Angeli di pietra, Isabella Liberto

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In uscita il / /2019 (15,50 euro) Versione ebook in uscita tra fine VHWWHPEUH e inizio RWWREUH 2019 ( ,99 euro)

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ISABELLA LIBERTO

ANGELI DI PIETRA

ZeroUnoUndici Edizioni


ZeroUnoUndici Edizioni WWW.0111edizioni.com www.quellidized.it www.facebook.com/groups/quellidized/ ANGELI DI PIETRA Copyright © 2019 Zerounoundici Edizioni ISBN: 978-88-9370-338-3 Copertina: immagine Shutterstock.com

Questo è un romanzo di fantasia. I luoghi e i nomi dei personaggi qui citati sono frutto della mia immaginazione. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.


Se sei un adolescente vittima di bullismo, o il genitore di un figlio che ha subÏto maltrattamenti, leggi questo libro con cautela e non farti influenzare da quanto contenuto all’interno del testo. Se sei vittima di bullismo ricorda sempre di denunciare i responsabili.



[‌] Camminando angeli, muti Con me; non hanno respiro le cose; in pietra mutata ogni voce, silenzio di cieli sepolti [‌] Alla notte – Salvatore Quasimodo



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CAPITOLO 1

Settembre, 1997 La sveglia suonò alle sette. Annie era già sveglia da tempo, troppo emozionata e nervosa per una notte di sonno tranquilla. Era il suo primo giorno nella nuova scuola. Aveva da poco compiuto tredici anni e quello per lei rappresentava un nuovo inizio. Lei e la sua famiglia si erano trasferiti da poco, e Annie era felice di essersi lasciata tutto alle spalle. Non aveva amici. Non era mai riuscita a legare davvero con qualcuno. I suoi compagni di classe l’avevano sempre presa in giro per via del fatto che era leggermente sovrappeso rispetto alle altre ragazze della sua età. Si era fatta crescere i capelli e la madre le aveva tagliato una frangetta per nascondere l’acne sulla fronte. «Annie! Sbrigati o farai tardi» le gridò la madre dal piano di sotto, mentre lei si vestiva rapidamente e si pettinava i capelli rendendoli lisci e setosi. Suo padre la accompagnò a scuola e lei iniziò la giornata con un sorriso radioso, piena di speranza. «Hai preso tutto quello che ti serve?» chiese l’uomo distrattamente, mentre guardava la figlia scendere dalla macchina. «Sì, ho tutto» rispose lei mettendosi lo zaino in spalla. «Va bene. Allora ci vediamo più tardi, piccola. Buona giornata» l’uomo le sorrise e lei quasi si sdraiò sul sedile del passeggero per lasciargli un bacio sulla guancia. Suo padre andò via e lei s’incamminò verso il vialetto dell’edificio. Il cortile era pieno di studenti. Scherzavano e parlavano tra loro in gruppetti, appoggiati al muretto dell’edificio pieno di scritte con le bombolette spray. Gli alberi cominciavano già a ingiallire, un leggero tappeto di foglie dai colori pre-autunnali giaceva ai piedi dei ragazzi, chiazzando il prato non molto curato.


8 Alcuni ascoltavano una cassetta con il walkman, attraverso le cuffie vistose sulle orecchie, altri si scambiavano figurine. Annie sorrise. Nessuno la conosceva, era l’occasione perfetta per ricominciare. «Guardate un po’… carne fresca» udì accanto a lei una ragazzina con il lucidalabbra rosa sulla bocca che la squadrava dalla testa ai piedi, circondata da altre tre o quattro ragazze. Annie si fermò a guardarla. Era magra, bionda e vestiva alla moda. La ragazza guardava Annie divertita e un po’ disgustata, come se fosse di fronte a un clown che si stava esibendo per strada. Annie si sentì imbarazzata e l’unica cosa che riuscì a dire fu: «Ciao…» Le ragazze iniziarono a ridacchiare e lei andò via, varcando il portone della scuola.


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CAPITOLO 2

Ottobre, 2018 Il sole non era ancora del tutto tramontato e una pallida luce illuminava timidamente il bosco frondoso. Gli ultimi tenui raggi del sole morente filtravano tra le chiome delle querce, dei pini e degli abeti, insinuandosi tra le foglie e gli aghi ancora verdi e profumati, fino a chiazzare il terreno di luce. Era ottobre inoltrato e cominciava a fare piuttosto freddo, ma né il tempo né la luce erano riusciti a fermare i due ragazzi che cercavano tra quegli alberi, la complicità della solitudine per godere di un momento di intimità. «Dai vieni» ridacchiava la ragazza tirando per mano il suo ragazzo, mentre s’inoltravano tra quei tronchi resinosi. «Sei sicura che non ci sia nessuno? Mi sembra ancora presto… forse dovremmo aspettare» disse lui tra una risatina sommessa e un’altra, attirando la ragazza a sé per baciarla. «Conosco questo posto… non viene mai nessuno a quest’ora, stai tranquillo» suggellò quella rassicurazione baciando con passione il giovane «dai vieni… conosco un posto più avanti. È piuttosto isolato ed è perfetto» gli fece l’occhiolino e lo prese di nuovo per mano tirandolo a sé, mentre si faceva strada tra i rami spioventi. Aghi marroni, foglie secche e rametti sul terreno si spezzavano a ogni loro passo, liberando un crepitio sommesso che conferiva uno strano ritmo a quel luogo deserto. «Come sarebbe a dire che conosci bene questo posto?» chiese lui col sorriso ancora sul volto, ma fermando il passo e facendo voltare la ragazza verso di sé «sei già venuta qui altre volte con qualcuno?» Lei gli mise le mani sul petto e sorrise lasciva mentre si avvicinava alle sue labbra. «Sei geloso?» chiese facendo scivolare le sue mani sul torace.


10 Il ragazzo la osservò per alcuni istanti e poi mantenendo il sorriso rispose tranquillo: «No… andiamo…» Il vento s’insinuò tra i rami e smosse alcuni aghi morti dal terreno. Portò con sé il profumo dei pini e della resina, ma anche un suono soffocato che fece fermare l’avanzare dei ragazzi. «Shh, hai sentito?» chiese lei bloccandosi all’istante e tendendo l’orecchio per ascoltare meglio. «Che c’è?» domandò il ragazzo guardando il volto della fidanzata in attesa di qualcosa. «Mi è sembrato di sentire… niente… non era niente, credo» scosse la testa e allontanò ogni sospetto con un sorriso appena accennato. Si erano appena decisi a riprendere il cammino quando udirono nuovamente un basso mugolio. «Hai sentito?» chiese lei fermandosi spaventata e mettendo una mano sul petto del ragazzo. «Forse dovremmo lasciar perdere…» lui scosse la testa e si guardò intorno «credo che ci sia qualcuno, è meglio se andiamo via» continuò spaventato. Il mugolio divenne più forte, quasi come un urlo soffocato da un cuscino, e fece trasalire i ragazzi. «Brad…» la voce della ragazza era ridotta quasi a un sussurro «credo che qualcuno sia nei guai…» il suo sguardo si perse nel vuoto per alcuni istanti mentre cercava di carpire altri suoni. «Andiamo via, May.» Il divertimento che alcuni istanti prima aveva albergato sereno sul volto di Brad, adesso aveva ceduto il posto a un’espressione di paura. Mise una mano sul braccio di May e continuando a guardare dritto davanti a sé, disse: «Dai, coraggio… è meglio se ci leviamo dai piedi» strinse la mano sul suo braccio e cominciò a trascinarla via da lì. «Aspetta!» disse lei fermandosi e cercando il sostegno del compagno «e se qualcuno avesse bisogno di aiuto? Non possiamo andarcene.» Il mugolio divenne sempre più forte e i due ragazzi si voltarono con un sussulto. «Santo Dio, May, andiamocene!» il ragazzo la tirò a sé, ma lei continuava a guardare tra i rami degli abeti, cercando di scorgere qualcosa.


11 «Credo che sia da questa parte!» Lasciando la mano di Brad iniziò a correre in direzione del mugolio soffocato, facendosi strada tra i rami appuntiti e cercando di ignorare le proteste del ragazzo alle sue spalle. «May, aspetta! Torna subito qui!» Lui cercava di starle dietro ma c’erano rami caduti e radici sporgenti sul terreno e il suo passo era incerto. Pochi istanti dopo udì un urlo disperato e si bloccò. «May!» gridò, riconoscendo in quell’urlo terrorizzato la voce della sua ragazza. La trovò pochi passi dopo, davanti a sé. Aveva le mani tra i capelli e stava ancora gridando a squarciagola, mentre fissava qualcosa. Il ragazzo corse da lei e la prese per le spalle, cercando di farla voltare. Lei si mise una mano sulla bocca e i suoi occhi continuarono a guardare dritto davanti a sé. «May…» disse lui spaventato. Poi si voltò e finalmente capì il motivo del terrore di May. Davanti a loro c’era un ragazzo con una maschera terrificante sul volto. Aveva le gambe ingessate e legate a una grossa asse di legno che faceva da piedistallo. Le braccia allargate erano anch’esse ingessate, e sulla schiena aveva due grandi ali di pietra. Indossava una tunica grigia, dello stesso colore della pietra. «Oh mio Dio…» sussurrò Brad a quella vista. Lasciò May lì, che continuava a piangere e trattenere nuove grida, e fece qualche passo in avanti per avvicinarsi all’angelo di pietra, pensando che il ragazzo fosse privo di sensi o addirittura morto. Quando allungò una mano per sfiorargli il viso coperto dalla maschera, lui aprì gli occhi di scatto e un nuovo mugolio uscì dalla sua bocca chiusa da un bavaglio sotto la maschera. Le sue urla imprigionate, lo sguardo terrorizzato.


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CAPITOLO 3

Gli ultimi flebili raggi del sole lasciarono rapidamente posto all’oscurità della sera. Erano le sei e mezza e la volante diciassette aveva deciso di prendere quell’ultima chiamata. Il detective Ryan Ford era alla guida dell’auto, accanto alla collega Gabrielle Fallow, che guardava distratta fuori dal finestrino il paesaggio circostante immerso nell’oscurità. Alcune nubi minacciose si stavano addensando, conferendo al cielo una sfumatura plumbea e foriera di maltempo. «Dicono che pioverà durante il weekend» disse lei distratta, continuando a guardare la seta scura dell’imbrunire che si stendeva cupamente su di loro, accompagnandoli verso il luogo prefissato. «Avevi programmi per questo fine settimana, detective?» chiese Ryan con una punta di sarcasmo, sapendo bene che Gabrielle conduceva una vita piuttosto solitaria per la sua giovane età. Aveva appena compiuto trent’anni e da tempo aveva accantonato la sua vita privata per dedicarsi anima e corpo al lavoro. Nonostante “la merda” che era costretta a vedere giorno dopo giorno, così diceva lei, era sempre meglio che stare legata a qualcuno che poi decide di mollarti quando la situazione si fa troppo seria. Aveva avuto fin troppe delusioni e aveva deciso di darci un taglio. Del resto lei lo sapeva bene. La felicità è come una puttana da una botta e via. Ti seduce, ti illude e poi se ne va, lasciandoti vuoto a ricordare quell’effimero istante di gioia che dura solo il tempo di una sveltina. «Non si sa mai, collega» rispose lei senza guardarlo. In realtà da diverse settimane stava studiando per l’avanzamento di grado a tenente. Voleva fare carriera in fretta, aveva sperato di riuscirci prima dei trenta ma non era stato così. Il detective Ford continuava a guardare l’ora sul cruscotto, cercando di non far notare la sua tensione, ma Gabrielle Fallow lo conosceva bene.


13 «Stai tranquillo. Non credo che ci vorrà molto per occuparci di questo caso. Sarai a casa in tempo.» «Ho detto alla babysitter che sarei tornato per le sette, dannazione.» «Abbiamo ancora tempo, paparino. Rilassati.» Ryan Ford era padre single di un ragazzino di undici anni. La sua compagna l’aveva lasciato quando il bambino aveva pochi mesi e da allora non si era più fatta viva. Lui aveva provato a cercarla tante volte, anche servendosi delle risorse della polizia, ma senza successo. Suo figlio Bernie era tutta la sua vita e per stargli vicino aveva modificato gli orari di lavoro, cercando di arrivare a casa ogni sera allo stesso orario, per non fargli pesare anche la sua assenza. Ryan era ben informato delle intenzioni di Gabrielle di diventare tenente e si era detto entusiasta. Pensava che avesse stoffa e appoggiava di buon grado la sua idea. Inoltre, con Gabrielle come tenente, avrebbe avuto un diretto superiore più elastico con i suoi orari di lavoro e le sue esigenze familiari. Il che era perfetto. Le luci bianche dei faretti della scientifica che videro da lontano li avvisarono che la scena del crimine era vicina. «Ci siamo» Ryan diminuì la velocità e dopo pochi metri andò a parcheggiare proprio vicino alle altre volanti della polizia arrivate sulla scena prima di loro. I detective scesero dalla macchina e avanzarono con cautela al limitare del bosco immerso nell’oscurità. Mostrarono i distintivi di riconoscimento e oltrepassarono la striscia bianca e rossa del coroner. «Accidenti, c’è il Capitano Whyte» disse Gabrielle sorpresa, indicando con un cenno della testa il Capitano che stava parlando con il medico legale. «Che diavolo è successo qui per far scollare il culo del Capitano dalla sua preziosa sedia?» chiese Ryan ironizzando cinicamente mentre avanzava insieme alla collega. Il bosco aveva perso la sua intimità. Adesso era tutto un brulicare di sbirri e uomini della scientifica che fotografavano e misuravano ogni singolo ramo e tronco spezzato. «Ehi ragazzi» l’agente Visnijc, un croato sui trentacinque che non aveva ancora perso del tutto il suo accento, si avvicinò a loro e li salutò.


14 «Ehi Tim, ma che succede?» chiese Ryan indicando col mento il Capitano Jeremy Whyte pochi metri davanti a loro. Tim abbassò lo sguardo e scosse la testa. «Davvero un bel casino, ragazzi. Appena è arrivata la chiamata alla centrale il Capitano si è precipitato con la speranza di non far avvicinare la stampa.» «La stampa? Di che casino stai parlando?» chiese Gabrielle. «Se si viene a sapere una cosa del genere, i giornalisti ci andranno a nozze» continuò Visnijc. «Hanno già portato via il corpo?» chiese Ryan guardando la scientifica che continuava a fotografare e piazzare segnali identificativi sul terreno. «Non c’è nessun cadavere, amico» Visnijc scosse la testa. «Come sarebbe? E allora che succede?» alla domanda di Gabrielle rispose direttamente il Capitano Whyte che nel frattempo si era avvicinato ai detective. «Succede che siamo stati fortunati, detective Fallow.» «Capitano» i due detective salutarono il superiore con un cenno del capo. Indossava un abito scuro che risaltava la sua imponente statura. Aveva da poco superato i sessanta, ma era ancora un uomo forte e vigoroso. L’azzurro intenso dei suoi occhi risaltava sulla carnagione chiara, i capelli avevano appena iniziato a ingrigirsi. Nonostante la severità del suo volto, i suoi occhi celavano una triste dolcezza che contrastava enormemente con la sua figura. «Alla radio abbiamo sentito che due ragazzi hanno trovato una vittima nei pressi del bosco» disse Ryan guardando il Capitano. «Sì, è così detective Ford, ma la vittima è ancora viva. Si tratta di un adolescente, tra i tredici e i sedici anni. Una coppia l’ha trovato con una maschera in volto, gambe e braccia ingessate. Aveva due ali di pietra legate dietro la schiena e una tunica grigia.» «Cristo Santissimo» commentò sommessamente Ryan, passandosi una mano tra i capelli. «Già. Erano venuti qui per stare un po’ da soli e hanno sentito un urlo soffocato. La ragazza è stata la prima a trovarlo. La vittima aveva un panno infilato in gola per bloccargli le urla. È fortunato che non sia morto soffocato» il Capitano si girò e guardò May seduta sul camioncino della scientifica con una coperta sulle spalle e il fidanzato Brad al suo fianco. Erano sconvolti.


15 Il Capitano Whyte tornò a concentrarsi sui detective Ford e Fallow. Di solito non usciva dal suo ufficio per presiedere a una scena del crimine, a meno che la situazione fosse delicata, come in quel caso. «Sono felice che siate stati voi a prendere la chiamata. Vi affido il caso e vi imploro di non parlare con la stampa di tutta questa storia finché non avremo le idee più chiare» sottolineò quelle ultime parole con più foga di quanto avrebbe voluto, e Ryan e Gabrielle capirono che la situazione era seria. Gabrielle annuì e guardando i ragazzi in lontananza chiese: «Sono già stati interrogati?» «L’agente Visnijc ha fatto loro alcune domande, ma vorrei che li portaste in centrale per verbalizzare la loro deposizione e iniziare con quello che abbiamo in mano.» «Del ragazzo che ne è stato?» chiese Ryan. «Lo hanno portato immediatamente al pronto soccorso. Non appena possibile andrete in ospedale a parlare con lui e con la famiglia. Vediamo di capire che diavolo è successo qui.» «Sappiamo chi è il ragazzo?» chiese Ryan. «Non ancora, appena riusciranno a rimuovere il gesso e sarà in condizioni di parlare, allora potremo saperne di più. Fino ad allora, andate in centrale e interrogate i testimoni. Cerchiamo di venire a capo di questa storia.» «Agli ordini capo» disse sommessamente Gabrielle elaborando quanto aveva appena detto il Capitano. «Bene signori, mettiamoci al lavoro» il Capitano li guardò negli occhi uno a uno e poi si diresse verso la sua auto, lasciando Ryan e Gabrielle sulla scena del crimine. Un lampo squarciò il cielo illuminando per un istante il bosco violato della sua privacy. Il tuono che seguì chiarì che di lì a poco la pioggia avrebbe purificato con la sua rabbia qualcosa che era stato sporcato dalla follia dell’uomo. Gabrielle e Ryan si guardarono intorno, regnava un caos frenetico nelle ricerche e nella catalogazione dei reperti della scena del crimine, primi passi per la ricerca della verità. Nei loro occhi s’intravide chiara la convinzione che fossero solo all’inizio di qualcosa di mostruoso.


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CAPITOLO 4

Brad e May erano seduti in sala interrogatori da soli dieci minuti. Ryan aveva appena finito di parlare al telefono con la babysitter, dicendole che avrebbe tardato un po’ quella sera. Gabrielle, mentre aspettava che il collega finisse la sua telefonata, aveva osservato a lungo i ragazzi dal vetro della sala interrogatori. Erano terrorizzati. «Allora, come andiamo qui?» chiese Ryan con voce stanca mentre riponeva il cellulare in tasca e si avvicinava a Gabrielle, guardando a sua volta i ragazzi attraverso il vetro. «Sono stravolti.» «D’accordo… mettiamoci al lavoro.» Non appena i detective aprirono la porta, i ragazzi trasalirono. «Ci scusiamo per l’attesa, dobbiamo solo farvi qualche domanda e poi sarete liberi di andare» disse Gabrielle accennando un sorriso e sedendosi di fronte ai due, seguita da Ryan. «Detective, abbiamo detto tutto al vostro collega giù nel bosco. Io e la mia ragazza abbiamo davvero bisogno di tornare a casa.» Brad parlò tenendo un braccio attorno alle spalle di May che aveva lo sguardo fisso sulle sue mani intrecciate in grembo. «Mi rendo perfettamente conto signor… Evans» lesse il cognome sul foglio che aveva davanti, poi continuò: «quello che voglio sapere è se avete visto anche qualcun altro nel bosco vicino al ragazzo.» «No, nessuno» Brad guardò la ragazza al suo fianco con aria apprensiva «è stata May la prima a sentire qualcosa di strano e poi è corsa in direzione di quel rumore che ci sembrava un lamento soffocato. Ha visto il ragazzo e poi sono arrivato io.» Gabrielle e Ryan guardarono la ragazza che continuava a fissare le sue dita intrecciate. «È sicura di non aver visto nessun altro, signorina Menphis?» chiese Ryan con gentilezza cercando il suo sguardo.


17 May alzò lo sguardo sui loro volti e scosse la testa lentamente in segno di diniego, poi con un sussurro aggiunse: «È stato terribile…» nuove lacrime le solcarono il viso e presero a scorrere lentamente. «Vi capita spesso di andare nel bosco? Sapete se ci sono altri ragazzi che girano in quelle zone la sera?» Gabrielle sistemò alcuni fogli sul tavolo e attese una risposta. May si fece coraggio e rispose alla domanda: «Io ero già stata lì altre due volte con alcuni amici. Ma in genere non ci va mai nessuno. Io e Brad volevamo stare un po’ soli, sapevamo che in questo periodo dell’anno, e dopo una certa ora, non c’è mai nessuno nei paraggi.» I detective annuirono silenziosamente. Brad e May erano certamente più grandi dell’angelo di pietra, quindi di certo non potevano frequentare lo stesso giro di ragazzi. E se quanto dicevano era vero, se nessuno frequentava quelle zone in quel periodo e a quell’ora particolare, il colpevole aveva scelto con cura quel bosco, con la speranza di non far trovare subito la sua vittima. Fortunatamente gli era andata male. Gabrielle guardò May e Brad e capì che erano stanchi e che volevano solo andare a casa per lasciarsi quella storia alle spalle. Guardò Ryan alla sua destra e poi disse ai ragazzi che potevano andare. «Vi ringrazio e se dovesse venirvi in mente qualcosa, non esitate a contattarci.» I detective strinsero loro le mani e uscirono dalla sala interrogatori. «Allora che ne pensi?» chiese Ryan con un sospiro mentre tornavano a sedersi alla loro scrivania. «Penso che sia una storia del cazzo.» «Già, chi diavolo può fare una cosa simile a un ragazzino?» «È quello che dobbiamo scoprire al più presto.» Ryan conosceva bene Gabrielle, lavoravano insieme da tre anni e gli bastava uno sguardo per capire quando qualcosa di strano le passava per la testa. «A che pensi?» le chiese. Gabrielle lo guardò a lungo prima di rispondere. «Penso che potrebbe essere solo l’inizio.» «Credi si tratti di un seriale? Non pensi sia un tantino prematuro?» Gabrielle lo guardò a lungo. Forse Ryan aveva ragione, ma c’era del metodo in quello che avevano visto. Di certo c’era premeditazione. Il


18 rapitore aveva scelto minuziosamente sia il luogo, sia il modo in cui conciare quel povero ragazzo. Forse pensava di lasciarlo lì a morire soffocato, o di fame e freddo. Magari era presto per pensare a un seriale, ma qualcosa le diceva che dietro quello che avevano visto c’era uno schema più grande. Si alzò e prese pistola e distintivo. «Senti perché non vai a casa? Io controllo sul database le denunce di scomparsa di minori delle ultime due settimane e poi farò un salto in ospedale.» Ryan la guardò e si passò una mano tra i corti capelli biondo cenere. In altre circostanze avrebbe accolto volentieri l’invito della collega e sarebbe andato a casa da suo figlio. Ma la possibilità di avere a che fare con un maniaco seriale che prendeva di mira bambini e adolescenti gli scatenava il senso del dovere. Guardò un’ultima volta l’orologio e maledisse il suo lavoro. «Aspetta… ti do una mano.»


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CAPITOLO 5

Nelle ultime due settimane c’erano state cinque denunce di scomparsa di minore, ragazzini tra i dieci e i quindici anni d’età. Ogni profilo aveva una foto fornita dalla famiglia che aveva sporto denuncia, ma loro non avevano ancora identificato il ragazzo trovato nel bosco. Ryan e Gabrielle avevano lasciato l’elenco a Tim Visnijc e si erano diretti in ospedale dal ragazzo. «Andiamo a vedere se possiamo parlare con lui, non appena avremo un nome chiama immediatamente la famiglia e falli venire in ospedale» si erano raccomandati con il collega. Ryan parcheggiò l’auto fuori dal pronto soccorso. Arrivarono alla reception e mostrarono i distintivi a un’infermiera di turno che era intenta a rispondere al telefono e compilare cartelle. «Siamo i detective Ford e Fallow, vorremmo sapere se è possibile parlare con il ragazzo che hanno trovato nel bosco.» L’infermiera li guardò uno alla volta con aria sorpresa. Da quando avevano ricoverato il ragazzo, non si parlava d’altro in ospedale, finalmente la polizia aveva deciso di farsi viva. Guardò i detective e farfugliò: «Ma certo… vi chiamo subito il dottor Lao.» Pochi minuti dopo, un dottore coreano di bassa statura, con i corti capelli a spazzola e piccoli occhiali a mezzaluna calcati sul naso, avanzò verso di loro con una cartella in mano e si concentrò su Ryan e Gabrielle. «Detective Ford e Fallow?» li guardò a turno «sono il dottor Lao, mi occupo del ragazzo che avete trovato nel bosco.» «Come sta? Possiamo parlare con lui, dottore?» chiese Gabrielle. «Temo che non sia ancora cosciente. L’abbiamo liberato dal gesso che gli ricopriva le braccia e le gambe e rimosso le ali. Adesso è sotto morfina. Il ragazzo presentava diverse contusioni e lesioni cutanee, inoltre era fortemente disidratato. Abbiamo fatto un esame tossicologico


20 per escludere la presenza di droghe nell’organismo. Non appena avremo i risultati vi informeremo.» «Quindi siamo sicuri che si tratti di gesso?» chiese Ryan pensieroso. «Sì, il materiale scuro sulle braccia e sulle gambe, simile alle ali che aveva sulla schiena, è gesso. È stato dipinto dello stesso colore delle ali. È lo stesso gesso che si usa in ortopedia per le fratture. Lo abbiamo rimosso con una sega ortopedica e l’abbiamo dato a un agente di sorveglianza affinché lo portasse dai vostri colleghi della scientifica. Il ragazzo non aveva i suoi vestiti, il sequestratore deve averlo spogliato per… trasformarlo in angelo. Aveva solo la tunica grigia che abbiamo consegnato insieme a tutto il resto.» Gabrielle guardò Ryan e lui lesse il suo pensiero negli occhi: “Che sia stato un medico?”. Non era facile avere accesso a certi materiali. «Siete riusciti a chiedergli qualcosa? Sapete come si chiama il ragazzo? Per noi è vitale rintracciare e informare la famiglia.» Il dottor Lao annuì. «Sì, poco prima di perdere coscienza ha detto di chiamarsi Andrew. Non abbiamo scoperto altro. Per fortuna non ha riportato danni più seri di quelli che vi ho detto.» «La ringrazio, dottore.» Ryan prese il cellulare dalla tasca e si allontanò di qualche passo per chiamare Visnijc alla centrale. «Tim, controlla sull’elenco se c’è un certo Andrew tra i ragazzi scomparsi nelle ultime due settimane» Ryan attese alcuni istanti, poi sul suo viso si formò un’espressione trionfante «magnifico, deve essere lui. Contatta la famiglia e falli venire in ospedale» chiuse la chiamata e si rivolse a Gabrielle: «Tra i ragazzi scomparsi c’è un certo Andrew Power, quindici anni. La famiglia ha denunciato la sua scomparsa due giorni fa. Tim sta contattando i genitori.» «Bene, è un inizio» Gabrielle annuì, il dottor Lao abbassò lo sguardo un istante e poi si rivolse ai detective con un tono di voce più basso. «Sentite, abbiamo fatto delle lastre per verificare eventuali fratture ossee, inoltre ci siamo accorti che il ragazzo presentava dei lividi più vecchi di quelli che probabilmente gli ha fatto il sequestratore. Dalle lastre sono


21 emerse numerose microfratture ormai saldate e il braccio destro presenta una torsione a manico di secchio.» Ryan e Gabrielle ascoltarono tutto senza interrompere, poi si guardarono e Ryan chiese: «Sta dicendo che il ragazzo potrebbe essere vittima di abusi?» «Io suggerirei di parlare con i genitori prima di consentirgli di vedere il figlio… in casi del genere noi siamo tenuti a chiamare la polizia e i servizi sociali e non possiamo far avvicinare la famiglia ai ragazzi di cui sospettiamo gli abusi.» «La ringraziamo dottor Lao, ci è stato di grande aiuto» disse Gabrielle allontanandosi di qualche passo dal dottore, subito dopo Ryan si avvicinò a lei e disse a bassa voce: «Anche se il ragazzo è vittima di abusi da parte della famiglia, dubito che sia scappato di casa per sfuggire ai genitori violenti e si sia cosparso da solo di gesso e incollato alla schiena due ali di pietra.» «Già, lo credo anch’io.» «Potrebbero essere stati i genitori, ma non credo che avrebbero sporto denuncia in quel caso.» «Magari è un amico di famiglia o qualcuno di cui Andrew si fidava» ipotizzò Gabrielle. «Già, tutto è possibile… lo scopriremo presto, credo.» Circa mezz’ora dopo i genitori di Andrew Power si precipitarono in ospedale. La madre aveva l’aria stravolta, gli occhi rossi e gonfi di chi aveva appena pianto, i capelli arruffati legati sbrigativamente in una coda di cavallo. Il padre, un uomo alto e piuttosto robusto, aveva l’aria severa e camminava dietro sua moglie. «Dov’è mio figlio? Hanno portato qui mio figlio! Ditemi dov’è, vi prego!» la signora Power iniziò a gridare disperata, rivolgendosi all’infermiera della reception. Gabrielle diede un colpetto alla gamba di Ryan che era seduto al suo fianco in sala d’attesa. «Ci siamo» disse alzandosi seguita dal collega. «Signori Power? Siamo i detective Fallow e Ford» esibì il suo distintivo, imitata da Ryan «vorremmo farvi alcune domande su vostro figlio.» «Dov’è nostro figlio? Vogliamo vederlo!» disse la donna in preda a una crisi isterica.


