Pragma, Alessandro Reale

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In uscita il 2 /12/20 (15, 0 euro) Versione ebook in uscita tra fine dicembre 20 e inizio gennaio 202 (5,99 euro)

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ALESSANDRO REALE

PRAGMA

ZeroUnoUndici Edizioni


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PRAGMA Copyright © 2020 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-427-4 Copertina: immagine a cura dell’Autore Prima edizione Novembre 2020


Alla redazione di 0111 Edizioni per la fiducia, il sostegno e la professionalitĂ A mio figlio Davide



5

1.1

Avevano frugato dappertutto nell’appartamento del rinomato cardiologo Matteo Polegus. Fu trovato riverso sul letto, vestito, con gli occhi chiusi, come se stesse dormendo. Invece era morto. Tre colpi di pistola, uno allo sterno, uno alla spalla sinistra, e il terzo, quello fatale, in fronte, esattamente al centro. Virgilio era arrivato subito, aveva fatto tardi la sera prima al pub con il collega Gavinus, un evento che avrebbe preferito evitare, ma rimandava da tanto e alla fine, per non essere scortese, aveva ceduto, anche se gli sarebbe piaciuto restare a casa a guardare un film, andando a dormire presto come al solito. L’avevano svegliato alle tre di notte, era abituato. Essere detective del Dipartimento della Milizia Urbana di Latina Polis Primis, significava avere molto lavoro e poco tempo per svolgerlo, vista la quantità di reati commessi, e non essere pagato abbastanza per quello che faceva. Guadagnava poco per le sue esigenze e per i suoi meriti. Aveva risolto già sette casi di omicidio nel primo semestre, nessuno aveva un rendimento migliore del suo nella Milizia. Latina Polis Primis, dopo la Grande Guerra del 2245 era diventata una delle tre Polis Primarie degli Stati Uniti d’Europa, che si dividevano il vecchio continente nelle rispettive aree di competenza. La Polis aveva da anni superato i dieci milioni di abitanti e un quorum sales, cioè un volume di movimentazione economica annua, superiore ai tre miliardi di Conius, la moneta che aveva sostituito il disastroso euro dopo centoventi anni. A Latina Polis Primis, detta anche brevemente LPP, aveva sede la Synapsys Corporation, azienda leader nel campo biomedico. La loro ricerca era arrivata a risultati epocali per il genere umano. Quello più clamoroso fu la creazione dei neuroni artificiali. I neuroni generati in laboratorio, molto più efficienti e di durata pressoché illimitata, potevano sostituire quelli danneggiati nell’organismo umano. La Synapsys Corporation, dopo aver creato per anni protesi perfette per ogni arto, muscolo, osso o tessuto, era arrivata a modificare, curare e


6 potenziare l’organo più prezioso e complesso: il cervello. A questo punto, con un cervello che poteva essere rinvigorito a volontà, l’eterno sogno dell’immortalità sembrava finalmente raggiunto. Ma con la clonazione delle cellule umane, l’uomo diveniva sempre più una copia di se stesso, e come in ogni duplicazione l’originale si poteva perdere di vista, che fosse quella copia, o la copia di una copia, a spingersi verso l’eterno, oltre il tempo, e non l’individuo, che volendo sconfiggere la morte aveva dato inizio a tutto, non sembrava avere importanza. Rimaneva solo un inquietante dubbio di sottofondo per chi voleva cercare il pelo nell’uovo. Raggiungere l’immortalità non era semplice: i neuroni artificiali erano di facile uso, poteva impiantarseli chiunque, seguendo il manuale d’istruzioni, sostituendo automaticamente quelli danneggiati, ma erano cari e in pochi potevano acquistarli. Come sempre nella storia dell’umanità, i più ricchi ambivano a una vita lunga e salutare, eterna se si fossero potute prevenire anche morti accidentali o violente, come quella di Matteo Polegus. Il proiettile di una pistola spappolava facilmente anche i neuroni artificiali. Nella cassaforte mancavano proprio quelli: Virgilio aveva trovato l’inconfondibile custodia viola e nera della Synapsys Corporation contenente le fiale di Neurosys, il composto che generava i neuroni artificiali. La custodia era vuota, sotto tre mazzette da cento Conius, che erano rimaste lì, senza destare l’interesse dei colpevoli. Nella cassaforte c’era il terminale di connessione telematica che permetteva di accedere alla rete globale ed effettuare ogni genere di operazione, tenendone traccia. Inserì la sua chiave Codex, il documento di sintesi personale che, nel suo caso, aveva i diritti di accesso di detective della Milizia, e avviò lo scarico dei dati che durò pochi secondi. Il tecnico della scientifica tornò da lui per dirgli che i colpi non potevano essere stati esplosi da una distanza maggiore di due metri, altrimenti la loro potenza avrebbe permesso ai proiettili di oltrepassare il corpo, invece erano ancora tutti lì dentro. Virgilio l’aveva già capito, pur non essendo un tecnico balistico, aveva l’esperienza necessaria, acquisita sul campo, per accorgersene con un’occhiata. Lo lasciò parlare, gli piaceva il suo lavoro e aveva bisogno di dimostrarlo a qualcuno, soprattutto al miglior detective della Polis. Aggiunse che in tarda mattinata, dopo l’autopsia, gli avrebbe potuto dire il tipo di arma e molte altre cose utili all’indagine. Virgilio lo ringraziò e rimase a osservarlo mentre lui e altri tre agenti finivano i rilievi del caso, prendendo misure, rovistando tra i mobili, esaminando finestre, porte, e ogni altro oggetto. Poi li accompagnò, assicurandogli che avrebbe messo lui i sigilli


7 all’appartamento: sarebbe stato compito loro ma a lui piaceva rimanere solo nel luogo del delitto per raccogliere quelle informazioni che spesso erano determinanti nella soluzione del caso. Non era una procedura corretta ma lo lasciavano fare: il suo intuito era eccezionale e aveva bisogno di essere lasciato libero, a costo di infrangere le regole. Al Dipartimento della Milizia Urbana avevano una gran fiducia in lui: Xavier Picard, il Centurione Capo, colui che comandava l’intera struttura, lo riteneva il migliore dei detective. Era orgoglioso delle sue capacità e gli voleva bene come se fosse suo figlio. Cercava di non darglielo a vedere per tenerlo sempre sulla corda, efficiente e motivato, ma era convinto che il giorno della pensione, non lontano, sarebbe stato lui a sostituirlo. Virgilio attese, seduto per terra davanti al letto sfatto, dove la sagoma lasciata dal cadavere portato via emanava l’odore tagliente del sangue. Fumò una sigaretta e bevve metà del contenuto della sua fiaschetta portatile: whisky irlandese preso allo spaccio della Milizia. Passata mezz’ora si affacciò alla finestra, accertandosi che fossero andati via tutti, poi prese la custodia vuota della Synapsys Corporation e i trecento Conius. Si mise in tasca i soldi e si guardò attorno un’ultima volta: era tutto a posto. Uscì, applicò i sigilli alla porta d’ingresso e si allontanò a bordo della sua Tesla X13. Prima di tornare a casa, si fermò davanti al vecchio mercato annonario abbandonato, sapeva che, riparato dell’atrio davanti al portone d’entrata sigillato, dormiva un senzatetto con il suo carrello pieno di vestiti e oggetti rimediate dalla spazzatura. Prese dal cassetto del cruscotto la Glock 936, una pistola molto diffusa ma non la sua preferita. Lui aveva una Glock 121, un gioiello di precisione per cui aveva risparmiato molto prima di poterla acquistare e registrare come arma d’ordinanza alla Milizia, ma ne era valsa la pena. Scese dall’auto, si avvicinò a lui e gli diede due leggeri colpi sulla spalla: dormiva, non c’era rischio di svegliarlo. Prese un maglione puzzolente e infeltrito dal carrello e ci avvolse i trecento Conius, poi lo rimise al suo posto; mise nel carrello anche un pacchetto di sigarette, nuovo, ancora da scartare, e la pistola. Risalito in macchina, raggiunse Via Cicerone e fu a casa. Era mattina, aveva a disposizione un paio d’ore di sonno prima di essere di nuovo al Dipartimento per i risultati dell’autopsia.


8 Mentre saliva le scale, l’anziana signora Dotmann lo salutò col suo sorriso cordiale e la voce sottile, lui rispose con la solita cortesia e attese che lei gli dedicasse qualche parola, come faceva sempre. «Anche stanotte abbiamo finito tardi, signor Lang? Oppure è il giorno che non le basta? Magari il tempo fosse come desideriamo, o forse non sapremmo cosa farcene, così abituati a farci comandare da lui» lo guardò con malinconia, l’esile figura ancora più piccola rannicchiata sulla borsa a cercare le chiavi di casa. Parlare con lei era sempre una piccola fuga dalla normalità. Alla signora Dotmann piaceva discorrere di cose poco pratiche e molto profonde. Virgilio l’aveva in simpatia, sentimento che provava per pochi, forse per nessuno. «Il tempo non passa mai o non ne abbiamo abbastanza per fare quello che vogliamo? Se dipendesse da noi, non avremmo più scuse ma sarebbe tutto più difficile. Accorgersi di essere responsabili di noi stessi è impegnativo.» «È un piacere parlare con lei, signor Lang. Posso chiederle una cortesia? Ho problemi con l’androide di casa: si spegne di continuo, non interpreta i comandi vocali, spesso rimane ore a lavare i piatti, sempre lo stesso piatto se non ce ne sono altri. Sono sicura che lei sappia come ripristinarlo.» «Posso provare, signora. Dev’essere un problema al sistema operativo, ma ho bisogno di vederlo.» «Allora, quando ha un po’ di tempo libero, sarei lieta di invitarla per un tè» sorrise soddisfatta. «Certo, volentieri» Virgilio si allungò verso le scale. La signora Dotmann era riuscita trovare le chiavi e la porta si aprì, lasciando filtrare il tepore della casa, misto all’odore di minestra già pronta per il pranzo. «Grazie, signor Lang, lei è una persona gentilissima. Le auguro una buona giornata. Abbia cura di sé.» «Buona giornata anche a lei, signora Dotmann.» L’appartamento di Virgilio era in un gran disordine, come al solito. Aprì la cassaforte, sistemò le tre fiale di Neurosys nella custodia che aveva recuperato e la richiuse. Andò a letto senza cenare, non ne aveva voglia. Trovava conforto nel silenzio del suo appartamento, nel buio appena rischiarato dalle luci lontane della strada. Gli piaceva non sentire alcun rumore, alcuna voce. Soltanto lui e l’idea di aver portato a casa un altro po’ del suo tesoro.


9 Al momento di prendere sonno, i pensieri gli si accavallarono disordinatamente nella testa. Sperava di aver rimediato agli errori commessi e si riprometteva di fare di meglio in futuro. Il pensiero che la mattina seguente avrebbe trovato il solito numero eccessivo di esseri umani al Dipartimento della Milizia lo metteva in ansia. Dormì appena tre ore, la mattina arrivò subito. Si preparò velocemente e scese in strada. La sua Tesla X13 era lì sotto ad aspettarlo, lucida e decisa come lui. Accomodarsi lì dentro gli dava conforto e lo rassicurava, effetto di un’auto che gli piaceva tanto. Guardando la strada oltre il parabrezza osservava il suo quartiere: il Vecchio Villaggio Trieste era sempre più in degrado. Le strade erano dissestate, i locali che erano stati negozi, ristoranti, officine e tanto altro, avevano le vecchie saracinesche sbarrate o murate, sporche e ammuffite che andavano a cancellarsi nei colori confusi dei lunghi muri scrostati. Le abitazioni erano abbandonate per metà, pochi umani erano rimasti e molti androidi di serie inferiore, il ceto sociale più basso. Era il vecchio centro storico: la circonvallazione, il Piccarello e il Villaggio Trieste, il quartiere Isonzo, la zona dello Stadio Francioni e alcune di cui non si ricordavano più neanche i nomi, erano state bonificate, rase al suolo, per far spazio ad avioporti e centri di alimentazione. Era affezionato al suo vecchio quartiere, che gli permetteva di avere esigui rapporti sociali: a parte la signora Dotmann, non aveva occasione di parlare con altri umani, e gli androidi salutavano per educazione dialogando solo se interpellati. Non cercava persone con cui condividere il tempo libero, che era poco e preferiva occupare da solo, senza distrazioni. Il Dipartimento della Milizia sorgeva nel quartiere Q489, l’attuale centro nevralgico della città, popolato da uffici, attività commerciali e abitazioni di lusso, i cui residenti erano uomini benestanti dotati di androidi evoluti. La viabilità era garantita da strade perfette, la sicurezza dalla costante presenza delle forze dell’ordine. Delle originarie abitazioni di modeste dimensioni rimaneva poco: svettavano alti grattacieli dalle forme più diverse, uno skyline mozzafiato ammirabile da lontano, fin dalle valli romane e dal golfo di Gaeta. Chi si avvicinava alla Polis ne poteva ammirare la grandezza molto prima di


10 essere sul posto. L’edificio del Dipartimento della Milizia era tra i più alti, solido e massiccio, ovale, assomigliava a un ananas meccanica, con le finestre a oblò che ne riempivano la superficie. Virgilio parcheggiò al terzo livello sotterraneo, al posto riservato ai detective della sezione omicidi, e salì con l’ascensore fino al settimo livello, dove c’era la sua postazione nell’openspace dedicato. Odiava quello spazio aperto che opprimeva la sua indole solitaria e asociale. Quella promiscuità di persone che parlavano tra di loro anche quando non era necessario, per salutarsi e dire cose inutili, gli era insopportabile. Se avesse potuto, li avrebbe costretti a parlare solo per scambiarsi le necessarie informazioni sulle attività lavorative. Accese il computer e Gavinus gli rivolse subito la parola dalla postazione davanti alla sua, tra di loro c’era solo un sottile divisorio di plastica rifinito in alluminio, e i monitor dei computer. Potevano guardarsi in faccia e parlare quando volevano, per Virgilio era faticoso da accettare. Gavinus era lì da quattro anni, ed era riuscito, giorno dopo giorno, a prendere confidenza con lui, non molta, certo ma sempre più di chiunque altro. Virgilio si era dovuto rassegnare alla sua presenza, e al fatto che per lui fosse difficile restare in silenzio per molto tempo. Costretto dall’espansività del collega, si era dovuto aprire un po’. «Ciao Virgilio. Com’è andata ieri dallo strizzacervelli?» Gavinus sorrideva, gli occhi chiari e vispi, il viso lungo con la barba fatta di fresco, il fisico asciutto. Attento nel vestire con eleganza minimale, gentile nei modi, il collega sapeva come porsi. Un po’ invadente, ma riusciva sempre a entrare subito in confidenza con la gente. A Virgilio le sedute di psicanalisi dal dottor Primus, alla Sezione Sanitaria Interna, erano state imposte dal Dipartimento, nell’ambito del programma di recupero psicologico post traumatico a seguito dei fatti di Sabaudia. Non c’era – e questo gli dava molto fastidio – nessuna forma di privacy, per saperlo bastava sbirciare nell’agenda del server centrale. Gavinus non si era fatto gli affari suoi, era fatto così. «Andata come tutte le volte. Per fortuna era l’ultima seduta» rispose a fatica. «Non credo che possa servire a molto raccontare i fatti propri a uno sconosciuto. Un androide, per giunta. Non ci sono esseri umani che possono fare quel lavoro stupido? Io ad esempio sono curioso di natura. Amo farmi gli affari degli altri» con una risata troppo rumorosa accentuò l’irritazione di Virgilio.


11 «La Milizia pensa che professionalmente gli androidi siano migliori in quel ruolo. Sanno analizzare i dati, sono programmati con tante di quelle informazioni scientifiche che un umano metterebbe una vita per studiare, non dimenticano niente, hanno in memoria una banca dati di casistica immensa, e non si fanno coinvolgere emotivamente e personalmente. Nonostante tutto questo, l’ho trovata la solita esperienza noiosa e frustrante. Non mi piace andarci. A cosa vuoi che serva raccontare di quando ero piccolo e mio padre m’insegnava ad andare in bicicletta ma cadevo sempre quando lasciava il manubrio? Oppure può aiutarmi ripensare alla prima ragazza che ho baciato? Ricordare quanto fossi entusiasta quando passai la selezione per entrare alla Milizia mi aiuta a sbattere dentro qualche criminale? Tempo perso. Sono stato obbligato ad andarci, non l’ho deciso io.» Se non fosse stato irritato per l’invadenza di Gavinus, e se non fosse stato già introverso di suo, avrebbe aggiunto che quelle sedute non servivano neanche a fargli passare le tremende emicranie, i momenti di depressione, la voglia di isolarsi, il fastidio che provava nel parlare con la gente o, peggio, ad ascoltarla. In quel momento con il suo collega stava raggiungendo i massimi livelli d’insofferenza. Gavinus aveva preso a parlare delle sedute di analisi, una faccenda che Virgilio pensava delicata e privata, senza un minimo di discrezione, senza badare che qualcuno potesse sentirli. Qualcuno che non avesse già controllato sul server della Milizia, avrebbe pensato che non ci stava con la testa. E già non era molto benvoluto. Si allungò sulla sedia, appoggiandosi sui braccioli tentando un improbabile stretching. Si allungava da fermo non potendo mandare al diavolo il collega e correre via, come avrebbe voluto. «Tutta l’eccellenza biogenetica di un androide di ultima generazione, sprecata a fare un lavoro inutile che può fare anche un umano. Che importanza ha se lo fa peggio? Tanto non serve a niente» osservò Gavinus. «Se ci sentisse Xavier, ci darebbe dei bifolchi ignoranti.» «Sicuro. Per lui la scienza prima di tutto. La psicanalisi è una scienza, vero?» «Credo di sì. Comunque è una cosa che si studia, questo basta a Xavier perché sia sacra, e a mandarci in punizione per eresia.» «Ma tu l’hai mai letto un libro?» Gavinus sbraitò un’altra risata sguaiata.


12 «Dai, adesso non esagerare. Qualcosa la leggo anch’io. Non mi dispiace. E tu? Davvero non ne hai mai aperto uno?» «Lasciamo perdere» Gavinus sospirò come se non volesse svelare un segreto tremendo. Teatralizzava sempre. Voleva essere sempre al centro dell’attenzione, per questo ci teneva a sembrare più ignorante di quanto fosse in realtà. Poi andò a prendere due tazze di caffè dal distributore vicino, porgendone una a Virgilio che ne aveva un gran bisogno, ancora non si era svegliato del tutto. Magari era nervoso per quello. Gavinus sapeva come trattarlo, anche con piccoli gesti come quello riusciva a smussarne gli spigoli e ammorbidirlo un po’. «Altro omicidio, ieri. Come sei messo con le indagini? Sospetti?» gli chiese, tirandosi indietro il ciuffo di capelli dalla fronte, con noncuranza. «Lo sai che non dovrei parlare con te di questo? Non stiamo indagando insieme su questo caso» borbottò Virgilio. Voleva comunque tenerlo a distanza, non bastava una tazza di caffè. «Andiamo, senza i miei consigli saresti pieno di casi irrisolti. Com’è andata l’ultima volta? Ricordi?» «Solo perché sei più bravo di me con i computer. Non dovevi fare il detective ma il programmatore, senza il computer non sapresti trovare il gatto di casa. Comunque ho qualcosa che può aiutarmi stavolta. Ho trovato un codice di tracciamento bancario nella cassaforte della vittima.» Prese dalla tasca della camicia il Codex e lo inserì nel computer per scaricare i dati degli ultimi movimenti del conto corrente di Matteo Polegus. «Vuoi che ti aiuti?» «No, grazie. Da quando ho fatto il corso obbligatorio del Dipartimento, riesco a usare il computer anch’io. Pensa che l’altro giorno mi hanno fatto ripristinare un androide andato in blocco. Non credevo che ci sarei riuscito. E sono stato anche bravo, senza l’aiuto di nessuno.» «Non ho parole. Ho quasi paura di quello che sarai capace di fare adesso» Gavinus lo stuzzicò. Apprezzava del suo collega che, anche se non gli piaceva essere preso in giro, non si arrabbiava mai con lui. Nella lunga lista di attività che comparve sul monitor, spiccava il prelievo di trecento Conius effettuato la sera prima dal bancomat vicino la residenza della vittima. Quello che Virgilio sperava di trovare, era stato fortunato. Salutò Gavinus, promettendogli che l’avrebbe stupito per la rapidità nel risolvere il caso, e andò alla sezione scientifica ad ascoltare la relazione


13 del tecnico, quello che gli aveva già detto che la vittima era stata uccisa da due colpi di una pistola esplosi da vicino. Gli disse che l’arma era una Glock 936, molto performante e di larga diffusione. Il decesso era avvenuto tra le ventitré e le due di notte, la vittima non aveva lottato per difendersi. Il colpevole aveva rovistato dappertutto, con metodo, la sua era stata una ricerca scrupolosa, non dettata dalla rabbia, dal coinvolgimento emotivo. La vittima era stata uccisa per un motivo ben preciso, che non era emozionale. Virgilio ascoltò anche altri dettagli che non gli interessavano, attese con pazienza che il tecnico della scientifica finisse la sua relazione, prendendo appunti che riteneva inutili sul Codex, infine ringraziò per l’ottimo lavoro e lasciò la sede della Milizia.


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1.2

Il vecchio centro storico, anche se in degrado, era ancora molto popolato. Quella mattina il sole filtrava a fatica dalla cappa nebbiosa sul cielo plumbeo, la strada era piena in gran parte di androidi che acquistavano generi alimentari da cucinare per gli umani. Gli androidi erano classificati in serie con lettere dell’alfabeto in ordine decrescente, a seconda della loro complessità, efficienza ed evoluzione. Quelli domestici arrivavano fino alla serie E, e avevano comportamenti preimpostati, con alcune caratteristiche variabili a seconda delle esigenze. Gli androidi di serie superiore alla E, erano utilizzati per attività più complesse. Erano più performanti, con maggiore capacità di calcolo per i compiti che gli venivano assegnati, più forti fisicamente, avevano la possibilità di immagazzinare una mole maggiore di dati. Venivano programmati per svolgere funzioni particolari come psicologi, ingegneri avvocati. Era facile scambiarli per esseri umani. I modelli migliori, quelli di serie A, erano prodotti in pochi esemplari e costosissimi. A Virgilio faceva rabbia che alla Milizia venissero forniti soltanto elementi di serie E, mentre il top della produzione non rientrava nel budget imposto dalla Polis. Virgilio quando andava a fare la spesa, s’intratteneva spesso a parlare con gli androidi. Cosa che non faceva con gli umani. La loro razionalità, l’essenzialità nel linguaggio, l’educazione, lo facevano sentire a suo agio. Un androide l’aveva salutato cordialmente, augurandogli una splendida giornata. Virgilio, immerso nei suoi pensieri, lo guardava fisso mentre disponeva con metodo le buste della spesa sulla sua utilitaria, senza rendersi conto della propria indiscrezione. L’androide, sentendosi osservato, non aveva mancato di mostrarsi cordiale. Virgilio rispose al saluto con un sorriso ammiccante e si fermò, era tanto assorto che stava passando oltre la sua destinazione. Il vecchio mercato annonario abbandonato dov’era stato quella notte. Non c’era il senzatetto nell’atrio sbarrato, ma il carrello con le sue cose era lì, in un angolo. Non trovò neanche le sigarette e i Conius, la Glock 936 invece c’era


