Indice
Maldonian
2
Il Treno Possibile
4
1 Novembre
7
Chet ed Ephraim
9
Sushi
12
Tutto Splendeva e Sanguinava
22
La Sabbia sa di Marzapane
25
Maldonian City Blues
51
Tradimento
52
Ritratto Maldoniano di un esule inconscio
53
1
Maldonian
E
ra una calda serata e camminavo stanco lungo l’unta strada. Ero appena uscito indenne da una straordinaria sensazione di tranquillità (nel ghiaccio perenne del contenitore d’emozioni) e, come sempre, non riuscivo ad abituarmi al fatto di dover sempre, come sempre, tornando a casa, osservare i cumuli di cavi e membra di gatto sparse per terra dai pruriginosi cuochi italiani dei laboratori-mense statali. Ne avevo abbastanza della luna che illuminava sempre gli stessi occhi vaganti, socchiusi, sanguinanti di tutti quei gatti sfortunati e indispensabili per noi, per il nostro Presidente. Quando uccisi quel povero Funzionario che aveva visto troppo. Ero libero di farlo, in fondo. Ma la libertà degli uomini ha un prezzo, e il prezzo, era scritto all’inizio di ogni via-Stato, su targhette costituzionali d’ottone, era l’estinzione dei gatti, non dei Funzionari. Non solo di quei gattacci randagi, sporchi e intelligenti, silenziosi e
indifferenti. No, anche i gattini timidi della vostra vicina ottantenne, lettori del passato, erano prede per i cuochi ciechi dei laboratori. Ciechi per scelta, ovviamente. “Tollerare è un gioco”, ci ripetevano in noiose lezioni ogni mattina lungo i viali della nostra innocenza. I gatti, i gatti, silenzio, gatti, silenzio. Ogni via versa il suo contributo di emozioni controllate, di cuochi ciechi, di gattini macellati e ingoiati con la semplicità di una poesia dadaista. 1,2,3, A BC e il gioco è fatto, a Maldonian. Lavoro in una strana scatola e distribuisco biglietti della lotteria: lavoro dalla mattina alla sera, e porto la maschera protettrice praticamente sempre. esco dalla scatola all’inizio della via verso le sette di sera, e immediatamente mi precipito nel contenitore di emozioni più vicino (che poi sarebbe quello di Tzozius l’ungherese). Non mi capita dunque spesso di vedere gatti vivi, o meglio, prima della grande cattura pomeridiana, in funzione della nutrizione statale. Gli unici gatti vivi che vedo sono quelli che invadono la soffitta di casa mia, tollerati per gioco, mai 2
denunciati. Questo farebbe di me un ricercato se solo le Guardie sapessero. Ma non conosco nessuno, nessuno viene a far visita al vecchio Freud, nessuno dunque sa. I gatti della mia soffitta sono tre: A, B e C i loro nomi, 1, 2 e 3 i loro cognomi. I gatti hanno i cognomi a Maldonian, per certe differenze di gusto nella loro carne riconoscibili solo attraverso il cognome, che portano marchiato a fuoco negli occhi felini. Do da mangiare ai miei gatti, solo quando me lo chiedono. Non è difficile procurarsi gli occhi umani di cui i felini maldoniani vanno pazzi. Si sbagliano, i cuochi ciechi dei laboratori-mense statali, e confondono neonati e gattini, vecchi uomini pelosi e minuscoli miagolanti spelacchiati. Allora è facile rovistare tra i cavi e le membra sparse per la via-Stato, e trovare occhi di tutti i colori e di tutti i sapori. Un po’ come il cognome per i gatti, infatti, il colore degli occhi è indicativo di un certo sapore. Azzurro, amaro, castano, dolce, verde, piccante. Così è, a Maldonian. Ora, tutti i miei problemi sono nati a causa di un paio d’occhi per i ‘miei’ gatti: occhi maledetti, occhi di Funzionario che spia, occhi che 3
non ho trovato tra i rottami, ma che ho strappato con le mie mani sudate dalla faccia sanguinante e urlante di un Funzionario. Un Funzionario che aveva visto una soffitta, la mia soffitta, e dentro la soffitta aveva visto tre gatti, i ‘miei’ tre gatti mangia occhi. Uccidere un Funzionario è un reato grave, a Maldonian, grave quasi come ospitare gatti nella propria soffitta. Bisognava scappare, ma non c’era terra dove non vigessero le stesse identiche regole della mia via-Stato. Regole giuste, e pure. Che io avevo infranto. Decisi di togliermi la vita, così semplicemente, mangiato dai miei stessi gatti, cibo dei miei nemici naturali, e dei miei unici amici. Così, semplicemente. Ora mi stanno strappando un orecchio, ora un dito del piede, ora si aprono vie verso l’infinito dentro di me. Piange senza occhi il povero Funzionario che aveva visto troppo.
Il Treno Possibile
L
a hall della stazione centrale di Maldonian era piena di piccioni, totalmente invasa dai piccioni. Ancora una volta Giulio era riuscito a ottenere un giorno di ferie dal capo, un giorno che Giulio sapeva avrebbe sfruttato come sempre: cercando di prendere il treno che avrebbe cambiato la sua vita. La sveglia suonò con una “scossetta elettrica” che fece ripiombare Giulio nella realtà. Stava sognando il colore verde, sognava sempre colori, Giulio; si ricordava anche di sbadigliare, durante i sogni. Vestendosi in fretta e ingurgitando cereali – anche in metro, come tutti, ne portava un po’ in tasca – corse alla stazione. “Questa volta, Cristo, questa volta…”. E poi: scene metropolitane, vecchie vestite con le loro sottane fiorite, neri dal profumo di botteghe di calze usate, zingare immerse nei loro capelli ricci e sporchi, barboni rasati e incrostati di smog,
studenti lettori di Rimbaud stipati in fondo a parlottare ridacchiando dell’ultima partita di pallacorda vinta dai Gorosiani contro i Terrestri, Giuli come lui (chè tutti i dipendenti statali di Maldonian avevano l’obbligo di chiamarsi Giulio) ma senza le sue ferie, ridenti puttanelle vestite di granturco, gracchianti e servizievoli commesse maestre del sorriso, e altro ancora, nel giorno luminoso dell’ennesima Prova. La stazione era costruita dentro una vecchia fabbrica di aeromobili militari e sapeva di merda di piccione. Giulio si affannò all’uscita della metro per giungere prima degli altri – i soliti – sulla piattaforma di arrivo del Treno Possibile. Era questo un treno esteticamente bruttino, con lacrime di ruggine sulle fiancate, e un ferroviere osceno, un irlandese quarantenne con la camicia aperta su un campo di peli appiccicati e una smorfia gialla da tisico. Eppure era il Treno Possibile, che avrebbe portato Giulio nel posto che avrebbe cambiato la sua vita umana per sempre. I concorrenti, sempre gli stessi: Julian il gitano, con il suo fiasco d’acqua accanto alla sua ciotola di cane cotto al vapore (prodotti 4
importati da Huge23481: “prodotti per gitani umani”, recitava la scritta sul barattolo); Caterina la cantante lirica, perizoma nero sempre bene in vista, robusta quanto bastava per sollevare il figlioletto Yuri, pelo rosso e sguardo stupido; Enrico, studente di Ingegneria civile, una vera passione per il porno, con tatuati sul braccio esile e bianco gli url ai video preferiti, cumshot anal brunette blonde teenage orgy, robe schifose per tutti e per nessuno; Olof (o Olofski, Giulio non era mai riuscito a capirlo, ed era tre anni che lo “conosceva”), ucraino, dissidente sovietico prima, alcolizzato ora, sempre pronto a gridare e a disgustare la gente con i suoi denti marci. E poi, ancora: Ghaber il manager tunisino, Elisabetta la casalinga anoressica, Tyu il Voresiano, Kinoglaz il regista russo. Tutti in attesa dello stesso treno, chi da tre anni, come Giulio, chi da giorni, chi per la prima volta. Il fischio arrivò puntuale, ore 10,10 del 65 Hartolaio 1044569 (molto dopo C., molto dopo, ma non c’era ancora stata la rivolta Telesiana). Il treno sferragliò splendente di ruggine e si fermò, come sempre. Una voce disse: “Non c’è spazio a bordo: la 5
fermata è solo per consentire ai passeggeri di fare qualche foto”. “Cristo”, pensò Giulio. E insieme a Tyu e a Enrico provò a sfondare il cordone di poliziotti che impediva l’accesso al Treno, l’unico Treno Possibile. Erano tanti, come sempre: grossi, enormi poliziotti mercenari, “maledetto figli di puttana, fatemi passare”, “ehi, amico, un pompino se mi fai salire, eh, che ne dici?”, “tua madre”, e via dicendo si susseguivano le parole della massa disperata per cercare di sfondare il cordone. Ma lo stesso copione si stava ripetendo, per Giulio e per tutti gli altri. I passeggeri, tutti coperti da sciarponi di lana bianca, sorridenti e Nazionali, scattavano foto alla folla di diseredati in attesa sulla piattaforma 2 della stazione centrale di Maldonian. Molti tra i concorrenti piansero, quando una voce – sempre la stessa – annunciò: “ Il treno riparte, allontanarsi dalla linea gialla. Sarà per la prossima volta, Terrestri”. Anche Giulio pianse, pianse sul suo maglione a righe, pianse sulle sue mani pulite, sulle sue unghie tagliate. Lui non era come quelle merde che imprecavano per salire. Lui voleva salire e basta, ne aveva diritto. Lui era Giulio. Ma era
impossibile, e lo sarebbe stato ancora per un po’, salire sull’unico Treno Possibile di Maldonian. CosÏ la metro riaccolse Giulio, ancora in lacrime, nella sua calda pancia materna. Il prossimo giorno libero, sarebbe tornato, come sempre, come tutti.
6
1 novembre
M
arlon Johnson era noto a tutti per essere stato, per oltre un decennio, l’orgoglio dell’atletica leggera di Maldonian. Improvvisamente, senza motivo, un giorno cambiò. E divenne immensamente triste. Aveva vinto tre titoli nazionali consecutivi, fra il 1989 e il 1995, nello sport più nobile di tutta l’atletica, la maratona. Copriva i 42 Km e 195 m con una disinvoltura tale da renderlo vera e propria poesia in movimento. Era stato anche vicinissimo alla partecipazione olimpica durante i primi anni Novanta, all’apice della propria carriera. Era conosciuto in tutta Maldonian per il suo pacato e rassicurante sorriso, che non lo abbandonava mai, neppure nei momenti duri. Eppure quel giorno era paurosamente triste. Uscito di casa, non riusciva a nascondere gli occhi rossi e gonfi di lacrime. La cosa incredibile è che non era successo nulla. Nessuna morte fra le persone a lui vicine, nessun
7
dramma personale. Niente di niente che potesse aiutare i maldoniani a comprendere il motivo di quella improvvisa quanto profonda tristezza. La realtà, ovviamente, era molto diversa. Marlon era sempre riuscito nell’ardua impresa di nascondere a tutti la sua orribile malformazione. Che lui però aveva sempre visto come un dono. E che lo riempiva di orgoglio, che però preferiva tenere per se’. Marlon aveva due cuori. E’ un caso unico nella storia della medicina ed il suo dottore aveva sempre mantenuto il segreto a fronte della promessa, da parte della famiglia di Marlon, di una futura sua pubblicazione sulla malformazione, che gli avrebbe sicuramente procurato il premio Nobel per la medicina. La particolarità dei due cuori di Marlon Johnson è che ognuno dei due entrava in funzione appena l’altro iniziava ad alzare troppo i battiti. Era questo il motivo principale della sua sfolgorante carriera atletica nazionale. Era lo stesso motivo che lo spinse a non
partecipare alle olimpiadi del 1992, con il terrore di veder reso pubblico il proprio segreto. La cosa non gli aveva mai procurato alcun fastidio: evidentemente aveva dei vantaggi (forse illeciti) su tutti gli altri partecipanti, che di cuori ne avevano solo uno. Questo però non gli aveva mai procurato problemi morali o dilemmi deontologici: si teneva stretto il proprio dono, punto e basta.
fortunato dall’aver ricevuto un enorme dono, la normalità non può che essere vista come un enorme handicap. E guardandosi intorno, quella mattina del primo novembre 2008, da poco passate le 10, Marlon Johnson comprese che in tanti, vicino a lui, si sentivano handicappati.
Fino ad oggi. Quando Marlon si svegliò in preda a dolori lancinanti al petto. Uno dei due cuori era stato colpito da infarto. Aveva rimasto un cuore soltanto. E improvvisamente si sentì immensamente solo. Nessuno avrebbe mai potuto capire che la vita che iniziava per lui da quel primo novembre 2008 era una vita menomata. Si sentiva disabile. Ma non poteva dirlo a nessuno. Da quel giorno infatti era ‘solo’ un uomo normale e nessuno avrebbe potuto capire che quello per lui era un handicap, laddove per tutti è la normalità. Quel 1 novembre 2008 uno dei suoi due cuori si era fermato. La sua vita era ora esattamente identica a quella di tutti gli altri, ma dopo essere stato così 8
Chet ed Ephraim
T
shaoul non aveva mai tollerato la pressante burocrazia che sta dietro un sandwich alla frittata e prosciutto cotto. Capisco le regole e il concetto lineare che ne è alla base ( e la sottile ironia ) ma per l’amor diddio non è che uno debba ogni volta sentirsi ripetere che se tutti facessero come lei (tutti chi poi? saremo in 11, al massimo 17 con quelli del settore d’elettronica, molti bevono un cappuccino e la maggior parte hanno i buoni mensa) e che alla fine è una questione di rispetto e bla bla (neanche li ascolto più sennò poi mi va di traverso il tramezzino, a proposito devo cambiare l’acqua al pc…) ok ok, domani mi porto la gavetta, anzi il pane azimo va bene, faccio come i miei antenati, porto anche un Rabbì che me lo benedice che ne dice?! Essuvvia facevo per ridere, umorismo yiddish, no? Eh? Woody Allen? Quello matto si….. (qui è sempre peggio) 9
L’ebreo era un uomo di 47 anni, o meglio gli anni passati si portavano Tshaoul sulle spalle come un fagottino, perché a lui non interessava l’enciclopedico lavoro del conteggio delle lune trascorse da quando suo padre lo prese in braccio la prima volta e disse: Ma cazzo, pesa come un vitello il marmocchio, che hai mangiato ferro questi nove mesi? Si mise seduto alla sua postazione e davanti ai 2 schermi. Uno era del computer aziendale (perché Tshaoul lavorava per la Maldonian Service Eletronicx, con la ics finale perché faceva respirare un’aria internazionale, moderna e velatamente hacker come ebbe a confidargli una volta il suo capo) e l’altro era pieno d’acqua, era una sua creazione, un personal computer-acquario dove nuotava un piccolo pesciolino rosso, ignaro di codici binari e cablature, senza la minima percezione delle valvole e dei diodi (okkei non era un pc così vecchio ma se rammentate l’ebreo non aveva una netta percezione del tempo, quindi tantè). Accese la lampada che lo retroilluminava e salutò Ephraim. Vecchia canaglia che si dice li dentro? Trovato le cartelle che
hanno perso al personale? (sorrise dell’ironia racchiusa dal gioco di parole). Il pesciolino rosso lo guardò con il suo solito sguardo buffo e continuò a non far niente. Questo oziare dolcemente disilluso del pesce rilassava Tshaoul. Si accese una sigaretta (l’avrebbe fumata vicino alla finestra), annusò l’aria che veniva dalla strada e che odorava di asfalto e pioggia, si chiuse gli ultimi bottoni del cardigan per ripararsi dal freddo pungente di dicembre e aspettò… La radio trasmise My Funny Valentine, un Chet Baker sfolgorante e malinconico accompagnava i boccheggi di Ephraim, una musica jazz risuonò tra le scrivanie ed evidenziatori danzanti erano le insegne al neon di fumosi locali. Un’azienda deserta di terzo ordine a Maldonian. Per le strade si aspettava il Natale, nelle case si farcivano gatti per la santa cena..ovunque luci e un freddo bagnato che faceva marcire le ossa… a noi non interessa eh Ephraim (si apri il tramezzino e lo addentò), accese una sigaretta e fumò con il boccone a metà. Guardò fuori, lui era l’ebreo dentro e il pesce rosso lo imitava. Ora Chet era in compagnia del suo
Quartet , Moon and Sand.. delicatissima… Domani sarebbe stato Natale… domani era un altro frammento del tempo che Tshaoul non contava. Era rimasto l’ultimo e l’unico sul posto di lavoro. Erano tutti fuori per regali e anche se erano solo le quattro del pomeriggio il cielo era pesantissimo. Sarebbe piovuto a breve, sarebbe piovuto per giorni e molti spaventati non sarebbero tornati al lavoro. Le fogne si sarebbero allagate e un’inondazione avrebbe sommerso gli uffici ai piani inferiori. Una notte eterna ed un mare infinito. Dalle profondità oceaniche della città luci e insegne di Natale come emissioni al fluoro a rischiarare di lampi bioelettrici l’immensità del gelido mare. Carta stampata, fotocopie in turbini trascinate da correnti sotterranee e Tshaoul a nuotare con Ephraim, ballando nelle profondità senza bisogno di respirare, perché lui riusciva a mangiare e fumare contemporaneamente. Ephraim sarebbe potuto morire all’improvviso, fritto da un falso contatto della sua vasca moderna, un solo cavo scoperto e lo schermo avrebbe trasmesso in diretta la morte del pesciolino 10
rosso, ma questo non sarebbe accaduto, Chet non l’avrebbe permesso… Che massa di stronzi eh Ephraim, disse Tshaoul guardando fuori e continuando a mangiare… che massa di stronzi…
11
Sushi
L
’idea che l’inutilità dei piccoli ricordi macchiasse il pianerrotolo davanti alla porta di casa sua lo lasciava stordito e disorientato come se avesse fumato un pacchetto di marlboro tutto d’un fiato. Ore 9:30 PM Aveva staccato dal lavoro tardi. Era talmente stanco da poter anche dormire su una lastra di marmo di un gelido obitorio, avendo perso la coincidenza del treno in effetti non poteva prendersela con nessuno, nemmeno con il padreterno che tanto l’odiava ma tantè, bestemmiò e si scaricò la coscienza ( o l’insoddisfazione ) di dosso. Era davanti alla porta di casa. Ore 8:40 PM Un passo indietro. Il cinese lo fissava con gli occhi che gli puzzavano più del suo alito tutto sigarette e birra Tsiao-mai. Erano come quelli delle trote fatte al forno, quando escono dalla
stagnola che trasudano acqua di lago e glutine delle patate, uno cerca di metterci lo zenzero o che ne so qualche altra spezia aromatica tanto per non sentire quel sapore pungente di acqua stagnate, ma niente, voglio dire in fondo al lago possono esserci detriti come macchine arrugginite come i resti di qualche cadavere, non è mica come il mare che porta via tutto…pensieri inutili, comunque lo sguardo di quel muso giallo, occhei dell’asiatico, lo disturbava, era convinto che se gli avesse toccato con un dito l’orbita dell’occhio avrebbe sentito una consistenza molliccia, tanto erano vitrei e color giallo sporco. Non che fosse un razzista beninteso, in teoria era una persona d’ampie vedute, un progressista se vogliamo, ma soffriva di quel piccolo e sgradevole fastidio che si chiama misantropia. D’altronde il cinese portava un’orribile camicia hawaiana bianca a fiori celeste che, tra l’odore fetido di ascelle che permeava il negozio, il caldo umido che ormai da un mese aveva formato una cappa stagnante sopra Maldonian e il condizionatore che sparava polvere e maldigola, faceva girare la testa ad H. Nient’altro?
12
Avete della salsa di soia? Quella per il sushi? Si quella…ce l’avete? Si perché? No perché siccome siete cinesi, pensavo, insomma niente… (cinesi che vendono roba giapponese, uaho che esotismo) È sul terzo scaffale insieme al wasabi. H. tirò dritto fino al “terzo scaffale”…ma qual’ era? I ripiani erano pieni di ogni genere di paccottiglia, da cibo in scatola da far rabbrividire anche i turisti d’assalto desiderosi di gustare le delizie del sol levante a cagnolini in plastica tutti led luminosi che se toccati emettevano una musichetta fastidiosissima che era un misto tra un motivetto da rivoluzione culturale maoista e una macarena demodé.. tutto questo ovviamente mentre muoveva la zampina e salutava l’incauto cliente Non riusciva a non fissarlo cazzo, era inquietante sul serio, era la cosa più chic che avesse mai visto, beh non proprio, la cosa più brutta l’aveva vista 13
dentro un autogrill, era un piatto commemorativo/votivo che ritraeva Papa Giovanni Paolo II in segno di saluto magicamente stampato in doppio riflesso,con lamina in plexiglas coprente che se ruotavi il piatto di un angolo approssimativo di trenta gradi ecco che per miracolo la mano si muoveva dal basso verso l’alto, quello si che faceva schifo… Allora dove starà? Ah eccola.. quant’è? 2 euro e trenta Fa caldo oggi eh?! Si, caldo e umido, come la fica di una cagna Si certo… Fu felice di pagare alla svelta e di tornare a casa. La cosa strana era che a pensarci bene di voglia di cucinare non è che ne avesse tanta, ne tantomeno di mettersi a fare il sushi, la stuoietta non sapeva dov’era, magari aveva tutti i chicchi di riso rinseccoliti tra le maglie di bambù, il pesce ce l’aveva, forse, e poi il tubetto di wasabi sicuramente era tutto incrostato di
una patina verde marrone scarafaggio .Ci voleva anche l’aceto di riso ma quello proprio niente, non c’era e certo non sarebbe tornato al Wo Mei Market o come diavolo si chiamasse a comprarlo. Con una mano frugò tra le tasche dei pantaloni mentre con l’altra reggeva la busta della spesa. Tra i denti teneva un cd di Johnny Cash. La toppa della porta era ansimante in attesa che la chiave la penetrasse, ne poteva sentire i sussulti di piacere. Datti una mossa bello, non ho tutta la sera, ehi che ti prende non ti piaccio? Ma un po’ statti zitta che qui cazzo non trovo niente, dove l’avrò messe? Pensavo fossi un vecchio toro No cara, sono il bel cagnolino giù dal fottuto cinese, se mi tocchi ti faccio ciao ciao con la zampina, che ne dici, ti va?! La toppa non rispose Eccole!
Fece per aprire la porta quando con la coda dell’occhio vide che dalla busta di plastica colava qualcosa di nero, denso e melmoso sul pavimento del pianerottolo davanti alla porta di casa. Per un attimo rimase immobile colpito dall’evento…che diavolo era? Ore 9:30 PM e un minuto (più o meno) Il liquido gocciava piano piano dalla busta di plastica bianca, a vederla sembrava che avesse raccolto della melma a strascico da una pozza in piena campagna, come quando piove e ti ritrovi tra i piedi buche piene d’acqua nera e moscerini ovunque, beh questa era l’impressione. Una piccola sacca della dialisi che vomitava salsa per il sushi…ma era veramente salsa di soia? Non ne era convinto. Anzi fermo immobile con una mano sulla porta e una che reggeva la busta andava pensando che a sporcare il pavimento fossero i suoi ricordi da poco, quelli cioè che al massimo durano due giorni, ma che a lungo andare sporcano il sangue delle persone, si accumulano se vogliamo, e allora uno deve fare la dialisi per ripulirsi, la busta della spesa appunto. 14
Non è che H. fosse completamente o del tutto folle, era solo che come tanti aveva le sue teorie e questa dei ricordi transienti era la sua migliore. Infatti da tempo era andato constatando che i ricordi invece di immagazzinare informazioni utili, il più delle volte erano dei semplici passepartout per la vita quotidiana, semplici mezzi per sopravvivere al caos della vita di tutti i giorni. Devo ricordarmi di comprare il latte, come sta tua moglie? Come si chiama tuo figlio? Bel ragazzone viene su, a che ora passa il pulman? Tutte informazioni che poi uno si scorda ( o dovrebbe scordarsi) perché non è che dopo 10 anni uno si ricordi che il 13 di luglio è andato a comprare il latte, ma neppure dopo una settimana se lo ricorda e invece.. e invece i ricordi permangono, si accumulano e il corpo poi o scoppia e li espelle, tipo la salsa di soia. Ma la teoria era più complessa, molto più articolata, come ogni buona teoria che si rispetti era da un lato caratterizzata da un’idea folle e dall’altra richiedeva una mente agile e curiosa che ne 15
svelasse tutti i segreti e i risvolti. H. pensava di essere quel tipo di persona e che la sua teoria poteva spiegare molto. Poi però si perdeva nelle piccole cose e nel giro di poco tempo l’interesse per la sua teoria svaniva, almeno questo fino al giorno dopo di oggi. Ore 11: 17 AM Il giorno dopo Si era alzato tardi, aveva fatto colazione tardi e fortunatamente oggi era giorno di riposo. Maldonian era strana di mattina, la gente a Maldonian tende a prendersi la vita con più calma rispetto ai cittadini delle grandi città, affacciandosi alla sua finestra al terzo piano vide alcuni anziani bersi il cappuccino di mezza mattina, il giornalaio sfogliare distrattamente un rivista, una ragazza uscire dalla farmacia con delle pillole del giorno dopo e un cane che annusava un palo della luce.. Maldonian era sempre la stessa. Aveva deciso di mettere a posto un po’ il ripostiglio, mosse qualche scatola, qualche VHS impolverato finché non trovò una rivista vecchia almeno di 30 anni, tipo Grand Hotel o un fotoromanzo simile. Lo sfogliò incuriosito, le facce di quelle
persone erano espressive come la cartina geografica dietro la televisione, solo tante scritte una sopra l’altra, andò all’ultima pagina e la sua attenzione fu rapita da un annuncio. Era un gioco telefonico, tu chiamavi e se loro ti rispondevano avevi vinto qualcosa, non si leggeva per le macchie di muffa ma sembrava un viaggio o qualcosa di simile. Chissà se chiamo chi mi risponde? pensò H, secondo me suona a vuoto, dopo 30 anni. Quasi per sfida più che per scherzo compose il numero Squillava Nessuna risposta Beh c’era da aspettarselo. Abbassò la cornetta a fece per alzarsi quando il ricevitore suonò. Aggrottando le sopracciglia aprì la comunicazione ma dall’altra parte solo silenzio. Mah, pensò H, avranno sbagliato. Ore 9:45 AM Del giorno ancora dopo.
Anche oggi niente lavoro, aveva qualche linea di febbre e non era il caso di sforzarsi troppo, meglio poltrire a letto. Con gli occhi socchiusi spiava la luce che entrava tra le tapparelle, miriadi di fate attaccate alla polvere giocavano nell’aria stantia di Villa Telesio, così chiamava il suo appartamento che gli era stato affittato da un Ungherese, un certo Tzozius, o qualcosa di simile. Quel epiteto serviva solamente a nobilitare un semplice appartamento in Via Telesio, altra via “stato” come via dei Gatti. D’un tratto sentì scivolare da sotto la porta qualcosa come della carta, girò la testa e attraverso la cucina in direzione dell’uscita vide una busta da lettera nella fessura della porta di casa. Quando l’aprì constatò con disappunto che era vuota. Dei brividi gli percorsero la spina dorsale, che brutto scherzo è mai questo?! Il giorno dopo non andò al lavoro, ormai si era dato ammalato e passò tutta la mattina davanti alla finestra sbarrata dalle veneziane a guardare tra le fessure, le mani incrociate dietro alla schiena a sguardo torvo. Primo postulato: I ricordi per definizione immagazzinano 16
informazioni, il fatto che uno dimentichi eventi o persone non dipende dal ricordo in se ma dalla processazione del ricordo.
Se fa così le moriranno tutte le piante
Corollario: Poiché i ricordi risiedono nel cervello e il cervello è un organo anche altri organi possono immagazzinare.
Pensavo non ci fosse nessuno
Domanda: cosa immagazzinano gli organi? Ipotesi 1A: Immagazzinano l’essenza vitale, l’IO o qualcosa di simile (da indagare meglio). Indipendentemente da cosa il corpo immagazzini è logico pensare che se io dimentico un ricordo, una persona un evento in fondo perdo una parte di me, è chiaro d’altronde che se io perdo una parte di me (un organo appunto) perdo quello che questa appendice ha immagazzinato. Era evidente che la sua teoria si stava facendo interessante. Sentì suonare il campanello, rimase un attimo immobile poi aprì la porta titubante, era la vecchia vicina.
Infatti
E invece ci sono io, dica. Ho visto che non aveva ritirato la posta e allora glie l’ho presa io, eccola. H prese in mano la busta, senza mittente. Grazie mille arrivederci. Chiuse la porta di fretta. Si rigirò un po’ tra le mani la busta, aveva solo il suo indirizzo e un francobollo norvegese. Strano, perché norvegese?! L’aprì e sussultò vedendo che anche questa era vuota. Ora questo scherzo doveva finire, non gli piaceva per niente. Da quando aveva fatto quella schifosa telefonata stavano succedendo cose strane e di strano bastava lui con tutte le sue stramaledette teorie. Quella notte non chiuse occhio. Ore 5:15 AM.
Sta al buio giovanotto? Eh… 17
Madido di sudore per un’estate particolarmente calda, senza
condizionatore e in ciabatte andava facendo flip-flop per casa senza sapere bene cosa stesse facendo. Anche quando uno si taglia i capelli o le unghie perde una parte di se stesso, ogniqualvolta con noncuranza ci disfacciamo di noi stessi ci stiamo scavando la fossa da soli perché ancora non siamo in grado di dire cosa nascondano (immagazzinino) le unghie o i capelli. Tagliarli entrambi poi è pura follia. Deduttivamente si può postulare che anche il sonno che non si ricorda, la perdita dei sogni è mancanza. Tutto ciò che provoca perdita è degenerazione. Ciò che disturba i sogni disturba noi stessi. Il frigo era vuoto come il cervello di un cerebroleso.Una mezza lattina di Coca-Cola Light stava rannicchiata da una parte riparata dalla luce al neon del frigorifero, come a dire: Ecchè mi ti vuoi bere? Sarò sgasata si e no da tre giorni! Ma questo ad H non lo turbava, o non lo turbava particolarmente data la sete e quindi trangugiò la mezza cocacola con gusto. Con le mani dentro le mutande sudaticce si affacciò alla finestra, era buio e vide solo macchine parcheggiate nel viale. I gatti rachitici
rovistavano tra i secchi della spazzatura e i lampioni si accendevano quando volevano. Notò un uomo fermo nell’angolo buio della strada. Cerco di fissarlo per bene, voleva capire chi fosse poi però con orrore si rese conto che la sua stanza era illuminata mentre la strada era al buio, tecnicamente l’individuo poteva vederlo bene mentre lui non riusciva neanche a capire se fosse un uomo o una donna. Si schiacciò per terra, raggiunse l’interruttore e lo spense ma a quel punto l’uomo (o la donna) che lo stava fissando dal fondo della strada era già sparito. Ora ne era convinto, tutto era correlato. La chiamata, le lettere, questi strani eventi, gli stavano rubando la stabilità mentale, non dormiva più e questo è quello che volevano. Ma chi? Beh quelli norvegesi!
della
rivista,
i
Prese la rivista, sede ad Udine. Udine non sta in Norvegia, vabbè sarà tipo una succursale. La domanda vera era: a che pro farmi impazzire? Avranno pensato che uno che fa un gioco telefonico dopo trent’anni era già sulla buona strada, ma non è una spiegazione, 18
uno lo fa per scherzo e perché poi uno dovrebbe perder tempo a… no davvero non aveva senso! Riprese l’ultima lettera la guardò meglio e notò che il francobollo era si norvegese ma datato 1977.. Inutile dire che la giornata fu un disastro. Ormai era sull’orlo della schizofrenia, si sentiva sempre degli occhi addosso, non rispondeva al telefono anche se a volte squillava e viveva sempre in penombra. Trovò solo la forza per scendere al Wo Tzei, Wo Meei o come diavolo si chiamasse quel lurido posto per comprasi una macchina per tatuaggi e delle forbici da barbiere. Quant’è? 72 euro Quanto?! Ho detto 72 euro Cazzo muso giallo mica ce l’ho! Come ha detto? Muso giallo? No scusa amico hai capito male, dicevo solo che non ho tutti questi soldi
19
Non mi interessa razzista maiale, se non paghi non prendi Si si ho capito, aspetta ecco guarda li ho trovati, tieni prenditeli tutti e Fanculo stronzo che neanche fai lo scontrino No io lo faccio sempre Certo sul pezzettino di carta della calcolatrice, ecchè mica ha valore quello, capito?! Si invece Maaffanculo, e risalì a Villa Telesio. Ore 3:30 AM di qualche giorno dopo Stava ormai raccogliendo i pezzetti delle unghie tagliate su un barattolo e i capelli che si era tagliato da solo per poterli incenerire. Inceneriva tutto ciò che lasciasse o fosse tagliato via da lui e ne faceva una polvere nera, poi la mischiava al colore per tatuaggi e infine con dolore si scriveva qualcosa sulle braccia, sulla schiena, si aiutava anche con uno specchio.
Era la sintesi che scaturiva dal naturale movimento dialettico della sua teoria: Tesi: I ricordi si immagazzinano nel cervello, il corpo immagazzina anche l’essenza della persona sotto forma di “cose” o “effluvi” (ancora non aveva determinato cosa fossero) Antitesi: Inevitabilmente durante il processo biologico perdiamo parti di noi stessi, la società contribuisce a forzare questo processo attraverso convenzioni (taglio di capelli, unghie etc) e attraverso forzature e storture (gli eventi che gli stavano accadendo ne erano un chiaro esempio) Sintesi: Riappropriandosi del proprio corpo e sfuggendo alle pressioni sociali è possibile se non fermare il processo degenerativo almeno rallentarlo. Ed era per questo che H si tatuava i propri ricordi, anche quelli più insignificanti (come la lista della spesa, il nome del gatto del vicino) in tutto il suo corpo con la polvere dei suoi capelli. Era sempre più convinto che lo stessero cercando, o meglio stessero cercando di farlo impazzire perché lui aveva capito,
aveva trovato la Teoria, e questo non era ammissibile perché la Teoria dava risposte. Camminando nudo per casa con il corpo martoriato dai tatuaggi vide la sua immagine riflessa nello specchio della sala. Era la sua immagine di spalle, completamente nudo e incisa nella schiena aveva nera e scavata la scritta NORWAY, Norvegia, soltanto che la fossetta dei dorsali nascondeva la lettera R sicché tra i suoi muscoli capeggiava la scritta NO WAY. Spalancò gli occhi e cadde a terra nudo come un verme tremante e terrorizzato. Ormai lo avevano preso, ci erano riusciti, non aveva speranza, nessuna via di uscita, era in trappola! Ma come avevano fatto, era stato attento, aveva la sua Teoria…poi capì… qualcuno aveva soffiato qualcosa, qualcuno l’aveva tradito. Prese un rastrello da giardino e con la testa completamente rasata e il corpo che sembrava un passo della bibbia tante erano le scritte e i moniti in esso incisi scese le scale del palazzo. Raggiunse di corsa il negozio del cinese e con le scritte che sanguinavano aprì la porta. L’asiatico sulle prime non capì poi quando lo vide con il rastrello tra le mani estrasse una pistola da 20
sotto il bancone. H si fiondò sulla spia, sull’uomo che gli aveva rovinato la vita e cercò di impedirgli di riuscirci completamente, Conficcò il rastrello su un’ occhio del gestore e il cinese terrorizzato fece partire un colpo. H era in preda ad un raptus, mosso dalla rabbia non mollò la presa. Partirono vari colpi prima che H si accasciasse per terra senza vita. Il cinese stringeva le mani sull’orbita dell’occhio cercando di fermare l’emorragia. Ore 16:03 PM La polizia accompagnata dalla vecchia vicina stava perquisendo l’appartamento di H alla ricerca di qualche indizio che potesse spiegare l’atto di follia dell’uomo tatuato. Trovarono solamente una lettera sulla buca della posta che ancora non era stata aperta. Anche questa era senza mittente ma al suo interno però trovarono un foglio bianco con su scritto: VILLA TELESIO NASCONDE UN TERRIBILE SEGRETO
21
Tutto Splendeva e Sanguinava
C
i aveva provato tutta la notte. I vetri delle sue finestre ovali, nella polverosa stanza all’ultimo piano della villa che era stata di suo nonno Bernardino prima, e di suo padre Tristan dopo, erano commossi dalla sua ostinazione. Un po’ per la pioggia, un po’ per vero affetto. Gli oggetti viventi, di cui amava circondarsi, quella notte, lo avevano dapprima simpaticamente deriso, poi, successivamente, affettuosamente compianto. Troppe le poesie che aveva loro dedicato; lui, così estraniante nei suoi versi per gli “altri” oggetti, quelli parlanti. Era giunto il suo momento. Eppure avrebbe dovuto saperlo, fin da quando aveva sognato Maldonian, e successivamente gli incubi così grotteschi e pericolosi di Itys e Zaglossus. Non era roba per lui, inoltrarsi nei fiumi dell’affetto senza pagarne le conseguenze. Neanche l’alcool avrebbe potuto aiutarlo, lui così
timido, così difficile, così, in fondo, normale. Ora sapeva. Sarebbe venuto a prenderlo, la Poesia, per dirgli che no, lì non avrebbe scritto più niente, Lei non avrebbe più bussato alla sua porta bianca. Maledetta e santa porta, sporca e salvifica in più di un momento: quando le sue visioni prendevano corpo sotto uno specchio, o dietro una bandiera, o oltre le colline sempre in movimento. Colline continuamente disturbate dalle luci. Visioni che avrebbero disturbato le visioni degli Altri, di coloro che così bene gli vogliono, e che lui non merita. Il foglio bianco dinanzi ai suoi occhi nervosi e ai suoi capelli sanguinanti, era perfettamente leggibile. Via, domani. Avrebbe dovuto prepararsi in anticipo, scappare, risparmiarsi un funerale per raccontarne cento, inghiottire le lacrime per metterle in versi, oggettivarsi, come il suo amico Keats, per vivere da Poeta. Senza affetti, ingrandire il suo quadrato nero dentro lo stomaco fino a farlo scoppiare annerendo il mondo intero. Non lo fece. Qualcuno aveva rubato le chiavi del suo stomaco. Si accorse al suo funerale chi fosse il ladro.
22
Dormì male, e poco, in un letto reso scomodo dagli ossi dei suoi omicidi mentali, masticati in notti furiose di versi, di realtà di carta, dove lui era il re lo schiavo l’assassino il santo la puttana l’angelo il ragazzo il bambino l’insetto. Vestito di stracci si alzò, geniale e confuso come le sue piante o la sua polvere. Avrebbe messo il vestito migliore, la Poesia sarebbe venuta a prenderlo di lì a poco, per trascinarlo lontano dalla villa “esaurita ed esauriente” con il suono fresco di Miles Davis nelle orecchie e tra le dita. Indossò le scarpe nere, stanche di lui, così vecchie da far pena, con la loro ridicola stella d’argento e il loro curioso modo di camminare. Dei pantaloni enormi, da clown, grigi, di stoffa, a quadrettoni, sporchi di caffè come le foto migliori della sua vita. Poi fu la volta di una camicia bianchissima, pura come le ali di quella maledetta cosasenzavolto che lo fissava dalla sera prima, accovacciata in un angolo della sua stanza. Anzi, della stanza. “Che cazzo hai da guardare?”, avrebbe voluto dirle, ma aveva paura e la cosa gli faceva d’altronde pena. Sarebbe rimasta sola, dopo la sua partenza. Una giacca violetta senza maniche, con due fiori gialli sulla schiena, fu 23
l’ultimo tocco prima della partenza. Anzi no. Aprì la finestra e catturò due farfalle. Una la porse all’essere nell’angolo; l’altra se la infilò gentile nel taschino della sua ridicola e splendida giacca senza maniche. Non guardò nulla della sua camera, né del resto della casa. I Poeti non hanno bisogno di guardare. Aprì la porta di casa, chiuse gli occhi, tutti tranne uno. Lei era lì, bellissima: a braccia aperte, nella mano destra del tabacco, nella sinistra una foto. Gli occhi, enormi e vivi, piangevano. La bocca, le labbra, le mani, le gambe: tutto splendeva e sanguinava, come nei suoi migliori incubi di passione e amore. Prima di partire, la Poesia gli consegnò un sacco: sarebbe stata la sua valigia. Gli chiese gentilmente di non aprirlo, fino a quando Lei non sarebbe scomparsa oltre ciò che il suo terzo occhio di Poeta principiante poteva vedere. Oltre. Ma lui sapeva e disobbedì: aprì il sacco, dal quale volarono via sei farfalle innamorate. Poi, prima di fare il primo passo lontano dalla villa, liberò la farfalla catturata poco prima.