22 «Signora Power, suo figlio sta bene, si calmi. Abbiamo bisogno di chiedervi alcune cose prima.» «Ha sentito mia moglie? Vogliamo sapere dov’è nostro figlio» ringhiò rabbioso il signor Power. Gabrielle capì che l’apprensione dei genitori era genuina. “Non ce li vedo a fare una cosa del genere. Sembrano davvero provati”, pensò. «Vostro figlio sta bene e sta riposando» disse, cercando di mantenere la calma. «Che cosa gli hanno fatto?» chiese la madre tra le lacrime. «Signori Power, voi avete denunciato la scomparsa di Andrew due giorni fa, è esatto?» chiese Ryan. «Sì, è esatto. La mattina è andato a scuola e non ha più fatto ritorno a casa» rispose il padre. «Era già successo altre volte? Andrew era già scappato di casa?» «Senta, queste stronzate ce le hanno già chieste i vostri colleghi quando abbiamo denunciato la scomparsa, adesso vogliamo solo sapere che diavolo è successo a nostro figlio» ringhiò. Ryan abbassò lo sguardo un istante, poi disse: «Signori Power abbiamo trovato vostro figlio in un bosco e…» le sue parole vennero interrotte dai commenti di alcune persone in sala d’attesa alle loro spalle che stavano guardando un servizio al telegiornale delle ventidue. «Santo Dio… chi può aver fatto una cosa del genere?» I detective e i genitori del ragazzo si girarono e guardarono il servizio in silenzio. “È stato ritrovato oggi pomeriggio nel bosco, un ragazzo approssimativamente sui quindici anni, con il volto coperto da una maschera, le braccia e le gambe ricoperte di un materiale scuro che non abbiamo ancora identificato e con addosso una tunica grigia. Aveva due grosse ali di pietra legate sulla schiena. I due testimoni sono stati interrogati dalla polizia che per il momento non vuole rilasciare alcuna dichiarazione sull’accaduto…”. Il servizio proseguiva con l’inquadratura del Capitano Whyte mentre tornava in centrale. Cercava di coprirsi il volto con una mano davanti al viso, ripetendo «no comment» ai giornalisti. Sembrava irritato e fuori di sé. Non era riuscito a tenere la stampa lontana tanto a lungo. Gabrielle e Ryan si guardarono.


23 «Merda» sussurrò quest’ultimo passandosi una mano tra i capelli. «Oh mio Dio, non ditemi che si tratta di Andrew» la signora Power adesso li guardava, scuotendo la testa e supplicando di non sentire “sì” uscire dalle labbra dei detective di fronte a lei. «Perché non andiamo a parlare in un posto più tranquillo?» suggerì Gabrielle.


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CAPITOLO 6

Il dottor Lao mise a loro disposizione il suo ufficio personale, dicendo che avrebbero potuto parlare con tranquillità e libertà. La signora Power era stravolta. Nuove lacrime cominciarono a rigarle il volto stanco ed emaciato. Gabrielle la guardò a lungo e pensò che in circostanze migliori doveva essere bella. Ma adesso il suo viso era una maschera di dolore, apprensione e stanchezza. I suoi capelli erano spenti e sporchi, le sue unghie conservavano ancora tracce di smalto rosso che doveva aver messo diversi giorni prima, ma la maggior parte era andato via probabilmente grazie al fatto che la donna continuava a tormentarsi le unghie in un moto di costante nervosismo. Gabrielle pensò che non aveva voluto rimuoverlo tutto e non aveva voluto lavarsi i capelli, forse perché prendersi cura di se stessa sarebbe stato offensivo nei confronti del figlio scomparso. L’aveva già visto altre volte. Il signor Power invece continuava a mostrarsi nervoso e impaziente di vedere il figlio e sapere che cosa gli fosse successo. A differenza della moglie, però, il suo viso sembrava più riposato, nonostante la durezza dei suoi occhi e le profonde occhiaie scure che contornavano il suo sguardo, che potevano facilmente essere scambiate per spossatezza. «È vero quello che dicono al telegiornale?» chiese la signora asciugandosi il naso con un kleeneex «avete trovato nostro figlio ridotto in quello stato?» la voce le morì in gola a quelle ultime parole e nuove lacrime le rigarono le guance. «Chi diavolo ha fatto una cosa del genere a nostro figlio?» chiese con rabbia il marito seduto accanto a lei. Ryan guardò Gabrielle e poi si rivolse direttamente al signor Power: «Sì, abbiamo trovato vostro figlio in un bosco. O meglio, una coppia di ragazzi l’ha trovato in un bosco. Un’ambulanza l’ha portato immediatamente qui e hanno fatto tutti gli accertamenti necessari.


25 Andrew aveva una maschera sul volto, le gambe e le braccia ingessate, inoltre gli sono state legate due ali di pietra sulla schiena e…» Ryan venne interrotto. «Mi sta dicendo che lo hanno ingessato e gli hanno legato delle ali di pietra addosso?» «Sì… lo so che non è facile per voi, ma…» «No, mi stia bene a sentire» il signor Power si sporse leggermente in avanti e puntò un indice contro Ryan «voglio sapere chi ha fatto questo a mio figlio. Ditemi subito chi è quel bastardo e ci penserò io.» Gabrielle intervenne: «Signor Power, la polizia è perfettamente in grado di occuparsi del caso, non è necessaria una sua vendetta personale. La prego di calmarsi e di lasciare che le indagini facciano il loro corso.» «E allora che diavolo ci fate qui?» disse alzando la voce e sbattendo una mano sulla scrivania del dottor Lao «andate lì fuori e arrestate quel figlio di puttana!» «È quello che stiamo cercando di fare» Gabrielle faticò a mantenere la calma «siamo qui per avere maggiori informazioni su vostro figlio» poi abbassò un istante lo sguardo e diede una rapida occhiata a Ryan alla sua sinistra prima di proseguire: «Il dottor Lao ha riscontrato numerose lacerazioni sul corpo di Andrew. Il ragazzo era ricoperto di lividi e tagli…» Gabrielle attese alcuni istanti prima di continuare, lasciò che i genitori di Andrew metabolizzassero bene le sue parole. «Alcuni di questi lividi tuttavia erano più vecchi, già sbiaditi… il che lascia pensare che il ragazzo spesso è soggetto a maltratt…» Il signor Power interruppe Gabrielle a metà frase: «Aspetti un attimo, so bene dove vuole andare a parare. Noi non picchiamo nostro figlio, è chiaro?» «Non vi stiamo accusando di niente, signor Power» disse Ryan cercando di mantenere un tono pacato «il detective Fallow sta solo esponendo la situazione. Il dottor Lao ha inoltre fatto alcune lastre ed è emerso che il ragazzo presenta una torsione a manico di secchio nel braccio destro.» Guardò a lungo i signori Power uno alla volta. «Sapete cosa vuol dire?» chiese. I coniugi si guardarono in silenzio. La signora Power abbassò lo sguardo e scosse la testa. Il marito dopo averla guardata, disse ai detective: «Sentite… Andrew non è un ragazzo facile. Sì, è vero qualche volta gli


26 avrò dato uno schiaffo o due, o lo avrò tirato per un braccio con più forza di quanta volessi, ma non maltrattiamo nostro figlio.» Ryan guardò Gabrielle e lei annuì impercettibilmente, poi proseguì: «Cosa vuole dire con “non è un ragazzo facile?”» chiese continuando a guardare il signor Power negli occhi. La signora rispose al posto di suo marito, dopo essersi asciugata le lacrime. «Andrew ha un carattere difficile. La scuola ci ha mandati a chiamare già tre volte quest’anno da quando è iniziato il semestre.» «Crea problemi in classe?» chiese Gabrielle. «La preside della scuola ci ha detto che un paio di volte è dovuta intervenire personalmente per fermare Andrew che stava picchiando un suo compagno.» Il signor Power scosse la testa e ammise: «È per via delle sue stronzate che l’ho picchiato delle volte.» «George calmati, ti prego» disse a bassa voce la moglie mettendogli una mano sul braccio. Gabrielle guardò Ryan e cercò di collegare mentalmente quelle nuove tessere, come se stesse creando un puzzle, poi guardò nuovamente i genitori di Andrew. In altre circostanze avrebbe informato personalmente i servizi sociali. Le microfratture di Andrew, i lividi sbiaditi e la torsione al braccio erano chiari segni di percosse che non potevano giustificarsi con “uno schiaffo o due”, come aveva detto il signor Power. Il ragazzo veniva picchiato regolarmente, anche se non poteva certo escludere quanto appreso poco prima, ovvero che Andrew faceva botte a scuola. Magari alcune contusioni derivavano proprio dal suo comportamento violento a scuola. Capì che la situazione era più delicata e complicata del previsto e i signori Power erano già abbastanza tesi e non vedevano l’ora di uscire da quella stanza, quindi decise di mettere da parte l’argomento per quella sera. «Va bene così per adesso. Avremo bisogno di parlare con voi e ovviamente con Andrew non appena si rimetterà» tirò fuori dalla tasca il suo bigliettino da visita «chiamatemi a questo numero a qualunque orario e per qualsiasi problema. Soprattutto se Andrew vi dice qualcosa sul rapimento.» I detective si alzarono, seguiti dai signori Power.


27 «Spero che riusciate a venirne a capo» disse la signora guardando speranzosa Gabrielle negli occhi. «Lo spero anch’io» rispose.


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CAPITOLO 7

La mattina seguente Gabrielle dormiva ancora profondamente. Dopo aver parlato con i signori Power, lei e Ryan erano andati a mangiare un boccone alla tavola calda di fronte alla centrale e avevano parlato a lungo del caso. Era tornata a casa a mezzanotte ed era crollata sul letto con ancora i vestiti addosso. La sveglia suonò e lei sobbalzò mentre era sdraiata a pancia sotto con i capelli castani che le ricadevano ondulati sul viso. Staccò la sveglia facendola cadere sul comodino e si mise a sedere sul letto. Si passò una mano tra i capelli e sul viso, cercando di levare il sonno dagli occhi color nocciola. “Coraggio”, pensò mentre si alzava e andava a farsi la doccia. Mezz’ora dopo fu in strada diretta a casa di Ryan. Parcheggiò l’auto davanti il cancello e andò a suonare. Ryan le aprì la porta e la fece entrare, salutandola distrattamente. «Bernie è ora di andare, sbrigati» disse ad alta voce mentre andava in cucina seguito da Gabrielle. «Ti prego, dimmi che hai fatto il caffè» supplicò lei lasciandosi cadere su una sedia in cucina. Pochi istanti dopo Bernie scese giù le scale di corsa. «Ciao Gaby» salutò il bambino entrando in cucina. «Ciao tesoro» ricambiò lei sorridendogli. Bernie era la copia in miniatura di suo padre, sebbene i suoi capelli fossero di una tonalità appena più scura. Ryan versò una tazza di caffè per Gabrielle e senza guardare suo figlio disse: «L’autobus sta arrivando, sei già pronto?» «Devo solo prendere il pranzo» cercò la busta che aveva preparato Ryan sul ripiano della cucina. «È lì, stai attento» lo aiutò a mettere la busta di carta marrone dentro lo zaino per la scuola e poi si sedette di fronte a Gabrielle, che guardava quella scena sorridendo dolcemente.


29 Era sempre stupita di come Ryan riuscisse a far quadrare tutto nella sua vita. Lavoro, figlio e casa. Si guardò intorno e vide che a parte qualche tazza sporca dentro il lavello e una scatola di cereali sul tavolo, la cucina era in perfetto stato, come tutto il resto della casa. La mancanza di una madre nella vita di Bernie non aveva intaccato il suo equilibrio più di quanto si potesse pensare. L’autobus suonò il clacson un paio di volte e Bernie corse via dalla cucina, salutando Ryan e Gabrielle ad alta voce. «Fa’ attenzione, ci vediamo stasera» raccomandò Ryan poco prima che il figlio chiudesse la porta d’ingresso. Chiuse gli occhi un istante e si concesse qualche sorso di caffè prima di guardare Gabrielle seduta di fronte a lui. «Tutto bene?» chiese accennando un sorriso stanco, lei annuì. «Vorrei essere così assennata come te» scosse la testa sorridendo, poi lo guardò e prima di finire di bere il suo caffè disse: «Ci aspetta una giornata di fuoco, paparino.» Il Capitano Jeremy Whyte aveva indetto un briefing per le nove per parlare del caso “dell’angelo di pietra”. La sala riunioni era quasi piena e non appena Gabrielle e Ryan entrarono con due tazze di caffè in mano, la riunione ebbe inizio. «Buongiorno signori» iniziò il Capitano guardandosi attorno «ieri, nel tardo pomeriggio, un adolescente è stato ritrovato nel bosco da due ragazzi che sono stati successivamente interrogati dai detective Fallow e Ford. Il ragazzo aveva il volto mascherato, uno straccio ficcato in gola, le gambe ingessate e legate a un’asse di legno e le braccia ricoperte di gesso scuro, lo stesso colore delle ali di pietra legate sulla schiena. Era senza vestiti, a parte una tunica grigia che lo ricopriva per intero. La scientifica sta analizzando tutto il materiale e il ragazzo è attualmente sotto controllo in ospedale. Il dottor Lao ha inviato stamattina presto i risultati del test tossicologico ed è risultato negativo. Pensiamo che il sequestratore possa aver sedato il ragazzo per trasformarlo in angelo con qualcosa che non lascia traccia nell’organismo, ha detto di aver trovato il segno di una puntura sul suo collo.» Fece una breve pausa per guardarsi intorno, poi continuò:


30 «In base alle denunce di scomparsa delle ultime due settimane, l’identità del ragazzo corrisponde a Andrew Power, i genitori hanno denunciato la sua scomparsa due giorni prima del suo ritrovamento» il Capitano guardò Gabrielle e Ryan: «detective Ford e Fallow, volete aggiungere qualcosa?» Gabrielle si alzò, posando la tazza di caffè, e si schiarì la voce: «Abbiamo contattato la famiglia di Andrew, i genitori sono stati informati delle circostanze in cui il figlio è stato ritrovato.» Il Capitano la interruppe: «Già, grazie anche a quei figli di puttana dei giornalisti.» Si levarono delle risatine sommesse in sala. Gabrielle annuì e continuò: «Sì, hanno visto il servizio al telegiornale delle ventidue. Adesso la notizia è di dominio pubblico.» «In che condizioni è il ragazzo?» chiese un agente presente in sala. «Presenta diversi lividi e ferite da taglio, alcune piuttosto profonde. Il dottore che si occupa del caso ha inoltre riscontrato dei lividi più vecchi, il che lascia intendere che Andrew è stato picchiato già altre volte.» «Abusi familiari?» chiese Visnijc seduto in prima fila. «Lo credevamo anche noi all’inizio, Andrew presenta una torsione a manico di secchio nel braccio destro. Il padre ha ammesso di averlo picchiato altre volte, ma non crediamo sia vittima di abusi.» «Perché?» chiese il Capitano. «I genitori hanno detto che Andrew è un ragazzo difficile. Ha avuto problemi a scuola, la preside ha chiamato i genitori tre volte questo semestre, aveva picchiato dei compagni di classe, quindi pensiamo che lividi, contusioni e altro, possano dipendere dalla sua condotta violenta a scuola» rispose Ryan senza alzarsi. Tutti gli agenti presenti in sala guardarono il Capitano Whyte che annuiva gravemente distogliendo lo sguardo dai detective. «Cominciamo da qui allora» disse infine tornando a guardarsi intorno «Fallow, Ford, voi andate a scuola e parlate con la preside. Vedete di capire cos’è questa storia. Interrogate i suoi compagni di classe, i suoi amici. Scopriamo che tipo è Andrew Power, che giro di amici ha, che persone frequenta, se ha una ragazza ecc» poi si rivolse ad altri due agenti della sezione informatica: «Stanford, Cooper, voi fatevi dare un mandato e prendete il suo computer e il suo cellulare. Leggete i messaggi, vedete se ha chiamato qualcuno nelle ultime settimane.


31 Spulciate il suo profilo Facebook, leggete le sue conversazioni e scoprite se si era fatto dei nemici. Qualsiasi cosa troviate comunicatelo immediatamente a Fallow e Ford» i due agenti annuirono «la scientifica analizzerà il gesso, la maschera, lo straccio e la tunica, con la speranza di trovare impronte, fibre e altro. Dobbiamo anche capire dove il rapitore ha preso la tunica grigia. Il ragazzo non aveva vestiti addosso, probabilmente il rapitore deve averli fatti sparire. Prima di ingessarlo lo ha fasciato accuratamente. Speriamo comunque di trovare fibre o capelli che non appartengono al ragazzo per effettuare un riscontro dal nostro database.» Il Capitano fece una breve pausa, si guardò intorno e dopo pochi istanti, alzando leggermente la voce disse: «Non parlate con la stampa per alcun motivo. Non conoscono ancora l’identità del ragazzo, la vostra risposta a ogni singola domanda dei giornalisti su questa storia sarà: no comment. Non appena avremo ulteriori informazioni indirò una conferenza stampa, ma prima di allora…» li guardò uno alla volta e puntò un indice su di loro «qual è la vostra risposta?» Dalla sala si levò ad alta voce, all’unisono, la risposta: «No comment.»


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CAPITOLO 8

Il liceo St. Patrick era a quindici minuti dalla centrale di polizia. Ryan aveva insistito per guidare la macchina di Gabrielle, lei non era ancora del tutto sveglia. Parcheggiò dentro il cortile della scuola e si diressero verso gli uffici della presidenza. La preside della scuola, Josephine Gardner, era una donna di colore sui quaranta. Accolse i detective con gentilezza e li invitò nel suo ufficio. «Vi prego, accomodatevi» disse indicando le sedie di fronte alla sua scrivania mentre lei prendeva posto sulla sua poltrona girevole «posso farvi portare qualcosa?» chiese guardandoli. «No grazie, signora Gardner, vorremo solo farle alcune domande su Andrew Power» cominciò Ryan sistemandosi sulla scomoda sedia di plastica di fronte alla scrivania. Josephine Gardner annuì e li guardò a lungo, la bocca semichiusa come se volesse dire qualcosa. Ryan continuò: «Non occorre dirle che quello che saprà da noi non deve assolutamente uscire da questa stanza finché non avremo ordini precisi.» La donna annuì confusa guardando il detective di fronte a sé. «La famiglia di Andrew ha denunciato la sua scomparsa circa due o tre giorni fa. Si tratta di questo? Sono già venuti dei vostri colleghi a farmi delle domande su questa storia.» Gabrielle guardò Ryan al suo fianco, poi disse a Josephine: «Be’, non esattamente signora Gardner. Il ragazzo che è stato ritrovato ieri pomeriggio nel bosco, l’angelo di pietra, è Andrew Power.» Josephine si mise una mano alla bocca e guardò i detective esterrefatta. «L’angelo di pietra è… Andrew?» chiese con un filo di voce. «La preghiamo di non divulgare questa informazione per il momento» disse Ryan. La preside annuì sommessamente. «Ma certo… nessun problema.»


33 «Signora Gardner» continuò Gabrielle «la famiglia di Andrew ci ha messi al corrente del fatto che il ragazzo creava problemi a scuola. Ha fatto a botte con qualche compagno di classe?» La donna annuì di nuovo. «Sì, è così. Ho mandato a chiamare i suoi genitori tre volte negli ultimi due mesi. Siamo quasi a novembre e da settembre Andrew non ha fatto altro che creare disordini sia in classe che fuori» spiegò. «Di che tipo di disordini parliamo?» chiese Ryan prendendo appunti sul suo taccuino. Josephine si strinse nelle spalle e disse: «Be’, prendeva in giro alcuni dei suoi compagni, due o tre volte ha usato violenza su alcuni di loro.» Gabrielle e Ryan si guardarono. «Crede che Andrew possa essersi fatto qualche nemico?» chiese Gabrielle. Josephine tirò un sospiro. «Ho provato a parlare con lui e persino a mandarlo dalla psicologa della scuola, ma non abbiamo cavato un ragno dal buco. Nemmeno di fronte ai genitori e alla minaccia di sospensione ci ha detto quale fosse il suo problema. Sentite…» proseguì guardando i detective e scuotendo la testa sconfitta «non è il primo ragazzo difficile che ci capita… non sempre ne veniamo a capo ma, spesso questi ragazzi reagiscono così a causa di maltrattamenti familiari. Avete provato a parlare con i genitori?» «Sì, siamo a conoscenza del fatto che suo padre l’ha picchiato alcune volte, tuttavia non crediamo che il ragazzo sia vittima di maltrattamenti continuati da parte della famiglia» spiegò Ryan. Gabrielle guardò la donna e chiese: «Le dispiace dirci i nomi dei ragazzi che Andrew ha picchiato?» «Ma certo.» «Vorremo sapere anche se ha degli amici più stretti qui a scuola, o se ha una ragazza» chiese Ryan. «Posso darvi l’elenco dei suoi compagni di classe. Non so con chi è più in contatto, provate a parlare con loro» rispose facendo spallucce. «Lo faremo, grazie signora Gardner.» I detective aspettarono che la donna desse loro i nomi dei compagni di classe di Andrew e i nomi dei ragazzi che lui aveva picchiato, prima di congedarsi da lei.


34 «Potremmo aver di nuovo bisogno di parlarle nel corso delle indagini» avvertì Gabrielle mentre guardava la preside che consegnava a Ryan la lista dei nomi. «Naturalmente, se avete bisogno sapete dove trovarmi» accennò un sorriso cortese e accompagnò i detective alla porta. Fuori dall’ufficio della preside Gardner, Ryan e Gabrielle scorsero velocemente la lista dei compagni di classe di Andrew, erano una trentina. «Perderemo tutto il giorno» valutò Gabrielle scuotendo la testa mentre continuava a leggere l’elenco dei ragazzi. La lista conteneva un “sotto elenco” con i nomi dei ragazzi vessati da Andrew. «Già, forse dovremmo cominciare dai più “motivati”» suggerì Ryan indicando il primo nome sull’elenco dei ragazzi che Andrew aveva picchiato. Harry Hardy.


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CAPITOLO 9

Novembre, 1997 Una pioggia incessante continuava a venir giù dalla sera prima. Le strade erano allagate e gli alberi danzavano irrequieti sotto la forza prepotente dell’acqua che scuoteva quelle chiome marroni e diradate. «Annie, vuoi rispondere tu?» la professoressa Rocher la riscosse dai suoi pensieri. Annie girò la testa di scatto verso di lei e si rese conto di non sapere cosa stesse spiegando la docente. «Scusi… può ripetere la domanda?» chiese timida e quasi a bassa voce. Risatine sommesse si levarono dall’aula. «Eri distratta, Annie. Per favore cerca di prestare attenzione» la donna si girò nuovamente verso la lavagna e continuò a scrivere. Annie abbassò lo sguardo mortificata e si mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio, prima di iniziare a prendere seriamente appunti. «Sei proprio un’imbranata» le sussurrò un compagno alle sue spalle. Lei non si voltò a guardarlo. Lasciò che le lacrime si affacciassero silenziosamente dai suoi occhi, ma si sforzò con tutta se stessa per non lasciare che le rigassero il volto. La campana suonò e i ragazzi scesero a mensa per consumare il pranzo. Annie prese il suo vassoio e iniziò a riempire il piatto con un timballo di maccheroni al formaggio. «Non lo sai che quella roba fa ingrassare?» Penny si avvicinò a lei e guardò con disgusto il cibo che la ragazzina aveva messo nel piatto di plastica. Annie non rispose e Penny rincarò la dose: «Non che la cosa possa importare… sei già abbastanza grassa» ridacchiò coprendosi con una mano le labbra rosa.


36 «Lasciami in pace» riuscì a dire Annie, prendendo il vassoio e allontanandosi da lei. Penny la guardò furiosa e gridò facendosi sentire da tutti gli studenti presenti in sala mensa: «Ehi! Se non dimagrisci almeno un po’, nessun ragazzo vorrà mai uscire con te!» Gli studenti seduti a consumare il loro pranzo iniziarono a ridere fragorosamente e Annie si guardò in giro, rossa in volto, notando che tutti adesso la stavano osservando. «È così non è vero?» continuò malignamente Penny «nessun ragazzo vuole baciare una balena spiaggiata.» Nuove risate si levarono dalla sala. Il cuore di Annie si strinse nel petto fino a farle male. Lasciò cadere il vassoio per terra e corse via dalla sala, chiudendosi in bagno a piangere. “Perché Dio… perché?”, pensò disperatamente tenendosi la testa tra le mani, mentre stava seduta sul water con la porta chiusa. Dopo alcuni minuti che parvero infiniti, qualcuno bussò alla porta e Annie si sentì chiamare per nome. «Annie, sei lì dentro?» chiese una dolce voce fuori dal bagno. Annie tirò su col naso e si asciugò gli occhi con la carta igienica. «Perché non esci di lì? Dai, lo sai che Penny è solo una stronza.» Alcuni istanti dopo Annie aprì la porta. Maggie era di fronte a lei e la guardava preoccupata. Anche lei veniva spesso vessata da Penny e dagli altri ragazzi della scuola, ma a differenza di Annie, Maggie sapeva come mandarli al diavolo al momento giusto. «Dai vieni… ti do metà del mio panino» le sorrise tendendole la mano.


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CAPITOLO 10

Ottobre, 2018 Erano da poco passate le undici e la campana della ricreazione suonò. I ragazzi uscirono dalle aule precipitandosi nel cortile della scuola o consumando uno snack tra i corridoi, parlando e scherzando in gruppetti. Harry Hardy stava uscendo dall’aula dopo la lezione di matematica, con i libri in mano, teneva lo sguardo fisso a terra. Camminava goffamente e i suoi occhiali spessi continuavano a scivolargli sul naso e lui li sistemava ripetutamente come un tic nervoso. Mentre camminava nel corridoio, un ragazzo lo urtò facendogli quasi cadere i libri per terra. «Guarda avanti, imbranato!» lo canzonò quello, tirando dritto. «Harry Hardy?» una voce femminile davanti a lui lo costrinse ad alzare lo sguardo. Si sistemò gli occhiali sul naso e guardò il distintivo che Gabrielle esibiva. «Detective Fallow» disse lei mostrandoglielo per alcuni istanti «lui è il detective Ford. Vorremmo farti alcune domande» aggiunse un sorriso per non far preoccupare il ragazzo. Un livido sotto l’occhio sinistro andava sbiadendosi, lasciando una sfumatura gialla e verde sullo zigomo. Harry li guardò e poi chiese, senza alcuna emozione nella voce: «Siete qui per Andrew?» «Sì, vorremmo parlare con te di Andrew» ammise Ryan spostando il peso del corpo da un piede all’altro. «Non ho molto tempo, ho lezione di informatica tra dieci minuti» disse incamminandosi lentamente per il corridoio. «I professori capiranno se perdi qualche minuto di lezione, Harry» Ryan accennò un sorriso ma si sentì strano in presenza del ragazzo. Qualcosa in lui lo inquietava e allo stesso tempo il suo istinto di padre lo spingeva a provare un moto di protezione nei suoi confronti. Harry era indubbiamente un ragazzo timido e goffo e, per questo, oggetto di scherno da parte dei suoi compagni.


