Larticolodelmese12 14

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Utilizzare il placebo in bambini di età inferiore ai 4 anni per la cura della tosse. Paul IM, Beiler JS, Vallati JR, Duda LM, King TS. Placebo effect in the treatment of acute cough in infants and toddlers: a randomized clinical trial. JAMA Pediatr. 2014 Dec 1;168(12):1107-13 Background Un bambino che frequenta la comunità presenta da 3 a 8 episodi di flogosi delle alte vie respiratorie all’anno. Durante il periodo invernale il 38% degli accessi all’ambulatorio delle cure primarie per un bambino fino all’età di 5 anni è per tosse o raffreddore, sintomatologia che disturba soprattutto il sonno del genitore: 32% vs 14% di sonno disturbato del bambino in occasione di tosse descritta dal genitore come quantitativamente elevata [Di Blasio et al. Cough 2012; 8:1]. Scopi Valutare l'efficacia di nettare di agave verso placebo o nessun trattamento in occasione di sintomatologia tussigena notturna in bambini da 2 a 47 mesi di età. Metodi Studio clinico randomizzato effettuato in due ambulatori di pediatria generale dal 28 gennaio 2013 al 28 febbraio 2014. Criteri di inclusione: bambini di 2-47 mesi con tosse aspecifica da almeno sette giorni, assenza di terapia antitussigena al momento dell’arruolamento. Criteri di esclusione: patologia polmonare infettiva o altra patologia che richiedeva trattamento specifico, allergia all’agave. Sono stati arruolati 125 bambini randomizzati in tre gruppi; hanno completato il trial 119 bambini. L’intervento consisteva in una singola somministrazione di nettare di agave (gruppo di 39 bambini, età media 23 mesi) o placebo (gruppo di 40 bambini, età media 22 mesi) 30’ prima di coricarsi la sera, o nessun trattamento (gruppo di 40 bambini, età media 23 mesi). Gli esiti rilevati sono stati: frequenza, gravità e fastidio della tosse, sonno del bambino e dei genitori, rinorrea e congestione nasale attraverso un questionario validato sulla tosse percepita soggettivamente dal genitore. Il questionario è stato compilato due volte: il primo descriveva la tosse della notte precedente la somministrazione dello sciroppo, la seconda compilazione è avvenuta entro trenta minuto dal risveglio mattutino dopo la somministrazione dello sciroppo. Risultati Sono state rilevate differenze significative tra il gruppo trattato con nettare di agave e il gruppo placebo rispetto al gruppo senza trattamento (P<0.05 per tutti gli esiti ad esclusione di “tosse fastidiosa, p=0.06); non sono state rilevate differenze tra il gruppo di intervento e il gruppo con placebo. Conclusione È stata dimostrata l’efficacia del placebo per la tosse acuta non specifica in un bambino di 2-47 mesi di età nel confronto con un agente emolliente per la tosse, il nettare di agave e l’assenza di trattamento. Gli operatori sanitari dovrebbero tenere conto di questi risultati quando prescrivono un medicamento per la tosse, considerando il rapporto costo/beneficio a favore del placebo. Commento Lo studio è stato registrato nel database governativo americano (ClinicalTrials.gov) ed è stato sostenuto finanziariamente da una industria produttrice di rimedi naturali a base di estratti di erbe (Zarbees Natural).