15 ancora, la prese e se la infilò nella tasca interna della giacca. Con il Codex fece una scansione del carrello, attivando il sistema di rilevamento di tracce umane: se qualcuno era stato vicino a quell’oggetto, se ne poteva ricavare il DNA, sapendo quante volte la persona era stata lì nell’arco degli ultimi dieci giorni. La presenza umana più frequente e costante fu registrata e il GPS ne rilevò il segnale a circa due chilometri di distanza, indicando il percorso per raggiungerlo. L’uomo che cercava si chiamava Viktor Pelser, trentasette anni, con reati di accattonaggio e ricettazione, senza fissa dimora ma frequentatore assiduo dello stabile occupato del Vecchio Villaggio Trieste, dove ne veniva rilevata l’attuale presenza. Quella era la sede del Comitato del Mondo Sommerso, un gruppo organizzato di dissidenti politici impegnati in attività sociali per il quartiere e propaganda anti governativa. Erano ben visti dalla cittadinanza e osteggiati dal governo della Polis, non gli si potevano imputare reati significativi, a parte qualche piccolo furto. Qualcuno diceva che quel posto fosse un centro di spaccio della droga di Leon Benitez Medina, ma la Milizia non era mai riuscita a trovare spacciatori nello stabile, e gli stessi occupanti assicuravano di vietare categoricamente a tutti di vendere o consumare metanfetamina lì dentro, quindi non si riusciva a ottenere una valida ordinanza di sgombero. Il Comitato del Mondo Sommerso era a due passi da casa sua, conosceva molte persone lì dentro, le aveva viste crescere prima che i loro destini si dividessero. Visualizzò la foto di Viktor Pelser sulla chiave Codex, trovata negli archivi della Milizia. Quel dispositivo era indispensabile per ogni cittadino della Polis, nessuno ne era privo. Conteneva i dati anagrafici, la scansione della retina, le impronte digitali, l’identificazione per l’assistenza sanitaria, l’abbonamento alle riviste olografiche e i siti web, e permetteva ogni tipo di transazione economica. Tutto passava per la chiave Codex che aveva abilitazioni e proprietà differenti da individuo a individuo, in base al lavoro, all’età, alla condizione sociale, alla fedina penale. Virgilio, essendo un detective, aveva accesso agli archivi demografici della Polis e della Milizia, poteva interrompere le comunicazioni di ogni genere creando campi magnetici di interferenza, disattivare ogni


16 tipo di androide a esclusione di quelli di serie A, per i quali bisognava avere un Codex di livello superiore. Lasciò la Tesla sotto casa, senza portarla nel garage sotterraneo, preferiva presentarsi allo Stabile occupato senza destare l’attenzione degli occupanti con la sua automobile. Si avviò a piedi, erano solo duecento metri lungo il percorso rettilineo di Via Cicerone. All’estremità opposta alla sua abitazione, la strada finiva davanti allo stabile occupato in via Virgilio, come il suo nome: il padre non aveva avuto molta fantasia quando andò a registrare all’anagrafe lì vicina la sua nascita. Prese spunto dal nome della via che stava percorrendo, non sapendo cos’altro inventarsi. Lo stabile, imponente e dimesso, era di mattoni rossi, scrostato, con buchi alle pareti, bandiere appese sui balconi, Virgilio varcò l’entrata principale, una saracinesca montata su quello che una volta era un ingresso molto più piccolo, uno dei molti che affacciavano sulla via, poi chiusi per lasciarne soltanto uno, in modo da essere più sicuro. Il ritrovo era ospitale con tutti e attraeva i malintenzionati, all’aumentare dei piccoli crimini e delle prepotenze, gli occupanti si erano organizzati per proteggersi, lasciando solo un ingresso principale e uno secondario sul retro, più grande, per far passare i veicoli dal vasto piazzale dove cresceva una vegetazione incolta e che spesso incastrava le auto in buche profonde. Virgilio perlustrò indisturbato il piano inferiore dell’edificio, senza essere notato da nessuno, quindi decise di chiedere informazioni a un androide. Non erano molti gli androidi nel Villaggio Occupato: oltre a essere costosi, gli antagonisti consideravano una forma di schiavismo avere un essere subordinato alle proprie volontà, anche se artificiale. Quelli presenti erano stati portati per motivi affettivi: molti li avevano prima di cambiare idea sul mondo e sull’ordinamento sociale, e non volevano liberarsene o distruggerli, gli sembrava di aggiungere crudeltà a crudeltà. Alcuni androidi, invece, erano stati abbandonati dai proprietari e avevano trovato asilo lì, alla stregua di un essere umano, liberi e non più subordinati a nessuno. Quando arrivò, vide un androide che stava lavorando a un buco nel pavimento, collegava dei cavi elettrici alle prese di connessione con sicurezza. Indossava una tuta blu, sporca di grasso, con cuciture gialle, scarpe antinfortunistiche e una maglia grigia. Quando si accorse di Virgilio alzò la testa bionda, aveva il viso pieno di rughe e le faccia arrossata dal sole. Virgilio ne dedusse che era stato impiegato anche per sistemare la copertura dell’edificio. Alla scansione col Codex risultò di


17 serie P: un androide adatto soprattutto alle attività manuali. Si chiamava Valis. «Buongiorno, Valis. Cosa stai facendo?» gli chiese. «Buona giornata a lei, signore. Sto analizzando l’impianto elettrico, a causa delle continue cadute di tensione, per poterlo riparare, se possibile» rispose l’androide, senza smettere di collegare cavi dentro la buca. «Pensi di riuscire a trovare una soluzione?» «Ho il settantacinque per cento di possibilità di successo. Per il resto potrebbe trattarsi di un problema per cui non ho le risorse necessarie alla soluzione. Farò del mio meglio.» «Vedo che sei esperto e capace, farai sicuramente bene.» «Grazie, signore» l’androide continuava a collegare e scollegare cavi, e Virgilio rimase a osservarlo. «Come posso aiutarla, signore?» Valis capì che Virgilio aveva ancora bisogno di lui, dato che se ne restava lì immobile. Intanto due uomini si erano fermati a guardare la scena dal fondo della stanza, seminascosti dietro i grandi contenitori in alluminio per alimenti. Virgilio era stato notato, e lui aveva notato loro, ma non aveva finito con Valis e gli mostrò la foto di Viktor Pelser sul Codex. «Hai visto quest’uomo?» Agli androidi non era possibile mentire, era una delle istruzioni del Protocollo Etico, primo software installato nel loro sistema operativo. «Sì, viene spesso. L’ho visto arrivare ieri sera alle 23:15 e andare al quarto livello» Valis indicò le scale di ferro che portavano ai livelli superiori «poi non l’ho più visto, dovrebbe essere ancora lì ma non ne sono sicuro: da ieri sera sto lavorando all’impianto elettrico, e se si è allontanato potrei non averlo notato.» «Magari è ancora al quarto livello» ipotizzò Virgilio, guardando su per le scale. «Lo considero probabile al sessanta per cento, signore. Altre volte è rimasto qui la notte per andare via il giorno seguente: nel novanta per cento dei casi l’ha fatto non prima delle dieci e trenta di mattina, adesso sono le nove e dieci, ci sono buone possibilità che sia ancora lì.» «Hanno incrementato il calcolo statistico nel tuo sistema operativo, vero? Bel lavoro, l’hanno fatto qui?» «Grazie, signore. Sì, ci sono umani nel Villaggio che sono ottimi programmatori. Mi sento in dovere di ringraziarli: la mia esistenza è


18 diventata più lineare e le mie scelte più sicure. Sono molto più efficiente di prima» rispose Valis senza nessun cambiamento espressivo nella voce. Per Virgilio era un piacere parlare con lui. Un umano non sarebbe mai stato così scrupoloso e gentile. «Ti hanno dato sicurezza in te stesso. Conoscenza, esperienza, calcolo statistico. Non è importante la fantasia o l’ispirazione, è solo una questione di costanza, analisi e determinazione. Non credi?» Valis fece un cenno d’assenso con la testa, la voce rimase monocorde ma voleva che fosse chiaro che non metteva in dubbio le parole dell’umano. «Se lo dice lei, signore. Non ho capito bene, ma mi fido, ha più capacità di giudizio di me.» I due uomini seminascosti in fondo alla stanza passarono oltre gli armadi e si avvicinarono alle spalle di Virgilio. Portavano giacconi verdi imbottiti da cui spuntavano pistole AK563, vecchi residui degli armamenti miliziani di vent’anni prima. L’uomo che gli si pose davanti, massiccio, con la faccia rotonda e la pelle scura, si chiamava James Wilson. «Buongiorno, signore. Possiamo aiutarla? A cosa dobbiamo la sua visita? Non ci risulta sia stato identificato all’ingresso.» Virgilio si volse verso di loro, mostrandogli il distintivo della Milizia sul Codex. «No, infatti non mi ha identificato nessuno: l’ingresso non era presidiato. A che serve creare degli accessi di sicurezza se poi li lasciate abbandonati?» L’uomo più alto, Pablo Rodriguez, la faccia scavata, la pelle giallognola, una cicatrice vistosa sulla fronte, gli indicò un banco accanto alla porta con un computer e, dietro, un individuo con la faccia poggiata sul tavolo che dormiva. «Non siamo un presidio militare, da noi può entrare chiunque, basta avere la gentilezza di farsi identificare. Il check-in è lì.» «Vedo, molto efficiente…» ghignò Virgilio. «La solita arroganza della forza pubblica?» lo rimbrottò Pablo. «Certo, fino ad arrestarvi entrambi se il discorso continua su questi toni.» Valis chiuse velocemente tre cavi nelle loro prese e si allontanò. James Wilson parlò con voce bonaria e diplomatica. «Ok, siamo partiti con il piede sbagliato. Possiamo aiutarla o fa da solo? Sappiamo che l’Ordinanza di Pubblica Sicurezza della Polis vi dà


