La creatura della montagna

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La creatura della montagna di verdefronda

Brevissimo racconto scritto all’età di 16 anni


Ero solo, camminavo su un vecchio sentiero di montagna lontano dalla fervente vita di città. Ero entusiasta della solitudine che mi si apriva infinita davanti agli occhi, godevo del silenzio e dell’immensità del panorama. Ampie distese verdi, rotte da cespugli e da qualche ardito e vecchio tronco di castagno, mi accoglievano a braccia aperte nel loro grembo e mi mostravano sincere tutta la loro semplicità e tranquillità di vita. Io contemplavo quegli alberi isolati e taciti quando sullo sfondo di quelle verdi fronde scorsi ad un tratto una lontana macchia candida semicoperta dalle frasche di una vigorosa pianta. Mi sembrava un miraggio, una fantasia ma per meglio capacitarmi di quella immagine mi avvicinai di alcuni passi e più guardavo più l’immagine mi sembrava reale. Ormai ero a poca distanza e quella che mi era apparsa come una visione la vedevo ora come una figura reale, non mi potevo più ingannare.


Una fanciulla giaceva sotto il verde di un nocciolo ed io potevo vederne le pallide membra che mi sembravano inerti e prive di vita. No non era quella l’immagine di un corpo inanimato, quel corpo fremeva di vita e di bellezza, spandeva luce e calore tutto intorno, era una bimba addormentata e sembrava un angelo. Non riuscivo a distogliere il mio sguardo da uno spettacolo cosÏ bello e cosÏ inaspettato, restai immobile e muto qualche secondo poi vidi due stelle accendersi di vivo splendore. Due occhi azzurri come il cielo si erano aperti su un visetto fine e delicato incorniciato da lunghi e morbidi capelli d’oro. Quegli occhi mi guardavano muti ma sembrava mi chiedessero soccorso, da quella richiesta di aiuto mi lasciai guidare come da un misterioso ordine. Mi avvicinai, presi fra le braccia quella creatura e scesi per la costa della montagna


dalla quale poco prima ero salito. La sensazione di quel corpo fra le mie braccia era qualcosa di inimmaginabile, un non so che di morbido e quasi senza peso, un particolare senso di gioia inondò il mio cuore fino a colmarlo. A quel tatto delizioso, a quella sensazione squisitamente dolce ogni mio sentimento fu completamente appagato, nessun desiderio esisteva più, neppure la fantasia riusciva ad immaginare qualcosa di più bello. Era il paradiso dei sogni quello, la felicità e la gioia come mai potrebbero essere descritte. Una cosa soltanto non fu sazia in quell’indimenticabile momento, la ragione, ben presto questa si fece strada, si buttò in una suprema lotta contro i sentimenti e quando riuscì vittoriosa, mi costrinse ad aprire gli occhi e rendermi conto dell’accaduto. Io mi riscossi, guardai e fra le mie braccia non trovai nulla, proprio nulla.


Fine

racconto scritto nel 1955 da Giorgio Thieme

verdefronda


blog di poesie di verdefronda

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2010


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