L'amore di Lucia, Mario Filocca

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MARIO FILOCCA

L’AMORE DI LUCIA

ZeroUnoUndici Edizioni


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L’AMORE DI LUCIA

Copyright © 2021 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-522-6 Copertina: immagine Shutterstock.com Prima edizione Gennaio 2022


L’AMORE DI LUCIA



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CAPITOLO 1

Antonia da cinque minuti è bloccata davanti allo schermo del suo PC: ha smesso di navigare e la sua noia si è di colpo trasformata in attenzione intensa, accoppiata a una strana eccitazione. La scritta che da cinque minuti legge e rilegge è così formulata: “Maschio sessantenne piacente, cerca giovane lesbica per rapporto profondo”. Più lo legge e più il messaggio le sembra sibillino e ambiguo: chi può averlo scritto? Antonia, fidando nella sua acutezza, la stessa con cui affronta con successo ogni situazione, analizza il messaggio parola per parola, certa di poter definire la personalità di chi l’ha scritto. Il solito porcone? Esclude per il momento tale ipotesi. Chi l’ha scritto è sicuramente un etero, ma come può pensare, in quanto tale, che una lesbica possa interessarsi a lui, e per di più giovane, proprio come lo è lei? Chi ha congegnato la frase dimostra una certa sicurezza, altrimenti avrebbe sorvolato sulla propria età, che non è certo un incentivo volto a incuriosire una “giovane lesbica”, è anzi un disincentivo. Ha anche scritto “piacente”, ma lo scrivono in tanti e non è detto che sia vero. Il punto, però, è un altro: cosa significa “rapporto profondo”? Non può certo trattarsi di un rapporto di sola amicizia, sia pure spinto eventualmente fino a una profonda intimità psicologica: l’uso del termine “maschio” lascia supporre che l’eventuale intimità psicologica non sia disgiunta da un’intimità fisica altrettanto profonda. Di nuovo una domanda: se lo scopo è l’intimità fisica, “chiamiamola così”, si dice Antonia con un mezzo sorriso,


6 avvezza ai messaggi del web, perché cercare una lesbica? Si tratta di un messaggio contraddittorio, ma Antonia deve riconoscere che non l’ha lasciata indifferente, a differenza di centinaia di altri messaggi cercati sul web quando Lucia è fuori casa; anzi, per una ragione che lei stessa non sa individuare e che la inquieta, quel messaggio sta eccitando i suoi sensi. Tutta presa dalle sue meditazioni non l’ha sentita rientrare e, quando la vede comparire sulla soglia della camera, come un bambino preso in fallo, digita istintivamente sulla tastiera per nascondere all’amica quello che sta leggendo. «Stai chattando?» chiede Lucia. «No, sto cercando un volo Milano - Pechino per il mio capo che partirà domani.» «Non potevi farlo in ufficio? Era necessario passare di colpo al desktop quando sono entrata?» «Avevo finito…» «Non importa…» Da un po’ di tempo Lucia è diventata assillante, sospettosa: i suoi atteggiamenti spinti dalla gelosia, che solo in parte riesce a nascondere, sono spesso pressanti, talvolta soffocanti. Eppure Antonia non ha alcuna colpa, eccetto quella di essere bella, di una bellezza eterea e corposa al tempo stesso, tale da suscitare gli sguardi ammirati, talvolta vogliosi, di uomini e donne. Antonia non è mai stata con un uomo. Aveva quindici anni quando Sophie, la quarantenne colf di casa, l’aveva iniziata quasi per caso ai riti saffici, e da allora era sempre rimasta in tale solco.


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CAPITOLO 2

Tutto era cominciato una domenica mattina, quando i genitori erano andati a messa e Antonia si stava alzando dal letto. Aveva chiamato Sophie dalla sua camera: «Sophie, per favore, c’è un reggiseno pulito?» «Subito signorina» aveva risposto Sophie, e un fremito si era acceso in lei al pensiero di quei seni giovani che si stagliavano tondi e sodi, più grandi del normale, su un corpo esile di quindicenne. Sophie entrò nella camera di Antonia, tenendo fra le mani un reggiseno bianco. La ragazza si era alzata e stava in piedi accanto al letto, sul quale erano adagiate le coperte arruffate. «Me lo sfili tu questo?» le chiese, dandole le spalle. «Certo signorina Antonia.» Sophie slacciò i gancetti, e nel togliere l’indumento passò con le mani sotto le ascelle della ragazza, sfiorandole i seni. Antonia si girò per nulla turbata, e presentò orgogliosa allo sguardo ardente della donna i suoi seni che già avevano suscitato, per come riempivano il tessuto delle camicette, ammirati commenti a scuola. Non le era sfuggito lo sguardo ardente, anche se subito deviato al basso, di Sophie, che armeggiava un po’ confusa con il nuovo reggiseno: glielo infilò dal davanti, passando poi dietro per allacciarlo. “Tutto già finito?” si domandò Sophie, che si era eccitata alla vista di quelle rotondità, esposte con tanto impertinente candore. Impertinente candore o provocazione? Mentre si abbassava per raccogliere il reggiseno, che una volta sfilato era caduto sul pavimento, sentì di nuovo la voce di Antonia: «Quasi quasi mi cambio queste mutandine che mi


