Tecnica Molitoria, 10/2012

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TECNICA

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Studi storici Historical studies Progetto di recupero per l’ARCHIVIO STORICO delle OFFICINE REGGIANE Dopo un secolo di attività, la storica industria costruttrice Officine Reggiane nel 2009 è stata venduta dal Gruppo Fantuzzi alla statunitense Terex Corporation e, temendo la dispersione dell’archivio, la Soprintendenza per i Beni Librari e Documentari dell’Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione EmiliaRomagna si è attivata per riuscire a salvaguardare questo importante patrimonio storico. Dopo il primo sopralluogo di ricognizione dell’archivio storico nel 2009, nel 2010 si è giunti alla conclusione del procedimento dichiarativo di interesse storico che ha vincolato gli spostamenti, smembramenti e scarti abusivi dell’archivio stesso che era nella sua sede originaria, ovvero gli scantinati della palazzina direzionale nell’area degli stabilimenti industriali delle Reggiane, totalmente vuoti e dismessi dopo il trasferimento di sede della Terex Corporation avvenuto alla fine del 2010. Nel gennaio 2011 le infiltrazioni d’acqua hanno provocato il parziale allagamento del seminterrato dove aveva sede l’archivio

e reso i locali non più idonei per una corretta conservazione dei documenti. Il Comune di Reggio Emilia e la Soprintendenza archivistica dell’Emilia Romagna – grazie alla donazione del luglio 2011 all’Amministrazione comunale da parte dell’imprenditore, commendator Luciano Fantuzzi – hanno avviato la prima fase di un percorso di ricomposizione, riordino e valorizzazione dell’archivio storico delle Officine Reggiane, affinché questo notevole patrimonio sia fruibile e diventi un luogo aperto agli studiosi e ai cittadini. Nel dicembre 2011, si è provveduto ad un primo importante passo dell’operazione trasferendo al Polo archivistico, gestito da Istoreco, il materiale più delicato e a rischio.
 Le lastre fotografiche, i brevetti, le pellicole e le bobine audio e video invece sono state trasferite alla Fototeca della Biblioteca Panizzi. Il lavoro di schedatura, riordinamento e inventario del materiale già trasferito si presenta particolarmente complesso. La schedatura sarà svolta per unità archivi-

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Studi storici stica: riguarderà i singoli registri, volumi, raccoglitori e scenderà al livello di analiticità dei fascicoli (oltre 2.000) all’interno dei raccoglitori o faldoni.
 Quest’anno la Soprintendenza archivistica ha affidato l’incarico della schedatura del materiale, finanziata per circa 30.000 euro con i fondi dell’8 per mille a diretta gestione statale per il 2010; per la prosecuzione del lavoro la Soprintendenza si è impegnata a cercare altre fonti di finanziamento. Il Comune di Reggio Emilia ha provveduto a divulgare una sorta di dichiarazione di intenti pubblicando l’opuscolo intitolato “L’Archivio Storico delle Officine Reggiane - Progetto di salvaguardia e valorizzazione” che – insieme ad un video disponibile sul web all’indirizzo http://villacougnet. it/221209 – rappresenta anche l’esito di un primo lavoro di analisi sul materiale dell’archivio. Questa ricognizione documentalistica inerente la vicenda delle Reggiane dà conto di una varietà di fonti e di fondi che ne restituisce la lunga, complessa, ricca ed in taluni passaggi anche controversa esistenza come impresa. Questo archivio ritrovato rappresenta il grande anello mancante alle ricerche che hanno sinora trattato delle Reggiane. Una conferma viene dallo storico Sandro Spreafico, autore della sola monografia aziendale sinora esistente sull’Officina, per comporre la quale dovette avvalersi delle carte personali del conte Gianni Caproni, trattenute all’epoca (45 anni or sono) presso il figlio Giovanni. La versione ufficiale fornita dall’azienda, secondo quanto riporta lo studioso, era quella di un archivio ridotto a ben poca cosa dopo i bombardamenti del gennaio 1944. Negli anni a venire, per la verità, si è cominciato a dubitare di tale versione, ma restava

