Arteam Cup 2015

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ARTEAM CUP 2015 Organizzazione: ASSOCIAZIONE CULTURALE ARTEAM NON PROFIT via Traversa dei Ceramisti 8/bis 17012 Albissola Marina (SV – Liguria) Tel. 019.4500744 info@arteam.eu www.arteam.eu Presidente: Livia Savorelli Giuria Arteam Cup: Luca Bochicchio Antonio D’Amico Matteo Galbiati Anna Lisa Ghirardi Livia Savorelli Mostra: 24 ottobre - 22 novembre 2015 Sede espositiva: Officina delle Zattere Fondamenta Nani | Dorsoduro 947 | Venezia www.officinadellezattere.it Allestimento: a cura di Luca Bochicchio, Antonio D’Amico, Matteo Galbiati, Anna Lisa Ghirardi, Livia Savorelli Partners: Banca Sistema Galleria Melesi Galleria d’Arte Narciso Gruppo ACCA Albisola Guidi&Schoen Arte Contemporanea L’Ariete artecontemporanea MyTemplArt Officina delle Zattere Officine dell’Immagine Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea Stiler® Tiziana Severi Arte Contemporanea Vanillaedizioni 2

I Edizione

Ringraziamenti: Gianluca Anselmo Alessia Barrera Nicola Berto Martina Bertoncini Carlo Bonza Germano Donato Luisa Flora Giovanna Gobbi Guido Guidi Marco Massaro Sabina Melesi Steven Music, Celeste Network Gianni Pasquetto Marta Piazzi Sally Paola Anselmo Pinottini Marzio Pinottini Aldo Pisoni Sabrina Raffaghello Patrizia Raimondi Chico Schoen Chiara Serri, Csart Tiziana Severi

Editore:

via Traversa dei Ceramisti, 8 17012 Albissola Marina (SV) Tel. + 39 019 4500659 Fax + 39 019 2071005 info@vanillaedizioni.com www.vanillaedizioni.com ISBN 978-88-6057-308-7 Progetto grafico: Elena Borneto Interviste e testi in catalogo: Luca Bochicchio Antonio D’Amico Matteo Galbiati Anna Lisa Ghirardi Livia Savorelli


Giuria Arteam Cup 2015: Luca Bochicchio è nato a Belluno nel 1981. Si è laureato in Storia dell’arte contemporanea, ha seguito il corso internazionale di Museologia all’École du Louvre e ha conseguito il dottorato di ricerca in Arti, Spettacolo e Tecnologie Mutimediali all’Università degli Studi di Genova. Presso lo stesso ateneo lavora come assistente e fa parte del gruppo di ricerca dell’Archivio d’Arte Contemporanea. Ha pubblicato saggi critici e scientifici in riviste e cataloghi in Italia e all’estero e ha curato diversi volumi sull’arte e sulla ceramica contemporanea. Dal 2011 cura il progetto Museo Diffuso Albisola. Vive a Savona. Antonio D’Amico è nato a Catania nel 1979, storico dell’arte e curatore. Osserva il contemporaneo con uno sguardo costantemente orientato all’antico. Dalla teologia alla psicologia, discipline approfondite nelle università di Palermo, Catania e Milano, affonda i suoi studi nel fascino dell’identità artistica per scovare cosa c’è dentro l’immagine, ricercando nel lavoro degli artisti la sinergia creativa e indissolubile fra vita e arte. Laureato in Storia dell’Arte moderna presso l’Università della Calabria si è specializzato in storia della critica d’arte presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui vive. Insegna Storia dell’Arte moderna presso l’Accademia di Belle arti di Cuneo e collabora con istituzioni pubbliche, Fondazioni e musei italiani per i quali ha coordinato e curato diverse mostre d’arte antica e contemporanea. Matteo Galbiati è nato a Monza nel 1974. È critico e curatore d’arte. Collabora con gallerie, istituzioni e spazi espositivi pubblici e privati per l’organizzazione, la curatela e la critica di mostre, incontri e conferenze. È stato membro della giuria di diversi premi artistici nazionali e internazionali come il Premio Artivisive San Fedele promosso dalla Fondazione San Fedele di Milano (dal 2004). È docente dei corsi di Storia dell’Arte per il C.P.I.A. ex C.T.P. di Desio (MB) dal 2002; della Scuola d’Arte “Federico Faruffini” di Sesto San Giovanni (MI) dal 2008; del Centro Linguistico Culturale San Clemente di Brescia dal 2010. Per l’Accademia di Belle Arti Santa Giulia di Brescia è docente del corso Sistema Arte (2011-14) di Fenomenologia delle Arti Contemporanee e di Fenomenologia dell’Immagine dal 2014, di Didattica dei Linguaggi Artistici dal 2015. Per l’I.T.S. Machina Lonati di Brescia è docente del corso Linguaggi e Ultime Tendenze delle Arti Visive dal 2012. Ha scritto articoli e recensioni per le riviste d’arte contemporanea. Dal 2013 è direttore Web e Digital della rivista ESPOARTE con la quale collabora dal 2005. Anna Lisa Ghirardi è nata nel 1974 a Salò (BS), dove vive e lavora. Laureata a Ca’ Foscari a Venezia e specializzata alla Scuola di Specializzazione dell’Università di Padova in Storia dell’arte e delle arti minori, dal 2000 è docente di Storia dell’Arte e svolge attività di critica e curatela di arte contemporanea. È membro della Commissione della Civica Raccolta del Disegno di Salò. Collabora con istituzioni pubbliche e scrive per riviste d’arte contemporanea. Livia Savorelli è nata nel 1975 ad Asti. Vive e lavora ad Albissola Marina (SV). Presidente dell’Associazione Culturale Arteam, è Direttore Editoriale del magazine ESPOARTE dal 2004. 3


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Arteam Cup: il Premio d’arte dedicato agli associati

L’Arteam Cup si discosta dalla vasta proposta di premi d’arte contemporanea innanzitutto per la filosofia che presiede l’evento. L’Arteam Cup è, infatti, un concorso a cui possono partecipare solamente gli artisti associati concepito per fornire a ciascuno un momento di “messa in gioco” e confronto con gli altri associati.
Sulla base della selezione di una giuria composta da addetti ai lavori è stata data la possibilità, ad un limitato numero di artisti, di essere protagonisti di un importante evento espositivo e di poter quindi avere un’occasione unica di crescita e di dialogo. Per l’edizione 2015 sono stati 40 i finalisti selezionati per accedere alla mostra tenutasi all’Officina delle Zattere di Venezia, un’esposizione della durata di un mese (24 ottobre - 22 novembre 2015) in una location ospitante il Padiglione Nazionale del Guatemala, partecipazione nazionale della 56. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia: una concomitanza questa che ha amplificato notevolmente la visibilità per ciascun partecipante, dato il pubblico internazionale che segue la kermesse veneziana. E inoltre, last but not least, una delle finalità principali del contest: quella di essere ponte di unione con gli attori del mercato dell’arte – Istituzioni culturali, gallerie e curatori – favorendone l’incontro e la collaborazione e creando ulteriori occasioni di crescita professionale in sinergia con le stesse. Questa importantissima occasione è resa possibile dalle numerose partnership che l’Associazione, nel corso dell’anno, crea e si concretizza negli importanti riconoscimenti offerti. Forti del successo di questa edizione, del caloroso consenso ottenuto dagli artisti e dal pubblico, siamo già carichi e pronti a fare ancora meglio con l’Arteam Cup 2016! Livia Savorelli
 Presidente Associazione Culturale Arteam

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La mostra e l’opening

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Performance M. Mancioppi - ph. Simonetta Fratini

Performance M. Mancioppi - ph. Simonetta Fratini

Performance M. Mancioppi - ph. Simonetta Fratini

Performance M. Mancioppi - ph. Simonetta Fratini

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Gli artisti selezionati AQUA AURA ALESSANDRA BALDONI MARIA REBECCA BALLESTRA ELISA BERTAGLIA VALENTINA BIASETTI PAOLO BINI FOSCA BOGGI MARCO BOLOGNESI PATRIZIA BONARDI GIORGIO BORMIDA STEFANO CESCON PIERLUCA CETERA ANGELICA CONSOLI FABRIZIO CORBO FRANCESCA DELLA TOFFOLA MARCO DEMIS NADIA GALBIATI CESARE GALLUZZO LIDIA GIUSTO FEDERICA GONNELLI GABRIELE GRONES ASAKO HISHIKI LEMEH42 FRANCESCO LEVI MANUELA MANCIOPPI VINCENZO MARSIGLIA SABRINA MILAZZO ROSSELLA PEZZINO DE GERONIMO GIANLUCA QUAGLIA CAMILLA ROSSI ELISA ROSSI ALESSANDRO SATURNO MARCELLA SAVINO THOMAS SCALCO MATTEO SUFFRITTI GIORGIO TENTOLINI ROLANDO TESSADRI THE GAHAN PROJECT MANUELA TOSELLI LUCA ZARATTINI 11


Aqua Aura • PREMIO SPECIALE L’ARIETE ARTECONTEMPORANEA • PREMIO SPECIALE TESSERA SOCIALE ARTEAM 2016

Aqua Aura «è un fantasma incarnato. Un tizio che, come certi personaggi di certi film americani, ha avuto un’esperienza di pre-morte e una volta tornato alla vita si accorge che tutto è come prima ma ormai niente è come prima. Christian Boltanski sosteneva che “se si decide di essere un artista è per non esistere più, per svanire”. Ad un certo punto per il lavoro che stavo facendo mi sono dovuto interessare di mineralogia e geologia. L’aqua aura mi sembrò subito uno strano tipo di pietra. È una contraffazione generata da azioni umane compiute su un semplice quarzo. Dopo il procedimento di esposizione ai vapori di oro in ebollizione, il quarzo si presenta di un bel colore blu intenso, si traveste da pietra preziosa». Nella sua aurea misteriosa di multiforme intensità, Aqua Aura, in questo ultimo anno ha indagato con maggior attenzione il territorio della fotografia e della digital art, raggiungendo esiti di autentica poesia. Le sue immagini si nutrono di natura, anche se sono ancorate ad una realtà sospesa in un cosmo irreale, surreale. The Net n° 3 è un’incantevole poesia per i sensi, una musicalità che si avverte cadenzata e proveniente dall’inconscio. La sua vuole essere una rete invisibile, impercettibile, con un richiamo tangibile al mondo linfatico, alla stagione primaverile, nella presenza del soffione, riconducibile al tempo e alla vita umana. 12

Aqua Aura è un progetto nato a Milano nel 2009. L’artista, nato a Milano nel 1969, dopo gli studi al Liceo Artistico di Bergamo, si laurea in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano. Negli ultimi anni il suo linguaggio si è sviluppato nell’ambito della fotografia e della Digital Art. Attualmente vive e lavora tra Milano e Akureyri (Islanda) con il suo gatto. Recentemente ha esposto in molte istituzioni, gallerie e musei a livello internazionale, tra cui Torino, Milano, Istanbul, Barcellona, Maastricht, Finlandia e Slovenia. Gli sviluppi del suo più recente lavoro lo stanno portando verso il territorio del linguaggio video attraverso la realizzazione di cortometraggi e video arte.


The Net n째 3, 2015 stampa ai pigmenti di carbone su carta cotone, cm 60x90x8, 3 edizioni 13


Monema n째 2, 2015 stampa ai pigmenti di carbone su carta cotone, cm 100x150x10 (3 ed.) - cm 70x101x8 (3 ed.)

Monema n째 4, 2015 stampa ai pigmenti di carbone su carta cotone, cm 100x150x10 (3 ed.) - cm 70x101x8 (3 ed.) 14


Luminescence, 2014 stampa digitale su carta cotone Hahnem端hle, cm 32x94x4, 5 edizioni

Liquid Coincidence, 2015 stampa digitale su carta cotone Hahnem端hle, cornice floccata di colore bianco, cm 100x135x10, 5 edizioni 15


Alessandra Baldoni

Alessandra Baldoni è narratrice di storie e regista di set fotografici. Le sue immagini sono frame di racconti interiorizzati, vissuti, indossati, sono appunti sospesi di una narrazione che conosce eco nelle nostre menti e sui nostri corpi. Attraversano luoghi interiori, dimensioni oniriche e favolistiche, in cui il sentimento trova spesso dimora. Enigmatiche, vengono rivelate come sorta di poesie appuntate a cui il lettore può aggiungere versi, tanto che la parola è spesso sottesa se non affiancata. La fotografia selezionata fa parte infatti della serie, in corso d’opera, Da un atlante del mondo difficile, titolo tratto da una componimento poetico di Adrienne Rich, in cui il lettore, anche quando è atterrato, completamente nudo, trova nella poesia riparo dall’esistenza. Il bosco è metafora del perdimento, del luogo dove le cose prendono forme nuove e le visioni si moltiplicano; questo nuovo ciclo, in continuità con altri suoi precedenti lavori, appare infatti come una sorta di catalogazione delle paure, un archivio del buio, dove l’immaginazione e il tangibile vivono della medesima sostanza. 16

Alessandra Baldoni è nata nel 1976 a Perugia dove attualmente vive e lavora. Dopo il diploma di maturità conseguito al liceo classico, ha studiato Filosofia presso l’Università di Perugia. Le sue foto sono il risultato di “piccole sceneggiature scritte per uno scatto”, mette in scena veri e propri set, costruisce un mondo metafisico ed incantato, cerca di raccontare i luoghi dell’anima, le geografie esistenziali in cui ognuno può riconoscersi. I temi centrali della sua ricerca sono la memoria, il sogno, la favola e l’amore. Recentemente è stata tra gli artisti selezionati per il XIV Premio Cairo presso il Museo della Permanente, Milano. Lavora attivamente dal 2000 ed ha esposto in numerose mostre collettive in Italia e all’estero oltre che in varie personali.


Untitled 2, 2015 stampa fotografica fine art, cm 70x100 17


Un digiunatore-story, 2015 installazione di 6 stampe fine art, dibond, cm 80x150 (cm 30x45 cad.)