19 la facoltà di accesso incondizionato a perquisire chiunque in qualsiasi spazio pubblico. Non è così?» «Bravo, e questo» approfondì Virgilio «in quanto stabile occupato abusivamente, rimane proprietà della Polis. Voi non avete titolo di stare qui ma ci state lo stesso, quindi ho il potere di guardare dove mi pare, perquisire e sbattere in galera chiunque. Sbaglio?» «No, è così» convenne James, rimanendo neutrale nell’espressione e sforzandosi di non dare a vedere l’insofferenza per l’atteggiamento di Virgilio. Pablo digrignò i denti abbassando lo sguardo sul pavimento. Virgilio mostrò loro la foto di Viktor Pelser sul Codex. «È ancora al quarto livello questo qui?» «Sì. È arrivato ieri sera, si è sistemato nella stanza 822 e dorme ancora, ci sono passato davanti poco fa» James guardò in alto verso le scale. «Bene, vado da lui, non mi serve più il vostro aiuto. Tornate a quello che stavate facendo e statemi lontano.» «Sarà fatto» James esitò un attimo mentre Virgilio fece per allontanarsi verso le scale che portavano ai livelli superiori, poi aggiunse: «Certo che il Centurione Capo Picard ha un bel dire che dobbiamo collaborare con le forze dell’ordine quando vi presentate con questa arroganza. Siamo noi il problema di sicurezza a Latina Polis Primis?» «Picard vi tratta troppo bene. Fosse per me avrei già chiuso tutto qui, e vi avrei mandato a calci in culo a trovarvi qualcosa di utile da fare.» «Quale fastidio diamo? Ti risultano attività criminose qui dentro? Ti risultano reati commessi dagli occupanti? La Polis ha un tasso di criminalità impressionante: traffico di metanfetamina, omicidi, corruzione, sono cose sotto gli occhi di tutti e su cui dovreste indagare, invece non fate niente, e il problema siamo noi? Perché siamo una comunità autonoma, che rifiuta il vostro sistema?» «Bellissime parole ma con me non funzionano. Le indagini diranno se siete veramente degli angioletti, io non ne sono convinto. Dobbiamo indagare meglio, hai ragione, e personalmente comincerò proprio da qui: verificherò se tutto è legale, se non c’è davvero traccia di attività criminali. Promesso.» «Siamo alle minacce. Picard dopo le belle parole, ha deciso di mandarci i cani sciolti?» ironizzò James, allargando le braccia. «Di cosa hai paura? Hai detto di essere pulito. Penso che il Centurione Capo abbia solo bisogno di un po’ di voti, ecco perché ci tiene tanto a voi, ma io non faccio parte del suo comitato elettorale. Non m’interessa


20 starvi simpatico, faccio solo il mio lavoro. Per me se Viktor Pelser dorme qui o all’Hotel de La Ville non fa differenza, mi serve lui.» «Niente di personale, quindi.» Virgilio inarcò le sopracciglia, fingendosi stupito. «Ci mancherebbe. Non mi state per niente simpatici, comunque, se vuoi saperlo. Sbattervi in galera non mi darebbe rimorsi.» James fece una smorfia amara. «Simpatico. Viktor è nei guai, quindi? Dobbiamo saperlo. Può sembrarti strano ma anche noi abbiamo un codice di comportamento e non possiamo farlo restare se ha fatto qualcosa di sbagliato.» «Voi non dovete sapere proprio niente, dovete soltanto lasciarmi lavorare. Comunque, d’ora in poi, non dovrete più preoccuparvi della sua presenza, state tranquilli.» Virgilio era stufo e troncò il discorso, poi prese le scale di ferro per i piani superiori, percorse le rampe piene d’immondizia incontrando solo un paio di androidi occupati a trasportare su e giù scatole di ogni genere, e arrivò al quarto livello. Viktor Pelser non era un criminale, sopravviveva grazie all’elemosina e alle cose che recuperava dalla spazzatura, per il resto aveva un carattere scontroso che al massimo produceva qualche rissa, quand’era ubriaco, con gli altri sbandati. Il massimo danno che aveva procurato era stato un naso rotto a uno che aveva insistito a polemizzare sulla sua squadra di calcio. Il giorno dopo gli aveva chiesto scusa, e si erano ubriacati di nuovo, ridendo e trattandosi da vecchi amici. Virgilio lo colpì fortemente in pieno volto. Viktor fece un balzo in piedi, terrorizzato. «Chi diavolo sei tu? Cosa vuoi? Come sei entrato?» balbettò confuso, aveva i capelli lunghi e arruffati, un grosso impermeabile marrone di due taglie più grande copriva il corpo ossuto, la barba rossa era piena di croste e sporcizia. Virgilio aveva sentito la sua puzza di sudore rancido appena entrato nella stanza. «Detective Lang della Milizia di Latina Polis Primis. Sdraiati a terra» gli puntò addosso la Glock 121. Viktor obbedì, ripetendo che non aveva fatto niente di male, che era uno sbaglio di persona. Virgilio si sedette su di lui affondando il ginocchio sulla sua schiena e facendolo urlare di dolore, poi lo frugò nelle tasche e da quella interna dell’impermeabile estrasse trecento Conius, trovò anche il pacchetto di sigarette mezzo vuoto. Si rimise in piedi e urlò sventolandogli in faccia le banconote. «Bene! E questi da dove vengono?»


21 «L’ho comprate al distributore qui sotto. È vietato fumare adesso?» gli chiese Viktor quasi piangendo, si era girato e seduto per terra. Virgilio con un calcio lo centrò ai testicoli, lui urlò ancora di dolore, cadendo ai suoi piedi. «Non mi prendere in giro! Sto parlando dei soldi!» «Li ho trovati nel mio carrello. Qualcuno stanotte li ha messi lì mentre dormivo.» «Mi prendi ancora in giro? Vuoi che ti rompa tutte le ossa?» «È vero! Lo so che è strano ma è successo proprio così!» Virgilio passò il Codex su ognuna delle banconote, i numeri di serie corrispondevano ai Conius rubati dalla cassaforte di Matteo Polegus, come lui aveva registrato nel verbale quella notte. Erano proprio quelli che aveva preso dalla cassaforte e lasciato nel carrello di Viktor. «Sei in arresto per l’omicidio di Matteo Polegus» disse con solennità «alzati con le mani bene in vista. Non ti sarà fatto del male, sarai portato al Dipartimento della Milizia, dove potrai chiamare un avvocato.» Viktor fece come gli era stato detto. «Tutto questo è assurdo! Deve esserci un malinteso, qualcuno vuole incastrarmi!» incredulo ma calmo, fece un passo verso Virgilio per consegnarsi a lui, pensava stesse prendendo le manette e gli porse i polsi, ma vide la sua mano infilarsi sotto la giacca. «Ho detto di non fare gesti inconsulti e stare calmo: non opporre resistenza!» Virgilio alzò la voce. Viktor sgranò gli occhi, si fermò e alzò di nuovo le mani. «Cosa dici? Andiamo al Dipartimento, uscirò da questa storia in qualche modo. Non devi ammanettarmi?» gli porse nuovamente i polsi. Non erano le manette che aveva in mano Virgilio ma la Glock 121. Esplose un colpo che centrò Viktor esattamente in piena fronte. Cadde morto all’instante, senza il tempo di fare un solo sussurro. «Ti avevo detto di non fare resistenza» disse sottovoce Virgilio con un sorriso. Poi compose il suo rapporto telematico che trasmise subito al Dipartimento, in sede ne avrebbe redatto uno più esteso e approfondito, come da procedura. “Il soggetto, vistosi scoperto per l’omicidio di Matteo Polegus, dava in escandescenze, tentava la fuga e, trattenuto, minacciava di uccidermi con una pistola Glock 936 puntandomela contro. Sono riuscito a disarmarlo e, al rifiuto del soggetto di arrendersi, mi sono visto


