Poesie dei tempi delle nostre nonne e bisnonne

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Poesie dei tempi delle

nostre nonne e

bisnonne verdefronda



Poesie dei tempi delle

nostre nonne e bisnonne raccolta di poesie popolari della fine 1800 tratte da libretto manoscritto appartenuto a scolara delle scuole elementari


La neve Scendi, scendi bianca neve silenziosa nella via scendi, scendi, lieve, lieve tutt’intorno a casa mia. Tu sei candida, sei bella tu sei pura come il latte le tue falde come stella tutte quante sono fatte. Scendi o neve, qui ti posa sul pulito davanzale fresca morbida vellosa sembrerai un bel guanciale.


Fiori e stelle Due cose belle ha qui l’eterna man seminato. Nell’azzurrina volta le stelle i fior sul verde smalto del prato. Del sommo amore gli alti misteri le stelle a coro sembran cantar. L’urne de’ fiori sono incensieri che a Dio vaporano sopra un altar.


Il micio ghiottone Un micin bricconcello salta un dì sul fornello e scopre nella pentola bollente un pollo che coceva allegramente “questo è un boccon da re” dice il micin fra sé “or che la cuoca è scesa giù in cantina” “il padrone son io della cucina” il gatto allunga il collo e dà zampate al pollo ma il pollo gira, seguita a girare e il gatto ingordo nol può mai pigliare avido ei più s’avventa e di ghermirlo tenta fin che in ultimo il giuoco mal gli andò il micin nella pentola cascò .


Bontà e sapienza di Dio Chi mai di fiori il campo di stelle il ciel fiorio? chi tante avverse cose in armonia compose? chi le comprende? Iddio Agli astri, all’aure, al lampo chi l’ale agli anni aprio oltre alle vie profonde de’cieli ed oltre all’onde chi vive eterno? Iddio Chi può d’immenso amore compiere il mio desio? chi l’intimo pensiero mi legge e m’apre al vero? e chi più m’ama? Iddio


Il sole O sol che trionfante abbelli il firmamento Iddio con un accento dal nulla ti creò D’un raggio di sua gloria la fronte a te cingea tu rendi a noi l’idea di Lui che ti creò . Quando ritorni in cielo dopo la notte oscura intona la natura un cantico d’amor.


Al raggio tuo la terra si avviva, si feconda per te la messe imbionda si colorisce il fior. Quando il tuo raggio a sera partendo ci saluta una mestizia muta copre la terra e il ciel. Sui buoni e al par sui tristi i tuoi tesor diffondi del Creator de’ mondi immagine fedel.


Il lupo e il capretto Messer lupo volle un giorno vestir l’abito d’agnello per poter così bel bello ir predando a suo piacer. Va s’aggira e alfin s’imbatte in un giovine capretto che rimira con sospetto quell’aspetto menzogner. Messer lupo desioso di più lauta rapina lemme lemme s’avvicina, tutto pace, tutto amor.


Egli dice: Amico mio graziosetto animaletto che fai qui così soletto? Dove sono i genitor? Finse allora il capretto d’esser colto a quell’inganno e rispose: Oh certo avranno di vedervi un gran piacer Qui verran vossignoria! Ma che onor, che cortesia! E’ brevissima la via.. vo a chiamarli… è mio dover… Ma l’accorto capretto a quel loco non tornò ed il lupo come detto senza vittima restò .


L’ultima rosa L’ultima rosa sboccia carnicina sovra il ramo d’autunno al sole smorto e la coglie dal ramo una bambina che ha nel picciol core un gran sconforto. Ha un gran dolore nel suo core amante perché nel letticciuolo assai malata giace la sorellina e trepidante tutta notte la mamma l’ha vegliata. L’ha vegliata piangendo e ha detto a lei “prega, prega il signor per questa casa lacrime non han più questi occhi miei ma in Dio fidente l’alma mia ripara” La fanciulletta scese nel giardino e dal ramo spiccò l’ultima rosa


ne ornò della madonna l’altarino ”Dolce Maria riguardaci pietosa!” Eslamò rivolta al ciel . Cadono i fiori e si sfrondan le piante a noi daccanto ma non cogliere il fior de’ nostri cori e il riso nostro non mutare in pianto. Olezzi a te regina mia clemente codesta ultima rosa carnicina e giunga sino a te la prece ardente della mamma vegliante la piccina” Quando sbocciar le rose a primavera folleggiavan le bimbe in tra le aiuole della madre a Dio grata la preghiera col profumo salia delle viole.