I need protection, 2013/2014, particolare dell’installazione scrigni di vetro ferro, fotografia, poesia, cm 23x17x4 cad. 18


C’è come un dolore nella stanza ed è superato in parte, 2013 stampa fotografica digitale, dibond, cm 70x100

In questa casa non c’è nessuno, 2014 stampa fotografica digitale, dibond, cm 70x100 19


Maria Rebecca Ballestra

Sull’Isola della Certosa di Venezia è esposta in modo permanente l’installazione di Maria Rebecca Ballestra dedicata a Journey into Fragility, il progetto biennale che ha portato l’artista a viaggiare e lavorare nei cinque continenti, alla ricerca dei delicati, innovativi, a volte critici equilibri che governano il rapporto tra l’essere umano, l’ambiente e la Terra. Il metodo di Ballestra nasce e si sviluppa attraverso il viaggio, lo studio e il dialogo interdisciplinari su temi quali l’ecologia, l’antropologia, la spiritualità, l’innovazione tecnologica, il potere economico, il post-umanesimo dell’era globale. Anche se il viaggio e la ricerca rappresentano gli aspetti più importanti del lavoro, Ballestra risolve sempre i propri progetti con un’opera, il più delle volte installativa, che è al contempo simbolica e concettuale. Foto, video, scultura e parola sono i mezzi con i quali l’artista esprime meglio la sintesi del suo pensiero. Anche la collaborazione con altri artisti rappresenta una costante, come nel caso dell’opera Fragile City, realizzata in Brasile nel 2014 con Rachela Abbate, durante l’XI tappa di Journey into Fragility. Il tema dell’antropocentrismo è elaborato in una serie di mappe composte da informazioni tratte dallo spazio urbano e sociale del luogo, sovrapposte nel campo visivo a rispecchiare gli schemi della coscienza collettiva. 20

Maria Rebecca Ballestra è nata a Sanremo (IM) nel 1974. Si diploma all’Accademia di Belle Arti di Firenze e studia presso la Facultad de Bellas Artes di Granada (Spagna). Dal 1994 espone in mostre collettive e personali in Italia e all’estero. Il suo lavoro si focalizza sull’interpretazione e la rielaborazione di tematiche sociali, politiche ed ambientali e sulla sintetizzazione di codici etno-culturali appresi durante numerosi programma di residenza in giro per il mondo. Una delle sue ultime produzioni, Journey into Fragility, è orientata verso la percezione del futuro in relazione ai cambi climatici e ai molteplici interventi dell’uomo nell’ambiente ed al senso di insicurezza che caratterizza questo nuovo millennio. I suoi lavori fanno parte di collezioni private e pubbliche. Vive e lavora in condizioni nomadi.


Fragile City, 2014 n.9 stampe su velina montate su specchio, cm 30x40 cad. 21


Journey into Fragility, 2012 stampa diretta su rikbond, cm 60x90

Sulla Natura, 2015 canne di bamboo incise, 19 frammenti di Parmenide Sulla Natura, video 22


Future Nature Culture, 2013 palla di muschio ø cm 60, traccia audio 23


Courtesy Banca Sistema

Elisa Bertaglia • PREMIO SPECIALE OFFICINE DELL’IMMAGINE

Elisa Bertaglia utilizza un linguaggio poetico intriso di riferimenti letterari, mitologici e cinematografici, dal vocabolario ricco di simboli e dalla sintassi precisa ed evocatrice. Nei suoi paesaggi la dimensione reale e quella onirica si avvinghiano, come le foglie di edera che sovente si arrampicano sulle sue superfici, e ritornano in essi alcuni temi, tra i quali la metamorfosi e il doppio. La rappresentazione iterata di elementi è pertanto una chiave di lettura, come in Bindwood in cui ritroviamo le sue piccole nuotatrici che, in questo frangente, si tuffano e cadono tra gli alberi, simbolo del passaggio tra l’infanzia e l’età adulta. L’ambientazione naturale, qui cerulea ed evanescente, altrove satura e vivida, è una quinta scenica compartecipe alla narrazione e, memore della simbologia della pittura veneta rinascimentale, non è estranea ad un’aura di sacralità. Nell’opera un piccolo light box contiene una foglia, da lontano appare una sorta di costellazione, da vicino la puntinatura definisce altre due bimbe, avviluppate e in posizione fetale a proteggersi dalle proprie paure. L’universale e l’individuale non sono così distanti, si tratta solo di mettere a fuoco lo sguardo. 24

Elisa Bertaglia è nata nel 1983 a Rovigo, dove vive e lavora nel suo atelier. Ha frequentato il Liceo scientifico Statale e nel 2009 consegue la Laurea di II Livello in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo indirizzo Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Dal 2008 inizia una ricca attività espositiva sia in Italia che all’estero instaurando diverse collaborazioni con critici, curatori, artisti, filosofi, musicisti e giornalisti. Nell’agosto 2011 inizia la sua collaborazione con Gianluca D’Incà Levis inserendosi all’interno del progetto espositivo di Dolomiti Contemporanee. Dal 2009 ad oggi, lavora con numerose gallerie in Italia e all’estero. A partire dal 2009 la ricerca artistica di Elisa Bertaglia matura in un linguaggio lirico, evanescente e altamente simbolico, sviluppandosi attraverso un intenso dialogo con il cinema e la letteratura classica e contemporanea. La riflessione sviluppata da Bertaglia verte sull’indagine della natura, riflettendo in modo obliquo e dinamico sulla macro-tematica dell’onirico, di una natura reinterpretata in chiave fantastica e fortemente simbolica, ponendo l’attenzione in particolare sui temi di doppio e di metamorfosi.


Bindwood, 2015 dittico, cilindro di metallo, foglia incisa, retroilluminazione LED, 6x6x6 cm; dipinto ad olio, carboncino e grafite su carta, cm 29,5x20,5, cornice di metallo 25


Bluebirds #4, trittico, 2015 olio, carboncino, grafite e pastelli su carta, cm 31x65 tot.

Bluebirds #4, dittico, 2015 olio e pastelli su carta, dimensioni variabili 26


Bluebird 1, 2015 olio e pastelli su carta incollata su legno, cm 100x69 27


Valentina Biasetti

Le figure disegnate e dipinte da Valentina Biasetti sembrano trovarsi in quel punto di confine, in quella regione insicura della creazione, tra il compiersi definitivo e lo svanire, o l’arretrare nell’immaginazione. È sul terreno dell’immaginario che si svolge infatti il tentativo di comunicazione tra i personaggi, colti in modo estremamente dettagliato, quasi realistico; quasi, perché il dettaglio è volutamente tracciato da un segno e da una cromia poveri, innaturali, che si compiono soltanto nell’incontro con la loro anima-altera: l’astratto geometrico, il colore puro, la linea retta o lo sgarbo dell’informale gestuale. Questo spazio, privo di coordinate familiari, è il non-tempo nel quale ci si presentano scene avvenute lungo scansioni temporali differenti. Biasetti usa il colore o le forme geometriche per riunire entità lontane, per farle ritrovare in quell’“altrove”, come lo definisce l’artista, dove è possibile uscire dai confini fisici, materiali e mentali. Altrove è un luogo, la regione creativa interiore, dove esiste solo ciò che è importante, essenziale per quel rapido rincorrersi di segni colorati che sono i pensieri e le emozioni. Capita quindi che i poliedri e le bande colorate uniscano due corpi come in Millimetri (sensazioni di cose minime) #6, creando un ponte, corpo a sua volta, una connessione istantanea dettata da una minima sensazione, in spazi limitati dove tutto può accadere. 28

Valentina Biasetti è nata nel 1979. Vive e lavora nella campagna di Torrechiara (PR). Laureata con Lode all’Accademia di Belle Arti di Bologna, nella sezione di Pittura, ha cominciato la sua attività espositiva nel 2002, principalmente in Italia. Le figure che appaiono nei disegni dell’artista si muovono nella solitudine di uno spazio vuoto, relazionandosi unicamente con il colore, il gesto pittorico o le costruzioni geometriche. Pieni e vuoti sono un tentativo di contatto e dialogo tra le figure che cercano un’intesa intima tra loro pur restando lontane in una scala temporale, come se fossero istantanee scattate in momenti differenti che trovano pretesto di vicinanza solo nell’immaginazione. La ricerca di dialogo silente tra i corpi, diventa un ponte immaginario per un luogo che l’artista chiama o definisce “Altrove”: un luogo svuotato dalle apparenze inutili, un luogo magico che ritrova solo nel profondo.


MILLIMETRI (sensazioni di cose minime) #6, 2015 necessaria su carta-matita e pastelli a olio, cm 80x57 29


La carne delle nubi #16, 2015 tecnica necessaria (matita, olio e acrilico) su carta, cm 115x110

La carne delle nubi #17, 2015 tecnica necessaria (matita, olio e acrilico) su carta, cm 56x52 30


MILLIMETRI (sensazioni di cose minime) #12, 2015 necessaria-matita, matite colorate e acrilico su carta, cm 155x105 31


Paolo Bini

L’esperienza cromatica della pittura di Paolo Bini si fonda sull’esattezza di una progettualità disegnativa che, al rigore dell’impianto linearmente geometrico, unisce l’aggettante e rutilante movimento di un colore il quale, mobile e instabile, cerca di definirsi in immagine. Questa “forma”, latente, anela ad un luogo e un tempo precisi per chiarirsi e per apparire definitivamente. Le sue opere trascrivono, nelle eccentricità cromatiche, il senso della sfumatura, intesa come farsi attivo e dinamico del colore che, tra luce e spazialità mobile, innerva tutte le tensioni esplorative dello sguardo. Ogni sua opera vaglia con sensibilità acuta quel tendere tra spirituale e fisico, materiale e immateriale che, nella semplicità rigorosa del loro progetto, apre spiragli su orizzonti lontani e differenti. Con Untitled ben si legge il ragionamento aperto della forma: dietro al rigido schema della composizione, preannuncia l’indipendenza dell’aura figurale che, apparentemente limitata dalle strisce di carta, sa portare invece oltre la stessa processualità (mai precostituita) dell’insieme. Trova la disciplina di una “nuova” pittura che sa ancora portare con sé la conquista della conoscenza. 32

Paolo Bini è nato a Battipaglia (SA) nel 1984. Si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Napoli (2002-2007) e nel 2010 ha rappresentato la giovane pittura italiana nell’ambito delle attività della XIII Settimana della cultura e della lingua italiana, La Habana (Cuba). Nel 2011 è invitato con l’opera dal titolo Lefkada alla 54° Biennale di Venezia, Padiglione Campania e, successivamente, alla XIV Bienal Guadalupana, presso l’Universidad Ibero Americana di Guadalupa, Messico. Lavora con numerose gallerie sia in Italia sia all’estero.


Untitled, 2015 acrilico su nastro carta su tela, cm 120x60 - ph. Š Carlo Ferrara 33


Monochrome#blue, 2015 acrilico su nastro carta su tela, cm 50,5x61 - ph. Š Carlo Ferrara

Red&White, 2014 acrilico su nastro carta su tela, cm 99x92 - ph. Š Carlo Ferrara 34


diNUOVOpaesaggio, 2014 acrilico su nastro carta su muro, cm 340x220, veduta installazione, Museo MADRE, Napoli - ph. Š Amedeo Benestante

Untitled, 2015 acrilico su nastro carta su tela, cm 130x120 - ph. Š Carlo Ferrara 35


Fosca Boggi

Nella psicologia infantile il giocattolo riveste un ruolo importante. Il bambino è da sempre in grado di crearsi i propri giocattoli a partire da pochi, poverissimi oggetti e materiali, che diventano altro di complesso grazie alla fantasia. Con l’avvento del consumismo nel secondo Novecento si è assistito al proliferare di “oggetti del desiderio” pensati per i più piccoli. Fosca Boggi si concentra su questo universo: i giocattoli che tra gli anni ’70 e ’80 hanno popolato le case italiane. I colori decisi e le forme sempre più avvolgenti di trottole, birilli e personaggi animati hanno iniziato così a catalizzare i ricordi e le emozioni non soltanto dei bambini, ma anche degli adulti che vi stavano vicino. Per questo Boggi sceglie di utilizzare il suo magistero tecnico nell’arte ceramica per ricreare copie esatte e perfette di semplici giocattoli: paperelle, cerchi, palle, cavallucci. Gli smalti rendono brillanti e attraenti le superfici degli oggetti ben più di quanto non siano in realtà e la materia calda della terracotta si sostituisce alla plastica industriale. Anche in My Tricycle il referente popolare e consumistico del giocattolo incontra quello alto della scultura degli anni ’80 e ’90, provocando così una riflessione sul nostro passato, sul paesaggio domestico e affettivo. 36

Nata a Faenza nel 1961. Nel 1980 consegue il Diploma di Maestro d’arte e Magistero Artistico presso l’Istituto d’Arte per la Ceramica di Faenza G. Ballardini, poi lavora per diversi anni come restauratrice di dipinti e affreschi. Nel 2008 torna alla ceramica, frequentando il corso di Perfezionamento Arte della Maiolica presso lo stesso Istituto. Nel 2010 apre il suo studio a Faenza dove crea pezzi unici ispirandosi a vecchi giocattoli. Artista pop, riconoscibile per la sua minuziosa precisione e il suo realismo, utilizza la ceramica come principale mezzo espressivo della sua poetica. Il suo percorso artistico ha ricevuto importanti riscontri in concorsi nazionali e internazionali.


My Tricycle, 2010 ceramica smaltata, cm 48x50x37 37


Herbie, 2014 ceramica smaltata, cm 29x48x28

Pedro‌ El perro volador, 2013 ceramica smaltata, cm 43x43x25 38


Patos Bailando, 2011 ceramica smaltata, cm 45x65x32

Peace & Love, 2014 ceramica smaltata, cm 60x65x45 39


Marco Bolognesi

Attraverso fotografia, video, disegno e installazione, Marco Bolognesi lavora alla definizione di un mondo parallelo, collocato nella difficile e pericolosa dimensione poetica del futuro. La metropoli di Bolognesi (the Bomar Universe, concepito a partire dalle iniziali del suo nome, cfr. marcobolognesi.co.uk) è tanto più reale quanto è immaginata, e viceversa. Le molteplici storie (e vite) che ogni giorno l’artista vive e attraversa si arricchiscono di visioni, riflessioni e ispirazioni provenienti da altri universi, a partire da quello del cinema. Riferendosi consapevolmente a poetiche fantascientifiche e a culture filosofiche post-moderne come il cyberpunk, Bolognesi popola il suo universo di donne-soldato in assetto bellico-sensuale. L’artista mette in luce la stretta interrelazione tra potere militare e dominazione erotica, ponendoci di fronte a personaggi costruiti su tre livelli diversi: quello in studio, da teatro di posa (collage fisico e carnale), quello digitale della post-produzione e quello genetico fantascientifico, connesso alla poetica di ibridazione identitaria dell’immagine e del soggetto. L’opera Battalion Rosenberg, Buchenwald’s witch Ilse Koch fa parte della serie Stark Special Corps e ritrae una non tanto improbabile versione futuribile di Ilse Koch, sadica moglie di Karl Otto Koch, comandante del campo di concentramento di Buchenwald prima dello scoppio della II Guerra Mondiale. La donna, passata alla storia come “la strega di Buchenwald” per le torture immotivate perpetrate sui prigionieri, finì processata e arrestata dalla stessa Gestapo. 40

Marco Bolognesi nasce a Bologna nel 1974 e, fin dall’inizio della carriera, incentra lo sviluppo della sua ricerca artistica sulla creazione di un mondo parallelo futuribile e fantastico che prende vita grazie all’utilizzo di tecniche miste: il suo lavoro spazia dalle fotografie al disegno passando per video ed installazioni. Figlio unico di una famiglia intellettuale, inizia la sua carriera artistica grazie alle collaborazioni giovanili con il poeta Roberto Roversi, il fumettista Guido Crepax e il Premio Nobel Dario Fo. Lavora con molte realtà in Italia e all’estero, in particolar modo a Londra dove, nel 2006, fonda la sua factory, il Bomar Studio. Nel 2014, collaborando con il critico e curatore Valerio Dehò, inizia il multiarticolato progetto “Sendai City” che si sviluppa in tre mostre personali che si susseguono tra la fine del 2014 e la prima metà del 2015 presso il Kunst Meran, Abc a Bologna ed il PAN di Napoli in cui viene presentato l’universo visivo e narrativo creato da Bolognesi, un mondo in continuo work in progress che trae ispirazione dal cyberpunk e dalla fantascienza sociale. Sempre nel 2015 il curatore Massimo Scaringella lo seleziona per il padiglione Perspectivas Italianas della Bienal del Fin del Mundo in Cile ed in Argentina.


