Black Angel, Franco Porchetti

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In uscita il /1/20 (1 , 0 euro) Versione ebook in uscita tra fine gennaio H LQL]LR IHEEUDLR 2020 ( ,99 euro)

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FRANCO PORCHETTI

BLACK ANGEL

ZeroUnoUndici Edizioni


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BLACK ANGEL Copyright © 2020 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-366-6 Copertina: immagine Shutterstock.com


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INTRODUZIONE

I fatti narrati nel romanzo che ti appresti a leggere sono liberamente tratti da un vero caso di omicidio avvenuto nel 1947. In particolare, mi preme farti presente che l'efferatezza delle modalità con le quali fu attuato non è frutto della mia fantasia, ma corrisponde precisamente alle descrizioni riportate dalla stampa dell'epoca e dai rapporti ufficiali del dipartimento di polizia di Los Angeles. Spero che questo mi eviti sia di essere etichettato come autore pulp, che di essere considerato un sadico da chi mi legge, come stai per fare tu. Buona lettura.



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I

Trovato il corpo orrendamente mutilato di una giovane donna! Solo sul Los Angeles Chronicle tutti i particolari in cronaca! gridava Jeff lo strillone con in braccio un centinaio di copie del giornale. La cronaca nera vende sempre, e Jeff lo sapeva. Gli passai accanto e lui mi salutò, come al solito, mettendosi sull'attenti. Ricambiai il saluto facendogli l'occhietto e tirai dritto verso la redazione. Il pezzo di cronaca nera in prima pagina era mio. Non era la prima volta che riuscivo ad avere informazioni prima dei miei colleghi di altre testate, e nemmeno che firmavo l'articolo centrale, ma mi dava sempre un brivido di godimento vedere il mio nome in prima pagina. Quella mattina non accadde: niente avrebbe potuto scalfire il mio pessimo umore. Il segreto dei miei successi aveva un nome e un cognome:


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Jack Moreno. Ci eravamo conosciuti all'Università ed eravamo sempre rimasti in contatto e amici. Tre anni prima era entrato nel corpo di polizia di Los Angeles in qualità di detective della omicidi. Sapevo di giocare sporco, ma se un giornalista di cronaca non ha almeno una fonte all'interno della polizia, non sa fare il proprio mestiere. Nel caso specifico, la sera prima ero stato avvertito dal mio amico del ritrovamento di un cadavere in un sobborgo di Los Angeles chiamato Eastborg. Mi ero subito precipitato lì, tirandomi dietro il mio fotografo di fiducia: John Devore, detto Occhio. Originariamente il suo soprannome era Occhiodidio, ma risultò subito troppo lungo. Quando ci trovammo di fronte a quel corpo martoriato all'inverosimile, ci sentimmo male di stomaco entrambi. Il corpo era stato tagliato in due all'altezza del bacino, il volto era tumefatto e aveva i polsi legati dietro la schiena. Le gambe e le braccia erano ricoperte di ferite e abrasioni di vario tipo. Uno spettacolo orrendo che non ha voluto più lasciare la mia memoria e il mio subconscio. Tuttora fa capolino, ogni tanto, nei miei peggiori incubi. Dopo pochi istanti il cadavere venne coperto e, solo ad allora, consentirono a Occhio di fare il suo mestiere.


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Tornammo verso l'auto senza proferire parola. Anche il viaggio di ritorno fu stranamente silenzioso. Di solito la conversazione era vivace, per non dire eccitata, dopo un colpo giornalistico messo a segno, ma quella volta prevaleva l'orrore. Nei

nostri

l'immagine

occhi, di

stampata

quel

corpo

sulla

retina,

grottescamente

permaneva separato,

violentato, amputato, sfregiato. E tacevamo per non imprecare, per non gridare la nostra rabbia verso il genere umano e varie figure religiose a esso connesse. Buttando giĂš l'articolo in fretta e furia per poterlo pubblicare il giorno dopo, omisi volutamente i particolari piĂš agghiaccianti e rivoltanti della scena che avevo ancora negli occhi: non volevo creare panico e neanche disgustare i miei lettori. Ma, come al solito, il titolista aveva puntato sul sensazionalismo

usando

l'espressione

che

io

avevo

accuratamente evitato nell'articolo: “orrendamente mutilato�. Quindi, tornando alla mattina dopo, appena in redazione andai dritto dal titolista per sfogare su di lui un po' della mia rabbia. Era un ometto calvo e triste, di nome Fred, che si prestava perfettamente alle mie sfuriate, in quanto non controbatteva


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mai. Mi lasciava sfogare fino in fondo, senza interrompermi, e poi diceva la fatidica frase: «Vuoi farli tu i titoli?». A quel punto rimanevo, invariabilmente, senza risposta e me ne andavo, comunque soddisfatto. Quella mattina le cose andarono più o meno allo stesso modo, con solo qualche cattiveria in più da parte mia. Mi chiusi a chiave nel mio ufficio deciso a non voler vedere nessuno. Non avevo bisogno di chiacchiere, né di parole, ma di fatti, di cose da scrivere. Qualcosa che mi impegnasse la testa e l'anima. Per non pensare a quella povera ragazza e al suo

carnefice

insensatamente

sanguinario

e

feroce.

Fortunatamente mi arrivò la telefonata di Jack. «I miei complimenti per l'articolo, sei stato davvero bravo a tralasciare alcuni particolari senza far perdere mordente alla storia». «Grazie, mi ci voleva proprio una parola di conforto». «Ti sei arrabbiato di nuovo con Fred?». «Indovinato! Ha vanificato tutti i miei sforzi, l'idiota». «Ho delle novità, ci vediamo al solito posto?». «Ok, quando?». «Tra mezz'ora». “Il solito posto” era un bar sulla ventiquattresima sempre aperto. Arrivai per primo e ordinai anche per il mio amico:


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«Due cognac, per favore». Jack era perennemente in ritardo di almeno dieci minuti, quindi ero abituato a guadagnar tempo. Quando arrivò stentai a riconoscerlo. Aveva una faccia che non gli avevo mai visto prima: grigia, segnata, con gli occhi gonfi di sonno arretrato. Anche lui aveva visto lo scempio che avevamo visto Occhio e io. «Sono disfatto, annientato, non dormo da più di ventiquattro ore» esordì crollando sulla sedia. «Non me ne parlare, anche io non ho chiuso occhio» lo consolai. Per alcuni minuti sorseggiammo, in religioso silenzio, i nostri cognac ormai giunti alla temperatura giusta tra le nostre mani. Poi cominciò a darmi le nuove informazioni sul caso. «La ragazza si chiamava Angela Frost, nata nel 1925, terza di cinque sorelle, in una sperduta cittadina del nord dell'Arizona

chiamata

Mildeville.

Abbiamo

potuto

identificarla perché aveva dei precedenti penali. Nel 1943, non ancora maggiorenne per pochi giorni, fu arrestata per aver fatto uso di alcolici insieme a dei militari. In quella occasione le sono state prese le impronte digitali ed è entrata nel nostro archivio federale, questa è la sua foto segnaletica,


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puoi tenerla, ma non pubblicarla, mi raccomando». «Certo, grazie» dissi prendendo la foto. La guardai: mostrava una ragazza con i capelli corvini, uno sguardo penetrante e un viso di rara bellezza. «Avete stabilito più o meno l'orario della morte?» chiesi. «Tra le 7 e le 9 di sera dello stesso giorno del ritrovamento del corpo, stando al rapporto del medico legale e alle testimonianze raccolte». «Quali testimonianze?». «Dei vicini che l'hanno vista rientrare a casa intorno alle 6 e 30». «E nessuno ha visto l'assassino? Un’auto parcheggiata davanti al palazzo?». «No, nessuno ha notato niente di simile». «Come ha fatto a trasportare il corpo?». «Ce lo chiediamo anche noi, ma potrebbe aver avuto dei complici». «Vero, qualcuno che lo ha aiutato arrivando con un mezzo di trasporto al momento giusto». «Esatto». «Vai avanti». «Nella sua abitazione, a Long Beach, abbiamo trovato una piccola agenda di pelle con su scritti decine di orari di