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inagibile l’accesso agli esterni all’azienda e, quindi, agli studiosi. Le cose sono cambiate con l’ingresso di Fantuzzi in Reggiane: il titolare aveva infatti testimoniato pubblicamente, a più riprese, dell’esistenza di un corposo archivio posto nel seminterrato della palazzina direzionale su via Agosti. Tuttavia, nessuno ne ha poi garantito le condizioni regolari di accesso. È quindi evidente che la “finestra” apertasi tra maggio e luglio 2009, con l’accesso garantito personalmente dalla dirigente Rita Regnani e dal responsabile della sicurezza Claudio Ongarini, ha rappresentato un’opportunità straordinaria per gli studiosi. I 2.230 metri lineari fatti oggetto della ricognizione del 2009 rappresentano quanto depositato sotto il livello del suolo. Vi sono altri nuclei documentali da vagliare: uno piuttosto corposo, riguardante la produzione ferroviaria, rimane all’interno di un capannone dismesso; un secondo, riguardante disegni tecnici, sta nella palazzina retrostante la direzione aziendale, sopra il laboratorio chimico; un terzo, vastissimo per dimensioni, si trova nel piano superiore della direzione aziendale, comprendendo al proprio interno documentazione propria sia delle Reggiane che della Fantuzzi-Reggiane ed anche qui vi sono molti disegni tecnici. La straordinaria quantità di documentazione conservata è solo il primo e più immediato tra gli elementi di interesse suscitati dall’Archivio storico delle Officine Reggiane. Da una prima stima, infatti, già la sola porzione individuata dall’azienda come “archivio storico” (ovvero quella che ammonta a 2.230 metri lineari complessivi) si situa a pieno titolo tra gli archivi di impresa di più ricca e variegata consistenza. La creazione, nei decenni, di questo nu-


Studi storici cleo di archivio è il frutto di una cultura aziendale attenta al valore non solo del “fare” ma anche del “sapere”, nel senso di conoscenza. In quest’ottica di valorizzazione del know-how aziendale, si situa la presenza e la riconoscibilità della documentazione tecnica (disegni, lucidi, zincotipie e lastre fotografiche di utensili e manufatti, prodotti dagli anni ’30 agli anni ’90, per una consistenza complessiva di 316 metri lineari), conservata ed organizzata in apposite cassettiere ed oggetto di una movimentazione tanto rilevante e continuata da giustificare l’individuazione di un “archivio dei disegni” e la presenza, per un certo periodo, di un addetto ad esso preposto, con mansioni specifiche. Pur nella sua tipicità, l’archivio delle Reggiane si situa quindi a pieno titolo tra gli archivi d’impresa. Tali complessi archivistici in questi anni sono stati oggetto di numerose iniziative di valorizzazione – quali convegni, pubblicazioni, manualistica specializzata e censimenti su base territoriale – e la Direzione Generale per gli Archivi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha realizzato un portale specifico con l’obiettivo di dare visibilità alla storia e alla cultura d’impresa (http:// www.imprese.san.beniculturali.it/web/ imprese/progetto/portale). Tali iniziative hanno lo scopo di offrire spunti di confronto a livello regionale e nazionale con altri illustri esempi di archivi di impresa, già correttamente conservati, tutelati, descritti e valorizzati sul web (a titolo d’esempio citiamo gli archivi storici Barilla, Alfa Romeo, Ansaldo, Eni, Fiat, Olivetti, Pirelli e così via). Si tratta quindi di un percorso di accompagnamento alla costruzione partecipata di un archivio multimediale attorno alle Officine Reg-

giane, che sappia trattare della meccanica in forma di memoria “presente” e che renda merito alla longevità e durabilità delle Reggiane. Queste ultime, pur avendo rischiato ripetutamente di scomparire – una prima volta sotto le bombe, una seconda per “dimenticanza” del Piano Marshall, ed una terza ancora sotto la spinta centrifuga della globalizzazione –, sono ancora lì, in piedi, a far narrare di sé.

Il progetto di salvaguardia dell’Archivio Storico Il progetto di recupero, salvaguardia e fruizione dell’archivio storico si propone con un approccio a 360° che comprende i seguenti punti. 1) Azioni di ricerca per recuperare le “memorie sociali”: – raccolta di testimonianze biografiche di fonti orali e audiovisive comprensive di video-interviste a operai, tecnici e lavoratori delle Officine Reggiane, delle Nuove Reggiane, della Fantuzzi-Reggiane e di interviste agli abitanti del luogo con particolare attenzione alle generazioni, al genere e ai fenomeni migratori; – raccolta e costruzione di un repertorio iconografico relativo al lavoro dentro la fabbrica, al dopolavoro e tempo libero, al paesaggio industriale ed infine relativo alle manifestazioni sindacali e politiche. 2) Azioni di ricerca per recuperare le “memorie d’impresa”: – missione di esplorazione nell’archivio Reggiane con ricerca di testimoni direttamente impegnati nella custodia e implementazione dell’archivio, nonché di foto e videoriprese dell’archivio medesimo. 3) Azioni di comunicazione: – concorso fotografico per coinvolgere i