Il grillo Son piccin cornuto e bruno me ne sto fra l’erbe e i fior sotto un giunco o sotto un pruno la mia casa è da signor. Non è d’oro e non d’argento ma ritonda e fonda ell’è terra è il tetto e il pavimento e vi albergo come un re. Se il fanciul col suo fuscello fuor mi trae dal mio manier in un piccolo cestello io divento il suo piacer. Canto all’alba e canto a sera e nell’atrio e nel covil monachello in veste nera rodo l’erbe e canto april. So che il cantico d’un grillo è una gocciola nel mar ma son mesto s’io non trillo… Deh! Lasciatemi cantar.


Il pappagallo filosofo Nella bella cucina dentro una gabbia enorme il pappagallo se ne stava sgusciando, una mattina, certe noci dal mallo. Dalla aperta finestra la padrona guardava in sulla via e la salsiccia intanto, alla minestra, la gatta portò via. Il pappagal vedeva e volto alla padrona alla finestra colla sua guttural voce diceva “la gatta alla minestra” Quell’avviso intendendo si mosse e andò al fornello la padrona ed esclamò , la gatta rincorrendo “oh che bestia ladrona” Mosse l’adunco becco il pappagallo”che colpa n’ha la gatta” disse tra se montando il ramo secco se la padrona e matta?


Il fanciullo e gli angioletti D’angioletti ho visto un coro tutti aveano alucce d’oro io son corso dietro a lor saltellando sopra i fior. Si son fermati in cima agli arboscelli le alucce d’oro non battevan più io dicea lor “venite o miei fratelli venite meco a trastullar quaggiù” “Noi non siam della terra o fanciulletto” risposer “né toccar possiamo il suol la nostra vita è piena di diletto nessun di noi conosce che sia duol.


Celeste letizia Iddio sol ne diè contento e mestizia si alternano in te.â€? E un nembo mi copria di vaghi fiori con grato olezzo, con mille colori! Di quegli angeli il bel coro ribattea le alucce d’oro. Celeste letizia portando con lor contento e mestizia sentiva io nel cor.


Le stagioni Di fior si smaltano prati e giardini attorno un’aura spira leggera son tutti allegri grandi e piccini E’ primavera! Ma già nei campi matura il grano dal sol le viottole sono infocate cantan cicale…suda il villano Ecco l’estate! Cade il Settembre, le viti spoglie furon dell’uva di licor piene l’aria rinfresca, cadon le foglie.. L’autunno viene! Le notti allungano, s’infosca il cielo dal freddo il fiore spira consunto sulla campagna domina il gelo… L’inverno è giunto!


Gli uccelli La molteplice famiglia dei vaghissimi augelletti lieta e garrula bisbiglia sui comignoli dei tetti. Vola, vola gorgheggiante su le rupi su le piante saltella nei prati - e loda il signor son fiori animati - son vivi splendor Si dissetano nel fonte è per loro il miglior grano in un attimo dal monte tu li vedi scesi al piano si sollevano su l’ali fondon l’aere come strali più ricchi e felici – di prenci e di re piacevoli amici – che il cielo ci diè


La tartaruga Una terrestre tartaruga un dì si alzò di buon mattino per finir certi affari d’importanza ad un miglio di distanza e postasi in cammino com’è suo stil sì lentamente andò tante volte per via si soffermò che in quindici ore e più avea cinquanta passi appena fatto quando accortasi a un tratto non senza meraviglia che la notte frattanto era già sorta Oh come-disse-la giornata è corta!


Tic Tac Il pendolo di giorno è un vecchio borbottone tic tac! ei va dicendo alle bambine buone Tic tac! il tempo passa, tic!tac! il tempo vola si pentiranno quelle che son distratte a scuola! Oh guai alla bambina che sarà negligente! va ripetendo il pendolo che oscilla lentamente. Più non ritorna indietro il tempo ch’è passato si pentirà, ma tardi, chi non avrà studiato. Ma la sera il pendolo è una buona mammina tic tac egli sussurra, dormi o mia bambina!


Poesie dei tempi delle nonne e bisnonne raccolte da verdefronda

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