STARK SPECIAL CORPS, Battalion Rosenberg, Buchenwald’s witch Ilse Koch, 2014 collage corporeo e digitale, stampa lambda su dibond e plexiglass, cm 125x94 41


INTERSTELLAR UNITS, 1st Armoured Division, Major General Mary Robinson, 2014 collage corporeo e digitale, stampa lambda su dibond e plexiglass, cm 125x94

INTERSTELLAR UNITS, Battalion Bullet Proof, Private Margaret Higgins, 2014 collage corporeo e digitale, stampa lambda su dibond e plexiglass, cm 125x94 42


The consacration of silence, 2011 body painting e collage corporeo, stampa lambda su dibond e plexiglass, cm 188x125 43


Patrizia Bonardi

La ricerca artistica di Patrizia Bonardi, in un dialogo attivo tra arte e sociologia, è generata da un ambito intimo per aprirsi ad un contesto collettivo. L’ambientalismo e altre molteplici emergenze sociali sono infatti le tematiche che danno origine alla sua opera. Nei suoi linguaggi espressivi si rivela una costante attenzione all’uso del materiale e una forte relazione con l’ambiente naturale. La cera d’api, materiale ricorrente, esprime la fragilità, l’instabilità e l’indeterminatezza della società odierna, ma anche la cura degli oggetti che avvolge, il calore e la precarietà delle barriere; le arnie sono inoltre metafora delle relazioni umane. L’installazione in mostra Fiori migranti è una piccola zattera, coperta da minuti fiori fatti di bende intinte nella cera, stretti gli uni agli altri, a cui sono appoggiate lunarie riflettenti il chiarore della luna, della speranza. La zattera, come documenta il video dell’Artista, è stata iniziata al rito dell’accoglienza sulle acque del lago Calamone. A riva è stata accolta e ri-accolta da mani, in un atto di cura per ogni fiore-migrante. 44

Patrizia Bonardi è nata nel 1969, vive e lavora a Bergamo. Madre di tre figli, studia all’Accademia Carrara di Bergamo dove si laurea a pieni voti in Teoria e pratica dei linguaggi artisti contemporanei analizzando il rapporto di collaborazione fra artisti e sociologi. Lavora nell’ambito ambientalista fondando un comitato per la salute e il territorio. La ricerca artistica di Patrizia Bonardi parte da un nucleo intimo, interiore in cui l’essere donna cerca di assumere un ruolo di cittadinanza attiva come impegno politico e sociale diretto. I suoi progetti artistici si sono sviluppati in più ambiti, dal disegno alla videoarte, dalla pittura all’installazione con un’impronta personale molto delineata. I video di Bonardi, girati con una videocamera amatoriale, documentano azioni semplici spesso eseguite dall’artista stessa. Parlano di un’evoluzione interiore, del tentativo di passare da un contesto intimo ad un contesto sociale. Il prendersi cura è atteggiamento complessivo, politico che trova in certi materiali una forte carica simbolica. La benda intinta nella cera costruisce strutture legate alla sofferenza dell’uomo e della natura.


Fiori migranti, 2015 installazione - cera d’api su bende, lunarie, legno, cm 100x60x20 45


Fiori migranti - Rituale, 2015 installazione e frame da video, 3.40 min - progetto della residenza a Valico Terminus

Tree’s eye, 2012 cera d’api su bende e legno, cm 50x50 46


I’m waiting for you, 2014 legno e viti, cm 68x68x5

Mare prigione, 2015 cera d’api su legno, cm 118x157 47


Giorgio Bormida • PREMIO SPECIALE SABRINA RAFFAGHELLO ARTE CONTEMPORANEA • PREMIO SPECIALE ARTEAM

Giorgio Bormida affronta la fotografia digitale con le stesse meticolosità e riflessione che caratterizzano un’opera pittorica. L’artista ricorre infatti al software e al virtuale per dare spazio atmosferico e nuova corporeità temporale a pochi dettagli raccolti con la macchina fotografica. L’attività di Bormida non si rivolge esclusivamente all’arte visiva ma include quella scenografica e teatrale. Anche da ciò deriva l’ambientazione estremamente avvolgente e stratificata delle sue visioni. Tuttavia, a differenza degli allestimenti tridimensionali, nelle immagini digitali l’elemento reale serve da punto di partenza per una costruzione volutamente indefinita nello spazio e nel tempo. L’intento è ricreare una sorta di dimensione onirica, nella quale il visibile e l’invisibile si compenetrano in modo difficilmente distinguibile. Il sogno non è qui richiamato per dare corpo ad associazioni di idee subconscie ma per avvicinare il più possibile, attraverso l’immagine, il mondo reale alla percezione personale e interiore dello spazio e del tempo. In VIXI II è evidente quel lavoro di disorientamento della visione oggettiva tradizionale, che ci porta involontariamente a ricordare nonostante la nostra memoria soggettiva non sia stata coinvolta nella creazione dell’immagine. Si tratta appunto di un filtraggio di oggetti e ambienti reali nella dimensione impalpabile delle sensazioni interiori, soggette ad altre leggi temporali e spaziali. 48

Giorgio Bormida nasce a Cengio (SV) nel 1969. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico “Paul Klee” di Genova, si laurea all’Accademia di Belle Arti “G. B. Cignaroli” di Verona con una tesi dal titolo L’attività scenografica di Gianfranco Padovani tra teatro e televisione. La sua attività artistica è legata alle sue attività di musicista e scenografo – dal 2004 al 2008 è scenografo realizzatore per il Teatro Carlo Felice di Genova. Vive e lavora a Savona.


VIXI II, 2015 stampa fotografica, cm 100x100 49


VIXI XII, 2015 stampa fotografica, cm 100x100

VIXI I, 2015 stampa fotografica, cm 100x100 50


VIXI VIII, 2015 stampa fotografica, cm 100x100

VIXI XI, 2015 stampa fotografica, cm 100x100 51


Stefano Cescon CATEGORIA UNDER 30

I dipinti di Stefano Cescon sono pervasi da uno stato diffuso di malinconia e di precarietà che si avverte nell’epidermide di cromie sature, gravose di materia e stese con pennellate lunghe, sottili e vibranti. L’artista veneto cerca costantemente un punto di riferimento a cui aggrapparsi e nelle sue opere si avverte la mancanza di equilibrio, compensato altresì dalla mutevolezza di scenari imbastiti con tonalità terrose, cupe, avvolgenti e apparentemente in fieri, ma armoniose. Siano essi paesaggi onirici, o spazi dove affiorano frammenti anatomici in fase di definizione, le opere di Cescon sono impregnate di un’atmosfera simbolica e aperta all’interpretazione. I suoi sono racconti personalissimi, sono pagine intime dipinte in cui manifesta i suoi pensieri e le sue ansietà. Nel tentativo di un rifugio sicuro, un posto in cui ritrovare se stesso, Nest rappresenta quel nido tanto anelato e non trovato, o semplicemente intuito. Nel titolo dell’opera, l’artista suggerisce un dettaglio marginale, una parola chiave, per consentire allo spettatore di crearsi una trama, di trovare il proprio nido sicuro. 52

Stefano Cescon nasce a Pordenone nel 1989. Vive e lavora a Fontanelle (TV). Si diploma presso il liceo artistico “Bruno Munari” di Vittorio Veneto nel 2008; l’anno seguente si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Venezia seguendo il corso di Pittura del docente Carlo di Raco. Nel 2013 consegue la laurea triennale presso l’Accademia “Cignaroli” di Verona. Dal 2013 partecipa a mostre collettive e residenze. Nel gennaio 2016 si terrà la sua prima mostra personale presso lo spazio “OnArt Gallery” di Firenze.


Nest, 2015 olio su tela, cm 150x130 53


Annunciazione, 2014 olio su tela, 130x107

Cage, 2015 olio su tela, cm 150x130 54


Segnali di fumo, 2015 olio su tela, cm 176x150 55


Pierluca Cetera • PREMIO SPECIALE STILER®

La ricerca di Pierluca Cetera potrebbe definirsi al contempo pittorica ed extra-pittorica. Nell’ambito dei nuovi realismi e del post-realismo corrente, la sua pittura è pienamente calata con originalità di giudizio, di soggetto e di linguaggio. Tuttavia l’artista ha sempre cercato di traslare il proprio approccio alla tradizione pittorica fuori dai limiti e dagli schemi del canone, verso il teatro, la poesia e il cinema. Questa sostanzialità del quadro o della scena dipinta è centrale per Cetera, anche per i soggetti che egli sceglie di rappresentare: uomini e donne colti nella propria intimità privata, adombrata di viltà, vizio o semplice e triviale umanità. Nella serie Rimozioni, dalla quale è tratta l’opera Fatalità, linguaggio e tecnica sorreggono la tensione tra il dato pittorico e quello tridimensionale, psicologico ed esteriore. In uno spazio chiuso, ereditato da de Chirico e Bacon, l’eleganza borghese è un residuo ad uso di corpi spogliati. A una carnalità quasi scolpita dal tratto, manca il volume dello spazio entro cui trovare completezza. Le bande nere extrapittoriche censurano i volti e i sessi ma si tratta di magneti che possiamo spostare arbitrariamente, scegliendo se cancellare provvisoriamente uno sguardo o un arto: psicoanalisi e pittura adattabili agli stati d’animo del momento, o segnali di un’incertezza cronica. 56

Nasce a Taranto il 13 novembre 1969. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Bari, diplomandosi in Pittura con 110 e lode nel 1998. La sua ricerca artistica si concentra sull’idea di “morte della pittura” nell’ambito dei linguaggi artistici contemporanei. Cercare di superare i limiti della pittura lo porta ad inserire i suoi lavori in ambiti installativi, teatrali, fotografici, cinematografici. I suoi dipinti cercano di evocare un senso archeologico con una difficile collocazione temporale. Negli ultimi anni, dal 2011 ad oggi, si segnalano le collaborazioni con Roberto Lacarbonara, Marinilde Giannandrea, Carmelo Cipriani, Alexander Larrarte con la realizzazione de “le Cavie” presso le centrali teatrali Koreja di Lecce, “la (mala) Creanza” nella galleria FormaQuattro di Bari, “tarli” alla CoArt gallery di Corato,“i chiaroveggenti” nello studio d’arte Fedele di Monopoli. Grazie all’interessamento di Guglielmo Greco, partecipa a diverse mostre ad Edimburgo presso il Consolato italiano. Ad ottobre del 2015 inaugura la stagione espositiva AMACI presso Casa Sponge di Giovanni Gaggia con “indiGesta” a cura di Davide Quadrio. Attualmente vive a Gioia del Colle dove insegna Storia dell’Arte e Disegno presso il liceo scientifico “Canudo”.


FatalitĂ , dalla serie Rimozioni, 2015 olio e calamite su zinco, cm 30x25 57


Il seduttore, dalla serie Rimozioni, 2015 olio e calamite su zinco, cm 30x25

Il testimone, dalla serie Rimozioni, 2015 olio e calamite su zinco, cm 30x25 58


Le cariatidi (polittico), 2014 olio e tarli su tavola, cm 187x300

Threesome, dalla serie I chiaroveggenti, 2014 olio su tavola, cm 91,5x125 59


Angelica Consoli CATEGORIA UNDER 30

• PREMIO SPECIALE GALLERIA MELESI

La giovane artista, da poco uscita dalla formazione universitaria presso l’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia, ha, con tenacia e dedizione, sviluppato una ricerca in cui – dalle prime prove sperimentali all’inizio di un recente percorso più coerente e solido – l’azione del suo fare coinvolge direttamente materie e oggetti “ready-made” che, per il suo intervento, subiscono le sollecitazioni di cancellazioni, annullamenti, sedimentazioni... Libri, riviste, copertine, foto, piccoli oggetti sono da lei vergati con colori bui e scuri oppure fossilizzati in paraffine e cere a occultare o fissare per sempre la loro temporalità. Con Untitled_V, parte della serie Ex-voto, Consoli inizia a dimostrare l’energia propositiva e l’individualità di un pensiero poetico che sta trovando la propria via: nella cera tocca, infatti, un punto significante di quella conservazione della memoria che, esperita dalla pratica manuale dell’intervento dell’artista stessa, consacra le forme semplici dell’oggetto in un insieme il cui mistero irrisolto sollecita l’urgenza di ulteriori interrogazioni e approfondimenti. 60

Angelica Consoli nasce a Sarnico (BG) nel 1991. Vive e lavora a Tavernola Bergamasca (BG). Nel settembre 2015 ha conseguito il Diploma di II livello in Arti Visive, seguita dal Prof. Albano Morandi, presso l’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia. Espone in diverse mostre collettive fra Brescia e Milano. Collabora accanto all’artista svizzero Nic Hess nella realizzazione dell’installazione site specific “La simulataneità del non simultaneo”, all’interno della mostra Capolavori art Collection, From Albert to Warhol to (now), a cura di Renate Wiehager, a Brescia presso il Museo Santa Giulia (8 marzo - 30 giugno 2013). Consoli, nella fase attuale della sua ricerca, conduce un affondo nella sfera dei ricordi, studiando il rapporto di stabilità e di instabilità all’interno delle nostre radici. Fondamentale per il suo lavoro è il rapporto con lo spazio, oratori, monasteri, chiese sconsacrate, vecchie cantine, accolgono il suo lavoro, composto molto spesso da moduli, creando un rapporto sinergico tra ambiente e opera. Importante è il ruolo dello spettatore, il quale ha la possibilità di avere un rapporto diretto con le diverse installazioni.


