JAPANIMANDO N. 16

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WEBZINE FREE DOWNLOAD by A.C. JAPANIMATION - Anno II - n. 16

NEWS COSP LAY

CULTURA MUSIC A

SARA BORSI - Foto di SALVATORE ALFANI

EVENTI


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EDITORIALE

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estate, purtroppo, è finita ma... il successo di questa webzine continua alla grandissima! Il mese di settembre è stato terrificante per la vita privata del sottoscritto ma è stato anche stupendo sotto il profilo prettamente professionale: avere oltre 7.000 lettori è veramente un grande premio per il sottoscritto che ha ideato e curato personalmente JAPANIMANDO, come pure per tutti i collaboratori vecchi e nuovi che credono in questo progetto no profit. Quindi grazie veramente di cuore a tutti quanti!! Ma ora bando alle ciance e proseguiamo questo editoriale invitandovi, come al solito, ad utilizzare questo

nostro servizio culturale per agevolare i vostri interessi prettamente hobbystici e/o professionali; se volete arricchire ulteriormente i contenuti “fantastici” della webzine non esitate a contattarci via email: ogni proposta di collaborazione “a titolo gratuito” sarà valutata dal nostro staff; racconti, tavole, recensioni, vignette, rubriche... voi proponete e noi siamo qui ad ascoltare. Sarà sicuramente un’ottima vetrina per tutti e, visti i tempi, meglio approfittarne! Un saluto a tutti e... un pensiero per un nuovo angelo che dal 14 settembre si è accasato nell’abbraccio di Dio: “Ciao Gianfranco... sarai sempre con noi”! V. D’Amico

SOMMARIO Esperienze interattive con David Cage........ Il fumetto spiegato agli adulti ......................... Lupo Alberto & “Tiferno Comics”................ Anni ‘50: pedagogisti Vs. fumetti..................... L’arte di Francesca Rita Loi ............................ Da “Maison Ikkoku” a “Nana” ....................... Kikka & Kikko .................................................... “Labyrinth”: nel labirinto dei sogni................ “Hellsing”: il manga ........................................... I 40 anni di “A come Andromeda”................ Tarzan: il mito ha 100 anni .............................. Il progetto “Comics Bay” ................................ La nuova linea robotica della “Bandai”......... Machinarium ....................................................... Furusato Japan.................................................... Cosplay On-Air: Japan Made in Italy ............. Memorie musicali: “Tivulandia 1, 2 e 3” ....... “Ludica Roma” & il Prop Making Contest... “Eden” di Hiroki Endou ................................... “Nero Cafè: progetti e concorsi”.................. Irene, Andrea ed il loro “Vertigo trip”.......... I manifesti di “Cose da un altro mondo” .... “Legends”: dal web alla tv... da ottobre ........ Maria Grazia Perini: la “Direttora”................ C’era una volta... - 2a Parte ............................. I miti della “Jay Ward Productions”............... Fantatrailers: Clicca sulle immagini................ Etbe World feat. “Lucca Comics” .................. Tutti a Lucca con “Dimensione Fumetto”... “Le macchine di Jacobs” .................................. “EMINA - OrfaniRoboT” di Davide Tarò .... Orchi: (d)istruzioni per l’uso .......................... Le cronache del “Romics 2012”.................... Album 6° PARCOSPLAY di Napoli............... “Partita eterna”: seconda parte ..................... Album 35° PARCOSPLAY di Ostia Lido .....

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ESPERIENZE INTERATTIVE CON DAVID CAGE www.ludologica.com - www.rgbproject.com

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avid Cage. Esperienze interattive oltre l’avventura è la prima monografia dedicata a uno dei più importanti game designer di tutti i tempi, David Cage. Fondatore di Quantic Dream e autore di Omikron: The Nomad Soul (1994), Fahrenheit (2005), Heavy Rain (2010) e Beyond: Two Souls (2012), Cage non è il tipico creatore di videogiochi. Quello che indossa occhiali spessi, ha la mente occupata da formule matematiche e un ventaglio

di interessi assai limitati: nulla di tutto questo è prerogativa del personaggio Cage, più assimilabile in effetti a un intellettuale, un artista, ma soprattutto un illuminato innovatore. Attraverso un’analisi avvincente, gli autori portano in primo piano le influenze artistiche, ludiche, cinematografiche e ludiche che contraddistinguono le innovative opere di Cage, sollecitando il lettore a ripensare alle potenzialità stesse del medium videoludico.

Gli autori Marco Accordi Rickards insegna Teoria e critica delle opere multimediali interattive presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. È caporedattore di Game Republic, curatore della sezione games di Empire e del programma settimanale “Drugstore” (Rai Movie). è l’autore del libro Le Professioni del Videogioco (con Paola Frignani, Tunué, 2010) e fondatore di AIOMI (2008), il movimento per la cultura del videogioco del quale è attualmente Executive Director. Dirige la Italian Videogames and Digital Contents Conference (IVDC, 2008 -) e VIGAMUS - The Video Game Museum of Rome (2012 -). Guglielmo De Gregori è review editor di Game Republic e redattore games di Empire, nonché responsabile ricerca e sviluppo di AIOMI e parte del comitato editoriale di VIGAMUS.

Micaela Romanini è assistente di direzione in AIOMI e collaboratrice del corso di Teoria e critica delle opere multimediali interattive presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”. Ludologica Staff

____________ Autori: Marco Accordi Rickards, Micaela Romanini, Guglielmo De Gregori. Editore: Edizioni Unicopli. Collana: Ludologica.Videogames d'Autore. Pubblicazione: Settembre 2012. Pagine: 160. Prezzo: € 14,00. ISBN-10: TBA ISBN-13: TBA ____________ L’immagine di copertina, “David Cage” (2012), è stata creata dall’artista Mauro Ceolin e fa parte della serie “GamesPeople”.


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IL FUMETTO SPIEGATO AGLI ADULTI http://rapisarda.xoom.it/

HELLBOY Seed of Destruction Voto: HH½ __________________

(USA 1994, col., pag. 128) Soggetto: Mike Mignola John Byrne Disegni: Mike Mignola __________________

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nghilterra 1944. Un reparto di SS, collaborando con un bieco esperto di arti esoteriche, evoca un demone che potrebbe essere “l’arma finale” per risolvere il conflitto bellico a favore della Germania. Ma le Forze Alleate intercettano ed adottano il piccolo mostro. Cinquant’anni più tardi ritroviamo il diavoletto Hellboy – cresciuto tra le cure dell’Ufficio per le Ricerche sul Paranormale degli USA – irreprensibile indagatore dell’occulto, coadiuvato da due individui altrettanto bizzarri: farà luce su una catena di morti legata al tentativo finale dello stregone collaborazionista [lo stesso che aveva evocato Hellboy] di risvegliare creature magiche in grado di porre termine al mondo come lo conosciamo. Il lodevole Mike Mignola, citando Edgar Allan Poe – La casa degli Usher – e Stan Lee e Jack Kirby – i

racconti brevi dell’orrore antecedenti la Marvel Age – realizza a quattro mani [John Byrne sceneggiatore] il suo personaggio d’autore, nella tendenza di quei primi anni ‘90 [i diritti al creatore] col palese obiettivo di creare un blockbuster. Ma non bastano le innegabili doti artistiche di Mignola – tra altri, aveva collaborato ad

una [lodatissima] rilettura di Superman – per elevarlo agli standard degli abili sceneggiatori hollywoodiani. Ed in quanto a fumetto d’autore, se lo si cerca in questo tradizionale racconto di mostriciattoli e pugni a bizzeffe, meglio guardare altrove. Il volume, serializzato in quattro comic-book, viene ristampato nella sua

completezza come primo tomo di una collana di graphic novel basate sul personaggio. Edito in Italia in varie edizioni più che dignitose. Alberto Rapisarda _______________ Scarso H Buono HH Ottimo HHH Imperdibile HHHH


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LUPO ALBERTO & “TIFERNO COMICS” www.tifernocomics.it

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er la prima volta è comparso ne “Il Corriere dei Ragazzi” nel 1974 e che ancor oggi, a distanza di quasi quaranta anni, è uno dei personaggi del fumetto italiano più amati. Stiamo parlando di Lupo Alberto, uno dei protagonisti assoluti del mondo dei fumetti italiano. L’Associazione Amici del fumetto di Città di Castello, per il decennale della Mostra del Fumetto, propone dal 29 settembre al 21 ottobre una mostra intitolata “Lupo Alberto – Quasi un parente” dove ritroveremo anche tutti i personaggi

della fattoria Mckenzie, personaggi creati dalla matita di Silver (Guido Silvestri). Le splendide sale de Il Quadrilatero di Palazzo Bufalini, in pieno centro storico a Città di Castello, ospitano le tavole del simpatico lupo, dalle prime apparizioni fino alle strisce più recenti. La mostra ripercorre tutta la storia del personaggio attraverso l’esposizione di tavole e strisce originali, con gigantografie, scenografie, proiezioni e alcune opere particolari come le tavole originali del fumetto dedicato all’arte del Correggio.

Una sezione della mostra è dedicata anche a Cattivik, altro famoso personaggio creato da Bonvi ma sviluppato poi da Silver. Con il biglietto unico (€ 3,00) valido una sola giornata di mostra si ha la possibilità di visitare anche tutte le collaterali in programma ed essere omaggiati, fino ad esaurimento scorte, del fumetto realizzato per l’occasione dal titolo “Gruppo vacanze Mckenzie”. Da non dimenticare l’importante appuntamento del 6 e 7 ottobre con la Mostra-Mercato “Tiferno

Comics”, che vedrà Piazza Matteotti e il Loggiato di Palazzo Bufalini invasi da numerosi stand di fumetti.Visto l’enorme successo dello scorso anno, ben 300 mq saranno dedicati ai manga e nella giornata di domenica 7 ottobre si disputerà la seconda edizione del “Cosplay Contest” che vedrà assegnare un premio al primo classificato di ogni categoria, mentre il “2° Trofeo Massimo Alunno” andrà al primo classificato in assoluto. Il concorso prevede 3 sezioni: Single, Coppie e Gruppi che dovranno esibirsi sul palco per una


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durata non superiore ai 5 minuti. Le iscrizioni, gratuite, chiuderanno alle 16:00 di domenica 7 ottobre. Per info: 340/39.09.012. La mostra 2012 sarà preceduta da un’importante antologia celebrativa intitolata “La grande avventura. Dieci anni di mostre da Tex a Lupo Alberto” che lo splendido Chio-

stro di San Domenico, riaperto per l’occasione, ospita dal 13 settembre fino alla chiusura della mostra principale. Per l’occasione vengono riproposte al pubblico le mostre che sono state realizzate in questi dieci anni, attraverso documenti, fotografie, materiali pubblicati e gli originali che i disegnatori

protagonisti delle mostre hanno realizzato proprio per Città di Castello. Avremo modo di rivedere un centinaio di opere originali di Pratt, Manara, Giardino, Jacovitti, e quelle di grandi personaggi come Tex, Diabolik, Dylan Dog, I Paperi di Cavazzano, e di Un uomo, un’avventura di Bonelli di proprietà del-

l’Associazione Amici del Fumetto e di alcuni privati. All’inaugurazione di questa anteprima saranno presenti Cavazzano, Palumbo e Facciolo di Diabolik, Milo Manara, Vittorio Giardino e, per la Bonelli, saranno presenti Civitelli e Fusco. Tiferno Staff

- PILLOLE DI PSICOLOGIA DEL FUMETTO -

ANNI ‘50: PEDAGOGISTI VS. FUMETTI

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ertham, statunitense, psichiatra e “specialista della violenza nei giovani” trova nell’albo a fumetti il capro espiatorio a cui attribuire le colpe della delinquenza minorile in aumento. Le sue “teorie” ebbero successo in Italia, soprattutto tra i pedagogisti di fede democristiana:Valentini scrisse su una rivista cattolica che i fumetti hanno un influsso nefasto sull’individuo e sulla società, turbando l’equilibrio dei giovani con la sessualità e con la violenza. Su un’altra rivista cattolica Cunsolo si affannò a riportare esempi (peraltro scarsamente documentati) di episodi di violenza imitativa e concluse proponendo di mettere i fumetti fuori legge! E ancora: Mei parlò di “surrogato deteriore dell’arte”, mentre Lamberti Bocconi pur riconoscendo qualche valenza pedagogica al fu-

metto, gli rimproverava di non rispettare le leggi di causalità e di probabilità e di portare i ragazzi a non saper più scrivere; Levi parla addirittura di “letteratura per illetterati destinata ad essere compresa senza fatica mentale”. (Da “Manuale di

psicologia del fumetto”, M. Minelli - Ed. Psiconline 2012, pag.12). Wertham F. The seduction of innocent, 1954. Valentini E. Influsso dei fumetti sullo sviluppo della personalità dei ragazzi, 1952. Cunsolo F. Libri e fumetti,

1954. Mei F. Patologia del fumetto, 1965. Lamberti Bocconi M.R. La narrativa a fumetti I e II, 1956-57. Levi L. A proposito della stampa per i fanciulli, 1952. Marco Minelli


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L’ARTE DI FRANCESCA RITA LOI http://nanune13.deviantart.com

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resentarsi senza sembrare ad una conferenza degli AAA? Praticamente impossibile. Il mio nome di battesimo è Francesca Rita, in arte Luna e vivo nel fantasy praticamente da quando sono nata. Si inizia in maniera soft coi libri di fiabe e i film disney, girando intorno alle gambe della nonna aspettando il vestito da principessa che ti sta cucendo, e poi si arriva a quel fatidico momento in cui, a quattordici anni, brandisci una spada di materassina inveendo in elfico contro un esercito di adolescenti sudaticci nello loro armature di cartapesta in mezzo alla campagna. (Se qualcuno non avesse afferrato la battuta forse è il momento che proviate i gdr live, non ve ne pentirete, promesso!) Purtroppo le mie avventure sul campo di battaglia si sono presto concluse, penna e matita hanno sostituito spada e scudo in maniera a me forse più congeniale. Mi diletto nel disegno come autodidatta (non avendo mai avuto la possibilità di studiarlo) e sogno di poter far diventare questo hobby, se non il primo, almeno un secondo lavoro. In quest'ultimo anno sento di aver migliorato il mio stile evolvendo a

Foto di Alessandro Caglieri

poco a poco dalle matite al digitale. Ho iniziato a sperimentare nuove tecniche di colorazione e grazie all'aiuto di diverse amiche, già inserite nella professione, ho incominciato a tentare una via di valorizzazione del mio prodotto attraverso l'apertura di account su diversi tumblelog. Sembra una sciocchezza ma per me è stata realmente un impresa! Come persona tendo a non voler stare troppo al centro dell'attenzione (per quanto, per contro, una parte di me alquanto vanitosa lo desideri) e quindi sono sensibilmente pigra quando si tratta di curare la mia immagine pubblica. Ciò mi reca


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grave danno visto che vorrei tentare una professione in cui devo essere come il prezzemolo "ultra visibile, da per tutto, fisso chiacchierando con chiunque" (e oltre al mondo del disegno questo è riferito anche a quello del giornalismo). Accennando poi brevemente alla vanità di cui ho parlato sopra, son costretta ad ammettere che essa è egregiamente appagata dinanzi alla macchina fotografica. Come ogni donna che si rispetti impazzisco “nell'inventarmi all'infinito” davanti a l'obbiettivo di un fotografo, forse è per questa ragione che adoro

il cosplay. Questa arte riesce a conciliare perfettamente il mio lato artistico con quello ambizioso e sornione. La mia più grande paura è perdere l'ispirazione, io sono un essere plasmato dalla fantasia (si, come le fatine) senza di essa “m' affloscio” e mi spengo; e se succede cari miei ci vorrà più di un battito di mani per riportarmi in vita! Comunque, nel caso la dea bendata mi girasse le spalle, un buon inizio potrebbe essere portare al mio capezzale una gigantesca banana split. E non dimenticatevi la ciliegina! Francesca Rita Loi


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DA “MAISON IKKOKU” A “NANA” http://imperodeicartoni.freeforumzone.leonardo.it

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rima di addentrarmi nello specifico delle tematiche di questo interessante saggio è importante far notare 2 questioni. La prima è che un sunto di questa analisi è presente in Manga Academica volume 3, sempre edito da Società Editrice La Torre, ma in questo saggio a se stante l’approfondimento è molto maggiore, anche se le pagine non sono tantissime. La secondo è che la casa editrice ha pubblicato lo stesso saggio con due copertine diverse, in una c’è Kyoko e il suo cane Soichiro (ed il colore predominante è il rosa), mentre nella seconda copertina c’è Nana Osaki (ed il colore è il viola), i contenuti sono i medesimi. Tramite due differenti serie d’animazione, prodotte a distanza di 20 anni una dall’altra, si possono evidenziare i cambiamenti che la società giapponese ha attraversato? E’ quello che l’autore e l’autrice di questo saggio si prefiggono, analizzando “Maison Ikkoku” (del 1986) e NANA (del 2006). Fondamentalmente l’analisi delle due serie dimostra come il Giappone sta abbandonando il rapporto con le proprie tradizioni, specialmente tra i giovani, inserendosi totalmente nella globalizzazione culturale. Da questa evolu-

TITOLO: Da Maison Ikkoku a NANA, mutamenti culturali e dinamiche sociali in Giappone tra gli anni Ottanta e il 2000 AUTORE: Riccardo Rosati - Arianna Di Pietro - PAGINE: 102 CASA EDITRICE: Società Editrice La Torre COSTO: € 12,50 - ANNO: 2011 - FORMATO: cm15 X 20 ISBN-10: 8896133092 - ISBN-13: 9788896133095

zione sociale sono i rapporti di socializzazione tra gli individui, in particolare tra i due sessi, ad esser diventati ancor più problematici. Infine questo studio vuole dimostrare come sia possibile fare un’analisi sociologica e antropologica su una società moderna tramite l’animazione. Dopo una breve introduzione si passa all’analisi di Maison Ikkoku, che è divisa in 5 capitoli: 1 - Il miracolo di una storia qualunque; 2 - L’ambiente urbano, Tokyo come teatro dell’umana normalità; 3 - Il colosso economico degli anni 80 e le necessità individuali; In questo capitolo si analizzano i personaggi di Maison Ikkoku nel contesto di quella società giapponese, quella degli anni 80. Il signor Ichinose, tipico salaryman, grazie alla cui grigia figura Godai abbandona l’idea del posto fisso da salaryman. Mitaka, il rampollo di buona famiglia, il marito ideale per una donna giapponese, che cerca solo il modo di sistemarsi. Nonostante ciò non è solo la ricchezza a connotare il personaggio di Mitaka, è anche l’ostinatezza, lui è uguale a Godai, tranne per lo status economico. Le rivali di Kyoko. Kozue Nanao, l’antitesi di


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Kyoko e prototipo della donna giapponese in attesa del buon partito. Ibuki Yagami, il personaggio più simile a Kyoko (anche se lei non concorderebbe). S’innamora del suo prof, lo fa contro il volere dei genitori, è autonoma, anche se più sfacciata di Kyoko. Ed è grazie a Yagami se Kyoko è obbligata a dare una svolta alla sua relazione con Godai. Akemi Roppongi, la donna più “adulta” della serie.Verso la quale Kyoko si trova agli antipodi, non come con Kozue per il ruolo nella società, ma per il comportamento. Kyoko è sempre attenta a comportarsi come la società ritiene ella debba comportarsi, Akemi no. E’ per questo che la presunta relazione con Godai fa infuriare Kyoko. 4 - Kaishagiri e passione,

un abbinamento scomodo; I personaggi di Godai e Mitaka visti attraverso i concetti di giri (obblighi/doveri) e ninjo (sentimenti/passioni), cioè la consuetudine giaponese di sacrificare il nijo per ottemperare al giri. 5 - L’uso cinematografico della musica; Gli autori lodano (giustamente) le pregevoli BGM, opening ed ending della serie, ma, secondo me, commettono l’errore di considerarle un tratto distintivo di questa serie. Mentre in tutte le serie nipponiche d’animazione ci sono colonne sonore variegate e ricercate, fin gli anime robotici, con le loro coinvolgenti musiche da “combattimento”. Quindi si passa ai 5 capitoli dedicati a NANA: 6 - La donna moderna alla conquista del proprio sogno; I personaggi di Nana

Osaki e Nana Komatsu sono analizzati come esempio della donna moderna giapponese alla ricerca della realizzazione dei propri desideri. Ma le due Nana hanno sogni diversi. La Komatsu vuole un buon marito e avere figli, la Osaki diventare famosa, e ad avere una famiglia non ci pensa minimamente. 7 - Il mondo dell’apparenza e il mondo dei sentimenti; Sono analizzati i luoghi dove è ambientata NANA, e dove i suoi personaggi si muovono. Il capitolo è diviso in due, uno per gli ambienti esterni ed uno per quelli interni. Il pub Jackson Hole nel municipio di Chofu esiste realmente, e anche il proprietario (il suo nome è citato nell’anime) è lo stesso della serie, cosa che gli ha permesso di acquisire una certa fama.

In NANA la città è mostrata dal punto di vista della socializzazione, del divertimento glamour, mentre in Maison Ikkoku è la natura ad avere la priorità, natura quasi assente nella Tokyo di NANA. In NANA sono assenti anche alcuni ambienti pubblici tradizionali in Giappone, come i bangi pubblici (ben presenti in Maison Ikkoku), gli yatai (i banchettini dove si consumano cibi), i pachinko, i love hotel. Ma in NANA è assente anche la figura del “vicino di casa”. In pratica la Yazawa ha eliminato tutti quei riferimenti tipici giapponesi che avrebbero ridotto l’effetto cool e glamour sulla serie, tutti i personaggi di NANA vanno in posti “fighi”. In NANA la metropoli Tokyo sconfigge i personaggi, cosa che non capita in Maison Ikkoku. L’appartamento delle due ragazze ricopre il ruolo della Maison Ikkoku. Da notare che, a differenza di tutte le altre abitazioni giapponesi, in casa loro non ci si toglie le scarpe, come a voler dire che quella casa è diversa dal resto del paese. 8 - Mito e crisi nel 2000; In NANA il Giappone è quello della crisi economica e della successiva stagnazione, non più il Giappone del boom economico immobiliare degli anni 80 in Maison Ikkoku. La società si è ulteriormente occidentalizzata, anzi, globalizzata, rispetto alla più tradi-


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zionale società di Maison Ikkoku.. L’individualismo dei personaggi impera, il “bene comune” è tralasciato, come la mutua assistenza. Non è più il Giappone della “Maison Ikkoku” in cui tutti si spalleggiavano e soccorrevano, in NANA ognuno è lasciato a se stesso. L’egoismo in amore e il menefreghismo (assenti in Maison Ikkoku) sono comuni in tutti i personaggi di NANA. Scompare anche l’etica giapponese del lavoro, ne sono eccezioni Takumi e Yasu, quest’ultimo incarna anche lo spirito di mutua assistenza assente in tutti gli altri personaggi. Un altro fattore assente in NANA, rispetto a Maison Ikkoku, (dove aveva un ruolo dominante), è la famiglia.