La dolce farfalla volò via con le altre, e con lei tutto il suo amore di Poeta, per sempre libero in un giardino di stoffa e lacrime.
24
La Sabbia sa di Marzapane I
E
ra più assurda di quanto si aspettasse. Oddio, sapeva che avrebbero chiesto misure supplementari a quelle già in atto nel IV Settore, ma non fino a quel punto. L'amministratore di condominio Rodolfo Kandle stava cercando di calmare una signora scalmanata: “Si sieda, signora L.., nessuno di noi ha intenzione di mollare la presa, solo che...” “Solo che un cazzo, Rodolfo, dobbiamo sbarrare anche gli ingressi 5 e 6!” “Già, è così, abbiamo scorte a sufficienza, possiamo resistere 6 mesi così” “Ma gli stanziamenti del Governo per il nostro Settore sono già..” “Non è vero! Il Governo se ne frega del nostro Settore, s'interessa solo di quei ricconi di Huge Park!” “Al diavolo il Governo, al diavolo tu Rodolfo!” “Calma, calma!” “Mi ha raccontato il signor G.. che nel
25
suo Settore sono spariti due cuccioli e una badante” “Già, dal nulla, è vero! Risucchiati, pum! Volatilizzati!” “E le finestre? Sbarriamo anche quelle!” “Ma, signor D.., Loro non sono in grado di volare!” “Questo lo dici tu, Rodolfo! Dicevi anche che non avremmo mai avuto bisogno delle armi, e guarda che fine ha fatto F.! Avesse avuto una pistola..” “F. è morto perché non ha parcheggiato dove avrebbe dovuto, una pistola non gli sarebbe servita a niente” “E invece sì, io voto per la proposta della signorina V.: sbarriamo tutto, interrompiamo i rapporti con il Governo, e forse riusciremo a sopravvivere!”. E via dicendo. Fuori un tramonto tisico annunciava l'ennesima cena in scatola: fagioli piccanti. La porta del suo appartamento si richiuse pesante, come le altre del condominio. A nessuno era permesso girare per i corridoi dopo le 22, né a nessuno – d'altronde – sarebbe mai venuto in mente. Il signor H. caricava il suo fucile a pompa, mentre i suoi piccoli figli ascoltavano un programma alla tv: una vecchia replica di Murders. “Dobbiamo sentirci sicuri, essere sicuri, sicuri, sicuri”. Le nuove norme approvate in assemblea non lo convincevano
pienamente, anzi, le trovava lievemente assurde, eppure. Eppure le parole della vecchia lo avevano affascinato, mentre timido si stringeva tra le coperte, memore del giorno in cui sarebbe potuto uscire da là, respirando l'aria velenosa del centro cittadino. Una goccia premette sul vetro. Stavano arrivando, come ogni sera. “Troveranno comunque un modo per entrare”, si disse. “O forse no, forse il piano funzionerà, forse riusciranno a..”. Si addormentò. Sogno n.368492 (Registrato come di competenza dall'ufficio dell'amministratore di condominio Rodolfo Kandle, registrazione numero AUH/368492): File ordinate di gabbiani affollano l'atrio di un hotel abbandonato: io servo loro dei cocktail velenosi, li elimino lentamente uno ad uno. Non ho rimorsi. Mia madre mi osserva dall'alto di una torretta di osservazione. Forse mi sono pisciato nei pantaloni durante uno dei miei tragitti mortali tra il bar e la hall. Forse. Sete. Mordo al collo un gabbiano, scopro che in realtà era una donna bellissima. L'aria è pesante. Sogno n.368493 (Registrato come di competenza dall'ufficio
dell'amministratore di condominio Rodolfo Kandle, registrazione numero AUH/368493): Rutto benzina lungo la A25, al mio fianco una giovanissima Regina fa gesti strani ai camionisti pieni di tatuaggi che ci sorpassano lentamente: temo per la mia incolumità, trovo delle pietre dentro i jeans, inizio a lapidare la Regina, che ride ride ride e non riesce a smettere di ridere, mentre io la faccio sanguinare, bestemmio, piango. L'aria è caldissima. Forse muore, forse no, Mi ritrovo nel fienile di mio zio, accarezzo una rana e mi masturbo. Mi sento molto pulito. Sogno n.368494 (Registrato come di competenza dall'ufficio dell'amministratore di condominio Rodolfo Kandle, registrazione numero AUH/368494):Mi sembra di essere già stato qui, ma non ricordavo queste colonne sporche. Mi accendo una sigaretta mentre il paesaggio cambia radicalmente e dei cavalieri arabi attraversano al galoppo una spiaggia: mi nascondo dietro una pietra e osservo innamorato il passaggio ordinato di una colonia di scarabei argentati di fronte al mio naso. Sono un bambino. La sabbia sa di marzapane. I piedi mi sanguinano.
26
Sogno n.368495 (Registrato come di competenza dall'ufficio dell'amministratore di condominio Rodolfo Kandle, registrazione numero AUH/368495): Ho da poco preso la patente, sto festeggiando con gli amici in un bar di via K., a Maldonian. Dei mangiatori di gatti ci passano accanto, con le mani insanguinate. Un piccolo topo brandisce un pezzo di carta e declama i suoi diritti di piccolo topo maldoniano. Euforici lo ascoltiamo, quasi ubriachi: ci promette un Mondo Nuovo, e mentre agita nell'aria uno scettro di formaggio noi ridiamo, perdendo sangue dalle orecchie. 13 gennaio 20-- . Dal diario di condominio di Rodolfo Kandle, amministratore del palazzo VIFG, IV Settore, Maldonian: “Ancora oggi gli abitanti del condominio si sono svegliati in preda ai Loro attacchi. Non so ancora come, ma sbarrare gli ultimi due ingressi non è servito a fermarli. Anch'io ho subito – seppur confusamente – un attacco. Questo pomeriggio riascolterò le registrazioni e proverò a fornire una risposta ai tecnici del Ministero, che ancora ieri chiedevano delucidazioni sulla situazione nel nostro Settore”.
27
I.II
E
ntero Park, il culo del mondo. Periferia ovest della “Città”, Settore III. Complessi Urbani, dislocamento popolare. Quadrato Rorschach. Lungo le rive miellitiche del fiume Macilento, seguendo il sensuale percorso idrogeologico della sonda urbana (così ormai lo chiamavano gli abitanti) ci si poteva imbattere negli alveari abitativi pre-Analisi, una serie di complessi fatiscenti voluti dal Governo per poter portare avanti le riorganizzazioni sociali educative di fase uno, conosciute al tempo come Fase Personale. In via Carl Gustav si incrociavano numerose arterie cittadine, un insieme di ferite purulente tagliate in modo grossolano e impreciso dalla mano chirurgica di qualche assessore all’urbanistica in preda a manie ingegneristiche . Una vecchia palazzina vittoriana ristuccata malamente e impreziosita da tonalità terra di Siena vomitava intonaco sul selciato prefigurando lo spettacolo che il cittadino di Maldonian poteva trovare all’interno. Era
questo il vecchio Teatro Bereshenko conosciuto anche come “il piccolo”, lustro e orgoglio di nessuno, non voluto e frequentato solo da avventori ubriachi e poeti beatnik in cerca di un riparo e di una poltrona macchiata di sperma. All’interno silenzio. Accanto la vecchia palestra di arti marziali chiusa ormai da 15 anni. L’insegna San kwai Ojun offriva l’ingresso ai nuovi atleti, tossici dell’ultima’ora, nuovi habitué delle vecchie droghe, signori Manciuriani delle infezioni sottocutanee. Il parchè scheggiato feriva le piante dei piedi sanguinanti dei drogati insensibili a simili trivialità, le panamericane striate nelle loro braccia offrivano un diversivo efficace alla loro mente offuscata, intenti nella ricerca puntigliosa di tracciati puntellati nella carne. Le vetrate unte e opache permettevano l’entrata solamente di una luce fredda e diafana, che rifratta dalla miriade di particelle in sospensione (polvere, cenere calda di sigaretta in levitazione ) offriva spettacoli cinemascopici all’attenzione distratta degli atleti dell’oblio. Ma torniamo al Bereshenko, torniamo al Teatro piccolo. Dalle
finestre superiori era percepibile una minima attività anche se da come era messo lo stabile era veramente arduo aspettarsi in programma uno spettacolo. Niente stagione di prosa, niente in cartello, niente che presagisse delle prove…. e invece qualcosa dentro si stava provando. Va detto che l’ Entero Park non si era sempre chiamato così anzi, secondo alcuni era più vecchio di Huge Park, lontano solo tre isolati ma da questo isolato . “Non riesco più a sentirli, incredibile come ci riescano”, andava pensando M. K. Bradby, direttore del Teatro e unico referente. “Quello che ha dell’incredibile è come riescano a sentirmi, come facciano a saperlo, eppure questa volta ho seguito il protocollo intervallato dei 5 minuti. M. K. Bradby stava accovacciato in bagno con la testa all’interno dell’orinatoio, con un taccuino di carta ingiallito in una mano e una penna bic nell’altra. Il signor Bradby era un uomo sulla cinquantina, capelli bianchi sporchi ma folti, impomatati di grasso meccanico, anche se lui andava dicendo fosse brillantina Optica (cosa tra l’altro smentita dal fatto che fosse fuori commercio da almeno 7 anni ma 28
tant'è, le sue scorte sembravano infinite). M.K era un uomo colto, distinto quanto bastava alla sua carica istituzionale, con indosso un panciotto e un impermeabile grigio fuori moda. Era convinto che la gente lo vedesse come una specie di Humphrey Bogart del teatro instabile, un uomo con terribili segreti, malinconico e schivo. Ed è per questo che si faceva chiamare Bogie, come l’attore, gli piaceva, lo nobilitava, il problema era che nessuno sapeva chi fosse Humphrey Bogart ma continuavano a chiamarlo così. Tutti lo conoscevano come Bogie l’impresario. In passato di cose sporche ne aveva fatte, aveva frequentato gli ambienti malfamati della prostituzione minorile (mai con ragazze pre-fase però, rivelò una volta un inaspettatamente loquace e ubriaco M.K), aveva riciclato chiavi inglesi al mercato nero e venduto scarafaggi cornuti a Biotech fuori Settore ma in città chi poteva dirsi veramente pulito? Maldonian era un sogno infranto, era la “Città”. L’unica vera stravaganza per quest’uomo normale era la sua fissazione per le voci idrauliche, per quei rumori cioè che era convinto di sentire 29
attraverso le tubature. Bogie era sicuro che degli uomini- gli abitanti- come li chiamava, comunicassero attraverso i condotti sotto la città e che stessero tramando contro il Teatro. Più che sicuro ne aveva la percezione ed è per questo che trascriveva nel taccuino i flebili bisbigli di sfiatamento del suo cesso. Con calma poi ritrascriveva e decriptava i messaggi secondo una serie di codici e algoritmi da lui scoperti e applicati. Trascrizione n.368494 (Registrata in data da verificare nel bagno superiore, ore3:21 AM, decodifica numero AUH/368494): San Sebastiano e le sue frecce, estensioni neuronali, ogni nodulo un ganglio..Marocco, la sua pelle odora di spezie….Sebastiano… 654 parsec, la distanza tra i suoi occhi….frrrshh..sbuf…300 cc di novocaina… santità dell’uomo…frrsh…il pene si rigonfia…santità….fantasia africana…palcoscenico… Per questa volta niente, probabilmente l’avevano sentito, anche se aveva applicato il protocollo dei 5 minuti intervallato, un efficacissimo e imprescindibile vademecum per passare inosservati anche al
proprio buco del culo. Entero Park, che schifezza di luogo era diventato. Prese una sigaretta dal taschino ma non l’accese, varcò la porta del suo ufficio e si incamminò lungo le scale. Al pianterreno incontrò ad aspettarlo David Montague, attore poeta ed umanista. Bogie si fermò un attimo, lo fissò poi si diresse verso di lui. “Ciao David, hai d’accendere? Hei Bogie dimmi cosa ne pensi…(iniziavano sempre così i loro incontri), stavo pensando, Bogie, che il modo più diretto per passare tra due punti è quello di metterlo dentro, una linea infinita per chiedersi quando ci si è persi, godimento e trauma..” Bogie si accese la sigaretta da solo, prese una boccata. “David spero tu stia parlando dell’uccello vero? Non lo so Bogie, potrebbe essere anche un ago di siringa, non credo sia questo il punto…”; rimasero in silenzio. Anche David si accese una sigaretta. “Che state facendo tu e i ragazzi? Non provate vero?” “Certo che stiamo provando Bogie, noi proviamo sempre lo sai, vieni di là, sul palcoscenico, c’è Teresa” “David per l’amordiddio che state combinando con quella donna?” “Credo che siamo passati ad uno
stadio superiore, sai…sono apparse anche delle macchie di Rorschach, è fantastico, vieni a vedere”. Giovani attori vestiti di stracci stavano intorno ad una donna nuda e grassa, seduta su una sedia. La chiamavano la 'prima attrice' in realtà era una barbona raccolta per strada e attirata con la promessa di un pasto caldo, imbottita di stupefacenti e lasciata catatonica nuda su una sedia. Era fastidiosamente sporca e grassa, una mole di carne sudicia afflosciata su quello che sembrava più uno sgabello, un laccio emostatico ancora al braccio e sguardo vuoto. “Da quanto tempo la tenete così ragazzi?” “Hei Bogie, abbiamo scritto delle poesie, le vorremmo inserire nella pièce che ne pensi?” “Chi vi ha ispirato, lei?” (disse svogliatamente Bogie fumando la sigaretta). “Sì, certo, guarda, le sono apparse delle macchie sul corpo, sta evolvendo… Aline è entrata in seduta, dice che ha un flusso di coscienza..pensa al padre, credo che avessero un rapporto morboso tra di loro..” “Herbert, non dire cazzate, quelle sembrano piaghe da decubito, non macchie da psicanalisi”. Lo fissarono. “Tieni Teresa mangia, senti quanto è buona - le stavano 30
mettendo in bocca della sabbia - È la sabbia del nostro Macilento, ora non è più venefico, ora è diverso, tutti i prodotti chimici l’hanno reso speciale, vedrai…ti farà sentire meglio, forse ti evolverai, avrai un collegamento tra il sé e la Persona..dai mangia senti quanto è buona, questa sabbia sa di marzapane..”.
II
IV
Settore, Maldonian: le telecamere interne rilevano nebbia attorno ai condomini infettati. I due cani respirano nervosi, mentre la donna mostra il distintivo ai due custodi dello stabile. Pantaloni di pelle la proteggono dal freddo, un'attillata camicia bianca, che si intravede sotto il giaccone nero, la mostra nella sua bellezza androide. “Prego, signora, di qua”. Il custode imbarazzato dagli sguardi gelidi della sensuale soldatessa, abbassa gli occhi, umile. Rodolfo Kandle registrava sul suo taccuino i nomi dei condomini per l'incontro con l'androide di prima generazione Kimber04. “Signora L., signor G., signor K., signorina F., buongiorno, prego, di qua, sarà questione di pochi minuti, sì, signora U., dopo andrà meglio, già da stanotte, forse signor S., riusciremo a sconfiggere i sogni, abbiamo sconfitto il nazismo riusciremo anche a sconfiggere i sogni, non si preoccupi. Di qua, di qua, dove va? Signora T., deve accomodarsi nella sala grande, grazie, grazie”. E così via.
31
Avrebbero impiantato dei microchip sottocutanei a tutti gli abitanti del condominio VIFG, IV Settore, Maldonian. Kandle era preoccupato, nervoso. Ricevette la dottoressa Kimber04 nel suo minuscolo ufficio al primo piano. I condomini nel frattempo si erano sistemati pazienti e rumorosi nella sala grande al pianterreno, la sala delle riunioni. L'androide entrò senza bussare insieme ai suoi due cani. Kandle ebbe un sussulto: odiava i cani, soprattutto se non “naturali”. Occhi rossi e fiato corto iniziarono ad annebbiargli la vista, ma doveva resistere; sapeva quanto contavano le relazioni con gli androidi governativi a Maldonian. Una chiamata lo salvò: “Dott. Kandle, iniziamo a servire?”. “S...Sì, certo, fate pure”. Gatti arrosto avrebbero distratto e calmato i condomini nervosi dalla chiamata improvvisa nel cuore del mattino. “Selvaggi”, sussurrò l'affascinante Kimber04. Kandle non riusciva a non fissarla. L'androide lo svegliò dal suo sogno erotico: “Non ha mai visto una donna, signor....Rodolfo?”. Lui ebbe un sussulto, si girò, si allentò la cravatta rossa: “Scusi, dottoressa, scusi; sa, la tensione, in questi mesi è stato difficile gestire questo
condominio...sa, il Governo non è che ci abbia aiut...cioè, non so quanto sia giusto adesso impiant...comunque, lei sa bene cosa fare, giusto?”. Rise. L'androide rise di gusto. Si accese una sigaretta elettrica, di quelle che una volta si potevano fumare solo sugli aerei economici e che ora erano le uniche sigarette ammesse. Sogno n.395223 (Registrato come di competenza dall'ufficio dell'amministratore di condominio Rodolfo Kandle, registrazione numero AUH/395223 ): Lei si spoglia lentamente davanti alla tv accesa su un concerto di beneficenza. Dei topi scorrono veloci lungo le pareti dellla stanza. Siamo in un albergo. Vengo mentre dei cuscini esplodono. Piume sommergono un pupazzo di Teddy Bear, un regalo di mia sorella, credo. Fuori si sentono delle grida di euforia, come se qualcuno si divertisse a prendere a pietrate la mia macchina. “Sono tutti dentro?”. “Sì, credo di sì...almeno”. “Almeno?”. “Senta, dottoressa, io...io sono solo l'amministratore di condominio del palazzo VIFG, IV Settore, Maldonian, non sono un 32
guardiano né un fot...un androide come voi”. “E questo che c'entra, Kandle? Le ho solo chiesto se ci sono tutti oppure no. Allora, ci sono tutti?”. “Non lo so, dottoressa, non lo so”. L'androide di prima generazione Kimber04 si alzò furiosa e uscì dalla stanza ordinando con gli occhi a Kandle di seguirla. Lui si alzò, non prima di aver gettato una servile e disumana occhiata al fondoschiena dell'androide. Si diressero rapidi verso la sala delle riunioni. I cani li seguirono, ormai senza guinzaglio.
II.II
T
eresa cadde a terra percorsa da spasmi epilettici, il suo corpo obeso e nudo vibrò vergognosamente sprezzante della bellezza femminile, urina e bava bagnarono i suoi orifizi, tutto in lei fu provocazione e avvilimento. I ragazzi rimasero immobili di fronte all’inquietante spettacolo. I suoi denti batterono scricchiolando come tasti di una vecchia telescrivente Olivetti, nessuno fu in grado di decifrare il segnale d’aiuto della donna, il sommergibile di carne stava sprofondando nell’oceano dell’inconscio collettivo con tutto il suo carico di dolore. “Mi ricorda un episodio della mia infanzia disse Aline - mi ricorda mio padre. Lo vidi una volta scuoiare un piccolo animale, credo fosse uno scoiattolo… ne rimasi orribilmente colpita..però fu un passo importante per la mia formazione sessuale credo, ancora oggi quando un uomo mi possiede sento una strana eccitazione se ripenso a quelle immagini”. Nessuno disse niente, qualcuno accennò un segno d’assenso con la
33
testa, Bogie non distolse la sua attenzione dalla sigaretta che teneva tra le dita. Alzò la testa verso il soffitto, come per creare una depressione nel torace e rigenerare i polmoni con una profonda inspirazione, si rivolse agli attori: “E di tutta quella gente che vi aspetta al secondo quadrante che mi dite?” “Chi i fedeli?” “Ah, adesso li chiamate così? Parliamo di Religione?” “Dipende Bogie, ogni passaggio introspettivo, sia esso esoterico o trascendente ha un valore formativo se ricontestualizzato in una logica di..” “Cazzate! – esplose Bogie – siete strafatti e blaterate di insensatezze di Governo!”. Di colpo però l’attenzione dell’impresario teatrale si focalizzò su dei piccoli rumori, gli occhi frenetici si mossero sotto la montatura di occhiali da vista opachi, piccole parole….sfiatamenti idraulici…“Ci risiamo!”. Corse in preda all’eccitazione al piano superiore per trascrivere (se possibile) quello che “loro” stavano dicendo. Aveva dell’incredibile la frequenza con cui gli eventi si ripetevano, l’incidenza ne manifestava un qualsivoglia significato, stava a lui decifrarlo e ricomporre il puzzle!
Teresa rimase immobile per terra, ignorata dagli astanti, per sua fortuna ebbe un attimo di tregua e di privacy, stava defecando…
-
Entero Park. Periferia ovest della “Città”, Settore III. Complessi Urbani , dislocamento popolare. Quadrato Rorschach. Tutto ebbe inizio in un periodo di confusione e di insensate speranze. Riorganizzare la società attraverso pratiche psicoanalitiche. Tralasciando vetuste e pericolose idee sulla libido di stampo freudiano (uomini oggetto usufruitori di merce sessuale) ormai si era in grado di far partire il gran motore del progresso sociale attraverso le linee guida del suo discepolo, Carl Gustav Jung. Le pulsioni sarebbero state sviscerate e studiate, il caso sarebbe stato una necessità psicoanalitica e non un processo stocastico da tamponare ma solo se tutto questo sforzo democratico fosse guidato dalla Dirigenza. E qui nacquero i guai. Maldonian era anche una città sperimentale, 34
nel senso che la sua posizione geografica e la tipologia della deriva genetica che caratterizzava i suoi abitanti ne fecero banco di prova per nuove riforme. La semplicità della premessa fu inevitabilmente corrotta e contaminata dall’inadeguatezza della burocrazia. La spinta sociale ed evolutiva di ogni sistema risiede a cavallo tra il caos totale e la rigidità estrema. Un sistema inquadrato e cristallizzato ineluttabilmente procede ad una morte “termodinamica”contrapposto ad un sistema confuso e disorganizzato dove nessun tipo di progresso può essere fissato. Esiste però una zona vibrante e creatrice, proprio sul filo del rasoio, una zona di confine tra caos ed ordine, instabile ma viva, ed è proprio qui che si sperimentò la Fase uno. Maldonian fu divisa in settori, il I Settore fu lasciato al Partito, da allora chiamato” la Dirigenza”; nel settore II (chiamato “Entropokuniano”) fu promossa autogestione destrutturalizzante, movimento e disordine, violenza e paura; inquadramento, mancanza di iniziativa, gestione dei sogni e della vita delle persone fu invece 35
la base della piccola società del IV settore (conosciuta come “il Condominio”). Un vecchio fiume bagna le rive dei vari settori, attraversandoli stanco e silenzioso. Il Macilento taglia Maldonian come una ferita e arriva a lambire anche i palazzi del III Settore (“Gustav”), la “zona vibrante” appunto, la zona dove la sperimentazione psicoanalitica avrebbe dovuto far nascere una nuova società. Ma la storia prese un’altra direzione. Trascrizione n.368495 (Registrata in data da verificare nel bagno superiore, ore3:50 AM, decodifica numero AUH/368494): Per l’amordiddio che cosa possiamo fare?Iniezioni di cortisone sottocutanee, anabolizzanti d’odio. Enciclopedie senza parole vendute nei centri commerciali, pochi spiccioli per la salvezza. L’Australia non esiste, esiste solo la cartina geografica che la contiene. Dovresti dormire. San Sebastiano ha dei cavi elettrici nel costato, gioca a carte seduto in uno scantinato. È da solo, con chi gioca? Mentre un uomo vestito come Humphrey Bogart stava accovacciato al primo piano del
vecchio teatro instabile Berescenko trascrivendo ciò che le tubature del cesso gli stavano dettando, un piccolo gruppo di attori uscì dalla struttura con una donna grassa seduta su una sedia a rotelle. La direzione era il secondo quadrante. Ad aspettarli una moltitudine di diseredati, folli, sudici uomini e donne sporche, eremiti del subconscio collettivo. Portavano tra le mani taccuini, registratori vocali Yamaha, avevano legate in testa a mo di fasce bobine di vecchi VHS, vestiti come fedeli di una modernità psicoanalizzata, pazienti del manicomio sociale. Erano i nuovi fedeli scaturiti dal processo di Fase Due, sarebbero dovuti entrare nell’ultima Fase ed essere uomini migliori, ma tutto questo non era accaduto, erano riusciti solamente a creare una nuova religione.
il processo si sta realizzando. Teresa, la nostra dolcissima Teresa sta sviluppando nuove forme, sta culminando nella realizzazione della propria personalità, della nostra personalità in quanto collettiva, in lei sta avvenendo l’ 'individuazione' che noi non siamo riusciti a raggiungere!”. La folla esplose. Teresa roteò gli occhi nelle orbite e svenne di nuovo. Aline fomentò i fedeli impugnando un megafono: “Dobbiamo raggiungere il IV Settore e salvare i 'condomini', il processo è irreversibile e tutti a Maldonian devono essere partecipi, i loro sogni sono puri perché ancora non sono nati, dobbiamo registrarli, psicoanalizzarli, dobbiamo essere presenti quando risogneranno! Teresa ci dirà come fare!”.
Fissarono delle aste e delle bandiere alla sedia a rotelle, Teresa sembrava una Vergine invalida portata in processione. David prese la parola: “Carissimi amici, siamo all’alba di una nuova era, e tutti noi ne faremo parte. Questa bellissima donna (indicando Teresa catatonica) è la speranza che da tempo stavamo aspettando, in lei tutto è avvenuto, 36
III
K
andle bussò alla sua porta timidamente, impaurito dal fiato dei due mastini che dietro di lui, insieme all'androide Kimber04, attendevano. Bussò tre volte, senza ottenere nessuna risposta. La femmina di androide lo spostò di peso, spingendolo alla sua destra. Aprì con un calcio la porta e puntò gli occhi inespressivi verso la finestra aperta. “Cristo...”, pensò Rodolfo Kandle: qualcuno era fuggito dal suo condominio nel IV Settore, c'era la pena capitale per questo. L'androide fece un balzo fuori dalla finestra e lasciò un mortificato Kandle solo con i due mastini. Ora era fottuto per colpa di quel pazzo, “fottuto”, pensò il povero amministratore di condominio. Gheel, Giulio Gheel. Si chiamava così il maledetto errore nel sistema maldoniano di controllo dei sogni della popolazione del IV Settore. Un errore di 27 anni, nato e cresciuto a Maldonian, figlio della generazione successiva all'avvento della Dirigenza. Un mangiagatti, comunque, come tutti i maldoniani. 37
Giulio vide l'androide femmina avvicinarsi al cancello 5, quello usato da lui per evadere dal condominio. Non smise di pensare che avrebbe potuto ucciderla là, sul colpo. L'arma che aveva rubato durante il servizio militare era tra le sue mani, un modificatore di particelle del tipo YZ, elementare e letale. Ma decise di non farlo. Probabilmente così avrebbe salvato la vita di Kandle, che gli faceva pena, una pena infinita. Sapere che uno dei condomini era fuggito contemporaneamente alla visita di un androide (evento mai avvenuto) avrebbe convinto i giudici del Tribunale Misto che era inevitabile nella progressione computeristica degli eventi maldoniani. Una cosa che doveva succedere. Perché tutto ciò che succedeva in presenza di androidi non era direttamente imputabile agli uomini in quanto ciò avrebbe comportato l'ammissione della fallibilità androide. Si era allora deciso di accordare ogni evento del genere alla volontà infinita e indiscutibile della Macchina. Se lo voleva la Macchina, doveva succedere, insomma. Ma questo non importava molto né a Kimber04, decisa a riprendere il fuggiasco, né a Kandle che mestamente tornava in sala
riunioni per tranquillizzare il resto dei condomini. Giulio decise di restare nascosto fin quando l'androide non se ne fosse andata. Ma lei fiutava, si impettiva per fiutare, e Gheel non poté fare a meno di notare quanto fossero affascinanti le ultime creazioni della Macchina. Ma fu un pensiero che durò pochi minuti, il tempo di essere scoperto. Sparò, colpì due volte in testa l'androide e riprese a scappare, saltellando sul corpo del custode che aveva in precedenza stordito. Riuscì ad uscire e prese a correre all'impazzata verso il nulla della periferia maldoniana. Kimber04 si rialzò, guardò Giulio lontano nel grigio, e corse verso il condominio, con la faccia gelidamente squarciata. Nemmeno il tempo di rientrare per chiamare rinforzi, che Kimber04 (insieme a Rodolfo Kandle) si ritrovò circondata dagli altri condomini, imbufaliti da quanto accaduto: “Perché lo avete lasciato andare?”, gridarono in faccia all'androide. Tutti furono richiamati da un rumore come se fuori ci fosse uno sciame di cavallette. “Oh mio Dio, ma quello è il III Settore, che diavolo
ci fanno qui?” disse con occhi folli Kandle.
III.II
R
osa Ferenczi accarezzò i suoi peluche timidamente adagiati in un letto di rose e lenzuola profumate,lo sguardo rivolto alla sacca della dialisi. Nel bianco silenzio di una camera infantile monitor e cellule dati gracchiavano innervosendo la “bambina”. Singhiozzando il vecchio omosessuale si asciugò le lacrime e guardandosi allo specchio strinse forte forte al petto il coniglietto Bunny. La piccola riflessa aveva paura. La moltitudine della massa delirante stava percorrendo in una processione deviata interi quartieri del settore Gustav, decisi a superare EnteroPark e forzare gli sbarramenti di frontiera che li dividevano dal Condominio. Teresa ormai non rispondeva più a nessun tipo di stimolo esterno, catatonica veniva trasportata in una sedia a rotelle nuda e obesa come una Madonna di Francis 38
Bacon. Il corteo rivoluzionario e informe era accompagnato dall’odore acre e violento del sudore di uomini di celluloide che continuavano a registrare maniacalmente i loro stati d’animo nei registratori portatili. Dall’alto della città molti abitanti di Maldonian assistettero stupefatti alla liturgia psicoerrante. Vecchie madri lasciarono di cucinare i loro gatti sopra la fiamma butanica dei fornelli per affacciarsi ed assistere allo spettacolo. Una folla disorganizzata e informe si muoveva come un essere fatto di carne impazzita che strisciando nei vicoli della città e nelle arterie principali della viabilità pregava il Dio dell’oblio dell’inconscio. Come musulmani sudati, ossessivi e compulsivi bisbigliavano sottovoce sputando nelle loro bobine, ricurvi si psicoanalizzavano tenendo registrazione degli eventi che si stavano dipanando anche loro malgrado. Alcuni di loro erano vestiti solamente con un paio di Jeans logori e sporchi, il petto nudo era il simbolo della loro fede. Rivoli di tracciando 39
sudore scendevano ferite nella loro
schiena, facendosi strada tra acne e peli. Ormai non erano più dei singoli, ma sotto la spinta della figura carismatica e messianica di Teresa stavano finalmente superando la fase Personale per evolversi. Il loro vociare diventava preghiera e cantilena per i Maldoniani. Da un terrazzo un bambino indicò verso la strada e un padre in canottiera si accese una sigaretta fissando l’attimo. Posò la birra che stava bevendo sul tavolino in plexiglass e si asciugò la fronte madida per il caldo estivo e soffocante tipico della “Città”. Aline e gli altri attori del Teatro instabile Bereshenko erano il fronte principale, urlavano agli altoparlanti frasi senza senso spronando le persone ad attraversare il Macilento come fossero i figli eletti della diaspora ebraica. Le acque contaminate del grande fiume in alcuni punti non erano abbastanza profonde da impedire il passaggio e potevano essere guadate. I numerosi detriti e i cumuli di immondizia industriale però resero la discesa problematica. Un terreno instabile franò sotto gli stivali e le polacchine che calpestando freneticamente la spiaggia smuovevano fustini di detergenti e
preservativi. Molti di loro furono visti scivolare, rotolare, bestemmiare e infine sparire nelle acque funeste del Macilento. Ma niente poteva fermare quella folla convinta e sconvolta, sinceramente determinata ad arrivare al IV Settore. Bogie non partecipò all’esodo, troppo intento nelle sue fissazioni per badare agli isterismi di altri. Mordendosi il labbro inferiore e seduto su uno scatolone stava rimuginando sugli appunti appena presi. Un vecchio disco di Coltrane suonando bruciava le pareti del teatro e il cuore dell’impresario. L’impermeabile alla Humphrey Bogart lasciato disteso sopra una sedia, l’ennesima sigaretta tra le dita. Trascrizione n.368496 (Registrata in data da verificare nel bagno superiore, ore 4:10 AM Errata Co. PM, decodifica numero AUH/368494): La cabina telefonica non accetta i gettoni, funzionerà anche con le semplici monete? Mi sento chiuso tra le sue pareti di plastica-vetro. Puzza d’urina, sono un barbone comunicativo castrato. San Sebastiano ha un nuovo paio di occhiali, dove l’avrà comprati? “La libertà degli uomini ha un
prezzo, e il prezzo è scritto all’inizio di ogni via-Stato, su targhette costituzionali d’ottone… estinzione dei gatti, non dei Funzionari…” A love supreme…un santo può lanciare monetine per gioco e giocarsi la santità? Forse dall’ungherese, da Tzozius… Bogie era confuso e disorientato. Gli mancava qualcosa, non riusciva a districarsi da quel complesso sistema criptato di segnali. All’inizio aveva pensato venissero dal II Settore, da quella parte della città dove si era sperimentata l’anarchia totale, il settore Entropokuniano, e che per passare informazioni segrete sotto gli occhi e le orecchie vigili della Dirigenza erano stati costretti ad escogitare quella comunicazione idraulica incomprensibile, sbuffi fognari criptati. Ma non era così…“Ovviamente non sono pazzo”andava pensando Bogie, è solo questione di capire cosa rappresenta la figura del Santo, lì è la chiave di volta. Rosa Ferenczi stava pettinando la sua bambola preferita quando fu interrotta da un androide e un uomo. Sussultò quando la porta si aprì.
40
“Mi scusi signorina, volevamo disturbarla…”
non
“Mi avete spaventata, anche Ginevra ha avuto paura vero tesoro?”. La bambola non rispose. “Dice di sì anche lei, che modi che avete..possibile?! Che c’è?” “Ha pianto signorina?”, disse l’androide dalle sembianze femminili. “No!”, rispose innervosito l’omosessuale-bambina dal suo letto a baldacchino. “Abbiamo dei problemi al Condominio, abbiamo registrato dei pre-sogni in vari punti e….” “Un uomo è scappato”, concluse l’androide. “E di grazia che cosa volete da me, non vi basta di darmi tutte quelle medicine, volete sempre che vi dica cosa fare?”. Strinse fortissimo al petto il peluche e gli occhi gli brillarono di lacrime. Il suo corpo magro di un uomo sui 40 anni aveva qualcosa di perverso in un pigiamino da bambina. “Signorina, noi…”
41
Rosa Ferenczi fu il risultato massimo della riorganizzazione. Quando ancora era un ragazzino di appena tre anni aveva manifestato i segni inconfondibili dell’omosessualità e poiché era un orfano venne riassorbito dal Sistema. Si era giunti alla conclusione che una personalità sdoppiata, come era quella di un omosessuale ancora non autocosciente di sé apriva una falla, un varco dove era possibile lavorare. Le sue percezioni furono potenziate grazie all’ausilio di farmaci a discapito della sua crescita psicoemotiva. Un team di psicologi e medici lavorarono giorno e notte per elaborare i dati sociali che venivano dai vari settori di Maldonian, ognuno con le sue peculiarità, e indottrinare la giovane mente con continue sessione estenuanti di filmati e messaggi subliminali. La mente di Rosa non era più quella di un piccolo omosessuale, ma rispondeva alle logiche di schemi sociali e non più individuali. Rosa Ferenzci era la coscienza collettiva della “Città”. C’è da dire che all’inizio si provò ad inserire i dati in un supercalcolatore chiamato B.L.U.M.E.N, ma ci si rese subito conto che solo un uomo ha la
sensibilità per elaborare quel tipo di dati. Quando il calcolatore fu smontato la stanza della macchina fu trasformata in una cameretta d’infanzia, anche se ancora oggi ci si riferisce ad essa come alla “Macchina”. Un uomo si nasconde tra le panchine del parco. Porta con se un diario nero, con molta probabilità una moleskina di medio formato, ansima per la corsa e la fuga. Giulio Gheel sta rischiando la vita. Giulio Gheel è un fuggiasco. Si guarda attorno, le mani gli tremano. Le mani sono nerborute e giovani, ha le unghie nere e sporche, si sente lo stomaco in subbuglio. Non è un rivoluzionario, non è mai stato un uomo d’azione. Poco lontano dal suo nascondiglio le gabbie vuote dell’ EnteroZoo gli bisbigliano di cigolii metallici. Tutta quella desolazione lo atterrisce. Non è molto lontano dall’Interzona dei settori. Le gambe non riescono a muoversi, deve pensare in fretta e soprattutto per una volta deve decidere la cosa giusta da fare.
della sedia a rotelle. Uomini e donne che si aiutavano a risalire la spiaggia del Macilento. Gli attori che urlavano insulti e sproloquiavano. Ad un tratto Teresa riprese coscienza. Aline la fissò per un attimo, le avvicinò le labbra ad un orecchio e le chiese: “La sabbia sa di Marzapane Teresa? Eh Teresa, di cosa sa la sabbia?”. La donna ruotò solamente gli occhi, il corpo completamente immobile sulla sedia a rotelle… aprì la bocca e parlò: “Mazel tov” “Come Teresa? Cosa hai detto? Ripeti per favore” “Mazel tov”, disse con un filo di voce. Aline guardò gli altri, nessuno sapeva che quella donna enorme parlasse ebraico, né tantomeno che “Mazel tov” significasse “buona fortuna”.
La carrozzella venne rialzata e il corpo di Teresa ritirato su a forza, il suo corpo sfiatò di flatulenze organiche. Gli occhi chiusi e macchie d’urina nel sedile in pelle 42
IV
R
odolfo Kandle aspettava fumando che venissero a prenderlo. Si era seduto nella poltrona del suo piccolo ufficio da amministratore, nel condominio del IV Settore. Il registratore di sogni taceva da quando quel figlio di puttana di Giulio Gheel era riuscito a fuggire. Nessuno sognava, adesso, proprio come voleva la Macchina: ma la fuga del giovane 27enne dimostrava il contrario. Kandle aveva fallito, su tutta la linea. Non sapeva cosa gli avrebbero fatto, giù al Tribunale Misto. Ma provava quasi una sorta di pace interiore, pensando alla vista che si godeva dall'aula Disbrigo Pratiche Umane. Aveva assistito a un processo, da ragazzo: un povero commerciante accusato di vendere razioni di KTS (una droga poetica illegale, a Maldonian) si difendeva in dialetto dalle accuse di un androide dalle sembianze maschili di classe AVV. Ovviamente il vecchio venne condannato, tra l'indifferenza generale di quel mondo di mangiagatti opportunisti. Ma Kandle ricordava 43
ancora il fiume giallo, e le colline che difendevano la caotica città dalle intemperie dell'oceano di Nullità TecnoFutili che giacevano dimenticate in discariche elettriche. Fuori infuriava la battaglia tra gli androidi e i folli e teatrali abitanti del III Settore. Kandle sapeva che non appena Kimber04 e i suoi poliziotti fossero riusciti a sedare la rivolta, sarebbero venuti a prelevarlo maleducatamente per trascinarlo di fronte al suo destino. “L'educazione e il dialetto sono due cose che gli androidi non impareranno mai”, pensò sorridendo Kandle, rigirandosi in mano l'accendino con su scritto: “Maldonian Zoo”. La porta si aprì: il fiato caldo del mastino della formosa androide Kimber04 puntò dritto sull'amministratore di condominio. Il registratore si attivò poco dopo. L'ufficio era ormai vuoto, grigio. Il piccolo marchingegno nero sputò: Sogno n.368505 (Registrato come di competenza dall’ufficio dell’amministratore di condominio Rodolfo Kandle, registrazione numero AUH/368505): Intermittente Noia
Crescente Stanchezza Forte Continuo Dolore Singhiozzante Fame. La signora B., 29 anni, da cinque anni abitante nel IV Settore, aveva appena partorito.
-
Giulio Gheel aveva visto quella massa imponente di persone avanzare verso il suo condominio, ma non ci aveva fatto caso. Pensava a fuggire, modificatore di particelle YZ in mano, verso le colline che delimitavano la città Stato. Non sapeva se sarebbe riuscito a sopravvivere, non sapeva in realtà nemmeno cosa ci fosse dietro quei pini polverosi. Gli umani avevano paura e circolavano troppe leggende su quel posto: addentrarsi fin lì rappresentava un reato per il quale era prevista l'esecuzione immediata. Ma era l'unica strada dove gli androidi non l'avrebbero seguito, timorosi e rispettosi com'erano di quelli che loro chiamavano “i Grandi Spiriti del Processo Evolutivo”.