22 costretto a sparargli con la pistola d’ordinanza, provocandone il decesso. Prove inequivocabili della colpevolezza del soggetto, e approfondita descrizione degli eventi seguiranno nel successivo rapporto. Si richiede intervento di Unità Mobile Scientifica.” Inviò il messaggio con il Codex proprio mentre entravano nella stanza James e Pablo, accorsi dopo aver sentito lo sparo. Virgilio non si volse neanche a guardarli, parlandogli con voce piatta e annoiata gli spiegò la situazione: «Ha fatto resistenza e mi ha costretto a sparargli. Poco male, era solo un balordo disperato. Se avete qualcosa di cui liberarvi, da nascondere, o qualcuno da avvertire di non farsi trovare qui, fatelo entro dieci minuti: è il tempo che vi resta prima dell’arrivo della truppa. È la massima cortesia che posso farvi per la vostra disponibilità, spero l’apprezziate.» James e Pablo ringraziarono e sparirono, riscendendo ai livelli inferiori. Virgilio sistemò la Glock 936 accanto al corpo di Viktor, poi si accese una sigaretta e bevve due sorsi di whisky irlandese dalla fiaschetta portatile. Rimase a guardare fuori la vetrata polverosa l’ombra pallida del sole immersa nella fuliggine. L’aria era inquinata e la città era sempre stata umida, paludosa, fin da quando non contava niente, e nonostante ora fosse diventata una delle tre Polis Primarie degli Stati Uniti d’Europa, non c’era stato nessun cambiamento nella regolazione atmosferica com’era successo altrove, con amministratori più attenti. Un giorno forse qualcuno nel Consiglio della Polis avrebbe pensato a migliorare la qualità della vita, attuando una vera bonifica del territorio, come si diceva fosse successo secoli prima. Si diceva che una grande opera dell’ingegno umano avesse strappato quelle terre alla malaria e alle paludi. Se l’avevano fatto gli antichi, non capiva come fosse possibile non poterlo fare oggi, in una Polis che ambiva a essere l’avanguardia tecnologica dell’intero pianeta. Forse non era vero, era soltanto una menzogna della controinformazione. Purtroppo la Revisione Periodica delle Informazioni impediva di saperlo con certezza, e Virgilio non si sognava di mettere in discussione le disposizioni governative, sebbene gli sarebbe piaciuto saperne di più. L’evidenza era che, comunque, la salute dei cittadini non era una priorità per del Consiglio della Polis. L’importante era mantenere lo status di Polis Primaria europea, ed era possibile soltanto consolidando la supremazia economica. In tal senso la realtà più importante di Latina Polis Primis era la Synapsys Corporation e tutto l’indotto di piccole unità produttive a cui garantiva lavoro. La punta di diamante di


23 quell’azienda erano i neuroni artificiali, e lui ne aveva messe da parte altre tre fiale. Avrebbe dovuto ritenersi soddisfatto ma non lo era: erano stati commessi troppi errori, a cui aveva rimediato soltanto in parte. Ora, per sentirsi al sicuro, doveva uccidere ancora, ed era pericoloso. Era uno dei migliori detective del Dipartimento grazie alla determinazione, meticolosità , costanza e accanimento che distinguevano le sue indagini. Avrebbe fatto meglio a fare da solo, senza coinvolgere gente incapace. L’avrebbe tenuto sempre presente, da quel momento in poi.


24

2.1

Non si arrendeva mai Gavinus Kowalczyk. Più le persone gli facevano resistenza, più le lavorava ai fianchi fino a sfinirle, coinvolgendole con la sua loquacità e le battute brillanti, per conquistarsi fiducia e simpatia. Il Centurione Capo Xavier Picard lo considerava un bravissimo detective ma lo trovava invadente, a volte faticava a sopportarlo, dando così l’impressione di non considerarlo come meritava. Gavinus non ci rimaneva male e rimaneva sempre affabile, anche se gli avrebbe fatto piacere avvertire maggiore fiducia da parte del capo. Era convinto di non essere meno bravo di Virgilio che, a detta del Capo, era il migliore e Xavier aveva una sfacciata predilezione per lui. Gavinus era arrivato alla Milizia di LPP da quattro anni, trasferito dalla Legione Periferica di Roma Urbis, e si era ritrovato ad affiancare Virgilio alla Sezione Omicidi. All’inizio fu difficile per lui convivere con quell’uomo schivo e riservato, oltre a mettere a dura prova la sua pazienza, creava difficoltà sul lavoro. Virgilio non riusciva a lavorare di squadra e l’apporto di Gavinus nelle indagini rimaneva nell’ombra, essere il migliore nelle indagini e prendersi tutti i meriti era il suo modo di affermarsi tra la gente: non trovava altra maniera, visto che le persone lo evitavano e lui evitava loro. Gavinus era l’unico ad aver preso confidenza con lui, ma da un anno era stato spostato alla Sezione Antidroga. Xavier aveva capito che lavorava bene e meritava di più, e non era il caso di continuare a fargli sopportare lo scontroso collega, avrebbe potuto deprimersi, anche se sembrava impossibile con il suo carattere, invece Virgilio era fatto per lavorare da solo. Rimasero vicini di scrivania, in modo che almeno Gavinus potesse scambiare qualche parola, e controllare che non si alienasse troppo. Ubik, l’androide segretario del Dipartimento, quella mattina aveva ricordato a Gavinus l’appuntamento per l’intervista con la giornalista del News Runner, Dorota Dotmann. Il detective considerava quella donna una paranoica complottista ma Ubik, non trattenendo nella sua memoria artificiale quella definizione, di cui non trovava i presupposti logici, valutava seria e preparata la rappresentante dell’informazione


25 indipendente che gli aveva telefonato, e per questo le fissava gli appuntamenti nell’agenda del detective dove trovava tempo disponibile. Gli dispiacque doverle riferire che non poteva essere ricevuta, gli sembrava una sua mancanza, ma anche quella volta Gavinus, nonostante l’impegno preso, si rifiutò di vederla con la scusa di un incontro importante col Capo Milizia. Ubik si sarebbe preso una valanga di insulti, era la terza volta che Gavinus annullava l’intervista senza preavviso, ma non si sarebbe lamentato. Il Protocollo Etico stabiliva il comportamento di tutti gli androidi, volti a soddisfare le esigenze dell’uomo in tutto e per tutto. Il software preinstallato, in righe e righe di codice, stabiliva che un androide non poteva nuocere in nessuna maniera a un umano, non poteva attaccarlo, non poteva recargli alcun danno. Alla Milizia erano impiegati molti androidi, anche nelle operazioni sul campo. Un androide poteva essere determinante nell’arresto di un criminale, o nel fermare un’azione delittuosa, senza nuocere direttamente agli umani. Poteva opporre, ad esempio, una resistenza passiva restando immobile davanti al criminale ostacolandone la fuga, rendendo così più facile la sua cattura. Poteva anche afferrare il criminale e bloccarlo, a patto di non procurargli danno, e attendere l’arrivo dei miliziani umani. La resistenza passiva funzionava, la filosofia zen degli androidi poliziotti era un esempio di efficiente non violenza. Se poi si trattava d’intervenire contro altri androidi, perché anche i criminali ne erano forniti, potevano invece scontrarsi fino a danneggiarsi irreparabilmente. Ovviamente anche i criminali utilizzavano la resistenza passiva dei loro androidi nei confronti dei miliziani. Gli androidi di Leon Benitez Medina mettevano paura. Il potente narcotrafficante, che gestiva il mercato della droga a LPP da vent’anni, aveva a disposizione un imponente esercito di androidi di serie A, mentre la Milizia arrivava con pochi elementi alla serie E. Questo, spesso, metteva in difficoltà i miliziani e rendeva fallimentari le operazioni sul campo. L’amministrazione di LPP respingeva le richieste di rinnovo del parco androidi, adducendo il solito pretesto della mancanza di fondi, eppure androidi di serie A erano forniti al Sindaco e ad altri funzionari. I privilegi per i politici non erano una novità, c’erano sempre stati in tutte le epoche.