Ultima differenza “sociale” tra il Giappone di NANA e quello di Maison Ikkoku è la realizzazione di se stessi tramite l’impegno e il sacrificio personale. In NANA nessuno diventa felice, i sogni si infrangono, la fama viene raggiunta per un breve periodo. In Maisono Ikkoku, forse perché i protagonisti aspirano ad obbiettivi meno “alti”, l’impegno viene premiato e la felicità raggiunta. 9 - Alla ricerca di nuove forme societarie; Nel Giappone di NANA è la coppia tradizionale giapponese ad essere in crisi, l’individualismo della globalizzazione culturale ha intaccato anche i sentimenti. In Maison Ikkoku l’amore era così positivo da spingere i suoi perso-

naggi a far di tutto per raggiungerlo, in NANA l’amore ha sempre un effetto negativo. Il rapporto tra Ren e Nana Osaki ne è l’emblema. Anche i numerosi amori di Nana Komatsu denotano superficialità, egoismo ed immaturità, difetti dai quali i personaggi di Maison Ikkoku poco alla volta si emancipavano, diventando persone responsabili, mettendo così in atto una crescita emotiva. Il rapporto tra Nana Komatsu e Nobu, naufragato al primo ostacolo (è il ritorno di lei da Takumi, personaggio più in “vecchio stile”), ne è anche qui la dimostrazione. La scelta di Nana Komatsu di legarsi con l’uomo che non ama, ma che le assicura stabilità economica, è la scelta op-

posta di Kyoko in Maison Ikkoku, che sceglie l’amore senza sicurezza economica. In NANA gli uomini hanno sempre, tranne Yasu, una connotazione negativa. Da notare come in NANA il tradimento in amore è considerato una cosa che può capitare (mentre il tradimento dell’amicizia sembra essere più grave), invece in Maison Ikkoku il tradimento è fortemente stigmatizzato. Infine, nel valutare il rapporto tra le due Nana, c’è da considerare la componente omosessuale, dove il loro affetto reciproco pare superare la soglia della semplice amicizia tra donne, senza, però, mai varcare “quella” fatidico confine. Stefano “La Visione”


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“LABYRINTH”: NEL LABIRINTO DEI SOGNI http://nanune13.deviantart.com

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ttento a ciò che desideri”, più che un antico detto popolare gli amatori del fantasy se lo ricorderanno come uno stereotipo del genere. Ma infondo è così che ci piace e diciamocelo, un po’ non ne possiamo fare a meno. Perciò non vi stupirà sapere come Labyrinth si apre con la storia di un adolescente che esprime il desiderio sbagliato. Sarah (Jennifer Connelly) ha quindici anni, figlia di genitori separati, vive in un mondo di fiabe comportandosi piuttosto infantilmente con il padre e la matrigna, che si presenta come tutto fuorché una strega cattiva. Una notte viene chiesto alla ragazza di controllare il fratellastro Toby, di pochi mesi. In uno scatto d’ira la nostra eroina decide di raccontare al piccolo una delle sue storie preferite, “Labyrinth”, in cui una giovane fanciulla angustiata dai dolori della vita, esprime un desiderio al re dei Goblin: quello di veder scomparire il suo piagnucoloso fratello. Improvvisamente la formula enunciata da Sarah risveglia i goblin che, intrufolatisi nella casa, rapiscono il piccolo Toby lasciando Sarah al cospetto del loro re, Jareth (interpretato da un affa-

scinante David Bowie). Da qui in poi inizierà l’avventura della nostra eroina che, pentitasi, cercherà di riprendersi il fratellino. Guardando il film è facile capire come questo sia divenuto in poco tempo un cult.

Per quanto la storia possa ricordare quella di una delle tante fiabe popolari dei Grimm sono gli attori a renderla incredibilmente innovativa. Per primo David Bowie che riesce, col suo modo di muoversi e di sorridere a rapire lo spetta-

tore, costringendolo come sotto ipnosi a seguire il film quasi in attesa di una sua apparizione. Notevole anche la performance della giovane Jennifer Connelly che mette in scena due modi diversi di recitare: quello teatrale e quello cinematografico


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(nel momento in cui “recita di recitare” all’inizio della pellicola) riuscendo a costruire perfettamente il carattere di una giovane donna in bilico tra i sogni dell’infanzia e il grande ignoto della maturità. Unica nota negativa è sicuramente una certa lentezza, avvertibile

soprattutto poco dopo la metà, in cui il susseguirsi delle continue peripezie di Sarah all’interno del labirinto del re dei Goblin diventano presto stancanti, non certo agevolate dagli effetti speciali dell’epoca. Ma tutto ciò non è altro che semplice “formalità”,

un mero avvertimento per chi si fosse ormai abituato ai lavori di Peter Jackson. La fiaba di Jim Henson e Terry Jones (rispettivamente regista e sceneggiatore) vi lascerà allegri e pieni di voglia di fantasticare. Ed in fondo la morale è

proprio questa: per quanto crescendo vi è la necessità di lasciarci qualche sogno o fantasia alle spalle, non bisogna mai sotterrare la nostra immaginazione, essa è inverosimilmente la chiave per la maturità. Francesca Rita Loi


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“HELLSING”: IL MANGA di Andrea De Rosa

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un manga scritto e disegnato da Kōta Hirano ispirato alle vicende del Dracula di Bram Stoker, pubblicato in Giappone dal 1998 al 2008 e serializzato dalla Young King OURs. Il manga inizia con la morte del padre della protagonista, futura leader dell’Ordine dell’Hellsing (una organizzazione paramilitare segreta al servizio di Sua Maestà, che da generazioni lotta contro creature come vampiri, ghoul e qualunque entità non umana), nonché diretta discendente di Lord Hellsing, Integra Fairbrook Wingates Hellsing. Il padre della protagonista, prima di morire, ordina alla figlia

che se nel caso si fosse trovata in pericolo, doveva rifugiarsi nei sotterranei della magione, dove li risiede qualcosa che potrà proteggerla. Infatti dopo la sua morte, lo zio di Integra, infastidito dal fatto che il fratello abbia preferito lasciare alla figlia il compito di successore alla guida della famiglia, tenterà di ucciderla. Come suggeritogli dal padre, prevenendo il pericolo imminente, Integra andrà a rifugiarsi nei sotterranei, dove troverà un cadavere incatenato. Ma purtroppo, verrà trovata dallo zio che non esiterà a spararle, ferendola non in modo grave. Il sangue verrà schizzato sul cadavere dove, improvvisa-

mente, questo riprende vita e salverà la ragazzina, sterminando tutti i tirapiedi dello zio e ferendolo gravemente, permettendo alla piccola Integra di dargli il colpo di grazia. Il suo salvatore si chiama Alucard, un vampiro al servizio della famiglia Hellsing da più di un secolo, nonché asso nella manica dell’organizzazione e fu così che Integra, diviene il Master, ovvero il padrone, di Alucard. La storia poi, proseguirà dieci anni dopo quell’incontro. Il manga, come già detto prima, prende molti spunti dal romanzo del Dracula di Bram Stoker, infatti già il nome del protagonista, “Alucard” non

è altro che lo specchio di “Dracula”: A-L-U-C-A-RD / D-R-A-C-U-L-A. A differenza di Dracula di Bram Stoker,Van Helsing nel 1892 a Londra, sconfigge il vampiro ma non lo uccide e Alucard, ammettendo la sconfitta e rispettando il suo avversario, decise di rimanere al suo servizio e a quello dei suoi predecessori. E fu così che Van Helsing, ovvero Lord Hellsing, fonderà l’agenzia Hellsing. Infatti il titolo del manga è un gioco di parole: dal capostipite della casata “Van Helsing” e al significato delle lettere (hell = inferno, sing = canto). Hellsing è riservato ad un pubblico adulto a causa dei temi


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trattati, come satire delle varie confessioni religiose che, in questo manga, vengono rappresentate più come fanatiche organizzazioni segrete ed è pieno zeppo di scene splatter, insomma un manga che si contraddistingue molto. In Italia il manga è stato originariamente pubblicato dalla Dynamic Italia nella sua collana Legend, ma dopo il cambio di staff i diritti sono passati e ripubblicati dalla Jpop. In seguito al suo successo, nel 2001 lo Studio Gonzo ne ha prodotto una trasposizione animata di 13 episodi poco fedele al fumetto. Qualche anno dopo ne è stata realizzata un’altra

trasposizione animata (OAV) più fedele al fumetto, ancora in corso, intitolata Hellsing Ultimate. Hellsing non è stata la prima serie di Hirano ad essere pubblicata in Young King OURs. Nel 1996, erano stati pubblicati due one shot: The Legends of Vampire Hunter, un hentai pubblicato inizialmente dalla rivista ecchi Heavenly Pleasure, ed Hi-And-Low, una storia incentrata sull’Operazione Barbarossa. Kōta Hirano è stato uno degli ospiti principali del Lucca Comics & Games 2008, e questa fu una grandissima occasione che ha permesso a tanti fan italiani di poter incontrare di persona, per la

prima volta, il famoso mangaka. Dopo aver concluso Hellsing nel settembre del 2008, Hirano si è preso un breve periodo di pausa, al termine del

quale, nella primavera del 2009, ha iniziato una nuova serializzazione su Young King OURs di Drifters. Andrea De Rosa


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I 40 ANNI DI “A COME ANDROMEDA” http://nanune13.deviantart.com

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tutti, almeno una volta nella vita, sarà capitato di soffermarsi a scrutare le stelle ponendosi la fatidica domanda: ci sarà qualcun altro nell’universo? La nuova fantascienza ci ha messo di fronte a mirabolanti razze, viaggi interstellari e colonie su pianeti lontani. Molto spesso però tutto ciò non riesce a soddisfare pienamente le nostre gigantesche ipotesi. La nostra mente registra la fantascienza come eccessivamente fantasiosa. Ma cosa succederebbe invece se ci dimenticassimo degli alieni come ormai abbiamo imparato a conoscerli e cercassimo di pensare in modo più vicino alla nostra realtà? “A come Andromeda” tenta di metterci di fronte ad un simile scenario. Inghilterra; in un anno imprecisato del futuro una vettura guidata dall’addetta alla stampa Judy Adamson (Paola Pitagora), in compagnia del professor Ernest Reinhart (Tino Carraro), percorre veloce la campagna inglese verso la nuova meraviglia del mondo: l’osservatorio di Bouldershaw Fell ospitante il radio telescopio più grande del mondo. Dopo una breve introduzione a scopo educativo sulle caratteristiche e le

proprietà di cui è dotata la macchina, arriviamo all’osservatorio dove i due incontrano il Dr. John Fleming (Luigi Vannucchi) uomo brillante, dotato di un intelligenza, di un carisma e di tutti quei “peccatucci” (l’alcolismo, il fumo) assai idonei ad un antieroe come lui che lo fanno apparire, più che un topo di biblioteca, un James Bond della scienza. I lavori procedono per il verso giusto, se non che a poche ore dalla vigilia dell’apertura dell’osservatorio, i macchinari captano un messaggio da M1, la nebulosa di Andromeda. Tutto lascia presupporre

che un intelligenza aliena, 2000 anni luce lontana dalla nostra, stia tentando una via di comunicazione; siamo all’alba di una

nuova era scientifica. Gli scienziati guidati da Fleming si impegnano nella decifrazione del codice da cui potrebbero dipendere un numero esorbitante di scoperte o di risposte. Ma la domanda che sorge spontanea è: tali scoperte saranno per il bene o per il male della Terra? Era il lontano 1972 quando “A come Andromeda”, tratto dall’omonimo romanzo inglese di Fred Hoyle apparve per le prime volta nelle televisioni italiane. Erano passati solo pochi anni dal primo passo dell’uomo sulla luna, e il clima di forte ripresa economica concedeva alle nuove generazioni “il lusso” di sognare qualcosa di meno concreto, qualcosa di inspiegabile e intoccabile: le stelle e una possibile vita in altri pianeti.


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Il successo dello sceneggiato fu clamoroso. Era la prima volta che il cinema italiano si imbarcava in un progetto simile e il pubblico gradì pienamente, grazie anche alla trama e alla fotografia realistica che dipingeva un futuro non troppo lontano e tendeva a dare solide spiegazioni scientifiche su come sarebbero potuti avvenire i contatti con entità aliene e le loro possibili conseguenze. Non si esagera nel definire “A come Andromeda” un gioiellino della fantascienza, incredibile per quell’epoca e assai godibile per la nostra. Gli appassionati lo inseriranno presto nella lista dei cult e il pubblico più giovane potrebbe trovarsi piacevolmente colpito dall’interpretazione degli

attori italiani, perfettamente immedesimati in un copione decisamente fuori dagli standard del cinema nostrano. L’utilizzo delle scoperte

scientifiche in modo positivo da parte degli scienziati, negativo da parte delle forze militari, collegate fra loro da un governo interessato esclusivamente al profitto dimostra una contemporaneità sconvolgente e ci da modo di riflettere sulle possibili conseguenze delle nostre azioni e su quanto la nostra curiosità potrebbe

ritorcesi contro. Una visione consigliata al più vasto pubblico, non solo agli estimatori del genere ma anche a tutti coloro che potrebbero non essere facilmente attratti dai temi fantascientifici poiché “A come Andromeda” non è soltanto mera fantascienza, ma un brillante specchio di un epoca. Francesca Rita Loi


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TARZAN: IL MITO HA 100 ANNI www.sbamcomics.it

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i è appena conclusa la spettacolare mostra che Wow Spazio Fumetto (viale Campania, 12, Milano) ha

dedicato al mito di Tarzan, eroe che in questo 2012 compie 100 anni. Un viaggio che parte dalla letteratura e che poi si

sviluppa nel cinema e nei fumetti, con incursioni in altri media come la televisione. Visitando la mostra, ci

- Tarzan Family Johnn Weissmuller, Maureen O’Sullivan e Johnny Sheffield.

siamo resi conto (il sospetto l’avevamo già...) di quanto il personaggio creato da Edgar Rice Burroughs cento anni fa sia entrato a far parte dell’immaginario collettivo di diverse generazioni. Infatti abbiamo potuto ammirare stupende rappresentazioni a fumetti realizzate da grandi maestri, come Burne Hogarth e Hal Foster, ma ciò che fa comprendere quanto Tarzan sia diventato popolare nel corso degli anni, è l’enorme quantità di produzioni, spesso anche di serie B, che hanno avuto per protagonista o si sono ispirate all’uomo-scimmia: film, fumetti, illustrazioni, parodie, videogame, romanzi, figurine regalate con i formaggini (!) e altri gadget, molti dei quali esposti al WOW, garantiscono a Tarzan un posto in prima fila tra i personaggi più riconoscibili al mondo. Chissà se aveva immaginato un successo di tale portata Edgar Rice Burroughs quando, nel 1912, diede vita sulle pagine della rivista All-Story al personaggio di Tarzan. DA FOSTER A HOGARTH Con 100 anni di storia alle spalle, Tarzan vanta un plotone di illustratori e fumettisti che nel corso degli anni si sono cimentati con il personaggio.


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Per dare il giusto spazio a quelli più noti, la mostra propone un percorso cronologico che parte dall’illustratore canadese Harold R. Foster, che nel 1929 disegnò le prime strisce di Tarzan, illustrazioni con lunghe descrizioni, e Rex Maxon, che iniziò a occuparsi della serie in quegli stessi anni, per poi continuare fino al 1947. Così come per Burroughs, anche per gli altri grandi personaggi che hanno orbitato intorno a Tarzan, la mostra mette in risalto anche altri lavori che li hanno reso celebri. Parlando di Hal Foster, ad esempio, non si può non considerare Prince Valiant, personaggio da lui creato nel 1936 e al quale ha dedi-

La mostra su Tarzan presso WOW Spazio Fumetto.

cato il resto della sua carriera. Una scelta, quella di Foster, che ha aperto le

Tarzan disegnato da Hogarth.

porte del mondo di Tarzan a quello che viene considerato il più grande disegnatore dell’uomoscimmia, il Michelangelo del fumetto, Burne Hogarth. Con lui si passa da un tratto elegante a un Tarzan muscoloso dal forte impatto visivo, come evidenziato dalla straordinaria tavola originale presente alla mostra. Non si può non restare incantati dallo stile di Hogarth, dal suo studio meticoloso della figura che lo ha reso un esempio da seguire per tutti i fumettisti delle epoche successive alla sua. Hogarth abbandonerà Tarzan nel 1947, per poi riprenderlo nel 1972 e nel 1977 con la realizzazione di due opere come sempre magnifiche: una trasposizione del racconto della giovinezza di Tarzan raccontata nel primo ro-

manzo di Burroughs. Negli anni ‘70 continuarono le strisce quotidiane e domenicali, comic books e albi singoli, con tanti autori diversi: John Celardo, Russ Manning, Mike Grell, Gil Kane, Gray Morrow, Joe Kubert, Jesse Marsh. Ognuno interpretava Tarzan con il suo stile: si va dal segno pulito ed elegante di Russ Manning, all’animalità e lo spirito selvaggio del Tarzan di Joe Kubert. Kubert, famoso per le sue opere di guerra e avventura, realizzò testi e disegni per una serie DC Comics, che in Italia venne pubblicata su Tarzan Extra della Cenisio. Quando i diritti passarono dalla DC alla Marvel, a disegnare Tarzan venne chiamato John Buscema, famoso tra l’altro per aver scritto insieme a Stan Lee un manuale su


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La mostra su Tarzan presso WOW Spazio Fumetto.

come disegnare i personaggi Marvel. WEISSMULLER E I SUOI “FRATELLI” Parlare dei cento anni di Tarzan senza parlare delle sue trasposizioni cinematografiche è impossibile. Per questo la mostra di WOW ha dedicato molto spazio al Tarzan cinematografico, comprendendo anche opere più o meno recenti, come Greystoke e la versione a cartoni della Disney, ma concentrandosi soprattutto sui protagonisti dei primi film sull’uomoscimmia, pellicole in bianco e nero, e inizialmente senza sonoro, che hanno fatto conoscere il personaggio al grande pubblico. Si cominciò già nel 1918, con il cinema muto e improvvisati attori: come l’ex agente di polizia Elmo Lincoln,

primo Tarzan cinematografico, e l’ex vigile del fuoco Gene Pollar. Tra foto di scena, locandine e filmati sono ricordati i tanti attori che nel corso degli anni hanno interpretato Tarzan: James Pierce, che poi avrebbe sposato la figlia di Burroughs; Frank Merrill, ultimo Tarzan del muto, vittima dell’avvento dell’audio; Buster Crabbe, celebre per i ruoli di Flash Gordon e Buck Rogers; Glen Morris, ex olimpionico di decathlon; Herman Brix, campione nel getto del peso, protagonista in un film prodotto dallo stesso Burroughs; Lex Barker, che divenne molto famoso in Germania; il palestrato Gordon Scott, pompiere, cowboy e bagnino prima di divenire attore; Denny Miller, protagonista di un solo film a basso costo realiz-

zato con le scene degli animali selvatici recuperate dagli altri film; Jock Mahoney, che interpreta un Tarzan che ha superato la quarantina; l’ex giocatore di football Mike Henry, morso da una scimmia durante le riprese; Roy Ely, che con le sue fattezze ha ispirato alcuni fumetti. Tutti attori che hanno dato il loro contributo, ma nessuno dei quali è mai riuscito ad avvicinarsi al più famoso dei tarzan del grande schermo, quello interpretato dall’olimpionico di nuoto Johnny Weissmuller. Classe 1904, di origini rumene, nel 1932 girò “Tarzan l’uomo scimmia”, primo di una serie di 6 film. Al suo fianco, ritratta in alcune foto in mostra, troviamo l’affascinante Maureen O’Sullivan nel ruolo di Jane, e in seguito Johnny Sheffiled nel ruolo

di Boy (Piccolo nella versione italiana). Quella di Weissmuller fu la versione più apprezzata dal grande pubblico e anche da Burroughs. La mostra è stata realizzata grazie al materiale della collezione privata di Camillo Moscati. Per la parte fumettistica il materiale è stato messo a disposizione dalla Fondazione Franco Fossati. Concludiamo con il nostro consueto piccolo spot: molte altre informazioni sulle iniziative del Museo Wow di Milano saranno disponibili sul numero 5 di Sbam! Comics – la rivista digitale A fumetti e SUI fumetti – scaricabile, come sempre gratuitamente, dal sito www.sbamcomics.it dal prossimo 5 di ottobre! Sergio Brambilla Sbam-Staff


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IL PROGETTO “COMICS BAY” www.comicsbay.com - www.fumettiestorie.com

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ulla frontiera dell’Avventura Digitale Comics Bay, www.comicsbay.com, é lo strumento che racchiude tutta l’esperienza di Giorgio Pezzin nel tentativo ormai decennale di realizzare il sogno di tutti gli autori: rivolgersi direttamente al Lettore, senza filtri o intermediazioni. Comics Bay è un sito pensato appositamente per i tablet come l’iPad; la navigazione è semplicissima, con pochi grandi bottoni che vanno subito al sodo. Un CATALOGO presenta tutte le serie e poi tutte le STORIE di ciascuna serie.

Per ogni storia sono previste alcune pagine di anteprima e poi i collegamenti per poterle acquistare per i vari dispositivi o anche su carta. Esiste anche un blog dedicato dove i lettori potranno commentare le storie ed esprimere i loro giudizi e contributi. Capitan Rogers; Smalto e Jonny, Walkie e Talkie, Oscar e Tango, Il Mondo di Meg; Robin e Mary Grandi Avventure... sono più di cento le storie a fumetti in programma, più vari ebook con racconti e romanzi che si potranno leggere perfettamente restaurate e

rimontate appositamente per l’iPad e i nuovi dispositivi, o anche per il vostro PC. L’impresa è aperta ad altri autori che vorranno pubblicare con le stesse modalità, portando nuove idee e unendo le forze per diffondere l’iniziativa. Oltre che per le storie illustrate in Comics Bay, Pezzin è conosciuto anche per essere stato per decenni uno degli autori storici della Disney Italia, autore di più di 430 storie per il mitico TOPOLINO. Lui e la moglie Manuela Marinato, inoltre, hanno realizzato i primi 86 numeri delle

storie a fumetti del mensile WINX-CLUB, il giornale delle mitiche fate diventate un fenomeno mondiale. Oltre che su ComicsBay, trovate tutte le notizie sulla coppia Pezzin-Marinato sul loro sito personale www.fumettiestorie.com con l’elenco delle oltre 830 storie prodotte per i maggiori Editori Italiani, con anteprime, curiosità, blog e informazioni sul fumetto e sull’autopubblicazione. CB Staff


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LA NUOVA LINEA ROBOTICA DELLA “BANDAI” Su Facebook: L’Alabarda Spaziale - Modellismo Robotico FB Italia

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ONNICHIWA a tutti i lettori di JAPANIMANDO! Notiamo con immenso piacere che siete sempre di più (pare si siano superati i 7.000 lettori!) e non

possiamo fare altro che ringraziarvi calorosamente... ARIGATOU GOZAI MASU!!! Questo mese, nel consueto spazio dedicato a “L’Alabarda Spaziale –

Modellismo Robotico” (che trovate sulla pagine ufficiale Facebook www.facebook.com/lalabardaspaziale) non parleremo di un modello nello specifico, ma di una

nuova linea di modelli destinata a far parlare molto di sè. Innanzitutto parliamo della casa costruttrice, leader nel settore, che nonostante stia passando un periodo di attività leggermente sotto la media continua a deliziare i collezionisti di tutto il mondo: sto parlando della Bandai, incontrastata azienda giapponese che domina indiscussa il campo del collezionismo, robotico e non. Divenuta ormai famosa per i fantastici modelli della serie “Soul of Chogokin” (“Anima di Superlega Metallica”, abbreviato in SOC) da ormai quindici anni (il primo modello, il GX-01 Mazinger Z, è del 1997) ha pensato bene, visto un periodo di “rallentamento” delle uscite SOC e un costo non proprio abbordabile di questi modelli (mediamente si parla di 180 euro) di inaugurare una nuova serie "low-cost" che mantenesse le stesse caratteristiche dei SOC e permettesse di scatenare la fantasia dei tecnici Bandai, progettando modelli robotici dedicati alle decine (per non dire centinaia) di licenze delle quali Bandai è proprietaria, come ad esempio la sconfinata “Super Robot


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Wars”. Nel 2010 viene così lanciata sul mercato la linea SRC: Super Robot Chogokin. La caratteristica principale di questi modelli, innanzitutto, è la loro statura ridotta (mediamente 14-15 centimetri, contro i 20-25 dei SOC) e dell’utilizzo degli stessi materiali utilizzati per i SOC, tra i quali la famosa Zamak, lega pressofusa lavorata secondo la tipica dicitura “Die Cast” Molti collezionisti hanno subito storto il naso, anche perchè il primo modello prodotto è stato il Mazinger Z e, giustamente, si aspettavano qualcosa di completamente nuovo. Osservando e soprattutto soppesando meglio questi modelli ci si accorge comunque dello sforzo fatto da Bandai per avere dei Chogokin di ottima fattura e soprattutto dal

prezzo ridotto (dai 40 ai 60 euro). I particolari sono stati riprodotti con cura, le ti-

pologie di soggetti sono molto varie e non limitate ai robot nagaiani. Probabilmente i primi

modelli sono stati creati per “tastare il terreno” e trovare consensi per i modelli futuri. E l’utilizzo di Zamak è proporzionale ai loro “fratelloni” SOC: non si tratta quindi di un uso minore, come molti sostengono, ma di un utilizzo proporzionato alla scala del modello. C’è da spendere anche qualche doverosa parola sulle articolazioni, agli snodi e alla posabilità: davvero ingengosi e ben sfruttati, un ottimo lavoro da parte dei tecnici Bandai. I modelli possono essere posizionati nelle maniere più disparate, sono ben equilibrati e non ci sono difetti dovuti


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a particolari sfregature tra le parti. Inoltre, per rinnovare l’interesse attorno al modello, sono stati creati dei “Weapon Set” acquistabili a parte, contenenti armi aggiuntive molto coreografiche (memorabile la coppia di “Rocket Punch” con effetto scia, da applicare al Mazinger Z!). Si parlava prima di serie dalle quali sono tratti i modelli. La Bandai ha avuto modo di sbizzarrirsi con tantissimi personaggi, molti dei quali inediti in Italia: Per citare alcune serie, Samurai Sentai Shinkenger, Kaizoku Sentai Gokaiger e il più conosciuto King Of Braves GaoGaiGar, maggiormente conosciuto ai


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collezionisti perchè realizzato anche da altre case produttrici come CM’S e Max Factory.