Gheel scalò con difficoltà la collina fatta di fango e spazzatura umana, bottiglie di plastica, preservativi, scheletri di gatto, segni di recenti falò e vetro. Era conscio del rischio: la luce giallastra che esalava dal versante nord della collina era radioattiva, ma contava di superarla rapidamente per avviarsi lungo l'ignoto. La scena che gli si presentò davanti lo tramortì. L'ignota (per gli umani) Nullità TecnoFutile non era altro che un immenso cimitero mobile di tecnologie secolari, immerse in un vortice continuo ed elettrico: Gheel sentì la terra sotto i suoi piedi sollevarsi e circondarlo, immergendolo in un tornado di terriccio sporco che lo costrinse a ripararsi gli occhi. Ma era tardi: egli stesso si ritrovò sospeso a mezz'aria, attraversato da centinaia di scosse dolorose, lanciato verso il centro del cimitero, dove venne ripetutamente e casualmente colpito da tecno-cianfrusaglie obsolete. Si difese, ma si sentiva come paralitico; gridò: ma la voce si perse tra le lettere delle tastiere anni Novanta che lo circondavano; perse un braccio: strappato da un enorme pezzo di 44
ferro arrugginito, forse un tagliente macchinario di quelli che si usavano una volta nelle officine pubbliche aerospaziali; infine svenne, spegnendosi elettrico e dissanguato.
mutamento che batteva d’emozione e violenza. Quello che però non può l’uomo come singolo essere insignificante ed impotente può una massa informe e nervosa, irriverenza di corpi, alterigia di mani tremanti, adrenalina e follia.
-
Si mosse allora un’onda umana di carne e celluloide, come una risacca di sudore ci fu un movimento disarmonico di membra e sguardi, urla di donne, ronzii elettrici analogici di registratori a bobina, odore acido di putrefazione e pungente sensazione di plastica surriscaldata. La folla si mosse e si strinse intorno a Teresa come a volerla fagocitare nell’animale famelico che era diventata, adoratori di malformità, pellegrini musulmani dai visi sconvolti dal dolore e dalla fissazione.
Kandle credette di sentire un grido, prima di chiudere gli occhi: il dito di un androide classe SOT penetrò dal naso al cervello. L'amministratore di condominio venne così dichiarato “spento”.
IV.II
“Q
ualcuno parla ebraico? Possibile che nessuno capisca una parola di ebraico? C’è qualcuno che mi sa dire che cazzo sta dicendo Teresa?” La folla rimase muta e immobile come in un fotogramma polaroid, solo il lento scorrere del Macilento svelava una realtà in 45
Aline cercò di allontanarli, estrasse dallo zaino un vecchio commutatore a ioni deuterio (CIde) e fece detonare una scarica. Chi le era vicino fu investito dalla “fascia di ricaduta”, martoriato da ustioni nelle parti delle membra esposte. Quest’arma per quanto vetusta fosse, ancora riusciva a sprigionare tutta la sua rabbia. I primi caddero in preda al dolore,
cercando di stringersi le piaghe sanguinati, cercando negli spasmi una facile uscita da una situazione degenerata. “Statele lontani, nessuno si avvicini altrimenti questa volta sparo ad altezza uomo!”. Uno di loro le afferrò la caviglia cercando di rialzarsi. L’attrice senti le sue mani sudate e viscide, vide un viso supplicante sporco di sangue e fango. Gli fece esplodere la testa con un colpo a bruciapelo. Il cranio si aprì come fosse un’anguria matura, le cervella schizzarono ovunque benedicendo i fedeli. “Che cosa mi avete costretto a fare? – disse ansimando ricurva su se stessa - Lo vedete? Lo vedete perdio? Non avete fede!”. Stringeva tra le mani il commutatore, nessuno osò muovere un passo. “Forza allora, c’è un fottutissimo ebreo tra di voi?”
-
Bogie era fisso e immobile di fronte alla finestra, stava fumando
una sigaretta. Guardò il fumo alzarsi in un cielo d’argento, pesante e metallico da togliere il fiato. Si mangiava le unghie, estirpava le pellicine come fossero insetti che stessero deponendo uova nelle sue dita. Era nervoso. Attese di finire la sigaretta. Prese il suo trench color cachi e scese al piano inferiore passando dalle scale interne. Lasciò la porta del suo ufficio aperta. Appena fuori dal teatro instabile Bereschenko l’impresario mise in tasca il taccuino degli appunti e imboccò un vicolo stretto che faceva angolo con il palazzo, Houdinìstrasse. La città stato di Maldonian non dava riposo ad una mente confusa e stanca che cercasse salvezza. Bogie camminava con passo veloce e disorientato come se fosse ubriaco. Sentì allora una voce che richiamò la sua attenzione e lo ridestò da quel torpore. “Hei Bogie dove te ne vai?”, disse un uomo dal forte accento ungherese. Nel suo vagare incerto aveva preso la strada che costeggiava il ghetto ed ora era davanti all’insegna del negozio di occhiali di Tzozius. “Che cos’è tutto questo rumore, credo che venga dalle parti di Enteropark, 46
per caso siamo alla fine?”. La sentenza dell’ungherese risuonò più come una supplica che come una minaccia. “Ci sono anche i tuoi ragazzi?” “Non lo so vecchio, credo di sì. Non ho potuto fermarli. Ti conviene entrare nel tuo negozio e barricarti dentro, è probabile che vengano rilasciati gli sbirri di Kimber04 per rastrellamenti.” “Hai paura?”, disse l’uomo fissandolo negli occhi, come a voler indagare nell’anima dell’impresario, lui che aveva fatto di quella pratica una professione, l’emigrante ungherese di origine greca che aveva aperto un negozio di oculistica a Maldonian. “Non lo so, però sono convinto che l’esperimento sia finito, fallito, che cosa c’è da fare ora che siamo a questo punto? Nessun nuovo stadio, nessun risveglio di coscienza collettiva, nessuna agognata ‘Fase Personale’. Solo follia e barbarie.” “Forse era questo che ‘volevano’, forse è da ora che verremo studiati, non credi Bogie?” Non rispose. “Sai ho visto un uomo che fuggiva – l’attenzione di Bogie fu richiamata dall’inflessione usata dall’oculista - ho visto un uomo che scappava, veniva da là, direzione Enterozoo (magari era un’impressione, si era fatto 47
suggestionare dalla professione insolita e dall’accento e dal dialetto dell’ungherese) credo fosse matto, folle come ce ne sono tanti di questi tempi, si stava dirigendo al cimitero delle Nullità Tecnofutili. Nessuno sopravvive in quella zona per più di qualche ora”. “Dovrebbe importarmi?” “Non lo so, non credo forse, ma nulla accade per caso. Un’intera città si è riversata al IV Settore e un uomo solo scappa dal Condominio per rifugiarsi nel cimitero dei Grandi Spiriti del Processo Evolutivo. Non pensi che ci sia qualcosa di strano e profetico?”. “Può darsi, ma non capisco perché ti ostini a parlarmi di quest’uomo. Che vuoi che faccia? Che lo segua?”. Tzozius lo guardò con un’aria di compassione mista a delirio: “Non sarò io a mandartici…”. Il vecchio voltò le spalle e rientrò nel negozio. La saracinesca fu abbassata. Bogie rimase immobile come una statua. Dopo un attimo di incertezza si accese una nuova sigaretta.
Giulio Gheel stringeva tra le mani una Moleskina nera consunta. Il suo corpo sospinto dai turbini elettrici veniva scaraventato tra i rottami del passato industriale. Trafitto da pezzi di metallo e da cablature a fibra ottica urlò dal dolore; il martirio di un santo non avrebbe trovato un interprete migliore. Gheel era un santo.
rubato i miei segreti! – piangendo si rannicchiò in posizione fetale, stringendo forte a se il peluche Bunny – che sia maledetto, mi avrà anche vista quando mi pulivate…avrà visto il mio corpicino?” “Ma che cosa va pensando signorina?” disse il medico imbarazzato. Rosa Ferenczi scoppiò in lacrime.
Fuori dal condominio le truppe di Riorganizzazione Umana stavano sparando sulla folla. Dagli appartamenti la gente usciva come un fiume in piena. In lontananza, sulla riva del fiume Macilento infiltrati del settore Gustav si erano radunati intorno ad una carrozzella. Ovunque era il caos. Gli androidi giunti in soccorso di Kimber04 non risparmiarono la loro furia su nessuno che per sciagura gli si presentasse davanti. Fu una carneficina.
-
Rosa Ferenczi tremava. Era in preda ad una febbre delirante. Il medico le stava somministrando una dose di ormoni e antidolorifici. “Avete preso quell’uomo? Dov’è andato?”, chiese l’omosessuale in pigiama. “Non lo so signorina, ma non si preoccupi, vedrà che gli androidi rimetteranno tutto a posto” “Quell’uomo mi ha spiata! Mi ha
“Mazel Tov, buona fortuna!”, gridò una voce indistinta dalla folla. “Ci sta augurando buona fortuna Teresa! Siamo benedetti, siamo i suoi figli”, urlò qualcun altro, “siamo nel giusto e il Messia è con noi”, azzardò una donna con il seno al vento. “È vero! È vero!”, scoppiarono in coro. Teresa sembrò per un attimo sorridere beffarda. Una prima bomba all’idrogeno fu lanciata nel nucleo raccolto intorno alla carrozzella da esploratori androidi di tipo SCO. Ne seguirono altre a grappoli. La carne bruciò in un rogo esplosivo, nessuno registrò le impressioni e gli stati d’animo. Bogie corse, corse come non aveva fatto mai, entrò esausto nel cimitero delle Nullità Tecnofutili attraverso l’enorme cancello che
48
recava ancora la vecchia scritta: Cimitero Acattolico di Maldonian. Si guardò intorno. Ovunque frammenti di un passato tecnologico. L’aria era elettrica. Turbini di particelle ioniche gli fecero accapponare la pelle. Riusciva a vedere a stento e con fatica a resistere a terra senza essere sospinto in aria. Passò accanto alla tomba di Gregory Corso, a quella di Antonio Gramsci e di Montecristo. Il cimitero era la ricostruzione del più famoso di Roma dopo che le truppe Neo-Napoleoniche l’avevano raso al suolo e depredato. Si disse poi che sotto l’austera reggenza del Generale D’Epinay le ossa fossero state rivendute a stati sovrani o passarono per il mercato nero. Alcune arrivarono a Maldonian. Niente dell’antico fasto rimaneva ora al cimitero. Un’enorme discarica di inutilità tecnologiche. Bogie vide Giulio Gheel crocefisso ad un palo telegrafico e trafitto da pezzi di tastiere e frammenti di telescriventi. Era bellissimo. Nel turbine elettrico sembrava San Sebastiano. Vide che stringeva tra le mani una moleskina e d’istinto toccò il suo taccuino nascosto nel trench. 49
“Chi sei? – urlò Bogie – perché sei qua? Sei vivo? Puoi sentirmi?” Gheel aprì gli occhi: “La Macchina ha ripreso a sognare, l’ho sentita dettare… “, disse a fil di voce San Sebastiano. “Come? Chi sognare?”
ha
ripreso
a
“La Macchina…Rosa Ferenczi…sogna e detta quello che sogna agli androidi..dovresti saperlo…” Bogie lo guardò stralunato. Il corpo del giovane si stava dissanguando. “E perché dovrei saperlo?”, urlò con tutta la voce che aveva in corpo l’impresario, “Io che c’entro?” “Come? Non hai capito? Non mi hai sentito quando ti parlavo?” il ragazzo fissò il trench di Bogie “non hai per caso trascritto tutti i suoi sogni? I sogni che io ti dettavo?” Bogie impallidì, prese tremante il suo taccuino e fisso quello di San Sebastiano “Sì esatto, anche io li ho trascritti, e ho cercato di comunicarteli, anche se molto sarà stato corrotto , anche se molto è andato perso” “Ma che significato ha tutto questo? Che significa?”, chiese esausto.
“La Macchina ha sognato l’avvento di un nuovo Messia, di colui che avrebbe sognato di nuovo. Di un uomo che sarebbe sfuggito alle regole folli di una riorganizzazione a Fasi psicoanalitiche, di Fasi Personali, di coscienze collettive e sociali… Rosa Ferenczi sognò di un poeta, e per questo pensai a te e all’unico posto dove l’arte ancora viveva, al Teatro instabile Bereshenko!”. Senza voce e quasi balbettando Bogie si avvicinò al ragazzo, lo prese per mano e disse “Teresa?”. Il santo non rispose subito, i suoi occhi si bagnarono di lacrime e la bocca divenne porpora intrisa di sangue. “Rispondimi Cristo, Teresa? Teresa è il Messia?” “No Bogie, non è Teresa… lo pensavo anche io…”. I due si guardarono negli occhi finchè San Sebastiano morì. Fu solo allora che Bogie strappò di mano il diario di Giulio Gheel e lo sfogliò velocemente in preda quasi ad una follia. La mente dell’impresario vacillò quando nell’ultima pagina scritta trovò una poesia che il ragazzo aveva dedicato al figlio appena nato, partorito dalla Signora B.
50
Maldonian City Blues Meteora Maldonian circondata da radiazioni gatti Renault vecchia e Mario impaurito un altro Settore è appena nato bambole di pezza omosessuali e psicologia è l’anno del SignoreGatto All’università Tzozius
studiava
nell’Ungheria polverosa
51
Tradimento
Il nonno, ricordi?
bellezza,
lo
Lo ricordo bene nudo su una specie di culla tra le mani giovani cavi Tutti attorno barattoli di frammenti di ricordi tap tap codice morse Durante la guerra se ne faceva grande uso, bellezza Lo so, ma non è quello, è come se mi ritenesse un fantasma, eppure è un sogno reale
Ma io non l’ho mai conosciuto realmente cioè il sogno reale sì ma sono nata 457 ore dopo la sua morte Ahahah, la morte. Bellezza, quanti anni hai? Io ricordo nonno! Sta dicendo, cioè stava sussurrando del suo lavoro alla Maldonian Milk, del tradiren non capisco nonno, lo perdo Stacca, Kimber06, così non ci è di nessun aiuto Come volete, signora.
Lo sollevo, adesso è dentro una specie di vasca per vecchi piena di sale o di ghiaccio Sanguisughe! Sanguisughe fumano lungo la sua colonna vertebrale Ce le abbiamo messe noi, bellezza, insieme: ricordi?
52
Ritratto Maldoniano di un esule inconscio
morbido bisogno di fuga dipinto negli occhi impiegatizi, quasi il presentimento elettrico: lievi
di
un
scosse
destino
turbavano
dall’infanzia Mario T., scosse alle punte dei piedi quando andava bene, in altre zone meno nobili quando la sorte lo derideva.
Capitolo 1
Non fortunato con le donne, buon
“L
bevitore,
a
Mario
T,
vecchia
radio
scarso
negli
sport
individuali,lievemente misantropo.
augurava
il
buongiorno
a
Il ritratto maldoniano dell’”esule
preannunciandogli
inconscio”. Li chiamano così, i
pioggia e il rilascio di 300
terrestri
prigionieri palestinesi in cambio
Macchine catturano durante le
di un soldato israeliano. La sua
loro orge spazio-temporali: chè
reazione fu un clic di addio alla
per loro è come far l’amore con
piccola
dei
compagna
tecnologica,
che
cavi
annualmente
sepolti
sul
le
fondo
mentre con mano assonnata si
dell’oceano: se li ficcano ben bene
accendeva una sigaretta: la strada
nei loro meccanismi perversi e ne
scorreva ingombra di ferro e
traggono carne umana per il loro gigantesco esperimento.
carne, giù Zanzotto”.
giù
fino
a
via
Tutto si svolse come sempre Nel mattino della cattura spaziotemporale era così che doveva apparire il figlio di Tzozius, nella
un telo nero ricoprì i sei vetri della Renault di Mario
sua bellezza terrena: capelli neri ondulati, riga a destra, giacca grigia,
Marlboro
nel
taschino
sinistro, scarpe scure opache. Un 53
lui frenò, schiantarsi
fece
come
per
ma tutto si svolse come sempre
emittente. La macchina sbandava ad ogni curva, la neve stava
nessuno schianto nessun rumore
attaccando e la pazienza si fece una sottile lamina di alluminio, ad
porte bloccate
ogni scossone sfregava tra il cervelletto e l’ippocampo creando
il sonno
un follia elettrica causa poi della sua emicrania. Si accese una
quattro ore nel nulla dello spaziotempo
Marlboro
ingerì
una
aspirina
ritrovata nella tasca anteriore dei Jeans, sputò sporcizia imbevuta di
in compagnia di neutrini ballerini e sogni di baldracche. Poi l’atterraggio: come al solito brusco, di fronte al cartello con su scritto: “Be_<e__ti a Ma_donia_”. Come tutti gli altri, anche il figlio di Tzozius l’ungherese vomitò istantaneamente l’anima terrestre.
saliva e vecchio tabacco e si concesse una pausa dalla vita. Il tergicristallo era un’onda bianca sul parabrezza, l’aria calda che usciva dal bocchettone più che riscaldarlo gli conficcava nella gola aghi di bruciatura elettrica condensata. Perlamadonna
che
serata
incredibile- pensò tra se Mario T.
Capitolo 2
mentre con una mano teneva il volante
oramai
quasi
fuori
controllo e con l’altra cercava di rimettere l’accendino nel taschino
L
a visione notturna della vecchia carponi lo scosse a tal punto da fargli
perdere il sonno per notti intere, l’appetito va da sé si fece una nauseante abitudine nervosa.
della giacca grigia. Mario T. aveva
comprato
all’inizio
dell’estate quella Renault 4 celeste ad un prezzo veramente irrisorio. L’occasione
l’aveva
colta
contrattando il prezzo con un tossico di San Giovanni, uno che
Accese la radio non riuscendo però a sintonizzarsi su nessuna
aveva garantito al giovane la validità dei documenti ma non
54
della revisione, scoprì malgrado più avanti Mario.
suo
La neve si adagiava silenziosa sull’asfalto e negli aghi dei pini, il
No vabbè te la do ma insomma è di mia madre quindi…
buio della notte le faceva da contrappunto. Neanche fossi
a Twin Peaks-
Senti io non voglio rubare niente a
pensò – e adesso? Che faccio,
nessuno, sono comunista anche io,
aspetto
cioè di sinistra, sai oramai dire… lascia perdere insomma se per te
radiatore? Come se sapessi che il problema è il radiatore…
va bene ho qua i soldi, poi per il passaggio..
D’un tratto mentre Mario stava
che
si
raffreddi
il
rimuginando sui problemi tecnici E’ che mia madre cioè alla fine la
che
macchina non l’usa bloccata a letto però..
trasmissione di una autovettura e
più,
è
la
intercorrono
tra
coibentazione
del
la
sistema
frenante qualcosa si mosse nella Fa niente dai, a me ste storie non è che…
zona morta della sua visuale. Strizzò gli occhi e vide qualcuno muoversi nel primo sottobosco
No no dai ok
oltre il ciglio della strada. Si avvicinò sputando la sigaretta
Che merda era stato, pensò Mario
oramai intrisa d’acqua. Come si
T, la storia della madre non è che
fece
fosse vera, ne era sicuro però dai,
segnaletico
trattarlo a quel modo solo per
anziana in vestaglia carponi che si
sentirsi più intellettuale dentro la
trascinava tra un albero e l’altro.
sua Renault 4 celestina, con le sue
Aveva i gomiti escoriati ed il
polacchine e la giacca grigia … di
prossimo
ad
vide
una
una
palo
signora
tessuto della maglia da notte
colpo dal cofano uno sbuffo
strappato. Sopra di lei a cavalcarla
sospetto. Si fermò sul ciglio della
un uomo anoressico sui trent’anni,
strada e scese. Si strinse le braccia
completamente
intorno al corpo con la sigaretta di
sguardo allucinato. La teneva per i
traverso, la neve che gli bagnava
capelli bianchi, le ossa delle sue
le lenti degli occhiali da vista, desolazione ovunque.
anche gli sfondavano i glutei, la
55
nudo
e
dallo
colonna vertebrale era un parassita
richiudere la portiera, non riusciva
sotto la pelle. Il pene raggrinzito
a respirare sentiva che stava per
appoggiato sulla schiena di lei.
vomitare ma non si fermò. Più
Entrambi erano sporchi di fango
volte rischiò di uscire di strada,
come se fossero caduti e si fossero
più volte vide il suo corpo
rialzati
sfracellato fra le lamiere. Le luci
più
volte.