8 stringono un po’. Ci sono altre mutandine pulite, un po’ più grandi?» «Certo» disse subito Sophie. Nel cassetto c’erano ancora tre mutandine pulite, ma la taglia era la stessa di quelle indossate dalla ragazza. «Eccole» disse porgendogliene un paio. «Mi aiuti?» Antonia si era accorta che Sophie era sempre più confusa e incominciava a provare uno strano piacere nel provocarla. Sophie teneva gli occhi bassi mentre le sfilava le mutandine, indugiando però un attimo di più sulla morbida pelle di quella coscia giovane. «Sieda sul letto» le disse. Antonia, vestita del solo reggiseno, si sedette sul letto e allungò una gamba affusolata verso la colf, dischiudendo leggermente le cosce. Vide sul volto di Sophie una vampata di rossore e scoprì di provare uno strano godimento per quella situazione di dominio che la sua bellezza di giovane femmina alla soglia della maturità esercitava sulla donna. «Ora si alzi per favore.» Mentre le tirava su le mutandine, Sophie non riuscì a proibirsi di guardare le intime bellezze di Antonia; poi, quando sollevò lo sguardo e vide che le sorrideva, prese coraggio e la sua mano partì in un lento sfioramento sull’interno coscia verso l’alto, camuffando tale gesto con la volontà di sistemarle meglio l’indumento intimo. Fu in quel preciso momento che Antonia provò un’eccitazione improvvisa che non aveva mai provato prima. D’impulso chiuse gli occhi e rimase lì immobile, in attesa di una seconda carezza che infatti giunse, e fu più sconvolgente della prima. Allora prese d’istinto la mano di Sophie e se la portò su, sentì il dito che passava sotto le mutandine e lentamente scivolava delicato sulle sue intimità ormai umide. Sophie la guardava con avido ardore mentre la adagiava con istintiva dolcezza sulle coperte arruffate del letto.


9 In quel momento si sentì la chiave che girava nella toppa della porta, annunciando il rientro dei genitori. «Antonia, ancora a letto?» era la voce imperiosa del padre. Poi rivolto a Sophie, che stava uscendo confusa dalla camera: «È ancora a letto Antonia?» «No, si sta vestendo.» La madre parlò a voce alta dall’ingresso, mentre si sfilava il cappotto: «Antonia, sai chi abbiamo incontrato in chiesa? Gerardo, quel tuo compagno di scuola delle elementari. Si è fatto un bel ragazzo, ha detto di salutarti tanto.» I genitori di Antonia erano rientrati di umore festoso, parlavano fra di loro di un titolo in prima pagina sul Corriere della Sera, fecero un concorde commento sull’annosa vicenda di Alitalia, e non si accorsero di nulla. Antonia si rifugiò in bagno per riprendersi dal suo turbamento. Sophie, in piena agitazione, armeggiava in cucina con olio e aglio, cercando il peperoncino senza trovarlo. «Signora, ha forse spostato lei il piattino con il peperoncino?» «È lì sulla mensola che ti guarda, al solito posto.»


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CAPITOLLO 3

Il bel giovane compare all’improvviso: è tutto azzurro ed emana una luce intensa; come sempre è luminoso e trasparente, i suoi contorni sono evanescenti. Antonia ha in mano una brocca e sta versando l’acqua nei vasi dei fiori; lui le domanda: «Cosa fai, bella bambina?» «Sto annaffiando i fiori.» «Questi fiori sono belli come te.» Lei arrossisce e gli sorride. Lui pure sorride, ha denti perfetti e bianchissimi, unica macchia di un bianco intenso, circoscritto, nell’evanescente alone azzurro. «Di dove sei?» le domanda, sempre sorridendo. «Sono di Milano.» Il principe azzurro smette di sorriderle, si gira, scompare e lei si mette a piangere prima di svegliarsi. «Senti questa» dice Antonia a Paola che si sta sedendo alla scrivania accanto e a cui racconta quasi ogni mattino i suoi sogni colorati e strampalati. «Stanotte mi sono superata. Quando lui si è girato ed è scomparso io l’ho richiamato e gli ho detto: “Mi sono sbagliata, sono di Casalpusterlengo” ed è tornato da me e mi ha sorriso tendendomi le mani.» «Forse il tuo principe azzurro è un meridionale che odia Milano, e pensa che Casalpusterlengo sia un romantico luogo d’incontro per innamorati. E poi?» chiede Paola, fra le risate sue e delle altre impiegate, che man mano iniziano a prendere posto alle altre scrivanie.


11 «E poi… non mi ricordo più. «Di’ la verità, è successo qualcosa» interviene Giulia. «Quando hai detto che eri di Casalpusterlengo, classico invito sexy, ti è saltato addosso» altre risate. «No, no!» risponde Antonia, turbata e spaventata da una visione simile, come si trattasse di realtà invece che di un sogno. «Se li racconti a uno psicanalista gli fai venire l’esaurimento nervoso» tutte ridono, poi di colpo zittiscono perché si delinea all’ingresso dell’open space la sagoma del capo. È vero: dopo che il principe azzurro luminoso e trasparente le ha teso le mani deve essere successo qualcosa, qualcosa che Antonia ricorda in modo confuso e che comunque le ha lasciato il dolce in bocca. Per un’associazione mentale a lei stessa inspiegabile, ritorna con il pensiero al misterioso messaggio che la sera prima l’aveva tanto interessata. Addormentandosi l’aveva liquidato - e non poteva certo parlarne, altrimenti Lucia l’avrebbe subissata di domande - riducendo la cosa a una sola frase: “Sono tutte stronzate gli annunci su internet”. Tuttavia, le parole dell’annuncio le rimbombano prepotentemente nella mente: “Maschio sessantenne piacente, cerca giovane lesbica per rapporto profondo”. Ad Antonia viene in mente che questa volta il principe azzurro del suo sogno ricorrente aveva un volto non giovanissimo, anzi decisamente da sessantenne: era bellissimo. Quel giorno il cumulo di lavoro da svolgere, le richieste pressanti del capo, l’assillo delle incombenze da concludere entro sera non l’avevano infastidita. Quel messaggio ormai le faceva compagnia, stava diventando il suo dolce pensiero fisso, le rendeva gioiosa la giornata; eccitava stranamente i suoi sensi dopo tanti mesi passati nel grigiore, con la noia del quotidiano ormai così scontato e le domande indagatrici che sempre più frequenti Lucia le faceva