26 Gavinus, ogni volta che andava da Xavier Picard, non mancava di chiedere nuovi androidi più performanti e, davanti all’evidente insofferenza del capo, non si arrendeva, insistendo con testardaggine. Anche quel giorno andò a recriminarli. «Buongiorno, capo. Arrivati i nuovi androidi, vero? Scommetto che mi hai chiamato per darmi questa buona notizia!» Il Capo rispose con un cenno della testa e un sommesso borbottio, senza alzare lo sguardo dal computer. «È una gioia venire qui e trovarti commosso dalla felicità di vedermi. Quant’è che non sorridi?» Gavinus si sedette davanti a lui, la poltrona di pelle scricchiolò, come fosse l’unica ad accorgersi della sua presenza. «Di cosa dovrei essere felice? Che mi sfondi la sedia? Ti ho detto di fare piano quando ti siedi, che è vecchia e il Dipartimento non ha i fondi per rifarmi gli arredi dell’ufficio. Comunque stavo sorridendo proprio prima che tu entrassi, poi ti ho visto e ho cambiato umore» Xavier si sforzò di concentrare lo sguardo su di lui. Il bianco era padrone della sua faccia: la barba, i capelli, la carnagione. Era di corporatura robusta, anche sovrappeso, sembrava un babbo natale triste e annoiato, l’espressione assorta che non lo lasciava mai, poteva essere sonno o un’infinita saggezza, a seconda delle giornate. «Detective Gavinus Kowalczyk, smettiamola di volerci bene, non è necessario nel nostro lavoro.» Gavinus accavallò le gambe e replicò ironico: «Ok, grande capo. Sono pronto a odiarti e andare a piangere alla Disciplinare, se necessario.» Xavier alzò gli occhi al cielo e cercò di scandire bene le sillabe. Quando qualcuno gli dava noia, tendeva ad abbassare la voce e unire le parole in un borbottio strascicato. «Non capisco come puoi non essere mai triste: ne avresti tanti di motivi. Lasciamo perdere, aggiornami su Medina. Sicuro che dobbiamo insistere sul carico di droga in arrivo?» «Ci siamo» Gavinus ricompose il suo aspetto professionale. Basta battute stupide: aveva buone notizie per il suo capo. «Il carico arriverà domani, quattrocento chili di metanfetamina. Un cargo di Medina approda a mezzogiorno al porto della Ex Centrale Nucleare. Blocchiamo questo rifornimento e gli manderemo in crisi gli affari. Stavolta proviamo a mettere su un impianto accusatorio abbastanza forte da lasciarli in galera, senza che i loro avvocati li facciano uscire il giorno dopo come al solito.»


27 Xavier si rianimò e gli passò anche l’insofferenza per le battute di Gavinus. «Spero sia la volta buona. L’informazione è sicura?» «Al cento per cento. Medina come al solito non ci sarà, manderà i suoi aiutanti, i fratelli Cordero. Prenderli e farli confessare sarà una bella batosta per lui. Li spremeremo per bene e riusciremo a farli collaborare. Mi servono almeno quattro agenti e una decina di androidi.» «Una decina…» sorrise Xavier «un miracolo se arriviamo a sette. Ormai è più facile destinare umani alle operazioni sul campo, piuttosto che androidi. Ne abbiamo quattro fuori uso e ventisette in riparazione. Mancano i ricambi, e le certificazioni di efficienza non vengono rilasciate perché i tecnici di controllo non si fidano dei nostri riparatori.» «Possibile che non riusciamo a rinnovare la dotazione di androidi? Non possiamo permettercene nemmeno uno di serie A?» chiese ancora Gavinus. «Vuoi farmi ridere? Quelli non ce li passeranno mai. Ce ne sono solo una decina nel governo della Polis e neanche uno assegnato alla Milizia.» «Guardie del corpo del Sindaco e degli alti funzionari. Le risorse per acquistarli non dovrebbero esserci anche per noi?» Xavier tornò insofferente, gli dispiaceva reagire così, ma il suo detective era troppo insistente. «Come sei idealista, Gavinus. Non ti conoscevo sotto questo aspetto.» «Come faccio a fermare gli androidi di Medina? I nostri barattoli di latta gli faranno il solletico.» «Conta sul fattore umano: scegli gli agenti migliori. Poi ci sei tu, ti affido le indagini perché sei bravo, anche a farti bastare quello che abbiamo in dotazione.» «Non so se sentirmi lusingato o preso in giro. Comunque sei sicuro che questi androidi di serie A di Medina, siano conformi al Protocollo Etico?» «Ancora con questa leggenda metropolitana? Ti ripeto che è impossibile che un androide possa attaccare o nuocere in qualsiasi maniera a un essere umano. Il Protocollo Etico è il primo programma che viene installato negli androidi, che siano delle caffettiere a ultrasuoni o gli esemplari più avanzati. Non essere paranoico, Gavinus.»


28 «Eppure c’è chi giura di averli visti aggredire degli umani. Ti ricordi quell’agente morto lo scorso anno?» rintuzzò il detective. «L’inchiesta ha dimostrato che il colpevole era un umano che si fingeva un androide.» «Inchiesta, a detta di molti, condotta da miliziani e pubblico ministero corrotti.» «Io credo nell’onestà dei miei uomini, fino a prova contraria.» «Davvero sei sicuro che nella Milizia non ci sia corruzione?» Xavier si lasciò andare sulla sedia, sconfortato, quella discussione per lui era solo una perdita di tempo. Erano cose risapute, non era così ingenuo da credere che la Milizia fosse un’oasi di onestà, tutt’altro. «Non ho detto questo. Il discorso sarebbe lungo… ma a cosa serve parlarne in questo momento?» Gavinus si rese conto che non era certo col suo Capo, ligio al dovere e anche troppo idealista, che doveva prendersela. Sospirò e abbozzò un sorriso. «Hai ragione, e spero tu abbia ragione anche riguardo al Protocollo Etico degli androidi di Medina. Ma se li avesse modificati togliendogli quel limite? Per questo mi fai indagare sulla Synapsys? Oppure sto indagando su quell’azienda per il Neurosys? Mi hai messo sulle tracce dell’azienda che produce sia gli androidi sia i neuroni artificiali: di cosa devo preoccuparmi?» «Se credi siano gli androidi, sei fuori strada. Il loro sistema operativo ci garantisce la massima sicurezza. Indaga sul Neurosys, per adesso non posso dirti di più.» «Il cervello degli androidi funziona meglio, quindi» rispose Gavinus «mi sembra quasi una dichiarazione di resa, un’abdicazione alla razza del futuro: l’uomo sintetico, l’androide dalla mente prodigiosa.» «È il cervello umano che non possiamo programmare prima di nascere, e questo comporta tanti problemi. Nonostante tutto, ancora non lo conosciamo quasi per niente» Xavier si accese l’ennesima sigaretta. Non aveva voglia di fare i soliti discorsi. «Quindi siamo capaci di inventarci da zero il cervello degli androidi e farlo funzionare bene, e non siamo capaci di far funzionare quello degli uomini. Non ti sembra assurdo?» Puntualizzò Gavinus. Xavier era stufo. «Sì, è così. Mi sembra assurdo tanto quanto il fatto che noi due riusciamo a pensare e parlare. Ma non mi va di scendere nella filosofia da bar: sono un uomo pragmatico e ho una certa quantità di narcotrafficanti da arrestare in questo momento.» «Hai mai pensato che, rendendoli sempre più sofisticati, questi androidi un giorno si aggiusteranno da soli, si renderanno sempre migliori,