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appuntamenti con accanto nomi maschili. Stando all'agenda, solo quel giorno aveva quattro appuntamenti con altrettanti uomini. Purtroppo scriveva solo i nomi di battesimo, quindi risultano inutili ai fini delle indagini. Tuttavia, il fatto che non l'avesse con sé quando è stata uccisa, potrebbe significare che è stata rapita direttamente nella sua abitazione, portata in un posto sicuro per smembrarla con calma, e poi abbandonata per strada». «Nient'altro?» chiesi mentre finivo di scrivere i miei appunti sul taccuino. «Sì, stamattina, dopo aver perquisito l'appartamento, ho fatto un giro per il quartiere. Il farmacista si è rivelato il più loquace e mi ha detto che la prima volta che l'aveva vista era rimasto scandalizzato dal suo abbigliamento, ma poi ci aveva fatto l'abitudine» rispose lui estraendo a sua volta il suo taccuino per leggermi le precise parole pronunciate dallo speziale. «Indossava un completo due pezzi che mostrava la pancia nuda e cose nere di pizzo. Era popolare tra gli uomini del quartiere, la chiamavano Black Angel, e dicevano che era piena di corteggiatori dei piani alti, ma che non degnava di uno sguardo neanche i vicini di casa. Una volta uno di loro mi disse che aveva il sospetto che fosse lesbica, ma io non gli


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ho creduto, troppo femmina per essere lesbica». Presi nota anche di quest'ultimo particolare. «Grazie fratello, adesso devo correre a scrivere il pezzo per domani» dissi stringendogli la mano con entrambe le mie. L'indomani mattina, la voce acuta e penetrante di Jeff scandiva il nuovo titolo: “Scoperta l'identità della donna segata in due! Tutti i particolari in cronaca sul Los Angeles Chronicle!”. “Che bastardo!” pensai. “La donna segata in due mi mancava nella collezione di nefandezze stampate a caratteri cubitali sopra i miei articoli, un vero gioiello, cazzo! Adesso vado su e lo decapito, quel nano onanista, gli stacco la testa con un gancio dei miei”. Ma non lo feci perché appena misi piede in redazione, Occhio mi si parò davanti con una busta gialla in mano. «Che c'è?» gli chiesi. «C'è che è arrivata questa busta in redazione ed è indirizzata a te, il timbro postale è di Los Angeles e non c'è il mittente, interessante no?» rispose lui porgendomi la busta. La presi tra le mani e la soppesai. «Sembra un libro, anzi un manoscritto, vieni, andiamo nel mio ufficio» dissi guardandomi intorno. Fortunatamente, Occhio riusciva sempre a farmi avere la posta indirizzata a


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me prima che venisse aperta da qualcun altro. Erano delle lettere, una decina di lettere tenute insieme da una cartellina rosa legata con un elastico. Sul frontespizio della cartellina c'era scritto in stampatello: “Signor Frank Solderman, ho letto il suo articolo e ho pensato che lei fosse la persona giusta per rendere giustizia alla memoria della mia amata Angela. Queste che le invio sono le lettere che ho ricevuto da Angela negli ultimi mesi. Sono certa che non vorrà divulgarle. Spero, invece, che le forniscano ulteriori elementi sia per trovare l'assassino che per comprendere meglio l'indole della vittima.” Non c'era firma. Presi la prima lettera in mano e cominciai a leggere: 10/11/1946 Amore mio, mia adorata, mi manchi tantissimo. Quand'è che ritorni da me? Quando finirà questa nostra separazione innaturale, crudele, dolorosa? Lo so che stai lavorando, ma non ne posso più di aspettarti. Sono stufa di questa mia vita inutile, di tutto questo tempo sprecato. Se non torni al più presto, credo proprio che ricomincerò a cercarmi un uomo che mi sposi e mi renda felice. Non dimenticare mai che a me, a differenza di te, piacciono anche gli uomini e che