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Studi storici cittadini nella ricerca delle vecchie foto nel cassetto; – all’interno della Fototeca della Biblioteca Panizzi (http://www.panizzi.re.it/Sezione. jsp?titolo=Fototeca&idSezione=233) inserimento di una sezione dedicata nella quale catalogare le foto più significative. 4) Website: i materiali iconografici e le testimonianze raccolte potranno essere ospitate all’interno del sito www.villacougnet.it per dare visibilità a quanto raccolto e fungere da stimolo per chiunque voglia implementare il patrimonio documentale con testimonianze personali e manufatti. 5) Videoclip: per promuovere le azioni di progetto e stimolare la partecipazione cittadina nella creazione di un archivio di memorie collettive, si propone il montaggio di un videoclip composto con le interviste raccolte e montato con immagini dei luoghi di ieri e di oggi che costituiscono l’ambiente interno ed intorno alle Reggiane. 6) Rappresentazione del lavoro: - ciclo di iniziative dedicato ai saperi meccanici a Reggio Emilia, “dalle Reggiane al Tecnopolo”; - esposizione storico-documentalistica dedicata alla vita delle associazioni di impresa e sindacali, dell’Università di Modena e Reggio, ecc.

Breve excursus storico delle Officine Reggiane Riportiamo qui di seguito un breve estratto della cronistoria delle Officine Reggiane, tratto dall’opuscolo “L’Archivio Storico delle Officine Reggiane - Progetto di salvaguardia e valorizzazione”.

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1900, 7 ottobre Sul foglio “L’Italia Centrale” appare il seguente, accorato appello: “Non potrebbe la Cassa di Risparmio offrire un premio di qualche decina di mille lire a quel privato, non importa se reggiano o forestiero, o a quella società seria e solvibile che impiantasse in Reggio uno stabilimento industriale di importanza? Non potrebbe anche il municipio concorrere con l’offrire l’area occorrente all’impianto di tale industria? Allettati da questi premi ed agevolezze, non credete che qualche intraprendente capitalista o qualche società non preferirebbe l’impianto di un’industria qui da noi piuttosto che altrove?”. 1901, gennaio La Cassa di Risparmio stanzia £ 50.000 a fondo perduto per la creazione di una prima industria meccanica, con l’obiettivo di occupare “almeno 50 operai”. Risponde all’appello l’ingegnere di origine modenese Romano Righi, il quale inizia l’attività con 62 operai. Le forniture di materiale mobile ferroviario detengono il peso maggiore; il capitale iniziale della “Officina Righi” è di £ 125.000, poi elevato a £ 325.000. 1904, 1 dicembre Con il sostegno azionario della Banca Commerciale Italiana viene costituita la società anonima “Officine Meccaniche Reggiane”, la quale all’articolo 1 dichiara di avere per oggetto “l’industria delle costruzioni meccaniche e metalliche in genere, ed in specie del materiale rotabile per ferrovie e tramvie”. Il capitale ammonta a £ 600.000. L’officina, comprensiva di una piccola fonderia, si estende su di un’area di 4.000 m2 (1.250 coperti) e dispone di una forza motrice pari a 50 HP.


Studi storici

Archivio direzione commerciale

Archivio disegni

Casseforti

Alcune immagini scattate durante il sopralluogo esplorativo presso l’Archivio delle Officine Reggiane situato negli scantinati della palazzina direzionale (da: “L’Archivio Storico delle Officine Reggiane - Progetto di salvaguardia e valorizzazione”, Comune di Reggio Emilia, 2009). Cassettiere zincotipie

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Studi storici 1913, marzo Dopo aver assorbito la Società Officine Meccaniche Italiane Anonima (SOFIA, specializzata nel settore ferrotramviario) di Napoli, la ragione sociale muta in “Reggiane Officine Meccaniche Italiane”. Il capitale sociale viene portato a 7 milioni, il fatturato raggiunge i 12 milioni. Nel frattempo viene chiuso lo stabilimento di Bologna (ex Nobili), per concentrare a Reggio le lavorazioni tranviarie. L’area utilizzata arriva a 450.000 m2 (75.000 coperti). La forza lavoro ammonta a 2.000 addetti; la forza motrice raggiunge i 1.500 HP. Le forniture ferroviarie escono dal campo nazionale (Grecia). 1915-1918 Nel maggio 1916 le Reggiane vengono dichiarate “Stabilimento militare ausiliario”. Sono realizzati nuovi stabilimenti destinati alla fabbricazione di proiettili, di carriaggi per l’artiglieria, per ultimo di velivoli Caproni 600 HP. Nel 1918 vi sono due nuove acquisizioni: la Società Alti Forni ed Acciaierie di Piombino e il Proiettificio di Modena. Il capitale sociale arriva a 24 milioni. Nel momento più alto si raggiungono le 5.000 unità produttive; per la prima volta sono impiegate (prevalentemente nel Proiettificio) lavoratrici donne. 1919 Viene acquisita la SAML di Monza. Porta in dotazione due stabilimenti per la costruzione di impianti e macchine per molini, sili, risifici, pastifici, laterizi; un terzo stabilimento è adibito alla produzione di apparecchi elettrici e strumenti di precisione. Il 29 marzo la società assume il nome di Società “Officine Meccaniche Italiane” (OMI).

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1920, 1 giugno Si tiene contemporaneamente l’assemblea generale ordinaria e straordinaria, per via di una fusione da votarsi tra la Società Officine Meccaniche Italiane e la Società anonima Meccanica Lombarda con sede in Milano (più piccola, viene assorbita dalla prima, il cui capitale da sottoscrivere passa a £ 50.000.000). 1921-1923 L’assemblea generale degli azionisti ratifica un utile, per l’anno finanziario 1920, di oltre 2 milioni. Nel corso dell’anno si registra tuttavia il crollo del fatturato e una forte svalutazione finanziaria, in seguito soprattutto alla liquidazione dell’Ilva e dell’Ansaldo; la Banca Commerciale Italiana fa fronte al passivo di 45 milioni provvedendo alla svalutazione del capitale sociale da 50 a 5 milioni, quindi alla conseguente ricapitalizzazione compiuta tra il 1922 e il 1923. 1923 Viene assorbita la Meccanica Lombarda, specializzata in impianti per molini da cereali, pilerie di riso, pastifici, laterizi. 1927, 30 marzo All’assemblea annuale si sottolineano le difficoltà che seguitano a colpire il comparto ferroviario. Le difficoltà maggiori si registrano a Reggio, mentre risultano soddisfacenti le condizioni dello stabilimento di Modena “adibito a semplice riparazione Carri” e di Monza “ad onta del perdurare della grave crisi molitoria e finanziaria e ad onta dell’aspra concorrenza tedesca e svizzera”. 1931, 27 marzo L’assemblea generale dichiara un discreto utile d’esercizio, frutto tra gli altri della


Studi storici “fornitura di n. 39 bagagliai alle Ferrovie dello Stato Bulgaro, strappata in due aste internazionali alla concorrenza di tutta l’Europa”; risultano inoltre eseguite le prime forniture per la Compagnia Internazionale Vagoni Letto. Peggio va invece il settore dei molini (l’ultimo grande impianto all’estero è quello per il molino Emile Ricci di Tunisi), pastifici e laterizi. La motivazione viene addossata alla politica di “dumping” esercitata dai concorrenti stranieri, in primis la svizzera F.lli Bühler. 1932 Fallisce la S. Eustachio, il cui deficit grava sulle già sofferenti OMI; ad aprile il titolo aziendale risulta infatti sceso a quota 18 (su 100 di valore nominale, scenderà sino a 13,5 nel 1934). Contemporaneamente vengono portate a Reggio le lavorazioni exSAML. Partono i primi progetti per la realizzazione di macchine per l’agricoltura. 1933, 23 gennaio Con Regio Decreto Legge viene costituito l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI). A marzo l’IRI assume il controllo del pacchetto azionario di maggioranza delle OMI; tecnicamente, il capitale sociale viene svalutato da 50 milioni a £ 42.500.000. 1934 Le OMI espongono alla Fiera di Milano le proprie macchine agricole. L’occupazione complessiva si aggira intorno ai 1.500 lavoratori. 31 marzo - XII E.F. Durante l’assemblea generale viene sottolineata, a motivazione della “notevole” perdita di esercizio, la crisi della produzione ferroviaria; ciononostante ci si prepara ad