38 Uscirono in cortile e Harry si sedette sul muretto di fronte a Gabrielle e Ryan, che rimasero in piedi. «Quando hai visto Andrew per l’ultima volta?» chiese Gabrielle. Harry abbassò lo sguardo, tentando di ricordare. «Più o meno tre giorni fa. Ha saltato qualche lezione, poi la polizia è venuta qui a scuola e hanno cominciato a fare domande. Hanno detto che era scomparso.» Gabrielle annuì. «Hai dei problemi con lui?» provò a chiedere con cautela. «No… è lui che ha dei problemi con me» cercò di contenere il tono stizzito della sua voce. «È lui che ti ha fatto questo?» chiese Ryan indicando il livido sbiadito sullo zigomo. Harry annuì distogliendo lo sguardo. Ryan continuò: «Ci sono stati altri episodi come questo in passato?» Harry abbassò lo sguardo e attese alcuni istanti prima di rispondere: «Lui mi prende sempre in giro… mi fa cadere i libri per terra, mi incolla biglietti di carta sulla schiena e un paio di volte mi ha fatto cadere il pranzo in sala mensa.» “Il classico bulletto”, pensò amaramente Ryan. «Era la prima volta che ti picchiava?» chiese Gabrielle. Harry annuì. «Lui e i suoi amici ci avevano già provato, ma era sempre arrivato qualcuno e si erano fermati in tempo. Una volta invece eravamo soli e…» Harry non continuò sapendo che era superfluo. «Andrew è stato sospeso per averti picchiato?» chiese Ryan. «La preside ha mandato a chiamare i suoi genitori e anche mia madre che voleva denunciarlo, ma io ho insistito per non farlo.» «Cos’è successo allora?» «Il giorno dopo è sparito…» Ryan e Gabrielle si guardarono per un istante in silenzio, poi la detective chiese: «Aveva picchiato altri ragazzi prima di te?» Harry si strinse nelle spalle, poi disse: «È possibile…» La campana suonò e il ragazzo scese dal muretto. «Sentite, adesso devo proprio andare. Mi dispiace per quello che è successo a Andrew, ma non posso davvero aiutarvi. Provate a parlare con i suoi amici» senza attendere oltre si girò e s’incamminò verso l’entrata della scuola.


39 «Ragazzo strano» commentò Ryan continuando a guardarlo. «Già… credi che la madre di Harry si sia incazzata al punto da volersi vendicare?» Ryan fece spallucce e sbuffò pensieroso. «Be’ può darsi… insomma, non la biasimerei di certo.» Gabrielle si voltò verso di lui, guardandolo stranita. «Vorresti dire che tu ti vendicheresti?» «Dico solo che se si trattasse di mio figlio sarei incazzato a morte.» Gabrielle lo guardò a lungo, in tutti i casi che aveva seguito insieme a Ryan lui non si era mai schierato da nessuna parte. Sentire le sue parole le diede da pensare. «Va bene…» disse infine distogliendo lo sguardo da lui «tentiamo anche la pista della madre… non possiamo scartare nessuna ipotesi per ora.» «Andrew è un vero bastardo, è chiaro?» disse Tommy Byron, il secondo ragazzo sulla lista della preside Gardner. Indossava una maglietta di Star Wars e i jeans di una misura più grande della sua, mentre posava i suoi libri dentro una borsa del Doctor Who e rispondeva alle domande di Ryan e Gabrielle senza guardarli. «Spiegati meglio» chiese Ryan. «Sentite, Andrew non fa altro che prendere in giro tutti, ok? Ha picchiato me e un altro paio di ragazzi un paio di volte e la preside voleva sospenderlo dalla scuola. Ma quello stronzo in qualche modo cade sempre in piedi.» «Ha picchiato anche te?» chiese Gabrielle rimanendo piacevolmente affascinata dalla borsa blu che il ragazzo si mise a tracolla. Anche lei era una fan della serie TV. «Niente di serio come con Harry, certo. Però è bastato per far chiamare i suoi genitori» annuì distogliendo lo sguardo «continuava a dire che ero un povero nerd del cazzo, come se fosse un crimine essere appassionati di videogame e serie TV» disse gesticolando mentre si incamminava verso l’uscita dell’aula seguito dai detective. «Quand’è stata l’ultima volta che l’hai visto?» chiese Ryan. «Be’… alcuni giorni fa, non ricordo di preciso» Tommy cercò di ricordare con esattezza. «Ti è sembrato strano? L’hai visto turbato o più taciturno?»


40 Il ragazzo si fermò di colpo, infastidito da tutte quelle domande. «Sentite non ne ho idea, va bene? Non l’ho mai frequentato, di certo non siamo amici. Provate a chiedere a qualche maledetto dalek del suo gruppetto di amici.» Ryan guardò il ragazzo con aria interrogativa. «D… Dalek?» chiese, balbettando. Gabrielle accennò un sorriso e fece un cenno con la mano al collega mentre sussurrava: “lascia stare”. Pochi istanti dopo, Tommy era già andato via. «Non ho sue notizie da un po’» affermò Betty Muñoz, la ragazza di Andrew. Continuava a sistemarsi i capelli biondi dietro le spalle. «Andrew ti è sembrato strano ultimamente? Ti ha parlato di qualcuno che stava creando dei problemi? Magari qualcosa in famiglia?» Gabrielle parlava continuando a guardare il taccuino davanti a sé, sentendosi sempre più afflitta. Finora non avevano raccolto informazioni rilevanti sul conto di Andrew e il terzo ragazzo che Andrew aveva picchiato non era stato di alcun aiuto. Si era trattato di un diverbio piuttosto acceso, ma niente di serio. «No, era tutto normale» scosse la testa. «Sai se si era fatto qualche nemico qui a scuola, o magari fuori?» Betty abbassò lo sguardo. Si sistemò la tracolla sulle spalle e disse: «Sentite Andrew non era di certo un angelo…» Quelle parole fecero perdere un battito a Gabrielle. Nessuno dei ragazzi sapeva in che condizioni era stato trovato Andrew e per un momento anche lei era riuscita a dimenticarlo. Quella parola la fece tornare alla realtà. Betty continuò: «Ha avuto dei problemi con qualche nostro compagno, ma niente di serio. Di certo loro non hanno mai fatto nulla per vendicarsi di lui o roba del genere. Che io sappia a casa andava tutto bene, per quel poco che ci stava, è chiaro…» «Vuoi dire che stava spesso fuori casa?» chiese Ryan. «Non gli piaceva stare a casa con suo padre. L’ha picchiato alcune volte.» Ryan annuì e appuntò l’informazione sul taccuino. «Sai se può aver conosciuto degli amici fuori dalla scuola? Te ne ha mai parlato?»


41 «No, non mi ha mai detto niente in proposito» Betty abbassò lo sguardo, si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e poi chiese con cautela: «non l’avete ancora trovato, non è vero?» Ryan e Gabrielle si guardarono. Non potevano ancora rivelare quell’informazione, il Capitano Whyte aveva dato ordini precisi. La stampa non aveva divulgato l’identità del ragazzo trovato nel bosco. Avrebbero dovuto aspettare prima di informare la scuola. Gabrielle sorrise alla ragazza e disse: «Stai tranquilla. Ci stiamo lavorando.» Tornarono in centrale nel primo pomeriggio. Il Capitano Whyte aveva chiesto degli aggiornamenti a tutti gli agenti che si occupavano del caso prima di indire una conferenza stampa, quindi aveva fatto convocare Gabrielle e Ryan nel suo ufficio per un ragguaglio. «Cosa avete scoperto?» chiese rimanendo appoggiato con la schiena contro la scrivania, mentre guardava i detective in piedi di fronte a lui. «La preside ci ha confermato che Andrew Power ha rischiato la sospensione un paio di volte questo semestre. Ha picchiato un ragazzo, Harry Hardy, e altri due prima di lui, ma non in modo grave come Harry. La madre del ragazzo voleva sporgere denuncia ma il figlio ha insistito per lasciar perdere» riassunse Gabrielle leggendo dagli appunti. Ryan continuò: «Abbiamo parlato anche con altri suoi compagni, tutti hanno detto che Andrew ha un carattere difficile. Prende in giro altri ragazzi, a volte è venuto alle mani con qualcuno.» «Sappiamo se si è fatto qualche nemico?» chiese il Capitano. «La sua ragazza dice che non ha notato nulla di strano nel suo comportamento prima della scomparsa. A casa andava tutto bene, anche se suo padre l’aveva picchiato un paio di volte. Andrew preferisce stare fuori casa il più possibile, ma non sembra che abbia fatto nuove amicizie fuori dalla scuola» disse Gabrielle. Il Capitano annuì tamburellando con le dita la scrivania dietro di sé. «Che mi dite dei genitori dei ragazzi che ha picchiato?» chiese. «Seguiremo la pista della madre di Hardy. Finora ci sembra la più plausibile» ammise Ryan. «Gli agenti della sezione informatica hanno trovato qualcosa sul suo computer o sul cellulare?» chiese Gabrielle. Il Capitano fece un cenno verso di lei.