12 quando rientrava a casa. Per tutto il giorno si era cullata al pensiero di quel messaggio sibillino ma tanto stuzzicante; e mentre rientra a casa dal lavoro all’improvviso si formano nella sua mente una serie di domande sempre più incalzanti: “E se qualcun’altra si fosse interessata al messaggio? Se qualcun’altra l’avesse trovato così misterioso e intrigante? Se qualcun’altra avesse già risposto?”. Non si rende conto di affrettare il passo; sale le scale quasi correndo, apre la porta dell’appartamento che condivide con la sua compagna; Lucia non c’è. Guarda l’orologio: rientrerà fra mezz’ora. Si siede e schiaccia il tasto in basso a destra. “Com’è lento questo PC”. Vede i due account “Lucia” e “Antonia”. Clicca sul suo e attende il caricamento delle impostazioni personali. Va su internet e lo cerca, panico… infine lo trova: Eccolo! Ma cosa scrivo?”. Ferma davanti allo schermo, inizia a pensare vorticosamente. Le vengono in mente cento frasi, alcune troppo elaborate, altre troppo banali. “Sono una giovane lesbica interessata al tuo messaggio. Scrivo tuo o suo trattandosi di un adulto maturo?”. Non ha pensato neanche lontanamente alla parola “anziano”. No, è troppo banale, chissà quante gli hanno già risposto così. “Mi interesserebbe sapere cosa intendi per rapporto profondo”. Già, e lui mi spiega senza neanche conoscermi cosa intende per rapporto profondo, magari con i disegnini. Se lo facesse perderei ogni interesse perché si rivelerebbe molto meno interessante di come invece dovrebbe essere uno che butta nel vortice del web messaggi così intriganti”. “Giovane lesbica carina, colpita dal suo messaggio intrigante, vorrebbe saperne di pi. anto@yahoo.it”. Sì, questo mi piace abbastanza, non mi sbilancio, gli metto quel carina, un aggettivo galeotto che dovrebbe interessarlo; lo induco a una


13 prosecuzione. Perché non dovrebbe farmi sapere qualcosa di più se ha messo su internet quel messaggio con l’evidente scopo di allacciare un rapporto e io sono, anzi, mi dichiaro la giovane lesbica che lui cerca e gli dimostro interesse?”. La porta d’ingresso cigola e prima che Lucia compaia sulla soglia della camera, la loro camera, Antonia clicca precipitosamente su “invia”; quella strana piacevole tensione si stempera e le sfugge a voce alta: «Ormai è fatta, vada come deve and…» «Fatta che cosa?»


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CAPITOLO 4

È passata un’ora da quando ha inviato il suo messaggio al sessantenne misterioso, e la sua impazienza vorrebbe riaccendere il PC per leggere nella “Posta in arrivo” l’eventuale risposta. La presenza di Lucia le impedisce di farlo. Si sente strana, fra il teso e l’eccitato. L’avrà ricevuto? “Ho dimenticato di cliccare sulla conferma di lettura del messaggio; che stupida, ma con Lucia sempre in giro ho dovuto inviarlo in fretta e furia; e se l’avesse ricevuto e non rispondesse? Deve rispondere, il mio messaggio non può passare inosservato. Mica gli avranno risposto tutte le lesbiche del mondo, anche perché cosa vuoi che interessi a una lesbica, per di più giovane, un maschio sessantenne; e perché io provo tanto interesse? Forse perché in questo periodo mi annoio e qualunque stronzata mi va bene pur di… no, non è così, perché questo non spiegherebbe quella stranissima eccitazione che provo dentro e che non ho mai provato”. Lucia interrompe il flusso dei suoi pensieri: «Cos’hai, Antonia?» «Niente, solo un po’ stanca.» «Se andassimo a letto?» Hanno appena finito di cenare con tonno e insalata, in silenzio, bevendo acqua minerale naturale. «Non ho voglia, è presto.» «Hai incontrato qualcuno oggi?» «Le solite persone, nessuno in particolare.» «Be’, io mi faccio una doccia.» Sullo schermo televisivo scorrono le immagini di una trasmissione d’intrattenimento. Antonia zittisce l’audio che le impedisce di correre dietro i suoi pensieri. Ora si sente solo lo


15 scroscio della doccia. Pochi minuti dopo il rumore dell’acqua s’interrompe, facendo trasalire Antonia. Alza gli occhi e vede Lucia uscita dal bagno, ancora grondante, coperta solo da un piccolo asciugamano che lascia intravedere due seni sodi e invitanti e una parte del pelo sul pube. «Vieni?» «Più tardi.» «Io vado a letto, ti aspetto.» «Non aspettarmi, preferisco stare alzata e leggere un po’.» «Ma non eri stanca?» Non ottenendo risposta, Lucia va in camera e finisce di asciugarsi, si stende nuda sotto le lenzuola, preme il viso sul cuscino e piange silenziosamente. Antonia è altrove. Mattino piovigginoso. Lucia è già uscita senza salutare, forse pensava che Antonia stesse ancora dormendo. Antonia guarda l’orologio e si accorge di essere in ritardo. Ieri sera si è addormentata tardi e questa mattina ha faticato a svegliarsi. Mentre si lava frettolosamente, si dice che non ha il tempo per aprire il computer, perché farebbe tardi al lavoro e questo la sua serietà non glielo permette. Una corsetta appena uscita dalla metro ed eccola puntuale alla sua scrivania. «Questa notte cosa hai sognato?» le chiede subito Paola. «Niente, che io ricordi.» «Non è venuto a Casalpusterlengo il tuo principe azzurro?» Le ragazze ridono. «Ma voi non avete altro da pensare?» Paola non sa di Lucia: per lei Antonia semplicemente, condivide con un’amica l’appartamento per dimezzare le spese, lo fanno in tante senza essere lesbiche.


16 Interviene da amica per attutire la risposta un po’ troppo secca di Antonia. «Ci hai abituate ai tuoi sogni così particolari, e per noi iniziare una giornata senza le tue ultime news ci pare…» Ma Antonia sta pensando ad altro. «Cosa dici, Paola? Il capo si incazza se uso il computer dell’ufficio?» «Non lo fare: tre anni fa, quando tu non c’eri ancora, ne ha licenziata una che usava spesso il computer per comunicare con il suo ragazzo. Tu ce l’hai un ragazzo?» «Sì, ce l’ho, ma è un ragazzo virtuale con cui chatto, anzi è un uomo non più giovane.» «Ti piacciono gli uomini maturi? Fai bene, quelli della nostra età mi sembrano così immaturi.» «Sì, mi piacciono gli uomini maturi» Antonia si stupisce della sua stessa affermazione. «Dicono che questo avviene quando la figura del padre…» «No, il padre non c’entra niente.» «Ed è con lui che vuoi comunicare dal computer dell’ufficio? Ti ha preso così tanto? Ne sei innamorata?» «No, per carità, lo conosco appena, anzi, non lo…» «Zitta, c’è il capo.» La giornata si trascina lenta e noiosa. “E se chiedessi un permesso e uscissi un’ora prima? Avrei un’ora in più prima che Lucia torni; già, ma a cosa mi servirebbe? In cinque minuti posso verificare se la risposta è arrivata, poi che me ne faccio del resto del tempo? Inoltre il capo mi ha appena detto che, con tutto il lavoro arretrato, ha apprezzato che io non abbia mai chiesto permessi”. Arrivata a sera, Antonia si accorge che la risposta non è arrivata. “Il solito cretino che manda messaggi per divertirsi: che imbecille!”.


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CAPITOLO 5

Giorgio vede il bigliettino appoggiato sul tavolo della cucina, scritto con grafia chiara ed equilibrata, al suo rientro da un servizio per il giornale. Non lo legge subito, gli passa vicino e nota la calligrafia di Giovanna. Va a togliersi le scarpe e si mette le ciabatte, con la mente già rivolta a quella che si preannuncia come una conclusione positiva di una giornata che è stata invece lunga e faticosa: la partita dell’Italia con la Spagna. Inizierà tra mezz’ora e non intende perderla. Il televisore spento sembra lì ad aspettarlo per farlo godere: birra, fette di prosciutto tagliato grosso al momento, crocchette, pezzetti di grana, e rutto a volontà. Ripassa in cucina a prendere dell’acqua dal frigo e, mentre la versa in un bicchiere, legge il biglietto: “Voglio una vita diversa, grazie di tutto”. «Cos’è questa roba? Giovanna vuole una vita diversa: anch’io, potendo.» Lì per lì vede la cosa in modo positivo. Da due o tre anni Giovanna vive senza verve, ripete i gesti consueti che sono sempre gli stessi: al mattino si alza di buonora e fa subito un caffè seguito dal solito yogurt magro. Prepara la colazione per lui, che si alza e si veste sempre mezz’ora dopo di lei, con la mente rivolta agli impegni della giornata. Un breve saluto e Giovanna esce per le compere. Al suo rientro prepara il pranzo, telefona alla figlia, talvolta si sente con le amiche con cui intrattiene però pochi rapporti. Si occupa della casa, e la sera è tanto stanca che le viene presto il sonno. Fanno l’amore sempre più raramente e Giorgio ha il sospetto che lo faccia solo per compiacerlo. Giovanna non si è mai dimostrata


18 un’assatanata del sesso, non ha praticamente mai preso iniziative, e anche durante il rapporto rimane passiva, fin troppo. Giorgio si è domandato spesso se certi orgasmi non fossero pura finzione. Ora però che lui si avvicina a un’età in cui gli ardori, un tempo assai veementi, si stanno gradualmente spegnendo, si dice fortunato se da Giovanna non viene una richiesta imperiosa di sesso. Cosa avrebbe fatto se avesse sposato Veronica, una comune amica che, pure lei quasi sessantenne, sostiene di provare ardori che da giovane non aveva mai provato, e il marito dice che non è mai sazia? Le ultime volte che l’ha fatto con Giovanna, a penetrazione avvenuta, gli si è ammollato dentro e ha dovuto completare l’opera in altra maniera: quella volta sì che Giovanna ha veramente goduto e così, alla sua età, Giorgio ha conosciuto un altro aspetto della sessualità della moglie. “Voglio una vita diversa”, è un intento più che valido, una vita diversa darebbe nuovo slancio anche a Giorgio, anche se la sua vita è comunque piena per via del lavoro di giornalista che lo tiene vivo e per il quale è molto apprezzato. Giorgio si sofferma anche a considerare quel “grazie di tutto”: gli sembra giusto che una volta tanto lo si ringrazi per tutti quegli anni nei quali è sempre stato dedito alla famiglia e a lei, non un tradimento, solo pensieri cattivi e null’altro. Eppure che porta un vantaggio di 2 €per poi entrare nella zona che comprende la staccata stretta di quella 11 la ripartenza con la lunga in quel biglietto così scarno c’è qualcosa di più, qualcosa d’inquietante da cui fin dall’inizio ha voluto inconsciamente tenersi lontano, ma che sta lentamente e inesorabilmente prendendo corpo: Giovanna non scrive mai biglietti e, rileggendolo, mentre sorseggia l’acqua fresca rigorosamente frizzante, prova una sensazione indecifrabile, come un brivido, quasi un presentimento. Come in trance va in camera e apre meccanicamente un’anta dell’armadio, vedendolo stranamente vuoto: gli prende il panico.


