Urban 115

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GIUGNO 2013  NUMERO 115





SOMMARIO 7 | EDITORIALE

47 | DETAILS

59 | FUORI

di Ivan Bontchev e Tatiana Uzlova

9 | ICON

48 | SPACE COWBOY

11 | INTERURBANA

66 | ULTIMA FERMATA di Franco Bolelli

al telefono con Kinabuti

foto Mattia Zoppellaro / Contrasto styling Ivan Bontchev

13 | PORTFOLIO

58 | NIGHTLIFE

In my mind a cura di Floriana Cavallo

di Lorenzo Tiezzi

19 | CULT di Michele Milton

20 | JESSE EISENBERG di Roberta Valent ritratto Liz O. Baylen / Los Angeles Times / Contour

24 | CANNES IN CORTO di Sasha Carnevali

28 | LA FORMA DELLA MEMORIA di Susanna Legrenzi foto Tatiana Uzlova

P. 13

32 | MUSICA di Paolo Madeddu

34 | UN POETA A NEW YORK di Sasha Carnevali

36 | FUTURE CITY

P. 28

di Susanna Legrenzi

40 | LIBRI

P. 48

di Marta Topis

41 | DESIGN di Olivia Porta

42 | FOODING IN LOVE di Mirta Oregna

Cover: Jesse Eisenberg foto di Christian Weber / Trunk Archive

MENSILE, ANNO XIII, NUMERO 115 www.urbanmagazine.it redazione.urban@rcs.it

Facebook: Urban Magazine Twitter: Urbanrcs

DIRETTORE RESPONSABILE Alberto Coretti alberto.coretti@rcs.it

CAPOSERVIZIO Floriana Cavallo floriana.cavallo@rcs.it

FASHION a cura di Ivan Bontchev fashion.urban@rcs.it

PROGETTO GRAFICO Topos Graphics

SEGRETARIA DI REDAZIONE Rosy Settanni rosy.settanni@rcs.it

DIRETTORE MARKETING Giancarlo Piana

ART DIRECTION Sergio Juan

URBAN

via Rizzoli, 8 · 20132 Milano tel. 02.25.84.1 / fax 02.25.84.2120 testata del gruppo City Italia S.P.A. DISTRIBUZIONE PLP s.a.s. Padova tel. 049.8641420

STAMPA San Biagio Stampa S.p.A. via al Santuario N.S. della Guardia, 43P rosso 16162 Genova

FOTOLITO Topcolor Dream via Toscana, 19 20090 Buccinasco (Mi)

PUBBLICITÀ Milano Fashion Media Augusta Ascolese Corso Colombo, 9 20144 Milano tel. 02.5815.3208 cell. 335.6945.908 aascolese@ milanofashionmedia.it

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EDITORIALE

NATIVI DIGITALI Ha ancora senso parlare di archetipi e modelli per le nuove generazioni? Che cosa hanno in comune il poeta di Ny Alex Dimitrov, l’attore Jesse Eisenberg e il designer olandese Jon Stam? Si tratta di personalità lontanissime l’una dall’altra ma quello che fa la differenza, e che forse li accomuna, è la freschezza nell’approccio verso quello che fanno. Occuparsi di forme della memoria per un designer è altrettanto originale che scrivere copioni teatrali per un attore o mescolare versi, social media e vita reale per un poeta. Quello che unisce i nostri under 30 e che caratterizza la nuova generazione dei nativi digitali è una visione del presente omnicomprensiva. Reale e virtuale non sono contenitori separati, ma sono differenti aspetti della nostra vita che si incrociano in continuazione. Proprio presidiando questi incroci spesso capita di essere protagonisti del nostro contemporaneo.

HANNO COLLABORATO CON NOI Franco Bolelli Bruno Boveri Ciro Cacciola Sasha Carnevali Roberto Croci

Daniela Faggion Susanna Legrenzi Paolo Madeddu Michele Milton Mirta Oregna

Sara Rambaldi Leo Rieser Laura Ruggieri Lorenzo Tiezzi Marta Topis

Tatiana Uzlova Roberta Valent Mattia Zoppellaro

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LOS ANGELES ICON

L’OGGETTO DEL MESE

BUCRANIO

SCELTO DA JOEL ED ETHAN COEN “Il teschio di bue è un’iconografia leggendaria, che rappresenta il vecchio West. Serviva come segnale di avvertimento in caso di acqua contaminata o come ricordo silenzioso dei pericoli che affrontavano i nostri pionieri. L’abbiamo trovato insieme a un’estesa collezione di ossa e carcasse di mucche, lupi, cavalli e coyote mentre stavamo girando in una zona del deserto di Santa Fe, nel New Mexico. Parafrasando Mark Twain, il nostro autore preferito, è come se ci dicesse ‘Attento a che cosa fai da vivo, perché la morte è dietro l’angolo… e poi sei solo ossa’”. • URBAN | 9



LAGOS INTERURBANA DI DANIELA FAGGION

AL TELEFONO CON

KINABUTI LA NIGERIA E LAGOS IN DUE PAROLE. Un “casotto adrenalinico” dov’è “tutto possibile”. Ogni cosa è costosissima, ci sono enormi problemi logistici, le strade non funzionano e manca l’elettricità, devi pagare tutto in anticipo. Però le cose magicamente succedono, anche grazie alla forte relazione con Dio che tutti sentono.

NON VIENE DESCRITTO COME IL PAESE PIÙ TRANQUILLO AL MONDO.

Qualche anno fa abbiamo organizzato un film festival a Port Harcourt, fra coprifuocoe rapimenti. Sembrava assurdo e invece ha avuto un successo incredibile. Non bisogna avere paura di buttarsi. SECONDO ALCUNE STATISTICHE, LAGOS È LA SECONDA CITTÀ A CRESCERE PIÙ VELOCEMENTE IN AFRICA, LA SETTIMA A LIVELLO INTERNAZIONALE. DOVE SI PERCEPISCE DI PIÙ LA VELOCITÀ? Tutto è frenetico, anche se puoi rimanere bloccato nel traffico per ore. È una città ad alto rischio: magari esci da una cena e puoi ritrovarti rapito. Non è per tutti. Però ci sono opportunità, voglia di fare, è tutto da creare. D’altronde, è una città-stato fra i 15 e i 18 milioni di abitanti ed è considerata la capitale anche se non lo è ufficialmente.

PERFETTA PER ESSERE CREATIVI E FARE MODA? No, bisogna avere un approccio molto “visionario”. Ci sono i talenti ma non le competenze. Mancano le scuole di formazione, un sistema distributivo e una supply chain sicura: c’è un divieto sull’importazione di tessuti e quelli disponibili a livello locale sono di bassa qualità o arrivano di contrabbando dalla Cina. Senza contare che i pagamenti in anticipo pesano parecchio sul tuo business plan. E PERCHÉ RIMANETE LÌ? Vediamo la possibilità di fare qualcosa di speciale. È una visione di lungo termine, non abbiamo dubbi che funzionerà.

E INTANTO CHE COSA FUNZIONA A LAGOS NELLA PRIMAVERA 2013? Print africani, seta e pelle, suede e frange.

IL LOCALE PIÙ CREATIVO DELLA CITTÀ? Sono due, Bogobiri e Shrine. Il primo è un boutique-hotel molto artistico, con mostre d’arte e musica dal vivo afro-beat. Ci ho vissuto un paio di mesi e mi ha ispirato molto. Lo Shrine è invece il locale di Fela Kuti (musicista e attivista per i diritti umani, scomparso nel 1987, n.d.r.), dove ora suonano i suoi figli e non solo.

IL FATTORE X CHE NON AVEVATE CALCOLATO QUANDO SIETE ARRIVATE IN CITTÀ? La mancanza di elettricità che rende tutto supercostoso. ALTRE COSE CARISSIME? L’affitto. Per due anni in una bella casa puoi arrivare a pagare fino a 200mila dollari. In anticipo, naturalmente. E se proponi di pagare un anno solo storcono il naso.

LA SCOPERTA CHE HAI FATTO A LAGOS DI CUI VAI PIÙ FIERA? Un palazzo abbandonato vicino al Falomo Bridge da dove si vedeva il tramonto più incredibile della città. Qualche mese fa sono tornata con degli amici e non c’era più. Una posizione troppo strategica, l’hanno abbattuto per costruire uffici. LA PIÙ GRANDE CITTÀ DI UNO DEI PAESI AFRICANI PIÙ RICCHI DI PETROLIO, EPPURE ANCHE COSÌ POVERA... DOVE SI VEDONO LE CONTRADDIZIONI MAGGIORI? In una fila di Range Rover che non finisce più in una strada distrutta, ai margini della quale un uomo spinge un carretto. Oppure, in chi vive con 100 euro al mese a fianco di tanti altri che viaggiano sul jet privato.

IL MOTIVO PER CONVINCERE QUALCUNO A RAGGIUNGERTI? Il tasso di adrenalina e le commistioni multiculturali che si trasformano in unioni durature.

KINABUTI è il nome di Caterina Bortolussi così come lei stessa lo pronunciava da bambina. Quando nel 2006 è arrivata in Nigeria con un’agenzia di comunicazione inglese, le è scattata la molla che nel 2011 l’ha portata finalmente a fare la stilista. Il marchio? Proprio quel nome che suonava così africano in maniera tanto spontanea e perfetta. Sua partner professionale è Francesca Rosset, amica di una vita con cui affronta tutte le sfide creative in una delle città più folli al mondo

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foto Tatiana Uzlova

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A CURA DI FLORIANA CAVALLO

IN MY MIND FOTO SUSAN WICKSTRAND

Esco di casa, prendo la macchina, vado a lavorare, torno a casa, carico la tavola sulla macchina e vado a surfare. Nella testa di chi ha una grande passione come il surf, tutte le altre esperienze si comprimono, si dilatano, si stratificano, per lasciare sempre il ruolo principale alla spiaggia, le onde e l’oceano. Per provare questo stato di ebbrezza, di euforica confusione mentale, l’alternativa alla pratica è quella di tuffarsi negli artwork dell’artista trapiantata in California Susan Wickstrand, da una vita tra onde e colori. www.susanwickstrand.com

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DI MICHELE MILTON

ROSSO: THE ITALIAN WAY

UNA PORTOGHESE A FIRENZE

In Italia il toro vede rosso, ma solo nei locali da aperitivo e cocktail bar più trendy. Red Bull infatti propone in queste location la versione italiana del noto energy drink (The Red Italian Edition), con un gusto totalmente rinnovato, in lattine di color rosso acceso. Sarà perché (è lapalissiano) il rosso dona al toro rosso, ma a noi questo nuovo gusto tutto italiano di taurina e caffeina con aggiunta di chinino piace ancora più di prima. www.redbull.it

Tra gli eventi in concomitanza con Pitti Uomo 84 a Firenze, merita particolare attenzione la mostra dell’artista portoghese (nata a Parigi nel 1971) Joana Vasconcelos al Gucci Museo (piazza della Signoria 10, dal 20 giugno al 15 dicembre, tutti i giorni dalle 10 alle 20), nel Contemporary Art Space. Tre opere importanti di derivazione concettuale: Red Independent Heart (2008), Psycho (2010), Lavoisier (2011), esempi di un originale immaginario in cui oggetti d’uso quotidiano convivono con elementi identitari (sociali/sessuali/nazionali), per poi ricomporre un’inedita prospettiva. Il concetto di readymade secondo Marcel Duchamp e l’interpretazione della cultura di massa della Pop Art acquistano qui nell’arte di Vasconcelos nuove dimensioni e direzioni che traggono linfa da un pensiero femminile (il fado di Amalia Rodrigues, l’uncinetto, le ceramiche, la rivoluzione dei garofani, l’autoritarismo maschile), politico e orgogliosamente portoghese, che è autentico e potente.

PAC-MAN IN INFRADITO

www.guccimuseo.com

www.havaianas-store.com

L’estate è alle porte, ma i Pac-Man sono già beati su una spiaggia tropicale in compagnia delle infradito globali che più brasiliane non si può. E il gioco non è mai over, con due modelli ispirati al game di culto anni ’80, uno decorato con una vera e propria schermata video, completa del leggendario labirinto, l’altro con i celebri personaggini divora puntini. A queste Havaianas manca solo la parola, anzi la musichetta ad accompagnare il nuovo record dei record, di sole, mare e divertimento.

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LOS ANGELES CINEMA

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JESSE EISENBERG TESTO ROBERTA VALENT RITRATTO LIZ O. BAYLEN/LOS ANGELES TIMES/CONTOUR

Jesse Eisenberg, 29 anni, attore, scrittore, intellettuale, particolarmente sensibile ai problemi delle nuove generazioni alienate dai social network e dall’isolamento digitale. “È facile di questi tempi ‘to seat out’, sedersi sul divano di casa e dimenticare cosa vuol dire essere parte integrante della società. Molti ragazzini sono alienati dalla tecnologia: nonostante siano molto dotati e intelligenti, non vivono nella realtà. Trovo assurda questa totale mancanza di coinvolgimento nei confronti di problemi reali nel mondo reale. Vivere solo in modo virtuale ha rotto”. Lo incontriamo insieme alle sue insicurezze, dubbi, moralità e nei ipocondriaci in quel di New Orleans, per Now you see me – I maghi del crimine, in cui è master of illusion, uno de I Quattro Cavalieri che nel corso delle loro performance mettono a segno colpi straordinari, con Woody Harrelson, Isla Fisher, Mark Ruffalo, Dave Franco, Michael Caine e Mélanie Laurent. Il film lo vedremo in Italia l’11 luglio.

QUANDO HAI INIZIATO A RECITARE E PERCHÉ? Sono cresciuto in una famiglia appassionata di teatro, il cinema lo frequentavamo poco. Mia madre insegnava coreografia in un liceo, quindi ci portava sempre a tutte le recite teatrali del vicinato. Quando avevo sette anni, per seguire mia sorella Kerri che aveva ottenuto una parte, ho deciso di iniziare a recitare. Odiavo andare a scuola, ho passato momenti difficili, non sono mai riuscito a integrarmi. A 13 anni avevo talmente tanta ansia di dover vedere i miei compagni di classe che ogni sera cercavo una scusa per non andare il giorno dopo: mi ricordo che indossavo tutti i vestiti che trovavo nel mio armadio sperando di sembrare ammalato. Recitare è sempre stato una valvola di sfogo, mi dava un senso di stabilità, un codice di comportamento che nella vita non possedevo.

COME SEI FINITO A FARE CINEMA? A 17 anni frequentavo un liceo orientato verso lo spettacolo dove mi offrirono una parte in un film, intitolato Roger Dodger. Avevamo un cast e ci ritrovavamo

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frames dal film Now you see me – I maghi del crimine

ogni lunedì al Nuyorican Poets Café per leggere insieme lo script. Pensavo che sarebbe stato facile fare il film, non avevo idea che in realtà negli ultimi 35 anni quella casa di produzione non ne aveva realizzato neanche uno. Poi un giorno il regista, Dylan Kidd, incontra per caso l’attore Campbell Scott e gli chiede se aveva un progetto pronto, perché un banchiere sarebbe stato disposto a investire in un film. Alla fine l’abbiamo girato, avuto critiche positive e da allora ho iniziato a ricevere sceneggiature. Sono stato fortunato, con il senno di poi ho capito che se quella possibilità non fosse diventata realtà, non avrei mai avuto la fiducia in me stesso per riuscire a trasformare il sogno in realtà.

HAI SCRITTO VARIE PIÈCE TEATRALI: “SCARCITY”, “ASUNCION”, “THE REVISIONIST”, INTERPRETATO CON VANESSA REDGRAVE. QUANDO HAI COMINCIATO A SCRIVERE?

etica professionale, la sua creatività. È sempre stata una donna che ha lavorato per mantenerci, sempre alla ricerca della sua emancipazione.

QUANDO HAI INTERPRETATO MARK ZUCKERBERG IN “THE SOCIAL NETWORK”, NON AVEVI UN ACCOUNT SU FACEBOOK. ADESSO? Non sono su Facebook, né su Twitter, non ho bisogno di postare niente sulle mie attività professionali o personali, preferisco fare altre cose, specialmente quando passo giornate intere a parlare di me stesso durante le varie interviste. Mi interessa invece Google Maps perché amo la geografia. Trovo inquietante e allo stesso tempo affascinante poter guardare una fotografia della casa di mia madre con un semplice click! •

Nello stesso momento in cui ho iniziato a recitare. Recitando mi sono fatto delle idee riguardo alle sceneggiature in cui lavoravo e quando hai delle opinioni su quello che interpreti devi assumerti delle responsabilità. Se devi criticare qualcosa è molto meglio se ti fai criticare. Scrivo per il teatro dal 2005 e grazie a un discreto successo sono migliorato. Più scrivi più capisci come intrattenere il pubblico, come fare il punto della situazione, come descrivere al meglio il tuo pensiero. Ho anche imparato a gestire le critiche negative, i rifiuti.

HAI MAI VOLUTO SCRIVERE UNA SCENEGGIATURA CINEMATOGRAFICA? Nonostante scriva tutti i giorni per il teatro, non ho nessuna intenzione di iniziare alcun progetto cinematografico, né tantomeno dirigere un film.

NEL NUOVO FILM INTERPRETI LA PARTE DI UN MAGO. CHE COSA TI HA INTERESSATO DI QUESTO PROGETTO? La sicurezza del personaggio, la disinvoltura nelle sue capacità, il modo in cui riesce a convincere il pubblico che i trucchi siano veri, plausibili. Personalmente non sarei un bravo mago perché quando capisco l’inganno la prima cosa che voglio fare è rivelare a tutti i segreti: un vero illusionista non lo farebbe mai! È stata una parte interessante perché ho dovuto mostrare un lato di me stesso che in genere non rivelo mai, l’arroganza. Per essere un bravo mago devi essere arrogante.

HO LETTO CHE TUA MADRE ERA UN CLOWN. Sì, una birthday party clown, si presentava ai compleanni e intratteneva i bambini, un clown con radici hippie. Mio padre è professore di sociologia, le ha sempre detto che per il bene dei bambini non avrebbe mai dovuto spaventarli con travestimenti strani, niente scarpe fuori forma, niente nasi rossi. Ho sempre ammirato mia madre per la sua

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CANNES CINEMA

CANNES IN CORTO TESTO SASHA CARNEVALI

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Quest’anno il concorso per cortometraggi del Festival di Cannes ha presentato una rosa di concorrenti davvero speciale. La giuria presieduta da Jane Campion ha assegnato la Palma d’Oro a Moon Byoung-gon con Safe, dalla Corea del Sud. Tra i nove in gara, Urban ha scelto cinque giovani “cortisti” per raccontarvi i loro film: segnatevi i nomi perché ne sentirete ancora parlare. •

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35 anni, giapponese, vive a Tokyo.. Ha studiato cinema all’università, ma si considera un autodidatta. I lungometraggi Left out e A beginning sono i suoi primi lavori. In Impotence – Meteorite (il suo primo cortometraggio) vediamo una coppia sposata che non può fare sesso; la moglie si accoppia con un ragazzino che consegna pizze, ma nemmeno questo sembra svegliare il marito. C’è un legame con il meteorite che incombe basso sulla città come se fosse un tetto di pietra rossa?

QUALI SONO LE TUE INFLUENZE ARTISTICHE? Sono stato molto influenzato da due registi: Takashi Ishi and Jun Ichikawa. I loro film stanno dalla parte delle persone sole. E penso che in questa solitudine siamo tutti uguali.

IN UN MONDO IDEALE, QUALE SAREBBE IL PERCORSO DI VITA DI UN CORTO, SECONDO TE? In un mondo ideale non avremmo bisogno di film.

COM’È NATA L’IDEA DI “IMPOTENCE – METEORITE”? Possiamo noi che abbiamo perso sicurezza e autostima (me incluso) tornare indietro? Ho cercato di fissare lo sguardo nel nostro mondo in crisi.

IL MOOD È PIÙ QUELLO DI UN’OPERA DA BIENNALE CHE QUELLO DI UN FILM NARRATIVO: È INTENZIONALE? Ho imparato dal regista di corti Isamu Hirabashi che questo tipo di film dovrebbe essere realizzato come un photo-book. Il direttore della fotografia e l’art director mi hanno aiutato a rendere lo schermo vicino alla fotografia.

QUANTO È COSTATO? È stato prodotto con un budget fornito dal Ministero dell’Economia, del Commercio e dell’Industria. UNIJAPAN organizza progetti per giovani registi di talento: dovevamo fare un corto da meno di 10 minuti per 2.000.000 JPY (15mila euro). •

35 anni, milanese, vive a Parigi, con incursioni a Berlino e Beirut. Lavora nel campo dei documentari, dei clip e della pubblicità e ha scritto una graphic novel. 37°4 S è il suo sesto corto: girato a Tristan de Cunha, isola perduta in mezzo all’Atlantico, è narrato in prima persona da un ragazzo la cui fidanzata sta per partire per andare a studiare a Londra.

HAI STUDIATO IN FRANCIA: È ANCORA NECESSARIO USCIRE DALL’ITALIA PER STUDIARE CINEMATOGRAFIA? Non conosco a sufficienza le scuole di cinema italiane per giudicare. L’altro giorno un giovane amico mi ha chiesto consiglio, e gli ho detto di andare a Cuba o in Argentina. Di sicuro in Francia ci sono delle leggi sul cinema che rendono più semplice avere delle opportunità per i giovani registi.

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HAI GIÀ FATTO DIVERSI CORTI, CHE HANNO AVUTO SEMPRE SUCCESSO: SENTI CHE QUESTO È IL TUO MEDIUM IDEALE, O LO PERCEPISCI COME UNA PALESTRA PRIMA DEL CONFRONTO CON IL LUNGOMETRAGGIO? Il cortometraggio è una forma artistica compiuta, che amo molto e non vedo come una semplice palestra. La cosa di cui sono certo è che ho bisogno di girare, per cui sviluppo in contemporanea dei corti per avere la possibilità di tornare sul set a breve, se il finanziamento dei lungometraggi di cui mi sto occupando ora prendesse troppo tempo.

IN UN MONDO IDEALE, QUALE SAREBBE IL PERCORSO DI VITA DI UN CORTO, SECONDO TE? 37°4 S è stato presentato in anteprima mondiale a Cannes, e questo mi sembra il miglior inizio possibile. In Italia ci sono molti piccoli festival: rappresentano una forma di scambio e d’incontro che la diffusione dei film in rete non potrà mai sostituire. •


26 anni, belga, vive a Bruges.. Ha studiato alla Sint-Lukas University College of Art and Design di Bruxelles. Mont Blanc, il suo terzo corto, si svolge quasi tutto al buio, in un camper. Nell’umido delle Alpi e della strada verso il Belgio, un padre senile e un figlio brusco si confrontano con un dolore antico.

I TUOI CORTI HANNO AVUTO SEMPRE SUCCESSO: SONO IL TUO MEDIUM IDEALE, O LI PERCEPISCI COME UNA PALESTRA PRIMA DEL CONFRONTO CON IL LUNGOMETRAGGIO? I corti non erano il mio sogno, ma sono un modo di mostrare al mondo cosa sai fare nel cinema. D’altra parte devono essere affrontati onorando le regole specifiche del genere. Anche se per me sono stati uno step intermedio, ho imparato ad avere grande rispetto di questo medium.

CHE COSA TI HA SPINTO A SCRIVERE “MONT BLANC”? È in parte autobiografico. Penso che ogni ragazzo abbia un periodo nella sua vita in cui ha un rapporto difficile con il padre. Che succede se odi da sempre l’uomo che è tuo padre e un giorno te lo ritrovi alla porta che ti dice che sta morendo? Non sapresti rifiutargli il suo ultimo desiderio…

PER QUESTO FILM HAI AVUTO IL TUTORING DI FELIX VAN GROENINGEN (CHE I FIAMMINGHI PARAGONANO AI FRATELLI COEN). COME È STATO PRODOTTO? Con un budget di circa 60mila euro, totalmente a carico del Flemish Film Fund. Era il premio per Iceland, la mia tesi di laurea, che tre anni fa è stato selezionato per la Cinefondation a Cannes. In pratica il film ha vinto una wildcard necessaria a finanziare un altro progetto. È un’iniziativa fantastica. •

31 anni, islandese, vive a Copenhagen dove ha studiato sceneggiatura. Aspro e toccante, Whale Valley si svolge in un remoto, plumbeo fiordo battuto dal vento dove vivono un teenager depresso, un fratello più giovane preoccupato, i loro genitori chiusi in un silenzio monolitico.

QUAL È IL TUO RAPPORTO CON LA SCUOLA DI PENSIERO DI DOGMA (IL MANIFESTO STILATO NEL 1995 DA LARS VON TIER E THOMAS VINTERBERG: SI GIRA ON LOCATION, SENZA LUCI ARTIFICIALI, IN PRESA DIRETTA, SENZA EFFETTI DI POST-PRODUZIONE ETC)? Dogma ha cambiato i giochi, il suo arrivo è stato un grande sollievo: fare film è diventato accessibile a tutti, non servivano attrezzature costose, solo una storia, buona recitazione e la creazione di quei momenti speciali.

IN UN MONDO IDEALE, QUALE SAREBBE IL PERCORSO DI VITA DI UN CORTO, SECONDO TE?

30 anni, nato a Tehran,, è già stato paragonato ad Abbas Kiarostami, Jafar Panahi e Asghar Farhadi (che sono anche i suoi autori preferiti). Ha lavorato come aiuto-regista in 10 lungometraggi e ha battuto il circuito internazionale dei corti con Barbie e Tonight is a good night for dying. More than two hours è il potente racconto di cosa succede a una ragazza non ancora sposata che perde la verginità nell’Iran odierno.

COME MAI VIVI IN ITALIA? Volevo uscire dall’Iran per fare esperienza cinematografica fuori e tornare dopo due o tre anni nel mio Paese. Nel cinema italiano avevo trovato alcune similarità a livello di senso, forma, struttura, contenuti e filosofia. Infatti i registi iraniani famosi sono tutti influenzati dal cinema italiano, soprattutto dal neorealismo.

L’IRAN VANTA GRANDI MAESTRI DELLA CINEMATOGRAFIA, MA NON FANNO VITA FACILE IN PATRIA. TU HAI ANCHE LAVORATO CON ALCUNI DI LORO. COME SEI PERCEPITO A CASA? Fare film è difficile in tutto il mondo, soprattutto quelli indipendenti. Ci sono Paesi che hanno problemi economici, noi abbiamo problemi religiosi e ideologici prodotti dalla società e dal governo. Dobbiamo superare questi limiti ma questo non significa che abbiamo molta difficoltà: quello che un artista deve fare è trovare la strada giusta per dire quello che vuole senza offendere nessuno. Non è stato obbligato a fare quello che fa, quindi deve avere pazienza e continuare.

In un mondo ideale i ragazzini a scuola potrebbero produrre dei piccoli film invece che dei saggi. Io sarei stato uno studente molto più felice se avessi potuto farlo… ero terribile in ortografia!

PARLANDO DI RAGAZZINI: C’È UNA SCENA MOLTO DURA E SPAVENTOSA IN “WHALE VALLEY”, COME HAI AIUTATO IL TUO ATTORE COSÌ GIOVANE AD AFFRONTARLA? È un bambino molto concentrato e professionale, ho guadagnato la sua fiducia mostrandogli il mio rispetto. La madre era presente e il suo appoggio è stato fondamentale. Ma è stato difficile per lui, anche se non ha voluto farlo vedere.

QUANTO È COSTATO, IL FILM? Il budget di ripresa era veramente minimo, praticamente tutta l’equipe ha lavorato gratis; poi abbiamo trovato fondi per finire il film in post-produzione, che è sempre la parte più difficile. •

COS’È UN CORTO, PER TE? È come un candelotto di dinamite con un filo molto corto. Quando viene acceso ha poco tempo per esplodere e quando fai un cortometraggio non hai molto tempo per far esplodere gli spettatori. •

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AMSTERDAM DESIGN

Un designer atipico. Concettuale ed empirico al tempo stesso, indaga il rapporto tra oggetti virtuali e reali. Jon Stam si occupa del nostro futuro pi첫 che prossimo 28 | URBAN

LA FORMA DELLA MEMORIA TESTO SUSANNA LEGRENZI FOTO TATIANA UZLOVA


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Incoronato W Hotels Designers of the Future 2013 nell’ultima edizione di Miami Basel Design, canadese, casa-studio ad Amsterdam, Jon Stam non disegna sedie, né lampade. Non fa design art in edizioni limitate (ovvero, sedie e lampade per pochi) ma pezzi unici che uniscono frammenti digitali, vecchie tecnologie, oggetti lavorati con l’abilità di un falegname. La sua magnifica ossessione è la memoria. La sfida è darle forma. La cifra è molto concettuale. Eppure parla dritto al cuore perché fa leva su un sentimento forte, quello che ci lega al passato e alla paura di perderne le tracce in un mondo ormai smaterializzato. Jon rimescola le carte. Non nasconde verità. Ma sa anche strappare un sorriso, trasformandoci in flaneur contemporanei, ansiosi di scoprire, infilando le mani in un cassetto, chi siamo e da dove veniamo.

CURIOSITY CABINET È UNO DEI TUOI PRIMI PROGETTI, MA ANCHE QUELLO CHE PIÙ AMIAMO. CE NE PARLI? È il punto di partenza di molte cose. Ero un po’ frustrato in quel periodo, non riuscivo a riorganizzare e mettere in mostra i miei progetti digitali. Il video di un oggetto che costruisco per me ha lo stesso valore dell’oggetto stesso. L’intenzione era accostare queste due realtà per creare una sorta di armonia tra ricerche digitali e oggetti fisici. Ho studiato vari sistemi di archiviazione contemporanei e anche del passato, fino ai Cabinet delle curiosità del XVI e XVII secolo. Il collegamento era dato dal fatto che i Cabinet del passato cercavano di unire due mondi (le cose dell’uomo e le cose della natura) in un insieme armonico. Con Curiosity cabinet ho preso questa indicazione alla lettera, creando un Cabinet con cassetti per oggetti e cassetti per contenuti digitali.

IL TUO CASSETTO PREFERITO? La mia scatola digitale preferita è un clip di Viva le Donne! di Busby Berkeley. Nel cassetto corrispondente c’è una maquette che ho fatto per una mostra intitolata Projections on the pool, che analizzava la storia del cinema ambientato nelle piscine. La maquette aveva minuscole nuotatrici di carta nella vasca.

COME PRENDONO AVVIO LE TUE RICERCHE? Il lavoro, di solito, è fatto di una parte di ricerca tradizionale (leggere, cercare immagini, discutere, riflettere, formulare conclusioni) e di una parte d’intuizione. Quando le immagini che ho in testa coincidono con i contenuti sono soddisfatto.

QUALI ASPETTI PREVALGONO NEI PROGETTI: ESTETICA, PERFORMANCE, STORYTELLING… Il contenuto è fondamentale ma credo che l’estetica e il modo di interagire sia essenziale per incuriosire le persone. La mia visione è molto semplice. Niente colori sgargianti, niente decorazioni inutili, piuttosto forme semplici, comuni, discrete ma con dettagli sufficienti da far capire che c’è di più da scoprire.

CHE RAPPORTO C’È TRA DESIGN INDUSTRIALE E RICERCA? Il design industriale vero e proprio spesso si basa su una ricerca quantitativa, io tendo a preferire un approccio qualitativo. Per me ricerca significa indagare su qualcosa che ancora non conosciamo e grazie a questa indagine tentare di formulare un’opinione.

LA RETE E LA TECNOLOGIA HANNO UN’INFLUENZA SIGNIFICATIVA IN MOLTI DEI TUOI PROGETTI. QUAL È LO SCOPO? E I RISULTATI? Il mio lavoro parte dall’osservazione che le registrazioni digitali delle nostre esperienze stanno aumentando esponenzialmente ma questa ricchezza non ha ancora una sorta di contenitore. Con Cabinet, An imaginary museum e Bioscope mi sono concentrato su oggetti che racchiudono contenuti autobiografici e al contempo indagano questioni aperte come la diminuzione della tattilità o la natura effimera del digitale.

IN AN IMAGINARY MUSEUM TUTTO HA INIZIO CON UN SALTO NEL PASSATO, DA UN VECCHIO VIEW-MASTER. DA CHE COSA NASCE LA SCELTA? Oggi siamo sempre più orientati verso congegni che hanno moltissime funzioni, mentre view-master (il visore stereoscopico, n.d.r.) era concepito per un utilizzo individuale. La visione solitaria e la semplicità d’uso lo rendono un mezzo interessante per archiviare e presentare collezioni. Non ho dovuto spiegare a nessuno come funzionava. Tutti sapevano che cosa fare.

CHE GENERE DI “TESTIMONIANZE” SONO STATE ARCHIVIATE NEI DISCHETTI? Ogni dischetto aveva una sequenza di contenuti curata da un singolo designer o artista. Guardare il dischetto è come vedere la barra dei preferiti di un’altra persona. Il mio disco personale era una collezione di film dal National Film Board of Canada: mostra il Paese dove sono nato in una maniera romanzata.

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QUALE RUOLO HA LA MEMORIA NELLA DEFINIZIONE DEL FUTURO? Penso che la memoria riguardi fortemente il futuro. Memoria è generare storie, non fatti. Quando riattiviamo i ricordi stiamo di fatto realizzando delle costruzioni dal presente. La memoria è un tema enorme nel mio lavoro.

È NATO COSÌ ANCHE CLOUD GLASS, IL NUOVO PROGETTO PRESENTATO A BASILEA? Cloud glass è una finestra sul paesaggio. Il nome è un omaggio al vedutista Claude Lorrain. L’ispirazione viene dagli specchietti neri da tasca usati da artisti e turisti nel XVIII secolo come strumento per guardare il mondo in cerca del “sublime”. Il paesaggio cui fa riferimento Cloud glass è quello di Verbier, località sciistica svizzera, frequentata dai turisti per pochi mesi l’anno. Io l’ho filmata per 365 giorni. Facendo ruotare lo specchio in senso orario si può viaggiare nella notte verso il giorno successivo, se lo si programma nella direzione opposta si può andare indietro nel tempo e cogliere la Verbier che pochi conoscono.

LA RELAZIONE ANALOGICO/DIGITALE È UN’OSSESSIONE DELLA NOSTRA GENERAZIONE? COME SI COMPLETANO? Non ci dovrebbe essere nessuna differenza. Ormai siamo in una generazione post-digitale, il boom è alle spalle e il digitale è solo una risorsa che possiamo includere o meno.

CHE RAPPORTO C’È TRA DESIGN INDUSTRIALE E RICERCA? Il design industriale vero e proprio spesso si basa su una ricerca quantitativa, io tendo a preferire un approccio qualitativo. Per me ricerca significa indagare su qualcosa che ancora non conosciamo e tentare di formulare un’opinione.

DA MOLTO TEMPO COLLABORI CON LA PRESTIGIOSA GALLERIA DI CAROLINE VAN HOEK, TRA GLI HABITUÉ DI MIAMI BASEL DESIGN. COME È INIZIATA LA COLLABORAZIONE? Caroline mi ha contattato tempo fa, aveva visto un mio pezzo da Sotheby’s London. Quando sono arrivato mi ha mostrato i gioielli di Lisa Walker, dicendomi che le sarebbe piaciuto esporli a Miami Basel Design in uno dei miei Cabinet. Ovviamente ero molto felice, mi sembrava fantastico che fosse capitato tutto quasi per caso, con la stessa disinvoltura con cui inviti qualcuno a prendere un caffè. Che poi è lo stile di Caroline. Mi piace il fatto che il suo gusto e la sua selezione non seguano le mode, non si basino solo su quello che è vendibile.

CREDI CHE CI SIA UN FUTURO PER LE EDIZIONI LIMITATE? Mi è capitato di lavorarci ma mi interessa di più fare pezzi su richiesta, nati a partire da una raccolta di informazioni spesso bizzarre. Che i miei pezzi diventino qualcosa di personale è più importante dell’idea che siano esclusivi.

UN MUST HAVE? Una vasca da bagno galleggiante.

UN TRUCCO PER “STACCARE”? Faccio l’aeroplano umano con mia figlia di sei mesi. •

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MILANO & CO. MUSICA DI PAOLO MADEDDU

ANIMALI DA PALCO DIE ANTWOORD 23 GIUGNO MILANO – CIRCOLO MAGNOLIA 25 GIUGNO ROMA – VILLA ADA Ogni generazione ha bisogno dei suoi Prodigy. Ninja (lui) e Yolandi Vi$$er (lei), sudafricani, sono i fiori del male di questo momento. Non sono i soli, ma sono i più sgargianti, tutto sommato coerentemente con la tradizione di sfogo, in tutte le forme, che hanno rappresentato i rave. E che forse mai come ora si pongono come antitesi della modalità imperante: chi è lo scemo cui può venire in mente di twittare, quando si è solennemente chiamati a rimbalzare da un muro all’altro? Con Ninja e Yo-landi, e il loro fido DJ Hi-Tek, la fisicità sale al proscenio, anche se – o soprattutto se – non parrebbe particolarmente accattivante: definirli

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“fighi” sarebbe un azzardo e non sono così fotogenici, il che diventa una specie di rafforzativo. Al sound techno e all’attitudine art-punk, la coppia (con figli) aggiunge poi gli eccessi e le ostentazioni, specialmente sessuali, del rap. Il risultato finale lo chiamano “zef ” e lo indicano come musica della classe lavoratrice. Nel presentare l’ultimo album Ten$ion, il prode Ninja ha affermato: “We make pop music. We don’t make intellectual music. Our shit is hostile: takeover shit. What the fuck you going to do about it? Nothing!”. Che cosa si può dire di più? Niente. Oh, sì, una cosa. Il biglietto costa piuttosto poco. •


MILES KANE DON’T FORGET WHO YOU ARE

DAFT PUNK RANDOM ACCESS MEMORIES Sony

WHO: Thomas Bangalter e Guy-Manuel de HomemChristo, mascheroni francesi 39enni in giro da 20 anni. Di botto hanno fatto versare litri di bava agli addetti ai lavoretti. E non tanto facendo sentire quest’album di disco-music anni ’70. No. Annunciandolo.

WHERE: Nel mondo dei mediapeople sgamati, postdebordiani, disincantati, consapevoli, duepuntozero. Che però hanno abboccato alla baracconata dei fake “fatti trapelare” da marzo (!). Del making of, narrato dalle guest star. Dei citazionismi a secchiate. Della valigetta di James Bond con dentro le segretissime canzoni. Prima ancora che una cometa apparisse sulla casa discografica e i Re Magi Nile Rodgers, Giorgio Moroder e Pharrell Williams arrivassero coi loro doni, RAM era atteso come la salvezza per tutte le orecchie del mondo, la redenzione d’ogni musica passata e futura. WHY: È un disco piacevole e piacione. Mica diciamo di no. Anzi, siamo qui a consigliarlo – c’è in giro così poco. Però davvero, c’è bisogno di una ripigliata generale. Ché è un buon dischetto, sì. Ma è retromania allo stato puro.

WHAT: “Ormai tutti possono fare cose magiche. Quindi non c’è più magia”.

WHEN: Love takes over.

BOARDS OF CANADA TOMORROW’S HARVEST Warp

WHO: Marcus e Mike Sandison, poco sopra i 40 anni. Elusivo duo di fratelli scozzesi. Per anni hanno negato di essere fratelli. I dui (si dice “dui”, dai) cercano sempre di fare i misteriosi, vero? Le t.A.T.u., i White Stripes, I Daft Punk, gli 883.

WHERE: In una camera (molto) oscura piena di mormorii elettronici, melodie distorte, impennate verso il nulla, momenti di serenità inquietante alternati ad accessi di ritmica paranoide. In effetti, detto così non è che venga una gran voglia di ascoltarli. Ma d’altro canto, sono elusivi.

WHY: Se in questo momento della vostra vita non avete ben chiaro che pesci state pigliando, non è che i Boards of Canada possano chiarirvelo. Però possono farvi dire “Ecco, è così che mi sento”.

WHAT: “Il nome del nostro gruppo proviene dalla colonna sonora di uno dei documentari sulla natura che hanno avuto una grande influenza sulla nostra infanzia. È il nostro lato nostalgico. Ma c’è anche un lato, più duro, più oscuro. La nostra musica nasce da una strana unione dell’aria dell’infanzia e sentimenti più complicati, espressione di una realtà più feroce che si fonde in modo paradossale coi nostri sogni di bambini”.

Columbia

4AD

WHO: 27 anni, di Liverpool. È stato il 50% dei Last Shadow Puppets, quell’elusivo duo, insieme ad Alexis Turner degli Arctic Monkeys. Fisicamente e musicalmente potrebbe essere il 33% dei fratelli Gallagher. È al secondo disco.

WHO: Dall’Ohio, Scott e Bryan Devendorf. Più i gemelli Aaron e Bryce Dessner. Potevano chiamarsi The Fratellis, e fare canzoni saltellone, ma hanno preso Matt Berninger, che ancorché Matt, è depresso, e ha una vociona da depresso. Così, si sono dati un nome depresso. E fanno un rock depresso.

WHERE: In Inghilterra, negli anni ’90. Ne siamo mai usciti? Gente, non usciamo mai da NIENTE.

WHY: Sentite questa, perché è impagabile: questo tipo fa britpop. Vi rendete conto? Siamo al limite del caso umano. Lasciate perdere che fa brit-pop in modo ineccepibile – non ha senso, vero? Insomma, è socialmente accettabile fare i revival degli anni ’70 e degli anni ’80 e – con molta cautela – di certe fasi degli anni ’60, giusto? Il revival degli anni ’90 non è ancora stato autorizzato. Ci stiamo lavorando. WHAT: “Sono un mod e mi piace tutta quella scena, dagli Who a Paul Weller, lui mi piace per la musica, per i vestiti, vorrei essere lui. Ma probabilmente la mia più grande ispirazione è Al Pacino. In qualunque personaggio. In qualunque vestito”.

WHEN: The moon hits your eye like a big pizza pie.

WHEN: The tigers broke free.

UNA SU 12 VAMPIRE WEEKEND “UNBELIEVERS” DA “MODERN VAMPIRES OF THE CITY” XL

THE NATIONAL TROUBLE WILL FIND ME

No! No! Nooo! NOOOO! Sono diventati anche loro zenzìbbili! ! Ci è preso il malinconico struggimento urbano! Fanno le canzoni carucce e sconsolate, con dentro i dubbi e le nostalgie! Cantano con le voci carezzevoli! Sono diventati, oddio, sì, sono diventati gli stramaledetti Kings of Convenience, con tutti i lallallà – però con le citazioni, così i laureati sono contenti! Con i nomi dei posti dell’America, messi lì come cartoline, anzi no, peggio: postati come le schifose, miserabili fotine sbiadite di Instagram, in attesa del MiPiace di chi ci è stato anche lui – oh, no, no, NO! Li avete uccisi! Dannati hipster! Dannate barbe! Dannati occhialoni! Non vi perdoneremo

WHERE: Sotto l’albero (morto) dei Joy Division, ma a destra degli Editors, che sono più lamentosi, quindi devono essere a sinistra. Forse sono anche a destra degli Interpol: vendono un po’ meglio e dappertutto. O forse sono per una malinconia trasversale. Una mestizia di larghe intese. WHY: Un po’ più muscolari rispetto al solito. Ma in generale, si sono talmente specializzati in quello che fanno che hanno tolto ogni piega, ogni velleità fastidiosa. Questi pezzi aspettano solo il momento per rendersi utili. E svolgere con ammirevole discrezione la funzione di quel cuscino in cui affondavate la faccia da giovani mormorando: “Oh, lasciatemi stare tutti, ecco”. Come? Sì che lo facevate. WHAT: “Siamo assieme da quasi 20 anni. Forse stare tanto in una band fa male. Stavamo per scioglierci. Abbiamo ricordato una frase di Michael Stipe: ricordatevi che all’inizio eravate amici”. WHEN: The truth is found to be lies, and all the joy within you dies.

MAI! E la cosa peggiore è quando fanno finta di essere ancora loro, quando si costringono a fare gli sbarazzini, con pezzi come Diane Young, “Babe babe babe!”, troppo scema per essere vera. Ci dispiace, veramente. E sappiamo che leggerete belle recensioni, scritte in falsetto. Se volete, credete a loro. Altrimenti, prendete Unbelievers, questo pezzo grazioso (grazioso! Capite? Grazioso!), infilatelo in qualche playlist, e passate oltre. E come noi, ricordate i Vampire Weekend per come si erano avvicinati davvero al suono del mondo di oggi. Li vendicheremo. Giorno verrà. Governo bastardo. •

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NEW YORK POESIA

UN POETA A NEW YORK TESTO SASHA CARNEVALI

Bulgaro di nascita, newyorchese di fatto, arrogante quanto basta. Vede la sua vita come un’unica opera d’arte. Alex Dimitrov: identikit del poeta contemporaneo

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COM’È LA TUA GIORNATA-TIPO? Lavoro per un’associazione poetica non-profit, insegno scrittura creativa alla Rutgers University e scrivo poesie.

QUALI ERANO I TUOI INTERESSI DURANTE L’ADOLESCENZA? Me stesso e tutti i grandi scrittori.

E ORA SONO DIVERSI? Io sono sempre diverso.

IL FEELING GENERALE SEMBRA ESSERE CHE LA POESIA STIA DIVENTANDO SEMPRE PIÙ UNA NICCHIA INTELLETTUALE. DA INSIDER, COME TI SEMBRA CHE IL PUBBLICO LA PERCEPISCA AL GIORNO D’OGGI? Non credo che sia così. Penso che la gente ami la poesia. È per tutti, lo è sempre stata, perché riguarda l’esperienza umana.

I POETI HANNO SEMPRE AVUTO UN ALLURE SEXY: COME REAGISCONO UOMINI E DONNE QUANDO GLI DICI COSA FAI DI MESTIERE? Oh, non lo so. Non faccio sesso. Penso che sia noioso. I miei soggetti sono amore e desiderio, lo sono da quando ho cominciato a scrivere e lo sono stati per altri autori per secoli. Per me, e chi leggerà Begging for it lo capirà, il sesso non è molto interessante. Quello che trovo interessante sono i momenti prima e dopo il sesso.

BLOG, TUMBLR E LA POSSIBILITÀ DI AUTOPUBBLICARSI STANNO RENDENDO PIÙ FACILE LA VITA DI CHI SCRIVE. QUAL È LA TUA ESPERIENZA? Credo che internet sia l’avverarsi della profezia di Andy Warhol: in futuro tutti saranno famosi per 15 minuti.

HAI DICHIARATO CHE VIVI AL SERVIZIO DELL’ARTE: PUOI SPIEGARTI MEGLIO? Io sono un’opera d’arte. Mi interessa vivere in quanto oggetto artistico ed è in questo senso che penso la mia vita. Perché l’arte non inizia o finisce sulla pagina, con la singola poesia: ciò che scrivo; il mio impegno con il salotto letterario queer che ho fondato, Wilde Boys; i social media; cosa leggo, dove vivo, come mi vesto – è tutto integrato nel mio progetto di essere al servizio dell’arte.

SARÀ FACILE FARLO A NEW YORK; CI RIUSCIRESTI ALTROVE? Di Alex Dimitrov il Premio Pulitzer Michael Cunningham ha detto: “È una rarissima creatura, un vero poeta. (La sua raccolta) Begging for it porge l’evidenza che non solo la poesia è sopravvissuta al XXI secolo, ma che è mutata, come deve fare la poesia. E la sua è una poesia che potrebbe essere stata scritta solo oggi”. Nato a Sofia, in Bulgaria, e arrivato negli Stati Uniti con la famiglia quando era bambino, Alex manifesta una profonda fascinazione per il mood e il folklore americano: “Non so se dipenda dal fatto che sono un immigrato, ma sono sempre stato alla ricerca di un’America che ho sempre voluto e non ho mai visto. Mi sento allo stesso modo riguardo l’essere gay. E l’essere una persona. Suppongo che la maggior parte delle cose nella vita siano una delusione, per questo devi trasformarle in qualcosa d’altro. Da qui l’impulso a ‘fare’. Per aggiustare una falla”. Capelli color inchiostro, corporatura minuta, incline alla reazione nervosa, ama i cimiteri e citare Susan Sontag e Andy Warhol (“I had a dream I had sex with Andy Warhol/ who never liked sex just like me./ But in this dream we both liked having sex/ because we didn’t really have sex really”, incipit della poesia All The Boys I Want To Date Are Dead). Ascolta Lana Del Rey perché nelle sue canzoni infila riferimenti ad Allen Ginsberg, Walt Whitman, Vladimir Nabokov e Sylvia Plath. E la cantante americana ha fatto da colonna sonora proprio alla scrittura di Begging for it, il suo primo libro stampato su carta da Four Way Books, uscito lo scorso marzo.

Qualcuno vuole pagarmi per scrivere poesie? Mi piacerebbe. Scriverei poesie bellissime in Italia.

QUELLE CONTENUTE IN “BEGGING FOR IT” SPESSO SEMBRANO DEI RACCONTI, IL LORO CONTENUTO È PIUTTOSTO CHIARO. I PROTAGONISTI SONO BRETT DE “IL SOLE SORGERÀ ANCORA” DI HEMINGWAY O DAISY DE “IL GRANDE GATSBY” CHE SI AUTORITRAGGONO NEI TUOI VERSI. ALTROVE, VENGONO INVOCATI RIMBAUD, PROUST, JAMES FRANCO. SEMBRA UN’ISPIRAZIONE DI TIPO ONIRICO… Mi interessa il progetto di vivere come più di una sola persona. Lo posso fare nelle mie poesie, lo posso fare online, camminando per strada o restando da solo, in mutande, nella mia stanza. Penso che ogni cosa che fai nella vita dovrebbe avere importanza, proprio come ogni parte di una poesia ha importanza. Le mie poesie sono sull’amore e penso che tutti lo abbiano a cuore. Io voglio parlare a quante più persone possibile: voglio che chiunque legga le mie poesie senta qualcosa.

I TUOI TITOLI SEMBRANO GIÀ RACCONTARE UNA STORIA. COMINCI DA QUELLI O DAI VERSI? A volte comincio dal titolo e non c’è una poesia. Ma sai, un titolo può essere già in se stesso una poesia. A volte una poesia non ha bisogno di un titolo: non c’è una regola. Niente da spiegare, non ho idea di come succeda. Come faceva Warhol a finire un dipinto?

DICCI DI TE. QUAL È LA TUA STORIA?

SEI A TUO AGIO QUANDO LEGGI LE TUE OPERE PER IL PUBBLICO? CREDI CHE DOVREBBERO ESSERE RECITATE A VOCE ALTA O LETTE NELL’INTIMITÀ?

Sono un poeta. Vivo a New York. Scrivo d’amore.

Voglio che la gente vada a letto con le mie poesie. Voglio essere a letto con loro. •

STRADE, PONTI, CASE: LA CITTÀ APPARE SPESSO, E IN MODO DETTAGLIATO, NELLE TUE POESIE. TU DOVE VIVI, ESATTAMENTE? Nel Lower East Side. Penso che il mio quartiere abbia molta anima.

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NEW YORK & CO. CREATIVE LAB

Città come stratificazione di luoghi reali e virtuali. Spazi che reinventano la propria destinazione e il destino di chi li abita. Dinamiche urbane bottom/up. Joseph Grima ci racconta idee, fermenti e fenomeni per la metropoli di domani

TESTO SUSANNA LEGRENZI

Quattro giorni, a New York, negli spazi del New Museum, per Ideas City Festival: creative thinker, antenne puntate sul futuro, speech, performance, nuove piattaforme come StorefrontStarter, crocevia digitale per progetti che mirano a trasformare radicalmente l’ambiente costruito o Pitch the City, il contest promosso da Architizer Municipal Art Society di New York, cinque team di architetti per quello che potrebbe essere il prossimo High Line. Il focus è la città che verrà: progettazione dal basso e cultura di rete. In sintesi una rivoluzione antropologica, accelerata, condivisa, silenziosa. Ne parliamo, davanti a uno spritz, con Joseph Grima, direttore di Domus, critico, ricercatore, curatore di architettura e design, che al New Museum ha moderato uno dei panel e riallestito – dopo la Biennale di Istanbul – Adhocracy, indagine sulle ultime frontiere del progetto. Dal collettivo francese UX a Bitcoin, la moneta virtuale cifrata e criptata: nata come territorio di hacker libertari, ad aprile Bitcoin, protagonista di una grande bolla speculativa, ha registrato un controvalore pari a 1,4 miliardi di dollari statunitensi. All’incirca, 280mila spritz. Per che cosa viene utilizzata? Per acquisti di beni e servizi via web. Con Bitcoin, che può essere convertita in moneta in apposti siti di cambio, si possono comprare semi di peperoncino piccante Habanero Orange (www.ziomik.net/market/) ma anche prodotti di contrabbando su siti pirati come Silk Road.

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“IDEAS CITY” 2013: TEMA, IL CAPITALE INUTILIZZATO. La dimensione latente della città è un argomento molto interessante. A Milano sono i famosi 25mila appartamenti sfitti: un esempio molto forte, in un momento di grande bisogno di spazi domestici. Capitale inutilizzato significa guardare la città come bacino di risorse con grandi potenzialità. La sfida è capire come le reti di informazione possano rimetterle in moto, rendendo la città più efficiente, dinamica.

È IL CASO DI… Penso a App come Uber, la piccola start up di San Francisco che ha messo a disposizione a prezzi morigerati un servizio limousine, partendo dal dato che gli autisti di vetture extralusso dedicano solo il 20 per cento del tempo a trasportare passeggeri e il resto lo trascorrono fermi ad aspettare.

CHE COSA DOBBIAMO ASPETTARCI? In un passato recente, l’innovazione era concentrata ai vertici di organizzazioni governative o in centri di ricerca, come il MIT di Boston, fucine di tecnologie nate per applicazioni militari e ricerca spaziale, come il Teflon sviluppato per la Nasa poi finito nelle padelle. Quello che sta accadendo ora è che ognuno di noi è più partecipe all’innovazione: la cultura dei network è qualcosa in cui tutti sono coinvolti, è qualcosa che sta cambiando ogni ambito della vita, in tempi brevissimi, dal design alle città.


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UN ESEMPIO? I kit per l’autocostruzione di semafori potenziati dalla luce del sole: possono sembrare una cosa banale, poco sexy, in realtà hanno un forte potere trasformativo nella vita delle persone.

PADRI NOBILI? In economia si parla molto di Bitcoin: la valuta elettronica creata nel 2009 da un anonimo conosciuto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, una moneta che non è sovrana, non è appoggiata da nessuna banca centrale. È quasi un movimento culturale difficile da riassumere in una snapshot. Storicamente, i padri nobili sono pensatori forti del secondo dopoguerra, come Giancarlo De Carlo o Yona Friedman. Le loro idee sono implicite persino in qualcosa come Bitcoin, dove aleggia il fantasma di un’idea di una città senza confini, disconnessa dallo stato sovrano.

ALCUNE PRATICHE BOTTOM-UP SEMBRANO FIGLIE DEL SITUAZIONISMO: PENSO A UX, IL COLLETTIVO FRANCESE. CE NE PARLI?

“ADHOCRACY” PARLA DI TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE. È AZZARDATO PENSARE CHE IL MOTORE NON SIANO (SOLO) I PROCESSI MA UN VERBO: CONDIVIDERE? È sicuramente una chiave di lettura molto interessante. La rivoluzione tecnologica ha prodotto anche una nuova etica: l’idea di grandi comunità che non rispettano suddivisioni classiche di stato, nazione, sovranità, età, disciplina ma sono estremamente fluide e mutevoli. È il caso di Maker Faire Africa, la piattaforma open source fondata da Emeka Okafor, la dimostrazione più chiara della democratizzazione dell’informazione. In segmenti sociali che hanno bisogno di strumenti di emergenza, l’accesso a nuovi tool non è più un lusso ma qualcosa che può essere ormai dato per scontato. I risultati non si sono fatti attendere. Per noi avere uno smartphone in tasca è una questione di abitudine, quando sei in una situazione di emergenza il tuo atteggiamento verso questi oggetti è di incredibile inventiva.

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UX unisce la strategia della sovversione, la cultura punk anni Ottanta, all’idea etica di contribuire alla vita urbana, tramite reti di persone. Oggi siamo tutti responsabilizzati a plasmare la città come vogliamo. Parigi – come molte città europee – ha un capitale latente molto preciso, fatto di architetture, spazi museali e storici, in primis le catacombe. Già una decina di anni fa, UX ha iniziato a infiltrarsi negli uffici catastali per appropriarsi di mappe sotterranee di ogni tipo, mappe della rete dati, elettrica, acquifera... Dicono di avere accesso a qualsiasi ufficio pubblico, sono veri artigiani dell’infiltrazione. La loro opera più interessante è il restauro dell’orologio del Pantheon. Il dato importante è la natura di questi approcci che deviano da ciò che è stato predeterminato dallo Stato, agendo talvolta in margine alla legalità. Nel caso di UX abbiamo assistito a una vera collisione frontale con l’apparato burocratico. L’epilogo? Quando hanno presentato la chiave del meccanismo al direttore del Pantheon, li ha fatti arrestare.

CHE COSA RENDE “TOLLERABILE” IL CONFLITTO? La potenza della cultura di Network. Come in Restaurant day, un progetto in corso a Helsinki. Tre anni fa, un ragazzo ha cercato di aprire un food kiosk ma tale era la mole di noie burocratiche, che alla fine ha lasciato perdere, inventandosi un’altra cosa. Ha aperto una pagina Facebook, invitando tutti ad aprire un ristorante temporaneo a casa propria. Io che sono un immigrante argentino faccio le empanadas, tu che sei di Helsinki fai l’alce


Lo stesso vale per Bitcoin che rivela la debolezza nei limiti dell’anarchia. In passato, pochi esempi di sistemi anarchici hanno funzionato in maniera plausibile. Ma è anche vero che, fino a poco tempo fa, l’umanità non si è mai trovata in una situazione di interconnessione. In sintesi, l’anarchia fa parte del dna della contemporaneità. fritta e ognuno vende quel che vuole. Un successo: oggi la manifestazione conta su 2.500 diversi punti di adesioni, 10mila user, un’App. Certo, il tutto è completamente illegale, non puoi vendere empanadas dalla finestra di casa, eppure è tollerato. Il punto nevralgico è la trattativa sociale: lo stato di eccezione o di eccezionalità che rende praticabile un progetto impensabile su scala individuale.

QUALE FUTURO? Di certo non è quello dei Jetsons o di certe rappresentazioni che la fantascienza ha prodotto sul futuro con attori come macchine volanti… Le vere trasformazioni avvengono in maniera trasversale e inaspettata. In fondo, ha cambiato più il mondo uno smartphone che un grattacielo. •

SUPER AFFASCINANTE MA ANCHE SUPER PERICOLOSO, NON CREDI? Indubbiamente: è il caso dello studente texano Cody Wilson, fondatore della discussa organizzazione non-profit Defense Distributed, ora in possesso della licenza federale che gli permetterà di fabbricare e vendere armi da fuoco con i tipici processi della stampa tridimensionale. La logica di processo è la stessa: ma il campo di Cody Wilson è molto più anarchico, abbraccia una dimensione che evade dal potere di controllo di uno Stato.

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MILANO & CO. LIBRI

Pubblicato in accordo con PNLA/Piergiorgio Nicolaz zini

Literary Agency

DI MARTA TOPIS

FINE IMPERO GIUSEPPE GENNA Minimum Fax, 2013 240 pp., 15 euro

Giuseppe Genna, Fine impero, minimum fax, 2013.

Un’apertura spettrale sul funerale di una neonata di 8 mesi, a cui segue un ancor più spettrale viaggio a ritroso dal cimitero di Chiaravalle alla sala parto della clinica milanese Mangiagalli. Un padre, quarantenne quanto l’autore, che dopo questo evento perde tutto, moglie inclusa, vaga apatico tra le sfilate (geniale la loro dissacrante descrizione) come giornalista embedded di una nota rivista glam per poi finire inghiottito in un sordido giro di festini del mondo della televisione, buttato in pasto alle belve come in un’arena di gladiatori, tra modelle kazake, palestrati e altra “selvaggina umana” che vivacchia alla corte dello zio Bubba, in “una fitta nebula di ipocrisie isteriche”. Genna torna caustico, cattivo, ma anche un po’ snob, su una Milano contemporanea che non è più da bere ma da dimenticare. E regala una grande lezione di scrittura, con vocaboli e aggettivi talmente ricercati e inusuali, che costringeranno molti a prendere in mano il dizionario.

VITE PERICOLOSE DI BRAVI RAGAZZI CHRIS FUHRMAN

NW ZADIE SMITH

Isbn, 2013 288 pp., 16 euro

Mondadori, 2013 324 pp., 18 euro

Un emozionante romanzo di formazione che con molta probabilità a noi giunge in una versione non definitiva: il suo giovane autore americano è morto a soli 31 anni, non maledettamente ma perdendo la battaglia contro il cancro, mentre lo stava portando a termine. La trama – che è già stata trasformata in film – è ambientata negli anni ’70, in una rigida scuola cattolica di Savannah dove Tim e Francis trascinano gli amici in bravate tipiche della loro giovane e invincibile età. Irriverenti e senza paura, spesso con famiglie difficili alle spalle, hanno persino creato un fumetto osceno, Sodoma e Gomorra ’74, i cui protagonisti sono suore e preti loro insegnanti. Vengono scoperti, e si deve correre ai ripari. La tragedia è dietro l’angolo. Se solo Fuhrman avesse scritto ancora!

Attesissimo, è finalmente uscito l’ultimo romanzo della scrittrice giamaicano-britannica, nata nella North West London, quella NW appunto che dà il nome al libro. Quattro i personaggi su cui si costruisce la storia: Leah, Felix, Keisha (che si fa chiamare Natalie) e Nathan, tutti cresciuti nel sobborgo di Willesden, nelle case popolari di Caldwell, unico luogo inventato in un’ambientazione realistica (da non perdere infatti i video-trailer inglesi dove le descrizioni dei luoghi si incollano graficamente sulle immagini del quartiere). Descritti anche e soprattutto nell’anima con precisione chirurgica, ne seguiamo le storie fino al giorno di Carnevale in cui le loro vite finalmente si incrociano. Una narrativa “abbondante” che scorre come uno stream of consciousness alla Joyce, dove non è facile ritrovare il filo, ma che incolla il lettore fino all’ultima sudata pagina.

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DI OLIVIA PORTA

INSETTO LUMINOSO Hyperion è il prototipo di una lampada il cui nome significa “Dio della luce”, colui che guarda dall’alto. Disegnata e autoprodotta da Paul Heijnen, assomiglia a un insetto arrivato da un mondo alieno, perfetto per un film di fantascienza. Assume numerose posizioni, le tante articolazioni le consentono una flessibilità di movimento simile a quella di molti esseri viventi: grande come una lampada da terra, s’inserisce perfettamente in casa. Paul promuove la lampada sul mercato dell’illuminazione con un cortometraggio davvero insolito, visibile sul suo sito.

Le Corbusier, Project for the Governor’s Palace, Chandigarh. 1951-65. Garden Study. Fondation Le Corbusier, Paris. © 2013 Artists Rights Society (ARS), NY / ADAGP, Paris / FLC

www.paulheijnen.com

NEW YORK LE CORBUSIER: AN ATLAS OF MODERN LANDSCAPES

BRIGHTON HUSH

Chi è dalle parti del MoMA dal 15 giugno al 23 settembre può visitare la grande mostra sull’opera di Le Corbusier che racconta i modi in cui l’architetto, urbanista, artista ha osservato e immaginato i paesaggi in tutta la sua carriera. Dai primi acquerelli in Italia, Grecia e Turchia, agli schizzi fatti in India, alle fotografie dei suoi viaggi formativi, ai modelli di legno costruiti per i suoi grandi progetti. Si scopre un architetto avanti, rispetto al corso dei tempi, di almeno 30 anni.

Hush non è un letto né un divano, ma un meraviglioso rifugio per estraniarsi dal mondo. È un guscio di feltro a forma di baccello pensato per riposare o lavorare in totale silenzio: si può collocare nel bel mezzo di un hotel, aeroporto, ufficio o in biblioteca. Internamente imbottito di fibre in lana riciclata dagli scarti dei tappeti, è il progetto di laurea di Freyja Sewell alla University of Brighton, appena prodotto e presentato alla Clerkenwell Design Week, importante evento del design indipendente del Regno Unito.

www.moma.org

www.freyjasewell.co.uk

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MILANO FENOMENI

1) PIATTO FORTE DELLA COLAZIONE 2) ORA DEL PRANZO? 3) A CENA FUORI: DOVE? 4) MEGLIO A CASA CON SPESA O AL RISTORANTE? 5) PRANZO DELLA DOMENICA. 6) LA CUCINA ESOTICA MIGLIORE IN CITTÀ. 7) CIBO DI STRADA. 8) PIATTO DA EVITARE COME LA PESTE. 9) PIATTO PER LE GRAND FOODING? 10) COME? 11) E PERCHÉ?

FOODING IN LOVE Torna a Milano l’appuntamento con l’alta cucina pop & cool. Abbiamo interrogato gli chef sulle abitudini gastronomiche delle loro città e sulle ricette che porteranno. Erano preparatissimi TESTO MIRTA OREGNA Finalmente, come l’estate che si è fatta tanto desiderare, il 2/3/4 luglio arriva a Milano la quarta edizione di Le Grand Fooding. Questa volta l’appuntamento con l’alta cucina fuori dagli schemi punta e si impunta sui grandi classici sfornando per l’occasione un neologismo: “Cultorama”. Perché se tutto il mondo sembra ruotare attorno al cibo, di questo non resta che sbeffeggiare anche la tradizione più tradizionale, quei piatti evergreen su cui è costruita la memoria gustativa di ciascuno di noi rispetto alla città in cui è nato o vive. Ed ecco che la carbonara romana, il couscous medio orientale, l’aligot del sud della Francia o ancora il maiale nordico, l’hamburger e il tiramisù, vengono preparati e serviti in food-truck parcheggiati davanti alla discotec a-cult per eccellenza, il Plastic, in via Gargano 15. Urban, anche per questa edizione media partner dell’evento, si è fatto raccontare dagli chef invitati la loro città di provenienza o adozione attraverso alcuni cibi simbolo, momenti e indirizzi cult, rivelando la loro ricetta del cuore pensata per le tre serate milanesi. I biglietti costano 25 euro e si possono acquistare su www.legrandfooding.com.

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BERNARD CHESNEAU COPENHAGEN FLAESKESTEG

1) Fiocchi d’avena con frutta (mele) del Granola caffè. 2) Mezzogiorno in punto. 3) Per una serata estiva a buon mercato si va lungo i canali di Christianshavn o da Spiseloppen a Christiania, se il cuoco non è troppo fatto (spiseloppen.dk). 4) A casa! Ci sono tanti ristoranti a Copenhagen, ma molti sono spazzatura. 5) Qui non usa, ma io scelgo aringhe marinate, salmone affumicato, sciroppo di sambuco e buon pane. 6) Hot dog preso da un Pølsevogn, baracchino mobile. 7) Cinese e vietnamita che qui vanno alla grande. 8) Tutto il junk food. 9) Flæskesteg, ricetta invernale danese a base di maiale arrosto. 10 ) Rivisitato: l’ho alleggerito, considerando che lo si serve a Natale e adesso è estate. 11) È un tipico piatto nazionale danese, più cult di così…!


JEAN-FRANÇOIS FERRIÉ BARCELLONA ALIGOT ALL’ANTICA

1) Caffè, Pa amb tomàquet (pane con pomodoro e olio d’oliva), prosciutto iberico, tortilla e… una piccola cerveza! 2) Dalle 14 alle 16. 3) Lo stellato Caelis, nell’Hotel Palace Ritz il cui chef Romain Fornell sorprende per inventiva (hotelpalacebarcelona.com). 4) A casa, dopo aver fatto la spesa al colorato mercato della Boqueria. 5) Un fideua: vermicelli cotti nel brodo di pesce, deliziosi con i gamberi.

PAOLO PARISI

ROMA CARBONARA «FUSIONE A FREDDO» 1) Cornetto e cappuccino. 2) Sul tardi, anche le 14. 3) Antico Forno Roscioli (salumeriaroscioli.com). 4) A casa, dopo aver fatto acquisti alla storica gastronomia Volpetti (volpetti.com). 5) Le polpette! 6) L’esotico de Il Pagliaccio, la cui cucina creativa vola lontano (ristoranteilpagliaccio.com). 7) Pizza bianca con la mortadella.

6) Giapponese stellato da Koy Shunka (koyshunka.com).

8) Paillard alla griglia, neanche se malato.

7) In Calle Plateria che pullula di vinerie con tapas.

9) Carbonara.

8) Le Ramblas, tranne che da Botafumeiro, che è una garanzia (botafumeiro.es).

10) Rivisitata, fatta a crudo con le mie uova, light, che funzioni con il caldo di luglio.

9) Aligot à l’ancienne, piatto tipico francese, a base di formaggio fuso, purè di patate e aglio.

11) Perché è fatta con “suoi” ingredienti corretti e perché poi la gente vuole mangiare davvero!

10) Nella più pura tradizione, che per me è la migliore! 11) È il piatto più tipico dell’Aveyron, nel Midi-Pirenei, dove mi sono rifugiato a vivere, nel paese di Laguiole.

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KRISTIN FREDERICK LOS ANGELES LE BURGER

1) Eggs & Bacon che si rifanno a huevos rancheros e chilaquiles, la colazione dei farmer messicani, a base di uova fritte, tortilla, pomodoro piccante e guacamole. 2) Per strada, o mentre si guida. Altrimenti a tavola tra le 12 e le 15. 3) La californian experience di Gjelina a Venice (gjelina. com) hot-spot in città. 4) A casa: la spesa la faccio in qualsiasi mercato che abbia prodotti bio, in mancanza anche nella catena specializzata dei Whole Food Market. 5) Omelette, pancake, bacon, pollo fritto e frutti di mare ma con champagne, bien sûr! 6) I tacos messicani di Tito’s, in Culver City (titostacos. com). 7) Tacos appunto. 8) I ristoranti trappola per turisti! 9) Burgers. 10) Tradizionale, con carne di prima qualità macinata da noi.

FRANCO ALIBERTI NAPOLI METTIMIGIÙ

1) Caffè e sfogliatella. 2)Dalla mezza in poi, possibilmente con paccheri e pomodoro. 3)La pizza di Gino Sorbillo in via dei Tribunali (sorbillo.it). 4) Un piatto di spaghetti alle vongole, al mercato del pesce. 5) Rigorosamente pesce! 6) A Napoli l’etnico non tira… 7) O’ pere e o’ musso (piede e muso del maiale). 8) Ancora non lo ho trovato! 9) Mettimigiù, un tiramisù con camomilla, mela renetta e acetosella. 10) Se il tradizionale è ricco, grasso e adrenalinico, questo è naturale, leggero e calmante. 11) Perché la rivisitazione del tiramisù è sorpassata, piuttosto speriamo che questo diventi un nuovo cult.

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11) Che cosa c’è di più americano e di più cult di un hamburger?


1) PIATTO FORTE DELLA COLAZIONE 2) ORA DEL PRANZO? 3) A CENA FUORI: DOVE? 4) MEGLIO A CASA CON SPESA O AL RISTORANTE? 5) PRANZO DELLA DOMENICA. 6) LA CUCINA ESOTICA MIGLIORE IN CITTÀ. 7) CIBO DI STRADA. 8) PIATTO DA EVITARE COME LA PESTE. 9) PIATTO PER LE GRAND FOODING? 10) COME? 11) E PERCHÉ?

MOHAMED OURAD BEIRUT COUSCOUS MOMO

1) Siyadieh (cernia con cipolle caramellate). 2) A qualsiasi ora purché sia un mezze libanese, con tabouleh, baba ganoush (melanzane) fegato di agnello, fattoush (insalata di pane) e carne alla griglia. 3) Mounir, pura cucina libanese (mounirs.com). 4) Di sabato, al Souk el Tayeb (mercato biologico dei produttori) per comprare 10/15 varietà di pomodori, fraiche labneh (panna acida libanese) e farmi a casa un’insalata con cipolle, olio e zaatar (spezie). 5) Kibbeh nayeh, una tartare di carne e pesce, originaria di Aleppo, in Siria. 6) L’esotismo di piccoli produttori regionali libanesi promossi dal ristorante Tawlet (www.soukeltayeb.com). 7) Falafel. 8) Fegato d’agnello crudo servito nel suo grasso, che incredibilmente qui si mangia anche a colazione! 9) Cous-cous con agnello, ricetta trasversale del Medio Oriente. 10) Tradizionalissimo. 11) Saporito e molto popolare, è un piatto-icona delle carovane nel deserto come dei ristoranti metropolitani.

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MILANO DETAILS DI IVAN BONTCHEV E TATIANA UZLOVA

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SPLASH!

1. havaianas: espadrillas in tela, 40 euro. 2. sundek: bikini in lycra, 75 euro. 3. cheap monday: jeans customizzati, 58 euro. 4. havaianas: infradito con stampa insetti, 26 euro. 5. kangol: cappello in spugna, 50 euro. 6. minimum: short in cotone, 65 euro. 7. carrera by safilo: occhiali, 119 euro Per la location si ringrazia l’Idroscalo della Provincia di Milano www.idroscalo.info / www.vividroscalo.it.

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PHOENIX FASHION

Blu denim, rosso fuoco. Giacche indossate a pelle e citazioni tex mex. Per una nuova eleganza, intima e fiera. Inseguendo l’ultima frontiera 48 | URBAN


FOTO MATTIA ZOPPELLARO/ CONTRASTO STYLING IVAN BONTCHEV

SPACE COWBOY

Camicia jeans, pepe jeans Pantaloni, kenzo Cappello, stetson

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Maglia girocollo, c’n’c Camicia a scacchi, mcs Jeans, levi’s 501

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Completo, prada Tuta ciclista, le coq sportif Stivali cowboy, mcs Cappello, stetson

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Cardigan, errea sport Jeans e sciarpa in vita, htc

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Completo, caruso Camicia a scacchi, mcs Scarpe, hogan Cappello, stetson Anello, giuseppe sileo

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Maglietta, angelos frentzos

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Giacca, vivienne westwood Pantalone tuta, angelos frentzos Stivali cowboy, mcs Cappello, stetson

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Giacca, a deep Pantaloni, haikure

ADDRESS LIST A Deep, www.domingocommunication.com. Angelos Frentzos, www. angelosfrentzos.eu. C’N’C, www.costumenational.com. Caruso, www.carusomoda.com. Cheap Monday, www.cheapmonday.com. Errea Sport, www.errea.it. Haikure, www.haikure.com. Hogan, www. hogan.com. HTC, www.htclosangeles.com. Kenzo, www.kenzo.com. Le Coq Sportif, www.lecoqsportif.com. Levi’s, www.levi.com. MCS, www.mcsapparel.com. Pepe Jeans, www.pepejeans.com. Prada, www.

prada.com. Stetson, www.stetson.com. Vivienne Westwood, www. viviennewestwood.co.uk. Grooming: Samantha Miura. Modello: Reinaldo Berthoti @ I Love Models Management. Assistente moda: Giulia Meterangelis

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LONDON & CO. NIGHTLIFE DI LORENZO TIEZZI

ROMA MODERN MYTHOLOGY Più che il solito festival elettronico da stadio, è un party da vivere in relax, nel verde di una location inedita: lo Stadio dei Marmi. Sia chiaro, visto che organizza lo staff del Goa, la musica spinge forte, dalle 3 del pomeriggio a mezzanotte. Gli headliner suonano techno dura & pura: Carl Cox è un mito da sempre, Marco Carola gira il mondo da anni e si avvia a diventarlo. In console c’è anche il berlinese Mathew Jonson, col suo sound ipnotico, mentre l’iraniano Aril Brikha col suo Apple portatile propone un live set sperimentale ma comunque efficace. 30 giugno www.goaclub.com

FOLIGNO (PG) DANCITY Dal 2006 Dancity prova a mettere insieme arte e musica elettronica, in una città in cui di ritmo di solito se ne balla poco. Suonano molti dei protagonisti dell’underground internazionale, tutti o quasi poco interessati ai grandi numeri. Gente come Robert Hood, un maestro della Detroit techno, non una star del mixer. Da Berlino arriva la minimal di Ben Klock, dall’Uk la dubstep evoluta di Shackleton e soprattutto tornano in Italia i Metro Area: producono e mixano solo deep house dalla fine degli anni ’90, ma restano stranamente fuori dall’attuale revival del genere. Chi fa avanguardia di certe piccolezze non si cura. 27/29 giugno www.dancity.it

SONG READER LONDON BARBICAN CENTER È dal ’93, i tempi di Loser, sua unica hit planetaria, che Beck pensa a un album di canzoni scritte per essere cantate e suonate da altri. Un editore gli aveva mandato una trascrizione per piano e voce del suo album Mellow gold, ma al folletto americano del folk il lavoro non piacque per niente. “Nel disco c’erano rumori e idee sonore, senza di essi le canzoni diventavano solo astrazioni”, racconta. “Ma l’idea di scrivere per altri, anche per chi non è musicista di professione, mi piaceva. Dal 2004 ho iniziato a lavorarci davvero”. Si sa che gli artisti hanno tempi molto personali, per cui il progetto Song reader è stato pubblicato solo a fine 2012. Con 34 dollari, oggi scontati a 27 circa, ci si portano a casa gli spartiti di 20 canzoni scritte da Beck per essere eseguite da soli, col pianoforte di casa, oppure interpretate da cori, brass band e formazioni d’ogni tipo. Gli spartiti sono illustrati in stile vaudeville e contengono anche dei brevi intermezzi. Sembra un’idea anacronistica, ma su Songreader.net, dove alcune canzoni sono scaricabili gratis come midi file, video e mp3 fioccano. Il 4 luglio, lo stesso Beck salirà sul palco del Barbican Center di Londra a cantare qualche pezzo in prima persona, facendosi accompagnare da rockstar come Jarvis Cocker (Pulp) e Franz Ferdinand, da muse dalla voce soffice come Beth Orton e Charlotte Gainsbourg e da una cantautrice impegnata e stralunata come Joan as Police Woman. Chissà come se la caveranno i professionisti della musica. Le atmosfere country e l’ironia salace delle canzoni di Song reader non sono facili da interpretare. Può capitare di tutto, anche qualche bella stecca. Nell’era dei concerti replica e dei talent show, sarebbero una piacevole novità. 4 luglio www.songreader.net

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SPALATO & CO. ULTRA EUROPE Dopo aver invaso Brasile, Ibiza e Corea, il club festival simbolo di Miami prende possesso di Spalato per una tre giorni senza respiro. In Croazia, quest’estate, la concorrenza è spietata e districarsi tra party e dj set non è facile. Il format Ultra, comunque, è imbattibile. C’è la trance/pop di sua maestà Armin Van Buuren, c’è la techno di Carl Cox, c’è la house di Afrojack... Si chiude sull’isola di Hvar, all’ora del tramonto. In console arrivano Steve Aoki ed Erick Morillo. Il primo fa stage diving e urla come un MC, il secondo mixa solo canzoni. Per un beach party perfetto gli ingredienti ci sono tutti. 12/13 luglio, Spalato 14 luglio, Hvar www.ultraeurope.com


BAR, RISTORANTI & CO.

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MILANO

COOL FOOD

DI MIRTA OREGNA

SUGGERIMENTI ANTI-AFA A BASE DI CRUDO RADICE TONDA via Spallanzani, 16 02-36737924 chiuso domenica

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L’ALCHIMISTA via Maggi, 16 02-36525039 chiuso domenica Già l’insegna (tracciata con mano calligrafica) suscita da sola una certa curiosità. Il nome dello chef poi, Misha Sukyas, non passa inosservato. Infine, indagando, si scopre che tre vecchi amici del liceo (artistico), con strade e background diversi, si sono ritrovati a 30 anni per costruire – insieme a un quarto socio – il progetto di questo nuovo ristorante gourmet spuntato all’ombra dell’Arena. Nessuna cucina molecolare, nemmeno troppo avveniristica, piuttosto – spiega lui – un’avanguardia eclettica “usual-unusual”, come ha imparato ad Amsterdam, dopo essere volato dal Messico alla Cina, dall’Inghilterra alla Francia, da Sydney all’Eritrea. Il suo mentore è infatti lo stellato Moshik Roth, un israeliano che ha saputo strabiliare gli olandesi con materie prime comuni trattate in modo inedito e viceversa. In pratica da L’Alchimista si può scegliere l’informale wine-bar all’ingresso, per un calice di vino o champagne accompagnato da un amuse-bouche come il cappuccino di gamberi di fiume. Passare nella sala del fine-dining, palcoscenico di sorprese come “Fango”, dove cubi di merluzzo nuotano in un laghetto di nero di seppia o scegliere il pergolato nel cortile, il più ambito dai fumatori. Consigliato per soddisfare la curiosità del foodie sfegatato con la terrina di polipo croccante, tonno al wasabi e coriandolo, con tofu di barbabietola

Verdura. Aperto da poco più di un anno ma da qualche giorno con dehors, è l’indirizzo vegano capace di mettere d’accordo i talebani del no uova-latte-burro, con gli esigenti gourmet metropolitani. Provare per credere la loro incredibile maionese (ricetta segreta ma per certo senza uovo) che farcisce il nuovo veggie burger; il tempeh (ottenuto dalla soia) fatto arrosto condito con un fine ma saporito fondo bruno, o il dolce tronchetto con marmellata e pandispagna il cui cioccolato è cremoso quanto una burrosa ganache. Tutto qui è all’insegna del bio, km 0 e della stagione ma con stile e allure quasi nordica. Le zuppe proposte – in questo periodo fredde – sono oltre 240, per non parlare delle combinazioni di frutta centrifugata, sempre da consumare ai grandi tavoli in legno di recupero, o per l’appunto a quelli da giardino che invadono il ventilato marciapiede.

TRE CHICCHERE via Boltraffio, 12 02-69007248 chiuso lunedì Frutta. Ida (donna di numeri e documenti), Noemi (stylist pasticcera) ed Elena (manager della cultura con la passione del teatro) hanno aperto lo scorso inverno il loro caffè con laboratorio di pasticceria nel cuore dell’Isola, a due passi dalla Sala Fontana. Nel loro accogliente regno (child friendly), dove un pallet è diventato lampadario, l’estate viaggia al ritmo di freschi frullati di frutta con latte anche di mandorla e soia (per esempio nelle combinazioni pera e papaya o latte di mandorla e melone). Fanno spremute, ma non ancora centrifugati, e hanno inventato dei divertenti mini-cocktail di caffè shakerato, latte di mandorla e infuso di zenzero che offrono abbinati a una frolla con zenzero e mandorla (3 euro). Da ordinare a chiusura del brunch domenicale (15 euro, con torte salate e brioche farcite) o da consumare sull’ambita panchina all’aperto.

SHIKI via Solferino, 35 02-29003345 chiuso lunedì e sabato a pranzo

IL SALOTTO DEL GUSTO via Marcona, 49 02-70003747 www.scuola-ilsalottodelgusto.it Piastre roventi nella neonata scuola di cucina che ha come sede un luminoso appartamento di via Marcona: ma qui non si improvvisa il mestiere, perché la famiglia dello chef-proprietario, Maurizio dell’Omo, è giunta alla sesta generazione di cuochi e, soprattutto, i suoi corsi non sono di semplici ricette, ma insegnano i fondamenti dello spignattare, da come fare la spesa secondo stagione a come tenere in mano un coltello. Così si impara a fare il pane (con farine diverse) o a tirare la pasta fresca con il matterello (certo, se uno proprio non ci riesce userà la macchina…), ma anche paella, couscous e sushi, o in 4 lezioni le portate di una cena completa. Maurizio fa anche il cuoco a domicilio, o fa diventare te lo chef per una sera, facendoti da assistente, così si possono invitare nel suo salotto-cucina tutti gli amici con tanto di grande schermo al plasma per vedere partite, concerti o gare sportive in compagnia, quasi si fosse nel salotto di casa. Un salotto del gusto, appunto. Da non perdere festeggiare il compleanno con gli amici del cuore, regalando e regalandosi un mini-corso

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Pesce. La salsa di soia con l’olio extravergine di olive, le alghe con il basilico, il sesamo con i capperi e le olive taggiasche. La nuova gestione di Shiki (la cui proprietà resta nelle mani di un pool di imprenditori della moda), affidata ad Alex Seveso (ex Tweed), salpa dal Giappone per approdare in Italia, con una formula di piatti abbinabili a piacere dove ciascuno si compone la propria cena, con un prezzo per ciascun assaggio che resta sempre fisso a 7,50 euro. Divisi per argomento, i piatti spaziano dal crudo – che qui regna sovrano – allo scottato (hamburger di salmone con alga wakame), dal giapponese ortodosso (nigiri di tonno e branzino) alla fusion mediterranea (con pesce bianco, anguilla, avocado, squacquerone, salsa teriyaki e zenzero) fino all’uovo affogato in coppa Martini con purè di patate e bottarga. Le bacchette allora diventano un optional.


© Diego Rigatti

PARIS DI MIRTA OREGNA

DRY via Solferino, 33 02-91765472 (in attesa del numero definitivo) sempre aperto, a partire dalle h 19 Presentato in forma “clandestina” durante le serate della Design Week, quando ancora era un cantiere, la nuova creatura della squadra alle spalle di Pisacco inaugura (nella seconda metà di giugno) un cocktail bar davvero sui generis. Primo, perché si chiama Dry, come il London Dry Gin e gli altri liquori “secchi”, ma anche perché è un locale “asciutto”, senza fronzoli, che va all’essenza, come le sue pareti lasciate volutamente scrostate. Secondo, perché nella spaziosa sala posteriore dalle grandi vetrate serve la pizza, fatta – non troppo grande – con ingredienti scelti, e concepita per non cozzare con i drink miscelati (viene proposta anche una piccola carta dei vini da abbinare, stramba e con prevalenza di bollicine), e un vero gelato artigianale, in coppe retrò. Ma l’anima di Dry è il suo resident bartender: Guglielmo Miriello, guru dello shaker rientrato in Italia per dispensare agli avventori le sue incredibili storie di cocktail, che qui sono “da tre sorsi” e costano 5 euro per permettere una verticale senza ubriacarsi: dall’archeologia dei drink ai classici contemporanei, ogni sera sarà un’esperienza. Consigliato per divertirsi a provare gli incredibili cocktail pre-proibizionismo, dal Sazerac con il bitter del farmacista all’Aviation con gin e maraschino

ROOKIES viale Gorizia, 30 02-83390293 chiuso lunedì a pranzo / wi-fi Sulle ceneri della storica Osteria del Pallone nasce uno sport bar 100% americano il cui nome significa “esordienti”: lo firma Tizzy, proprietaria dell’omonima hamburgheria sull’Alzaia, per trasferire a Milano parte della sua cultura. Sette birre alla spina, 11 in bottiglia (inclusa la giamaicana Red Stripe) e tanto sport sugli schermi TV, con contorno di patatine fritte e nachos. Da non perdere pranzare (apre alle 12) sui tavolini all’aperto con il Tizzy’s burger o con un sandwich al roastbeef

LOBSTER BAR 41 rue Coquillière www.lobsterbar.fr Se l’hamburger all’americana continua a tirare (vedi Le camion qui fume e Blend, per citare due indirizzi parigini molto à-la-page), e gli hot-dog hanno fatto il loro tempo, proprio d’oltreoceano è atterrata l’ultima tendenza in fatto di sandwich: si tratta dei lobster-roll, specialità di strada della costa atlantica che sta al Maine o al New England come la piadina sta alla nostra Romagna, e che è fatta da un pane morbido al latte, tipo hot-dog, tagliato a metà e ricolmo di aragosta condita con una salsa maison segreta (si mormora contenga dragoncello), accompagnato da patatine fritte. Mathieu Mercier, di professione sceneggiatore, se ne è innamorato a tal punto da farsi immortalare con un’aragosta sulla spalla, e soprattutto da aprire il primo locale del genere in città. Oltre al lobster-roll, in menu solo una bisque rigorosamente di homard (aragosta appunto), una torta bretone e un brownie cioccolatosissimo, questo forse per addolcire il prezzo del sandwich che è di 26 euro. Consigliato per bere un boccale di birra bionda di Bretagna osservando le divertenti creature sottomarine disegnate sulla parete dall’illustratore svedese Björn Vår

BAMBOO BAR via Manzoni, 31 02-88838703 sempre aperto / wi-fi Prima o dopocena si pagano comunque 18 euro al 7mo piano dell’Armani Hotel per un The Gentleman, rivisitazione di un cocktail classico come il French75, qui con vodka di vinacce e Chiaretto del lago di Garda ma il gioco vale la candela, perché il resident-bartender, Mattia Pastori, è fresco reduce dalla vittoria ai Diageo Reserve World Class, che vede in gara l’élite del settore. Da non perdere l’abbinamento fuori orario, Breakfast Margarita con tequila Don Julio Reposado e tiramisù firmato dal pasticcere di casa

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NAPOLI DI CIRO CACCIOLA

AFRICANA FAMOUS CLUB via Terramare – Praiano 331-5339612 sempre aperto / wi-fi Quante venue possono vantare di essere all’interno di una grotta naturale sul mare, con accesso a scelta fra sentiero dell’amore, ascensore hi-tech all’interno della roccia o direttamente dall’acqua per chi ha il privilegio di arrivare in barca? Il fascino eterno della costiera amalfitana abita di nuovo qui, dove aperitivo al tramonto, una cena o una serata danzante non hanno eguali al mondo. Atmosfere, suoni e sapori che si sublimano nella nuova formula “restaurant, club & show” sfoderata assieme al nuovo design dello storico locale che fu di Luca Milano e che oggi è curato dalla famiglia De Lucia, pronto a sfoderare il suo splendore senza eguali per tutta l’estate.

MACELLEGRIA via Formisano, 10/14 333-3085577 chiuso domenica e lunedì Alle otto del mattino per l’asporto e alle otto di sera per la cena da qualche settimana apre al pubblico MacelleGria, una nuova idea di ristorante/braceria/ macelleria dichiaratamente ispirata alla tradizione pugliese, dove, oltre a comprare carni e salumi di prima qualità per la cucina domestica, ci si può ritrovare di sera per fare al banco la propria scelta e poi prendere posto in sala per cenare in allegria, brace accesa almeno fino a mezzanotte. Ampio e luminoso, con innesti di verde, una trentina di posti a sedere e tavoli all’aperto in questa bella stagione, MacelleGria, con quella “G” che mette tanta allegria, è un progetto tutto al femminile fortemente voluto da Donatella Bova, giovanotta partenopea doc, curriculum nel mondo dell’editoria ma immensa passione per i mondi della gastronomia. Il menu prevede secondi piatti tipici della tradizione napoletana (ragù, polpette, braciole…), pugliese (tra cui le saporitissime “bombette”, piatto forte della casa) e siciliana (raccomandata, tra le varie specialità, la cosiddetta “carne appanata”), insalate e contorni di stagione, formaggi e vini tra i migliori prodotti a Mezzogiorno, birra artigianale, dolci alla frutta fresca fatti in casa e qualche immancabile sorpresa dello chef nei piatti del giorno. Insomma, per una volta, niente pasta! Consigliato per il celeberrimo, citatissimo, oggi più che mai apprezzato rapporto qualità/prezzo, qui sinceramente interpretato. 15/20 euro di media

FORMENTERA DI MIRTA OREGNA

Da non perdere gli after hour ogni martedì, giovedì, sabato e il dj flash della domenica pomeriggio dedicato a Frank Sinatra, tra i guest eccellenti dell’Africana che fu

BLU NIGHT Cala di Puolo, via Partenope 31 Massalubrense 335-6851014 / 338-4138123 sempre aperto / wi-fi

cucina a pranzo tira fuori piatti freschi che rimandano alle ricette di mare e di terra tipiche di questi luoghi. Fabrizio Guida e Mario La Via tengono in vita la struttura day & night, con cura, savoir faire e attenzione speciale per la clientela. Da non perdere le serate affidate ai fratelli Pierluigi e Raffaele di Monda e a Danilo Fruscio che mettono insieme buon cibo, musica e divertimento puntando per il secondo anno consecutivo sul format del giovedì: grande successo e notabili presenze a partire dal 26 luglio

LIDO DEL FARO loc. Punta Carena – Anacapri 081-8371798 aperto tutti i giorni da mezzogiorno fino al tramonto e di sera dal giovedì alla domenica / wi-fi Per chiarirsi una volta per tutte il concetto di “on the rocks” bisogna venire al Faro. In una cala naturale e protetta, bandiera blu dominata dal faro di Punta Carena, ecco il lido, bar e ristorante tra i più strategici dell’Isola Azzurra. Qui non trovi il solito panino un po' triste: per il lunch "da spiaggia" la scelta è tra insalate light o frittura napoletana con servizio al lettino per chi non vuole perdere neanche un minuto di sole. Per una cena al lume di candela, soundtrack il rumore del mare, i gamberi in crosta di mandorle con melanzane e salsa di pomodoro piccante resta esperienza indimenticabile.

Vi si accede attraverso una delle vie più belle e sinuose della Penisola Sorrentina. Il lido si adagia bianco e soleggiato nel silenzio, lungo la piccola baia naturale a strapiombo sul mare, Da non perdere acque limpidissime azzurro chiaro e l’aperitivo al Malibù, il baretto adiacente comfort che sa fare della semplicità il suo lusso. Il bar funziona senza sosta, la allo stabilimento: light dinner, musica dal vivo e/o dj set, best night il giovedì

MOTEL SES ROQUES Strada Principale km. 6.6, Sant Ferran de Ses Roques www.motelsesroques.com Chi ha conosciuto la Formentera hippie di qualche anno fa, quando si andava in motorino senza casco ascoltando musica rock fino al mattino, lo ricorda come il bar dei Pink Floyd, di James Taylor, di Bob Dylan, dei King Crimson e di Wolf Biermann (di cui restano le foto appese alle pareti). Chi frequenta l’isola degli ultimi anni, con la sua movida glam, sa che Motel Ses Roques è rinato nel 2011 mantenendo le atmosfere dark alla Quentin Tarantino con musica dal vivo e dj-set selezionati. Ses Roques inaugura ora la terza stagione estiva con una sfiziosa novità al bancone del sushi dove è approdato direttamente dal Nobu milanese lo chef brasiliano Gustavo Xavier, mentre il coté spagnolo è nelle mani di Pau Oliveras Roig. Da non perdere da un lato il riso croccante con gamberi di Formentera e la coppa rock marine alle alghe e pomodorini dell’isola, dall’altro arroz negro e tartare de tomate con aglio bianco alle mandorle. Poi, dopo la mezzanotte, ovviamente si balla. Consigliato per la serata Rock 'N' Roques del mercoledì sera che è ormai un’istituzione formentereña come se si prendesse il biglietto di un concerto…

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TORINO DI BRUNO BOVERI E LEO RIESER

SOTTO LA CINTURA/2 INDIRIZZI DA RICORDARE A SUD DEL PO LA VALLE via Umberto I, 25 – Valle Sauglio, Trofarello 011-6499238 chiuso mercoledì Un percorso di continuo miglioramento quello di Gabriele Torretto che, partendo da un’osteria, in poco più di dieci anni ha creato un ristorante elegante e raffinato. Tutto ciò senza rinnegare, ma anzi valorizzando la tradizione. Quindi spazio a classici come il tonnato, gli agnolotti gobbi e il capretto, accanto a innovazioni interessanti (soprattutto nella piccola degustazione di antipasti). Il nostro debole? La milanese torinese. Menu degustazione a 50 euro, qualcosa in più alla carta. Non esagerate con le bollicine: qui c’è una gran scelta.

L’ORANGERIE corso Vittorio Emanuele II, 88 011-545422 chiuso lunedì A Torino, Gerla lo conoscono tutti: pasticceria storica di assoluta eccellenza. Da qualche mese c’è stata una lievitazione dell’attività: la piccola pasticceria è diventata anche caffè (con brioche e torte super), gastronomia (con una selezione di formaggi e salumi da urlo) e ristorante, L’Orangerie, appunto. È nel piano interrato, ma è luminosissimo, con vetrate piene di piante (arance e limoni a far da padroni) e fiori, volte a botte, mobili antichi, tavoli elegantemente apparecchiati in tre salette (ma prenotate quella in fondo, un vero gioiellino). Aggiungete la cortesia e competenza di Federica Marando in sala, la solida bravura di Sandro Vietti e Antonio Manarello in cucina, e capirete l’entusiasmo. Degni di nota la degustazione di foie gras (di anatra e oca, accompagnati da composta di ciliegie e un bicchierino di Sauternes), la battuta di fassone con crema di parmigiano e tuorlo morbido, il baccalà mantecato con riso venere e mostarda di fragole e poi i classici plin e dei fantastici ravioli ripieni di fegato e gamberi cosparsi di nocciole tritate. Per non parlare dei dolci: sono quelli di Gerla. Carta dei vini ancora in ampliamento. Conto intorno ai 45 euro. Consigliato per chi ha un palato raffinato

DIAMANTE via Teofilo Rossi, 2 011-0371020 sempre aperto / wi-fi Arredi moderni e minimali in una serra interamente vetrata a rappresentare un diamante ai piedi dell’austero Palazzo Bricherasio. Qui, in uno spazio di 300 metri quadri, il caffè miscela Costadoro Lab la fa da padrone, sia nei momenti più canonici (colazione e dopopranzo) che in quelli più impensati (sfiziosa scelta di coffee-cocktail). Niente buffet al momento dell’aperitivo, ma un ottimo piatto degustazione. Wi-fi free e un congruo numero di iPad ai tavoli a libero utilizzo. Da non perdere il brunch domenicale, 18 euro ben spesi

TAJUT via Torino, 2 – San Mauro Torinese 011-8220168 chiuso lunedì a pranzo Percorrete tutta la stradina che costeggia l’aeroporto di Caselle e raggiungerete questa graziosa trattoria caratterizzata da centinaia di gufi che ne costellano pareti e scaffali. Cinque antipasti che variano, con l’eccezione del tagliere di salumi e dei tomini di Chiaverano sott’olio e poi un risotto (quello al salame di turgia è squisito), un primo di pasta fresca e poi trippa, lumache, o brasato. Tagliere di formaggi e dolci casalinghi. