, a cui non era mancata l’esperienza in nessun campo della malavita, non solo cittadina, ma da Milano a Trapani. L’argento nel quale aveva protetto con le unghie e conidentiiquattrofigli elalorovitasociale.

Insilenzio,duebracciafortilaavvolseroappoggiandosialei.

«Mammabella»dissepoiilfiglio,convocedolce. Ninasorrise.«Com’èandataascuola,Giò?»

«Qualcheguaioinmatematica,malorecupero,ma’.»

«EconilprofessorGuarnieri?»

Il suo viso s’illuminò. «Quanto mi piace, sai? Stamattina L’OrlandoFurioso.Loascoltereiperore.»

«Conchiseistatooggi?»

Giòsistrinsenellespalle. «Conisoliti,econGreta.»

La donna fece una smorfia di disappunto. «Non ci andare in casa diquella. Chellaè’nabonaguagliona1 , ma suopadrenon lodevifrequentare.»

«Sìmamma, ’osaccio2 .» Sorrise,suomalgrado.

«Vattiapreparare,checeneandiamodaRoberto.»

«Eunbaciononlovuoi,ma’?»

Nina sorrise e gli prese il viso tra le mani. «Un bacio dalla vita mia, Giogiò, quanto ti sei fatto bello! Ti vedesse papà dopo

tutto questo tempo, sono passati quasi diciotto anni dall’incendio…»

Il ragazzo le diede un bacio, poi sorrise e si divincolò dalla sua stretta. «Vado mamma, che sennò mi metto a chiagnere pur io!3 »

Rimasta sola, Nina con una smorfia aspirò afondo il fumo acre della cicca consumata e poi la spense nel posacenere agganciatoallaringhiera.

Nella sua famiglia tutti, uomini e donne, avevano sempre fumato, anzi, il contrabbando di sigarette era stato fonte di

1 Quellaèunabravaragazza.

2 Loso.

3 Piangerepureio.

sostentamentopertuttii piccirilli4 chevenivano almondoanno dopoanno.

Sua nonna Dunetta si era pure specializzata nella vendita di sigarette con il sovrapprezzo dello sfizio, e questo a poco a poco aveva avviato alla prostituzione tutte le ragazze di casa. La particolarità di quello smercio era la ricerca del pacchetto, da parte dell’acquirente, tra le vesti della venditrice: nel reggiseno, nel reggicalze, o in posti ancora più reconditi, pagando il giusto. Da lì alla richiesta di altre prestazioni, il passoerabreve.

I signori napoletani avevano scelto dapprima la nonna di Nina per togliersi le voglie che a casa non era loro concesso di soddisfare, poi con il tempo, le sue figlie e nipoti. Tutte belle e formose come le pizzaiole dei film neorealistici, esplicite e provocanti. Molte di esse riuscivano a far innamorare e sposare quello che allora veniva chiamato “buon partito”. Uomini moltopiùgrandicheleavrebberoreserispettabiliericche. Tra le nipoti di nonna Dunetta, Nina fu forse l’unica a sposarsi per amore. Scelse Federico Molinari, il capoturno della drapperia. Molto più grande di lei, un malamente, lo sapevano tutti, arricchitosi con il traffico spietato di eroina, sfruttatore di ragazzine, amante del lusso, ma dall’apparenza rispettabile e l’eloquio accattivante. Nina se ne innamorò, cercandone la protezione sotto le sue spalle grandi e gli occhi azzurri. Che fossebelloerafuoridiscussione.

4 Bambini.

Gli assicurò una famiglia il più possibile tradizionale. S’impegnò nel dare una buona educazione ai tre figli maschi che giunsero uno dopo l’altro. Avrebbe voluto riscattarli facendoli studiare, ma risultò troppo complicato dato che lei neppure era in grado di scrivere il proprio nome. Preferì mandarli a lavorare appena fu possibile. Lasciò che Federico proseguisseneipropritrafficiillecitiesperperasse granpartedi quello che guadagnava in automobili, orologi e catene d’oro, tradendoladicontinuo.