19 Può essere che Giovanna se ne sia andata? Così di colpo senza parlargliene? Non una richiesta, non una litigata, solo un biglietto, un dannato biglietto così scarno e freddo, freddo come la morte. Lo rilegge. In momenti drammatici come questi a volte accade che si cada nel mondo dell’irrazionale, e completamente irrazionale è la prima domanda che a Giorgio viene in mente: “Perché proprio ora che stavo per mettermi felice davanti alla TV per gustarmi la partita, con la birra e il prosciutto tagliato grosso? Non poteva andarsene domani?”. Man mano che mette a fuoco la situazione, la parte razionale prende il sopravvento. “Dov’è andata, dove ha portato tutti i suoi vestiti, è sola o con qualcuno? Forse da tempo c’è un altro uomo e io, sicuro della sua affidabilità, neppure l’ho mai messo in conto e mi sono comportato come se questa eventualità non esistesse. Avrei dovuto corteggiarla di più, non vivere come ho vissuto gli ultimi anni, quasi come se fosse una proprietà acquisita. Quante volte in più articoli ho scritto che la donna è un fiore che non si deve mai smettere di coltivare altrimenti si secca, anche a cinquant’anni, anche a sessanta, sempre: o meglio, non ho mai scritto frasi così melense, ma il senso era questo, l’avevo scritto e non l’ho fatto. Che imbecille. Certo io sarò pure un imbecille, ma lei? È un comportamento corretto il suo? Come può farmi questo? Ha dunque ragione Fabio quando dice che le donne sono tutte troie? Finora mi era sembrato il solito luogo comune da maschilista, analogo all’altro luogo comune per cui ‘gli uomini sono tutti uguali, vogliono solo quello’. Che cazzo c’entra ora Fabio la cui moglie se n’è andata perché lui se la faceva con la sua più cara amica? Ora devo pensare al mio problema, io che non me la son mai fatta con la sua più cara amica, anche perché Giovanna le sue più care amiche se le è sempre scelte rigorosamente fra le più ciospe, con una strategia che mi son sempre domandato se era dettata da freddo calcolo o da coincidenze sfortunate: sfortunate per me che


20 le amiche ciospe me le dovevo sorbire”. Giorgio accende il televisore e si siede sulla poltrona: la partita è già iniziata e si è ancora zero a zero. La guarda ma non la vede. “Devo cercare Giovanna, farla ragionare, tentare di riprenderla. Niente panico, non tutto è perduto, può ancora tornare, altre sue amiche l’hanno fatto. Giovanna però è diversa, ha la testa dura, pondera molto, ma quando prende una decisione di solito è irremovibile. Cominciamo a controllarci e mangiamo qualcosa; sì, ma cosa?”. Dimentico del prosciutto, Giorgio si alza e vede sul fuoco spento un pentolino, toglie il coperchio, c’è della carne con peperoni già cucinati, ancora tiepidi. “Buon segno, lasciandomi ha pensato alla mia cena; sono ancora tiepidi, se n’è andata da poco”. Corre stupidamente alla finestra e guarda giù in strada, su via dei Condotti, quasi per cercarla fra la gente che affolla il marciapiede. Si rende conto che è illogico: “Sono in casa già da quasi mezz’ora e lei è uscita prima, sarà ormai lontana, dove?”. Si sente la voce alterata del telecronista: la Spagna ha segnato, uno a zero, le disgrazie non vengono mai da sole. Per fortuna Giorgio conserva nell’animo ancora la dolce sensazione lasciatagli dallo scudetto appena vinto dalla Juventus. “La nazionale vada pure a farsi fottere. E vada a farsi fottere pure Giovanna, è stata scorretta, dov’è finita tutta la sua affidabilità? No, farsi fottere no, da chi poi?”. Al solo pensiero, Giorgio prova una fitta dolorosa. I figli come la prenderanno? Già, i figli, sanno forse qualcosa? “Telefono a Claudio o a Beatrice? Meglio Claudio, fra uomini ci s’intende meglio”. Due, tre, quattro, cinque squilli, rispondi cazzo! Claudio risponde. «Ciao Claudio, come va?» «Tutto bene, hai visto che perdiamo?» «Ho visto, ma c’è ancora tempo per rimontare.»


21 «Dovevano convocare Chiesa.» In altre circostanze avrebbero cominciato a discutere sulle performance di Chiesa, escluso dalla nazionale “perché inferiore ad altri attaccanti” per Giorgio, “per via di giochi poco chiari che nulla hanno a che fare con lo sport” secondo Claudio. Invece Giorgio taglia corto: «Dannata Fiorentina! Ci sentiamo dopo, buona serata.» Claudio non sa niente, a Beatrice non ha voglia di telefonare, teme che sappia qualcosa e ora non ha il coraggio di… La curiosità e l’angoscia che prova hanno però il sopravvento. Beatrice risponde subito: «Ciao papi, la mamma?» «La mamma non è in casa.» «Te lo aspettavi?» «Aspettare cosa?» «Mi hai detto che la mamma non è in casa.» «Sì non c’è ed è strano.» «Da tempo lo voleva fare e ora l’ha fatto. Come ti senti?» «Fatto cosa?» la sua voce è alterata. Beatrice tace e non risponde. Perché non affrontare la situazione? Lei sa qualcosa e lui vuole sapere. Giorgio si riprende: «Beatrice, la mamma è uscita ed è strano, mancano suoi vestiti, sai cos’è questo colpo di testa?» Ora è contento di essersi ripreso, di nascondere a sua figlia il panico e conservare un atteggiamento che Giovanna avrebbe definito “decoroso”. «Mamma da tempo dice che vuole una vita diversa, dice che tu quasi non la guardi più, che si sente un’estranea con te, che tutti i tuoi ardori sono per il lavoro: è ancora giovane per annientarsi in una vita grigia.» «Giovane? Ha quasi sessant’anni, dovrebbe avere la testa a posto.» Beatrice lo rimprovera: «Oggi anche a sessant’anni per una donna la vita non è finita e poi mamma ha la testa a posto.» Giorgio pensa si tratti di un rimprovero dettato da solidarietà femminile, e quelle parole scendono su di lui come un balsamo:


22 se ha la testa a posto vuol dire che, per quanto ne sa Beatrice, non è fuggita con qualcun altro e lui non sarà costretto a cercarlo per prenderlo a pugni; se ciò venisse confermato lei è ancora recuperabile, forse. «Sai dov’è?» chiede poi. «No.» «No e basta?» «No e basta.» «Ciao Beatrice, ci sentiamo.» «Ciao papi, c’è Spagna - Italia alla televisione, guardati la partita e mangia qualcosa.» “Beatrice sicuramente sa dov’è. Domani la vado a trovare. Ora gustiamoci questa carne con i peperoni diventati ormai freddi. Sono buoni lo stesso; e chi se ne frega se la Spagna ha segnato un altro gol. Se le briciole finiscono in terra domani la donna pulisce, anzi, lascio il piatto sporco dove mi pare, non c’è nessuno a rimproverarmi. E se sturassi una bottiglia di Ortrugo frizzante?”. Subito dopo Giorgio si ricorda della birra, delle crocchette, del grana e del prosciutto: lo prende e lo taglia grosso. L’Ortrugo era fresco e buono, e l’intera bottiglia scolata l’ha fatto dormire profondamente, ma il risveglio non è dei migliori. Non per un cerchio alla testa che non gli è mai venuto perché il “suo” vino di contadino viene ogni anno rigorosamente imbottigliato da lui e dagli amici affezionati – affezionati al vino, non a lui – e anche se bevuto in discreta quantità la testa rimane libera. È la sensazione della casa vuota a produrgli una strana stretta al torace. Giorgio si alza dal letto in mutande e va a grandi passi in cucina: chissà che sia tornata? Vede Enrica, la donna di fiducia che da anni accudisce la casa, e la sua voce risuona nel silenzio innaturale: «Vuole che le prepari


23 qualcosa?» “Allora Enrica sa tutto, forse sa perché, forse sa dov’è”. «No grazie» risponde d’istinto. «Anzi sì, mi faccia un risotto» e intanto pensa che si dovrà organizzare, mica può andare avanti a mangiare prosciutto tagliato grosso per giorni, mesi; per quanto? Per fortuna c’è Enrica, mica lo abbandonerà proprio adesso. «Signor Giorgio, mi scusi, ma per il risotto occorre mezz’ora e io fra dieci minuti devo andare. Le va bene una pasta?» «Sì, ok la pasta. Sa qualcosa di Giovanna?» «Solo che è venuta a salutarmi come se partisse per un lungo viaggio, anzi di più.» «Come di più?» «Come… se non dovesse tornare.» «Tornare tornerà, non c’è ragione» parla per convincere lei o per convincere se stesso? O per non far la figura di fronte a Enrica del marito abbandonato? “Chi se ne frega di Enrica; l’importante è che mi cucini la pasta e che rimanga; già, e se ora Enrica non venisse più cosa faccio? Come si cucina una pasta?”.


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CAPITOLO 6

Giovanna non era andata dalla madre e Beatrice non si era sbottonata o non sapeva niente; le amiche erano all’oscuro, tanto che s’informavano con una fastidiosa curiosità e formulavano ipotesi spinte oltre ogni limite di decenza. Tutti, amici e amiche del loro giro, avevano finito per dichiararlo definitivamente: Giovanna è scomparsa, forse si è stabilita in un’altra città, forse all’estero, forse stanca di Giorgio, così pieno di sé, così supponente, talvolta anche arrogante, è fuggita con un altro uomo: “Ma con chi se non ci siamo mai accorte di nulla?”. Sta di fatto, che nel giro delle loro amicizie Giorgio ora viene spesso invitato quale single, con tutti gli onori riservati a un single: corteggiamento da parte delle ciospe ex amiche del cuore di Giovanna, cartoccio con gli avanzi del party da portarsi a casa per la cena, battute ammiccanti alle sue improbabili nottate di sesso libero e sfrenato, e tanti discorsi su questioni noiose che i mariti regolari, con il bicchiere in mano, imbastiscono in un serrato contradditorio degno di altre cause. «Per me le lesbiche e i gay sono persone anormali, ammalati da curate. Sono dei viziosi.» «Non sono d’accordo. Se uno nasce così non ha alcuna colpa, deve vivere come la sua natura richiede.» «Certo, la diversità va tutelata perché siamo in un paese democratico e ciascuno deve essere libero di fare quello che vuole.» «Sì d’accordo, ma lo facciano a casa loro senza farsi vedere da noi; invece vanno in piazza a manifestare.» «Le coppie gay e le coppie di lesbiche pretendono di essere equiparate alle coppie normali, pari diritti anche di fronte alle


25 leggi dello Stato.» «Pretendono persino di adottare legalmente dei figli…» Nessuno sapeva come si era scivolati su questi argomenti, ma tutti si scaldavano a esprimere i propri giudizi, meditati o improvvisati che fossero. Guido, Luciano, Fabio, Valentina, Gerardo, Franca, tutti si erano buttati a corpo morto, tutti meno Adolfo, il meno “intellettuale” del gruppo, il più grezzo; Giorgio lo definiva: “Tutto Inter e Figa”. Guido, nato con l’istinto del moderatore che gli permette di mettersi in luce a ogni party, se ne accorge. «Adolfo, tutti hanno detto la loro e tu no, te ne stai lì zitto zitto. Un’opinione ce l’avrai pure tu: cosa pensi di tutta questa discussione, cosa pensi delle lesbiche?» Tutti si zittiscono e rivolgono lo sguardo verso di lui. Adolfo non si fa pregare, e da grezzo qual è, esprime il suo lapidario pensiero: «Per me è tanto ben di Dio sprecato.» Complice il Negroni con il ghiaccio sorbito a più riprese; mentre solitario si dirige a piedi verso la casa vuota, Giorgio non si ricorda nulla di tanta dotta discussione; gli è rimasta in mente solo la frase lapidaria di Adolfo: «Sì, le lesbiche sono tanto ben di Dio sprecato.» Da un po’ di tempo non sta con una donna; Giovanna se n’è andata ormai da tre mesi e i suoi ormoni di maschio sessantenne, anzi di “maschio sessantenne piacente”, cominciano a farsi sentire imperiosamente. Giunto a casa apre il portatile che usa giornalmente per lavoro, e digita su google “messaggi personali”, una ricerca che non aveva mai fatto prima. C’è di tutto: dai messaggi espliciti delle troie dichiarate, ai patetici appelli delle sfigate bisognose di affetto: in mezzo un mare infinito di richieste e di proposte che Giorgio neppure si era immaginato potessero esistere in quantità e varietà così rilevanti.