L’obiettivo del trial era di provare l’efficacia di un nettare di agave pastorizzato per la cura della tosse in occasione di una flogosi delle vie aeree superiori, soprattutto in una età, la prima infanzia, dove i medicamenti antitosse da banco sono vietati in USA (v. U.S. Food and Drug Administration); anche in Italia è vietata la somministrazionei dei mucolitici nella prima infanzia (v. AIFA). Una stima USA delle visite in Pronto Soccorso per eventi avversi attribuiti a farmaci contro la tosse o per il raffreddore in bambini con meno di 12 anni, prima dell’entrata in vigore di questo divieto, ha evidenziato che circa il 6% delle visite in PS per reazioni avverse da farmaci era attribuibile a quelli per la tosse o per il raffreddore; la maggior parte delle visite riguardava bambini tra 2 e 5 anni (64%). [Schaefer MK et al. Adverse Events From Cough and Cold Medications in Children. Pediatrics 2008; 121: e687-692]. In USA, dopo una campagna di revisione delle etichette da parte dei produttori con l’indicazione a non usare al di sotto dei 4 anni di età, il numero dei bambini che giungono al Pronto Soccorso è diminuita [Mazer-Amirshahi M et al. Effect of cough and cold medication restriction and label changes on pediatric ingestions reported to United States poison centers. J Pediatr. 2013;163(5):1372-6]. Se il nettare di agave avesse avuto una efficacia superiore al placebo avrebbe potuto fregiarsi di un titolo di merito nella competizione tra i prodotti da proporre nella prima infanzia per curare raffreddore e tosse. Ma così non è stato, anche se Paul e c olleghi hanno riportato che nel sottogruppo dei bambini al di sotto dell’anno di età il rimedio funzionava più del placebo (un prezioso vantaggio, soprattutto dal punto di vista commerciale, a una età dove il miele non può essere somministrato). I numeri riportati per convalidare questa analisi, la scarsa numerosità del campione oltre alla scorrettezza di aver eseguito una indagine post hoc, ossia al di fuori del protocollo di ricerca, non solo ci conferma sull’assoluta inconsistenza di tale affermazione ma ci fanno anche riflettere su come una rivista peer reviewed di spessore internazionale possa accettare ben 21 righe di una simile inconcludente e inaccettabile discussione. Tuttavia, non ci interessa discutere sul metodo con cui è stata fatta la ricerca, anche se sarebbe necessario discuterne per segnalarne le debolezze, ma desideriamo soffermarci su una conclusione degli autori: «While it is somewhat disappointing that agave nectar does not appear to offer added benefit over a placebo, these findings suggest that the common clinical advice of watchful waiting with no treatment may not be the best advice for parents whose infants and toddlers are struggling with cough and its associated sleep disruption». In parole italiane: d’accordo, anche se l’agave no n funziona più del placebo, non ci sembra corretto consigliare ai genitori una vigile attesa e non dare medicinali, perchè il placebo funziona, quindi è sempre meglio dare qualcosa. Qual è l’etica di tale affermazione? Il medico agisce sempre in un’ottica morale, con l’obiettivo del “bene” per il paziente ed evitando il “male”, con la consapevolezza che il momento della terapia è solo un frammento dell’aver cura del paziente. Sappiamo che la tosse acuta non specifica è un malanno di stagione che disturba i genitori e ben poco i bambini. La terapia o il placebo somministrato ai bambini migliora l’esito negli adulti; abbiamo praticato una buona medicina, una cura che è in grado di far crescere quella famiglia? Oppure abbiamo praticato un effetto placebo sui genitori utilizzando i bambini? Se così, di dovrebbe parlare più correttamente di un effetto nocebo. La discussione sui pro e i contro del placebo è molto vasta e sarebbe una presunzione riassumerla all’interno di questo commento [Panizon F, Fontana M. Il placebo 23 anni dopo. Medico e Bambino 2008;27(9):571-7]. Vi invitiamo, invece, a rileggere un interessante caso clinico, pubblicato recentemente su Quaderni acp, a cura dei pediatri di famiglia dell’ACP Ovest


di cui riportiamo questo brano: «La prescrizione del placebo, comunque, al di là dell’efficacia, ci pare abbia numerosi risvolti etici che sarebbe interessante discutere e che qui proviamo solo ad accennare. Ci sembra si basi su un rapporto medico-paziente non trasparente; che abbia effetti di diseducazione sanitaria; che non rispetti il bambino (il quale subisce trattamenti per sedare l’ansia spesso non sua, ma dei genitori); e anche che utilizzi male i soldi pubblici. Puntare sull’effetto placebo ci sembra una modalità ingannevole di utilizzare la risorsa della mente. Puntare invece sulla conoscenza dell’origine del malessere rappresenta una modalità “leale” e che non crea dipendenza dal medico e dal medicinale» [Quaderni acp 2014; 21(4): 180-184]. Non c’è un solo effetto placebo, ma sono molteplici i meccanismi del placebo con cui possiamo attivare la risposta del cervello, del corpo e del comportamento di una persona, attraverso meccanismi psicologici e neurobiologici [Finniss DG et al. Biological, clinical, and ethical advances of placebo effects. The Lancet 2010; 375(9715):686-695]. Un momento riconosciuto come importante per l’efficacia e la compliance del trattamento è la relazione che si instaura tra paziente e il medico. È dimostrato che una buona relazione in ambito clinico ha un effetto statisticamente significativo sugli esiti di salute [Kelley JM, et al. The influence of the patient-clinician relationship on healthcare outcomes: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. PLoS One. 2014;9(4):e9420], così come utilizzare una abilità cognitiva come l’empatia in ambito delle cure primarie favorisce buoni esiti di cura [Del Canale S et al. The relationship between physician empathy and disease complications: an empirical study of primary care physicians and their diabetic patients in Parma, Italy. Acad Med. 2012;87(9):1243-97]. Guardiamo infine questo dipinto dove Goya si ritrae ammalato e viene sostenuto dal medico che lo ha in cura, il dottor Arrieta [Figura]. Il quadro vuole essere un ringraziamento a chi lo curò in occasione di questa grave malattia che colse il pittore all’età di 73 anni. Con la conoscenza scientifica di oggi, noi scegliamo di commercializzare la medicina miracolosa, un bicchiere d’acqua, oppure ci poniamo in riflessione di quell’abbraccio e di quei due volti così vicini?

Figura: Goya assistito dal dottor Arrieta. Olio su tela, cm 115 x 79. Minneapolis, Institute of Arts.


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