Untitled_V, serie degli Ex-voto, 2015 paraffina, ferro, bottoni, caffè, medagliette raffiguranti la Vergine Maria, fili, stoffa, carta, misure ambientali 61


Composizione_7, serie degli Ex-voto, 2015 libri, paraffina, cera, carta, cm 36x46,3x1,09

Incomprehensibilis, serie Incomprehensibilis, 2015 dizionario, paraffina, pagine di dizionario, mattonelle in cotto antico, misure ambientali 62


Untitled_IV, serie Incomprehensibilis, 2015 carta e paraffina, misure ambientali

Untitled_III (dettaglio), serie Incomprehensibilis, 2015 carta e paraffina, misure ambientali 63


Fabrizio Corbo CATEGORIA UNDER 30

• PREMIO SPECIALE VANILLAEDIZIONI Fabrizio Corbo è nato nel 1994 a Sessa Aurunca (CE). Diplomato in Fashion Design al LISA G. Chierici di Reggio Emilia. Primo premio al concorso Giulia Maramotti, inizia la sua cariera lavorativa come stilista all’interno del gruppo Max Mara e, contemporaneamente, porta avanti la sua ricerca artistica realizzando sculture in pasta sintetica, che l’hanno portato a riconoscimenti internazionali tra cui: premio Colliii come “Best mini fantasy figure 2012” e il primo premio al Dabida day 2015 con esposizione al Klok & Peel Museum Asten.

Fabrizio Corbo plasma, in un’ambientazione surreale, fate e figure incantate, attingendo ad un repertorio favolistico. Si tratta di figure esili, leggere e lievi, eppure in loro si rivela un’intensità emotiva tutt’altro che soave, una vena malinconica e a tratti tragica che percorre le loro membra, non estranea al mondo dei racconti per l段’nfanzia. L’opera finalista, Torpore, appartiene alla serie Frangenti arborei, in cui si evidenzia una maturazione della sua poetica, i corpi albini sono stati infatti privati degli attributi fiabeschi e di ogni accessorio, pur trattenendo il legame con l’ambito delle bambole, dal quale il germe creativo dell’Artista è stato acceso. Sono esseri muliebri tesi tra il mondo antropomorfo e quello vegetale, in una fusione che ci rimanda a numerose leggende e miti di molteplici culture. Danzano, tra l’albore della nascita, del risveglio, e il vigore della vita sino al torpore della sera in cui gli esseri cadono in attesa di nuova linfa. 64


Torpore, 2015 legno e pasta polimerica, cm 37x26x26 65


Vigore, 2015 legno e pasta polimerica, cm 47x27x42

Albore, 2015 legno e pasta polimerica, cm 52x26x24 66


Librarsi, 2015 piume, seta e pasta polimerica, cm 54x25x30

Senza ali, 2014 corallo, legno e pasta polimerica, cm 24x22x16 67


Francesca Della Toffola

La scelta poetica di Francesca Della Toffola, di rivolgere l’obiettivo della macchina fotografica verso di sé, non sconfina mai nell’autoreferenzialità processuale, simbolica e formale. Il proprio corpo serve infatti il processo di costruzione dell’immagine e viene “composto” in un quadro d’insieme, dal quale la natura e l’architettura difficilmente sono assenti. Anzi, questi elementi esterni sconfinano sulla superficie e nella profondità del corpo femminile, che molto spesso cela il proprio volto. Si tratta quindi di una fotografia studiata e ricercata in modo poetico e visionario, nella quale il soggetto è vissuto in prima persona, adattando il linguaggio della performance alla più statica evocazione interiore di paesaggi ed emozioni. Nella serie Accerchiati Incanti l’immagine è racchiusa in un cerchio e stampata su una tela di cotone: una delicatezza materiale che corrisponde al tratto pittorico di Della Toffola. Nell’opera Muro bianco la ricerca su di sé e sulla composizione fotografica raggiunge un sapiente equilibrio. La materialità e l’incarnato del corpo riescono a “nascere” dalla veste bianca mangiata dal muro, a sua volta intessuto e venato di frammenti rampicanti nati da una piccola zolla di terra. Una natura tenace germoglia ai piedi dell’artista, nonostante il muro cemento che la sovrasta; così il corpo della donna trova la sua forma nonostante sia tagliato orizzontalmente dal metallo. 68

Francesca Della Toffola nasce a Montebelluna (TV) nel 1973. Laureata in Lettere a Venezia con la tesi Sulla soglia dell’immagine: Wim Wenders fotografo, studia presso l’Istituto Italiano di Fotografia di Milano e frequenta alcuni workshop fotografici: con Franco Fontana, Arno Rafael Minkkinen, Siro Cantini e Mario Cresci. Dopo un iniziale interesse verso la macrofotografia esplora il linguaggio fotografico: la ricerca sui materiali, la scoperta della linea nera e la riflessione sull’autoritratto. Nel 2005 viene selezionata per l’evento Borderline, progetto collaterale alla Biennale di Arti Visive di Venezia, con la serie S/Legami. Nel 2009 pubblica il suo primo libro The black line series, edito Punto Marte. Sue fotografie fanno parte di collezioni private e pubbliche tra le quali l’Archivio Zannier, l’Archivio Storico Fotografico della Galleria Civica di Modena e il Museo Nori De Nobili di Senigallia. Un profilo dell’autrice è presente nel volume Il corpo solitario. L’autoscatto nella fotografia contemporanea, a cura di Giorgio Bonomi, Editore Rubbettino. Dal 2009 è curatrice della manifestazione Trevignano Fotografia. Attualmente insegna tecnica fotografica nelle scuole superiori di Montebelluna.


Accerchiati Incanti, Muro bianco, 2014 fotografia stampata su carta cotone-bambÚ, ø cm 50 69


Accerchiati Incanti, Scale, 2014 fotografia stampata su carta cotone-bambù, ø cm 50

Accerchiati Incanti, Caduta, 2014 fotografia stampata su carta cotone-bambù, ø cm 50 70


Accerchiati Incanti, Muro-Ortensie, 2013 fotografia stampata su carta cotone-bambù, ø cm 50

Accerchiati Incanti, Emersione, 2013 fotografia stampata su carta cotone-bambù, ø cm 50 71


Marco Demis

Le opere di Marco Demis definiscono spazi atemporali e silenti abitati da figure naïf, sorta di bamboline dagli abiti démodé o svestite, dipinte con una semplificazione formale e un’algida espressività che nega la carnalità. Il soggetto dell’opera è iterato con ossessione, con una pratica che non cela l’ammirazione per Modigliani e Morandi e che trova nella ripetizione uno stato di familiarità e nella variazione un atteggiamento di analisi. Tema di esplorazione è la composizione formale, gli equilibri, i giochi di rimando ritmico e cromatico. Peculiare è il rapporto tra fondale e soggetto, privo delle leggi prospettiche, che conferisce all’immagine una dimensione ridotta, memore dei giochi di carta per l’infanzia. L’aspetto surreale è amplificato dalla pittura tonale, studiata su calibrate variazioni di gamme fredde, alle quali concede talvolta toni bruni, creando ambientazioni brumali e stati di sospensione, come nell’opera in concorso, Untitled, in cui una damina candida, dall’aria sognante e malinconia, sembra in attesa, da sempre. 72

Marco Demis nasce a Milano nel 1982. Dal 2001 studia all’Accademia di Belle Arti di Brera, nel 2007 consegue la laurea specialistica in Architettura al Politecnico di Milano. Vive e lavora a Milano. Dal 2009 è finalista ai premi: “Premio Lissone”, “Italian Factory”, “Premio Celeste”, “Premio Combat”, “Premio Parati”. Ha esposto in spazi pubblici quali: Pinacoteca di Palazzo Volpi, Como, “Italian Newbrow”; Palazzo delle Esposizioni, Roma “Quadratonomade”; Fondazione Stelline, Milano, Casa d’aste Bloomsbury; Fondazione Pastificio Cerere, Roma, Unicredit Tower, “Tower Parade”, Milano. Tra le personali: “Sarò grata ai Re”, Galleria Anfiteatro Arte; “Altari”, GiaMaArt Studio; “Apollinea”, Area/B; “Rag dolls”, Glenda Cinquegrana.


Untitled, 2014 olio su tela, cm 73x62 73


Senza titolo, 2013 olio su tela, cm 30x24

Untitled, 2014 olio su tela, cm 75x75 74


Untitled, 2014 olio su tela, cm 150x146 75


Nadia Galbiati

Nadia Galbiati ha sempre guardato alla contaminazione di generi e tecniche artistiche, interpretando la scultura come il felice esito di esperienze differenti. Disegno, incisione, perizia e amore per materie varie convergono nel segno di una pratica scultorea che ha fissato in lei precisi canoni e punti nodali. Processi e tecniche diverse trovano un connubio ideale nel suo lavoro e trasferiscono il suo interesse per le forme architettoniche che, in ogni opera, s’intrecciano a comporre nuove geometrizzazioni. Aperte e sfuggenti, orientate in prospettive che paiono sovrastare lo sguardo dello spettatore, e lo riportano ad un naturale confronto con l’imponenza dell’architettura reale. I suoi lavori in metallo si compongono come vere e proprie opere tridimensionali oppure si riconnettono ad una bidimensionalità che porta ad indicizzare il segno della pittura e non nasconde anche il legame con l’incisione. Frammento 2 rientra proprio in questa serie di opere che, nella bidimensione, sviluppano la lastra metallica, i cui segni figurali sono impressi con acidature, secondo la dimensione e la forma canonica del dipinto. 76

Nata a Cernusco sul Naviglio (MI) nel 1975, vive e lavora a Pioltello (MI), dove ha creato il suo studio. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico – Hajech (Milano) si è diplomata in Scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano nel 1999. Durante gli anni accademici ha partecipato a vari stage di formazione professionale per la lavorazione della Pietra di Vicenza presso il Laboratorio f.lli Peotta a Grancona (VI), a cura del docente di scultura Paolo Gallerani, e alla Fonderia d’Arte MAF, Pioltello (MI). Nel 1998 consegue “l’Attestato di formazione professionale per la lavorazione artistica dei metalli” presso il Corso d’eccellenza T.A.M., Pietrarubbia (PU), con la direzione artistica di Eliseo Mattiacci. Tra il 2005 e il 2011 ha frequentato diversi corsi di incisione presso l’associazione Kaus a Urbino e, a seguito di questi incontri, nel 2007, è stata ospite dell’Accademia Sztuk Pieknych im. Wladyslawa Strzeminskiego, Lodz (Polonia), per un workshop di linoleografia coordinato dai docenti Andrzej M. Bartczak e Darius Kaca. Nel 2006 ha partecipato al Master di Interior Design presso la Domus Academy, Milano, a cura dell’architetto Teresa Sapey. È stata Artist in residence al Kuzukubo Art Camp, Fujimi (Giappone) nell’estate del 2008.


Frammento 2, 2015 lamiera di ferro con disegni acidati a morsura, cm 63,5x46,5x4 77


Spazio del Luogo 1, 2015 lamiera di ferro con disegni acidati a morsura, cm 74x110x6

Dialogo 1 - Dialogo 2 (dettaglio), 2015 ferro verniciato bianco e acciaio inox - ferro verniciato grigio e acciaio inox 78


Dialogo 1, 2015 ferro verniciato bianco e acciaio inox, cm 120x30x60 79


Cesare Galluzzo CATEGORIA UNDER 30

• PREMIO “ALBISOLA ARTISTS IN RESIDENCE” (a cura dell’Associazione Culturale Gruppo ACCA Albisola)

Il senso di un pensiero complesso, articolato ed estremamente raffinato, nel lavoro di Cesare Galluzzo si è tradotto in una pratica artistica che risponde a scelte formali di segno minimale e concettuale, il cui rigore si è dimostrato quasi estremo. Il suo pensiero, che non accetta mai mediazioni o scorciatoie, ma sa andare diritto al punto con precisa concisione, non si vincola, però, mai ad estetismi facili e scontati e, non cedendo alla retorica della semplicità vuota, sa prendere le distanze da ogni formalismo. Galluzzo, infatti, ha poi fatto del dialogo e dell’azione con la materia – prima coi bitumi, coi cementi, col legno, ad arrivare poi alle fibre naturali e alle carte – il principio cardine di un lavoro che ha spostato la propria riflessione sul confronto tra le astratte congetture dei sistemi umani e l’atavica semplicità del “pensiero” della Natura. Prospettive incompiute è un’opera recente che dimostra come l’artista, allontanandosi da quegli schemi che contraddistinguevano il precedente ciclo di opere, conquista ora il senso di una “perfetta imperfezione” che rende assoluta la logica della Natura. Il segno della manualità, qui, riscopre l’equilibrio di un fare che vitalizza ed accalora – fin quasi a ritrovarsi in una figurazione – l’animo stesso della materia che si traduce in visione. 80

Cesare Galluzzo è nato a Milano nel 1987 e, conseguita la maturità artistica, segue i Corsi in Architettura Ambientale al Politecnico di Milano. Vive e lavora a Milano. La sua ricerca artistica, ispirata principalmente dalla lettura e dalla musica, si fonda sull’azione astrattiva dei concetti e della realtà, riducendo le immagini, in primo luogo mentali, ad un grado zero e privandole del loro aspetto più fisico, fino al tentativo di raggiungere una sfera più intima ed emotiva. In questo operare, presenta la struttura delle cose che, nel corso del suo indagare, diventa via via incerta. Il tentativo dell’annullamento del peso dai corpi, quindi dei suoi effetti, collima con i principi della scultura stessa, trasformando lo spazio fisico in spazio simbolico.


Prospettive incompiute, 2015 legno, altezze variabili - ø cm 150 81


Diario, 2014 carta combustionata, 6 elementi cm 23,5x50 cad.

Domus, 2014 carta e legno, 3 elementi altezze variabili - ø cm 16 82


Installazione: Stendardo, 2012, legno smaltato, filo di lino e canapa, cm 100x160; Lux, 2012, grafite su legno smaltato, cm 36x40; I luoghi dell’angolo retto, 2012, legno, grafite e tempera su legno smaltato, 20 elementi di dimensioni variabili 83


Lidia Giusto

Quella di Lidia Giusto è una ricerca fotografica in senso puro e tradizionale. Per la Giusto, che predilige la tecnica analogica alla digitale, la macchina e l’obiettivo sono estensioni dell’elaborazione mentale della visione. Nel suo percorso sulle tracce dell’archeologia industriale, Lidia Giusto unisce all’esplorazione del paesaggio quella dell’immagine in senso formale e strutturale. Dal punto di vista del linguaggio, Giusto si concentra sul bianco e nero per indagare l’alternanza di presenza-assenza che l’archeologia e, più in generale, i luoghi e i non-luoghi urbani portano in se stessi come tracce di memoria. L’opera Senza titolo, esposta in mostra, è una fotografia scattata in una delle stanze dell’ex manicomio di Cogoleto (Genova). In questo caso Giusto ha costruito l’immagine in modo da portare l’occhio dell’osservatore su un dettaglio umano e non architettonico: la fitta trama di segni lasciati sul muro accanto al letto da uno o più pazienti che hanno vissuto in quel luogo. 84

Lidia Giusto è nata a Genova nel 1984. Storica dell’arte e artista, ha svolto studi in autonomia nel campo della fotografia, fin da adolescente. Scatta utilizzando come mezzo di espressione un obiettivo, puntato sui chiaro scuri, sui pieni e sui vuoti, sulle forme e sugli spazi. Dedita alla fotografia dell’archeologia urbana e dell’industriale abbandonato, che la portano anche a viaggiare in Italia e all’estero, Lidia incentra la sua ricerca sulla contrapposizione tra la presenza e l’assenza, che traduce poi in un bianco e nero ad alta densità. Dove l’ombra è intesa come assenza di luce e la luce come assenza di ombra, come tempo trascorso, ma mai perduto, immortalato in quell’attimo in cui una linea netta traccia il confine tra il chiaro e lo scuro oppure si scioglie, laddove assenza e presenza si confondono. Inizia a fotografare da adolescente e lavora sul tema degli abbandoni industriali e civili da oltre dieci anni. Predilige la fotografia analogica e la stampa autonoma in bianco e nero. Ha partecipato ed esposto a numerose mostre e concorsi, personali e collettive, in Italia e all’estero.