Senza contare la serie Super Robot Wars, che conta moltissimi robot desiderati dai collezioni-

sti! Questo successo ha dato una grossa spinta alla serie, che si è ritrovata in un paio di anni ad avere tra le proprie fila una quarantina di modelli, in continuo aggiornamento. Purtroppo, i pareri sono inevitabilmente divisi in due “correnti di pensiero”: chi considera i SRC come una buona alternativa ai ben più grossi e costosi Gokin “di fascia alta” accontentandosi di avere un modello ahimè più piccolo, ma ottimo sotto diversi punti di vista: particolari, posabilità, accessori, varietà dei personaggi, e soprattutto prezzo.

I puristi, invece, tendono a snobbare questa serie, ritenendo i SRC una scopiazzatura dei celebri “Revoltech” della Kayodo, con l’aggiunta di un pò di Zamak, adatti per “ruoli minori” all’interno della vetrinetta di un collezionista. Insomma, come nella


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maggior parte dei casi è difficile trovare una via di mezzo: sono modelli ben fatti, ben realizzati ed economici. Certo, paragonare un GaoGaiGar SRC ad un enorme Gokin della Max Factory è decisamente azzardato. Peso, dettagli, dimensioni e soprattutto prezzo (40

euro contro più di 300) non sono comparabili. A voi la scelta! Con questo concludo e vi saluto rinnovando l’appuntamento tra un mese esatto qui su JAPANIMANDO! MATA NE! Roberto “Robb” Morello


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MACHINARIUM www.gamesearch.it

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scito nel 2009 per Pc, Mac e Linux, e disponibile da metà 2012 anche su sistemi iOS e Android, Machinarium è un’avventura grafica sviluppata da Amanita Design, una Software House Ceca indipendente. Dopo tre anni di lavoro, gli sviluppatori sono riusciti a creare un vero e proprio gioiello del genere “punta e clicca” alla Monkey Island. Machinarium, vincitore di numerosi premi e riconoscimenti, è diventato un cult per gli appassionati del genere, un piccolo gioco che, pur non avendo alle spalle una grande produzione, è riuscito ad appassionare e coinvolgere i videogiocatori di tutto il mondo. Caratteristici del gioco sono gli scenari suggestivi in stile steam-punk tutti disegnati a mano, le animazioni fluide (non ci

poetico che ricorda in alcuni momenti la magia del robottino Wall-E della Pixart. LA STORIA Il protagonista della nostra avventura è un piccolo robot finito per sbaglio in una discarica; dopo averne ricomposto i pezzi, ci dirigiamo alla nostra città natale, cercando un modo per eludere la sorveglianza ed entrare. Sulla torre più alta una bomba è pronta ad esplodere, e come se non bastasse la nostra innamorata è stata rapita. I cattivi se la spassano al bar, a giocare a carte tra una bevuta d’olio e una partita a dama con viti e bulloni: ma non sanno che la nostra piccola vendetta sta arrivando. sono dialoghi, la storia è narrata tramite animazioni a fumetti), gli enigmi complessi e mai banali,

oltre a una componente narrativa non predominante ma ben caratterizzata e uno stile fiabesco e

TROVARE LA STRADA Il mondo di Machinarium è abitato da personaggi bizzarri, macchine viventi che si nutrono di olio. Ognuno ci propone una richiesta o una sfida, risolvendo le quali potremo ottenere oggetti da combinare o utilizzare nei modi più strani: dal punto di vista della stravaganza, gli sviluppatori dimostrano di avere ben imparto la lezione dalle strampalate azioni di Guybrush Threepwood, anche se rispetto a Mon-


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key Island lo stile è più fiabesco e meno irriverente. Gli enigmi consistono nell’utilizzare gli oggetti adatti in particolari situazioni, (combinandoli spesso insieme), nel soddisfare le richieste degli abitanti della città in cambio di oggetti utili, oppure nel risolvere rompicapi abbastanza complessi; non mancano anche veri e propri minigiochi, come quando entreremo in una sala giochi di vecchi coinop polverosi e dovremo vincere una partita a Space Invaders. Se in alcuni momenti non sapremo come procedere, avremo sempre a disposizione un libro degli aiuti, dove in forma di fumetto ci verranno

mostrati i suggerimenti; per aprire il libro, dovremo però guidare la chiave alla sua serratura in un breve shoot’em up bidimensionale. Amanita Design ci regala un’avventura magica e poetica, suggestiva dal punto di vista visivo e impegnativa dal punto di vista intellettivo: la sfida sarà quella di finire il gioco senza mai consultare il libro dei suggerimenti. Il gioco, forse un po’ troppo breve, ha una capacità unica di coinvolgere e farci sorridere, senza mai trasformare la sua elevata difficoltà in frustrazione. Francesco Di Iorio


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FURUSATO JAPAN http://nihonexpress.blogspot.it

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urusato Japan” (titolo internazionale “JAPAN – Our homeland”, distribuito in italiano da Kaze col titolo “Le voci della nostra infanzia”) è un film di animazione del 2006, diretto e sceneggiato da Akio Nishizawa e prodotto dallo studio WAO World. Ambientato nel 1956 a Kiba, cittadina alla periferia di Tokyo, si ispira all’infanzia del regista e racconta la storia di una classe di studenti delle elementari che, dopo l’arrivo di una nuova insegnante di musica e di un’alunna trasferitasi da Kobe, decide di partecipare alla competizione annuale di cori scolastici. Tra la nuova allieva, Shizu, e il brillante Akira, capoclasse e bravo studente, si instaura presto un tenero sentimento di affetto. A causa di una ragazzata compiuta proprio da Akira e dal suo gruppo di amici, però, la classe viene esclusa dalla gara di canto, creando una frattura nel rapporto fra i due. Un inizio leggero e positivo apre a un seguito in cui il dramma si fa spazio ed entra nella vita dei giovani protagonisti, che comprendono il vero valore della vita e l’importanza di prendersi le proprie responsabilità. Il Giappone del dopoguerra era una nazione prostrata e dal futuro in-

certo, che nel momento della ricostruzione ha deciso di adoperarsi con tutte le sue forze per raggiungere la tanto agognata modernità, il cui modello per eccellenza erano gli Stati Uniti. La voglia di ricominciare parte dai giapponesi stessi, popolo da sempre

abituato ad affrontare le avversità con una straordinaria forza d’animo, senza rassegnarsi mai: è questo lo spirito del “ganbaru”, parola traducibile come “mettercela tutta, impegnarsi al massimo”, che rappresenta bene una parte importante della mentalità nip-

ponica. Accanto al desiderio di rinnovamento c’è anche la voglia di recuperare le tradizioni, di ritornare alle radici per abbracciare il progresso senza snaturare la propria cultura, probabilmente un modo per lenire le ferite inferte dalla sconfitta all’orgoglio nazionale. Cantare in un coro assume per i ragazzini una valenza particolarmente significativa, legata all’imparare a lavorare insieme, collaborare con i propri pari per raggiungere il risultato che ci si è preposti. La società giapponese dà grande valore alla collettività, il cui benessere viene al primo posto, e proprio le esperienze vissute durante l’infanzia sono il cemento che unisce il gruppo, insegnando a rinunciare all’egoismo e all’individualità nella sua accezione negativa. In questo contesto si inseriscono le canzoni intonate dai cori di bambini,


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che non sono semplici melodie, bensì veri e propri inni al Giappone del passato, quello che i giovani nati durante la guerra non conoscono, un luogo idealizzato in cui l’uomo vive in armonia con la natura e i mutamenti stagionali provocano un dolce struggimento a chi, lontano dalla terra natia (“furusato”, appunto), sogna di potervi tornare presto. Nonostante le tematiche interessanti, il film ha due grossi difetti che lo rendono a tratti stucchevole: la spiccata tendenza di Nishizawa ad aggiungere dramma su dramma – che raggiungerà l’apice con “Symphony in August” (2009), in cui si

calca talmente tanto la mano sulle sfortune della protagonista da raggiungere livelli quasi esilaranti – e la retorica forzata che permea l’intera pellicola. Per quanto riguarda il secondo punto, la colpa non è forse tutta del regista, quanto di una so-

cietà che sfruttava sul serio e in maniera quasi didattica certe idee romantiche sul passato per rabbonire i cittadini, provati dagli stenti causati dal conflitto mondiale. Furusato Japan rimane comunque un’opera in qualche modo formativa,

che permette di cogliere i sentimenti chiave per la nascita di uno Stato moderno, guardando i mutamenti attraverso gli occhi ingenui dei bambini di allora, gli adulti del Nuovo Giappone. Elena Gabrielli


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COSPLAY ON-AIR: JAPAN MADE IN ITALY

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alle ceneri di un progetto IPTV ormai fallito, sei ragazzi rimasti senza lavoro ma determinati a non arrendersi, nel momento del bisogno sfruttano il loro talento per creare la Shibuya Creative Solutions, un’azienda poliedrica in continua espansione che offre servizi a tutto tondo. Shibuya ad oggi si è conquistata il premio critico della giuria "Web Italia 2010" per il proprio sito web; il cortometraggio di Paolo Zucca "L’arbitro", per il quale Shibuya ha curato la post-produzione, è stato vincitore del David di Donatello; Porco Vino,

per la quale Shibuya ha sviluppato un sistema di e-commerce online, è stata premiata l’anno scorso come migliore start-up italiana. Inizia così, a Cagliari, una storia che ha i tratti di un’avventura !! Lo staff inizia a giocare sulla diversità delle loro capacità lavorative per soddisfare le richieste del mercato. Offrono soluzioni creative per diversi campi: cinema, pubblicità, web, lifestyle, design. L’attività prende piede, l’organico si fa più numeroso e Shibuya inizia a farsi notare. Iniziano le collaborazioni. In occasione della catastrofe dello Tsunami in Giap-

pone, viene loro richiesto, tramite la Nihon Bunka, di occuparsi di un video-messaggio di supporto e incoraggiamento per le vittime da parte delle comunità giappo-

nesi nel mondo. Il video viene talmente apprezzato che la ETB, una grossa azienda giapponese che promuove eventi legati al mondo musicale e cosplay, li con-


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tatta immediatamente e chiede loro di iniziare una collaborazione. Si inizia con lavori di grafica, come il website per il gruppo Love Psychedelico, poi vengono ingaggiati per progetti più complessi come l’opening di animazione per il Live in Tokyo della cantante Eiko Shimamiya. Il loro stile è nuovo e frizzante e il Giappone, già in delirio per il prodotto made in Italy, non si fa sfuggire l’occasione: nel Maggio del 2012, Enrico Ciccu, uno dei fondatori della Shibuya si reca a Tokyo per firmare la sospirata Partnership Italo-Giapponese! Il primo cliente seguito dalle due aziende è stata la casa discografica IRc2 del grande produttore giapponese Kasuya Senji. Kasuya è un pezzo da no-

vanta nel mercato musicale giapponese, produttore fra i tanti anche di Hotei, artista che ha lavorato alla colonna sonora di Kill Bill. Durante il soggiorno a Tokyo, Enrico viene invitato da Tatsuro Tonoki (presidente della ETB) ad assistere alla valutazione di una cantante. In Giappone, prima che un artista venga lanciato viene esaminato tramite un Live di prova. La cantante in questione si chiama Julie. Canta in inglese. E’ nata in California ma è di origine giapponese, e vive tutt’ora a Tokyo. In giappone ha gia’ pubblicato un primo album di cover. Il suo sound è molto diverso da quello solito giapponese ed è davvero molto brava. Enrico durante l’analisi però solleva un problema che

prima nessuno aveva considerato. Anche se il prodotto di base è di buona qualità (ottima voce, buona presenza sul palco etc...) in Giappone si dà sempre un’immagine del cantante/gruppo troppo ‘giapponese-androginokawaii’ e questo lo distacca troppo da un pubblico non-giapponese. Questo sistema di “Giapponesizzazione” viene applicato praticamente a tutti gli artisti (anche nel caso il genere proposto non sia J-Pop / Rock ma un sound più internazionale) perchè vende tantissimo entro i confini del Paese. Rende però assai difficile l’esportazione. Un’altra ‘pecca’ è il sistema di vendita della musica, ancora tramite CD, a cui il Giappone rimane troppo aggrappato,

mentre il resto del mondo si sta convertendo alla musica via web (I-Tunes). Da queste considerazioni scatta un’idea rivoluzionaria. Portare gli artisti locali fuori dal Paese per essere Degiapponesizzati. Una sola parola per indicare un processo che si svolge in diverse fasi, laddove l’artista, ospitato dal Paese-partner, viene ricreato completamente da un’equipe di esperti: viene rimodellato il suo look sia mediatico che artistico. Nasce il Progetto Julie “made in Italy”, seguito dai soci fondatori della Shibuya: Enrico Ciccu (art director) - Davide Sardo (sound director) e da Piero Zilio (direttore marketing e public affairs), e supervisionato da


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Mari Godo della ETB. E proprio qui in Italia, a Cagliari, si assiste al primo caso di rilocalizzazione (o lookalization) di un’artista giapponese per essere lanciata sul mercato europeo. Quello fatto su Julie altro non è che un lavoro di revisione e contestualizzazione dell’immagine dalla A alla Z, coerente ovviamente al suo stile musicale. Una stylist ha infatti seguito la cantante ed ha definito il suo look (abbigliamento e accessori) sul palco e nelle altre occasioni (es. conferenza stampa), due fotografi hanno realizzato diversi servizi fotografici, una band e 2 dj hanno affiancato la cantante che in Sardegna ha ri-registrato 3 brani del suo primo album (con nuovi

arrangiamenti più vicini all’orecchio europeo ed alla musica di Julie) in vista della pubblicazione di un nuovo EP, una crew ha girato le riprese del video musicale in fase di produzione ed è stata definita un’attenta campagna di promozione e presenza su web e social media. Pianificare tutto il processo è stato un lavoro lungo e complesso, ed è cominciato a luglio. A settembre Julie è stata in Sardegna per la re-incisione e la ricostruzione dell’immagine, e per i

prossimi due mesi Shibuya ed ETB lavoreranno sui materiali prodotti in Sardegna in previsione del lancio “europeo” della cantante, annunciato per Novembre. L’azienda ha in programma non solo la promozione di questo album, ma anche di tutti i successivi. Nel frattempo, Tatsuro Tonoki - presidente della ETB, sta ultimando un libro il cui argomento principale sarà lo studio del cambiamento del mercato discografico in Giappone e quali sono le

strategie per ottimizzare i profitti. Sarà indirizzato alle case discografiche giapponesi. Un intero capitolo del libro sarà dedicato a Shibuya, con l’intervista ad Enrico Ciccu che parla del caso di Julie e del sistema di rilocalizzazione. Julie rappresenta un nuovo inizio e un grande passo, non solo per l’azienda ma anche per tutta l’Italia, che con questa collaborazione contribuisce a dare valore agli artisti esteri e a far conoscere l’eccellente prodotto creativo nostrano nel Paese del Sol Levante. Maura (Kahindra Cosplay) Cosplay On-Air

Ogni mercoledì dalle ore 20.20 in FM ed in streaming su

Radio Dimensione Musica

www.radiordm.it/live


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MEMORIE MUSICALI: “TIVULANDIA 1, 2 E 3” www.komix.it

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e tre raccolte Tivùlandia del 1994 includono parte delle più belle e ricordate sigle italiane di anime trasmessi nel nostro paese nei tardi anni Settanta e primi anni Ottanta. Tutti i gruppi e gli interpreti che hanno fatto la storia delle sigle non mancano all’appello: dai Cavalieri del Re ai Super Robots alias Rocking Horse, da Nico Fidenco alle Mele Verdi. Questa piccola antologia di motivi indimenticabili, alla quale, nel 2003, si sono aggiunti i volumi 4 e 5, si mostra ben assortita, in modo da soddisfare i

gusti dei fan, toccando ogni genere di anime: lo shôjo (Candy Candy, Lady Oscar), i robottoni (Jeeg Robot, Uomo d’Acciaio, Mazinga Z), l’umoristico (Carletto principe dei mostri, Dr. Slump) e lo sportivo (Mimì e la nazionale di pallavolo, Pat ragazza del baseball). E, naturalmente, molte, molte altre sigle. Il primo disco è d’impronta delicata e sentimentale, e propone sigle di serie con protagonisti ragazze, bambini e animali. Il secondo è sostanzialmente dedicato alle serie in cui azione e avventura rappresentano gli ingre-

SIGLE TV Sasuke - Yattaman - Chappy Lulù - Candy Candy Il Dottor Slump e Arale Il Gatto Doraemon - Sampei Fan Bernardo - Heidi Lancillotto 008 - Pinocchio perché no? L’Ape Magà - Mysha La ballata di Fiorellino Mimì e le ragazze della pallavolo Cyborg i nove supermagnifici La fantastica Mimì Belle et Sebastien

dienti principali. Il terzo CD, infine, è una sintesi dei primi due. Quest’ultimo disco contiene tre pezzi inediti che non hanno alcuna attinenza con i disegni animati: canzoni per bambini eseguite da Sonia, la conduttrice del programma per bambini “La posta di Sonia” dell’emittente del Lazio Super 3, nota anche in altre regioni vicine e da anni attenta a recuperare le vecchie serie giapponesi per il pubblico dei «vecchi» e dei «nuovi» bambini. I CD non sono esaustivi: sono assenti molte canzoni, e la ragione è molto sempli-

SIGLE TV Il Grande Mazinger - Jeeg Robot Daltanious - Trider G7 Ken il guerriero - Toriton Capitan Jet - Goal Sam, ragazzo del West Ken Falco Blue Noah Pat, la ragazza del baseball - Peline Story La spada di King Arthur - Lady Oscar Carletto e i mostri Che paura mi fa! Tyltyl, Mytyl e l’uccellino azzurro

cemente che gli album Tivùlandia presentano le sigle delle serie trasmesse da Super 3 e di cui in effetti l’emittente, al momento della pubblicazione delle compilation, deteneva i diritti. L’audio è comunque limpido e pulito, grazie a un processo di rimasterizzazione dei brani originali ben riuscito. La Yamato Video ha ripubblicato i primi tre CD di questa collana. Le edizioni Yamato differiscono soltanto per le cover, meglio curate graficamente. Fabio Cassella

SIGLE TV Quando vorresti un’amica* L’ora della buonanotte* La banda dei duri teneri* Nino il mio amico ninja Madamoiselle Anne - Lupin Ransie la strega Grand Prix e il campionissimo Starzinger - Conan - L’Uomo Tigre Gordian - Calendar Man Godam - L’isola del tesoro Cybernella - Il Mago Pancione Ettci * Sigle della trasmissione “La Posta di Sonia” su Super 3


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“LUDICA ROMA” & IL PROP MAKING CONTEST www.ludica.it

LUDICA ROMA: GIOCHI, VIDEOGIOCHI E IL PRIMO PROP MAKING CONTEST ITALIANO

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al 23 al 25 novembre 2012 torna a Fiera Roma “Ludica, il Festival Italiano del Gioco & del Videogioco”, appuntamento da non perdere per appassionati giocatori e semplici curiosi in cerca di uno, anzi tre giorni all’insegna del divertimento. Tante le aziende, i negozi e le associazioni che daranno vita a questa manifestazione, con presentazioni, conferenze, mostre, contest e tornei esclusivi e la possibilità di provare le 10 migliori uscite ludiche della Fiera Internazionale del Gioco di Essen. Il tutto grazie alle cinque grandi aree tematiche in cui ci si potrà cimentare in ogni tipo di gioco: giochi da tavolo, gioco di ruolo e reenactment (rievocazione storica), wargame, videogiochi e softair.

Così, mentre nell’area giochi da tavolo si potranno provare boardgames, giochi di carte, da scacchiera, giochi etnici, giochi giganti, calcio da tavolo ed enigmistica, incontrare personalmente autori e inventori di giochi e partecipare a tornei, di cui due finali nazionali di BoardGame League, nell’area dedicata al wargame tridimensionale sarà possibile assistere a rievocazioni di battaglie in miniatura e prendere parte a tornei e al concorso di pittura di miniature. Non mancherà l’area dedicata ai videogames, con le postazioni e i tornei organizzati da FNIV, con oltre 30 titoli a disposizione dei videogiocatori, tra cui Resident Evil 6, NFS Most Wanted 2, Rock Smith, Fifa 13 e Halo 4, e un ampio spazio dedicato al softair e al laser game. Sempre più ricca l’area gioco di ruolo e reenactment, dove sarà possibile incontrare gladiatori, abitanti del Medioevo e soldati napoleonici, farsi

fotografare accanto alle guardie imperiali di Star Wars e ai personaggi di Batman, e trasformarsi in un personaggio del successo fantasy A Game of Thrones. Ma la grande novità di questa edizione è Heroes Factory, un ampio spazio dedicato all’arte del Prop Making, la riproduzione degli accessori di scena usati nelle industrie televisive, cinematografiche e teatrali. Al suo interno si terrà infatti il primo PMC – Prop Making Contest in Italia, con 4 categorie differenti (HA - Heroes Artifact: repliche di oggetti di film/telefilm/videogiochi/cartoni, HC - Heroes Character: repliche di personaggi di film/telefilm/videogiochi/cartoni, OA - Original Artifact: creazione di un oggetto di design originale, OC Original Character: creazione di un personaggio di design originale) e premi per i primi 3 classificati di ogni categoria. Il regolamento è disponibile, assieme agli aggiornamenti sulle attività e all’elenco espositori

provvisorio, sul sito www.ludica.it/roma. Non solo giochi a Fiera Roma dal 23 al 25 novembre: per gli appassionati di modellismo, accanto a Ludica si svolgerà Ludica Model, evento interattivo per gli appassionati di modellismo statico e dinamico, e per i più piccoli, Ludica Bimbi, un grande spazio di divertimento per i bambini fino a 10 anni con aree gioco, laboratori e spettacoli. Scoprite di più su www.ludica.it, dove oltre a costi e orari avrete la possibilità di scaricare il buono sconto per l’ingresso e prenotare il pullman per raggiungere la fiera da 25 località del centro-sud Italia. Infine, vi ricordiamo che Ludica si ripeterà a Milano dal 15 al 17 Marzo 2013, in contemporanea con Cartoomics – 20° Salone del Fumetto, Cartoons, Cosplay, Fantasy e Collezionismo (sito internet: www.cartoomics.it). Ludica Staff


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“EDEN” DI HIROKI ENDOU www.mangame.it

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den è quello che, senza mezzi termini, posso definire un buon manga; non voglio azzardarmi ad usare la parola “capolavoro” solo perché sono un uomo cauto di natura. Anche volendo “volare basso” non si può negare che è il classico titolo che resta nel cuore del lettore e, anche dopo anni, mantiene il suo appeal intatto. Eden è uno dei titoli attraverso i quali Planet Manga è riuscita ad affermarsi durante lo scorso decennio come uno dei più importanti editori italiani. Pubblicato tra l’Aprile 2000 e il Febbraio 2009, Eden consta di 18 volumi, la maggior parte dei quali esauriti. Il mese scorso è iniziata una nuova edizione, “Eden Deluxe”, con un formato di dimensioni maggiori rispetto alla prima edizione e in maxi volumi da 400 e più pagine che raccolgono due volumetti originali. Per via del formato più grande, non ho resistito alla tentazione (neppure ci ho provato!) e il giorno stesso dell’uscita mi sono portato a casa il primo volume della nuova edizione giustificandomi con me stesso che era uno dei pochi metodi per rileggere l’opera senza rovinare i preziosi volumi originali. Sfogliare Eden dalla prima pagina non è stato solo un piacevole e

un po’ melanconico viaggio nel passato; si è anche trattato di riassaporare tutta la magia e la potenza di una storia eccellente senza, ahimè, il piacere della scoperta. In fumetteria e in rete ho raccolto diverse testimonianze di persone a cui è piaciuto Eden; tra le tante me ne vengono in mente due. La prima è quella del mio amico Simone che ha scritto un bell’intervento sul mio Facebook pieno di entusiasmo: “Eden è forse uno dei manga più “veri” che abbia mai letto! È veramente qualcosa di fantastico! La storia è avvincente, articolata ma mai pe-

sante, anche se non proprio veloce... dialoghi e riflessioni fantastici... per non parlare delle illustrazioni... non si direbbe che ha 15 anni, anzi! L’edizione fa paura, il miglior manga che ho avuto fra le mani sotto questo punto... mi sono sentito in dovere di scriverti tutto questo sulla bacheca anche per consi-

gliare l’acquisto a tutti, senza esclusioni!” Un’altra testimonianza che mi ha colpito è quella del mio amico e coetaneo (siamo vecchi!!!) Loris, che, all’epoca, aveva completamente saltato il titolo e mi ha confidato di aver fatto uno dei più grossi errori da quando legge manga (cioè dal terzo numero di Zero della Granata Press). La storia di Eden si svolge in un futuro non troppo lontano dove un virus manipolato in laboratorio e impazzito, “Closer”, ha infettato la maggior parte della popolazione terrestre. La “malattia” si manifesta con un progressivo indurimento degli organi vitali con conseguente perdita di funzioni motorie secondarie e principali che portano inevitabilmente alla morte ma non prima di aver costretto la vittima ad una invalidità straziante. Una volta morta, della persona resta un involucro incartapecorito e dei rimasugli gelatinosi che diventano sede naturale per vermi e parassiti. Per cercare di arginare