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posso averne a decine ai miei piedi quando voglio. Qui la vita è noiosa senza di te, anche il lavoro mi è venuto a nausea: sempre a disposizione delle clienti, sempre con il sorriso sulla bocca, anche se dentro di me vorrei strozzarle con le mie piccole mani. Penso proprio che mi licenzierò e con la liquidazione pagherò il viaggio per raggiungerti. Ti farò una sorpresa: un bel giorno sentirai le mie mani coprirti gli occhi da dietro e udrai la mia voce chiederti “chi sono?”, tu mi toccherai le mani senza voltarti e io ti darò un bacio sul collo. Allora tu dirai: “Angela, amore mio, sei tu?”, ma io non ti risponderò e seguiterò a baciarti il collo esile, poi le spalle tonde e morbide, poi la schiena; passerò la lingua lungo il dolce canale della tua spina dorsale fino a raggiungere il divino spacco delle tue natiche di seta. Tu rimarrai in silenzio, ammutolita dal piacere e dalla sorpresa. Io ti prenderò per mano e andremo ad amarci nella tua tenda. Ti voglio, voglio la tua pelle, il tuo calore, la tua bocca. Vieni a prendermi e portami via con te, ovunque tu voglia, anche in capo al mondo. Tua Angela Appena sotto la firma c'era un bacio stampato con il rossetto talmente realistico che, per un attimo, ne fui come rapito.


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Immaginai quelle labbra perfette sulle mie, la loro morbidezza quasi prensile e il sapore delicato della sua saliva di giovane donna. Poi mi ripresi e chiesi a Occhio di lasciarmi solo. «Voglio leggerle tutte. Fai in modo che nessuno mi rompa i coglioni per almeno un'ora» aggiunsi multi eccitato. Quella lettura mi attraeva in maniera multipla. Da una parte c'era il desiderio di scoprire qualcosa di importante per le indagini, dall'altra quello di scoprire i segreti dell'amore saffico, e al centro quello di scoprire Angela. Sfilai dalla cartellina la seconda lettera e lessi la data: 28/11/1946. Come speravo, erano in ordine cronologico crescente. L'istinto del detective mi diceva di leggere la più recente, ma quello del lettore asseriva il contrario, confortato in questo, dalle ragioni della libido. Mi immersi nella lettura della seconda missiva: 28/11/1946 Mia adorata, mio unico amore, dove sei? Perché non hai risposto alla mia ultima lettera? È successo qualcosa? Sono in ansia, non dormo da una settimana, penso proprio che se non mi rispondi questa volta la faccio finita davvero. Mi avrai sulla coscienza e il mio fantasma verrà a farti visita tutte le notti; e ogni volta tu cadrai nell'illusione che io sia


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ancora viva e sarai felice per quei pochi attimi che io vorrò concederti prima di sparire. Pochi attimi che però saranno sufficienti a farti rimpiangere ancora più dolorosamente il mio amore, la mia presenza nella tua vita. Ora devo smettere di scrivere, il mio cavaliere sta per venirmi a prendere e devo ancora prepararmi. Credo che indosserò il vestito rosso, quello che ti piaceva tanto. E sotto metterò il coordinato intimo di pizzo nero. Tua Angela Passai alla terza:

10/12/1946 Amore mio, finalmente mi hai risposto. Mi hai fatto piangere di gioia con le tue parole. Vorrei essere lì con te, adesso, per poterti abbracciare, per poterti baciare, per accarezzare e ammirare la tua pelle abbronzata e liscia, per sentire il tuo odore familiare e inebriante, per leccarti i capezzoli turgidi e sfacciati, per metterti una mano tra le cosce morbide e calde. Vorrei essere lì per ascoltare la tua voce, per godere della tua intelligenza, del tuo umorismo, della tua anima, e per immergermi nei tuoi umori più intimi, per amarti fino al midollo. Ti voglio adesso, subito. Mi sto toccando mentre ti scrivo, pazzesco! Tua Angela


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Mi stavo accingendo a leggere la quarta lettera con una grande e tangibile, diciamo così, curiosità, quando squillò il telefono. Era il mio informatore e amico Jack. «Ci sono novità, tra mezz'ora al solito posto». «Ok, tra mezz'ora» dissi, anche se un po' mi seccava interrompere quella intrigante lettura.