Senza titolo, 2012 fotografia digitale 85


Senza titolo, 2012 fotografia digitale

Senza titolo, 2012 fotografia digitale 86


Senza titolo, 2012 fotografia digitale 87


Federica Gonnelli

Federica Gonnelli è un’artista eclettica che utilizza plurimi linguaggi espressivi. Nella complessità dei suoi lavori fa da fil rouge la poetica della stratificazione, sia in senso fisico sia in termini iconologici. L’ambiguità semantica dei suoi titoli si accompagna alle sovrapposizioni dei significati dell’opera, ai quali non è estraneo nemmeno il materiale impiegato. Sovente è utilizzato il velo d’organza che crea un effetto di filtro e nel contempo di assorbimento dello sguardo, mettendo in campo la dialettica contenitore-contenuto, abito-corpo, presenza-assenza e dando vita ad uno spazio dinamico spettatore-opera. Nell’installazione in mostra, La fine del vel(l)o d’oro, con un gioco di parole e immagini è sovrapposto il mito greco alla personale e familiare riflessione sulla storia dell’industria tessile pratese, espressa attraverso i tre elementi installativi: un periodo di splendore rappresentato dall’organza ricamata, un periodo di crisi, immortalato nel pannello con immagini fotografiche sovrapposte, e la chiusura delle fabbriche, simboleggiata dalla reliquia-vello con lana e lurex. Il vello sarà in grado di guarire le ferite della storia? 88

Federica Gonnelli nasce a Firenze nel 1981. Dal 1995 frequenta il Liceo Artistico e successivamente l’Accademia di Belle Arti. In Accademia sviluppa una profonda ricerca sul rapporto contenutocontenitore, con immagini alle quali sovrappone, grazie alla trasparenza dell’organza, altre immagini. Contemporaneamente, attraverso questa ricerca amplia i suoi progetti affiancando alla realizzazione delle opere tridimensionali anche installazioni e videoinstallazioni. Il video supera il concetto di contenitore reale, acquisendo un contenitore virtuale (il video stesso), nel quale le immagini scorrono fluide, elastiche, pulsanti, vitali, leggere e semitrasparenti; mantenendo così gli aspetti più tipici del lavoro. In questa dialettica tra contenitore-contenuto, veloopera d’arte, abito-corpo, si inserisce il tema della presenza-assenza del corpo stesso. Nel 2006 consegue il diploma di Alta Cultura Artistica, in Pittura, con tesi in Storia dell’Arte dal titolo “L’Arte & L’Abito” e nel 2013 il diploma di Specializzazione in Arti Visive Multimediali e Discipline dello Spettacolo, con tesi dal titolo “Videoinstallazioni tra CorpoSpazio-Tempo”, entrambe presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze.


La fine del vel(l)o d’oro, 2014 assemblaggio di immagine fotografica stampata su stoffa e organza stampata a transfer, su legno, cm 100x100x5; organza ricamata con filo lurex cm 100x100; micro installazione fibre di lana e lurex cm 40x40x40 89


Rimpianti, 2014 assemblaggio di immagine fotografica stampata su stoffa e organza ricamata con filo di cotone bianco, su legno - installazione misure ambientali

Louise & Herbert, 2013 installazione, assemblaggio di legno, organza, carta, ferro, elementi vegetali e luci led, cm 170x35x35 cad 90


Resistenza, 2014 assemblaggio di immagine fotografica stampata su stoffa e organza stampata a transfer, su legno, cm 100x70x5 cad.

(P)e(r)sistenza, 2014 micro videoinstallazione assemblaggio di legno, specchio acrilico, lettore dvd portatile, auricolari e bacche di terracotta, cm 35x35x35 91


Foto: Gianluca Vassallo

Gabriele Grones • PREMIO SPECIALE GALLERIA D’ARTE NARCISO

La pittura come atto o processo mentale, oltre che fisico, caratterizza il lavoro di Gabriele Grones. Nei ritratti egli affronta soggetti e temi verso i quali è mosso da un interesse particolare, da una curiosità profonda. La progressiva resa pittorica iperrealista del soggetto, riproposto sulla tela nei minimi dettagli, permette all’artista di penetrare sempre di più nella trama dell’identità e del sentire che si cela dietro l’apparente. Il gioco tra significato e significante è proprio di ogni forma visibile del reale e la pittura, così come il disegno, radicalizza questo dissidio essendo al contempo segno astraente e mìmesis. La fisiognomica antica si è evoluta nell’arte moderna nel momento in cui l’artista ha avvertito il peso e il bisogno di captare i segni e le interferenze del nostro ambiente rispetto al nostro essere e al nostro esperire. Questa attenzione per le relazioni tra figura umana e ambiente emerge con pari intensità nelle nature morte, nelle scene e nelle composizioni che Grones dipinge con la medesima cura per i dettagli. In Impulse, ad esempio, la scena si colloca esattamente al centro fra lo spettatore e lo spazio insondabile alle spalle del sommozzatore. Immortalato in un attimo di incertezza o stupore, scoperto o a sua volta sorpreso dallo scoprire noi, non è più semplice persona ma personaggio simbolico, quasi mitico, che sonda meravigliosi abissi sconosciuti. 92

Gabriele Grones è nato ad Agordo (Belluno) nel 1983. Frequenta il Liceo Artistico “Leonardo da Vinci” di Belluno e nel 2002 frequenta il quinto anno integrativo presso il Liceo Artistico Statale di Venezia. Nel 2009 consegue la Laurea Accademica di II Livello in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo, indirizzo Pittura. Durante gli anni di studio in Accademia inizia ad esporre le proprie opere in mostre ed eventi culturali. Nel marzo del 2006 si tiene la sua prima personale presso la Galleria Santo Stefano di Venezia. Nel 2010 si aggiudica il 2° posto al “Premio Celeste”; nel 2011 viene selezionato tra i finalisti dei premi “Arte Laguna” di Venezia e “Royal Society of Portrait Painters” di Londra. Nel 2011 espone alla “54. Biennale di Venezia”, Padiglione Accademie, Arsenale di Venezia. Tra il 2011 e il 2014 partecipa a numerose personali e collettive. Nel 2014 espone un autoritratto alla mostra “The portrait gala”, National Portrait Gallery di Londra ed è invitato a partecipare alla “Contemporary Realism Biennial” al Fort Wayne Museum of Art, Fort Wayne (USA) ed il museo acquisisce una sua opera. Nel 2015 si tiene la personale “Gabriele Grones, new paintings” alla Bernarducci Meisel Gallery, New York.


Impulse, 2012 olio su tela, cm 80x50 93


Frammenti (trittico), 2014 olio su tela, dimensioni dell’installazione cm 25x74 (dimensioni delle singole opere cm 25x20; 25x16,5; 25x25)

Alessandra, 2014 olio su tela, cm 40x30 94


Fabio, 2014 olio su tela, cm 40x30

Composition, 2012 olio su tela, cm 26x46 95


Asako Hishiki

L’attenzione dell’artista giapponese Asako Hishiki è da sempre rivolta all’analisi scrupolosa della Natura di cui cerca di restituire il fragile – e perfetto – millenario equilibrio. Con una tecnica elaborata che parte dalla fotografia o dal disegno e passa all’incisione delle lastre di legno, l’artista arriva a produrre xilografie su leggere ed evanescenti garze, riportando, con una sensibilità e una leggerezza il cui imprinting formale innegabilmente deriva da una sensibilità orientale, a visioni sospese di elementi come foglie, specchi d’acqua, volo di uccelli o farfalle, rami di piante... Nel colore e nella stratificazione delle garze – spesso lasciate libere e sospese da cornici – Hishiki trova il respiro e il palpito dell’incontaminata bellezza del mondo naturale. I tempi in simbiosi armoniche #1 introduce una novità: accanto al ricorrente tema vegetale, si aggiunge una forma geometrica che apre uno spazio di vuoto. Una cesura che, nel sentire dell’artista, si fa pausa e sospensione all’interno della sinfonia e della musica della Natura, evidenziando ancor più quell’armonia che avvolge il tutto. 96

Asako Hishiki è nata in Giappone ad Hamamatsu (Shizuoka) nel 1980. Consegue la Laurea in Pittura nel 2004 presso la Joshibijutsu Daigaku (Joshibi University of Art and Design) di Kanagawa-Tokyo. Nel 2005 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bologna dove, nel 2010, si diploma in Pittura e successivamente, dopo aver ottenuto nello stesso anno una borsa di studio dal Governo Italiano, si iscrive al Biennio Specialistico in Pittura. Vive e lavora a Bologna.


I tempi in simbiosi armoniche #1, 2015 xilografia su tessuto, cm 110x101 97


I tempi in simbiosi armoniche #2, 2015 xilografia su tessuto, cm 95x93

Senza titolo, 2013 china acquerellata, matita, cm 21x15 (8 pezzi) 98


I suoni, 2014 xilografia su tessuto, cm 30x30 (3 pezzi)

I fiori dell’equinozio #1, #2, Il ritmo trasparente, 2013 xilografia su tessuto, cm 142x299cm, cm 142x184, cm 300x290 99


Lemeh42 • VINCITORE ASSOLUTO AC15 • VINCITORE CATEGORIA OVER 30 con Premio Speciale Guidi&Schoen Arte Contemporanea La ricerca di Lemeh42 negli anni ha saputo muoversi nell’alveo di tecniche e linguaggi diversi, esplorando la pratica artistica secondo l’orientamento e la creazione di immagini “mobili”, il cui asse, infatti, resta costantemente in bilico tra il riscontro del dato immaginifico o la loro affermazione nella realtà. La qualità della sua poesia – che ha avuto notevoli riscontri a livello internazionale – porta lo spettatore a verificare i principi dell’animazione, del disegno e della pittura in una variazione costante che mai perde di coerenza e vigore. Troviamo realtà e immaginazione: cosa prevale nelle tue immagini? Entrambe. Le mie immagini devono essere un equilibrato mix di realtà e immaginazione. Anche nella vita, quella “reale” fuori dal mio studio, mi rendo conto che cerco continuamente un equilibrio tra queste due costanti. Purtroppo però vedo che nel mondo là fuori c’è troppa realtà nella realtà e poca immaginazione nell’immaginazione. Recentemente hai iniziato una nuova tipologia di opere. Ce ne racconti brevemente le specificità? Queste nuove opere sono state realizzate con una tecnica che ho ribattezzato “vetro graffiato”. Utilizzo delle lastre di vetro di un determinato spessore, dipingo un lato della lastra con della vernice nera. Una volta asciutta, graffio via la vernice con dei piccoli strumenti di mia invenzione. 100

Lemeh42 nasce nel 1978 in un piccolo paese di campagna in provincia di Ancona. Dopo la maturità scientifica, si trasferisce nel 1997 a Bologna dove si iscrive alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere e si laurea nel 2003 con una tesi sperimentale sulla poesia di Dylan Thomas presentando un’opera video realizzata con scatti fotografici. Nello stesso anno vince il premio per il miglior portfolio a Savignano Immagine che gli permetterà l’anno seguente di partecipare al Toscana Photographic Workshop con Michael Ackerman. Nel 2006 grazie all’opera “I know you are but what am I” viene invitato a Parigi da Pépinieres Européennes pour Jeunes Artistes alla Nuit Européenne pour la Jeune Création. Nel 2009 vince a Bologna il Premio Iceberg e, dallo stesso anno, l’Ariete artecontemporanea diviene la sua galleria di riferimento. Dal 2009 si avvicina al disegno animato realizzando dapprima animazioni digitali e, in seguito, abbandonato definitivamente il computer, animazioni realizzate con tecnica tradizionale. Lo strumento preferito diviene così la matita. La continua ricerca di nuove vie espressive lo porta a concentrarsi sul segno, come essenza stessa dell’immagine e a dar vita ad una nuova serie di opere realizzate con la tecnica del “vetro graffiato” che vengono presentate in anteprima ad Artefiera 2015.


Exvoto-8, 2015 vernice su vetro graffiata, cm 150x100 101


Quali sono le caratteristiche dell’opera Exvoto-8 che hai presentato all’Arteam Cup 2015 e che fa parte dell’ultimo ciclo di lavori? Quest’opera è un’installazione che ho concepito appositamente per il Premio. I vetri graffiati che ho scelto fanno parte di una nuova serie più ampia di vetri dal titolo Holy Lines. Per la realizzazione di questi cinque vetri, come per il resto della serie, mi sono ispirato alle icone della religione cattolica, per lo più raffigurazioni di santi e immagini sacre che fanno parte dell’iconografia cristiana. Grazie alla tecnica che utilizzo, i cinque vetri danno vita ad una nuova iconografia, contemporanea ma allo stesso tempo fortemente legata all’iconografia di riferimento, innovativa dal punto di vista stilistico e visivo ma non per questo blasfema o dissacratoria. Le linee che solcano questo ultimo ciclo di lavori, così come questi cinque vetri, sono negazioni stesse di linee, sono ciò che resta delle linee, bianchi squarci che nel distruggere e deturpare l’opera la rivelano ai nostri occhi.

La mano nera, 2014 matita su carta, cm 50x350 102


Exvoto-5, 2015 vernice su vetro graffiata, cm 120x100

103


Exvoto-3, 2015 vernice su vetro graffiata, cm 120x100

Devenir femme, 2014 matita su carta, cm 100x350 104


Exvoto-4, 2015 vernice su vetro graffiata, cm 120x100

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Francesco Levi • PREMIO SPECIALE ARTEAM • PREMIO SPECIALE VANILLAEDIZIONI

Le carte di Levi accolgono figure surreali in mondi di solitudine, sogni, illusioni e speranze. Le sue storie, infinite, sono il riverbero di viaggi alla ricerca di luoghi di esistenza, isole di raccoglimento e ancoraggi di speranza. La leggerezza è appannaggio della dimensione onirica, che permette di librare nell’etere, pescando stelle e pesci volanti, o di coltivare numeri in terreni fertili. E la felicità è una breve e intensa condizione che va sigillata nella memoria, affinché le intemperie non la sradichino. Nei suoi paesaggi compaiono infatti date da ricordare, scritte, sintetici slogan che si imprimono nel pensiero, ma anche abrasioni, racconti persi in altri luoghi. Lo spettatore è condotto in una dimensione introspettiva, come nell’opera È meglio vivere, in cui la casualità dell’evaporazione dell’acqua ha creato forme immaginifiche che fanno intuire altre realtà di smarrimento. Il “tracciatore di confini” è, infatti, in evidente stato confusionale, ma tra velleità svanite e sogni perduti, un’inaspettata scritta ci ricorda il connaturato attaccamento alla vita. 106

Francesco Levi è nato a Leno (BS) nel 1976. Vive e lavora a Gussago (BS). Laureato in Disegno Industriale presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, ha esposto in numerose mostre di disegno, personali e collettive, in Italia e all’estero. Autore di scenografie per il teatro, finalista del Premio Terna 2010 è stato illustratore per Liberedizioni, Ifix e Oblique, Grafo, Compagnia della stampa e per la trasmissione radiofonica “Amnesia” di Rairadio2.