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questa epidemia, i governi e le multinazionali hanno premuto pesantemente sul pedale dell’acceleratore della ricerca e sono nati i cyborg, l’unico metodo per evitare di morire o per rimpiazzare le parti inutilizzabili di un corpo sulla via del decadimento. Allo stesso momento, la corruzione è salita alle stelle e tante organizzazioni criminali, che prima operavano dietro un paravento, sono arrivate ad avere così tanto potere da infischiarsene delle regole e delle leggi. In questo scenario si muovono i membri della famiglia Ballard. Il primo che conosciamo è Enoa, uno dei pochi umani a non essere vittima del Closer. Una porzione della sua vita occupa la

prima metà del volume regalandoci quello che sembra l’eden in cui vive con solo altri due esseri umani: Hannah e Lane, uno scienziato amico del padre e che si è sostituito a quest’ultimo come figura paterna e di riferimento. In seguito ad un evento che non cito, l’attenzione della narrazione passa al figlio, Elia, che durante una fuga si vede costretto ad unire le sue forse a quelle di un gruppo di guerriglieri capeggiati da una imbattibile hacker che ha cambiato il suo corpo con uno artificiale conservando solo alcuni organi originali oltre il cervello. Da qui partirà un percorso che porterà il ragazzo a diventare un uomo con tutte le difficoltà e i dolori che una simile tra-

sformazione inevitabilmente comporta. L’abilità di Hiroki Endou con Eden è doppia e degna di nota e lodi. Come sappiamo, un fumetto (comics o manga che sia) ha bisogno di due elementi fondamentali per funzionare: trama e disegno. Se uno dei due manca, la reazione chimica non si innesca. E’ anche vero che forse la trama è più importante del disegno ma quando si possono avere entrambi è meglio, non è vero? E’ non è anche vero che un racconto di sole parole è un libro? Ebbene, l’autore riesce a dare al lettore sia una trama che un disegno all’altezza. Lo stile di disengo di Endou è particolareggiato e allo stesso tempo estremamente pulito. A

tratti ricorda quello di Katsuhiro Otomo in “Akira” per lo studio dei personaggi e dei luoghi e di Masamune Shirow in “Ghost In The Shell” per il mecha design. Le retinature sempre presenti non sono mai ostentate e invadenti e la resa dei meccanismi è ottima con l’uso abbondante di linee che contribuiscono a dare un senso di realismo anche a oggetti e cose che non esistono come i cyborg o i robot. Ogni tavola di Endo pulsa di vita e trasmette tutta la fatica e il sudore che l’autore ha profuso nella realizzazione. Ci si potrebbe perdere per ore ad osservare tutti i singoli particolari e non coglierli tutti anche dopo l’ennesima lettura. Posso senza dubbio dire che è una esperienza totalizzante. Mangame Staff


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“NERO CAFÈ”: PROGETTI E CONCORSI www.nerocafe.net

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ero Cafè nasce come blog di informazione su cinema e letteratura noir e gialla, con venature tendenti all’horror. Negli ultim due anni ha subito un’evoluzione che ha dapprima aperto i cancelli non solo all’horror ma anche al gothic, abbracciando quindi con maggior convinzione il sovrannaturale, e poi ha portato i suoi tre membri più attivi (Daniele Picciuti, Laura Platamone e Marco Battaglia) a compiere il gesto fatidico: diventare Associazione Culturale. E così è stato. Oggi Nero Cafè è una piccola realtà che sta cercando di conquistare un posto nel cuore dei suoi utenti, lettori o autori che siano. Il network è formato da un sito web (http://nerocafe.net), che racchiude le

novità più importanti che riguardano l’Associazione e le attività culturali ed editoriali, nonché tutte le

info sul tesseramento soci; un canale youtube (http://www.youtube.com /NeroCafeTV), nel quale

pubblichiamo i report e le interviste nei luoghi di iniziative come festival, backstage di set cinematografici, fiere del libro, interviste; un forum (http://www.nerocafe.forumfree.net), luogo di incontro per gli utenti, soprattutto quelli che amano scrivere, dove sono in corso premi e concorsi di vario genere dodici mesi l’anno; e il blog dedicato a Knife (http://knifemagazine.wor dpress.com), il magazine di Nero Cafè, dove appaiono le anticipazioni delle riviste in uscita e i primi numeri scaricabili on-line. E poi c’è, appunto, Knife, rivista aperiodica interamente dedicata agli argomenti nerocafettiani, in cui approdano contenuti mai apparsi prima sul blog. Gli ospiti, spesso anche internazionali, rilasciano interviste in anteprima. Insomma, a livello contenutistico, una delle riviste più ricche del settore. Infine, a giugno 2012 è nato il marchio editoriale Nero Press, aperto alla letteratura di genere. La nostra prima pubblicazione è stata Exilium – L’inferno di Dante (di Kim Paffenroth), subito seguita dall’antologia di


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Zombie, aperto ai romanzi horror a tema zombie. Il vincitore verrà pubblicato con il marchio Nero Press con regolare contratto di edizione. Insomma, tantissime iniziative, non solo su web. Nero Cafè è infatti spesso presente agli eventi e ai festival più importanti per i generi che trattiamo, sia in campo letterario che cinematografico. NC Staff

racconti brevi Minuti Contati, nata dall’omonimo concorso sul forum. E veniamo, appunto, ai nostri concorsi. Partiamo dal Nero Angeli, che si è svolto sul forum di Nero Cafè nel corso del 2011 e ha visto partecipare oltre cinquanta racconti, tutti incentrati sul lato oscuro o nascosto delle figure angeliche. I tredici finalisti, elogiati anche dalla giuria (tra cui mi piace ricordare Francesco Dimitri, presidente d’eccezione) per la buona qualità delle opere inviate, hanno atteso trepidanti l’esito del premio. L’antologia dei racconti finalisti è stata pubblicata da Il Mondo Digitale Editore, che è stato partner nel progetto, con il titolo Caduti. C’è poi il Nero Lab, un’autentica palestra letteraria giunta ormai all’ultimo mese, i cui vincitori – eletti mensilmente dalla

nostra ospite illustre Barbara Baraldi – verranno pubblicati in antologia edita dal marchio Nero Press. Minuti Contati – di cui accennavamo sopra – è il concorso letterario più veloce e spietato del web. A una data e un’ora prefissati, il perfido Aguzzino, mattatore del concorso, fissa un tema a sorpresa, con limite di tempo e caratteri che variano di volta in volta. Un autentico massacro per gli autori che vi prendono parte e cercando, edizione dopo edizione, di aggiudicarsi il primato nel Rank annuale. Attualmente è in corso anche il Nero Estasi, concorso aperto ai racconti di genere horror/noir a sfondo erotico: i selezionati saranno pubblicati in antologia ebook dalla Lite Editions, partner del progetto. Ricordiamo anche la quarta edizione del Nero

Doc, aperto ai racconti thriller e noir, i cui vincitori saranno selezionati per una futura raccolta ebook edita da Nero Press. Infine segnaliamo il Nero


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IRENE, ANDREA ED IL LORO “VERTIGO TRIP” http://www.verticalismi.it/vertigo-trip/vertigo_trip/

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rene Fornari è nata nel 1987, traumatizzando la vista della sorella maggiore che per sbaglio assistette al parto. Sviluppa fin dalla tenera età un interesse particolare verso il disegno e la mamma ne conserva gli scarabocchi. Alle scuole medie, l’insegnante di Educazione Artistica le sconsiglia di continuare sulla strada del disegno. Senza darle retta, si iscrive al Liceo Artistico, dove si diploma brillantemente. Si iscrive all’Università IED (Istituto Europeo di

Design) corso di illustrazione-animazione multimediale a Milano, partecipa a diversi contest ed esponendo i suoi lavori in collettive. Nel 2009 si diploma con il massimo dei voti ed è ufficialmente chiusa la sua vita da studentessa. Nel 2010 dopo aver fatto uno stage formativo in una casa di produzione di cartoni animati viene assunta come collaboratrice per vari progetti, tra cui “Teddy Rinascimento”, “Zecchino d’Oro”, “Thun”, “Rai-fiction”.


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La mamma continua a conservare i suoi scarabocchi. Nel 2008 nasce il progetto S.C.M.S.R.A. l’acronimo impronunciabile che sta per “Storie Che Mi Sono Realmente Accadute” vicende più o meno surreali che sono capitate veramente, brevi racconti fumettati di vita quotidiana, storie bizzarre e situazioni imbarazzanti. L’idea nasce come valvola di sfogo dalla dura vita come coinquilina in un monolocale con una

Broccola. Protagonista di queste vicende è Irene, una ragazza semplice con la testa tra le nuvole e a volte molto sbadata. Nel suo “viaggio” l’accompagna Luxor, una panterina dagli evidenti difetti di pronunciau, che funge spesso da spalla comica, saggio consigliere o cinico osservatore del-

l’assurda realtà. Altro personaggio molto ricorrente è Penny, il fidanzato nerd, amante degli animali e della buona cucina, coinvolto nel vortice delle vicende e ultimamente anche come co-autore. “Storie realmente accadute (ad altri)” è il progetto parallelo, storie che sono capitate ad altre

persone; la protagonista non è più Irene, ma una serie di amici, conoscenti e parenti. Lo stile delle “Storie” è caratterizzato da una semplicità e una freschezza che rendono le bizzarre avventure una lettura veloce e piacevole per ogni lettore, dallo studente delle medie fino al più maturo adulto. Le strisce variano da una a un massimo di tre pagine e ognuna ha la sua personale copertina.


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Andrea Stracchi, dopo aver pasticciato i muri di casa della nonna i muri le porte della scuola elementare, aver accantonato il sogno di diventare un Cavaliere dello Zodiaco, frequentato il Liceo Artistico e il corso di Illustrazione allo IED di Milano, ha trovato la sua strada realizzando opere che riflettessero la pro-

pria percezione del mondo utilizzando liberamente sia programmi vettoriali che non. Nel 2009 sui numeri 192 e 201 del Magazine “Curiosando nel mercato della Toscana” vengono pubblicate due sue illustrazioni. Partecipa al concorso “Fatti di Christmas” indetto dalla rivista online di illustrazione e fumetto “Fatti di China” e dopo esser giunto al secondo posto viene pubblicata una sua illustrazione sul numero 10 dell'omonima rivista. Nel 2010 ha lavorato per MARTOON srl per realizzare le scenografie e il modelpack per un episodio della serie “A Danza Con Vanessa”. Nel Locale notturno il “LATO B” in Piazza XXIV Maggio a Milano viene allestita una mostra personale. Tra Marzo e Aprile 2010 collabora come colorista con Giuseppe Cafaro per qualche illustrazione della serie “Iron Cops” edita da Safarà Editore e realizza i colori per una storia di “Stanky Jack” sui

testi by Francesco Birardi The Frighter e sulle matite di Eros Righetti. Collabora attivamente con lo studio “New Old Story” di Casalpusterlengo realizzando per loro locandine, il logo e una versione animata dello stesso. A partire dal marzo 2011 in poi lavora come colorista, prima per la serie “Tex Collezione storica a colori” e “Tex Speciale collezione storica a colori” e poi “Zagor collezione storica a colori” allegati settimanalmente con “La Repubblica”. Nel tempo libero si diverte a collaborare con la sua coinquilina Irene Fornari alla scrittura di qualche episodio delle sue


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S.C.M.R.A. (Storie Che Mi Sono Realmente Accadute) di cui per tre episodi realizza anche la versione a colori, (apparendo anche come coprotagonista rompiballe), sempre con lei si diverte anche a realizzare qualche illustrazione 4 mani per concorsi. Nel 2012 scrive e realizza i layout (e rompe parecchio come supervisore) per la storia disegnata e colorata da Irene Fornari per il concorso Nuff Said indetto dal sito Verticalismi “Vertigo Trip”. Possiede un blog che aggiorna raramente e a caso (purtroppo) http://andyspank.blogspot.it/ Dedica tutti i suoi lavori alla propria Mamma.

IL PROGETTO “VERTIGO TRIP”: Gli autori si raccontano. (I:) Irene, (A:) Andrea I: Allora Andrea dobbiamo spiegare che cos’è

il “Vertigo trip”. A: Ma è ovvio I! E’ la nostra proposta per Verticalisimi del concorso “Nuff Said” ovvero comporre una storia senza nessun testo. I: La realizzazione sketch del layout l’hai fatta tu... A: Mi ricordo quando hai visto quel concorso volevi tanto partecipare, ma non ti veniva in mente niente e hai chiesto a me un aiuto. I: Io ricordo quando ho visto il tuo schizzo la prima volta e mi è venuto male, pure alla RAM di Photoshop è venuto un colpo! A: Eh già! Doveva essere una storia verticale, all’inizio era un pò più corta, ma non mi soddisfaceva... I: Come ti è venuta in mente l’idea per la storia? A: Ho pensato a quando si viaggia, quanto si corre, l’ansia di giungere alla propria meta in tempo, al viaggio mentale che si compie in simultanea, si ascolta la musica, si legge,

si pensa e da qui ecco arrivare lo scivolone nella fantasia nel resto della storia, come vedi un’idea molto semplice che mi permetteva di farti realizzare una storia, a parer

mio, stupefacente. I: In effetti mi sono divertita molto a disegnarla, nonostante l’impatto iniziale. Ho notato che hai messo molti elementi che amo disegnare come gli


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alberi, lasciandomi anche la libertà di ineserire particolari nascosti e l’arredamento IKEA del nostro salotto. A: Sì, il nostro salotto! Ti sei impegnata parecchio a disegnarlo, hai messo tantissimi particolari, all’inizio io volevo farti finire nel mondo di Cioccolato, ma così il finale non avrebbe avuto alcun senso, ma con la tua intuizione siamo riusciti a creare un momento che può essere interpretato sia come risveglio dal

mondo interiore, sia come la rilassatezza che giunge la sera a casa dopo una giornata movimentata. I: C’è pure l’aperitivo pronto! A: Comunque mi sono accorto che hai messo parecchi elementi nascosti, come le tue morbidose Creature, animaletti realmente esistenti e ogni volta che lo riguardo trovo un particolare che non avevo notato precedentemente. I: C’è anche qualche pic-

cola citazione da libri e favole, come il palloncino di IT che esce dal tombino, la balena con il vaso di fiori che precipitano di Douglas Adams, lo gnomo con la pentola d’oro nella crepa alla fine dell’arcobaleno, Luxor vestito da scimmiottino di pietra sulla nuvola volante... A: Si, nella parte della balena con l’acqua ti avevo rotto molto, non mi piaceva come li avevi fatti. I: Sì e non mi hai rotto solo su quello, in quei giorni abbiamo litigato un sacco, ma alla fine penso sia venuto un buon risultato. A: Allora siamo d’accordo. I: Una cosa che mi è piaciuta fin da subito è come hai deciso di impaginare la storia senza dividerla in sequenze o vignette rendendola come se fosse un’illustrazione lunghissima. A: L’avevo realizzata tenendo a mente le copertine delle tue S.C.M.S.R.A. hai la capacità di mettere in quelle illustrazioni una cura speciale così ho impostato il tutto come se fosse un gigantesco poster in modo da permetterti di mettere lo stesso impegno e qualità in questo lavoro. Mi è piaciuta molto la tua idea di mettere la parte sotteranea come se fosse dentro all’acqua e non come avevo proposto io all’inizio nella terra. I: Sono molto legata all’acqua, è un altro elemento che amo disegnare e pensando anche alla

fase successiva del colore era un modo per staccare un po’ di più dal resto. A: All’inizio volevi che fossi io il colorista, ma per altri impegni non avevo il tempo di cimentarmi nella colorazione di tutta quella mole di lavoro. I: Pigrizia vaderetro, pensavo di colorare solo in toni di marroncino, ma non mi convinceva affatto, volevo qualcosa di più spettacolare e per non annoiare l’occhio del lettore ho suddiviso la storia per tonalità. L’inizio è desaturato, indica la routine, mentre con lo scivolone nella fantasia come lo chiami tu, appaiono colori più luminosi e saturi. Nella scena finale i colori sono più caldi e morbidi, per simboleggiare l’accoglienza della propria casa. A: Al lavoro completato i risultati che sei riuscita ad ottenere con i giochi di luci e ombre mi sono piaciuti parecchio, non ci sono stacchi repentini è tutto molto omogeneo. I: Hai notato che sembra un ripido gioco dell’oca? A: Non fino a quando me l’hai fatto notare tu, sono una persona distratta... I: Il disegno è disseminato di elementi come bandierine d’arrivo e partenza, frecce, marciapiede in caselle, scalini... giochiamo? A: No, ora vado a cucinare. VT Staff


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I MANIFESTI DI “COSE DA UN ALTRO MONDO” www.museonazionaledelcinema.it

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ose da un altro mondo. I manifesti del cinema di fantascienza” è un grande evento artistico e culturale che nasce dalla vasta campagna di ricognizione sul patrimonio del Museo Nazionale del Cinema avviata tempo fa e, per certi settori, tuttora in corso. L’inventario della collezione dei manifesti, ultimato di recente, ha portato a risultati davvero significativi sia per quantità che per qualità: 341.440 manifesti e materiali promozionali che documentano il lancio pubblicitario di 19.530 film. Cifre importanti che da sole evidenziano la ricchezza di una collezione fra le più rare e preziose a livello internazionale, fiore all’occhiello del Museo per le meraviglie grafiche conservate, le quali nate per veicolare la promozione dei film, hanno acquisito nel tempo un alto valore storico, artistico e sociale. Il desiderio di rendere pubblici gli esiti di questa importante campagna di ricognizione ha dato origine ad una mostra e al presente volume. L’esposizione, allestita nella sede del Museo Nazionale del Cinema alla Mole Antonelliana, propone 300 esemplari provenienti in massima parte dalle proprie collezioni, il volume invece offre una

Anno di pubblicazione: 2005 Pagine: 162 Prezzo € 23,00 Edizioni: La Stampa Lingua: Italiano selezione di 120 esemplari fra i più belli e significativi per la storia della fantascienza e della grafica pubblicitaria. Perché la fantascienza? Varie sono le motivazioni che ci hanno portato a questa scelta. Sicuramente per l’indiscussa bellezza dei manifesti, fra i più straordinari ed evocativi nel panorama della cartellonistica di settore, non a caso meritevoli di un posto d’onore nel mercato del collezionismo. Inoltre, per il grande

successo che il genere fantastico ha presso il publico, all’interno del quale vanta uno stuolo di ammiratori vasto ed eterogeneo che lo rende “alto” e popolare allo stesso tempo. Ci è sembrato dunque stimolante cominciare con un tributo al genere che meglio di tutti coniuga con sottile efficacia psicologica le nostre paure più profonde ed antiche con il sogno del futuro che ha sempre animato la speranza del-

l’uomo. Una significativa metafora della vocazione culturale del nostro Museo del Cinema che ogni giorno è impegnato nel recupero e nella conservazione delle preziose testimonianze del passato proponendosi allo stesso tempo di essere sempre all’avanguardia nella ricerca delle tecnologie e dei linguaggi del futuro. Tratto dalla “Presentazione” di Alessandro Casazza Anno: 2005


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“LEGENDS”: DAL WEB ALLA TV... DA OTTOBRE www.syfy.it

SHAPE \* MERGEFORMAT Alla Fine dei Tempi… Loro sorgeranno. “2012. Sulla Terra incombe una funesta profezia. Un gruppo di giovani scelto per salvare gli equilibri del mondo riuscirà a sconfiggere le Forze del Male?”

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er i cultori della serialità sul web e gli appassionati di fantasy e fantascienza, da non perdere dall’8 ottobre 2012 in esclusiva su www.syfy.it - il brand di NBCUniversal dedicato alla fantascienza e all’ignoto in onda solo su Steel (Mediaset Premium sul DTT) - “Legends”, la miniserie apocalittica con protagonisti un gruppo di ragazzi alle prese con la fatidica data del 21 dicembre 2012 e col ritorno di antichi Dei e Demoni sulla Terra. Il progetto nasce da un’idea di Giuseppe Cozzolino, Bruno Pezone e Salvatore Manzella, ispirato ad un racconto di Bruno Pezone pubblicato nell’antologia “Apocalissi 2012” (Bietti Editore) a cura di Gianfranco de Turris. I ragazzi coinvolti nella sua realizzazione, dagli sceneggiatori, ai registi, agli attori sono per lo più universitari e laureati, provenienti dalla Cattedra di Storia del Cinema/Comunicazioni di Massa tenuta da Valerio

Caprara, con la collaborazione di Giuseppe Cozzolino, presso le Università di Napoli “L’Orientale” e “Suor Orsola Benincasa”. “Legends” nasce, inoltre, come saggio di fine anno degli allievi del corso di Scrittura Mistery/Noir per Cinema & Televisione curato da Giuseppe Cozzolino presso la Scuola di Cinema di Napoli, evolutosi poi in un prodotto più articolato ed ambizioso. Sei episodi creati appositamente per il web, ospitati in esclusiva sul sito www.syfy.it da ottobre fino a dicembre e prodotti dall’Associazione Mondo Cult/Noir Fac-

tory/SM Productions con la collaborazione e il supporto della Film Commission Regione Campania e della Scuola di Cinema di Napoli. Ulteriori dettagli sul Progetto "LEGENDS" verranno rivelati il 2 Ottobre nel corso della Conferenza Stampa che si terrà presso la Scuola di Cinema di Napoli (Via del Parco Margherita 5) alle ore 11,30. Fra gli ospiti previsti:Valerio Caprara, presidente della Film Commission Regione Campania. Il 1° episodio di “Legends” sarà inoltre presentato in anteprima al XIV edizione del Napoli Film Festival (24 settem-

bre – 3 ottobre, Castel Sant’Elmo) sempre il 2 ottobre alle 21:15, Sala 2. LA TRAMA Francesco, Alessandro, Flavio, Marcello, Riccardo, Marialaura ed Eleonora compiono un’escursione sul Monte Matese, il 21 dicembre 2012, curiosi di scoprire cosa avverrà in quella fatidica data, indicata da alcune profezie come l’ultimo giorno del genere umano. L’incontro con un misterioso viandante, Roberto, e poi con la bella e letale Artemisia, li porrà di fronte ad un’incredibile verità: le barriere tra il mondo degli uomini e quello dei Demoni e degli Dei stanno per infrangersi. Una guerra sta per scatenarsi e loro si troveranno proprio al centro di questo catastrofico evento. La loro presenza, in realtà, non è per nulla casuale: essi sono gli Eletti, l’ultimo baluardo contro la fine dei giorni. Ognuno di loro incarnerà un archetipo: il Semidio, il Titano, l’Eroe, il Saggio, l’Astuto, l’Amazzone e la Sibilla. E nel corso di un interminabile, unico giorno dovranno affrontare una serie di prove estremamente insidiose, che però riveleranno le loro capacità sovrumane ed il loro coraggio. SYFY “Syfy” è il brand leader nel mondo dedicato alla


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fantascienza e all’ignoto di proprietà di NBCUniversal. In Italia è distribuito in esclusiva su Steel, la TV tutta azione, emozione e divertimento in onda sul digitale terrestre all’interno dell’offerta di Mediaset Premium. Steel apre ogni giorno una porta verso un’altra dimensione, una dimensione di intrattenimento senza confini, dove la passione per l’ignoto e l’immaginazione non hanno limiti: Imagine Greater, come recita il pay off. Syfy va in onda infatti tutti i giorni dopo la mezzanotte e il venerdì e lunedì a partire dalle 21.15. Supereroi, fenomeni paranormali, viaggi nel futuro e nel passato, in una miscela di fantasy, fantascienza, horror, mistero e avventura fatta di una programmazione che spazia dalle grandi serie in anteprima ai classici di culto. Da Fringe, Caprica, Ware-

house 13, Sanctuary, a serie cult come Smallville, e Ralph Supermaxieroe. Syfy è anche un sito internet all’indirizzo www.syfy.it. NOIR FACTORY/MONDO CULT “Noir Factory” è un Laboratorio Indipendente promosso dall’Associazione “Mondo Cult” di Giuseppe Cozzolino & Bruno Pezone che riunisce illustratori, sceneggiatori, registi, attori, coinvolti attivamente nella realizzazione di progetti editoriali ed audiovisivi di genere noir, horror, fantasy, avventura. Il laboratorio realizza antologie di racconti, corsi di scrittura, cortometraggi e webseries (come “Legends”) oltre ad eventi sul territorio su cinema, televisione e fumetto. Info: www.facebook.com/#!/gr oups/269430076465791/

SCUOLA DI CINEMA DI NAPOLI La “Scuola di Cinema di Napoli”, diretta da Roberta Inarta e Carlo Picone, è un centro di formazione per le arti ed i mestieri del Cinema e della Televisione. La Scuola è presente sul territorio campano da molti anni, ed è oggi giorno una realtà consolidata. Le sue proposte formative hanno lo scopo di preparare gli allievi in maniera accurata ed approfondita, ma soprattutto di fornire competenze fortemente pratiche, con stage e tirocini presso emittenti televisive locali e strutture convenzionate, al fine di garantire il mondo del lavoro. Gli allievi si confrontano con professionisti del settore ed acquisiscono professionalità ed esperienza. Questo è il segreto del successo della Scuola di Cinema di Napoli. Info: www.scuoladicinema.tv E-mail: info@scuoladicinema.tv UNIVERSAL NETWORKS INTERNATIONAL “Universal Networks International”, la divisione internazionale dei canali televisivi di NBCUniversal, è uno dei maggiori network d’intrattenimento al mondo, grazie all’offerta di contenuti di qualità e brand avvincenti che raggiungono oltre 176 paesi d’Europa, Medio Oriente, Africa, America Latina e Asia.

Fanno parte del portafoglio Universal Networks International i canali Universal Channel, Syfy, 13th Street Universal, Studio Universal, E! Entertainment Television, The Style Network, Diva Universal e Golf Channel. Questi canali offrono una gamma completa di esperienze di intrattenimento agli spettatori del mondo intero. Universal Networks International gestisce anche Movies 24 ed ha una partecipazione di controllo nella joint venture KidsCo. Universal Networks International fa parte di NBCUniversal, una delle principali società di media e intrattenimento del mondo per lo sviluppo, la produzione di intrattenimento, notizie e informazioni dirette a un pubblico globale. NBCUniversal è detenuta al 51% da Comcast Corporation e al 49% da General Electric. Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa NBC Universal Global Networks Italia Francesca Ginocchi Tel. 06 85209410 Fax. 06 85209499 E-mail: francesca.ginocchi@nbcu ni.com Susanna Gianni Tel. 06852091 Fax. 06 85209499 E-mail: susanna.gianni@nbcuni.c om SyFy Staff


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MARIA GRAZIA PERINI: “LA DIRETTORA” Gruppo su Facebook: I FUMETTI SONO UNA COSA SERIA!

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mmeGiPi... Questa sigla ai più giovani dirà poco o niente ma per la generazione che li ha preceduti ha rappresentato una sorta di marchio di garanzia. Dietro quelle tre lettere si celava, infatti, Maria Grazia Perini. Per tutti gli anni ‘70 e buona parte di quelli ‘80, questa grande personalità dell’Editoria italiana ha arricchito innumerevoli testate con la sua verve e la sua classe. Era entrata nel mondo della carta stampata molto giovane e dalla porta principale, in un periodo in cui per le ragazze era ancora più difficile trovare un proprio spazio. La sua vita professionale è legata fondamentalmente alla Editoriale Corno ed alla Rizzoli. Sotto l’egida di Andrea Corno (brillante figura di editore “puro” di cui ci sarebbe ancora tanto bisogno), Maria Grazia imparò presto e bene il suo mestiere e rapidamente risalì la scala gerarchica fino ad arrivare al suo primo inca-

rico da Direttrice per la pubblicazione a strisce “Tommy” che, purtroppo, non ebbe grande fortuna. Nel frattempo continuava a prestare il suo talento alla storica rivista Eureka, curando numerosi redazionali e la traduzione di strisce dal successo planetario come Andy Capp. Successivamente, con l’avvento in Italia dei fu-

metti della Marvel Comics le fu affidato il coordinamento di tutte le testate sui super eroi. Col validissimo ausilio della sorella Barbara, portò avanti anche il pesante compito di tradurre tutti gli albi in questione e curò, per un lungo periodo, le pagine della Posta... Quello fu per molti di noi il primo in-

contro con la penna arguta e sagace di Maria Grazia, anche se, all’epoca, non lo sapevano era lei che trovava una risposta ad ogni nostra domanda! Ancora due tappe fondamentali segnarono la carriera alla Corno. Promossa al ruolo di Direttore Responsabile, ebbe la felicissima intuizione di dedicare un’intera rivista al genere Horror. Presto, il Corriere della Paura diventò un punto di riferimento qualitativo per i lettori di allora e a distanza di tanti anni quella testata rimane, a mio avviso ma non solo, una delle migliori mai prodotte sul suolo italico. Per un periodo, sfortunatamente, molto breve giunse poi la Direzione di Eureka e anche a quella paludata rivista, Maria Grazia portò la sua visione alternativa, trattando con chiarezza e discrezione temi delicatissimi come l’aborto o l’omosessualità. Come tutte le cose di questo mondo, anche l’esperienza alla Corno


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stava per giungere al capolinea. I continui contrasti col suo “diretto superiore”, l’immarcescibile Luciano Secchi, la portarono ad intraprendere altre strade. Passò alla Rizzoli e anche lì si fece valere. Diventata Direttrice del mitico Corriere dei Piccoli seppe restituire a quella gloriosa rivista una larga fetta dell’antico successo. Il suo merito migliore, però, ancora una volta fu la sua straordinaria capacità di instaurare un dialogo paritario con i piccoli lettori che si rivolgevano a lei con l’affettuoso nomignolo di “Direttora”. Contemporaneamente ai successi professionali, però, Maria Grazia doveva fare i conti coi primi e dolorosi problemi di salute. Stanca, probabilmente delusa da un mondo editoriale spesso incapace di valorizzare i suoi elementi migliori, la “Direttora” prese commiato dai suoi lettori... Qui finisce la storia pubblica di Maria Gra-

zia Perini... Qualche anno dopo, per il sottoscritto e per numerosi altri ex ragazzi ed ex ragazze, cominciò una storia “privata” di amicizia e di affetto con una persona di cui avevano già intuito la grandissima umanità ma che ora (grazie al famigerato Facebook) potevano “toccare” con mano. Cordiale ma non mielosa, disponibile ad ogni ora, saggia e spiritosa, riflessiva ed impetuosa... Entrò nelle nostre vite come una Forza purificatrice. Pian piano, col crescere della “familiarità”, cercammo di riportarla (per quanto ci era possibile), nel suo mondo... Ora possiamo dirlo... Con alcuni amici, stavamo per realizzare una webzine che avrebbe ripreso lo spirito del Corriere della Paura e lei era già entrata nelle vesti della nostra “Direttora”. Cercammo di fare da argine contro le bordate violente e insolenti di chi la attaccò con tutto il peso della sua potenza

mediatica... Poi, la notizia che nessuno di noi avrebbe mai voluto ricevere: “Maria Grazia non sta bene!”... Potrei dire tante cose, parlarvi di quelli che lei definitiva i suoi “incontri col vampiro” o i suoi “viaggetti” ma tutte queste cose appartengono alla sua sfera privata, alla sua intimità che nessuno ha il diritto

di violare... A me resta il ricordo della sua “Buona Notte agli amici–amici” del 10 Marzo 2012. Il giorno dopo, EmmeGiPi chiuse gli occhi per sempre... So che nel fondo di un cassetto giace un suo romanzo... Sarebbe meraviglioso poterlo leggere!! Pietro Zerella


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C’ERA UNA VOLTA... - 2a PARTE Su Facebook: Walt Disney e il suo magico mondo

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ccomi puntuale, in questo nuovo numero, per continuare a parlarvi di fiabe, derivanti dalla tradizione popolare e del folklore. Oggi daremo spazio a quelle di Cappuccetto Rosso e Biancaneve. Per quanto riguarda la prima, anche per Cappuccetto Rosso esistono diverse varianti: quelle più famose sono di Charles Perrault e dei fratelli Grimm. Anche in questa fiaba c’è un intento moralizzatore: le fanciulle non devono dare retta agli sconosciuti perché possono condurle lontano dalla strada maestra che, in questo caso, è rappresentata dalla casa della nonna, che è la mèta finale di Cappuccetto. Tutti conosciamo la trama di questa fiaba: c’è una bambina che deve recarsi a casa della nonna ammalata. Per il cappuccio rosso che indossa, viene chiamata Cappuccetto Rosso. La mamma le dà dei dolcetti e la ammonisce di andare per la strada maestra e di non deviare in nessun modo da essa. La bimba si incammina e lungo la strada, si imbatte in un lupo che, a prima vista, sembra innocuo. Ma Cappuccetto Rosso, ingenuamente, gli dà ascolto. Il lupo, infatti, la convince a percorrere una strada più breve per raggiungere la casa della nonna. Cap-

puccetto si avvia e il lupo corre a tutta birra per giungere prima di lei alla casa della amata nonnina dove, con un meschino stratagemma (ossia camuffando la voce e parlando con un tono infantile) fa credere alla anziana donna di essere Cappuccetto Rosso. La nonna, che è a letto ammalata, gli risponde di entrare. Il lupo fa un sol boccone della nonna e travestitosi da lei, aspetta Cappuccetto Rosso. La bimba giunge finalmente dalla sua cara nonna, ma nota che essa è alquanto strana. Infatti, ricordiamo il famoso dialogo tra i due:

“Che voce grossa avete, nonna!”- disse Cappuccetto “Sono raffreddata, nipotina mia”- rispose il lupo. “Che braccia lunghe avete, nonna”. “Sono per meglio abbracciarti, nipotina mia” - rispose il lupo, che già si leccava i baffi all’idea di

quel bocconcino prelibato. “Oh, nonna. Che orecchie grandi avete!” “Sono per meglio ascoltarti, nipotina mia”. “Che denti lunghi, nonna!” mormorò la bambina, sempre più stupita. “Sono per mangiarti meglio, nipotina mia!” E qui sappiamo tutti la fine che fa Cappuccetto Rosso... Charles Perrault, scrittore francese, scrisse Le Petit Chaperon Rouge che fu pubblicata nel 1697 nella raccolta di fiabe “I Racconti di mamma l’oca” (Contes de ma mère l’Oye). I fratelli Grimm, Jacob Ludwig Karl e Wilhelm Karl, di origine tedesca, erano due filologi che si dedicarono alla ricerca delle origini del linguaggio e dei miti germanici, scrissero numerose fiabe ispirate ai racconti della tradizione popolare tedesca popolati da foreste, boschi, lupi, orchi, ecc! Essi pubblicarono la versione di Cappuccetto Rosso, col titolo di Rot-


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käppchen, nel 1812, raccolta nel volume “Kinder und Hausmärchen.” Per il cinema, ricordiamo la versione di Georges Méliès (illusionista e regista francese, fautore di effetti speciali) del 1901, Le petit chaperon rouge, e quella di Catherine Hardwicke del 2011 Cappuccetto Rosso sangue. Cappuccetto Rosso sangue (titolo originale Red Riding Hood), fu girato in Canada a Vancouver dal 21 luglio al 16 settembre e diretto da Catherine Hardwicke, regista di Twilight. Prodotto dalla Appian Way e dalla Warner Bros, l’attrice che interpreta Cappuccetto Rosso è Amanda Seyfried (interprete del famoso film “Mamma mia!” con Meryl Streep). Valerie, promessa sposa al ricco Henry, è una bella ragazza innamorata di Peter, un giovane di mo-

deste origini. I due decidono di fuggire, ma la loro fuga è interrotta dalla notizia della morte della sorella di Valerie, uccisa da un lupo mannaro che vive nella foresta. Il lupo è l’incubo degli abitanti del villaggio che cercano di ammansire offrendogli mensilmente un animale sacrificale. Ma dopo la morte della sorella di Valerie, il rapporto del popolo con il lupo cambia e inizia così una caccia spietata all’animale. Viene interpellato un cacciatore di lupi mannari, Padre Solomon, che spiega alla popolazione che il lupo mannaro può essere un qualsiasi abitante che si trasforma sotto questa forma solo di notte. Ciò è dovuto a un fenomeno noto come “luna di sangue”, ossia un raro allineamento astrale, durante il quale se un essere umano viene morso

da un lupo mannaro si trasforma egli stesso sotto questa forma. Valerie, alla fine, scopre che il lupo non è altri che suo padre, il quale vorrebbe trasformare anche lei per continuare l’eredità iniziata tempo fa dal suo progenitore. Valerie è turbata perché è divisa tra l’affetto che nutre verso il padre e il ribrezzo che prova verso il lupo, che di notte, incute paura e vittime. Ella, però, prende la sua decisione e, con l’aiuto di Peter, lo uccide, gettando il cadavere nel lago. Un film d’animazione veramente esilarante e stravagante è “Cappuccetto Rosso e gli insoliti sospetti” (titolo originale Hoodwinked) del 2006, diretto da Cory Edwards, regista e cabarettista americano. Distribuito dalla The Weinstein Company, il

film presenta la fiaba in una versione moderna e con una tematica poliziesca. I protagonisti principali, Cappuccetto, il lupo e la nonna, non si distaccano molto dal loro ruolo classico: Cappuccetto che si reca dalla nonna, il lupo che incontra la ragazzina nel bosco e, infine, egli che prende il posto della nonna travestendosi da essa e mettendosi a letto. Tuttavia, la fiaba è stata stravolta perché Cappuccetto Rosso non è una bambina ingenua, ma sveglia, il lupo è un giornalista investigativo e la nonna un’anziana iperattiva, amante di avventure e sport estremi. Poi, c’è il boscaiolo, Kirk, che è un aspirante attore. La tematica principale è incentrata sul furto di ricette che avviene in alcuni negozi costretti poi a chiudere e sull’interrogatorio, da parte del detective ranocchio Nicky Zampe, ai quattro, ossia a Cappuccetto, al lupo, alla nonna e al boscaiolo. Il film è una parodia dei film I soliti sospetti (1995), di Bryan Singer, genere giallo, in cui cinque malviventi decidono di tentare un colpo per danneggiare il dipartimento di polizia di New York, e Rashomon (1950), diretto dal regista giapponese Akira Kurosawa, genere drammatico, la cui tematica è incentrata sui vari aspetti della verità. Il film ha avuto un seguito, Hoodwinked Too! Hood vs Evil, diretto da


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Mike Disa e uscito nel 2011 in 3D. Ritroviamo gli stessi protagonisti che devono risolvere il caso del rapimento di due protagonisti di un’altra fiaba: Hansel e Gretel. Biancaneve è un’altra bella fiaba scritta dai fratelli Grimm col titolo originale di Schneewittchen und die Sieben Zwerge e racchiusa nella raccolta “Kinder und Hausmärchen” (fiabe dei bambini e del focolare). Pubblicata nel 1812, la trama narra di una buona regina a cui nasce una bimba di rara bellezza: pelle bianca come la neve, gote rosse come il sangue e capelli neri come l’ebano. Le viene messo il nome di Biancaneve. La regina muore in seguito al parto e il re si risposa per consentire alla figlia l’affetto di una mamma. La matrigna non è affatto materna e nel notare la rara bellezza della figliastra, confermata anche dallo specchio magico, per gelosia decide di farla uccidere per mano di un cacciatore, a cui chiede poi di portarle fegato e polmoni.

Il cacciatore prova pietà per Biancaneve e la lascia andare, uccidendo un cinghiale e portando alla regina gli organi richiesti. Biancaneve giunge a una casetta nel cuore della foresta per chiedere ospitalità, ma non trova nessuno; per cui si rifocilla e si addormenta. La casa appartiene a sette nani che lavorano nella miniera tutto il giorno. I nani, entrando, notano l’intrusione di qualcuno, fino a quando giunti in camera da letto vedono Biancaneve addormentata. Pian piano, dopo una prima ritrosia, decidono di accettare la giovane e le danno il benvenuto. Biancaneve trascorre le sue giornate in compagnia dei nani, ai quali dà una mano nelle faccende di casa. Passa del tempo e la regina, attraverso lo specchio magico, viene a sapere che Biancaneve è ancora viva e bella. Inferocita, cerca di eliminarla in vari modi travestendosi prima da vecchia venditrice e poi da contadina. Biancaneve, da quest’ultima, accetta la metà della mela che le porge, ma essendo avvelenata, causa a Biancaneve un torpore

mortale. I nani la piangono e la vegliano giorno e notte, fino a quando passa un principe che, ammaliato dalla bellezza di Biancaneve, decide di portarla al castello per poterla ammirare. I nani, restii all’inizio, acconsentono al desiderio del principe; lungo il tragitto, uno dei servi inciampa in una radice e fa cadere la bara che sta trasportando favorendo la fuoriuscita del pezzettino di mela avvelenato dalla bocca di Biancaneve che si sveglia sotto l’incredulità e la gioia dei nani. Il principe è felice e la conduce al castello dove la sposa. La strega muore a causa del dolore procuratole dalle scarpe roventi che è costretta a indossare per punizione. Nella versione cinematografica, ritroviamo un film muto del 1916 col titolo di Snow White del regista statunitense J. Searle Dawley, con Marguerite Clark nel ruolo di Biancaneve. Prodotto dalla Famous Player Films Company fu distribuito dalla Paramount. Nel 1937 uscì il primo lungometraggio a colori della Disney incentrato sulla storia di Biancaneve dei fratelli Grimm e distribuito dalla RKO Radio Pictures. Intitolato Snow White and the Seven Dwarfs (Biancaneve e i sette nani), il film ebbe alle spalle un lungo lavoro di caratterizzazione dei personaggi e di animazione.

Walt Disney, dopo i cortometraggi di “Mickey Mouse” e delle “Silly Symphonies”, decise di puntare sui lungometraggi e il progetto di Biancaneve prese piede nel 1934. L’inizio non fu affatto facile: i familiari di Walt erano alquanto scettici sul buon esito del film e la stessa Hollywood lo schernì con un “Follia Disney”. Il film inizia con la visione di un libro il cui prologo narra dell’esistenza di una principessa, Biancaneve, che vive con la matrigna, una donna cattiva e vanitosa. Il re suo padre è morto, ma l’unica preoccupazione della matrigna è di essere la più bella di tutto il reame e non si cura affatto della figliastra, tant’è che le toglie il ruolo di principessa e lo circoscrive a quello di sguattera.


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La matrigna viene a sapere, dal suo fidato Specchio Magico, che Biancaneve è la più bella, e piena di rabbia chiama un cacciatore che gli dà l’ordine di ucciderla e di portarle il cuore. Il cacciatore ha pietà di Biancaneve e la lascia scappare. Biancaneve si inoltra nella foresta e si imbatte in una casa piuttosto piccola di dimensioni; entrando nota che tutto è in ordine e pulito, ma non solo: tutto è apparecchiato per sette persone e anche sette sono i letti sui quali si addormenta sfinita. Al risveglio, trova sette nani (e non sette bambini come aveva pensato) che la osservano e che la accolgono con gioia: essi sono Dotto, Brontolo, Gongolo, Pisolo, Mammolo, Eolo e Cucciolo (nella traduzione italiana che ben conosciamo), ognuno con un carattere ben preciso. Biancaneve bada alla casa mentre essi sono al lavoro nella miniera. La matrigna appella di nuovo lo Specchio Ma-

gico dal quale viene a sapere che Biancaneve è ancora viva e sempre più bella. Progetta un piano e si reca alla casa dei nani travestita da vecchia mendicante. Biancaneve accetta la mela che ella le dona e a un suo morso cade in un sonno profondo. I nani, al ritorno dalla miniera, credono che sia morta e la adagiano in una bara vegliandola notte e giorno. Il principe, venuto a sapere dell’accaduto poiché aveva già incontrato Biancaneve tempo fa, si reca alla foresta dove è posizionata la bara e bacia la giovane che si risveglia. Infatti, l’incantesimo si sarebbe spezzato solo con un bacio. L’anteprima del film fu proiettata al Carthay Circle Theatre il 21 dicembre del 1937 ed assistettero spettatori del calibro di Charlie Chaplin, Shirley Temple, Judy Garland, Ginger Rogers, ecc! e, ovviamente, anche coloro che definirono l’idea del lungometraggio “Follia Disney”. Il successo fu enorme,

tant’è che Biancaneve incassò una bella cifra e vari furono i premi, tra cui un Oscar alla carriera a Walt Disney nel 1939, la cui classica statuina fu accompagnata da altre sette in miniatura e consegnate da una allora giovanissima Shirley Temple. Non dimentichiamoci però delle canzoncine “Ehi-Ho!” e “Impara a fischiettar”, facili da canticchiare e memorizzare. Biancaneve e i sette nani è acquistabile in Vhs, Dvd e Blu-Ray Disc. Un film uscito di recente nelle sale cinematografiche (2012) è Snow White and the Huntsman (in Italia Biancaneve e il Cacciatore), con Kristen Stewart (attrice della saga di Twilight) nel ruolo di Biancaneve e con Charlize Theron (ricordate il famoso spot della Martini che girò un po’ di anni fa?) in quello della regina cattiva, Ravenna. Regia di Rupert Sanders, il film fu prodotto e distribuito dalla Universal Pictures. Nel film ritroviamo un re, Magnus e una regina, Eleanor, felici della loro

vita coniugale e appagati dalla nascita di Biancaneve, bella bimba dalla pelle bianca. Anche qui c’è una matrigna cattiva, Ravenna, che sposa Magnus in seguito alla morte della moglie, ma poi lo uccide. Ravenna, che non è altri che una strega che capeggia un gruppo di malvagi, l’Armata Oscura, si pavoneggia della sua bellezza e invidiosa di quella delle altre donne prosciuga la loro giovinezza facendole invecchiare. Ravenna fa rinchiudere Biancaneve in una torre e lì rimane per quindici anni crescendo in grazia e bellezza. Ravenna lo scopre attraverso lo specchio magico e cerca di ucciderla, ma la giovane riesce a fuggire dal castello attraverso le fognature. Ritroviamo qui il cacciatore di nome Eric che deve uccidere Biancaneve e portare il cuore a Ravenna, i sette nani che catturano Biancaneve ed Eric, Ravenna che si trasforma in William (amico di infanzia di Biancaneve) e le dona un pezzo di mela avvelenato che la


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farà addormentare e infine il bacio di Eric. Ravenna, infine, avrà quel che si merita: Biancaneve la pugnala e la bellezza della matrigna svanisce causandole la morte. Rivisitazione della fiaba classica, il film ha una ca-

ratterizzazione tipicamente dark e lontano dal sapore fiabesco che ritroviamo invece nel film Mirror Mirror (Biancaneve) di Tarsem Singh con Julia Roberts nel ruolo della regina cattiva e Lily Collins (figlia del cantante

Phil Collins) in quello di Biancaneve. Prodotto da Relativity Media, Citizen Snow Film Productions e Rat Entertainment, e distribuito da 01 Distribution, Mirror Mirror narra di una donna bella ma alquanto vanitosa, che

aveva sposato il re, padre di una bella bimba di nome Biancaneve. Esperta di pratiche di magia nera, la regina, tempo fa, aveva trasformato il re in una bestia relegandolo ai margini della foresta; inoltre, invidiosa della bellezza e della dolcezza della figliastra Biancaneve e, soprattutto, per timore che il popolo reclami la giovinetta come erede universale del regno, la reclude nel palazzo per timore che, un giorno, ella possa toglierle il trono. La regina ha come consigliere uno specchio magico che non è altri che il suo riflesso. Biancaneve è amata dalla servitù e questa le racconta di come la regina sia crudele nei confronti del popolo che vive in condizioni disperate. Infatti, la regina reclama tasse dal popolo con la scusante di pagare i soldati per tenere a bada la bestia; ma in effetti, la vera ragione è che ella spende tutti i soldi in cure e creme di bellezza. Biancaneve riesce a evadere dal castello e si reca al villaggio dove si rende conto della situazione disperata del suo amato popolo. Da quel momento in poi, Biancaneve sarà l’antagonista della regina, combattendola a fianco dei Sette Nani, che qui sono dei banditi. Gli altri protagonisti sono il principe Alcott di cui la Regina se ne innamora e con l’uso di una pozione magica lo attira a sé, Bri-


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ghton, il servo fedele della regina al quale chiederà di uccidere Biancaneve e di portarle il suo cuore e il lacchè, ombra del principe. Biancaneve è qui un misto di dolce principessa, dai modi garbati, e di guerriera, abile nelle arti marziali e nell’uso della spada. Il finale è positivo: il film termina con la regina che invecchia dopo aver mangiato una parte di mela avvelenata, con la celebrazione del matrimonio tra il principe Alcott e Biancaneve e con un ballo in stile Bollywood. Il film è veramente ilare, con una Julia Roberts veramente strepitosa nel ruolo della regina cattiva e una Lily Collins talentuosa e bella. Ermelinda Tomasi To be continued…

__________ Errata corrige a pag. 58 (quarta colonna, 17ma riga) della 1a parte di questa recensione, pubblicata nello scorso numero di Japanimando: “Il film è stato classificato tra i migliori 100 film a livello mondiale nel 2012 nell’Empire Magazine” (2010 e non 2012).