una ripresa, in particolare concordando “con società germaniche la licenza per la costruzione in Italia di ottimi tipi di automotrici con motore Diesel”. A parziale compensazione di tali difficoltà sta la crescita dell’impiantistica: per l’industria molitoria, per i pastifici, per le fabbriche di laterizi e, più recentemente, per il macchinario agricolo. Più in generale, ad essere lamentata è la “insufficienza della protezione doganale”, ragione per cui si invoca esplicitamente l’intervento del “Governo che guida i destini del nostro Paese”, nella certezza che vi porrà rimedio sia per ragioni di impulso generale (“sta avviando la produzione e il consumo nazionali verso nuove provvidenze sociali ristoratrici”), sia perché, nello specifico delle Reggiane, “convinti che la nostra Azienda, per molte ragioni, insite sia nella ubicazione delle nostre Officine, sia in taluni rami della nostra produzione, deve apparire particolarmente utile ai fini dell’Economia Nazionale”. 1935 Gianni Caproni rileva dall’IRI il pacchetto di maggioranza (pari a 7/10 del capitale sociale) delle OMI. Il Gruppo Caproni comprende, oltre all’azienda reggiana, la Isotta Fraschini, le Fabbriche d’armi di Brescia, le Officine Caproni-Taliedo, le Officine Motori Carraro. 1936, 14 marzo - XIV E.F. All’assemblea generale viene presentato un puntuale resoconto dei diversi rami produttivi: “Materiale ferroviario”, dove le Reggiane risultano piazzate al terzo posto in graduatoria nazionale, tra l’altro piazzando “otto locomotive Mallet per il servizio nella Colonia Eritrea”; “Molini, Pastifici e Macchine per Laterizi”, dove, complice

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Studi storici “una maggiore comprensione da parte dei Dirigenti delle Case concorrenti”, si è registrato il successo dei “nuovi laminatoi da grano” presentati alla Fiera Campionaria di Milano. Ultima arrivata – competendo con ditte reputate quali la Lanz-Wery, la Mc Cormich, la Mc. Helvetia – è la produzione di “Macchine Agricole”. Sotto il profilo societario, a fronte di una più contenuta perdita d’esercizio, si registra un cambio sostanziale nella composizione del Consiglio di amministrazione “a seguito dell’alienazione, da parte dello Spett. IRI della sua interessenza nella nostra Società”. Parallelamente, per rafforzare l’identità aziendale, viene deciso il reintegro nella ragione sociale della “antica denominazione” di “Reggiane” con la quale “la nostra Società è tutt’ora meglio conosciuta”. Pertanto, statutariamente, da “OMI” diventa “Reggiane OMI”.

chine e impianti per molini”, si rivendica il risultato di aver “toccato oramai il livello della migliore tecnica straniera” (il confronto con il 1930 trova un fatturato “oramai quadruplicato”). Anche il ramo ferroviario risente del “favorevole andamento” complessivo. Per quanto riguarda il settore aeronautico, si rivendica con orgoglio la creazione di un “completo impianto per la produzione di motori per l’aeronautica” e di un “reparto di produzione di velivoli militari e civili entrato esso pure in piena attività”.

1937 Alla fine del 1937, ad un prospetto riassuntivo delle attività produttive, si coglie per intero l’assoluta rilevanza assunta dalle “costruzioni aeronautiche”: valgono il 50,67% del fatturato, cui segue il “ramo molini” con il 19,52% e quello “ferroviario”, forte del 15,86%. I “semi-lavorati” pesano per il 6,99%, la “meccanica varia e carpenteria” per il 5,33%, per ultime le “macchine agricole”, ferme all’1,63%.

1944, 7-8 gennaio Due tornate di bombardamenti, con bersaglio primario le Officine Reggiane, creano distruzione e morte in città. Le ragioni dell’obiettivo vengono così descritte nel Piano d’attacco americano: “La fabbrica sta operando a ciclo continuo nelle 24 ore. Non è probabile che stia producendo un nuovo aereo, ma il movimento di aerei da caccia sull’aeroporto indica che la fabbrica è stata convertita dal nemico in un importante centro per riparazione, manutenzione e fornitura di tali aerei”. Solo per l’8 gennaio vengono conteggiate 350 bombe sganciate nell’area Reggiane, di cui 39 rimangono inesplose. Se i danni inferti sono ingenti (l’80% degli impianti fissi e il 30% del macchinario installato), il conto complessivo delle vittime è altissimo: 264 persone.