Ăˆ meglio vivere, 2015 acrilico, matita, biro e pennarelli su carta, cm 150x100 107


18-4-09, 2015 acrilico, matita, biro e pennarelli su carta, cm 50x70

Sono due i giorni felici, 2015 acrilico, matita, biro e pennarelli su carta, cm 50x70 108


Ho ricamato la montagna di filo elettrico, 2015 acrilico, matita, biro e pennarelli su carta, cm 50x70

Come un ventre di pietra, 2015 acrilico, matita, biro e pennarelli su carta, cm 50x70 109


Manuela Mancioppi

Manuela Mancioppi pratica un’arte relazionale, partecipata, in cui non esistono protagonisti e spettatori, ma ognuno è coinvolto allo stesso modo nella sua riflessione artistica e, anche involontariamente, chi capita a suo stretto contatto diventa parte integrante della sua performance. L’abito concepito dalla Mancioppi, come in TEMPORARY RELATIONSHIPS second skin, non è cucito per il singolo individuo. La sua è una riflessione sensoriale che va alla ricerca spasmodica della complicità degli altri, della condivisione, della sensazione di sentirsi una sola cosa con altri corpi, altre idee, altre emozioni, diverse dalle proprie. Quello che l’artista toscana sviluppa è un’investigazione sul corpo come luogo, come ambiente da vivere in relazione alla collettività, per sperimentare caldi abbracci e sentirsi appagato. In qualche modo, venendo coinvolti nelle performance della Mancioppi, ci si sente immersi nell’esperienza ambigua di un “nomadismo temporaneo”. Le braccia dell’unico vestito “abitato” da diversi corpi, che diventano un unico grande corpo avvolgente, avviluppano l’individuo, senza tralasciarne alcuno e, se per certi versi ci si sente facente parte di un unico grande abbraccio cosmico, per altri, l’attimo dopo, quando il grande abito si allontana, si avverte la sensazione di smarrimento, di abbandono. Rimane solo il ricordo di una sensazione vissuta. 110

Manuela Mancioppi (ZōMM, pseudonimo videoart) nasce a Cortona (AR) nel 1976. Frequenta l’ Accademia di Belle Arti di Firenze e nel 2007 consegue il diploma di II livello in “Arti Visive e Discipline dello Spettacolo”. Dal 2003 al 2015 è docente di discipline artistiche presso diversi licei e istituti in provincia di Arezzo. Partecipa a mostre personali e collettive in Italia, festival nazionali e internazionali di videoarte e di performance. Il bisogno di un’arte esperienziale, relazionale, partecipativa e performativa viene espressa dall’artista attraverso un’indagine multisensoriale dello spazio, con l’intervento attivo dello “spettattore”, per un coinvolgimento totale sul territorio. Utilizza performance, pratiche relazionali, azioni partecipate, fotografia, video, installazioni e public art per un costante invito al “sentire”: un percorso sensoriale che permette di utilizzare i sensi per fruire l’opera, manipolando i materiali per scoprire il sé, al fine di metterlo in relazione con l’altro. Vive e lavora tra Cortona e Firenze.


TEMPORARY RELATIONSHIPS second skin, 2015 fotografia, stampa lambda su alluminio e plexiglass, cm 40x60, ed. 1/3 111


TEMPORARY RELATIONSHIPS second skin, 2015 fotografia, stampa lambda su alluminio e plexiglass, cm 40x60, ed. 1/3

Pasto Nudo, 2015 performance relazionale, tessuto di cotone e foto, calchi in cioccolato, tovaglia, tavolo e sedie, misure variabili 112


Ho perso la strada, 2013 performance, fotodocumento, stampa fotografica su carta, cm 100x63 113


Vincenzo Marsiglia

Il percorso artistico di Vincenzo Marsiglia testimonia la versatilità del suo linguaggio e della sua poetica che hanno saputo nel tempo toccare la pittura, la scultura, l’installazione, il design, la moda, la ceramica, l’incisione, la digital art fino ad arrivare all’arte interattiva e multimediale. Sullo sfondo di ogni lavoro “brilla” sempre un modulo-logo che ha reso inconfondibile il suo fare: una stella a quattro punte. Forma ricorrente nata dall’incidenza delle linee ortogonali della sua pittura astratta, questa si è imposta come elemento chiave nello sviluppo di tutto il suo percorso. La ritroviamo anche in Fold Star (2013), opera marmorea che imprime la sua forma nella solidità del marmo, materia per eccellenza della statuaria classica. Marsiglia rinnova, nella visione del materiale, il suo logo e gli concede un’energia attiva che, producendo un dinamismo apparente, spinge le linee tridimensionali dell’opera, come un origami di pietra pare comporre (o scomporre) la propria immagine. Esattamente come i pixel mobili sugli schermi delle ultime sue opere interattive. 114

Vincenzo Marsiglia nasce nel 1972 a Belvedere Marittimo (CS). I primi approcci all’arte risalgono agli anni di studio, inizialmente ad Imperia presso l’Istituto Statale d’Arte, poi all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove consegue la laurea in Pittura. Ha iniziato poi ad esporre a metà degli anni ’90, partecipando a mostre presso gallerie, fiere e musei in Italia e all’estero. Le sue opere si sviluppano partendo da una stella a quattro punte che diventa nel tempo il suo carattere distintivo, vero e proprio “logo” dell’artista. Nell’ultima serie di lavori l’artista ricorre, invece, a strumenti tecnologici che si uniscono alla pittoricità segnica caratteristica della precedente fase di ricerca. Si ritrova in questi lavori tanto una contemporaneità legata ai nuovi strumenti di comunicazione, ormai abituali nella quotidianità, quanto il desiderio di non far sopraggiungere un oggetto concreto, finito e determinato, ma un’opera mutevole e transitoria che, proprio con l’interazione del pubblico, trova il suo compimento nel processo di relazione e mutazione che porta, anche, ad una riduzione della distanza tra l’oggetto artistico e il suo fruitore.


Fold Star, 2013 marmo bianco di Carrara, ø cm 50 115


Mirror Introspection, 2012/2013 specchio intagliato, feltro, iPad, mini-proiettore, applicazione per iPad, cm 145x230

Interactive Star App Music, 2012 applicazione per iPad, specchio intagliato e iPad, cm 24x18 cad. (dittico) 116


I See You I See, 2011/2012, specchio polarizzato, software, webcam, proiettore, dimensioni variabili (performance interattiva con il ballerino Denny Lodi)

Evolution, 2013/2014 pastello e acrilico su jeans, 12 elementi cm 24x30 117


Sabrina Milazzo

Sabrina Milazzo nel suo percorso artistico ha attraversato la rappresentazione erotica e sentimentale, l’esplorazione dell’individuo attraverso l’autoritratto sino a giungere a composizioni di nature morte (frutta, ortaggi, esseri marini) e, successivamente, di pupazzi Disney anni ‘60. Gli oggetti di questi due ultimi cicli pittorici vengono messi in scena nel suo studio e ricoperti da besciamella, per poi essere fotografati e dipinti. Nel procedimento di realizzazione e nell’effetto morbido, viscoso della composizione dei Paesaggi di natura permane una sensualità dell’immagine che trasferisce l’erotismo sessuale a quello per il piacere del cibo. Eppure ciò che mangiamo è sempre più privo di sapore ed identità, tanto che nell弛’opera l’oggetto viene celato. Come vediamo nel Paesaggio di natura presentato in mostra, gli esseri marini, di cui possiamo solo ipotizzare la specie, si trasformano in un veduta paesaggistica surreale ridotta a poche gamme cromatiche, l’Artista infatti non trascrive più i dettagli delle cose così come le conosciamo ma trasfigura la realtà affinché il pubblico la reinterpreti. 118

Sabrina Milazzo è nata nel 1975 a Torino, dove vive e lavora. Diplomata in Pittura all’Accademia delle Belle Arti, dal 2003 inizia la sua carriera espositiva partecipando a fiere nazionali come MiArt e ArteFiera. Le sue ultime mostre personali sono state nel 2012 Attese, alla Galleria Sangallo Art Station di Firenze e Trasferimenti, alla Galleria Allegretti Contemporanea di Torino. Ha partecipato a collettive internazionali quali Realismo alla Galleria Santiago Echeberria di Madrid, FIGURATIVAS ’13 presso il MEAM di Barcellona, Art Stays 11, Festival di Arte Contemporanea a Ptuj, Slovenia. In Italia ArtSite, Arte attuale al Castello di Buronzo, (VC), Hot, alla Galleria De Magistris Arte di Milano e Hyper, alla Galleria Restarte di Bologna.


Paesaggio di natura, 2013 olio su lino, cm 85x120 119


Paesaggio di natura, 2012 olio su lino, cm 85x120

Paesaggio di natura, 2013 olio su lino, cm 95x135 120


Tippete, 2013 olio su lino, cm 120x85 121


Rossella Pezzino de Geronimo

La fotografia è per Rossella Pezzino de Geronimo un incrocio sinergico di annotazioni e poesia, con il risultato di dar vita a immagini cariche di significato, che trascendono il reportage e si immettono nella sfera dell’astrazione simbolica. Le sue forme possiedono la forza del silenzio e detengono il mistero dei luoghi che l’artista catanese visita, talvolta confrontandosi con il senso del limite, nella volontà di superarlo a tutti i costi. Ogni singolo scatto è per Rossella Pezzino de Geronimo un viaggio introspettivo alla ricerca della vera e intima essenza della vita, come lei stessa dichiara: “sono andata all’inferno, sono morta e risorta dalle mie ceneri, proprio come un’araba Fenice, ma da questo viaggio negli inferi ne ho tratto una rinnovata energia vulcanica”. Nel suo Elisir di lunga vita, uno scatto del 2014, l’artista scardina i consueti punti di vista, mettendo alla prova un’esposizione diaframmatica che crea una visione di leggerezza e inviolabilità. 122

Rossella Pezzino de Geronimo nasce a Catania nel 1950 dove vive e lavora. Fotografa e imprenditrice, ha esposto in diverse personali in Italia e all’estero e pubblicato sette libri fotografici. Nel 2011 ha partecipato alla Biennale di Venezia. Sue opere sono conservate in importanti collezioni private e nel Fondo Sgarbi. Gli ultimi lavori sono infatti il frutto di un lungo iter creativo che parte dalla necessità di superare il dolore e la sofferenza per sublimarli in una ricerca volta a cogliere alla fine del percorso gli elementi che conducono alla bellezza, alla semplicità, alla purezza. Per giungere a questo risultato, l’autrice ha lavorato “a togliere” depurando le sue immagini di ogni riferimento riconoscibile così da collocarle in una dimensione atemporale. Questa operazione le ha consentito di spostare l’attenzione dal soggetto realisticamente inteso alle forme pure che lo caratterizzano seguendo in ciò un percorso di ricerca che approda a un equilibrio: quello della composizione fotografica ma anche quello interiore raggiunto dalla fotografa stessa.


Elisir di lunga vita, 2014 giclĂŠe print on fiber paper under plexiglass, cm 100x150 123


Cruel Colors, 2014 giclĂŠe print on fiber paper under plexiglass, cm 100x150

Cruel Colors II, 2014 giclĂŠe print on fiber paper under plexiglass, cm 100x150 124


Viaggio astrale, 2014 giclĂŠe print on fiber paper under plexiglass, cm 100x150

Cruel Colors, 2014 giclĂŠe print on fiber paper under plexiglass, cm 100x150 125


Gianluca Quaglia • PREMIO SPECIALE VANILLAEDIZIONI

Gianluca Quaglia nel suo lavoro compie un gesto carico di significato: l’intaglio, mediante il quale muta l’originaria relazione tra contesto e soggetto che si modificano saldamente e inaspettatamente a vicenda, scardinando il concetto di transitorio e di ratificato. L’artista milanese incide pazientemente l’elemento decorativo, estraendolo dal suo contesto originario, per concepire una nuova dimensione dell’oggetto e dar vita a una diversa fruizione dello spazio. Questa separazione e individuazione di un soggetto, sia esso un mazzetto di fiori, un frutto, alcuni animali di diversa specie, un cielo o una montagna, estratto dalla pluralità originaria, genera tante complessioni di un luogo e origina un paesaggio. Una singolare estensione di questo processo interpretativo è Il luogo dei fiori color celeste, un recente lavoro che presenta all’interno del barattolo di vetro tutti i mazzettini di fiori azzurri estratti dal foglio decorativo. I fiori ora sono una pluralità di esistenze e il foglio custodisce la memoria della forma e genera il riflesso di un nuovo habitat. 126

Gianluca Quaglia nasce a Magenta (MI) nel 1978. Intraprende un percorso artistico da autodidatta e riflette sul paesaggio e l’interazione con esso. Avvicinandosi a diverse associazioni culturali e gallerie d’arte, sviluppa e progetta laboratori d’arte contemporanea per il sociale e collabora con istituti e realtà nel campo della disabilità. Il suo lavoro indaga il rapporto tra l’ambiente e ciò che in esso accade, intervenendo nello spazio, sia esso all’interno o all’esterno di una cornice. Lo spazio e l’intervento artistico si relazionano e si modificano così tra loro. Nel 2016 collaborerà con il MART di Rovereto per la progettazione di workshop per adulti all’interno del museo.