26 “La gente ha tanto tempo, non hanno niente cui pensare; però devo ammettere che con internet molti comunicano. Anch’io ora sono solo, non mi dispiacerebbe comunicare con qualcuna, mi farebbe compagnia. E se cercassi una lesbica? Chissà quante lesbiche carine ci sono in giro: perché lasciare che vada sprecato tanto ben di Dio? Con lei sarei delicato, tenero, saprei come fare. Forse alcune sono diventate lesbiche solo perché hanno avuto brutte esperienze con uomini grossolani, prepotenti, violenti. Sono convinto che con la delicatezza… E poi forse una di loro aspetta solo che un uomo comprensivo e dolce si faccia avanti, che la capisca, che la corteggi con tenerezza, che la accarezzi delicatamente”. L’immagine di una lesbica dalle curve armoniose e sensuali che si lascia accarezzare delicatamente, prende corpo nella sua mente: di lesbiche non ne ha mai conosciute o forse ne ha conosciute, ma non se n’è mai accorto. Questa immagine eccita la sua fantasia: “Oh sì, io saprei come fare, lente carezze sensuali, baci delicati e voluttuosi, quanto mi piacerebbe; non devo neppure preoccuparmi di…”. Il pensiero di Giorgio va alle defaillance che si erano evidenziate negli ultimi tempi quando faceva l’amore con Giovanna e all’orgasmo che lei aveva raggiunto solo quando lui era passato a baci e carezze. Anche a lui era piaciuto tanto percorrerla tutta e sentirla fremere di piacere; con una lesbica sarebbe così? Decisione presa: si sarebbe lanciato nel vortice dell’web. Ideare il testo del messaggio per Giorgio fu facile, aduso com’era in virtù della professione a mettere con maestra una parola dietro l’altra per arrivare a esprimere con compiutezza opinioni e sentimenti; più difficile fu decidere di digitare “invia”. “Non ti faccio un torto, Giovanna, anche se con la tua fuga te lo meriteresti. Non ti sto tradendo, sto solo combattendo l’angoscia dell’abbandono seguito a trent’anni di matrimonio impeccabile. Sto solo giocando con il computer, è tutto virtuale. Ti amo ancora e ti sono ancora fedele, Giovanna, e aspetto il tuo


27 ritorno; ma dove sei finita?”. Rilegge il messaggio: MASCHIO SESSANTENNE. E se mi togliessi qualche anno? No, già me ne sono tolti due, il messaggio deve essere vero, genuino: chissà quanti barano coperti dall’anonimato, io no. MASCHIO SESSANTENNE PIACENTE. Certo sono piacente se tutte ora si sono messe a farmi la corte, per quanto ciospe siano”. Giorgio, dopo tanti giorni grigi, si mette per la prima volta a ridacchiare fra sé. Il messaggio è ben combinato, non banale, chi lo legge è costretto a pensare, come chi legge i suoi articoli in terza pagina. Certo che se qualcuna rispondesse sarebbe una bella esperienza: un’esperienza possibile? “Beh, inviamolo, poi si vedrà, almeno ho qualcosa cui pensare al mio rientro nella casa vuota mentre mi faccio una pasta al pomodoro e basilico, quella semplice che Enrica mi ha insegnato prima di andarsene definitivamente ieri sera, appena ricevuto l’ultimo pagamento mensile in nero”. “MASCHIO SESSANTENNE PIACENTE, CERCA GIOVANE LESBICA PER RAPPORTO PROFONDO. SCALADIAZZURRI@HOTMAIL.COM”.


28

CAPITOLO 7

Giorgio era stato due giorni in Afghanistan per un servizio sui talebani e si era quasi completamente dimenticato del messaggio messo su internet, preso com’era a valutare ogni volta quale pericolo corresse quando si doveva spostare per delle interviste in quella terra ostile. Se n’era ricordato svegliandosi a casa la mattina dopo il suo rientro, dopo una grande dormita frutto di tanta stanchezza; mentre sorseggiava il caffè – ormai sapeva farsi il caffè da solo – aveva aperto la “posta in arrivo”: ed eccolo lì, proprio rivolto a lui da una sconosciuta: “Giovane lesbica carina, colpita dal suo messaggio intrigante, vorrebbe saperne di più. anto@yahoo.it”. Normalmente si pensa che arrivati a sessant’anni non si provino più fremiti, tremori, pulsioni, emozioni intense. Giorgio ha scoperto che non è così. Quando legge sullo schermo del suo PC il messaggio – diretto proprio a lui – prova queste sensazioni tutte insieme, al punto che sente il membro inturgidirsi. Da anni non prova emozioni così intense: forse deve risalire addirittura ai primi incontri, agli anni in cui non tutto era scontato e uno sguardo femminile, una voce, un sorriso malizioso gli facevano intravvedere la possibile imminenza di un rapporto e lui provava quella strana eccitazione. Sì, deve risalire ai suoi vent’anni. “Da come scrive questa qui, è intelligente”. Aveva eliminato altre due risposte, considerandole di basso livello, o definendole il “classico messaggio di qualche perdigiorno”. «Ha definito il mio messaggio intrigante: mi sembra sia la definizione più appropriata; io stesso l’avrei definito così, come