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II

Come sempre, Jack arrivò con dieci minuti di ritardo. Uno di questi giorni gli suggerirò di mettere la sveglia dieci minuti prima; questa piccola variazione lo renderebbe l'uomo più puntuale del mondo. «Abbiamo trovato il posto dove è stata uccisa e martoriata: una stanza del Motel Aster nel centro di Los Angeles, l'abbiamo trovata piena di sangue umano riconducibile alla vittima» esordì dopo aver sorseggiato per un po' il cognac che spesso scaldava le nostre conversazioni segrete; poi aggiunse: «Il nome registrato alla reception per la stanza è John Smith, quindi palesemente falso. Il portiere del motel ci ha fatto una descrizione dell'uomo altrettanto inutile. Sembra che si sia presentato, fin dal giorno dell'arrivo, con un vistoso bendaggio del viso, sostenendo di essere reduce da una complessa operazione chirurgica. Mica scemo, il


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macellaio. L'unica indicazione di qualche rilevanza che abbiamo raccolto è la statura molto alta del soggetto. Praticamente, “brancoliamo nel buio”, come scrivereste voi giornalisti». «Vedrai che lo beccate, prima o poi... e sul fronte uomini che le giravano attorno? Nessuna novità?» gli chiesi senza staccare gli occhi dal taccuino. «La vittima è stata vista con decine di uomini diversi, ma nessuno dei testimoni è stato in grado di dirci chi fossero: “mai visto da queste parti” è stata la risposta più gettonata. Evidentemente i galantuomini erano molto attenti a farsi vedere con lei solo in zone della città molto lontane dalla propria». «Possibile che nessuno si sia tradito almeno una volta?». «Dalle testimonianze raccolte sembra che la vittima cambiasse

continuamente

accompagnatore,

quindi,

le

probabilità di errore da parte loro tendono allo zero, praticamente». «Oltre agli uomini, non frequentava nessun altro? Amiche, parenti, colleghi?». «Da quello che sappiamo, ha lavorato come commessa per pochi mesi in una boutique del centro, pressappoco fino a Natale dello scorso anno, poi si è licenziata. La sua ex


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datrice di lavoro l'ha definita una ragazza d'oro: educata, gentile, molto ordinata e puntuale. Non ci risultano né amiche né parenti, almeno qui a L.A.». «La sua famiglia, i genitori, le sorelle, li avete ascoltati?». «Sì, ho mandato Robertson e Williams laggiù a Mildeville, ma non hanno scoperto nulla di importante, se non che Angela era una sognatrice e che fin da bambina aspirava a diventare una stella del cinema. La madre si è commossa quando ha raccontato a Robertson le circostanze che avevano spinto Angela a fuggire di casa a soli quattordici anni. Sembra che, quando lei aveva appena quattro anni, il padre simulò il suicidio per sottrarsi alle sue responsabilità di capo famiglia, per poi ripresentarsi, come se nulla fosse, dopo dieci anni. Angela, appena lo vide, scoppiò a piangere e corse in soffitta chiudendosi dentro. Il giorno dopo era scomparsa, e con lei tutte le sue piccole cose di adolescente e circa cinquecento dollari rastrellati, nella notte, da tutti i portafogli sia dei genitori che delle due sorelle che vivevano ancora in casa». «Nient'altro? Williams chi ha visto laggiù?». «Williams ha rintracciato la collega che si è occupata di lei quando fu schedata nel '43, aspetta che ti leggo il rapporto, non posso ricordarmi tutto. Dunque, l'agente Mary Martinez


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ha dichiarato: “In attesa che si pronunciasse il tribunale dei minori, ospitai Angela a casa mia per un paio di giorni. Aveva i capelli più neri che avessi mai visto. Notai anche che era molto bella e pulita, ordinata. Aveva una rosa tatuata sopra al ginocchio sinistro e le piaceva mostrarla quando si sedeva. Quando il tribunale la prosciolse da ogni accusa, ne fui felice, era una brava ragazza e non meritava di essere punita per una scappatella”». Mi venne in mente che, proprio sopra il ginocchio sinistro, la pelle del cadavere era stata in larga parte asportata chirurgicamente. «So a cosa stai pensando» disse Jack riportandomi alla realtà. «Ah, adesso leggi anche nel pensiero?» risposi sorridendo. «Stai pensando che sul corpo della vittima non c'erano tatuaggi, ma tu non sai una cosa che ho omesso di dirti per non alimentare con nuove immagini i tuoi già ben popolati incubi notturni, ma a questo punto devo dirtela: il tatuaggio della rosa lo abbiamo trovato su un brandello di cute infilato profondamente nella vagina della vittima». «Terrificante... mostruoso... mi sembra sempre più evidente che abbiamo a che fare con un maniaco» dissi rabbrividendo per un istante.