Il luogo dei fiori color celeste, 2015 intagli su carta, contenitore di vetro, intaglio cm 100x70, contenitore di vetro cm 28x18 ø 127


Volatili, 2015 intagli su carta, collage, cm 100x70

Volatili, 2015 dettaglio 128


Nella parte retrostante, 2015 intagli tavola entomologica di inizio ‘900, collage, cm 37x40

Il luogo dei fiori e dei frutti, 2015 intagli su carta, busta di plastica, intaglio cm 70x50, busta cm 40x30 129


Camilla Rossi

Il processo creativo di Camilla Rossi è rigoroso e controllato, nel suo gesto la casualità è preclusa e i tempi sono scanditi da momenti di azione e di attesa, in un ritmo percepibile. La serialità è necessaria ad approfondire e scandagliare la ricerca. Leggere variazioni, prodotte su medesime matrici, producono molteplici tracciati generati da un uguale punto di partenza, infinite mutazioni di un medesimo tema. Sulla superficie cartacea si rincorrono incisione, pittura, disegno, talvolta frammenti di parola, creando un ordine statico a cui si contrappone movimento ed energia. L’opera selezionata appartiene al ciclo Stanze private, le stanze sono intese come luoghi intimi in cui il pensiero è in divenire e il segno traccia il suo flusso. Gli ambienti fisici e mentali, trasferiti nello spazio dell’opera, hanno subito un processo di svuotamento e riassemblaggio, creando nelle raffinate variazioni di tono e nei segni frammentati lievi tensioni, percezioni fisiche ed emotive che percorrono i luoghi che attraversiamo. 130

Nata nel 1977 a Brescia, dove vive e lavora, nel 2002 si diploma presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, indirizzo Pittura, frequentando anche l’Università di Belle Arti di Granada. La sua attività espositiva, a livello nazionale e internazionale, prende avvio dalla fine degli anni ’90, tra mostre personali e collettive. Caratteristica del suo linguaggio è l’unione e al contempo il contrasto tra segno incisivo e finezza cromatica, necessari ad esprimere l’ambivalenza tematica del “ricordo” e delle “presenze”, costanti ambiti di una riflessione creativa che crede ancora nel valore della pittura come intervento “onnivoro” e rigenerante, tra memoria e attualizzazione dell’immagine-segno. Alcune sue opere sono presenti in collezioni private e pubbliche.


Stanze Private, 2014 tecnica mista (incisione calcografica, carborundum, olio, gesso, pastello ad olio, gesso e grafite) su carta intelata, cm 100x120 131


Non Mari IV - V, dalla serie delle Panoramiche, 2015 tecnica mista (incisione calcografica, carborundum, olio, gesso, pastello ad olio, gesso e grafite) su carta intelata, cm 80x80 cad.

Accumulo, dalla serie delle Panoramiche, 2015 tecnica mista (incisione calcografica, carborundum, olio, inchiostri, acrilico, gesso, pastello ad olio, acquarello e grafite) su carta intelata, cm 70x100 132


Piogge, dalla serie delle Panoramiche, 2015 tecnica mista (incisione calcografica, carborundum, olio, gesso, pastello ad olio, gesso e grafite) su carta intelata, cm 10x10 - cm 120x100

Stanze Private, 2014 tecnica mista (incisione calcografica, carborundum, olio, gesso, pastello ad olio, gesso e grafite) su carta intelata, cm 70x100 133


Elisa Rossi

La ricerca artistica di Elisa Rossi indaga l’universo femminile e le sue multiformi sfaccettature. Nelle sue opere recenti, l’artista veneziana si lascia coinvolgere dal tempo pittorico, che definisce “il tempo del riflettere, del dialogo con se stessi, dell’intimità”. Nasce così la serie Limine, di cui fa parte il lavoro presentato, in cui la Rossi procede per tentativi di ricognizione, per chiavi di lettura, per sintassi simbolica degli elementi di una femminilità raffinata, elegante, sacrale. Componendo il suo puzzle, compie un gesto ripetitivo e minuzioso, recita una sorta di preghiera laica in solitudine, si estranea dal mondo per fare un viaggio conoscitivo su se stessa ed entrare con pienezza nel proprio universo. Le sue miniature preziose nascondono pensieri e sogni, desideri ed emozioni e si presentano sotto forma di apparizione, di teofanie della mente. Certamente l’uso lenticolare del pennello mostra un’abilità tecnica che sottende una personalità paziente e in cerca di silenzio. 134

Nata a Venezia nel 1980. Diplomata nel 1998 presso il Liceo Artistico di Treviso, ottiene nel 2004 il Diploma di Laurea in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Dal 2002 partecipa a numerose mostre collettive e personali in Italia e all’estero. Dal 2002 espone i suoi lavori pittorici presso alcuni spazi prestigiosi dedicati all’arte contemporanea, tra i quali la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, Villa Manin di Passariano (UD), Palazzo della Permanente di Milano, Mart di Rovereto, 54° Biennale di Venezia.


Limine, 2015 olio su pannello telato, misure variabili 135


Personae 01, 2012 olio su tela, cm 140x200

Personae 03, 2012 olio su tela, cm 70x100 136


Personae 13, 2015 olio su tela, cm 35x28

Scrittura Privata, 2014 pennarello su tela, cm 100x140 137


Alessandro Saturno

“Nella babele linguistica chiamata contemporaneo c’è qualcuno che opera nel limite delle superfici. Qualcuno che opera nel quadro. […] Per il pittore non c’è altro che i suoi occhi, il suo corpo e lo spazio che lo accoglie. La semplicità degli elementi della pittura è spaventosa, e lo spavento pone in una condizione originaria. È come essere nudi. Nudi e risonanti”. Si intuisce dalle parole di Alessandro Saturno il valore primitivo, in senso magico, del dipingere, in particolare del dipingere corpi, volti e figure. Il lavoro per sovrapposizioni e compenetrazioni si svolge in superficie ma ha a che fare con la dimensione non visibile e non esperibile dello spazio e del tempo, a meno di non dare corpo a una mutazione, o meglio, a una sovrapposizione. Il corpo fisico, noto e reale, si tende fino a far affiorare nitidamente la sottostante controparte aliena, che raggiunge la superficie fermandosi poco prima di romperne il velo. Possiamo così seguire le evoluzioni e le passioni apparentemente remote, eppur così vicine, di quegli ultra-corpi celati nello spazio della visione. Sopire il tempo è un titolo emblematico per il raggiungimento di questa condizione di calma apparente, nella quale l’organico e l’etereo si annullano reciprocamente, sospendendo la lotta. 138

Alessandro Saturno è nato a Napoli nel 1983. Compie gli studi di pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e in seguito a Bologna, dove vive e lavora. La sua ricerca indaga il mistero della materia e dello spirito, attraverso la pittura come veicolo di una genesi organica superiore. Il suo spazio pittorico è un limbo dove la figura accade, si forma o si dissolve, si guarda dentro, si attraversa.


Sopire il tempo, 2015 acrilico e olio su tela, cm 100x80 139


Spirale, 2015 acrilico e olio su tela, cm 124x144

La somiglianza interminabile, 2013 acrilico e olio su tela, cm 40x40 140


Deposizione, 2012 acrilico e olio su tela, cm 150x120 141


Marcella Savino

Marcella Savino indaga l’uomo, tentando di farne emergere lo status interiore. La fotografa catanese, ma milanese d’adozione, va oltre i semplici sguardi e si immerge con i suoi pensieri nel cosmo altrui, per individuare ed esaltare l’essente. La sua è una fotografia meditata, studiata a lungo in fase progettuale, in quanto predilige il risvolto metaforico, tanto da indurla a frapporre tra i suoi protagonisti e lo spettatore un filtro; un vetro non del tutto nitido, offuscato dalla realtà, da quel “male di vivere” che attanaglia l’uomo contemporaneo. Nel suo set fotografico, i soggetti sono messi a nudo, sono svuotati da preconcetti dettati dalla società e si presentano nella loro delicatezza e insicurezza, senza aver paura di nulla. Per la Savino l’apparenza non esiste e l’abito che ciascuno indossa è una corazza espugnabile. Sono questi i concetti che risiedono nell’opera In un soffio, uno scatto del 2014, in cui Marcella Savino è in bilico tra il desiderio di leggerezza, armonizzando il corpo di una donna con la natura e la fragilità dell’essere donna. Le foglie e gli alberi d’autunno non sono nel pieno del loro vigore, si spogliano, mostrano la loro essenza, proprio come la silhouette, in procinto di elevarsi e rinascere. 142

Nata a Catania nel 1979, si trasferisce a Trezzano sul Naviglio (MI) per seguire un percorso di studi presso l’Accademia di fotografia John Kaverdash, frequentando i Master in Comunicazione Visiva, Moda, Still Life e Fotoritocco. Negli anni successivi apre un laboratorio fotografico dove approfondisce la tecnica e affina un suo linguaggio che la porta a dedicarsi principalmente alla fotografia di moda e alla ritrattistica, avviando diverse collaborazioni. Negli ultimi anni ha iniziato una ricerca personale, dando sfogo a lavori di libera creatività, che l’ha portata a intraprendere un’esperienza espositiva.


In un soffio, 2014 stampa fine-art ai pigmenti di carbone su carta cotone HahnemuĚˆhle, cm 70x100 143


Portrait-‐in te-Studio1, 2014 stampa fine-art ai pigmenti di carbone su carta cotone Hahnemühle, cm 70x50

Spina dorsale, 2014 stampa fine-art ai pigmenti di carbone su carta cotone Hahnemühle, cm 100x70 144


Consistente nulla, 2015 stampa fine-art ai pigmenti di carbone su carta cotone HahnemuĚˆhle, cm 100x70 145


Thomas Scalco CATEGORIA UNDER 30

• VINCITORE CATEGORIA UNDER 30 • PREMIO SPECIALE ARTEAM

Thomas Scalco (1987) si è distinto nel panorama delle giovani partecipazioni all’Arteam Cup 2015. La sua pittura si nutre di figurazione e astrazione, due linguaggi di cui l’artista veneto si serve con perenne oscillazione. Le tue opere sembrano orientate verso una poetica surrealista, in cui vige la sospensione di forme geometriche entro spazi a metà tra il reale e l’onirico. Si tratta di opere la cui consistenza è affidata ad una visionarietà latente. Che significato ha per te collegare e trovare equilibrio fra elementi con consistenze opposte? Da sempre mi interessa un certo eclettismo unito all’interesse per le contrapposizioni e i rapporti tra gli opposti. Ho approfondito questa oscillazione grazie alla lettura dei saggi di Florenskij, specialmente Le porte regali, in cui, analizzando l’arte ortodossa, il filosofo affronta il limite tra veglia e sogno, descrivendone tutta la complessità. Florenskij parla di due tipologie di immagini che si generano quando l’anima è al confine tra i due stati. Le prime, in salita, sono legate alla quotidianità e ai sensi, le seconde, in discesa, sono ancorate all’onirico ed evocative di realtà superiori. Rapportate all’arte, richiamano la distinzione tra figurazione e astrazione. Il mio lavoro si situa a metà e, avvicinandomi a questo limes, le differenze tra i due poli diminuiscono e si generano numerosi punti di contatto. La mia speranza è che questa contaminazione venga 146

Thomas Scalco nasce a Vicenza nel 1987. Consegue il diploma di primo livello in arti visive, indirizzo pittura, presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 2011. Nel 2014 consegue il diploma di specializzazione in pittura e arti visive nella stessa Accademia, con una tesi che intreccia il pensiero di Pavel Florenskij e la ricerca di M. Tirelli. Tra i maestri che più hanno influenzato il suo pensiero e il suo approccio all’arte, durante gli anni di formazione, spiccano Luca Bendini e Remo Salvadori. Attualmente vive e lavora tra Vicenza e Venezia.


Monochrono, 2015 tecnica mista su tela, cm 70x70 147


vissuta come un invito a pensare in modo diverso la realtà frammentata che percepiamo coi nostri sensi, in modo da evidenziarne le infinite connessioni. Hai dichiarato che nella tua formazione ti sei dedicato ad esprimere l’ambito pubblico, inteso come “intimità esposta, in relazione al lato comunicativo” dell’opera d’arte. Nel tuo lavoro possiamo quindi trovare il tuo io? È proprio così. La mia personalità e il mio io influenzano notevolmente il mio lavoro, sia nell’esecuzione sia nel contenuto. In ogni opera si possono ritrovare i miei dubbi, le mie certezze, il mio carattere e miei interessi. Le conclusioni a cui approdo nel mio lavoro mi spronano verso nuove riflessioni sul chi sono io e sulla realtà che mi circonda. La mia arte nutre la mia crescita personale e mi consente di mettermi a nudo. Guardando il tuo lavoro, si ha l’impressione che tu viva su un filo di sospensione tra la figurazione e l’astrazione. Da quale dei due linguaggi ti senti più attratto? Li considero entrambi linguaggi intriganti. In realtà, sono fortemente attratto dal confine che li divide e dal sottile cortocircuito che si genera dalla loro interazione. Evitando una superficiale catalogazione, mi auguro di suscitare una riflessione nell’osservatore. Nelle tue opere le forme geometriche costruiscono architetture in divenire, invece in quella presentata a concorso c’è quasi il desiderio di mostrare un gioco magico e ritmico. Come nasce quest’opera? Appartiene all’ultimo ciclo di lavori, in cui la forma architettonica scompare, lasciando spazio a moduli semplici. Ero alla ricerca di qualcosa di più puro rispetto ai solidi geometrici e alle architetture, per eliminare possibili fraintendimenti, così ho ridotto la forma al minimo per renderla più efficace ed evocativa. Spostando l’attenzione su una dimensione più liminale, lo spazio tende a disfarsi in favore di un’atmosfera più avvolgente, onirica e meno terrena. In questa direzione, c’è anche un richiamo alla Genesi, dove vengono descritte le prime drastiche separazioni, la contrapposizione tra luce e buio e tra cielo e terra, in una visione ritmica. 148


Coagulazione, 2013 acrilici su tela, cm 170x135 149


Genesi, 2015 olio su tela, cm 100x110

Il giardino di Pavel #1, 2015 olio su tela, cm 100x100 150


Senza titolo, 2014 olio su tela, cm 100x100

Apparizioni, 2014 acrilico su tavola, cm 120x160 (12 pannelli cm 40x40) 151


Matteo Suffritti

L’indagine espressiva di Matteo Suffritti è orientata sulla possibilità di mettere a nudo il corpo umano, dal fanciullo col suo sguardo innocente, all’adulto nel pieno della sua virilità, per individuarne dettagli reconditi e gestualità ataviche. Utilizzando la fotografia, presentata con l’ausilio di strumenti dinamici, Suffritti scandaglia il suo connaturato senso diffuso di oppressione, per meditare su atteggiamenti e comportamenti, immobilizzandoli in un intreccio di reale e metafisico. Il suo Naked Box, realizzato nel 2013, è l’espressione autentica di una messa a nudo offuscata del suo stesso corpo, in preda a una frammentazione e al desiderio di riemergere dall’oblio. L’artista milanese è in cerca di verità, di una collocazione nel mondo e intanto, dal suo antro segreto, spia lo spettatore che si ferma a guardarlo e riconoscerlo. La sua speranza è quella di poter uscire dalla sua temporanea prigione e interagire col mondo, senza alcuna barriera o convenzione. 152

Matteo Suffritti è nato nel 1978 a Milano dove vive e lavora come disegnatore in una fotoincisione. La prima macchina fotografica che ha avuto tra le mani è stata una Kodak Disc regalatagli dal padre a 8 anni. In seguito, durante l’adolescenza, ha approfondito la sua conoscenza della fotografia utilizzando la reflex e lavorando in camera oscura. Dopo il diploma in grafica pubblicitaria, ha studiato filosofia e si è avvicinato al mondo digitale, esplorando anche nuove tecniche video. Ha iniziato ad esporre i suoi primi lavori nel 2008.


Naked Box, 2013 lightbox stampa lambda su duratrans, legno, led, cm 200x60x40 153


Social Network, 2011 stampa inkjet, ferro, polistirolo estruso, cm 200x200

G 1:27 Adamo ed Eva, 2015 lightbox su acetato, ferro, led, ventilatori, cm 150x30x30 154


Pietà , 2014 video proiezione, tassidermia, legno, metallo, led
misure variabili

Reminiscenze, 2015 stampa lambda su duratrans, legno, dinamo, cm 30x20x15 155


Giorgio Tentolini • PREMIO SPECIALE TIZIANA SEVERI ARTE CONTEMPORANEA

Tentolini scandaglia l’immagine in stratificazioni leggere e quasi impercettibili sino a giungere ad una dimensione tridimensionale che crea bassorilievi. Sovrappone strati di materiali, quali acetato, carta, cartone, tulle e scotch precedentemente stampati con un’immagine fotografica e l’azione si svolge nell’atto lento del levare il pigmento, dando forma a rarefatte immagini che sono riscritture di luce. Costante è la meditazione sul tempo, esplorato sotto vari punti di riflessione: dall’agire dell’artista, allo scolorire dei contorni della memoria, agli effetti delle trasformazioni del paesaggio urbano, al percorso a ritroso nella storia e nella storia dell’arte, nonché all’osservazione della ciclicità della natura. In quest’ultimo ambito si colloca il lavoro esposto in mostra: Giovani foglie, in cui sono sovrapposti sette strati di carta pergamena. L’Artista toglie la luce impressa nell’immagine fotografica, come il trascorrere del tempo rende evanescente la vita. Restano ombre e impronte. 156

Giorgio Tentolini nasce a Casalmaggiore (CR) nel 1978, compie i primi studi in Arti Grafiche presso l’Istituto d’Arte “Toschi” di Parma. Nel 1999 si diploma al corso di design e comunicazione presso l’“Università del Progetto” di Reggio Emilia. Dopo tirocini formativi in atelier di artisti e designer come Marco Nereo Rotelli e Denis Santachiara, nel 2002 inizia la sua attività di grafico e illustratore per case e riviste di moda. Negli stessi anni prende avvio la sua attività artistica con installazioni su base fotografica per le quali ottiene riconoscimenti significativi in esposizioni nazionali e internazionali. Vive e lavora a Casalmaggiore (CR) e Milano.


Giovani Foglie, 2015 carta bianca incisa a mano, cm 28,5x19 157


Memento Amare, 2015 10 strati di tulle nero e rosso incisi a mano, installazione di 2 pezzi cm 62x47

Nautilus, 2013 12 strati di tulle nero incisi a mano, cm 80x80 158


Querce, 2015 stampa laser su acetato, installazione di 3 pezzi cm 120x42, tot. cm 150x120 159


Rolando Tessadri

Rolando Tessadri ha iniziato, sul finire degli anni Novanta, a lavorare con coerente insistenza ad una serie di lavori che hanno connotato poi tutta l’esperienza della sua azione cromatica successiva: sono le sue Tessiture, opere nelle quali l’elemento che le definisce è l’evanescente e delicata presenza di una griglia ortogonale. Quest’immagine, che assume, nell’intreccio di tonalità e colori, uno spessore lievemente tridimensionale, quasi olografico, viene ottenuta dall’artista con l’antico metodo del frottage: i pigmenti colorati, depositati sulla tela, sono poi asportati con una racla da serigrafia lasciando l’impronta della griglia predisposta con leggeri e invisibili fili di nylon. Tessitura rientra proprio in questa assidua riflessione sul valore costruente del colore che in Tessadri dimostra un vivo interesse per quelle strutture primarie proprie del linguaggio visivo. L’accezione minimalista della sua pratica non si limita ad un freddo processo del fare, ma somma nella sua visione anche le prove e le eredità dei vibranti precedenti delle esperienze pittoriche analitiche. 160

Rolando Tessadri è nato a Mezzolombardo (TN) nel 1968. Vive e lavora a Salorno (BZ). Conseguita la maturità d’arte applicata presso l’Istituto Statale d’Arte di Trento, ha frequentato il corso di laurea in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università di Udine, dove si è laureato. Fra le esposizioni più recenti si segnalano la mostra con Igino Legnaghi, presso la galleria Ars Now Seragiotto di Padova nel 2010, la personale presso la Casa Gallo di Carlo Scarpa a Vicenza nel 2013, la mostra con Bruno Querci presso la Galleria Giraldi di Livorno nel 2015, e la collettiva Supernova presso il MAG di Riva del Garda, sempre nel 2015. La sua ricerca si inscrive nell’ambito della pittura astratta di matrice analitica. L’elemento che più caratterizza le sue opere è la presenza di un reticolo/ tessitura ottenuto mediante la tecnica del frottage, applicando i pigmenti colorati sulla superficie della tela ed asportandoli con delle grandi spatole morbide. Nei lavori più recenti le tele sono divise solitamente in due campi rettangolari di luminosità differente.


Tessitura, 2015 acrilico su tela, cm 120x80 161


Tessitura, 2014 acrilico su tela, cm 80x120

Tessitura, 2015 acrilico su tela, cm 100x140 162


Tessitura, 2014 acrilico su tela, cm 80x120

Tessitura, 2015 acrilico su tela, cm 100x140 163


The GAHAN Project

Il collettivo anonimo The Gahan Project propone con la sua pratica artistica uno sconfinamento semantico che porta l’arte, oltre l’estetica, a lambire e toccare l’ambito filosofico e scientifico. Questi tre campi del sapere e della conoscenza umana trovano una corrispondenza reciproca nei loro lavori e, nelle delicate e leggere forme che li compongono, indirizzano lo sguardo a spaziare tra micro e macro cosmo di struttureorgani in evoluzione e crescita. Il richiamo alla vitalità e all’energia impiegata dagli organismi nella loro crescita ed evoluzione si legge nelle loro opere come apertura sul senso e il significato dell’esistenza, della bellezza. Parlano, silenziosamente, del mistero della vita. Rispecchia perfettamente questo intendimento l’opera Noumenon Corpis, esempio indicativo della loro ricerca, in cui una misteriosa apparizione – ricorda osservazioni al microscopio o al telescopio – porta la visione ad un incanto e una meraviglia davanti alla creazione. L’immaginazione lambisce e sfiora strutture reali e pulsanti, ritrovandovi i principi che animano il cuore profondo delle forme della natura del visibile e che attraversano l’esperienza della nostra esistenza. 164

The GAHAN Project nasce nel 1999 da un’idea dei curatori Anna Vergine e Gabriele Fallini, come gruppo eterogeneo che opera, a più mani, in sedi diverse nell’anonimato dei suoi componenti. La ricerca di The GAHAN Project è profondamente ‘fisica’, fondata sulla progettualità, legata alla poetica della fisicità, alla materialità e alla condivisione di un’idea forte nella riconoscibilità del disegno come segno. Una ricerca in cui la condivisione di un progetto forte è tanto importante da costituirne l’opera stessa, a partire dalla coesistenza e compenetrazione di cicli vitali, per capacità costruttiva nella convivenza di mondi paralleli, sempre in grado di trovare una soluzione, mai innocente, a volte crudele. L’opera di The GAHAN Project è di natura inquieta e costruttiva.


Noumenon Corpis, 2015 grafite su carta da acquerello, cm 42x30 165


Noumenon, 2015 grafite su carta da acquerello, cm 42x30

Noumenon Ermaphilla, 2015 grafite su carta da acquerello, cm 42x30 166


Noumenon Landscape, 2015 grafite e pressione a secco su carta da acquerello, cm 29x21 167


Manuela Toselli

Il dato eminente che emerge, osservando le opere di Manuela Toselli, è quello della delicatezza che avvolge forme e materiali, che solidifica colori, che estende sostanze fino a stabilire e concretizzare l’insieme in immagine. La sua scelta astrattiva, che si rinvigorisce proprio per una sensibilità squisitamente femminile, segno di un fare che sa guardare oltre le circostanze, non si blocca mai, però, nell’algido schematismo della stessa ipotesi astratta. Specchio delle mie brame sottolinea come, nel suo linguaggio, i materiali e le forme si accostino quasi a creare un flusso dal ritmo piacevole e suadente che, distaccando l’immagine dalla sua solita aurea istituzionale, le conferisce il calore di una visione onirica colma di dolce pathos e accalorato sentimento. Sogno e realtà, favola e cronaca illuminano la trasparente vivacità e profondità dei suoi bianchi, la cromia predominante. Il richiamo della seta guarda alla tradizione della tessitura e porta una dimensione artigianale nell’opera, ma che, al contempo, viene superata dall’accezione metaforica che ciascun lavoro suggerisce. 168

Manuela Toselli è nata a Torino nel 1971. Vive e lavora in provincia di Udine. Nel 1989-90 ottiene il diploma di Maturità d’Arte Applicata, sezione tessuto, presso l’Istituto Statale d’Arte di Udine “G. Sello”. Nel 1995 ottiene il diploma di Designer Orafo presso l’Istituto Calligari di Vicenza. Nel 2010 raggiunge la Laurea di Secondo Livello Specialistica in “Arti visive e discipline dello spettacolo”Sez. Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Nel 2011 ottiene il diploma di qualifica professionale di secondo livello in Grafica Integrata. Nel suo lavoro prende spunto dalla quotidianità, da tutto ciò che in qualche modo scuote la sua attenzione. I concetti che intende esprimere sono rielaborati attraverso un meccanismo di astrazione e personale codificazione. Per i suoi lavori, divisi in cicli, predilige la seta, a volte combinata con altri materiali, per la sua elevata valenza concettuale: infatti, per la sua estrazione, il baco viene ucciso prima che possa compiersi la metamorfosi da crisalide a farfalla.


Specchio delle mie brame, 2014 seta e cotone, dimensioni variabili (cm 66x66) 169


Origini (dettaglio installazione), 2013-2014 seta, dimensioni variabili

In or Out?, 2015 seta, filo di seta e acrilico, trittico, 3 elementi cm 25,5x25,5 170


Proiezioni distanti #2 - #1- #3, 2015 installazione - seta, acrilico, filo di seta e di cotone, dimensioni variabili (cm 35,5x35,5)

Tattoo #4 - #3 (dettaglio), 2015 acrilico, seta e filo, ø cm 45 - ø cm 31 171


Luca Zarattini

Le opere di Luca Zarattini sono cosparse di solitudini assordanti e di silenzi imperativi. La materia pittorica e scultorea è greve ed è frutto di sguardi interiori, meditati, pronti a suscitare continui interrogativi e spunti di riflessione. Nel suo continuo sperimentare e sporcarsi le mani, lavora con supporti quali lastre di ferro, che lascia lentamente trasformare dall’azione del tempo, falde di plastica industriale, sulle quali interviene con la fiamma ossidrica, tavole di legno che tratta con materiali edilizi. Nelle sue opere ogni cosa è ferma, spoglia e decadente, in stato di stasi e rovina. Come egli stesso dichiara, la sua attuale preoccupazione è di “riuscire a provocare nell’osservatore, attraverso l’apparato visivo, un cortocircuito dei sensi che possa scatenare una sensazione che si avvicini il più possibile a quella prodotta dalla Natura sull’uomo”. BassoRilievo #1, un gesso del 2014, è un pensiero in fieri, un asse viario, l’anima di un’architettura, forme geometriche che s’incontrano e generano luoghi, spazi in cui far risiedere emozioni, bisogni, desideri. 172

Luca Zarattini nasce a Codigoro (FE) nel 1984. Frequenta l’Istituto d’Arte “Dosso Dossi” di Ferrara, indirizzo Decorazione Plastica, e poi l’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove nel 2009 si laurea nell’indirizzo di Pittura. Zarattini comincia la propria attività pittorica con la sperimentazione dell’immagine su supporti non convenzionali, come lastre di ferro su cui interviene con la fiamma ossidrica come fosse un pennello, tavole in legno, che tratta con materiali propri dell’edilizia come cemento, stucco, colle, cera. La pittura è il suo principale mezzo di comunicazione, ma si esprime contemporaneamente mediante altri media quali la scultura, l’installazione, il video, la musica. Nel 2010, insieme all’artista Marco Spaggiari, fonda il Collettivo CENTONOVE. Da ricordarsi, in questi ultimi anni di attività, le selezioni tra i finalisti al “Premio Carlo Bonatto Minella” di Rivarolo Canavese e al “Premio Lissone”, la vittoria del primo premio al concorso “Un’opera d’arte per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia” di Ferrara e la partecipazione alla mostra collettiva “In viaggio con Calvino”, ospitata alla Casa dell’Architettura di Roma in occasione del novantesimo anno dalla nascita del grande scrittore e partigiano italiano. Vive e lavora a Comacchio (FE).


BassoRilievo #1, 2014 tecnica mista su tavola (colla da edilizia, polistirolo), cm 80x80x8 173


BassoRilievo #4, 2014 tecnica mista su tavola (colla da edilizia, polistirolo), cm 80x80x8

BassoRilievo #5, 2014 tecnica mista su tavola (colla da edilizia, polistirolo), cm 80x80x8 174


Natura Storta #1, 2014 tecnica mista su tavola (colla, cemento, stucco, olio, smalti e cera), cm 140x100

Interno 7, 2015 tecnica mista su tavola (colla, cemento, stucco, olio, smalti e cera), cm 186x280 175


AQUA AURA ALESSANDRA BALDONI MARIA REBECCA BALLESTRA ELISA BERTAGLIA VALENTINA BIASETTI PAOLO BINI FOSCA BOGGI MARCO BOLOGNESI PATRIZIA BONARDI GIORGIO BORMIDA STEFANO CESCON PIERLUCA CETERA ANGELICA CONSOLI FABRIZIO CORBO FRANCESCA DELLA TOFFOLA MARCO DEMIS NADIA GALBIATI CESARE GALLUZZO LIDIA GIUSTO FEDERICA GONNELLI GABRIELE GRONES ASAKO HISHIKI LEMEH42 FRANCESCO LEVI MANUELA MANCIOPPI VINCENZO MARSIGLIA SABRINA MILAZZO ROSSELLA PEZZINO DE GERONIMO GIANLUCA QUAGLIA CAMILLA ROSSI ELISA ROSSI ALESSANDRO SATURNO MARCELLA SAVINO THOMAS SCALCO MATTEO SUFFRITTI GIORGIO TENTOLINI ROLANDO TESSADRI THE GAHAN PROJECT MANUELA TOSELLI LUCA ZARATTINI

ISBN 978-88-6057-308-7

9 788860 573087

30,00 €

(IVA assolta dall’editore)


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