1938, 31 marzo - XVI E.F. All’assemblea generale si dichiara: “l’esercizio 1937, che ci prepariamo a passare in rassegna, è il primo, dopo una serie di sette, nel quale tutti i settori che costituiscono la complessa materia della nostra gestione aziendale sono rientrati nella normalità quasi completa”. Nel settore delle “mac-

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1941 Le OMI raggiungono l’apice di 11.225 lavoratori; la presenza femminile è di rilievo. Le produzioni principali nel periodo bellico concernono aerei da caccia, aerei da bombardamento, motori per aviazione.


Studi storici 1945, 24 aprile La liberazione della città coincide con la sistemazione dell’area bombardata. I lavori ricostruttivi degli stabilimenti vengono condotti dal Consorzio Cooperativo di Produzione e Lavoro, il quale si accolla l’anticipazione dei costi di lavorazione; il conteggio dei rottami rimossi toccherà la cifra impressionante di 28.000 tonnellate. All’indomani della liberazione, l’attività delle maestranze si concentra nella ricostruzione degli stabilimenti, nel recupero degli impianti, nella manutenzione delle macchine salvate. I settori da cui ripartire per la difficile riconversione bellica sono quelli di sempre: trasporti ferro-tranviari (cui si aggiungono quelli stradali) e impianti direttamente connessi con la ricostruzione edilizia e l’alimentazione. 1946 Le OMI Reggiane fanno richiesta di accesso ai finanziamenti ERP (European Recovery Program del Piano Marshall) per l’acquisto di macchinari; l’autorizzazione, per l’ammontare di 975.000 $, arriverà soltanto il 16 giugno 1950. Complessivamente, nell’ambito del Piano Marshall, all’EmiliaRomagna arriverà soltanto lo 0,60% dei fondi stanziati per l’Italia. All’assemblea generale del 27 maggio, l’attività produttiva viene definita “modesta, in relazione alle contingenze ed alla limitata efficienza degli impianti”, anche se “lusinghiere e confortanti” appaiono le prospettive sulla base del “notevole portafoglio di ordinazioni nelle produzioni interessanti i trasporti ferrotranviari e stradali e gli impianti direttamente connessi con la ricostruzione edilizia e l’alimentazione”. Il punto debole,

da quanto si evince, concerne la carenza di liquidità finanziaria in dipendenza del “ritardato incasso dei crediti verso lo Stato (Aeronautica, danni di guerra)”. Sul fronte dei crediti risultano infatti iscritti, al 31 dicembre 1945, 273 milioni verso “Enti Statali Italiani” e 53 milioni verso “Enti Statali Germanici”; i “Clienti vari” pesano per 24 milioni. La perdita di esercizio sfiora i 25 milioni e viene imputata “a diminuzione del fondo ammortamento”. I danni di guerra certificati assommano a 629 milioni; la somma ricevuta al momento dallo stato è di 120 milioni. 1951, 21 maggio Il FIM annuncia il provvedimento di scioglimento delle Reggiane. 1952, 28 febbraio Con 274 operai e 131 impiegati riaprono le Nuove Reggiane. L’azienda rientra nell’orbita delle partecipazioni statali. L’assemblea del 29 maggio delle “Nuove Reggiane - Officine Meccaniche Italiane” mette in evidenza, nell’organizzazione aziendale, la “convivenza con la Società in liquidazione”. All’interno di una crisi generalizzata dei mercati, con forti difficoltà nell’esportazione, sia pure in “fase iniziale”, “meritano una particolare menzione le commesse NATO”. Parte del macchinario utilizzato dall’azienda risulta finanziato (attraverso “banche varie in America”) nell’ambito del piano ERP. I dipendenti occupati sono 1.412 al 31 dicembre 1953. Ai fini di un riconoscimento “dello spirito di collaborazione e di attaccamento al lavoro dimostrato dalle maestranze”, si propone un prelievo di 10 milioni sull’utile di esercizio “per una fondazione a favore degli