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«Probabilmente sì, ma c'è qualcosa che non mi quadra». «Tipo?». «Tipo che l'apertura a mezza luna della bocca fino alle orecchie è uno sfregio rituale, noto come Glasgow smile, molto diffuso tra le gang inglesi degli anni ’20». «Anche questo le ha fatto? Le ha tagliato anche la faccia a metà?». «Sì, non l'avevi notato?». «No, c'erano troppe cose da notare». «Mi dispiace, questa te la potevo risparmiare». «Figurati, ormai il mio subconscio è talmente saturo di mostruosità, che una in più non cambia nulla». «Comunque, questo particolare ci dice che potrebbe trattarsi di un killer professionista, non di un maniaco, e l'accanimento chirurgico sul cadavere potrebbe essere una messa in scena per sviare le nostre indagini». «Mi sembra un'ipotesi plausibile, anche se resto dell'idea che si tratti di un maniaco, di qualcuno che uccide per diletto. Sa usare sia il bisturi che la sega e conosce molto bene l'anatomia umana. Per fare quello che ha fatto avrà impiegato diverse ore, rischiando anche di essere scoperto. Non mi sembra un comportamento da killer professionista». «In effetti il caso è pieno di contraddizioni, per esempio il


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comportamento frivolo e provocante della vittima non stride con il ritratto che molti degli intervistati hanno tratteggiato di lei? E perché nessun uomo durava più di un incontro? Non ti sembra strano?». «Sicuro che mi sembra strano» dissi mentre mi tornavano in mente le lettere che, a loro volta, restituivano un'ulteriore diversa versione di Angela. Dopo averlo calorosamente salutato e ringraziato, lasciai Jack al suo cognac e mi precipitai in redazione a scrivere il nuovo articolo per l'edizione mattutina. Avevo abbastanza materiale per scriverne due, non uno. Il mattino seguente appresi, come sempre, il titolo del mio articolo da Jeff lo strillone: “Scoperto il luogo dove è stata uccisa e smembrata Angela Frost! Tutti i particolari in cronaca sul Los Angeles Chronicle!”. Rassegnato, mi diressi velocemente verso il mio ufficio dove mi attendevano le lettere di Angela. Non vedevo l'ora di leggerle, anche alla luce delle ulteriori informazioni su di lei ricevute il giorno prima. Mi chiusi dentro lasciando il compito di respingere chiunque volesse disturbarmi all'impagabile Occhio.


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20/12/1946 Buon Natale amore mio, è il primo che non passiamo insieme. Già adesso ho il magone per quei giorni di festa che passerò da sola. Mi sono comprata un nuovo libro per coccolarmi. Per una volta, voglio scoprire cosa si prova a leggere un libro che non dovrò restituire alla biblioteca pubblica, un oggetto che rimarrà con me per sempre. S'intitola “Il cappotto”, l'autore è russo, Nikolaj Gogol', ed è geniale. Ha una scrittura lieve e brillante che sorregge e alleggerisce una narrazione spietata. Un breve racconto che un giorno leggeremo insieme. Lì come va? Fammi sapere come sta il piccolo Amir di cui mi hai parlato nella tua lettera. Ti ammiro tantissimo per quello che stai facendo per i più deboli, gli ultimi che non saranno mai i primi. Ammiro la tua capacità di donarti agli altri ricavandone gioia. Io non lo so fare, sono avara, gelosa dei miei sentimenti, egocentrica e narcisista. Ma è anche per questo che mi ami, non è vero? Tua Angela Mi fermai un istante per riflettere. Dopo la lettura delle prime lettere mi ero convinto, visto il buon livello della sua prosa, che Angela avesse studiato, che avesse portato a