Mario
indietreggiò in preda al panico,
dei
scivolò sull’asfalto bagnato, batté
apparizioni
la spalla imprecando in modo
desolata, il assiderando.
vergognoso e si rialzò di scatto.
lampioni in
fluivano
come
quella
strada
freddo
lo
stava
La vecchia lo vide e girò la testa nella sua direzione, l’uomo alzò la
Come riuscì a tornare a casa non
vestaglia di lei e le mise una mano a sfiorarle l’ano.
seppe mai spiegarselo, sentì una forza a spingerlo, a guidarlo. Era in uno stato catatonico, rimase
“Ho visto il mondo per te – disse
cinque minuti a fissare la toppa
la vecchia con i capelli bianchi e
della porta dell’appartamento, poi aprì. Trovò Lola ad aspettarlo.
bagnati che le coprivano il viso, una massa informe di vermi che le strisciavano tra le rughe – ma la papessa è dal verso sbagliato e i generi sono invertiti ”, l’uomo iniziò a masturbarla.
Capitolo 3
Mario ammutolì. Per un attimo pensò che sarebbe morto là, che l’avrebbero
potuto
anche
mangiare vivo, era terrorizzato soprattutto da quello scheletro d’uomo che toccava la donna anziana.
S
ai dove ti ragazzo?”
trovi,
“Vi ho detto che non capisco un cazzo di
quello che dite, che lingua è?Yiddish?”
Aprì lo sportello dell’auto girò la chiave nel cruscotto e la Renault
“Prova tu, Kimber08, se continua
si accese. Partì senza neanche
così
lo
rimandiamo
indietro:
questo secondo me non riesce 56
nemmeno sognare”.
a
dormire,
figurati
Si risvegliò seduto su una poltrona gialla, la mano posata sulla testa di un cane enorme, sporchissimo,
“Dopo il disastro di quattro anni
di nome Lola. “Puoi fare una cosa
fa non possiamo permettercelo, lo sai, AltoPrete34”
per me?”, gli chiese una signora in
“Sì lo so, lo so, ma figurati se…” Si bloccò di colpo, fissando ebete Kimber08: l’androide si era come
vestaglia e camicia da notte, spuntata da chissà dove, con occhi languidi da vecchia troia. Mario T. riuscì solo a rispondere: “Sì, mamma, credo di sì”.
bloccata, il petto infuori, rigida. “Errore di connessione”, iniziò a
“Caro
ripetere monotona, lo sguardo
Mariolino”,
fisso sull’uomo. Mario T. vide
aprendosi un varco con la mano
balenare il terrore negli occhi
ossuta tra le pieghe della camicia
dell’ebreo, e ne approfittò: prese
da notte. “Porta questa a Tzozius,
la prima cosa che gli capitò sotto
da parte del suo amore”. “Oh,
mano – una specie di telecomando
cer….certo ma….cos’è?”
antiquato
–
e
colpì
l’uomo
Mariolino, rispose
dolce, la
caro donna,
ma…mma,
ripetutamente. Successe tutto in un attimo: aprì la porta del container, iniziò a correre.
“Come cos’è, Mariolino, cosa vuoi che sia? E’ un sogno, siamo qui per questo, ricordi?”.
Passando in mezzo a una dozzina di androidi immobili, un coro lo
Lola nel frattempo pisciava su un
accompagnava nella fuga: “Errore
tappeto dai contorni indefiniti.
di
“Un sogno – biascicava la troia – un sogno per papà”.
connessione”.
Stava
oltrepassando un cancelletto di ferro
arrugginito
–
in
cielo
infuriava l’alba – quando una mano lo afferrò. -
57
Capitolo 4
un Bar
Mitzvah
(accennò
un
sorriso incerto)… speriamo si blocchi però …
Tagliare ciò che è incompleto e dire: Ora è completo perché finisce qui!
L
Già, si certo, ci mancava che fossi un ebreo inconscio. Lola
lo
guardava
languida,
accovacciata ai suoi piedi magri. a frase di Herbert lo
Non era mai stato grasso per
assillava
da
quando
carità, ma dall’incontro del mese
aveva
avuto
la
scorso con la vecchia pazza e del
conversazione Lodiani.
con
il
Dottor
tipo
che
la
cavalcava
aveva
smesso di avere un’alimentazione se non corretta almeno regolare.
-Possibile dottore?! Ma non sarà
Si potevano contare le sue coste in
stress? Alla fine è sempre così,
un deserto di pelle sudata ed acre,
non se ne capisce la causa allora si
occhi stralunati ed ossessivi. Ogni
tira in ballo lo stress, riposi un
sguardo dava l’impressione di
po’, qualche pasticca di Jinseng e lievito di birra la mattina…no?!
essere la risultante di ore di
- Non lo so Mario, che devo dirle,
benzeniche di colla, cenere di sigaretta e insonnia.
lacrime
acide,
esalazioni
in effetti mi piacerebbe darle una risposta più chiara ma il fatto è
Non riusciva proprio a mangiare
che la pelle del suo prepuzio si sta
con gusto, ogni volta si infastidiva
essiccando,
tra
al solo pensiero di sedersi a tavola
qualche giorno potrà togliere la
praticamente
e allora apriva il frigorifero e
crema antibiotica e le asporterò le croste
trangugiava in piedi la prima cosa che trovasse, fissando la finestra. Lola dal divano sonnecchiando
-Mi vuol circonciso?
dire
che
resterò
teneva d’occhio il padrone, in qualche modo protettiva. Una sera di particolare insofferenza prese il
-Se riusciamo a bloccarla si, alla
lungo cappotto nero, uscì di casa e
fine potrà dire che è colpa di 58
si mise a camminare. Chi lo
conficcavano nei sanpietrini. Vide
avesse visto da lontano si sarebbe
crearsi di fronte ai suoi occhi
spaventato
strutture
immaginando
una
metalliche
,
trincee
marionetta a grandezza d’uomo
elettriche, cimiteri di marinai che
vagare
deserte
ancora dovevano nascere, vestigia
indossando un paltò di almeno tre
di un impero futuro. Non riusciva
taglie
aperto,
neanche a sentire i suoi pensieri
trascinato dalla notte. Ma pochi lo
tanto era il fischiare del vento.
videro perché era una notte sorda,
Quella
pericolosamente ventosa. Come
sussurrava
alle
trascinato dall’alito di Dio Mario
stanche
pensieri
sbandava ad ogni crocicchio, le
infinitamente più grandi della sua
vetrine dei negozi a ricordargli il suo folle vagare notturno.
semplice realtà. Non avrebbe retto ancora per molto.
-Stattene a casa demente, non vedi
Sentì un rumore di schianto, il
che non c’è nessuno, non senti che
frastuono di denti da gigante che
Dio è adirato? Non vuole nessuno
sbattevano, tonfi sordi di duro
per le sue strade e per questo sta
legno. Qualcuno stava cercando di
sbuffando, rischierai di morire se continui a sfidarlo.
comunicare con lui, ne era certo.
per
le
più
strade
grande,
sorda
confusione sue
orecchie surreali,
Era un antico portone lasciato aperto. Esausto vi cercò riparo, lo
Non ci parlo con i televisori
sfintere di un imponente palazzo
esposti nei negozi, non sono così pazzo!
settecentesco, in via dei Gatti.
Qualche
altro
passo
incerto,
Appena dentro lo sbarrò con l’enorme chiavistello arrugginito e si mise le mani fra le tempie.
pagine di giornale come meduse nel vento, un oceano fischiante di desolazione
ovattata,
terrorizzato
ed
Silenzio.
assisteva
estasiato
allo
Per favore silenzio.
spettacolo divino della profondità di una notte unica. Articoli di
Non chiedo altro, silenzio Cristo.
cronaca nera si scomponevano in lettere d’acciaio che cadendo si
59
Fuori la confusione del nulla, dentro solo lui e il bambino.
Un bambino?
jazz,
credo
conosci
Miles
Davis,
Miles Davis?
lo
(chiese
Il bambino lo fissò con un cipiglio
divertito Mario T.) no?… beh era,
grottesco,
era un negro che suonava bene (sorrise)
le
stringevano
mani le
unte
che
ginocchia.
Un
odore di cantina stantio permeava l’androne del palazzo, avvolto
Il bambino si alzò di scatto e
dalla penombra M. non riusciva a togliere lo sguardo dal fanciullo.
scappò su per le scale lasciando la sua pizza. Mario rimase per un attimo a fissarla lì immobile,
-Chi sei? Sei venuto a portarmi la
mezza mangiucchiata ed unta. La
legge? Mario non rispose, vicino
musica
al bambino della carta alimentare
convulsivo. Anche lui salì per le
con sopra un pezzo di pizza alla cipolla.
scale.
era
un
Trovò
bisbiglio
una
porta
socchiusa (possibile che nessuno chiuda
una
porta
in
questo
Davis
stava
-Quale legge?
palazzo?) Miles
-La sua legge, io non la voglio,
suonando dentro, odore di aglio soffritto e peperoncino.
non
voglio
più
leggere
da
ripetere”,
- Permesso? Vide un uomo intento
voglio solo mangiare la mia pizza.
a cucinare ai fornelli con una
Se viene a prendermi lo getto giù dalle scale.
sigaretta accesa in bocca. Aveva
“l’insegnamento
un lungo abito talare nero che lasciava scoperte le gambe nude e
Stava parlando di Dio.
sudate,
i
piedi
calzavano
Havaianas color crema. Così su -Vivi qui? Il ragazzo annuì,
due piedi sembrava un malese e
volgendo lo sguardo alla tromba
da quello che stava cucinando
delle scale. Il palazzo era antico e
probabilmente non si era molto
fatiscente, la griglia metallica dell’elevatore tra di loro.
allontanato dalla realtà. L’uomo senza voltarsi gli rivolse la parola:
- Che cos’è questa musica che sento, viene da casa tua? No? E da
-Entra e siediti, i gamberetti sono quasi pronti.
dove viene? Sembra, sembra come 60
Possibile? Un prete Malese? Se non
fosse
per
questo
odore
pungente di maiale e gamberi penserei ad un’allucinazione.
-Ma sei malese? I malesi sono cattolici? - Sei stato fortunato a trovarmi in casa, ti è piaciuta la cena?
Il prelato spense il gas del fornello, appoggiò la sigaretta
-Si..
vicino ad un bicchiere di birra, e si mise a tavola. La padella sopra
-Perché digiuni? Hai avuto paura?
una tovaglia sporca, i suoi occhi che lo fissavano.
-Tu che ne sai? (chiese stupito M.)
-Abbassa la musica fammi il
-Io la conosco la paura, Dio mi
favore ho le mai unte e non arrivo
parla, mi sussurra cose oscene,
alla manopola, è un vecchio vinile, Tutu, mi piace.
credi che non conosca la paura? Non dovresti uscire di casa in notti come queste, il vento è
-Anche a me (fu il massimo che riuscì a dire)
pericoloso. La pioggia piange per i nostri peccati ed è per questo che è dolorosa mentre il bianco della
Mangiarono in silenzio il riso
neve è il male che si manifesta ma
piccante bevendo birra, dopo tanti
il vento, il vento è follia. Il male si
giorni
finalmente
può anche combattere Mario, ma
Mario riuscì ad apprezzare quello
puoi combattere la tua follia? Se
che aveva in tavola. Il malese non
non sai di essere folle come puoi
distolse mai lo sguardo dal piatto, infine fissò la finestra.
ribellarti,
di
digiuno
perché
dovresti
ribellarti? I santi, i santi Mario erano dei folli e per questo erano
-Notte funesta vero?
grandi, sei un Santo Mario? Sei un santo tu?
-Sei un prete? -Tira vento da portar via, dove andavi?
61
Fin dove vuole spingersi? Che cosa vuole da me?
Capitolo 5
cacciatore
di
modello
sogni,
(Chiesa56H),
ultimo e
si
spensero in attesa del successivo risveglio.
E
cco, io…dovevo portare questo a voi, credo…
Il
sapore
della
cipolla
era
insopportabile, ma oscenamente
“E ‘questo’?”
cosa
sarebbe,
buono. Il bambino si pulì le mani sulla sua tunica sporca e disse a Mario:
“Ecco, questo è….è il sogno di mio padre, però, però bambino, ecco, io….”
quel
“Adesso
puoi
andare,
sappiamo chi sei. Che Lui ti benedica”. E Mario andò, iniziò a correre
e
vide
torrenti
di
informazioni scorrere lenti lungo Mario T. si risvegliò in una specie
le
di sala operatoria, della musica
Maldonian, vide puttane senza
(rumori
denti sputare sul marciapiede e
più
che
altro)
lo
facciate
dei
palazzi
di
assordavano: poi mise a fuoco.
chiamarlo
Due tette lo guardavano rilassate.
Bernardino, vieni qui, assaggia
Era un’androide curatrice di terza generazione.
questo”, spogliarsi tossiche di
“Benissimo,
Mariuccio,
benissimo. Rilassati, dormi un altro po’” “No no, io cazzo, io non voglio dormire, caz” Gli (o forse sarebbe meglio dire “le”
androidi)
si
guardarono
soddisfatti, con in mano quel
“Ehi,
piccolo
fronte ai suoi occhi angosciati, mostrando rotondità cancerogene e denti trasparenti. Lo colpirono due cose: le sue scarpe (o meglio: le scarpe che non aveva) e l’acqua del mare in cui si ritrovò a correre, verso una piccola torre con su scritto: “Dall’ungherese: minestra di gatto malesiano”. “Papà”, disse Mario. Senza sapere perchè.
piccolo crocifisso fatto di cavi elettrici intrecciati che il figlio di Tzozius aveva dato dato loro. Aumentarono
il
volume
del 62
Capitolo 6
L’unica cosa che ebbe come risposta fu un’alzata di spalle ma niente di più
M
ario stava fumando
-Niente eh, di poche parole …
in terrazza mentre qualcuno dietro di
lui lavava delle stoviglie. Un
-Che vuoi che ti dica? Che so come ti chiami? No non lo so
odore acre di fritto e sapone al limone permeava l’aria misto alla pungente persistenza del bambù
- Mario Tzotzius – l’interruppe il giovane in modo secco e nervoso
del separé, la casa del prelato aveva qualcosa di intimo ma allo stesso tempo inquietante.
- Ecco Mario Tzotzius ora so come ti chiami ma sinceramente non mi interessa, anzi fammi il
Il vento si era calmato ed ora finalmente la città aveva ritrovato
favore passami anche la padella che la..
la pace persa, i nervi di Mario però ne erano usciti sfibrati e profondamente lesi. -Posso farti una domanda?
Il
- No che non te la passo vecchio rincoglionito- Mario si bloccò di colpo, aveva superato la linea, aveva esagerato
prete non rispose, stava di spalle asciugando
piatti
e
bicchieri
- Scusa, non volevo è che…
immergendo le mani in un mare di dal
Il malese si fece avanti, prese la
il
padella, lo fulminò con lo sguardo
pavimento, piedi sudici, mattonelle e sigarette spente.
e poi continuò a lavare i piatti. Un
schiuma
che
vecchio
lavabo
sgorgando inondava
silenzio
di
tomba
rese
la
situazione ancora più tesa e -No dico, cioè mi chiedevo ma tu
surreale, se fosse stato possibile.
mi conosci? Perché non so ma ho
Ad un certo punto mentre si
come l’impressione che … mi sbaglio?
asciugava le mani con un vecchio
63
straccio il malese si voltò e gli parlò.
- Sei Ungherese vero?
- Sei sicuro? Nulla accade per caso, niente senza motivo, sai
- Eh si, anche se il mio cognome in teoria è di origin..
perché viene ricordato? Viene ricordato perché divise il suo mantello con un povero, un
- Sai come si chiama il santo più
mendicante, il Santo dal mantello
importante
corto,
venerato
in
la “cappella” appunto,
Ungheria,dalla chiesa Cattolica e
colui che divise la cappella, ti
Copta? santo non martire?
ricorda qualcosa? Chiese in modo
L’unico
beffardo e con occhi folli il prelato malese.
- Io in realtà sono italiano perché mio padre è ungherese, ma è
Mario
andato via di casa molto tempo fa,
parole del medico dopo l’ultima
diciamo che è sparito e insomma non so..
visita: “la pelle del suo prepuzio si
raggelò
pensando
alle
sta essiccando, praticamente tra qualche giorno potrà togliere la
-
Sai
come
si
chiama?
L’interruppe in modo brusco il prete
crema
antibiotica
…
rimarrà
circonciso”, il fiato gli mancò in gola e non trovò nessuna parola per controbattere.
- No, non lo so - Martino di Tours, come te…
-Con chi hai diviso il tuo mantello Mario? Quale povero ha avuto bisogno del tuo aiuto? Si è poveri
-No,io mi chiamo Mario - Appunto -Eh no, al massimo c’è una
solo di danari Mario? Oppure si può cercare uno spiraglio di luce e di salvezza per l’oblio dell’anima? Il prete strinse forte le spalle di
lontana assonanza tra Martino di Tours e MarioTzo Tzius…
Mario
Ci fu un attimo di silenzio
dal sonno dell’incoscienza alzò sempre di più il tono della voce
oramai
inebetito
e
scrollandolo come per svegliarlo
64
-
Sei
sicuro
una
circondava la sua via Stato, gli
coincidenza la tua origine razziale,
ultimi condomini tornavano nei
etnica, la tua linea di sangue, il tuo
loro minuscoli monolocali, una
nome, la tua follia la tua santità?
pattuglia di androidi osservava la
Sei
scena
sicuro
che
che
sia
sia
pura
dalla
scintillante
coincidenza che il vento ti abbia
telepostazione
portato da me? Chi hai visto nei
L’ungherese abbassò le palpebre, giusto il tempo per sentire
boschi il mese scorso? Chi erano i
all’angolo.
poveri a cui hai dato un’offerta? Chi hai aiutato Mario? – Occhi
uno strascicare di piedi
febbrili scrutarono l’anima di Mario, lampi ossessione.
di
pazzia
ed
Vieni con me voglio farti vedere qualcosa!
elettricità lungo la schiena il cuore dire: “Eccolo, eccolo, cazzo eccolo!” un orgasmo di figlio tra le lenzuola
Capitolo 7
la
sua
mano
bianca
rugosa,
imbevuta d’acqua, accarezzare un volto nato dal suo sperma
I
l vecchio ungherese si accese
elettrico
una sigaretta e pensò a quando da piccolo amava
mangiucchiare le scarpe di suo padre. Se ne stava rintanato sotto
I sogni, eccoli in fila, uno a uno, abc e sono tutti dentro schedario della polizia….
lo
il bancone di quella squallida drogheria ebraica, a guardare le
Mario farfugliava confuso: “Ma
gonne pudiche delle clienti e a
non può essere stata la mia confess..
ciucciarsi quelle fetide scarpe. “E chissà poi perchè si levava le scarpe a lavoro, quel povero pazzo di papà!”, sussurrava sorridendo Tzozius. 65
Un
alone
grigio
io non ho no!”.
“Sissignore, perfettamente”
ho
capito
PRIMA, MOLTO PRIMA “E ora mangia…sai, le ho fatte ---
come
“Pengajaran?”, chiese il malese provocatore.
dice
quel
televisione, predicatore…”
tizio
alla
sai,
quel
“Rovinus?” “Eh…pengajaran, ne
pengajaran….che santità,
che
ne
so,
sua
so…forse
“Lui, l’uomo delle uova, proprio lui”
dovremmo chiamare quelli del Governo, loro se ne intendono di favole…sì, insomma…di sogni”.
“Ottime, sua santità, ottime”.
L’uovo cadde sfrontato nel piatto del povero Informatore. “Portami Humboldt”.
quel
ragazzo,
“Come vuole, sua santità…anche se…” “Anche se?”
Capitolo 8
C tempo,
“Anche se…niente, sua santità, niente. Proveremo a deviare il suo percorso”.
un gran casino se n’era reso conto ormai da
mai
però
si
sarebbe
aspettato quello che gli stava per accadere. Il
“Humboldt…non
he si stesse cacciando in
prelato
malese
accese
dobbiamo
l’interruttore della cantina, si girò
deviare proprio niente. Lui deve
verso Mario e con la mano gli fece
venire da noi spontaneamente, capito?”
cenno
di
scendere
le
scale.