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Studi storici operai, impiegati e dirigenti della Società”. 1955, 27 aprile Il Consiglio comunale di Reggio Emilia è chiamato a discutere la difficile situazione in cui versano diverse industrie e le proposte per superare tale situazione. All’assemblea annuale del 20 maggio nella presentazione del bilancio viene dato conto del particolare sforzo di riorientamento dell’azienda sui mercati internazionali, in particolare puntando sulle commesse “off-shore”, strappate grazie alla presenza di propri agenti “in ben 71 Paesi” e, in sede, utilizzando come “addetti alla progettazione ed alla sperimentazione ben il 40% dei propri impiegati”. Accordi produttivi e commerciali sono stati definiti con la Metropolitan Vickers di Manchester e (per le bilance e i sistemi di pesatura) con la Richardson Scale Company di Clifton (New Jersey), mentre l’export rappresenta “circa l’80% del fatturato”. Tra i “nuovi settori di produzione” si segnalano: “zuccherifici, impianti minerari, macchine per il movimento di terra”. 1957, 29 dicembre All’assemblea straordinaria il FIM, unico proprietario della società, ne decide la ricapitalizzazione da 100 milioni a 3 miliardi; ciò al fine di renderla proprietaria degli stabilimenti di Reggio Emilia che erano di proprietà delle Reggiane, poi messe in liquidazione coatta amministrativa, e così promuoverne l’operatività. 1959, giugno La fusione tra Nuove Reggiane (società industriale) e Reggiane (società di fatto immobiliare) viene portata a compimen-

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to. Dal punto di vista industriale, si tratta di un passaggio reso necessario “in vista della graduale entrata in vigore del trattato per il MEC, avvenimento che, come è noto, esige il rafforzamento delle strutture societarie ed il miglioramento dei mezzi strumentali per accrescere la forza competitiva delle imprese nel più vasto mercato costituito dalla nuova comunità europea”. Dal punto di vista patrimoniale, l’operazione risente della situazione pregressa della liquidazione Reggiane, da cui ne consegue una complessa serie di aggiustamenti di bilancio. Anni ’60 I due poli produttivi principali, lungo gli anni ’60, sono il ferroviario e gli zuccherifici. A fianco di tali poli, permane il settore dei molini per cereali: in Italia (Casillo, Voiello, Ambrosio, Tomaselli, ecc.) e all’estero (Grands Moulins de Dakar, Grands Moulins de Tunis, Germani di Porto Alegre, Manera di Bahia Blanca, ecc.). Notevoli realizzazioni proseguono nel campo delle bilance automatiche e dei miscelatori per l’industria alimentare, quindi di altri macchinari per l’industria chimica. Sempre nel settore dei grandi impianti, vengono realizzati sili granari per lo scarico pneumatico delle navi mercantili (Venezia, Genova), a partire dai quali le Reggiane cominciano ad investire più sistematicamente nell’impiantistica portuale. 1965, 9 giugno L’utile netto risulta essere il maggiore registrato nell’ultimo quinquennio (£ 63 milioni), tuttavia le valutazioni rimangono ispirate alla prudenza, in particolare per quanto riguarda la possibilità di “in-


Studi storici crementare le maestranze per meglio utilizzare le ampie possibilità degli impianti sociali”. Base principale dell’azienda è ora ritornato il ferroviario. 1966, 7 giugno Continua l’ascesa dell’utile d’esercizio (£ 82 milioni netti). Preoccupante è però la situazione del settore ferroviario, per cui diventano tanto più importanti commesse come quella guadagnata in Pakistan per la fornitura di un grande zuccherificio da canna. 1968, 31 luglio All’assemblea la relazione si apre con una nota dolente: “nell’esercizio in esame le assegnazioni di materiale rotabile da parte delle Ferrovie Italiane dello Stato sono risultate praticamente nulle”. Un rallentamento temporaneo, dovuto al conflitto in Medio Oriente, arriva anche dalle “trattative per uno zuccherificio in Iraq”; ma qui vi è la certezza che la commessa, acquisita in cordata con altre ditte italiane, vada a segno, con un ruolo tecnologico di primo piano delle Reggiane. Per contro, è il settore degli impianti industriali a far registrare un “notevole incremento”; in particolare, vengono registrate come “significative affermazioni” l’ampliamento del silo al molo B di Porto Marghera (diventa primo in Italia per capacità: sono 100.000 tonnellate di cereali) e l’impianto pneumatico di scarico grano per il silo di Genova (si tratta di un nuovo cliente). Tutto sommato, l’esercizio chiude con 101 milioni di utile. Anni ’70 Negli anni ’70, a fianco degli zuccherifici, vengono costruiti anche giganteschi dissa-