Nina sapeva anche che, in drapperia, lui aveva una specie di favorita, che nessun altro poteva toccare, una messicana di nomeAdela,conunfiglioall’incircadell’etàdeisuoitre.

Tanto poi Federico a casa tornava, e guai a chi mancasse di rispettoaleieairagazzi.

Non era poi male vivere così, in una sfera trasparente, forse di plastica e non di cristallo, ma al sicuro nel sostentamento e con lasensazionediforzacheognifamigliaunita concede.

OgniseraNinaaspettavailmaritoeloviziava,ancheacostodi essere maltrattata e apostrofata con frasi arroganti: «Nina, spicciaticonlacena,chedevousciresubito.»

«Ragazzi, statevi zitti finché io sono a casa, non voglio sentire nessuno.»

«Non so a che ora rientro stanotte, tu pensa solo a prepararmi lacolazioneperdomattina.»

«Ogni tanto cercadi concludere qualcosadi buono, mipari’na babbasuna5,stiralimeglio’sticalzoni!»

Rare le parole d’affetto verso i figli, così diversi da lui, e quasi inesistenti verso Nina. A lei non importava più di tanto. Aveva scelto Federico per amore, ma poi protetto la propria famiglia con il raziocinio e la determinazione dell’apparenza sociale a tuttiicosti.

Dopotutto, di fronte ai conoscenti, lei era e rimaneva la moglie del capoturno, e guai a chi avesse provato a parlarne male o a infastidirneifigli.

A volte lui le regalava piccole cose che la rendevano felice: un braccialetto, un ciondolo, una spilla, una sera anche quell’accendino che ora teneva in mano, con la serigrafia di Marylin.

Fu la sera in cui concepirono Giogiò, una delle più felici della suavita.Federicodovevaaverconclusounbuonaffare.

«Stanotte festeggiamo, Nina mia, vi porto tutti a cena sulla terrazza di Posillipo. Tengo i figli più belli di tutta Napoli e la mugliera6 più rispettata. A noi!» aveva detto sollevando il calice di Aglianico, di fronte alla città illuminata e al Vesuvio severo. «Aisoldi,allabellavitaeagliamici.»

Poi, a casa, pieno di vino e quasi privo di senno, la amò languidamente, chiamandola per nome e ripetendole “Ti voglio beneNinamia”.

5 Scemotta,ingenua,nonmoltosveglia. 6 Moglie.

Se su qualcosa, dunque, lei era sicura di non avere rimpianti, era l’avere accettato e amato Federico senza pretendere altro cheluinonpotessedare.

L’amore vero non è forse incondizionato e totale? Non preferisce tacere anziché approfondire? Non vuole solo il bene dell’altro,acostodipatiretradimentiebugie?

Un’idea di certo antiquata e di pura sottomissione, eppure sono decine e decine i matrimoni che si reggono sul predominio mentale di un coniuge sull’altro, senza peraltro causarne l’infelicità.

Ora, per Nina, dopo così tanto tempo, finalmente il cerchio si erachiuso;ognisituazioneritornatanelcassetto giusto.

Giogiò ormai adolescente, la sua soddisfazione; i tre più grandi, imprenditori di buon livello, in grado di farle raggiungere e mantenere il tenore di vita che aveva sempre sognato.

Sapeva di non essere del tutto benvoluta tra le famiglie di buona tradizione, ma suo figlio lo sarebbe stato. Iscriverlo al Liceo Lombardo Radice era stata una bella scommessa per i quattro Molinari, eppure avevano deciso che fosse giunto il momentodicambiarementalitàestiledivita.

Federico, con i suoi modi grezzi, legato solo al denaro, non lo avrebbe mai permesso: per lui, lo studio erano tempo e soldi sprecati. Ma Federico era morto lacerato nell’incendio alla drapperia.

Quando ritrovarono il suo cadavere semi carbonizzato, agganciato come un vitello da scuoiare, le braccia spalancate come in una crocifissione, aveva ancora in tasca le chiavi del lucchetto generaleelacernieradeipantaloniaperta.

Un’immagine blasfema,strazianteesporca.Eravolatoinariaa causa dell’esplosione ed era ricaduto così. Ai suoi piedi due cadaveri e i resti irriconoscibili di altri tre, tra cui un accendino identicoaquellocheavevaregalatoaNina.