Quando gli passò vicino il ragazzo ebbe come un imperscrutabile 66
presentimento, un brivido lungo la schiena. Che cosa voleva dire
Non ho capito, cosa stai cercando di dirmi?
tutto questo, a cosa stava andando incontro?
Ora sentiva l’odore pungente della pelle
“ Forse farei meglio ad
-
andarmene,
non
conosco
quest’uomo, potrebbe essere un folle omicida”
anche
dell’uomo,
investito
da
quella mistura di aglio e sudore, incenso e sigarette si fece forza per resistere alla nausea. -
Mario, dov’è tuo padre?
Presagi ed eventi sono la risultante
Dove affondano le tue radici? Non
di una mente analitica- disse il
stiamo innaffiando la tua terra
prete- ogni singolo evento della
perché vogliamo che diventi più
nostra vita, ogni pensiero ed ogni
resistente,
scheggia ossessiva sono solamente
pianta trae la sua forza, il colore
il
rosso dei suoi semi, aspri e feroci feriscono il palato i suoi frutti…
manifestarsi
continuo.
di
un
La
flusso potenza
dalla
sofferenza
la
dell’imperfezione risiede nella sua ineluttabile
inaccessibilità,
non
stiamo parlando di inconsistenza ma di permanenza, di permeazione, di santità.
-
Non stiamo innaffiando?
Ma di cosa parlando? Chi siete?
stai
Si girò completamente solo per Mario si bloccò. In quel momento
affrontare la figura dell’uomo di
gli stava dando le spalle, era
fronte a lui. Il malese era molto
bloccato a
più
metà delle
scale.
alto,
sporco
e
scuro,
Sentiva la presenza dietro di lui,
oscenamente carismatico. Si sentì
quella figura elettrica si imponeva
afferrare la mano e di scatto
nell’angolo
indietreggiò
oscuro
della
sua
di qualche
passo
ignorarlo
rischiando di cadere verso il
anche se non lo vedeva. Cercando
basso, verso la cantina. La stretta
di
girò
dell’uomo però si fece insistente,
solamente la testa, il mento a
lo trattenne ma non fu per il
toccare la spalla, il tono della voce lontano quasi assente.
ragazzo un’ancora ma principio di
visuale,
67
non
apparire
poteva
tranquillo
perdizione.
Stavano
infatti
manifestandosi in Mario tutta una serie di sintomi che all’inizio furono
attribuiti
cantina non aveva pareti ma solo contorni e linee indefinite.
all’eccessiva
sazietà ed all’alcool ma poi non
-
poté nascondersi la natura narcotica di quelle sensazioni.
ma mai seguita da pentimento, sai
La vergogna prima di tutto
decifrare
i
segnali
della
perdizione? Della tua perdizione? -
Non
mi
sento
bene,
lasciami, devo tornare a casa… mi fa male la testa, lasciami perdio…
Non devi vergognartene perché nascono
solo
dalle
tue
potenzialità, devi averne paura perché possono ucciderti, renderti
Scendi forza, ti stanno aspettando!
inerme
ma
devi
affrontarle!
Capisci cosa sto cercando di dirti? Eh Mario?
Mario sentì mancarsi a quelle parole, si voltò come per capire di
Mario era come una pupazzo di
chi stesse parlano ma la luce fioca
stoffa accasciato su una sedia di
della cantina delineava solamente
legno incapace di reagire in modo
i contorni di figure ed oggetti indistinti.
concreto, i suoi occhi roteavano in preda
al
panico.
Cercò
di
articolare delle frasi ma le parole Era stato drogato, ne era sicuro, era in trappola.
gli morivano in bocca in mezzo ad un flusso melmoso di saliva e catarro.
Il
prete
lo
Fissò
con
rabbia
schiaffeggiò
animalesca il rapitore, in un
violentemente e quando il ragazzo
impeto di ferocia lo sfidò con lo sguardo.
lo fissò inebetito e stralunato il malese gli sputò in faccia, poi un colpo diretto alla bocca dello
-
stomaco. Cadde in ginocchio,
figliolo, stiamo parlando proprio
inerme e suppliziante, penitente in
di questo, Maldonian! Hai mai sentito parlare di Maldonian?!
cerca di assoluzione Mario gli
Esatto
Mario,
esatto
afferrò le gambe nude sotto il Maldonian … non l’aveva
vestito talare e si mise a piangere.
-
Fu trascinato con forza ad una
mai sentita nominare, ma quella
sedia, la vista era offuscata, la 68
parola
aveva
qualcosa
di
martoriati, brividi di febbre gli
familiare, di perverso e di infantile in un certo qual modo materno.
ricordavano in quale situazione fosse.
L’aria della cantina era asfissiante,
Davanti
caldissima ed umida. Sentiva i
crocefisso, alto quasi due metri,
polmoni sofferenti, la respirazione
una
affannata sussultava in scatti di
cristiana e violenta su cui era
tosse, doveva esserci qualcosa che
inchiodato un cristo sofferente, un
rendeva esasperante anche il solo
vecchio legno laccato di rosa in
soffermarsi in quel luogo. Magari
più punti scrostato, sembrava
una caldaia, un qualche motore
essere stato trafugato da una
elettrico, non era possibile che
chiesa antica. Sopra al viso era
fosse così naturalmente, fuori la città era gelata.
stata messa una foto a grandezza
a
lui
croce
un
d’ebano
enorme possente,
naturale di Fela Kuti, il viso sorridente del “presidente” nero. Il
Il malese si abbassò verso il
tutto aveva il sapore blasfemo
ragazzo e gli prese il mento tra le
della
mani, gli alzò il viso e gli sputò di nuovo.
dell’irriverenza ma ancora più
sfrontatezza
e
inquietanti erano i cavi elettrici e il motore a benzina ai piedi della
Mario,
-L’umiliazione
croce.
Come
fossero
vene
l’umiliazione può solo renderci
sclerotiche i cavi uscivano dal
migliori, guardati intorno ragazzo,
corpo del cristo là dove la lacca
saluta coloro che sono venuti a trovarti.
scrostata
aveva
lasciato
intravedere il legno e andavano ad inserirsi nel motore.
Allora Mario si rese conto di non essere solo in quel luogo, figure
Intorno al Salvatore stavano in
immobili
piedi dei bambini immobili che si
lo
fissavano
dalla
penombra della cantina. L’odore
tenevano
acre di bottiglie di vino marcio lo
visibili
facevano lacrimare, rivoli salati
cantina, i loro piedi scalzi feriti
generati dalla
fronte
bagnavo
dai vetri rotti delle bottiglie
quegli
già
abbastanza
incrostate di vino rosso. Al centro,
69
occhi
per nella
mano, penombra
appena della
come fosse una figura messianica
destino che si sta dispiegando
Mario vide la vecchia in vestaglia
sotto i tuoi occhi. Non cercare di
che
turbato.
capire non potresti anche volendo,
Nonostante la follia della scena e
la realtà ha mille volti e quello che
del terrore che stava per piegarlo
conosci tu purtroppo è solo il più
notò
rassicurante. Dalla follia della
tanto
l’aveva
subito
sembrava
che
la
rigonfia
vestaglia
sotto
alla
perdizione si possono intravedere
gonna, come se fosse seduta sopra
spiragli di alterità, altri mondi
una cassa o qualcosa del genere. Il
fuori di noi. Ogni porta ha la sua
malese
chiave Tzozius e questa è quella di Maldonian.
accennò
un
sorriso
beffardo e guardando la vecchia albina si rivolse a Mario
Nessuno lo chiamava mai per -
Ti ricordi di lei Mario?
cognome e lui preferiva così,
Dimmi ti ricordi di lei? Ti ricordi cosa ti disse la prima volta?
sentiva che in qualche modo era
Non riusciva a parlare, sentiva che stava per vomitare.
una forma superstizione. -
ma
“ Ho visto il mondo per te la
papessa
sbagliato e invertiti…”
i
di
Ho predetto per te i
tarocchi, -
scaramantica
devianze
sessuali,
cambiamenti
evolutivi.
dal
verso
prepuzio
è
generi
sono
mutando, non uomo ne donna ma
è
si
Il
tuo
essiccato,
stai
bellissimo Santo, genere ibrido di fecondità,
retaggi
razziali
ed
Il prete lanciò ai suoi piedi due
espressioni religiose riaffiorano in
tarocchi consunti e sporchi d’olio
te,
(di pizza alla cipolla forse?),uno
accettare la nuova realtà. Noi
raffigurava il Mondo e l’altro la
possiamo darti la chiave per
Papessa. Solo allora la vecchia degenere parlò
Maldonian, ma passa per una
-
devi
liberarti
per
poter
strada di dolore e follia. Credevi forse che ci fosse un altro modo?
Non si possono cambiare
gli eventi Mario quando questi
Fu allora che una bambina si
sono scritti nel sangue del dolore,
staccò dal gruppo e si avvicinò a
avevamo
predetto
per
te
un 70
Mario, gli prese la mano e la
contorto. Si avvicinò muovendosi
baciò, poi gli altri si fecero avanti.
a scatti per la posizione immonda
Alla fine di ogni cavo elettrico
che la costringeva a camminare come fosse un insetto.
c’era una ago di siringa fissato a dei tubi in vetro. Tra urla di dolore
Vogliamo che tu l’accenda,
e spasmi di sofferenza Mario fu
-
“collegato” al motore della sua
FALLO MARIO, mio Caro Mariolino, dolce, caro Mariolino
Renault 4 appositamente smontato per l’occasione, gli fu fissato sulla schiena a mo di zaino, Tzozius a
Il motore sbuffò fumi di benzina
carponi sotto il peso di quella ferraglia.
soffocanti, si riscaldò in fretta e incominciò a martoriare la schiena del ragazzo sotto il martellante
Vogliamo che tu l’accenda
tonfo dei cilindri. Come un cane
Mario, vogliamo che tu senta
Mario piangeva riverso a quattro
nelle
zampe ma a confortarlo c’era lei,
macchine, nelle “macchine” come me, come noi.
ora che gli appariva come sua madre.
La vecchia alzò la vestaglia per
-
svelare il suo segreto. C’era sotto
sempre un sognatore e anche se
di
quell’uomo
questo non piace a papà noi non
anoressico che l’aveva cavalcata
glielo diciamo vero caro? Vieni, vieni qua da me. Fatti accarezzare.
quanto
lei
dolore
ancora
c’è
ma ora era riverso sotto il suo
Mariolino mio tu sei stato
pube albino, con il viso tra le sue cosce, il naso nelle labbra. Delle
In quel momento l’uomo sotto di
stringhe in cuoio lo tenevano
lei prese coscienza e incominciò a
ancorato
posizione,
muovere le braccia in spasmi di
respirando dentro di lei. In eterna
asfissia, sotto le gambe di lei
posizione partoriente la vecchia
sembravano arti d’insetto in quella
aveva un uomo anoressico e
che per il prete malese era una
androgino sotto la sua vagina che
chiara rappresentazione di divinità
non dava segni di vita. Il resto del
esotica. Non riuscendo a parlare si
corpo di lui era dietro di lei quasi
sentivano solamente mugolii nel
fosse un corpo solo, un centauro
frastuono generato dal vecchio
71
in
quella
motore francese ma una parola arrivò chiara a Mario, Kimber08, Kimber08, Kimber08… Le
motore, della litania e delle urla, gli si avvicinò all’orecchio e disse:
Kimber08, Sofa sofa sofa sofa, miassè, nau yu fol tu bi dat!
bambine
a
quella
parola
fissarono il povero ragazzo e
Mario svenne.
iniziarono una lente e ossessiva litania, mentre il prete malese
Un telo nero ricoprì “la Renault 4”
lasciò cadere a terra delle vecchie foto in bianco e nero.
tutto si svolse come sempre
-
nessuno schianto nessun rumore
Battevarzi,
Borzacchini,
Fagioli,
Campari, Villiperi,
Ascari, Nuvolari… sempre più ossessive, sempre sempre più ossessive.
il sonno quattro ore nel nulla dello spaziotempo
Le foto dei piloti di Mille miglia fissavano Mario dalla distanza dei tempi, dal profondo dei ricordi collettivi. Il ragazzo era in preda al dolore e alle visioni. Vide la foto di Fela Kuti fondersi nel legno, diventare il nuovo viso di Cristo. Vide il messia scendere dalla croce grazie al nuovo sangue che Mario gli stava pompando. Era una macchina con motore. La
in compagnia di neutrini ballerini e sogni di baldracche Poi l’atterraggio: come al solito brusco, di fronte al cartello con su scritto: “Be_<e__ti a Ma_donia_”. Come tutti gli altri, anche il figlio di Tzozius l’ungherese vomitò istantaneamente l’anima terrestre.
vecchia gli aveva detto di essere anche
lei
una
macchina,
La
Macchina, e piloti di macchine lo fissavano. Cristo-Fela prese la mano del giovane quasi svenuto, in mezzo alla confusione del
72
Capitolo 9
Di fronte a lui sedeva, nelle stesse identiche condizioni, suo padre. Era la prima volta che si vedevano
M
dopo ario non riusciva a distinguere chiaramente se fosse
i
fatti
maldoniani
gli
storici
chiamavano
che
l’Era
Sabbiosa. Il padre disse al figlio: “Preghiamo, Mario”. Lui annuì.
un quadro, o una vera finestra, quel rettangolo fosco e arancione
Padre misericordioso,
in mezzo al quale si stagliava una
che hai mandato il tuo Figlio per
collina
di
rifiuti. Quella
era
darci la vita,
l’unica cosa che non sapeva. Per il
benedici noi e la scossa che
resto aveva un’idea ben precisa
stiamo per prendere,
del fatto di essere seduto di fronte
tuo dono e frutto del nostro
a un tavolo di legno dipinto di blu,
lavoro,
dentro una cucina piccola, ma per lui estremamente familiare.
affinchè, rinvigoriti nelle forze,
Il
fatto
che
non
cogliesse
attendiamo vigilanti la sua elettrica venuta. Per la Bobina. Amen.
sfumature tra i colori (nel senso che
era
Tzozius senior continuò, mentre
arancione e la cucina blu: e basta,
il
quadro-finestra
Mario si accorse che sanguinava
solo arancione e blu, blu e
dal naso, e che un gruppo di
arancione)..beh, nemmeno questo
androidi di seconda generazione
lo sorprendeva. Mario sapeva
(Kimber02) si era accalcato dietro
anche di avere indosso un paio
la finestra chiusa (o era apparso
di espadrillas nere, e di essere
dentro il quadro, non aveva
letteralmente inchiodato alle assi
importanza per Mario, nessuna
di legno del pavimento: due grossi
importanza).
chiodi
gli
continuava le sua odi elettriche,
attraversavano i piedi, rendendolo
gli androidi iniziarono a cantare in una lingua incomprensibile.
arrugginiti
un santo seduto in una cucina blu, senza dolore, e senza la capacità di saper distinguere un quadro da una finestra.
73
Mentre
il
padre
Capitolo 10
deserte, saracinesche abbassate sui pochi negozi che poteva scorgere, con una mano si faceva schermo
L
dal sole, il silenzio del mare a fare ’aria
salmastra
riempito
in
aveva
da
modo
desolazione. Ogni passo portava
contrappunto
a
tanta
impertinente la scatola
Mario
verso
cranica di Mario Tzozius. L’eco
occhi
frenetici
dei gabbiani sulla banchina non
appiglio di razionalità. Si tolse la t
faceva
che
acutizzare
l’abbandono,
gli
cercavano
un
la
shirt, rimase a torso nudo. Stava
confusione e la rabbia del ragazzo
sudando, sudava e sentiva il suo
verso quei volatili che copulavano
odore
tra schiuma e petrolio. L’insegna
pungente dell’oceano. Oceano?
sbilenca e mozza di Maldonian
Dove si trovava? Maldonian certo,
rifletteva la luce del giorno con un
questo almeno era quello che
candore
diceva
che
aveva
risonanze
d’ospedale, bianco accecante e secco.
acre
unirsi
l’insegna,
all’odore
ma
dov’era
Maldonian? Quella parola aveva dei significati nascosti, celava qualcosa che- ne era sicuro- non
Vagava lungo il porto in uno stato
avrebbe portato a niente di buono.
di
Si appoggiò esausto ad un’edicola.
semi-coscienza
annebbiato
dall’adrenalina che il corpo stava
Era
con fatica riassorbendo, sentiva il
esercizio commerciale nella zona.
sangue fluire in ogni arteria,
Si mise seduto all’ombra con lo sguardo folle e le gambe larghe.
l’acido
lattico
bloccare
ogni
chiusa
come
ogni
altro
maledetto muscolo del suo corpo. Stava per crollare a terra, pensò a
A vederlo sembrava un bambino
Primo Carnera, al ring e alla folla,
ebete che aveva perso la madre,
solamente che lui non era un gigante, era un esule inconscio.
giocando da solo l’aveva vista allontanarsi con un uomo. Dove andava mamma? L’uomo aveva
Trascinava
una
un costume da nuotatore bianco,
estiva,
la precedeva con passo veloce. Li
ormeggiata,
vide chiudersi in una cabina
ovunque silenzio. Le strade erano
spogliatoio, sapeva cosa stavano
caldissima qualche
i
piedi giornata
nave
in
74
facendo, non lo capiva ma sapeva che era sbagliato. La mente di
vertebre, la benedizione di Allah scendeva su di lui.
Mario oramai si stava distaccando dalla realtà. Vide una pagina di
Possibile
giornale stropicciata davanti a lui,
richiamasse
la prese e la fissò con insistenza.
preghiera? Nulla del porto faceva
Titolava solamente: ACCADDE
pensare ad un paese lontano, non
A MALDONIAN, per il resto un
c’erano minareti, uomini vestiti di
foglio bianco. Niente colonne,
bianco, polmoni di cammello
nessuna
una
appesi fuori dai negozi, anche
pubblicità. C’era una data in basso. Ieri.
l’edicola ecco, anche l’edicola era
notizia,
neanche
che
un
i
muezzin
fedeli
alla
una schifosissima edicola italiana … Vide però in lontananza un
Nessun numero per i giorni, in grassetto in basso la scritta –Ieri-.
faro,
uno
di
quei
fari
che
piacevano tanto a Hopper, il pittore, classico come più classico
Girò il foglio, ancora bianco,
non poteva essere, rosso con un
qualche macchia di unto e la scritta in basso- Domani-.
collare
bianco.
Non
era
un
minareto ovviamente ma era la cosa che più gli si avvicinava. La
Cosa
stava
accadendo?
Cosa gli stava accadendo? In che posto
era
finito?
Si
guardò
preghiera
continuava
lenta
e
sempre più avvolgente, anche i gabbiani smisero di accoppiarsi.
attorno, neanche un’anima viva, sotto la luce bianca del sole il
Quando fu vicino al faro capì che
porto era illuminato dal riflettore
non
dell’inconscio,
muezzin
in
follia di Tzozius. Sentì allora
c’erano
altoparlanti,
venire da lontano un lamento,
arrivava da lontano, da un altro
quasi una litania. Le parole erano
luogo della città, era solamente un
incomprensibili
anche
se
vecchio faro con le vetrate rotte
ricordavano
preghiera,
il
per
una
scenario
della
poteva
giunta.
esserci quel
nessun
posto, la
non voce
Camminandogli
mescolarsi contorto di un dialetto
intorno Mario si imbatté in due
arabo risuonava nei vicoli e nelle
uomini seduti su consunte sedie di vimini. L’uomo più corpulento era
75
di spalle, aveva una maglia a righe
di elettrico doveva essersi acceso.
celesti (altro cliché da marinaio,
Era il cilindro a spirale di un
che fantasia a Maldonian), dei peli
barbiere, uno di quelli che si
sulla schiena gli uscivano dalla
usavano negli anni 50 e che ora
slargatura del collo, con una mano
purtroppo non esistono più. Già,
rozza teneva il viso dell’uomo
non esistono più a Roma ma qui a
mentre con l’altra una macchinetta
Maldonian … Si avvicinò e lesse
da tatuatore. Lo stava tatuando. In viso?
l’insegna: Tzozius, Barbiere & Oculista.