latori (porto di Bassora), mentre il settore della movimentazione portuale si completa di gru da sbarco, transtainer, liftainer. Il comparto ferroviario diventa così sempre più accessorio. 1971, 15 settembre All’assemblea risulta una pesante perdita di esercizio di 310 milioni. Ma ciò che colpisce è la moltiplicazione delle progettazioni e la costante attività di sperimentazione tecnologica, volta ad aprire nuove filiere industriali. Vengono ad esempio costruiti due prototipi per il taglio e la raccolta della canna da zucchero, settore nel quale sono costruiti impianti di “raffreddamento massacotta”; così come l’anno precedente erano state costruite 4 vulcanizzatrici a freddo per la Firestone Europa, un forno di ricottura per parabrezza e una macchina lavatrice per lastre in vetro. Sul fronte ferroviario, si tratta di un’acquisizione di qualità, va segnalata la modifica e revisione di alcuni elettrotreni ETR300, il famoso Settebello. Ma la novità destinata a rivelarsi più significativa, nel tempo, è l’accordo concluso con la Paceco International Limited di Londra per la costruzione di gru per movimento container: le prime due verranno installate nel Porto di Genova. Un secondo accordo internazionale viene stretto con la Stanray International Corporation di Chicago e riguarda l’acquisizione di una licenza per la costruzione di jetway negli aeroporti (le Reggiane riusciranno poi a piazzarle presso lo scalo di Fiumicino). 1975, 11 febbraio Nella relazione del direttore generale vengono fornite alcune valutazioni relative all’ultimo decennio: l’occupazione risulta

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Studi storici attestata attorno ai mille dipendenti; gli impianti industriali hanno sorpassato per incidenza produttiva quella ferroviaria (60 a 40). Non si tratta di un sorpasso casuale: il settore ferroviario risulta ormai sacrificato per ragioni di politica industriale nazionale, cui fa da contrappeso un piano di investimenti per sostenere i grandi impianti portuali. Fiore all’occhiello, una gru semovente su 16 ruote sterzanti capace di sollevare 300 tonnellate, dotata di un braccio della lunghezza di 90 metri (con possibilità ulteriore di aumentarlo a 150). Queste invece le cifre relative ai grandi zuccherifici sin allora costruiti dalle Reggiane: sono 11, distribuiti in Italia, Grecia, Jugoslavia, Iraq, Pakistan. Queste le cifre fornite per il 1974: 174 operai (provenienti dalle scuole di formazione operaia), 74 impiegati (con diploma), 20 laureati. Si punta a ritagliare per le Reggiane un ruolo di primo piano nel distretto meccanico di Reggio Emilia sotto il profilo della qualità progettuale: “è difficile recuperare le spese ogni anno, e tutti gli anni, allorché si lavora su disegni altrui; si consegue un modesto utile allorché si lavora su disegni propri e si consegue un utile accettabile e garanzia di vita allorché si lavora su idee proprie originali”. 1978, 18 maggio Nuova formula societaria per le Reggiane. Il capitale sociale ammonta a £ 4.500.000.000. La sede legale è al numero 27 di via Vasco Agosti, Reggio Emilia. La Società – vi recita lo Statuto, ribadendo la medesima formula introdotta nel 1960 – ha per oggetto l’industria ed il commercio di impianti, macchine industriali e costruzioni meccaniche ed elettriche in

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genere nonché l’acquisto, la vendita e la locazione di immobili sia ad uso civile che ad uso industriale, nonché di mobili (macchine, impianti industriali, ecc.), di beni immateriali (brevetti, ecc.), di opifici e aziende. Anni ’80 In collaborazione con altre aziende sempre dell’EFIM, verrà realizzato alla metà degli anni ’80 il progetto Micoperi (su licenza Usa): le due gru di maggior portata esistenti nel mondo (sino a 7.000 tonnellate ciascuna) posate su due enormi piattaforme galleggianti tra loro collegate (al momento della liquidazione EFIM sarà proprio la grande impiantistica portuale a rendere appetibili le Reggiane per la Fantuzzi Group). 1985, 25 ottobre Cambia la formula societaria, vengono confermate le formule industriali. La SpA Reggiane riparte con 10 miliardi di capitale sociale. 1992 Il Ministero delle Partecipazioni Statali mette in liquidazione il gruppo EFIM (Ente Partecipazione e Finanziamento Industrie Manifatturiere). 1994 Le Reggiane, nell’ambito della dismissione del gruppo EFIM, vengono cedute al Gruppo Fantuzzi, specializzato nella produzione di attrezzature portuali. 2009 La Fantuzzi-Reggiane viene venduta alla statunitense Terex Corporation.


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