42 «Non li ho ancora sentiti, per cui fareste meglio ad andare direttamente da loro. Vedete cos’hanno in mano e velocizziamo le indagini. La scientifica ha controllato tutto il materiale inviato dal dottor Lao e non ha trovato niente che non appartenesse al ragazzo. Tim Visnijc ha fatto una ricerca più accurata per quanto riguarda la tunica, ma tuniche come quelle si trovano in qualsiasi negozio che vende costumi di Halloween e dato che siamo nel periodo, è davvero difficile risalire a un acquirente in particolare. Vedete se almeno la sezione informatica ha avuto più successo» si strofinò gli occhi stanco. «Sì, signore» annuirono delusi e preoccupati. Mentre si apprestavano a uscire dall’ufficio del Capitano, quest’ultimo fermò Gabrielle. «Ah, detective Fallow.» La ragazza si voltò verso di lui e, capendo che l’uomo voleva parlarle in privato, disse a Ryan: «Ti raggiungo tra un attimo.» Quando furono soli, il Capitano cominciò: «So che sta studiando per l’avanzamento di grado a tenente» accennò un sorriso orgoglioso, senza dubbio Gabrielle Fallow era la sua migliore detective e meritava la promozione. Era stato lui stesso, tempo prima, a suggerirle di provare ad avanzare di grado. Lui era ormai vicino alla pensione, e sapeva che Gabrielle era una donna ambiziosa. Sperava, dunque, di lasciare i suoi agenti in buone mani. La ragazza annuì e restituì il sorriso, abbassando lo sguardo. «Sì signore, è così.» L’espressione del Capitano si fece più cupa. «Di certo questo caso la metterà sotto pressione, detective» breve pausa «voglio che lei e il suo collega usiate la massima discrezione e che riferiate direttamente a me ogni singolo aggiornamento del caso.» Non voleva rischiare che la ragazza si facesse scappare di mano la possibilità di diventare tenente, con un caso così stressante. «Ma certo, signore.» «Si tratta di adolescenti, Fallow.» Gabrielle scosse la testa e fece un cenno con la mano per rassicurarlo. «Capisco perfettamente signore, non ci saranno problemi.» Lo guardò e per un attimo pensò di rivelare all’uomo i sospetti che aveva condiviso con Ryan la sera precedente, ossia che potevano essere di fronte a un seriale. Ricordò i dubbi di Ryan, secondo lui era prematuro


43 pensare a certe cose, ma lei era guidata da un istinto diverso. Il Capitano la scrutò a lungo e capì che voleva aggiungere qualcosa ma si stava trattenendo, così parlò al posto suo: «In casi come questo, detective, raccomando sempre cautela.» Gabrielle lo guardò a lungo, perdendosi un istante nei suoi occhi blu, l’uomo proseguì: «Non ha senso essere precipitosi e avventati pur di scoprire la verità. Un errore può mandare tutto a monte» poi le sorrise e le toccò una spalla con fare paterno «se lavorerà bene a questo caso, le sarà più facile ottenere la promozione.»


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CAPITOLO 11

La sezione informatica del dipartimento era distaccata dalla rapine e omicidi. Quando Gabrielle raggiunse Ryan dopo essere uscita dall’ufficio del Capitano Whyte, si diressero presso l’edificio otto, chiedendo di parlare con gli agenti Stanford e Cooper. «Ehi, Lois e Clark» li salutò con ironia Stanford quando li vide, continuando a masticare il suo snack «siete venuti a vedere come lavoriamo?» chiese Cooper con sarcasmo, girandosi verso di loro. «Ci annoiavamo e abbiamo pensato di fare un salto» disse Ryan accennando col mento agli schermi dei computer accesi sulla lunga scrivania alle spalle degli agenti «avete scoperto qualcosa sul ragazzo?» Stanford appallottolò la carta dello snack ormai finito e la gettò nel cestino sotto la scrivania, avvicinandosi con la sedia girevole. «Questo ragazzo è un vero bulletto» esordì facendo una smorfia di disapprovazione. «Cosa avete trovato?» chiese Gabrielle prendendo il suo taccuino dalla tasca della giacca di pelle nera, pronta ad annotare le informazioni degli agenti. Cooper aprì una schermata sul computer di fronte a sé, era il profilo Facebook di Andrew Power. Facendo scorrere il puntatore del mouse sull’intera schermata, senza soffermarsi su nessun punto specifico, l’agente prese a spiegare. «È molto attivo sul social. Pubblica post quasi ogni giorno.» «Qualcosa di strano?» chiese la ragazza guardando la schermata. «Roba innocua. Qualche canzone da Youtube, link da pagine idiote, niente di speciale.» Cooper fece spallucce, Stanford accanto a lui continuò al suo posto: «Ma sono le conversazioni la parte più interessante» esordì, catturando l’attenzione dei detective. L’agente portò il puntatore del mouse nella sezione “messaggi” sullo schermo e aprì la cartella delle conversazioni del ragazzo. Riempivano l’intera schermata.


45 «Il suo profilo pubblico non lascia trasparire quasi niente della sua natura. Qui ci sono alcune conversazioni con i suoi compagni di classe, noi crediamo che si tratti degli amici più stretti.» «Di che si tratta?» chiese Ryan avvicinandosi allo schermo. «Andrew si comporta come il capo di una gang» Stanford fece scorrere il puntatore del mouse sull’intero schermo che rimandava una chat di gruppo con altri cinque ragazzi «in queste conversazioni Andrew parla con i suoi amici di due o tre ragazzi della scuola che secondo lui andrebbero “messi in riga”» imitò le virgolette con le dita delle mani. «Chi sono questi ragazzi di cui parlano? Ci sono i nomi?» chiese Gabrielle sicura di sentire i nomi degli studenti che avevano interrogato quella mattina lei e Ryan. «Sì, Tommy Byron, Patrick Grey e Harry Hardy. Quest’ultimo in particolare spunta più volte nel corso della conversazione. Pare che Andrew l’avesse preso particolarmente in antipatia.» Gabrielle annuì pensierosa mentre ricordava i volti e le parole dei ragazzi che aveva visto e ascoltato proprio poche ore prima. «Ci sono riferimenti all’episodio di violenza che ha usato su Hardy?» chiese Ryan. Gabrielle lo guardò e notò la sua espressione; era afflitto e quasi disgustato. Ricordava l’osservazione che lui aveva fatto quella mattina sulla madre di Harry e sul fatto di non poter biasimare la donna se avesse cercato vendetta per il figlio. Sperava solo che non stesse prendendo la faccenda troppo sul personale. «In una conversazione avvenuta due settimane fa, Andrew incita i suoi amici a dare una bella lezione a Harry. Si dice intenzionato a riempirlo di botte» fece notare Cooper. «Dice anche il perché?» chiese ingenuamente Gabrielle. Ryan la guardò con amarezza. La ragazza doveva sapere perfettamente che in casi di bullismo non servivano molte scuse per vessare dei compagni su cui si accanivano. Erano il loro capro espiatorio per sfogare la rabbia derivante da altri problemi più gravi, quasi sempre familiari. «Andrew giustificava il suo accanimento nei confronti di Hardy ripetendo spesso che il ragazzo era un…» breve pausa imbarazzata «cito testualmente: un frocio rammollito e un nerd da eliminare.» «Ha detto eliminare?» chiese incredula la detective, avvicinandosi allo schermo e cercando quella frase tra i messaggi. Cooper evidenziò la frase


46 per la ragazza. Gabrielle lesse e rilesse quelle parole come se cercasse di convincere se stessa che non fossero state scritte sul serio. Si drizzò e guardò Ryan. Lui capì subito cosa stava pensando. E se Harry Hardy avesse letto in qualche modo quella conversazione e lui o sua madre avessero deciso di vendicarsi di Andrew? Ryan scosse impercettibilmente la testa, c’erano troppi buchi in quella teoria. Intercettando i pensieri della collega, il detective chiese: «C’è per caso qualcuno che cerca di dissuadere Andrew? Che lo prega di lasciare in pace il ragazzo?» Stanford e Cooper si guardarono e fecero spallucce, il primo rispose: «In realtà tutti. Soprattutto la sua ragazza, Betty Muñoz, anche lei faceva parte di questa conversazione di gruppo. L’ha pregato più volte durante la conversazione e anche in una chat a parte insieme a lui, di lasciar perdere il ragazzo e farla finita con quei discorsi.» «Faceva parte della conversazione?» chiese Ryan notando che l’agente aveva parlato al passato. «Be’ sì, notando l’ostinazione di Andrew, Betty l’ha mandato al diavolo ed è uscita dalla conversazione di gruppo» Stanford mostrò la notifica sulla pagina della chat che citava: “Betty ha abbandonato la conversazione”. «È possibile che Betty abbia parlato con Harry e gli abbia confidato le intenzioni di Andrew?» ipotizzò Gabrielle. «Se Harry avesse saputo che Andrew voleva picchiarlo, credo che si sarebbe fatto trovare preparato in qualche modo» disse Ryan, anche se nemmeno lui ne era poi così convinto. Aveva guardato bene il ragazzo quella mattina. Non era certo un tipo che avrebbe saputo difendersi nemmeno se fosse stato preparato. «In ogni caso non possiamo escludere nessuna ipotesi» disse convinto. Gabrielle annuì e guardando Cooper chiese: «E del cellulare che mi dici? Ha ricevuto o fatto chiamate a qualcuno diverso dai suoi compagni o amici?» Non poteva escludere l’ipotesi che il ragazzo avesse incontrato qualcuno fuori dalla scuola. Cooper fece spallucce. «No, niente di insolito. Abbiamo chiesto alla famiglia se questo fosse l’unico cellulare del ragazzo e hanno detto di sì. I suoi messaggi e le chiamate sono quasi tutte dello stesso tenore delle conversazioni su Facebook. Chiama spesso la sua ragazza, soprattutto dopo le ventuno.


47 Oltre a questo e a qualche sms particolarmente spinto per Betty…» Cooper scosse la testa «non c’è davvero niente che faccia pensare che abbia conosciuto qualcuno fuori dal suo solito giro di amici.» Gabrielle annuì un po’ delusa. Guardò gli schermi dei computer senza vedere davvero le immagini che rimandava. Dopo alcuni istanti disse agli agenti: «Vi dispiace stamparci delle copie delle conversazioni e degli sms?» «Nessun problema, detective» annuì Stanford. «Bene.» Rimise in tasca il taccuino e guardando Ryan disse: «Credo sia arrivato il momento di parlare con Andrew Power.» )LQH DQWHSULPD &RQWLQXD


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