29 arriveranno a crearsi i loro neuroni artificiali – se non lo fanno già, o se non c’è qualcuno che lo fa per loro – e si toglieranno definitivamente dai coglioni noi umani?» «Certo, e non vedo l’ora. Avrò molti problemi in meno. Ci pensassero gli androidi ad arrestare i narcotrafficanti.» «Sei un disfattista, capo» Gavinus si piegò in avanti sulla sedia con un sorriso ironico. Xavier si protrasse verso di lui per niente intimorito, con disincanto. «Sono ottimista, invece. Sono convinto che gli androidi sapranno fare le cose meglio di noi. Ma adesso, prima che succeda, perché ci vorrà qualche centinaio di anni, tocca a noi fare ordine e portare avanti la baracca.» «Sarebbe noiosa la vita fatta solo di androidi: sono così banali e scontati. Fanno e dicono solo il giusto e necessario.» «Perché li abbiamo programmati così. Il giorno che faranno da soli saranno migliori di noi, potrebbero avere fantasia e ingegno a noi inconcepibili. Li abbiamo fatti banali per non sentirci stupidi, ma quando non avranno più voglia di farci sentire migliori di loro, potrebbe cambiare tutto. Avremo bisogno di usare veramente il cervello, se vorremo sopravvivere.» Gavinus tacque un attimo, poi lo guardò sorpreso. «Dici sul serio? Mi metti paura…» «Idiota che sei: sempre a dire fesserie e non ti accorgi quando ti prendo in giro!» rise Xavier. Gavinus rispose alla sua risata ma rimase un po’ inquieto per il cinismo del capo. Non era da lui. «Non ti pensavo tanto acuto, non finisci mai di stupirmi. A proposito della Synapsys, in quel dossier che mi hai dato non c’è un nome, è pieno di omissis. Riporta informazioni di pubblico dominio che sanno già tutti: il Neurosys è un farmaco in grado di generare neuroni artificiali che sostituiscono quelli morti, o danneggiati, è senza controindicazioni e di facile assunzione. Davvero semplice, troppo a mio parere. Quanto può essere credibile? Che prove abbiamo che sia innocuo? Se il corpo avesse crisi di rigetto? Se i neuroni artificiali invecchiassero prima di quelli organici? Certo, li si potrebbe sostituire nuovamente. Oppure no? Quante volte l’organismo umano può assumere quel farmaco? Ma questo, in fondo, non riguarda le mie indagini. Sono perplesso quando leggo la lista dei nomi delle persone che hanno acquistato il farmaco. Perché ce l’hanno data?»


30 «Sono i pochi clienti facoltosi che possono permettersi di acquistare il Neurosys.» «Non vogliono far sapere la composizione del farmaco, dove lo fanno, chi ci lavora, ma ti hanno dato la lista di chi lo compra. Cosa ti fa pensare?» «Quello che hai capito tu» Xavier picchiettò sulla scrivania come per dire che non c’era bisogno di dirlo. Gavinus mosse il capo in segno d’assenso. «Sono preoccupati per i loro clienti. Si rivolgono alla Milizia perché sono in pericolo.» «La settimana scorsa, un uomo che era su quella lista è rimasto ucciso durante una rapina. Potrebbe essere un caso oppure no» confermò Xavier. «Magari qualcun altro è morto prima di lui e non è l’unica vittima. Forse la gente che acquista il Neurosys muore, invece di vivere più a lungo grazie ai neuroni artificiali. C’era anche Matteo Polegus sulla lista, quello su cui sta indagando Virgilio, l’avevi notato?» «No, non ho controllato ma Virgilio ha trovato il colpevole: potremmo essere a una svolta.» A Gavinus scappò una smorfia infastidita. «Quel senzatetto? Non credo sia lui l’assassino. Come poteva sapere quel disperato che Polegus aveva il Neurosys? Magari non sa neanche cosa sono i neuroni artificiali. Questo è il lavoro di una persona determinata ed esperta.» Xavier fece roteare le mani in aria per liberarsi di ogni possibile polemica riguardo Virgilio. Gavinus era geloso del collega e lui non aveva voglia di preoccuparsi anche di quello. No, quella mattina aveva già troppo a cui pensare. «Staremo a vedere cosa dice Virgilio.» «Impressionante come ci abbia messo così poco a risolvere il caso» Gavinus non era convinto e Xavier doveva saperlo. «Non ti fidi di lui? È il miglior detective che abbiamo.» «Allora perché hai affidato a me l’indagine sulla Synapsys? Perché non a lui?» «Sei geloso?» Xavier si accigliò, la barba bianca arruffata si piegò alla sua smorfia preoccupata «mi serve la tua diplomazia e discrezione su quel caso: la Synapsys ufficialmente non è indagata per nessun crimine. Virgilio è troppo diretto, ostinato, potrebbe creare dei problemi.» «Ti serve qualcuno che lavori senza sapere su cosa e perché, vero? E hai scelto me perché non sono capace di mandarti a quel paese.» «Più o meno. Non sei contento della fiducia?» Xavier sorrise a pieni denti.


31 «Più mi fai i compimenti e più mi sento preso in giro. Ho l’impressione che non mi dici tutto sulla Synapsys» Gavinus lo fissava negli occhi per vedere quanto fosse convinto di quello che diceva. Xavier resse lo sguardo per un po’, poi si alzò, e in silenzio andò alla finestra a guardare la Polis, sporca e cinerea. Gavinus non capiva perché il capo si aspettasse che lui fosse più accomodante del collega, come se valesse di meno. «Potrebbe capitare anche a me di pestare i piedi a gente troppo importante. Non sono sempre accomodante, soprattutto se esserlo va a discapito del lavoro» aggiunse con soddisfazione. «È una minaccia?» Xavier s’intimorì, un po’ sorpreso. «La banale verità, piuttosto» Gavinus sorrise «stavo pensando di andare alla sede della Synapsys, magari riesco a farmi dire qualcosa di più. Chiederò di parlare con l’amministratore delegato.» «Lascia perdere. Mi hanno già detto che non hanno dichiarazioni da fare.» «Come sarebbe a dire? Sono io a voler informazioni da loro.» «Non hai capito: non vogliono darci altre informazioni. Quello che hanno da dire sta tutto in quel dossier.» «Fantastico, capo. È una gioia lavorare con te che mi apri anche le porte del paradiso.» «Fatti bastare quello che hai. Non posso aiutarti di più, mi dispiace. Sta arrivando Virgilio con il rapporto su Pelser, sicuro di non voler restare?» Gavinus fece un cenno infastidito con la mano, alzandosi dalla sedia. «No, grazie. Piuttosto definiamo l’operazione di domani all’Ex Centrale Nucleare.» Scelsero gli agenti, i migliori che avevano a disposizione, e mandarono le convocazioni per la mattina seguente, poi informarono l’officina di preparare per l’indomani i sette androidi rimasti, incrociando le dita affinché non ci fossero problemi tecnici a decimarli. Xavier, rimasto solo, prese un libro dal cassetto della scrivania. Erano rimasti in pochi, negli Stati Uniti d’Europa, a leggere e collezionare quei testi antichi e introvabili. Aveva pagato mille e cinquecento Conius una copia rarissima di “Furore” di Steinbeck. S’immerse nella lettura, accarezzando con le dita quella carta ingiallita e macchiata. Leggere era un rito rilassante che lo riportava alla sua placida natura, lo rasserenava.


32 Preoccupazioni e ansia si scioglievano dentro di lui, lasciando spazio a un torpore compiaciuto, uno stato di meditativo benessere. Gavinus era un bravissimo detective, l’aveva scelto per quello e non aveva potuto fare altrimenti, quindi sapeva che era rischioso affidargli quell’indagine. Si augurava non arrivasse troppo lontano con la sua testardaggine e il suo fiuto investigativo. )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD


INDICE

1.1 ................................................................................................... 5 1.2 ................................................................................................. 14 2.1 ................................................................................................. 24 2.2 ................................................................................................. 33 2.3 ................................................................................................. 43 2.4 ................................................................................................. 48 3.1 ................................................................................................. 53 3.2 ................................................................................................. 58 3.3 ................................................................................................. 64 3.4 ................................................................................................. 70 4.1 ................................................................................................. 76 4.2 ................................................................................................. 85 5.1 ................................................................................................. 93 5.2 ................................................................................................. 99


6 .................................................................................................. 107 7.1 ............................................................................................... 119 7.2 ............................................................................................... 124 7.3 ............................................................................................... 127 8.1 ............................................................................................... 131 8.2 ............................................................................................... 137 8.3 ............................................................................................... 141 8.4 ............................................................................................... 145 9.1 ............................................................................................... 155 9.2 ............................................................................................... 165 10.1 ............................................................................................. 173 10.2 ............................................................................................. 180 10.3 ............................................................................................. 186 10.4 ............................................................................................. 191 11.1 ............................................................................................. 194 11.2 ............................................................................................. 197 11.3 ............................................................................................. 200 11.4 ............................................................................................. 211 12.1 ............................................................................................. 220 12.2 ............................................................................................. 225


AVVISO NUOVO PREMIO LETTERARIO La 0111edizioni organizza la Terza edizione del Premio ”1 Giallo x 1.000” per gialli e thriller, a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 31/12/2020) www.0111edizioni.com

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