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I MITI DELLA “JAY WARD PRODUCTIONS” Gruppo su Facebook: I FUMETTI SONO UNA COSA SERIA!

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e principali reti televisive americane a partire dalla fine degli anni ‘50 decisero di programmare al sabato mattina delle serie a cartoni animati. Questa “consuetudine” ha resistito fino ad oggi anche se il picco di popolarità e sceso sempre di più dal 2000 in poi, a causa dell’avvento di internet e delle televisioni tematiche che trasmettono cartoni animati praticamente ventiquattr’ore su ventiquattro. Tra i vari studios che presentarono fin dall’inizio cartoni animati per questo tipo di programmazione , accanto a “colossi” come la Hanna & Barbera e la Filmation, c’era la Jay Ward Productions. Nonostante la qualità grafica scadente, o forse proprio per questo, le serie che sono state prodotte da questo studio d’animazione sono divenute oggetto di culto grazie alla scrittura brillante e lo humor sofisticato delle storie. Il primo grande successo di Ward e del suo studio arriva con The Rocky & Bullwinkle Show. Lo show, noto come Rocky & His Friends nel corso delle sue prime due stagioni e poi come Bullwinkle Show per il resto della sua “carriera”, andò in onda dal 19 novembre 1959 al 27 giugno 1964

prima per la ABC e poi per la rete televisiva NBC. La serie è strutturata proprio come uno show, uno spettacolo di varietà, con la caratteristica principale serializzare le avventure dei due personaggi del titolo, l’alce Bullwinkle antropomorfa e lo scoiattolo volante Rocky, o meglio Rocket Squirrel "Rocky" J., uno scoiattolo volante, e il suo migliore amico Bullwinkle J. Moose, un alce stupido ma bonario. Entrambi i personaggi vivono nella città fittizia di Frostbite Falls, Minnesota, che gli autori hanno “costruito” ispirandosi alla città reale di International Falls, nel Minnesota. I

principali avversari nella maggior parte delle loro avventure sono due spie provenienti da oltre la “cortina di ferro”, il diabolico, ma inetto Boris Badenov, il cui nome deriva dal gioco di parole su Boris Godunov, lo zar protagonista di un opera lirica, e Natasha Fatale, un gioco di parole sulla femme fatale. I due sono gli agenti della nazione fittizia di Pottsylvania, un fantomatico paese comunista dell’est europeo. A loro volta. Boris e Natasha sono agli ordini del sinistro Mr. Big e di Intrepido Capo. A supporto della serie principale vengono incluse altre serie come Dudley Do-Right

(una parodia del melodramma d’altri tempi), Peabody & Sherman (un cane e il suo ragazzo da compagnia che viaggiano attraverso il tempo), e Fractured Fairy Tales (classiche fiabe raccontata in modo comico). La serie Rocky e Bullwinkle è nota per la qualità della sua scrittura e per un umorismo sofisticato. Ricco di giochi di parole, di satira culturale e di attualità, e di umorismo auto-referenziale, lo show è stato progettato per attirare l’attenzione non solo dei bambini ma anche degli adulti. E’ stato anche uno dei primi cartoni animati la cui animazione è stata prodotta al di fuori della “casa madre”; gli storyboard infatti venivano spediti alla Gamma Productions, uno studio messicano. Così i disegni hanno un tratto irregolare, un aspetto rozzo e l’animazione risulta molto limitata anche per gli standard di animazione televisiva dell’epoca. Eppure, la serie è


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stata un discreto successo, tenuta in grande considerazione da coloro che l’hanno visto, e alcuni critici non hanno lesinato lodi per la serie giudicandola una sorta di programma radiofonico con le immagini ben scritto. Per la prima volta, i cartoni animati venivano introdotti da un altro cartone, Bullwinkle, che non esitava a rivolgersi ai bambini per esempio con un segmento di trasmissione chiamato “Caro Bullwinkle”, in cui leggeva lettere appositamente realizzate per lo spettacolo e a cui rispondeva scherzosamente. Ogni episodio è composto da due “Rocky & Bullwinkle” che si chiudevano con piccoli cliffhanger che stilisticamente emulavano i serial di radio e cinema. Le trame di questi episodi erano uniti in archi narrativi che abbracciano numerosi episodi. Il primo e più lungo arco narrativo è stato per esempio quello sul carburante Formula Jet composto da 40 cortometraggi (20 episodi). La storia si dipanava dal cercare l’ingrediente mancante per una formula per il combustibile per razzi, al rintracciare la mostruosa Forse Dick (Maybe Dick, gioco di parole per parodiare la ben più famosa Moby Dick), fino all’impedire ai topi luna che sgranocchiano metalli di divorare antenne televisive dell’intera nazione. Rocky e Bullwinkle durante que-

sta avventura incontrano spesso i due malintenzionati, Boris Badenov e Natasha Fatale. Alla fine della maggior parte degli episodi, il narratore, William Conrad, annunciava i due titoli del prossimo episodio che di solito erano i giochi di parole l’uno dall’altro. In Italia le serie di Rocky e Bullwinkle sono state trasmesse negli anni novanta su circuiti privati, con un doppiaggio che è riuscito a preservare piuttosto bene l’umorismo originale. Nel 2000, i due piccoli protagonisti rivivono nel film “Le avventure di Rocky e Bullwinkle”.Voluto e interpretato da Robert De Niro, che si concede il ruolo del cattivo e diverse citazioni autoironiche il film è il seguito ideale della serie a cartoni. Il film diretto da Des McAnuff è prodotto con tecnica mista tra animazione e live action in stile “Roger Rabbit”. Segregati da oltre 30 anni nel mondo delle repliche, Rocky e Bullwinkle vengono contattati dall’FBI per tornare in azione ed affrontare per l’ennesima volta il loro più temibile arcinemico, il dittatore dello stato comunista di Pottsylvania, Intrepido Capo, che ha approntato un piano diabolico per riuscire a farsi eleggere alla presidenza degli Stati Uniti. Rocky e Bullwinkle non ci pensano due volte e immediatamente accettano la nuova sfida ma ri-

trovano un mondo completamente mutato e in balia di una cattiva Tv, buona solo a lobotomizzare milioni di americani. Tuttavia il dolce Rocky e il goffo e simpatico Bullwinkle, aiutati dall’agente Karen Simpatico riescono a sventare i piani del loro arcinemico. Il recupero dall’oblio dei due personaggi animati rappresenta l’occasione per mettere alla berlina ciò che resta del mito americano, ma nonostante la buona volontà, il film poco a poco inizia a girare a vuoto e anche la miscela tra animazione e live action lascia a desiderare. Jay Ward, insieme a Bill

Scott, in seguito produce George della Giungla. Il personaggio di George è ispirato alla leggenda di Tarzan. La serie è durata 17 episodi e andava in onda il sabato mattina dal 9 settembre al 30 dicembre 1967, sulla rete televisiva americana ABC. Lo show è caratterizzato tre segmenti sotto forma di tre cartoni animati indipendenti: George della Giungla, Tom Slick, e Super Chicken. A differenza della serie precedente, la produzione dell’animazione è stata fatta a Hollywood con un veterano degli animatori Phil Duncan, insieme a Rod Scribner, e Rudy Zamora, tra gli altri.


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I disegni sono tecnicamente più avanzati rispetto a quelli più grezzi di Rocky e Bullwinckle. Ward. era così entusiasta di questa serie che permise alla produzione di andare fuori budget, cosa che ha causò un notevole danno economico, limitando, perciò, la serie di 17 episodi. Il segmento titolo, Ge-

orge re della giungla, è una parodia del ben più popolare Tarzan di Edgar Rice Burroughs. George, è uno sciocco, ma dal cuore grande. Incapace di volare di liana in liana, dimentico del fatto che vive su un albero da cui capitombola puntualmente, l’“uomo scimmia”, che è, tuttavia, sempre chiamato dal commissa-

rio Alistair per salvare gli abitanti della giungla da varie minacce e non si tira mai indietro anche se combina più pasticci che altro. George ha una compagna, Ursula dal carattere simile a quello della Jane di Tarzan. E’ molto più brillante di George come d’altra parte il suo migliore amico, la scimmia di nome Ape. George ha anche un elefante di nome Shep come animale domestico, che si comporta appunto come un cagnolino. Degna di nota è la Tooky Tooky (o Tookie Tookie) uccello famoso per la sua chiamata: “Ah ah ee ee tooky tooky” George due nemici più frequenti che sono una coppia di cacciatori chiamati Titherage “Tiger” e “Weevil” Plumtree. Titherage “Tiger”, il più alto dei due, indossa un casco coloniale e cachi e ha i baffi matita, mentre “Weevil” Plumtree indossa una t-shirt bianca e pantaloncini con un cappello. Un altro dei nemici del George è uno scien-

ziato pazzo di nome Dr. Chicago. Nel 1997, il cartone è stato adattato in un film prodotto dalla Disney, intitolato “George re della giungla”. Diretto da Sam Weisman e interpretato da Brendan Fraser nel ruolo di George, Leslie Mann nel ruolo di Ursula, e Thomas Haden Church nel ruolo del cattivo. Il film risulta abbastanza deludente Il massimo della comicità consiste nelle scene in cui George, attaccato alle liane, va a sbattere contro i tronchi degli alberi. Ciononostante nel 2003 fu prodotto un sequel, “George re della giungla 2”, interpretato da Christopher Showerman, che se possibile è stato ancor più deludente del primo. Ma la fortuna del personaggio non si esaurisce. Infatti è del 2007 “George della giungla” (George of the Jungle) una nuova serie a cartoni animati prodotta da Classic Media, Studio B Productions, Top Draw Animation, Teletoon Productions e Bullwinkle


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Studios, trasmessa in Italia prima su Cartoon Network, ed in replica sulle reti Boomerang e Rai 2. Il nostro protagonista, che ormai ha superato la soglia del XXI secolo, rimane il solito bambino intrappolato nel corpo di un adulto... incontrollabilmente entu-

siasta, irrefrenabilmente eroico, ma sfortunatamente goffo. La serie, composta da 26 episodi, mantiene quindi la struttura originale ma aggiorna disegni e animazione ai tempi. Il secondo segmento dello show era Tom Slick. Il personaggio del titolo è

un pilota da corsa che gareggia nelle gare con il suo veicolo fidato, il Greaseslapper Thunderbolt. E’ accompagnato dalla sua ragazza, Marigold, e il suo fidato meccanico, Gertie Growler. Tom ha come antagonisti principali il barone Otto Matic e il suo lacchè, Clutcher, che il Barone colpisce spesso in tutta la testa con una chiave inglese. L’ultimo segmento era Super Chicken, il Super Pollo, un improbabile supereroe che ha come spalla un leone di nome Fred. Quando il pericolo incombe Super Chicken, che nella “vita reale” è il ricco Henry Cabot Henhouse III beve la sua Super Salsa, spesso in un bicchiere da Martini, indossa la sua super divisa

che consiste in un cappello da cavaliere piumato, il mantello, stivali di gomma, maschera e una spada e corre nel suo super veicolo a forma d’uovo. Naturalmente essendo un pollo con la forza proporzionale a un pollo riesce a risolvere le difficoltà più con il caso che con le sue capacità. Perfetta parodia del genere supereroi sembra l’antesignano del ben più famoso, almeno da noi in Italia, Rat-man di Leo Ortolani. Alfonso Verdicchio


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FANTATRAILERS: CLICCA SULLE IMMAGINI SPIDERWICK - LE CRONACHE Titolo originale: The Spiderwick Chronicles Produzione: Kennedy/Marshall e Mark Canton Productions. USA - 2008 Durata: 92 minuti Regia di Mark Waters Sceneggiatura: Karey Kirkpatrick, David Berenbaum, John Sayles Musiche: James Horner Cast: Freddie Highmore, Mary-Louise Parker, Nick Nolte, Joan Plowright, David Strathairn, Seth Rogen, Martin Short, Sarah Bolger, Andrew McCarthy, Jordy Benattar, Tod Fennell, Mariah Inger, Jeremy Lavalley, Lise Durocher-Viens, Tyler Patrick Jones. Testo tratto dal lato B del DVD prodotto dalla Paramount Home Entertainment: Iniziano a succedere strane cose da quando la famiglia Grace lascia New York per trasferirsi nella vecchia ed isolata casa appartenuta al loro pro, pro zio Arthur Spiderwick. Quasi per gioco Jared (Freddie Highmore) scopre la Guida Magica di Arthur Spiderwick e la incredibile verità che questo libro nasconde: il segreto per trovare un mondo di creature fantastiche che si cela dentro al nostro! Nel tentativo di proteggere il libro da orchi malvagi che vogliono impadronirsi dei suoi segreti, Jared, il fratello gemello Simon e la sorella Mallory saranno trasportati in una indimenticabile avventura.

MISTERY MEN Produzione: Universal Pictures. USA - 1999 Durata: 116 minuti Regia: Kinka Usher Musiche: Stephen Warbeck Scritto da: Neil Cuthbert, Bob Burden (fumetto) Fotografia: Stephen H. Burum Cast: Ben Stiller, Hank Azaria, William H. Macy, Janeane Garofalo, Kel Mitchell, Paul Reubens, Wes Studi, Greg Kinnear, Geoffrey Rush, Lena Olin, Eddie Izzard, Artie Lange, Pras, Claire Forlani, Tom Waits. Testo tratto dal lato B del DVD della Universal Studios: A Champion City sette supereroi si destreggiano in imprese straordinarie per salvare la città dalle forze del Male. Capitan Amazing (Greg Kinnear), re dei supereroi, è stato rapito. Mister Furioso (Ben Stiller), Blue Raja (Hank Azaria) e Spalatore (William H. Macy) uniscono le loro forze ad un altro gruppo di scalcagnati e irreprensibili temerari per cercare di sconfiggere il perfido Casanova Frankenstein (Geoffrey Rush), loro acerrimo nemico. Con l’aiuto del dottor Heller (Tom Waits), un eccentrico inventore, avranno l’occasione di dimostrare di essere dei giustizieri e di debellare il supercriminale. Un divertentissimo pastiche per gli amanti del fumetto e della parodia.


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METROPOLIS Produzione: UFA. Germania - 1927 Durata: 117 minuti Regia: Fritz Lang Sceneggiatura: Fritz Lang, Thea von Harbou, dall’omonimo romanzo di Thea von Harbou Fotografia: Günther Rittau, Karl Freund Effetti Speciali Fotografici: Eugen Schüfftan Musica: Gottfried Huppertz Cast: Alfred Abel, Brigitte Helm, Gustav Fröhlich, Rudolf Klein-Rogge, Fritz Rasp, Theodor Loos. Testo tratto dal lato B del DVD della Ermitage Cinema by Wolf S.r.l.: In una megalopoli del XXI secolo, mentre il monopolistadittatore Fredersen vive con il figlio Freder tra agi e lussi in un sontuoso giardino pensile, una gran massa di operai lavora in condizioni disumane nelle fabbriche del sottosuolo. Freder però incontra Maria, una giovane che predica tra gli operai la calma e la rassegnazione confidando nella Provvidenza, se ne innamora e grazie a lei scopre i sotterranei e il popolo dimenticato. Fredersen, avvertito del pericolo di una sommossa, fa allora costruire un robot che somigli a Maria e che semini discordia tra gli operai. Nei disordini che seguono, le fabbriche si fermano, la città rischia il collasso e gli operai la morte: solo quando il robot viene distrutto finalmente ritorna la pace sociale.

L’ULULATO Titolo Originale: The Howling Produzione: Studiocanal Image, USA - 1980 Durata: 108 minuti Regia di Joe Dante Tratto dal racconto di Gary Brandner “The Howling” Cast: Dee Wallace, Patrick Macnee, Dennis Dugan, Christopher Stone, Belinda Balaski, Kevin McCarthy, John Carradine, Slim Pickens, Elisabeth Brooks. Musiche: Pino Donaggio Direttore Artistico: Robert A. Burns Testo tratto dal lato B del DVD prodotto e distribuito dalla Universal Studios: Una coraggiosa giornalista televisiva Karen White (Dee Wallace Stone, E.T. L’Extraterrestre) diviene l’esca per la cattura di un serial killer, che terrorizza la città e che si scopre essere un licantropo. Quando l’uomo viene ucciso, Karen, sconvolta dall’esperienza e perseguitata da violenti incubi, si rivolge al dott. Wagner (Patrick Macnee, The Avengers), che le consiglia il riposo in una clinica. Ma sfortunatamente per Karen, è qui che i suoi incubi si trasformano in realtà. Insospettita da un terribile suono proveniente dai boschi vicino alla clinica, Karen scopre che la clinica è in realtà una clinica di lupi mannari. Ora solo una pallottola d’argento potrà salvarla...


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ETBE WORLD FEAT. “LUCCA COMICS 2012”! www.etwb.net - Foto: © Mario Castro/E-talentbank

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ome ogni anno etbe WORLD, la sezione internazionale di e-talentbank, sarà a Lucca Comics con numerose e succulente novità. Da un lato spettacolari performance di artisti giapponesi, dall’altro eventi originali e imperdibili per tutti i fans della cultura nipponica ma anche per chi ci si avvicina per la prima volta. Vediamo uno per uno i contenuti di quest’anno!

GLI ARTISTI MAY’S I MAY’S sono un duo composto dalla cantante Katagiri Maiko, che si occupa anche della composizione dei testi, e il produttore/compositore Kawai Jun’ichi. La loro musica unisce R&B e Jpop, il tutto di altissima qualità. Dal loro debutto major nel 2008 hanno rilasciato 4 album, l’ultimo dei quali nel giugno di

quest’anno, insieme a un album remix. Da ricordare, il singolo “Kimi ni Todoke...”, colonna sonora della versione anime dell’omonimo manga, e la collaborazione col famoso suonatore di shamisen Agatsuma Hiromitsu; uno degli ultimi singoli dei MAY’S farà inoltre parte della colonna sonora del film “Kyō, koi wo hajimemasu” tratto dal manga di successo.

HachiojiP HachiojiP è uno dei più famosi DJs produttori di VOCALOID, Hatsune Miku in primis. Ha raggiunto il successo in un batter d’occhio, basti pensare che il video del suo “Sweet Devil (Full Version)” in soli tre giorni è stato aggiunto alla MyList da oltre 10 mila utenti e ha raggiunto il primo posto nella classifica giornaliera del sito in cui è stato caricato.

MAY’S - www.clubmays.com


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HachiojiP - www.hachiojip.jp La sua unicità sta nell’unione di trascinanti sounds elettronici su una base di musica dance col VOCALOID. Un’altra caratteristica sono le sue collaborazioni con artisti di altri generi, quali creatori video (in particolare WakamuraP) e illustratori: questo gli permette di creare delle vere “opere d’arte” a tutto tondo.

EVENTI AL JAPAN PALACE Cute Me Up! Il Gothic Lolita Zone, in collaborazione con ETB, è lieto di presentare “Cute Me Up!”, un servizio di make-up, hair-styling e nail-art dedicato alle ragazze che vorranno sottoporsi a un piccolo

“makeover” in stile Lolita. Per maggiori informazioni, vi rimandiamo alla pagina facebook dell’evento: https://www.facebook.co m/events/404112186323 064/. J-music in Europe Open floor sulla situa-

zione della musica giapponese in Europa e sulle sue possibilità future, un’interessante tematica sempre più attuale anche in Italia. Parteciperanno a quest’originale dibattito diversi esperti del campo. Gli interventi saranno inoltre arricchiti da presentazioni video e ampi spazi per le domande. Foto e Autografi Non solo concerti! Gli artisti aspetteranno tutti i fans per foto e autografi nelle apposite sessioni. Venite numerosi! Chiara Giuntini


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TUTTI A LUCCA CON “DIMENSIONE FUMETTO” www.dimensionefumetto.it

REGOLAMENTO 2012 1. Prezzo ai non soci: € 50,00; 2. Prezzo ai soci Dimensione Fumetto: € 45,00; 3. Caparra minima per prenotazione: € 20,00; 4. I posti disponibili sono 60. Nel caso in cui ci fossero ulteriori adesioni, si prenderà comunque la caparra e se non si riuscirà ad avere un bus più grande, verrà restituita. (al momento dell’iscrizione si dovrà avvertire il partecipante del rischio); 5. Le iscrizioni si accettano fino a tutto Mercoledì 24 Ottobre 2012 (le richieste tardive vanno vagliate, per un controllo disponibilità, contattando il responsabile prenotazioni - Domenico: 347.7796756 – legolas_RD@libero.it ) 6. Il prezzo è da intendersi comprensivo di: viaggio andata-ritorno in autobus G.T., ingresso alla mostra, assicurazione ed eventuali sconti presso stand commerciali in fiera;

7. La prenotazione è UFFICIALE solo con il versamento della caparra, qualsiasi altro metodo non sarà preso in considerazione; 8. La caparra può essere versata recandosi personalmente ad uno dei nostri “punti iscrizione” (Fumetteria Matrix) oppure solo nei casi di prenotazione telefonica o via email al nostro responsabile prenotazioni, per via telematica tramite ricarica Postepay da un qualsiasi Ufficio Postale della propria città; 9. La restituzione della caparra avverrà solo nel caso in cui l’iniziativa non

avrà luogo,per il mancato raggiungimento d’adesioni o per motivi non dipendenti dalla volontà degli organizzatori; 10. Al momento della prenotazione è obbligatorio dare almeno un recapito telefonico sicuro (preferibilmente un cellulare), la data di nascita del partecipante e la fermata prescelta fra quelle previste al personale che accetterà la prenotazione; 11. Per i minorenni si declina ogni responsabilità poiché l’assicurazione copre solo eventuali danni subiti in pullman o nell’area fiera, si ritiene quindi necessaria la com-

pilazione del “modulo responsabili” da parte di un genitore del minore e consegna dello stesso allo Staff dell’Associazione prima della partenza. Scarica il “MODULO RESPONSABILI” sul sito; 12. L’incontro per la partenza avverrà alle ore 01:45 del giorno SABATO 03/11/2012 (notte fra venerdì e sabato) ed il rientro è previsto attorno alle ore 23:59 del giorno SABATO 03/11/2012 (raduno al Piazzale della Stazione FF.SS. di Ascoli Piceno). DF Staff

Foto: © Tutti i diritti riservati

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nche per quest’anno l’Associazione Culturale “Dimensione Fumetto” sta organizzando un autobus per visitare la fiera italiana più importante dedicata al mondo del fumetto e del gioco.... “Lucca Comics & Games” (giornata di Sabato 3 Novembre).


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“LE MACCHINE DI JACOBS” www.comicsbay.com - www.fumettiestorie.com

Un racconto di Giorgio Pezzin che sarà pubblicato nella sua prossima raccolta intitolata "Racconti del Mistero".