Era senz’altro di Adela, tanto che anche Sossio Guarnieri lo riconobbe,facendodichiarareufficialelamortedellamoglie.

Gli altri resti furono attribuiti a due ragazzi, apprendisti in fabbricaeforsegiàcoinvoltidall’uomoinaffariilleciti.

Se qualcosa di buono Federico aveva fatto per i suoi figli, era stato accettare che non venissero coinvolti nel giro della malavita. La moglie lo aveva convinto a sistemarli in attività oneste,pressoalcuneofficinedellazona. Non convinta dai referti medici e dalla relazione del comandante Mancuso, per arrivare a una conclusione su cosa fosse successo la notte dell’incendio, su chi fosse presente in fabbrica, sui resti umani trovati, sui motivi dell’esplosione, Nina aveva dovuto indagare per conto proprio, tramite le numerose conoscenze. Non era stato un incendio causato da quel maledetto accendino serigrafato o da qualche miccia casuale, ma una specie di ordigno con un acceleratore d’infiammabilità.

Non un incidente ma un piano studiato da qualcuno esperto di reazioni chimiche, che aveva innescato le fiamme e si era dato alla fuga. Adela forse, che poi, a causa della sua mente troppo confusa,potevaesservirimastaintrappolata.

Ninasospettava anchechequalcuno odiasselafabbricaechivi lavorava, e che avrebbe ricevuto un vantaggio di qualche tipo da quel disastro: ad esempio Sossio Guarnieri, che infatti era sparito poco dopo il riconoscimento della moglie. Un uomo tranquillo,machissàquantosoffrivaperquelladonnabalordae lasuarelazioneconFederico,cheerasullaboccaditutti.

Nell’officina meccanica di cui era titolare, egli aveva di certo a disposizionele piùdisparatesostanzechimiche,eneconosceva lapericolosità.

Tral’altro,comeavevafattoanascondereleproprietracce?

Doveva essersi intascato buona parte dell’assicurazione, tanto che il figlio era costretto a lavorare con il misero stipendio di professore.

Nina fece avviare subito le ricerche di Sossio, ma tacque su quantoandavaapocoapocoscoprendo.

In quegli anni da vedova, s’innamorò del piccolo Giogiò e lo protesse ancor più degli altri figli, perché sarebbe cresciuto orfano di un padre che, al di là di ogni diceria, avrebbe sempre dovutocredereesemplare.

Giorgio ebbe di rado dei sospetti sullo stile di vita del papà. Il suo nome era per lui come una litania da ripetere nei momenti di fatica, perché gli desse forza. Papà Fede, papà Fede, tanto

da volersi tatuare il suo nome sul braccio, insieme a un verso che glielo facesse sentire vicino. Per tutti era una frase di Fedez,perluilamanodiFedericocheloaccompagnava.

CAPITOLO2

RAPPORTOD’INTERVENTO

NapoliGianturco,10febbraio2005

Ilsottoscritto,MancusoMigliorino,responsabiledellasquadra n° 4 dei Vigili del fuoco di Napoli Gianturco, dichiara di essere intervenuto in data 10 febbraio 2005 alle ore 02:00, in Corso Magenta 77, presso la fabbrica Broccati&co su segnalazione del signor Cosmo Corsini, guardiano notturno in zona Gianturco, per un incendio sviluppatosi nel suddetto edificio.

Le nostre idropompe sono entrate in azione immediatamente, ma è parso fin da subito trattarsi più di una serie di potenti esplosionichediunsempliceincendioprogressivo.Arginatele fiamme più alte, si è provveduto all’ingresso in loco alla ricercadieventualisuperstiti.

Si sono invece recuperati soltanto tre cadaveri carbonizzati, uno dei quali infilzato all’arcolaio dell’impianto tessile, riconosciuto in seguito come Federico Molinari, capoturno

della fabbrica (la quale, però, in quel momento doveva essere chiusadatochel’aperturanotturnanonrisultaincalendario).

AltriduecorpiappartenevanoaidiciassettenniYuriDeBlasie Dylan Esposto, assunti da un anno con contratto di apprendistato.