29 chiamarlo altrimenti? Giustamente e prudentemente, “Anto” non ci si butta a pesce morto, ma chiede delucidazioni. Anch’io avrei fatto lo stesso. Certo, lei non riesce a intravedere il prosieguo e chiede lumi» valuta a voce alta. «Cazzo, anch’io non so ancora dove si potrà andare a parare, ammesso che questo abbia un seguito.» Il prosieguo è tutto da inventare, ma Giorgio capisce che ci sarà. L’aggettivo “carina”, messo lì in mezzo con elegante nonchalance, ha svolto la sua funzione. Gli torna in mente la frase lapidaria di Adolfo: «Tanto ben di Dio sprecato» e pensa: eccola qui, giovane e carina, la lesbica. «Odio lo spreco» si dice Giorgio ad alta voce, ridendo a tutto campo per la prima volta da quando è rimasto solo. C’è il suo personale indirizzo e-mail, e decide subito di scriverle: “Cara Anto, sarò sincero con lei. Io stesso non ho idee chiare su come potrebbe proseguire una corrispondenza fra di noi (per ora la chiamo ‘corrispondenza’, un termine che non dovrebbe spaventarla e che comunque potrebbe essere interpretata come una ‘corrispondenza di amorosi sensi’: qui bisogna andarci piano come quando tiri su la trota dal torrente). C’è però il fatto inequivocabile che nella sua risposta, per quanto breve, ho colto un’acutezza non comune e una particolare sensibilità. Sono un giornalista e so cogliere l’animo di chi scrive, una specie di deformazione professionale (intanto le butto là che sono un giornalista, una professione che, come l’architetto e il ricercatore, affascina sempre le donne). Lei ha definito ‘intrigante’ il mio messaggio: le dirò che lo stesso aggettivo userei per definire la sua risposta. Abbiamo dunque qualcosa in comune? Mi piacerebbe scoprire se abbiamo in comune qualcos’altro, forse qualcosa di più importante e profondo, forse un ardore per la vita che pochi sentono, forse… Vorrei scoprirlo. E lei?”. Lo rilegge due volte, corregge tre parole e poi lo spedisce. La risposta arriva la sera stessa alle 18:45: “Anch’io”.


30 «La vigliacca» commenta Giorgio ad alta voce. «Fa l’ermetica, la tacitiana, la brillante, ora toccherebbe a me scoprire le prime carte. Se pensi di battermi su questo terreno, ti sbagli.» Nonostante le sue parole, Giorgio si scopre felice. *** Il giorno successivo Giorgio è preso nel vortice del suo lavoro. Al giornale è arrivata una diffida per un articolo da lui scritto sulla morte di Anna Garbati e le eventuali responsabilità del Vaticano; Giorgio deve fornire al Direttore i documenti sulla base dei quali ha scritto l’articolo. Il Direttore ritiene che siano probanti al cinquanta per cento, continua a fare domande e a chiedere precisazioni. Una rogna. Quando rientra a casa, lascia fuori i pensieri sul lavoro e accende il PC, trovando un messaggio: “Se vuoi duellare con me, ti do io del filo da torcere”. Giorgio decide di andare all’attacco, passando al “tu”. “Cara Anto, posso darle del ‘tu’? Mi concedo questo privilegio perché intendo darti una succosa possibilità, affinché tu possa soddisfare il desiderio di saperne di più. Mi metto nudo davanti a te”. Si blocca un attimo, riflettendo sul fatto che quelle parole potrebbero farle credere che lui sia il solito porcone, quindi aggiunge qualcosa, in modo tale da smentire eventuali dubbi e indurre Anto ad avere più fiducia. “Potrai formulare con piena libertà tre domande su di me, anche riferite alle fasce più intime e personali della mia vita. Qualunque siano, io ti prometto fin d’ora che risponderò con assoluta sincerità. Non ti sembra un giochino allettante? Giorgio”. «E così la prima a scoprirsi sarai tu, perché anche formulando delle domande, si scopre qualcosa di sé stessi!» Fine anteprima. Continua...


INDICE

CAPITOLO 1 ................................................................................ 5 CAPITOLO 2 ................................................................................ 7 CAPITOLLO 3 ........................................................................... 10 CAPITOLO 4 .............................................................................. 14 CAPITOLO 5 .............................................................................. 17 CAPITOLO 6 .............................................................................. 24 CAPITOLO 7 .............................................................................. 28 CAPITOLO 8 .............................................................................. 31 CAPITOLO 9 .............................................................................. 33 CAPITOLO 10 ............................................................................ 37 CAPITOLO 11 ............................................................................ 39 CAPITOLO 12 ............................................................................ 46 CAPITOLO 13 ............................................................................ 49 CAPITOLO 14 ............................................................................ 53 CAPITOLO 15 ............................................................................ 58 CAPITOLO 16 ............................................................................ 62 CAPITOLO 17 ............................................................................ 67 CAPITOLO 18 ............................................................................ 72 CAPITOLO 19 ............................................................................ 74 CAPITOLO 20 ............................................................................ 79 CAPITOLO 21 ............................................................................ 83 CAPITOLO 22 ............................................................................ 85 CAPITOLO 23 ............................................................................ 88 CAPITOLO 24 ............................................................................ 93 CAPITOLO 25 ............................................................................ 95 CAPITOLO 26 ............................................................................ 97 CAPITOLO 27 .......................................................................... 102 CAPITOLO 28 .......................................................................... 108


CAPITOLO 29 .......................................................................... 113 CAPITOLO 30 .......................................................................... 117 CAPITOLO 31 .......................................................................... 120 CAPITOLO 32 .......................................................................... 122 CAPITOLO 33 .......................................................................... 126 CAPITOLO 34 .......................................................................... 134 CAPITOLO 35 .......................................................................... 139 EPILOGO ................................................................................. 141


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La 0111edizioni organizza la Quinta edizione del Premio ”1 Giallo x 1.000” per gialli e thriller, a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 31/12/2022) www.0111edizioni.com

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AVVISO NUOVI PREMI LETTERARI La 0111edizioni organizza la Prima edizione del Premio ”1 Romanzo x 500”” per romanzi di narrativa (tutti i generi di narrativa non contemplati dal concorso per gialli), a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 30/6/2022) www.0111edizioni.com

Al vincitore verrà assegnato un premio in denaro pari a 500,00 euro. Tutti i romanzi finalisti verranno pubblicati dalla ZeroUnoUndici Edizioni senza alcuna richiesta di contributo, come consuetudine della Casa Editrice.


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