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termine almeno il college, ma quando il giorno prima avevo saputo che era fuggita da casa a quattordici anni, mi ero ricreduto, pur restando dell'opinione che quel modo di scrivere non poteva essere innato in lei. Quella missiva mi forniva la risposta: Angela leggeva, e anche molto. Non romanzi d'appendice o letteratura di genere, ma grande letteratura. Passai alla successiva più curioso che mai: 29/12/1946 Amore mio dolcissimo, la tua ultima lettera mi ha reso felice e mi ha fatto dimenticare la tristezza del Natale appena trascorso. Ti auguro un fantastico 1947...con me. Quando torni? Quando potrò riabbracciarti? Qui la vita scorre monotona, sempre uguale. Sono veramente stufa, mi sento soffocata dalla quotidianità, dalle regole, dagli impegni, dai bisogni. Voglio liberarmi di tutto questo! Voglio volare, non strisciare incollata alla realtà e al terreno. Non so se capisci cosa intendo, ma se fossi lì con te, per esempio, mi sentirei in volo e sarei felice. Ti aspetto ogni giorno. Tua Angela


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Poi lessi la seguente: 12/01/1947 Amore mio, perché non mi hai ancora risposto? Sei stanca di me o mi hai proprio dimenticata? Sostituita, magari, con qualche bella africana che ti ha rubato il cuore e commossa l'anima. Se è così, degnati almeno di scrivermi un'ultima lettera. Ho poco tempo, ho una giornata piena di appuntamenti con uomini che sono pazzi di me. Mi ricoprono di attenzioni e regali solo perché concedo loro un po' del mio tempo. Devo ammettere che la cosa mi lusinga e mi diverte. Qualche volta mi eccita anche. Mi piace provocarli per poi negarmi risolutamente adducendo motivi molto validi per il mio diniego, tipo che sono vergine o che ho un marito molto geloso. E devo ammettere, anche, che il momento che mi piace di più, il mio fine ultimo, è proprio quello. Adoro vedere le loro facce deluse che spesso preludono a dei violenti attacchi di rabbia, mi eccita sentirmi padrona dei loro desideri più intimi, mi eccita sentirmi odiata, insultata e al tempo stesso disperatamente desiderata. Tua Angela


In uscita il 20/12/2019 (15,50 euro) Versione ebook in uscita tra fine dicembre 2019 e inizio gennaio 2020 (5,99 euro)

AVVISO Questa è un’anteprima che propone la prima parte dell’opera (circa il 20% del totale) in lettura gratuita. La conversione automatica di ISUU a volte altera l’impaginazione originale del testo, quindi vi preghiamo di considerare eventuali irregolarità come standard in relazione alla pubblicazione dell’anteprima su questo portale. La versione ufficiale sarà priva di queste anomalie.


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Tristemente pensai che proprio questi suoi giochetti da domatrice di uomini l'avevano portata dritta alla morte. La sua inesperienza le aveva fatto sottovalutare i rischi a cui si esponeva con il suo comportamento. Un uomo adescato e poi frustrato nel proprio desiderio sessuale può reagire molto male. Avevo appena terminato tali ovvie considerazioni, quando vidi Occhio davanti alla porta a vetri del mio ufficio che gesticolava indicando il suo orologio da polso. Gli andai ad aprire. «Che c'è? Cosa ti agita?» gli chiesi appena ebbi richiuso la porta dietro di lui. «Il funerale della ragazza... è alle 12 al cimitero di Long Beach, siamo in ritardo». «Cazzo! Me ne ero completamente dimenticato!». ),1( $17(35,0$ &RQWLQXD


INDICE

Introduzione.................................................................3 I ....................................................................................5 II.................................................................................18 III ...............................................................................28 IV ...............................................................................35 V ................................................................................56 VI ...............................................................................62 VII..............................................................................70 VIII ............................................................................78 IX ...............................................................................86 X ................................................................................94 XI .............................................................................100 XII ............................................................................105 XIII .......................................................................... 110 XIV .......................................................................... 117



AVVISO NUOVO PREMIO LETTERARIO La 0111edizioni organizza la Terza edizione del Premio ”1 Giallo x 1.000” per gialli e thriller, a partecipazione gratuita e con premio finale in denaro (scadenza 31/12/2020) www.0111edizioni.com

Al vincitore verrà assegnato un premio in denaro pari a 1.000,00 euro. Tutti i romanzi finalisti verranno pubblicati dalla ZeroUnoUndici Edizioni senza alcuna richiesta di contributo, come consuetudine della Casa Editrice.



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