Tra i reperti: un accendino di acciaio, identificato dai signori Aaron e Sossio Guarnieri come appartenente alla signora Adela Torres, madre e moglie dei succitati; si specifica che Aaron Guarnieri è ancora minorenne; un piercing nasale attribuibile al signor Carletto Digiovanni; un anello da uomo in oro bianco con brillante appartenente al quindicenne PatrickFerraro,fratellastrodelDigiovanni.

Digiovanni e Ferraro erano entrambi dipendenti della drapperia e scomparsi dopo l’esplosione, quindi forse consumatidallefiamme.

Di De Blasi, Esposto, Digiovanni e Ferraro sono noti i precedenti penali per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Molinari, noto alle forze dell’ordine per reati di diversa natura, non era invece mai stato posto in stato d’arresto. La Torres, incensurata, sposata Guarnieri e dipendente della drapperia, aveva detto al marito di doversi recareallavoroperilturnodinotte.

Dai rilievi effettuati in seguito, in loco, la prima esplosione è stata provocata da un reagente e da un acceleratore delle

fiamme, in quanto l’incendio non si è sviluppato in modo regolare,mapiuttostodainneschidisseminatiall’internodella fabbrica.Chihaappiccatol’incendiosièquindidatoallafuga dopo aver acceso la prima porzione di esplosivo, forse a sinistra dell’ingresso. Le altre esplosioni sono state immediate econsecutive.

Il materiale tessile èandato distrutto,come purei macchinari. Per quanto le fiamme potrebbero essersi scatenate per autocombustione o per disattenzione da parte delle persone presenti all’internodell’edificio,èstatoil reagenteacausarne la potenza. Si tratta dunque d’incendio provocato da un elementochimicocollocatoinmodovolontarioedolosodentro lafabbrica.

A parere del sottoscritto, è inutile cercare tracce di altro tipo, data la pressoché totale distruzione dell’edificio. Nel piazzale davanti all’ingresso della fabbrica sono state ritrovate tracce di cocaina, probabilmente utilizzata dai dipendenti della drapperiaall’uscitadelturnopomeridiano.

I segni di pneumatici analizzati nella stessa zona, sono di un pick-up Alaskan, anch’esso forse appartenente ai consumatori dicocainadellaseraprecedente.

Proprietariadell’edificioetitolaredelladittaBroccati&coèla societàKolomnaconsedeaMosca.

Faccio presente che l’intero quartiere è luogo di spaccio per i trafficanti.

Rimangoadisposizionepereventualichiarimenti.

Infede, ComandanteMigliorinoMancuso

CAPITOLO3

NINAEILPROFESSORE

Nina Del Fabbro aveva visto crescere i figli più grandi conoscendone le compagnie. Aveva accettato che frequentassero anche Aaron Guarnieri, pur sapendo chi ne fosselamadre.

Di lui aveva seguito i successi nella professione, ne aveva spiatoilineamentiperriconoscerviqualcosadiFederico.

Per Giogiò, invece, scelse lei stessa compagnie e studi. Unico contatto con la vita passata del marito, era rimasta Greta Solano, ma si trattava di una ragazzina buona e intelligente, puntodiriferimentonell’infanziaeadolescenzadelragazzo. Anche Aaron era rimasto solo, dopo l’esplosione, ma non dava maiavederedoloreodebolezza.

Nina si era pian piano informata, ed era venuta a conoscenza dell’appartamento che il professore aveva acquistato a Roma e del buon tenore di vita che teneva nascosto nella città d’origine.

Il dubbio che fosse figlio naturale di Federico lo ebbe fin da subito, quando da ragazzo frequentava la stessa comitiva del suoprimogenitoRoberto.

Ora, incontrandolo durante i colloqui scolastici, parlandogli, avvicinandosi, ne ebbe la certezza. Lo stesso modo scostante e superbodiguardarelepersone,glistessiocchiazzurri.

Aveva mostrato l’accendino uguale a quello di Adela, per coglierne il guizzo seguito dal dolore, per compiacersi di non esserel’unicaadaverpatitocosìtantodopol’incendio.

Fu allora che decise di vendicarsi, di scoprire chi, tra Adela, Sossio e Aaron, fosse il vero responsabile della morte di suo marito.

Sarebbe arrivato il momento, sarebbe arrivata l’ora. Non le mancavanostrumentieconoscenze.

CAPITOLO4

SOSSIOGUARNIERI

La famiglia di origine di Sossio Guarnieri, era di quelle che a Napolivengonoancoradefinite mieziprieviti,o bizzuocche7 .

Una mamma obesa dalla voce così lamentosa e monotona da sembrare una vittima del blues di Gertrude Ma Rainey, poggiato solo su tre tonalità: “siamo solo passeggeri su questa terra”, “sia fatta la volontà del buon Dio” e “possa il Signore schiudere” (ebbene sì, aveva anticipato di poco un popolare romanzodistopico).

Vivevano di abitudini rassicuranti: qualsiasi cosa accadesse era risoltaconflemmaticarassegnazione.

Figlio unico, quel nido era stato per Sossio protezione e stimolo a fare tutto per il meglio, soprattutto a lavorare presto nell’officina al posto del papà dopo l’incidente che gli aveva amputato le gambe, anche se questo era considerato destino, e nessuna rabbia trapelava dalla voce degli anziani coniugi Guarnieri.

7 Con riferimento a persone che hanno familiarità, o frequentazioni abituali conlapropriaparrocchia.Letteralmente“mezzipreti”.

In questo modo, contribuiva all’acquisto delle suppellettili in oro e porcellana di Capodimonte, con cui la mamma riempiva scaffali e vetrinette, e alla vita piuttosto agiata che la famiglia conduceva.

Non gli mancava nulla, se non una mina vagante tra le braccia diquellastellataestivaallo ShakerClub.

Lei non stava bene, barcollava, non si capiva se fuggisse da qualcuno o se errasse senza cognizione. Lui se la ritrovò di fronte con i suoi occhi da lupaoaxaca, la fascia cangiante sulla frangetta orizzontale e una delle gonne più corte che avesse maivisto.

L’aveva già incontrata molte volte quella ragazza dalla pelle scura, e orafinalmente eraquasi trale sue braccia. Perla prima volta nella sua vita con una donna, fu tentato d’infilarle la manoinmezzoallecosceperattirarlacontrodiséebaciarla.

Per lei era normale, facevano tutti così, a quei tempi era consuetudine che l’uomo ci provasse sempre, anche con le ragazze cosiddette “perbene”. Di rado Adela diceva di no, non ne era capace. Tutta la rabbia era incanalata contro la famiglia Torres, che le aveva strappato le radici, e mai contro uno dei tantinemicichespessoincontravasenzarenderseneconto.

Sfortunatamente per entrambi, Sossio cacciò via quel desiderio sensuale e prepotente, e si limitò a chiedere il suo nome. In questomodo,siconvinsediaverlatuttapersé.

«SonoAdela»sipresentòlei,conunsorriso.

«EioSossioGuarnieri.Vieni,tiaccompagnoacasa.»

Sossio amava impostare la propria voce per affascinare le donne, lo faceva spesso anche in officina e soprattutto al telefono. Pur avendo uno sguardo seducente dovuto ai grandi occhi dolci e castani da vitello, la muscolatura ben definita dall’uso degli attrezzi pesanti dell’officina, le spalle che sembrava lacerare il camiciotto azzurro, e le mani grandi e rassicuranti, era solito conquistare chi aveva accanto con la tranquillità che era in grado di trasmettere, atteggiandosi a uomosucuipotersemprecontare.

Era stato un bambino molto amato, e questo gli aveva lasciato la sensazione di avere il mondo ai propri piedi, e che lo stesso mondomaiavrebbeavutomotivodiferirlo.

Sossio Guarnieri, in città, era diverso da tutti, anzi, quasi l’opposto, nel senso che vedeva bellezza e bontà ovunque. Il grande alloggio di Via Montesanto, nel quale era rimasto a vivere dopo la morte dei genitori, accresceva la sicurezza di sé e la certezza di meritare un futuro invidiabile. Si sentiva come l’anellodellacatenachesispezzaetrasformaognimaledizione in benedizione. Da lui sarebbe partita l’eredità dei momenti felicienonsoloquelladeltrauma.

Amava la sua semplice casa con i souvenir sui ripiani, gli angolinipreferitiincuisedersi.

Invece, per Adela, quegli angolini sarebbero diventati una prigionequandorimanevasola.

Inbrevetempo,dopola sorpresaappagante diaverequalcunoa cui badare e su cui fare affidamento, lei tornò a essere

insofferente, con la paura di venire scoperta nelle sue mortali fragilità.

A Sossio, per tenersela accanto, non rimase altro da fare che accettarne la caparbia autodeterminazione a distruggersi, fingere di non sapere, farla ridere nei rari momenti in cui lei glielo permetteva, e prendersi cura di Aaron. Soprattutto, non parlare mai di Federico e ingoiare l’odio che provava per lui, ripudiandodeltuttol’amiciziacheliavevalegatidabambini.

Fineanteprima.

Continua…

NOTADELL’EDITORE

In questo libro sono presenti riferimenti (sia personaggi, sia accenni alla trama) al romanzo “Insania” di Claudio Fabbrini, pubblicatodalla0111Edizioniindata30giugno2022.

La casa editrice ci tiene a rassicurare i lettori del fatto che l’autore ha fornito il suo consenso per l’inserimento di tali citazioni, per cui copyright e proprietà intellettuale del romanzooriginalesonotutelati.

CAPITOLO1 NINADELFABBRO,VEDOVAMOLINARI..............11

CAPITOLO2 RAPPORTOD’INTERVENTO ..................................20

CAPITOLO3 NINAEILPROFESSORE.........................................24

CAPITOLO4 SOSSIOGUARNIERI..............................................26

CAPITOLO5 TREAMICI ...........ERRORE.ILSEGNALIBRONONÈ

DEFINITO.

CAPITOLO6 ADELAERRORE.ILSEGNALIBRONONÈDEFINITO.

CAPITOLO7 AARON................ERRORE.ILSEGNALIBRONONÈ DEFINITO.

CAPITOLO8 LADOPPIAVITADELPROFESSORGUARNIERI ................................ERRORE.ILSEGNALIBRONONÈDEFINITO.

CAPITOLO9 ILLICEOLOMBARDORADICE...............ERRORE.IL SEGNALIBRONONÈDEFINITO.

CAPITOLO10 LADRAPPERIA...ERRORE.ILSEGNALIBRONONÈ

DEFINITO.

INDICE PROLOGO...................................................................................9

CAPITOLO11 TRACCE.............ERRORE.ILSEGNALIBRONONÈ DEFINITO.

CAPITOLO12 UNRIFUGIOCOMEUNALTRO..............ERRORE.IL SEGNALIBRONONÈDEFINITO.

CAPITOLO13 GRETAEGIORGIO ERRORE.ILSEGNALIBRONON ÈDEFINITO.

CAPITOLO14 ROMA, L’ULTIMANOTTE ....................ERRORE.IL SEGNALIBRONONÈDEFINITO.

CAPITOLO15INVENDITA ........ERRORE.ILSEGNALIBRONONÈ DEFINITO.

CAPITOLO16 L’ARVICOLA......ERRORE.ILSEGNALIBRONONÈ DEFINITO.

CAPITOLO17 L’INCENDIO.......ERRORE.ILSEGNALIBRONONÈ DEFINITO.

CAPITOLO18 ITORRES...........ERRORE.ILSEGNALIBRONONÈ

DEFINITO.

CAPITOLO19 CERCHICHESICHIUDONO ..................ERRORE.IL SEGNALIBRONONÈDEFINITO.

CAPITOLO20 CITTÀDELMESSICO-NAPOLI............ERRORE.IL

SEGNALIBRONONÈDEFINITO.

CAPITOLO21 SULLASPIAGGIA ERRORE.ILSEGNALIBRONONÈ

DEFINITO.

EPILOGO..................ERRORE.ILSEGNALIBRONONÈDEFINITO.

NOTADELL’EDITORE ...............................................................30

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