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e macchine di Jacobs avevano funzionato per molti anni all’interno di una serie di tetri capannoni che formavano una delle prime fabbriche della regione, nella seconda metà del secolo scorso. Di architettura vagamente gotica, i capannoni erano neri e fuligginosi con grandi finestre chiuse da inferriate e dai vetri sporchi, oltre i quali era tutto un baluginare di fiamme e di fumo. Dall’interno uno stridio di meccanismi in movimento, clangori, urti e ansiti come se mille mostri vi fossero chiusi dentro prigionieri e sforzassero per uscire. E mostri erano quelle macchine: gigantesche vaporiere sbuffanti che muovevano ciclopiche pulegge; ingranaggi digrignanti denti mostruosi che si incastravano senza fine stritolando il minerale che poi finiva nelle bocche fumanti dei forni; che lo vomitavano rosso e ardente negli stampi dove rattrappiva, sfrigolava e infine si pietrificava come preda di un infernale incantesimo. In mezzo ai vapori e ai ruggiti della ferriera, cen-

tinaia di uomini scuri e grevi si muovevano senza posa, sferzati dal ritmo delle macchine, diventati macchine anche loro. Su tutti si posava lo sguardo di Mister Jacobs, il padrone della ferriera che, appollaiato sul suo ufficio all’ultimo piano, controllava il capannone principale attraverso una finestra che dava all’interno con uno spesso vetro a separarlo dai vapori infernali. Posava lo sguardo e vigilava che i suoi crudeli aiutanti controllassero a loro volta gli operai e li spronassero senza fine; nessuno poteva sgarrare, nessuno riposare. Giorno e notte il respiro della ferriera teneva sveglio tutto il paese che le viveva intorno, prigioniero dell’unico lavoro che la zona potesse offrire. Poi le cose erano cambiate. La ferriera era stata chiusa; Jacobs imprigionato per certi loschi affari e infine scomparso chissà dove. Nessuno aveva potuto o voluto prendere il suo posto. Sterpi e rampicanti sempre stranamente rinsecchiti avevano pian piano avvolto i capannoni e la ruggine era cresciuta sulle macchine ormai immobili. La natura aveva come cercato di cancellare quell’orrore, ma nessuno era riuscito a dimenticare. Per molti anni la ferriera aveva con-

tinuato ad essere il simbolo di un periodo crudele. Nessuno si era più avventurato all’interno e, mentre intorno la città fioriva e diventava più bella, un’atmosfera di cupa inquietudine e una quasi opacità dell’aria avevano continuato ad avvolgere il vecchio stabilimento intorno al quale il tempo sembrava essersi fermato. * Fu così che lo vide di passaggio Morgan mentre percorreva la litoranea. Quel sobborgo della vecchia Boston, dietro alla collina, gli era praticamente sconosciuto e la vista di quei vecchi capannoni non gli faceva la minima impressione. Ma uscendo dalla strada principale e scendendo verso le case, li rivide sullo sfondo, dietro ad una cortina di verde e di sterpi e non poteva fare a meno di notarne l’architettura strana e inusuale. Archeologia industriale – rifletté Morgan – sarebbe stato interessante recuperare quell’antico opificio e farlo diventare uno spazio pubblico. Strano che nessuno ci avesse ancora pensato. Tutto sembrava abbandonato da secoli e un vasto spazio incolto separava la zona dalle nuove case costruite in seguito, come se la città non volesse avere niente

a che fare con i vecchi capannoni. Morgan si fermò pensoso ad osservare quelle finestre vuote: tutto era immobile e deserto, certo... ma non erano fiamme quelle che aveva intravisto per un momento dietro ai vetri sporchi? Forse un principio d’incendio? Ma non usciva nessun fumo e anzi l’aria era immota e pesante. Forse un riflesso del sole che sta tramontando – pensò Morgan - continuando la sua strada. Morgan aveva un appuntamento con Hans Mayer, un vecchio amico di università che aveva ritrovato dopo averlo perso di vista da tanto tempo e anche lui emigrato in America dove aveva messo su famiglia. Arrivando ad un piccolo parco in mezzo alle case, vide il piccolo Georg, figlio di Mayer, seduto su una panchina accanto ad un vecchietto dall’aria simpatica e mite quanto svampita. - Ciao Georg, ti ricordi di me? Morgan si era avvicinato al ragazzo porgendogli l’orsacchiotto che gli aveva portato in regalo, ma il bambino rispose spento e triste, continuando a guardare il vecchio che continuava a non muoversi, con lo sguardo fisso nel vuoto. Alla richiesta di spiegazioni di Morgan, Georg


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scappò via piangendo. Quella sera a cena dai Mayer (Georg era già salito in camera) Morgan apprese come stavano le cose: il ragazzino era in quello stato da due settimane , da quando il vecchio Sam aveva avuto quella strana malattia che lo aveva reso assente e abulico. Sam giocava sempre con Georg; si trovavano al parco e il bambino lo chiamava nonno, come facevano tutti gli altri ragazzi con quel vecchio signore simpatico, arzillo e sempre disponibile. Per qualche misterioso motivo Georg era convinto che quanto era accaduto a Sam era colpa sua; per questo era disperato. Il giorno dopo Morgan riuscì ad avvicinarsi dolcemente al ragazzo e dopo qualche difficoltà riuscì a farlo parlare apprendendo che sì, Sam era diventato così dopo che era andato all’interno del recinto della vecchia fabbrica per recuperare un pallone che i ragazzi avevano lanciato laggiù per sbaglio. Il vecchio si era infilato in un buco della rete (nonostante tutti dicessero che là dentro non si doveva andare) e non era più tornato. Era stato lo stesso Georg ad andarlo a prendere (e mai lo avrebbe confessato ai genitori), trovandolo dentro il capannone mentre cercava incredibilmente di manovrare una di quelle vecchie macchine arrug-

ginite. Lo aveva condotto via per mano mentre i capelli gli si rizzavano sulla nuca come se qualcuno li seguisse e cercasse di trascinarli indietro. Da allora Sam non si era più "svegliato" e Georg era in preda alla disperazione. Se non avessimo lanciato quel pallone... Incuriosito dalla vicenda, Morgan si mise ad indagare e ben presto scoprì che altre persone si trovavano nelle condizioni di Sam e tutte – Morgan ne restò molto colpito – si erano avvicinate o abitavano vicino alla vecchia fabbrica. Sembrava che quelle strane malattie si fossero manifestate da circa due mesi; dall’epoca di un violento temporale scoppiato nella zona, che tutti ricordavano per il violento fulmine che aveva colpito proprio la fabbrica, senza però apparenti conseguenze. Cosa sarebbe potuto succedere a delle macchine di ferraccio ferme da decenni? Ma anche Morgan si sentiva attratto da quei vecchi capannoni e una sera rivide le fiamme dietro alle finestre. Incuriosito e inquieto, decise di andare a vedere di persona. Seguendo il recinto trovò ben presto il buco nella rete fatto da Sam e stava per infilarcisi quando una voce lo bloccò. Era Mayer che lo aveva visto e seguito e ora lo stava trattenendo spaventato e in preda ad una febbrile agi-

tazione. - Sei matto ad andare lì dentro? Quel posto è maledetto, lo sanno tutti. Sono certo che si rischia di incontrare il demonio. Ma Morgan sorrise. Forse non occorreva scomodare il soprannaturale. Forse nella fabbrica c’era qualche componente inquinante che provocava quelle misteriose malattie in chi si avvicinava. Ma bisognava assolutamente saperne di più. Mayer si guardò intorno nervoso, poi, avvicinandosi cauto a Morgan, estrasse dalla tasca e gli mostrò un ingranaggio che lui stesso aveva sottratto da dentro la fabbrica. - Lo so che è pazzesco, ma ho sentito quello che Georg ti ha raccontato e ho voluto andare a vedere di persona – spiegò Mayer con occhi febbrili Tutto è immoto e rugginoso ma incredibilmente inquietante, all’interno. Le macchine sembrano belve immobili acquattate nell’ombra pronte a colpire. Cigolii che fanno rizzare i capelli provengono da quelle pance cavernose mentre un sottile fumo rossastro, quello tipico delle fonderie, sembra filtrare attraverso le lamiere. Toccato dall’umore rossastro, quell’ingranaggio si era incredibilmente messo a vibrare e a muoversi come se volesse rimettersi a funzionare. Ma si era sganciato dal suo asse ed era caduto a terra ai piedi di Mayer

che lo aveva raccolto e poi era fuggito. Morgan esaminò con attenzione il vecchio ingranaggio: era untoso, a tratti quasi molle nelle sue mani ed emanava un odore indefinibile che colpiva allo stomaco. - E’ odore di cattiveria – sentenziò Mayer con una inquietante inflessione della voce – da qualche parte sta avvenendo qualcosa di terribile e ha a che fare con quella fabbrica. Morgan decise che la notte seguente sarebbe entrato all’interno per verificare le parole di Mayer. L’amico, chinando la testa rassegnato, dichiarò che sarebbe andato con lui. La notte seguente il tempo era cattivo e un terribile temporale si preparava, rendendo ancora più sinistra la scena. I due si inoltrarono tra i pilastri rugginosi che sorreggevano una grande tettoia il cui tetto di lamiere corrose presentava ampi squarci attraverso i quali si scorgeva il cielo sempre più nuvoloso e rotto da lampi terribili. Improvvisamente un fulmine colpì proprio uno dei tralicci e si scaricò giù per le strutture fino ai piedi di Morgan e Mayer, incendiando il terreno intorno a loro. Mentre l’oscurità tornava a riavvolgerli i due si guardarono intorno sul terreno fumante scoprendo sconcertati che si trovavano in un altro


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luogo. La fabbrica era sparita e l’orizzonte svanito dietro una nebbia sinistra che li circondava.Tutto faceva credere che il lampo avesse aperto una qualche "porta" attraverso la quale erano entrati in un’altra dimensione. Facendosi coraggio a vicenda i due avanzarono cautamente guardandosi intorno. Muovendosi in quella landa desolata incrociarono dei binari sui quali, poco dopo, transitò sferragliando un treno lugubre e nero con molti vagoni carichi di rottami di ferro. In lontananza si vedevano i fari di un altro convoglio che seguiva il primo, e che si avvicinava rapidamente sferragliando. I due si inerpicarono su un ponte che sovrastava la ferrovia e al convoglio seguente si lasciarono cadere su un vagone. Anche questo era pieno di rottami e per fortuna restarono illesi piombando su una grande lamiera che, piegandosi, attutì la loro caduta. Il treno si fermò ad un terminal dove una gigantesca benna metallica agguantò i rottami per scaricarli. I due intrusi si affrettarono a scendere evitando la benna e si addentrarono in una città surreale e deserta, che sembrava del secolo scorso, nera e fuligginosa. In lontananza si sentiva un rumore sordo, simile al passo di un gigante. Improvvisamente, in

fondo alla strada apparve la fabbrica di cui evidentemente esisteva una copia anche di qua, ma molto più grande, rumorosa, lampeggiante e viva. Intuirono che tutti gli abitanti della città lavoravano lì dentro. I due riuscirono ad infiltrarsi tra i macchinari e i depositi di materiale entrando nel capannone. Le macchine erano anche lì enormi, brutali e vive, simili a mostri antidiluviani, legate a gigantesche catene. Gli uomini li alimentavano tra mille pericoli e tra gli operai Morgan vide il vecchio Sam! Dalla finestrella in alto un terrificante Jacobs sorvegliava la scena con occhi di fuoco. Ora tutto era chiaro anche se incredibile: continuamente evocata dai terribili ricordi di quanti avevano lavorato nella vecchia fabbrica, questa aveva continuato ad esistere nell’Altra Dimensione prosperando e trattenendo prigionieri gli spiriti di tutti coloro che non erano riusciti a sottrarsi. Jacobs e i suoi sgherri avevano continuato ad alimentare le macchine che qui erano davvero le belve feroci che a tutti erano sembrate nella dimensione reale. Le paure e i racconti di chi aveva sofferto nella fabbrica le avevano ingigantite, alimentate, rese sempre più grandi e più crudeli (e lo stesso Jacobs e i suoi sgherri ne erano diventati

schiavi, più che padroni; schiavi che controllavano altri schiavi). Un evento misterioso accaduto alla fabbrica in passato (un esperimento paranormale dello stesso Jacobs? Lo si diceva dedito a pratiche misteriche; fu per quello che lui scomparve misteriosamente?) aveva collegato in qualche modo le due dimensioni e qualcosa di quel fluido vitale e malefico aveva cominciato a filtrare anche di là. Chiunque si avvicinasse alla fabbrica (il vecchio Sam, ma anche altri che ci vivevano vicini) erano stati colpiti dal fluido e le loro anime erano rimaste prigioniere di Jacobs che li faceva lavorare in quel limbo orribile e senza tempo. Una schiavitù destinata a durare e ad espandersi se i miasmi letali avessero continuato a diffondersi. Cosa infatti stavano costruendo le macchine di Jacobs? Altre macchine, naturalmente, destinate forse ad invadere il nostro mondo e a distruggerlo in un’orgia di denti acuminati e artigli metallici. Morgan e Mayer, sgomenti e angosciati, stavano pensando a come agire quando sentirono un terribile stridore alle loro spalle.Voltandosi videro la bocca di un forno spalancata verso di loro. Una macchina li aveva individuati e urlava perché aveva fame. Il frastuono richiamò un guardiano che si accorse dei due e

urlò per dare l’allarme. I due scapparono nei meandri della fabbrica. Subito i guardiani liberarono una delle macchine che, simile ad un mostruoso segugio meccanico, si lanciò al loro inseguimento digrignando denti di ferro. Inerpicandosi su per le travature dei capannoni, dove il mostro era impossibilitato a seguirli, Morgan vide il cielo squassato da lampi. La tempesta che li aveva condotti lì, continuava sempre più violenta. Tutta la fabbrica e i mostri che conteneva erano di ferro e se un fulmine la avesse colpita di nuovo forse la “porta” si sarebbe riaperta consentendo loro di scappare... Mayer continuò ad arrampicarsi lungo le travature mentre Morgan distraeva il segugio meccanico. Altri guardiani li individuarono e li inseguivano sulle passerelle di metallo. Anche Morgan, per fuggire al segugio, dovette passare pericolosamente sopra i forni le cui bocche si protendevano cavernose e rosse di metallo fuso per inghiottirlo. Ma riuscì a passare, nonostante il calore infernale e i fumi oleosi che rendevano insicura la presa, arrivando ad una gru ed entrando nella cabina, per fortuna vuota. Nonostante che i comandi della gru cercassero incredibilmente di ribellarsi e di resistergli, Morgan riuscì ad imporsi


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e iniziò a manovrare la gru protendendo il braccio verso il cielo come un gigantesco parafulmine. Jacobs lo vide e gridò di rabbia intuendo quello che Morgan stava per fare. Dalla parte opposta, infatti, Mayer aveva agguantato il cavo che penzolava dalla gru (ruotata opportunamente da Morgan) e aveva agganciato il gigantesco gancio di ferro ad una delle putrelle di acciaio della struttura principale, collegandola alla gigantesca caldaia che forniva energia a tutta la ferriera. Proprio in quel momento un fulmine potentissimo colpì la fabbrica e, attraverso il cavo della gru collegato alla struttura, si scaricò proprio nel nucleo di metallo malefico che ne costituiva l’essenza, con un picco di energia che la sconvolse nel profondo. Per un momento tutto diventò elettrico e vibrò potentemente. Le macchine si contorsero strette dalle catene, i guardiani caddero dalle travature da dove stavano per raggiungere Morgan, e lo stesso spettro di Jacobs perse l’equilibrio, cadendo con un urlo nella bocca spaventosa di una trituratrice che si chiuse a scatto su di lui come le mascelle di un mostruoso coccodrillo irto di denti di ferro.

Morgan si ritrovò a terra circondato dai pezzi fumanti delle macchine esplose in mille pezzi. Intorno era tutto un fuggi fuggi di gente che lasciava cadere gli attrezzi e i grembiuli di cuoio e scappava, finalmente libera. Nella sua camera del mondo reale il vecchio Sam si alzò a sedere sul letto di soprassalto, guardandosi intorno vigile e smarrito, come chi si risveglia da un brutto sogno. Morgan si rialzò ancora scosso, ma incolume, mentre il fumo e l’oscurità di dissolvevano. Calatosi da una trave, Mayer gli corse accanto e lo aiutò a camminare, ridendo e piangendo per la tensione che lo aveva attanagliato e che ora poteva finalmente sciogliersi. Erano in mezzo al prato che circondava la vecchia

fabbrica il cui tetto, colpito dal fulmine, aveva appena finito di bruciare ed era crollato. Quanto era accaduto era solo un brutto sogno generato dalla scossa che li aveva colpiti la prima volta, o era accaduto veramente? Il fumo si dissolveva pigramente nell’aria in lente volute mentre si sentivano le sirene dei pompieri che arrivavano. Incredibilmente, forse bagnati dalla pioggia e rivitalizzati dal calore dell’incendio, sembrava che i rampicanti prima rinsecchiti avessero ripreso vita cominciando a fiorire e a generare foglie verdi e fresche. Anche l’aria intorno alla fabbrica sembrava più leggera al sole del nuovo mattino che stava sorgendo e le vecchie macchine rugginose ora apparivano a tutti quello che erano in realtà: rottami di un tempo passato, ormai inutili e

inoffensivi. - Penso proprio che dovremo recuperare questo ferrovecchio e farne lampioni e panchine da usare per abbellire la città. – Dichiarò pensieroso il comandante dei vigili del fuoco – Tutto questo spazio sprecato è una vergogna. Potremmo costruirci un bel parco, qui dentro. Sarà bene che ne parli al sindaco. Ma Morgan si era già allontanato sorridendo. Ai margini del prato aveva già visto avvicinarsi il piccolo Georg tenuto per mano dal vecchio Sam che sorrideva allegro, circondato da altri ragazzi entusiasti. Era previsto gelato per tutti, quella mattina. * Giorgio Pezzin © Giorgio Pezzin 2012 Ogni diritto riservato www.fumettiestorie.com www.comicsbay.com


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“EMINA - ORFANIROBOT” DI DAVIDE TARO’ www.001edizioni.com - Su Facebook: EminaOrfaniRoboT

“E

MINA – OrfaniRobot” è il primo romanzo sugli anime in Italia sospeso tra fantascienza, fantapolitica, sociologia, e storia ucronica, “EMINA” rievoca in maniera dolorosa la memoria di infanzie lontane, anche se mai dimenticate e rappresenta un vero e proprio spettacolo tanto per la mente – è un’opera che

punta molto all’entertainment oltre che alla riflessione - che per il cuore. “EMINA – OrfaniRobot” è davvero definibile come il romanzo della “Generazione Goldrake” che incontra quella "dei 1000 euro al mese”. Ma di cosa parla “EMINA”? È la storia di Nataniele Tandro, nato nel 1978, nell’anno, cioè, in cui veniva

trasmessa per la prima volta in Italia, sull’allora Rete 2, la serie animata televisiva “Atlas Ufo Robot”. Un giovane cresciuto, come un’intera generazione, a pane e cartoon giapponesi. Nel 2009, a trentun’anni, dopo aver condotto una vita difficile, rara di soddisfazioni e carica di sofferenza e frustrazione, Nataniele viene assunto – come di

norma accade oggi – con contratto precario in una multinazionale chiamata “Emina”. Qui sarà chiamato a pilotare – entrandovi in una sorta di comunione – delle inquietanti entità robotiche denominate Simulacra. Ma a Nataniele non riesce di integrarsi in quella realtà lavorativa così aliena. Cresciuto coi valori propugnati dai personaggi degli anime giapponesi – lealtà, amicizia, abnegazione, spirito di sacrificio – il mondo del capitalismo e del profitto lo ripugna. Ed è da questo contrasto interiore che prenderà via il drammatico sviluppo degli eventi. In “EMINA” la crisi economica e sociale che oggi viviamo viene amplificata da una narrazione immaginifica raggiungendo un climax tragico e sconvolgente (e speriamo relegato alla sola finzione): il potere acquisisce sempre maggiore forza mentre il popolo diventa sempre più schiavo. E Nataniele sarà chiamato a compiere scelte dure che cambieranno per sempre la sua vita e quella del pianeta. “EMINA – OrfaniRobot” non è solo un romanzo, ma anche una coraggiosa riflessione sociologica e politica che racconta – con uno stile secco, incisivo, abrasivo – ciò che l’Italia è stata ed è diventata oggi. Spingendosi a immaginare – in chiave metaforica e simbolica – cosa potrà essere in futuro. Potrebbe apparire esagerato, ma – a mio giudizio – “Emina” è un libro che può davvero lasciare il segno. Ogni OrfanoRobot di quella generazione formatasi con


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gli anime giapponesi dovrebbe assolutamente leggerlo. Per riflettere e rabbrividire. E... chi è Davide Tarò? Davide Tarò OrfanoRoboT (Torino, 1976) E’ pubblicista e scrittore di articoli per varie riviste. Ha scritto “Oshii Mamoru, Le affinità sotto il guscio”, “ANIME: Storia dell’animazione giapponese 1984 2007” (con Andrea Fontana), “Satoshi Kon”, Il cinema attraverso lo spec-

chio” (con Andrea Fontana e Enrico Azzano), “Il cinema di Shinya Tsukamoto” (con Andrea Fontana e Fabio Zanello) ha collaborato alla redazione di “Anime Perdute, Il cinema di Miike Takashi” a cura di Dario Tomasi, a “M. Night Shamalayan: Filmare l’ombra dell’esistenza” a cura di Andrea Fontana, ha collaborato a “Non è tempo di eroi, Il cinema di Jhonnie To” a cura di Matteo di Giulio e Fabio Zanello, “La scrittura dello

sguardo” a cura di Massimiliano Spanu e Fabio Zanello e “Le donne nel cinema d’animazione” a cura di Matilde Tortora, ha redatto alcuni extra per i dvd di “Kyashan” e “Bem il mostro umano” (l’allegato per le edicole Horror) per Dynit, e per la serie “Occhi di Gatto” della DeAgostini/Yamato Video. E’ stato direttore di collana per le linee “Manhua” e “Hanguk” della 001edizioni, ed è stato redattore per tutti gli altri titoli della casa. Cura una rubrica sul cinema e una enciclopedia degli Anime su “FalsoMovimento on line”. E’ stato pubblicato in passato grazie al premio “Giallo A Scuola” indetto dal comune di Ferrara con il racconto “Ho sparato allo sceriffo” e sulla rivista antologica “Ellin Selae” con il racconto “Sola nell’oscurità, raccontami del bosco che una volta chiamavi casa”. E’ autore, per i disegni di Massimiliano Feroldi, del fumetto “OroborO” pubblicato sulla rivista Sushi.