Notò
l’ago
Deciso a chiarire la cosa entrò
spingeva gocce di inchiostro nella
con
orrore
che
spostando la tendina fatta di
pupilla del cliente il quale aveva
lunghe stringhe di plastica, un
occhi bianchi come dei denti. Era
campanello lo annunciò. Il locale
immobile,
la
era vecchio e sporco, due poltrone
pratica non gli procurasse dolore.
sembrava
che
davanti ad un grande specchio,
Mario fece un passo indietro e a
strumenti da oculista dietro il
quel gesto il tatuatore si bloccò.
bancone. Un uomo entrò da una
Senza smettere di tatuare il cliente
porta secondaria asciugandosi le
girò il viso sulla spalla cercando
mani. Posò lo straccio su una
Mario con lo sguardo. Il ragazzo
sedia e parlò a Mario. Niente. Non
non seppe che fare.
capì niente. Ma che parlavano a Maldonian?
Accennò
solamente un saluto con la mano.
lingua
Il tatuatore lo fissò un attimo poi si voltò nuovamente. Il mare continuava lento a lambire gli
Mi scusi ma non la capisco, parla italiano?
scogli con le sue onde, una schiuma persistente inghiottiva le
L’uomo sulla cinquantina non
pietre. Si allontanò senza dire
disse niente, mise le mani in tasca e si schiarì la voce
altro, non stava cercando problemi e quello non era un buon posto per fare amicizia. Era ancora solo e
-
confuso, nuovamente al punto di
bene italiano sa?! Qualcosa si eh,
partenza. All’improvviso notò con
qualcosa ma insomma, tu mi capisce?
la coda dell’occhio che qualcosa
Non crede di ricordare
76
Si si, certo (sembrava di parlare con Bela Lugosi)
Lituania? Aveva un’idea bislacca della geografia il suo interlocutore omonimo.
Vuole tagliare capelli eh? Tu vuole? Occhi? Ha problemi tu?
-
-
indicare la stazione? Dov’è la stazione? Treno, dov’è?
No no macché, niente
Facciamo una cosa, mi sa
capelli grazie, ho un problema, senta è difficile da spiegare,
-
diciamo che mi sono perso, sono a Maldonian giusto?
L’uomo prese Mario per la mano
Si, Maldonian, certo… (il tono era rassegnato, strano)
e lo portò di fronte alla finestra della vetrina. Con il dito indicò lontano, verso alcune ciminiere. -
-
Stazione si certo, venga.
Vede, la c’è stazione, se
Ok sono a Maldonian,
vuole treno lei va là ma difficile
certo che sì, e… Maldonian dico,
che trova, più facile arrivare che partire.
Maldonian dov’è? Non in Italia suppongo.
Mario e Tzozius rimasero in apparentemente
silenzio, uno accanto all’altro
deficiente il barbiere oculista di
dietro la vetrina a contemplare la
nome Tzozius rispose in modo franco.
grande scritta in pietra, il nome della stazione di Maldonian.
-
BLUMEN.
Alla
domanda
No, non in Italia.
Senta vicino che c’è? Capisce quello che dico? -
Vicino Maldonian? Beh c’è
Marocco, Lituania c’è, questo tu chiede? Mario fece per rispondere ma poi lasciò cadere la cosa. Marocco e 77
Capitolo 11
domanda, nessun presentatore. Solo gli androidi, e lui. Invece
A
no.
“Chi
ha
ncora drogato”, pensò
scritto Voyage au
Mario
risvegliandosi
la nuit?”. Voce metallica, suonava
dentro un gabbiotto di
lontana. Ma insistente: “Allora,
bout
de
metallo. Davanti a lui una specie
Mariolino,
di pulsantiera. Tre bottoni, giallo –
scritto Voyage au bout de la nuit?
rosso – blu, “Tre scelte”, pensò
Non puoi non saperlo, tuo padre lo
ancora Mario. “Per cosa?”. Era
saprebbe,
quella la rispondere.
giallo, “quasi quasi premo il
domanda
a
cui
chi
avanti!”.
ha
Pulsante
pulsante giallo”, pensò Mario, pur non sapendo quale risposta fosse
No. Non era quella. Una platea.
abbinata
Mario
alternativamente lampeggiavano radioattivi sotto le sue dita magre.
intravide
una
platea.
Androidi, lo sapeva. Non poteva
ai
tre
colori
che
certo dire come e perchè, ma lo sapeva. Androidi classeLud5H. Di
Giallo. Silenzio. Non più platea,
quelli che “loro” usavano come
né voce metallica, né gabbiotto.
spettatori negli spettacoli circensi,
Lotteria finita, ora pubblicità.
nelle lotte tra gatti selvatici…e nei
“Gran pentolone Gatts, a misura
giochi a premi. Maldonian. Gran Lotteria Maldonian.
di felino maldoniano: ne entrano ben cinque, e pasciuti, come questi!”. E via con il miao miao di
L’ultimo ricordo (sogno?) era il
sofferenza,
porto. Prima lo strano pranzo-
arrostite gattoidi. Famiglie felici.
preghiera con il padre (padre?).
Mario con uno strano sapore in bocca.
Ora la competizione. Accanto a
fumofuoco,
mega-
lui altri cinque gabbiotti. Bui, impossibile identificare gli altri “concorrenti”, forse vuoti, forse tutta
una
incastrare
messinscena lui.
Infatti
per
nessuna
78
Capitolo 12
Ogni
singola
giuntura,
ogni
enorme bullone dello scheletro metallico della stazione era stato
U
oliato con sangue e violenza. na
pioggia
compulsiva
battente,
Vetrate
bee-bop.
specchi e
altissime,
giochi
di
scene della bibbia,
Insegne al neon, fumo
uomini anziani e città in fiamme,
dalle finestre, minestra e gatti.In
colori che coloravano se stessi e la
lontananza l’arroganza di lettere in marmo.
notte senza luna di Maldonian. La città schiaccia i suoi abitanti e il tempo
BLUMEN.
non
aiuta.
Vento
fortissimo, raffiche di Dio. Le ante delle
finestre
sbattevano
Le enormi statue della stazione si
durissime, suoni violenti e urla
ergevano possenti sotto la volta di
dalla zona del porto, qui però solo
un cielo plumbeo, pesantissimo,
sospiri di uomini di fretta. Il
vecchio ed esotico. La stazione
fischio del capostazione, treni in
del treno era un colpo allo
arrivo, umanità che si accalca
stomaco, una struttura vittoriana,
lungo
metallica, sporca, circondata da
sigarette accese e bagnate, insegne
giardini di palme , foglie di caffè e
elettriche, vetrine e televisori. Mario sentiva girargli la testa.
cimiteri.
Un
pezzo
d’Europa
i
binari.
Linea
gialla,
d’inizio secolo industriale in un territorio
medio-
Di corsa aveva percorso la strada
orientale, un’unica strada senza
straniero,
che dalla barberia di Tzozius ( e
ritorno per la follia, per la
ambulatorio
dissoluzione delle percezioni e
ovviamente) andava diretta alla
delle sicurezze individuali, via
stazione,
diretta alla perdizione e santità,
attraversato però la zona vecchia,
lastricato
quartiere di “mezzo” e percorso
melmoso
marci, sentiero fermentazione.
di
datteri
zuccherino
in
79
non
prima
di
aver
obbligatorio per chi come lui, era di fretta. Dove stava andando? E perché
Acido.
oculistico
soprattutto
voleva
arrivarvi? Un treno per tornare a casa? Certo, perché sennò?!
Le
sue
scarpe
calpestavano
Si mise a ridere di gusto, come un
sampietrini, la sensazione era di
pazzo, correndo sotto la pioggia.
ubriachezza, più volte era caduto
Aveva alzato le mani al cielo
carponi
le
Mario, l’esule inconscio, aveva
fango.
levato le mani al cielo e rideva
per
ginocchia
terra,
aveva
sporche
di
L’ombrello che gli era stato
disperato
prestato da Tzozius era volato via
Correndo perse il fiato, ridendo e
pochi istanti prima, l’aveva visto
piangendo nello stesso istante, si
alzarsi in cielo, si era protetto il
mise le mani sulle ginocchia
viso con una mano ma la luce
piegato per riprendere fiato. La
bianchissima
pioggia era insistente ed era
l’avevano
e
la
di
sfida.
le
impossibile sfuggirgli. Ripararsi ora era inutile. Girò la testa di
delirio
lato. Una vetrata grigia. palazzo austero e vuoto.
vecchio
Sopra
segno
fronde degli alberi, tra le nuvole in un
accecato.
pioggia
in
ombrello
ungherese aveva preso il volo. Era
Un
sicuro di sentirsi addosso lo sguardo di mille occhi, occhi
Finestre chiuse. Isolato.
stanchi e indagatori. Sedie di paglia erano state abbandonate lungo la strada, era costretto ad ogni
passo
ad
Museo d’Arte Moderna Maldoniano –A1 (MAMMA1).
evitare
pozzanghere, spazzatura e oggetti
Retrospettiva
dimenticati. Era sicuro di aver
Velickovic.
letto, durante la sua folle corsa da
attaccati con lo scotch alla vetrata.
insetto elettrico una targa, sotto
Notò che c’era della condensa,
una palazzone con le sbarre alle
come se qualcuno vi respirasse
finestre. All’inizio aveva pensato
dietro.
ad un carcere, poi però quella
ma nell’oscurità museale
targa,
muoversi qualcosa. Come delle
“Legione
Le
su
Vladimir
Poster
luci
erano
bagnati
spente vide
Straniera.”Ancora quell’odore di
ombre, presenze che salivano le
pizza alla cipolla. Forse se l’era
scale della hall dirette al piano
sognato, ora non poteva esserne
superiore. Vide una donna nuda
sicuro, stavano accadendo cose veramente strane ultimamente.
sbattuta alla vetrata dell’entrata, seni circolari e piatti, i suoi sospiri appannavano il vetro. Dietro di lei
80
un uomo che la possedeva. Corse,
ricordo che è proibito vendere
corse senza sosta Mario, sentì
sogni, organizzarsi in gruppi non
“Martino di
riconosciuti, eleggere un proprio
pulsargli i testicoli,
Tours, condividere il mantello, la
Amministratore Condominiale e
cappella…” corse
bla bla bla”….. Mario rimase impietrito.
fino all’entrata della
stazione.
Zingari stavano puntando dei soldi su un combattimento di gatti, in cerchio urlavano ed imprecavano.
L’immagine vibrò per un istante per riprendere poi dall’inizio.
L’oro dei loro denti rifletteva le luci al neon. Vide un ologramma. Un uomo in pigiama, androgino,
Una zingara afferrò il braccio del ragazzo.
omosessuale, che stringeva al petto un peluche. Era disteso
- Vuoi fare del sesso ragazzo? Eh,
rannicchiato nel suo letto ed
guardami ho ancora tutti i denti, vuoi scopare?
accanto a lui dei funzionari. Uomini
invecchiati
nella
burocrazia e donne bellissime, vestite di pelle nera. rilasciando un proclama.
Stava
Gli mise una mano nei pantaloni, stringendo forte il suo sesso. -Dai forza, dammelo, fammi la
“ … pertanto chiunque venga trovato in possesso di una Bibbia
carità (condividere il mantello, santità, pazzia…)
Gheel, di Commentari Scissionisti o del Kojiki Teslano, conosciuto anche come il “ Libro delle memorie antiche” verrà posto in stato di fermo . In questo periodo post-Fase è di vitale importanza che ogni cittadino di Maldonian contribuisca alla riorganizzazione dei Settori come stabilito dalla normativa A.D.M. 424 e come espressamente
richiesto
dal
Comitato di Stabilizzazione. Vi
81
- Andiamo lì dietro, non facciamoci vedere dai Kimb! - Da cosa? - Cazzo dai Kimber04, ma da dove vieni? Sei uno dei “nuovi”? Lo spintonò forte allontanandolo. - E’ nuovo, è nuovo- urlò la zingara,
occhi
indiscreti
lo
fissarono. Un uomo lanciò un
pezzo di carne di gatto arrosto ai piedi di Mario, fissandolo con aria
Non era riuscito a prendere il treno.
di sfida, un cartoccio unto nelle mani
“Sai dove ti trovi, ragazzo?”
- Vattene da qui idiota, che credi di combinare? - Ma che affanculo!
volete?!
“Vi ho detto che non capisco un cazzo di quello che dite, che lingua è?Yiddish?”
Andate “Prova tu, Kimber08, se continua così
lo
rimandiamo
indietro:
- Venga con noi
questo secondo me non riesce
Mario si sentì afferrare al braccio,
nemmeno sognare”.
a
dormire,
figurati
due uomini l’avevano circondato. Un androide bellissimo gli aprì
“Dopo il disastro di quattro anni
con violenza la bocca e gli controllò la dentatura .
fa non possiamo permettercelo, lo sai, AltoPrete34”
-Si, è nuovo. Lo fissarono. Senza
“Sì lo so, lo so, ma figurati se…”
parlare lo sbatterono dentro una vettura a gravitazione oscillante. Questa si alzò in volo passando sopra la gente
incurante delle
normali norme di sicurezza. Il naso e gli occhi degli zingari incominciarono a sanguinare. Mario vide attraverso i finestrini bagnati la lunga fila agli sportelli, gente in attesa di comprare un biglietto. Ma per dove? L’uomo dietro il vetro aveva una faccia distaccata e stanca. Si fecero sempre più piccoli fino a sparire.
82
Capitolo 13 “E Gheel entrò nel tempio e
“Q
cacciò fuori tutti quelli che quivi
uello che non so, è
vendevano
e
compravano;
quanto un’anca”.
rovesciò
le
tavole
costa
e dei
cambiamonete e le sedie de’ venditori di gatti. E disse loro:
“Wef ghustai rguli!” “Ah, sei un altro di quei cosi, ok…fanculo”
Egli ha scritto: La mia casa sarà chiamata casa d’orazione; ma voi ne fate una spelonca di ladroni”. “Conosci, Mario?”
“Due gatti al prezzo di uno, già ripieniiiiiiiiiiiiiii” “La vede, la vede questa?? è originale, giuroooooooooooo”
“N…no..” “Peccato, è una vecchia canzone, molto famosa qui a Maldonian. Immagino
“Codeeeeeeeeeeeeeee” “A quanto?” “Due sogni e una copeca, signora” “Rguli! Rguli! Rguli!” “Nasdrovie Tovarish!”
tuo
padre
la
conoscesse”. L’AltoPrete malese si accese una sigaretta facendosi largo nel tempio, tirando per la giacca Mario. Il
tempio
era
un
vecchio
magazzino alla periferia del V Settore. Il soffitto era alto, le colonne sette per ogni lato. Al posto dei quadri, delle reliquie, c’erano (Mario poteva sentirne
---
l’odore di vernice e di grasso) poster grossolani di un negro di nome Fela Kuti. “The president”, c’era scritto in ognuno di quei grossi manifesti, forse di concerti passati,
83
sicuramente
sporchi,
sbiaditi dal tempo. Il tempio era pieno di bancarelle, e di gente che
vergognandosi della sua presa d’atto della realtà dove si trovava.
vendeva di tutto, soprattutto gatti. Ma Mario vide anche barrette di
“Ah ah ah!,
plutonio, libri di Majakovskij,
povero Mariolino mio, ah ah ah”.
ritratti di quelli che sembravano
Erano entrati dentro una porticina
reduci dalla guerra su Es (401
laterale, accanto a quello che
dopo Gheel), opuscoli de “La
doveva essere l’altare ma che era
sabbia sa di marzapane”, una
pieno di gatti sventrati, e di mendicanti che rubavano viscere.
maschera antigas, murene, dolci
Mariolino
mio,
quaderni a fiori, un album di foto bruciate, del fumo. Centinaia di
“Siediti, Mariolino mio. Allora…e
persone, e una decina di androidi
siediti cazzo!..Oh ecco…tuo, tuo
femmina a controllare il tutto,
padre…ma
nelle loro tute aderenti, “cazzo
ecco..Maldonian questo….
strasexy”, pensò il mai ubriaco Mario.
prima….Maldonian, vuol
dire
Tutto ebbe inizio in un periodo di “Mio….mio padre?”
confusione
e
di
insensate
speranze. Riorganizzare la società “Sì, l’ungherese. È un peccato non
attraverso pratiche psicoanalitiche.
possa vederti qui. Era un ottimo
Tralasciando vetuste e pericolose
barbiere sai? Si dice che una volta,
idee
durante la moda delle echidne
Frudiano
domestiche, spacciava terzi occhi.
usufruitori di merce sessuale)
Ma son dicerie….di certo poi aprì
ormai si era in grado di far partire
un laboratorio da oculista…e un
il gran motore del progresso
bar. Insomma, si dava da fare, a suo modo…”
sociale attraverso le linee guida
sulla
libido (uomini
di
stampo oggetto
del suo discepolo, Carl Gustav Jung. Le pulsioni sarebbero state
“Ma io – e qui Mario ricordò,
sviscerate e studiate, il caso
l’incontro
sarebbe
cucina,
le
io
l’ho
psicoanalitica e non un processo
a
stocastico da tamponare ma solo
Mal….Maldonian”, disse un po’
se tutto questo sforzo democratico
allucinazioni, incontrato,
in
tutto..qui,
stato
una
necessità
84
fosse guidato dalla Dirigenza. E
settore” Entropokuniano” mentre
qui nacquero i guai. Maldonian
inquadramento,mancanza
era anche una città sperimentale,
iniziativa, gestione dei sogni e
nel senso che la sua posizione
della vita delle persone fu la base
geografica e la tipologia della
della
deriva genetica che caratterizzava
settore(conosciuta
i suoi abitanti ne fecero banco di prova per nuove riforme.
Condominio”). Un vecchio fiume
piccola
società
di
del
come
IV “il
bagna le rive dei vari settori, attraversandoli
stanco
e
La semplicità della premessa fu
silenzioso. Il Macilento taglia
inevitabilmente
e
Maldonian come una ferita ed
dall’inadeguatezza
arriva a lambire anche i palazzi
contaminata
corrotta
della burocrazia. La spinta sociale
del
ed evolutiva di ogni sistema
vibrante” appunto, la zona dove la
risiede a cavallo tra il caos totale e
sperimentazione
la rigidità estrema. Un sistema
avrebbe dovuto far nascere una
inquadrato
nuova società. (cit. Moises Di Sante).
e
cristallizzato
ineluttabilmente procede ad una
terzo
settore,
la
“zona
psicoanalitica
morte “termodinamica”contrapposto ad
Poi arrivò Giulio, l’uomo a cui
un
tutti dobbiamo il culo qua dentro, cazzo!”.
sistema
confuso
e
disorganizzato dove nessun tipo di progresso
può
essere
fissato.
Esiste però una zona vibrante e creatrice, proprio sul filo del
L’AltoPrete si accese un’altra sigaretta.
rasoio, una zona di confine tra caos ed ordine, instabile ma viva,
“Giulio Gheel, l’ultimo sognatore,
ed è proprio qui che si sperimentò
l’uomo che fuggì dal Condominio
la Fase uno. Maldonian fu divisa
per immolarsi, per noi, per noi!
in settori, il settore I fu lasciato al
Capisci Mario? Per noi….e qui
Partito, da allora chiamato” la
entra in gioco tuo padre. Tuo
Dirigenza”, nel settore II fu
padre aiutò Giulio, tuò padre era uno dei nostri”
promossa
autogestione
destrutturalizzante, movimento e disordine,
85
violenza
e
paura,
“Un
attimo,
un
attimo
–
Ma ora sei qua e….’ Vattene
intervenne Mario – era?? come
cazzo!
cazzo…perchè era?? Io l’ho visto
no…nien…mmm,
fino a…cioè non lo so, ma mi ricordo…”
Cosa?
“Quello non era tuo padre, Mario. Quello era uno di Loro”.
Non Ma
vogliamo a
fottiti!
niente, quanto?
Via
via,
maledetto!’…Scusa, Mario, scusa. Come diceva la canzone? E Gheel….ah ah ah” Mario deglutì (come nei migliori vostri fottutissimi film; ndr)
“Loro??” “Gli androidi, Mario. Gli androidi. Quelle tettone di là, le vedi? Eh, Le vedi?? Loro”
“E adesso, adesso sei qui. Ti ho…diciamo…prelevato…” -
Mario deglutì (come nei migliori vostri fottutissimi film; ndr)
“E cosa dovrei fare?”
“E comunque non è mai successo”
-
“Cosa non è mai successo?”
“Devi scegliere, scegliere…”
Mario,
devi
“Che tu abbia mai incontrato nessuno qui a Maldonian. O meglio: non nella realtà fisica”. “Cioè??” “Cioè,
Mario…stavi
semplicemente
sognando…ti
usano per quello, Loro. Gli servi per combattere i sognatori con i tuoi sogni…capisci, Mario? Tu sei l’AntiGheel, per Loro. Gli servi.
(Fine?)
86
87