Ha scritto per “neo(N)eiga”, “Man-ga!online”, “Effettonotteonline”, “Sentieriselvaggionline”, “Central do cinema on line”, per la rivista cartacea “La Linea dell’Occhio” di Lucca e “Panoramiques”. E’ un socio fondatore di “neo(N)eiga” per il quale ha organizzato varie rassegne in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino: “Il cinema di Miike Takashi”, “Kiyoshi Kurosawa”, “Torino Cartoons 2005”, “Visioni D’anime” 1, 2 e 3, “Yoshida Kiju il cinema che ci osserva”, “Kumonosu Quartet” con il regista Zubokawa Takushi ed infine “J-Ender: Big Bang Love in Japan”. Ha collaborato a tutti i cortometraggi per la Lorelei Production del quartiere Lucento di Torino ed alcuni corti della Yokai Production di Borgo D’ale (Vc) con titoli quali “Bosco Bigio”, “Buscaglio”, “In the mood for carbonara” visibili su YouTube. Enrico Ruocco


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ORCHI: (D)ISTRUZIONI PER L’USO www.isolaillyon.it

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he si riuniscano in orde crudeli e sanguinarie, o che si tratti di folli e violenti solitari, gli orchi hanno sempre terrorizzato l’immaginazione umana, essendo molto spesso i rivali principali di quasi tutti i regni fantasy in cui vengono a trovarsi. Analizziamo la scheda tecnica: Altezza media: 1.90 – 2.80 m Peso: 90-180 Kg

Carattere: Aggressivo Corporatura: Robusta – Antropomorfa Armi: Come i goblin, gli orchi possono utilizzare diverse tipologie di armi, ma grazie alla loro possanza fisica spesso utilizzano spadoni, grandi balestre o più comunemente, enormi asce bipenni che ben si sposano con le violente incursioni da loro effettuate. Intelligenza: medio-bassa

Segni Particolari: Pur essendo esseri molto aggressivi e violenti, hanno una spiccata tendenza a vivere in società o gruppi numerosi come i goblin, ma a differenza di questi, alcuni elementi, di solito i più forti e violenti, possono vivere anche in maniera solitaria. In molte leggende queste creature vengono rappresentate con tratti suini, si pensa per mettere in evidenza il lato

selvatico e più violento di queste creature. Gli orchi hanno da sempre colpito l’immaginario dell’umanità. Si ritrovano addirittura in leggende romane o normanne, dove si parla di creature antropomorfe dalla corporatura possente, che seminano il terrore nei villaggi vicini a boschi o situati in regioni montuose. La figura dell’orco veniva in quegli anni molto spesso correlata alla sparizione di bambini, e questa credenza è rimasta fino ai tempi nostri (chi non si è mai sentito dire che doveva stare attento all’orco cattivo). La forza figurativa di questa creatura è stata messa ulteriormente in evidenza nel mondo del fantasy, in cui gli orchi sono praticamente onnipresenti in ogni filone del genere e in ogni tipologia di mezzo di comunicazione, dal libro al videogioco, fino ad arrivare alle serie televisive. Ne possiamo trovare esempi ovunque: da Tolkien a Warcraft, da Warhammer a Final Fantasy, fino ad arrivare addirittura ad Arcanum. Queste creature sono legate principalmente ad un unico obiettivo: la distruzione. Saccheggiano, derubano, trucidano, torturano qualunque essere si trovi dinanzi a loro. Per questo sono legati principalmente all’allineamento Caotico-Malvagio, che li rende non solo pericolosi ma soprattutto incontrollabili e imprevedibili. Spesso questa loro indole li rende gli alleati perfetti di molte altre razze come i goblin ad esempio, che approfittano della loro prestanza


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fisica per sopperire alla propria fragilità e goffaggine. Questa grande potenza spesso consente loro di poter ricoprire i più alti ranghi degli “eserciti” (se è possibile definirli in questo modo) che costituiscono con altre razze. Forti guerrieri, non si tirano mai indietro di fronte a un combattimento e alla possibilità di far scorrere del sangue sulle loro lame, che sia dei loro nemici per antonomasia, gli umani, oppure anche dei loro stessi compagni. Obbediscono spesso a divinità malvagie come Gruumsh o Tiamath, anche se quest’ultima poco apprezza la stupidità di questi esseri, e in pochi casi accetta orchi tra i suoi fedeli. Ciò che però li differenzia realmente dai goblin, a parte la corporatura, è l’intelligenza. Pur essendo degli esseri votati al caos, presentano un’intelligenza

di base abbastanza sviluppata, cosa che consente loro di apprendere linguaggi semplici come il comune. Alcuni, poi, “spiccano” tra gli altri, riuscendo ad imparare non solo ulteriori linguaggi ma addirittura incantesimi, cosa che rende questi soggetti estremamente pericolosi e che spesso li colloca ai livelli più alti dell’organizzazione sociale di queste creature. Alcuni addirittura danno vita, tramite rapporti tra orchi con esseri umani (oh mio dio che scena raccapricciante!) a mezzorchi, esseri che presentano la potenza e la costituzione della razza orchesca e maggior, seppur limitata, intelligenza derivata dai geni umani. Anche in questo caso c’è poco da fare… Stare lontani è la migliore mossa, a meno che non siate avventurieri alla ricerca disperata di punti esperienza!!! Isola Illyon Staff


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LE CRONACHE DEL “ROMICS 2012” di Maria Merola - FotoAlbum di Mauro Montagna

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ggi, 30 settembre 2012 si è conclusa la dodicesima edizione del “Romics”. In quanto al programma, numerosi sono stati gli interventi, le conferenze e le proiezioni. Tutto molto interessante se non fosse che a causa dello spazio forse più ridotto o della maggiore affluenza di pubblico, sia stato difficile fare qualsiasi tipo di spostamento attraverso i vari padiglioni. Il livello dei cosplayers è nettamente migliorato, ho visto abiti e armature bellissimi. Ho visto marchingegni assurdi in concorso per la gara di oggi (domenica ndr), per non parlare della tensione, del nervosismo che la gara ha prodotto. Forse un po’ troppa esasperazione in relazione alla gara, non mi piace la troppa competitività malsana. Tornando alla fiera in sé ho

trovato che tutti coloro che facevano parte dello staff sono stati di una gentilezza, educazione unica. Il rispetto e la curiosità sana che ho visto in questo “Romics” credo di non averlo mai visto altrove, parlando di gente assolutamente profana ed estranea al campo del cosplay. L’allestimento del padiglione 14, dove sono avvenute selezioni e preselezioni è stato particolarmente gradito per la prima giornata fieristica, perché i pannelli scuri hanno favorito allestimento di bellissimi set fotografici. Peccato che sia stata una chimera durata solo un giorno perché già il venerdi, con i fari spenti e la luce pessima dell’esterno abbiano scoraggiato i numerosi fotografi accorsi all’evento. Il sabato e la domenica si è visto il peggio del peggio invece, cosplayers allo stato


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brado che pascolavano in una sorta di accampamento nel padiglione 14. Con questo intendo che c’è stato un abbandono a sé stessa sia della fiera in generale che dei cosplayers, che anziché essere ospiti di eccezione sono diventati, come mi è capitato di sentire, degli allegri ragazzi vestiti dai loro eroi preferiti che banchettavano e facevano pic nic sull’erba. E per questo non serve né pagare un ingresso, né tan-

tomeno farci una delle fiere più grandi d’Italia. Altra nota dolente sono stati gli stands: al mio ingresso ho creduto e sperato vivamente che ancora fossero da montare e che mancasse qualcuno; in realtà, con sommo rammarico, ho scoperto che gli stand erano davvero solo quelli. Perlomeno a quei pochi standisti che c’erano gli affari sono andati bene, a quanto ho potuto vedere. Particolare e innovativa,


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nonché utile e davvero graziosa è stata l’idea di “Cosmoviex” di offrirsi per aggiustare cosplay rotti in maniera totalmente gratuita. Alla fine della fiera, (passatemela questa) ho sentito molte critiche da parte di chi frequenta già abitualmente questi ambienti, tra fotografi e cosplayers la delusione è stata molta. Per le new entry c’è stato invece molto entusiasmo, ma lo spirito e l’attesa questa volta sono stati davvero molto flebili, la trepidazione e l’attesa non hanno ricevuto il giusto appagamento. Mancava qualcosa quest’anno, forse perché più

presi dalla seconda edizione, forse per dedicare più spazio alle conferenze, sì importanti per gli appassionati. Forse l’ago della bilancia non è stato così equilibrato da favorire lo spettacolo del cosplay così come gli incontri e le conferenze. Per coloro che non si muoveranno dal territorio romano attendiamo con trepidazione la nuova edizione del “Roma Comics and Games” che si terrà al Palalottomatica nel mese di marzo e la seconda edizione del “Romics” inaugurata per la prima volta dopo anni ad aprile. Maria Merola

Il fotoalbum del “Romics 2012” realizzato da Mauro Montagna continua...


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Mauro Montagna è su Facebook: www.facebook.com/MauroMontagnaPhotography


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Il fotoalbum del “Romics 2012” continua con le foto fatte dal gruppo Nii-San Cosplay!


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Il gruppo Nii-San Cosplay è su Facebook: www.facebook.com/NiiSanCosplay


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ALBUM Foto di Mono’S monos94@gmail.com


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iao a tutti amici cosplayers e lettori della webzine JAPANIMANDO! Ancora una volta ci sono io a parlarvi del PARCOSPLAY di Napoli tenutosi il 23 settembre al quale personalmente non ho potuto partecipare a causa dell'influenza stagionale che ha tenuto molti di noi ammalati a letto (spero mi capiate carissimi lettori). Ma adesso non preoccupatevi per me perchè stò benissimo... *etciù*... insomma... Ad ogni modo, anche quest’ultimo raduno si è svolto nel migliore dei modi! In una splendida

giornata di sole sono nate nuove amicizie, mentre la novità del mese è

stata caratterizzata dalla partita di mini-football americano! Una novità assoluta per la Villa Comunale e per il mondo “cosplay” che ha attirato numerosi partecipanti, i quali si sono divisi in squadre ed affrontati in partite epiche dove, alla fine, il vincitore è stato... LO SPORT! Perchè quello che conta è divertirsi

tutti insieme, coinvolgendo soprattutto le persone presenti nel parco che ancora non conoscono questa nostra passione! Il cosplay si divulga anche così, attraverso il semplice gioco. Ci vediamo il mese prossimo su queste pagine! Ciao! Stefano Esposito


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“PARTITA ETERNA”: SECONDA PARTE Su Facebook:Yrtimid Frisia Randy

Secondo capitolo del racconto di Deborah Degni. 2. Il Destino I primi cambiamenti che mi si presentarono furono quelli fisici che non tardarono, anzi, vennero prima del previsto. Fin da piccola la mia famiglia mi aveva indirizzata verso il mestiere, secondo loro, “nobile” del cacciatore di Demoni. Tuttavia ciò non aveva mai riscosso grande interesse in me, dal momento che credevo solo a ciò che toccavo con mano. Tutto accadde in una notte buia e tempestosa, dove neppure la Luna ebbe il coraggio di farsi vedere. In genere i lampi ed i tuoni non mi incutevano timore, anzi mi affascinavano. Era bello vedere come quella luce luminosa squarciasse il cielo coperto dalle nubi nere, ma era un po’ triste sentire il tuono che ne seguiva, sembrava quasi che cercasse di catturare quella luce impenetrabile. Mi ribaltavo continuamente da sotto le coperte, prima di qua poi di là, non riuscivo a trovare pace, finché una fitta improvvisa mi fece sgranare gli occhi bloccandomi nel letto. Qualche istante dopo, un lasso di tempo troppo corto per rendermi conto di ciò che stava per accadere, si scatenò l’Inferno.

Subii una metamorfosi incredibile che mi costrinse a dibattermi nel letto per il dolore che stavo provando. Il dolore era tanto forte che non riuscivo neppure ad urlare, anzi mi si bloccava la voce in gola. - Non preoccuparti. Ci sono io. Ti mantengo perché se andassi a sbattere potresti morire. Una voce calda e rassicurante, eppure così maledettamente inquietante, mi raggiunse. A seguito di tale voce così familiare, percepii un peso sopra al mio corpo. Egli mi era sopra, mi teneva bloccata. Non sapevo fino a che punto tentassi di liberarmi. Se per il dolore o per colui che mi era addosso. - Ora ci sono io. Tra breve tutto finirà. - Parlava ancora quella creatura dannata, mentre io non riuscivo ad udire nessuna delle sue parole se non la sensazione che mi infondeva. Quel momento sembrava non voler terminare, non riuscivo a pensare a nulla se non al dolore lacerante che provavo, eppure avevo una forte resistenza al dolore. Ma in quel momento mi sentivo come una “qualunque” altra ragazza presa dal panico e dal dolore. Avrei tanto voluto morire in quel momento, mi sentivo come se mi stessero tagliando a mille

pezzi mentre mi tiravano la pelle da un capo all’altro. Era una sensazione atroce, ma nonostante ciò quel peso non si levava, non cercava di sollevarmi dal dolore. Non faceva nulla. A poco a poco il dolore si attenuò facendomi tornare in me, ma respiravo molto faticosamente. Il peso si era spostato al mio fianco, ma ancora mi sentivo legata ad esso. Mi sedetti sul letto appena recuperai un po’ di forze, portandomi una mano alla testa che sembrava scoppiare. Ero ancora intontita per ciò che avevo appena passato. Guardai l’orologio, ma sapevo che era inutile, non sapevo quanto era iniziato tutto, non mi restava che credere a quella voce che avevo udito prima. Quella voce... Riordinai in un attimo le idee e mi voltai verso il Demone con sguardo rabbioso e allarmante. - Cosa mi è successo?! Dissi in preda alla rabbia. Le vene mi bruciavano ancora e la testa mi doleva come non mai. Quella fu l’unica frase che riuscii a pronunciare, prima di vedere tutto buio. - Ora riposa. - Fu l’ultima cosa che udii. Quando mi svegliai era pomeriggio inoltrato e, soprattutto, non ero nel

mio letto, bensì in una caverna. Compresi subito che ciò che era accaduto quella notte non era frutto della mia fantasia. Era tutto reale. Mi alzai e mi diressi fuori dalla grotta e rimasi sorpresa dal paesaggio. Ero su di una rupe altissima, forse la più alta della città, ammesso che mi trovassi ancora in città. - Mi vuoi spiegare cosa mi è accaduto? - Chiesi. Ero sicura che era lì da qualche parte e che mi stesse osservando e che le mie parole lo avrebbero raggiunto. Un ghigno mi raggiunse. Avevo indovinato. Il Demone mi era vicino, tropo vicino. Non avevo percepito che, però, mi era così vicino. Incrociai le braccia al seno per darmi, almeno in apparenza, un contegno. Ero ancora sbandata per tutto l’accaduto, non mi andava di mostrarmi debole e sprovveduta. - Bel panorama, vero? Disse Killer 03 che mi apparve di fianco senza preavviso. Ma non mi lasciai prendere impreparata. Non aveva torto riguardo il panorama. Era suggestivo con quei suoi colori fra l’azzurro e l’arancione. In lontananza si potevano notare le luci della città. E ancora più lontano si poteva scorgere il Sole che tramontava. Mi persi nell’osservare quel pae-


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saggio. Dimenticando per un attimo ogni male appena subito. Il rosso del tramonto che colorava il cielo dava una sensazione rilassante ed il panorama sottostante trasmetteva Libertà. - Hai ragione... Killer 03... - Dissi sospirando. Percepivo qualcosa di strano dietro la mia schiena, come un peso, forse dovevo essere ancora intontita, ma quel peso non era concentrato solo in quel punto, bensì percepivo altri pesi, sia alla testa che.... al di dietro, come se avessi subito un prolungamento della spina dorsale. - Fammi un piacere... chiamami semplicemente Fanran. E’ il mio vero nome. - Disse il Demone che sfoderò un sorriso delicato accompagnato da un inchino reale. Poi per un attimo tornò serio, come se mi stesse scrutando. La cosa mi diede fastidio, così ricambiai lo sguardo serio ed impenetrabile. Di tutta risposta egli alzò un angolo della bocca in un mezzo sorriso di soddisfazione. E disse: - Le consiglio di guardarsi allo specchio.Ve ne è uno lì, in fondo alla grotta. Lo guardai ancora per un po’, rimanendo impassibile, poi seguii il suo consiglio anche se non sapevo a cosa potesse servirmi uno specchio. Mi avvicinai a quello strumento che avrebbe dovuto riflettere la mia immagine senza mostrare il minimo interesse parti-

colare. A questo punto una persona normale, di fronte all’immagine proiettata dallo specchio, avrebbe dovuto urlare o pensare che lo specchio fosse falsato, dato che oltre alla figura umana, lo stesso specchio lasciava scorgere nitidamente due orecchie ed una coda da Lupo grigio. Eppure la mia espressione ed il mio atteggiamento non fu quello. Forse per la presenza di due ali grandi quanto me, se non di poco più grandi! Sembravano ali d’Angelo eppure c'era qualcosa di strano, qualcosa di demoniaco. Erano spigolose e come fatte di ghiaccio. Non so bene il perché, ma mi ritrovai a sorridere. Ancora oggi mi chiedo il perché di quella reazione. - Probabilmente il vostro animale guida è il Lupo, perché in genere quando si viene infettati dal morso di un Demone si prendono le caratteristiche dell’animale Guida di appartenenza. - Conosco questa storia... - Dissi semplicemente mentre Fanran mi affiancava a braccia conserte. – Puoi chiamarmi Marylith.Aggiunsi. Spostai lo sguardo da quell’immagine riflessa per andare a cercare lo stesso riflesso in quello degli occhi del Demone. Lo specchio non era falsato. - Dimmi perché mi hai fatto questo? - Chiesi

quasi come se nulla fosse. Volevo delle risposte, dopotutto era il minimo. Ma queste non accennavano ad arrivare, anzi, come risposta mi fu donato un sorriso quasi malizioso. - Lo capirai... E anche molto presto, mia dolce Marylith. Mi voltai di scatto, abbandonando definitivamente lo specchio e ciò che raffigurava, ma Fanran era sparito. Qualcosa dentro di me mi diceva che lo avrei rivisto molto presto. Mi avvicinai alla sponda della rupe. Di certo di scendere a piedi non se ne parlava, quindi ne dedussi che avrei dovuto volare. Non me ne feci un problema, o sarebbe andato tutto liscio o sarei morta spiaccicata. Tuttavia non mi piaceva la seconda opzione, così tentennai. Forse Fanran era ancora nei paraggi. Del resto non tutti gli uccellini riuscivano a volare al primo colpo, figuriamoci un essere umano! - Fanran ed ora come faccio?! - Urlai, ma la risposta non arrivò. Non sapevo se era andato via per davvero o meno, ma di una cosa ero certa, non mi avrebbe risposto. ‘Respira a fondo e lanciati!’ Mi dissi mentre mi apprestavo al margine della rupe. ‘1, 2, ... 3!’ Mi lasciai cadere con gli occhi chiusi e li riaprii solo quando capii che stavo volando. - Wow, che bello! - Escla-

mai felice. Volavo ed era bellissimo. Sapevo che gli uccelli volavano al momento giusto e ci riuscivano. Sotto di me potevo scorgere tutta la città. Era uno spettacolo stupendo, soprattutto perché era sera. Arrivata a casa mi specchiai soddisfatta. ‘Devo ammettere che quel Demone mi ha dato un bel dono. Sai quanti casi risolverei?’ Sorrisi a tale pensiero e mi addormentai serena. Il giorno dopo si presentò un problema da risolvere e non era facile: nascondere coda ed orecchie e quelle enormi ali che portavo dietro la schiena. - Per nascondere le ali basta che ti concentri pensando di farle rientrare al tuo interno, per la coda basta che la leghi attorno alla vita e per le orecchie... beh... mettiti un cappello. Quella voce demoniaca mi perseguitava. Mi stavo specchiando quando la figura di un ragazzo alto dai capelli argentei ed occhi blu, con due ali nere, mi affiancò. Senza dire nulla feci come aveva chiesto Lui. - Funziona -, dissi sorridendo. - Ma non mi dire.- Disse quel Demonio prima di sparire come aveva fatto la sera prima. Al lavoro non sapevo cosa dire o fare, non potevo di certo dire la verità, tuttavia ciò mi


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obbligava anche a tacere su Fanran. Allora che fare? - Hey Merylith! Sei ancora intontita? Lo dicevo io che dovevi stare più di tre giorni al riposo. A svegliarmi dai miei pensieri fu Matt che mi guardava come se si guardasse una folle. Troppo vicino! - Matt sai che non sopporto che la gente mi stia così vicino, e comunque non preoccuparti. Sto bene. - Dissi allontanandolo da me fino ad una distanza accettabile. ‘L’unica cosa che non andava è che ero stata trasformata in un Demone e che chi mi aveva trasformata era colui a cui davamo la caccia. Peggio di così...?!’ Continuai quel pensiero, mentre per la decima volta sfogliavo il fascicolo del caso ‘Killer 03’. Non sapevo che fare. Era incredibile come la mia vita fosse cambiata, anzi, come fosse stata trasformata grazie ad un morso. Mi toccai istintivamente il collo e percepii due fori leggeri ed invisibili sotto le mie dita. Rabbrividii sentendoli. - Ma si può sapere che hai?! Sei così strana. Matt mi ricordò di tornare sulla Terra. - Scusate ragazzi. Forse avete ragione, ho bisogno di riposare.- Dissi mentre mi alzavo. C’era qualcosa che non andava, lo sentivo da dentro. - Certo vai. Ti copriamo noi. - Ribadì Raphael.

Mi incamminai per un viottolo boscoso. Ci passavo sempre, perché mi piaceva ed era solitario. Ma quella volta non ero sola. - Esci fuori Fanran. - Bisbigliai. - Non posso. Qualcun altro ti segue. - Una voce mi raggiunse calda e penetrante. ‘Qualcuno mi segue?’ Tesi le orecchie per cercare di percepire un’altra presenza oltre a quella del Demone. - Matt, Raphael. Che volete? - Sbuffai seccata, quasi urlando quella frase. - Scusaci. Ma siamo preoccupati per te e con il ‘Killer 03’ in circolazione... è pericoloso andarsene in giro da soli e per strade così solitarie. Mi voltai verso i due gemelli con occhi stanchi e lucidi e con le mani nel giubbotto. Qualcosa non andava, ne ero certa. Tuttavia non potevo raccontare una storia come quella che mi era accaduto. Io stessa non ci credessi ancora del tutto! - Merylith! - Cosa? Scusate ragazzi... Non terminai la frase, misi le mani in testa e mi scossi leggermente il capo, aprendo e chiudendo gli occhi. - Merylith! Tutto bene?! La voce preoccupata dei gemelli mi infastidiva non poco. - Lasciatemi stare! Ero io, ma quella non era la mia voce. Stavo su-

bendo un’altra metamorfosi. - Meglio che ve ne andiate entrambi, se non volete fare un brutta fine... - Ordinò una voce estranea che si intromise fra noi. Una voce che conoscevo bene. Prima di svenire, di nuovo, potei vedere Fanran che, con le ali tese e minaccioso, intimava Matt e Raphael ad andarsene. Poi di nuovo buio. Aprii gli occhi nella stessa caverna della volta precedente. Non mi fu difficile orientarmi essendoci già stata. - Fanran! Dove sei? Disse, mentre mi alzavo cercandolo con lo sguardo. - Mi hai fatto prendere uno spavento. - Una figura si avvicinò a me, tenendomi la mano su cui mi sorressi. - Hai superato la prova dell’Anima, che difficilmente si supera. In genere quando ci si trasforma si perde l’Anima. Non capivo nulla, ero abbracciata a Fanran. Non sapevo il perché, ma qualcosa di strano mi attirava a Lui. Quel Demone la cui influenza era del tutto nulla su di me, fino a poco tempo fa, ora iniziava a fare effetto. Forse per il fatto che ero stata tramutata in una di loro, oppure... solo ora facevo caso alla sua bellezza. - Perché lo hai fatto? - Gli chiesi in un sussurrò, restando abbracciata a lui.

- Semmai è ‘cosa ti ho fatto’! - Disse stringendomi a sé. - Ho riscritto il tuo Destino Merylith. Con le dita sotto al mento portò il mio viso alla sua bocca, baciandomi. ‘Cosa sta accadendo? Perché tutto questo? Che senso ha?’ Pensai. Lasciai che il Demone mi baiciasse, ma non risposi, ero troppo confusa. - Per quanto riguarda il perché... è molto semplice.Volevo una sfida e tramutandoti in un Demone mi sono assicurato una sfida eterna. - Disse dopo essersi staccato ed allontanato da me. - Ma perché?! - Ero tornata in me, seria come sempre. Forse quel bacio serviva a ristabbilizzare la mia Anima. - Perché era l’unico modo per renderti immortale. - Disse facendo spallucce. Non era per nulla intimidito da me, anzi, sembrava quasi divertirsi, come un gatto col topo, nonostante ciò, leggevo una grande solitudine nei suoi occhi blu. Che fosse per questo motivo che mi aveva trasformata? In effetti, diventando un Demone, acquistai di conseguenza anche l’immortalità. Particolare a cui solo ora davo peso. Ma c’era ancora una cosa che non mi era chiara. Perché proprio io? Chiesi. - Gli Hunters sono estinti, e quelli che ci sono, o sono mercenari,


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o rinnegano la loro Natura per quieto vivere. Tre anni fa, quando ti vidi, capii che tu eri un Hunter diverso, ed infatti, facendo ricerche approfondite scoprii che eri un Hunter di sangue blu. Così decisi di metterti alla prova, per capire se potevi darmi la caccia.Poi, d’un tratto sul suo volto demoniaco apparve un’altrettanto sorriso demoniaco. - Darmi la caccia per l’eternità! - Praticamente lo hai fatto per noia.- Dissi. - Beh... se la vuoi mettere così. Così sia. - Disse per

nulla disturbato, tornando alla sua espressione solita. - Non perdendo l’Anima mi hai dimostrato di poter portare il nome degli Hunters. Ovviamente ora dovrai andartene e darmi la caccia. Vedrai che ti divertirai. Del resto non sei un Demone completo, hai solo l’immortalità e delle capacità più sviluppate che ti permetteranno di sopravvivere in questo contesto. Fu l’ultima cosa che disse Fanran prima di sparire, senza darmi il tempo di

rispondere. ‘Dargli la caccia... in eterno...’ Commentino: Eccoci al secondo e penultimo capitolo di questa breve storia ideata dalla mia folle mente. Onestamente non mi aspettavo un risvolto così banale. Almeno questo è il mio pensiero. Pensavo di allungare un pò di pù l'agonia della protagonista, ma forse, già il fatto che inizi a sentire da subito attrazione per il Demone la dice lunga. In verità, ho avuto difficoltà

a scrivere il racconto, non tanto perché non avevo idee, bensì perché dovevo far entrare le cose essenziali in questo penultimo capitolo. Ho il brutto vizio di iniziare le storie che poi non riesco a terminare perché troppo lunghe, quindi mi era ripromessa di riuscire a fare un piccolo racconto di pochi capitoli e si come adoro i numeri primi ed il 3, ho deciso di fare così. Spero che piaccia questo capitolo, al di là della mia autocritica personale. A presto. DD


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ALBUM Foto di Emanuele Canosa


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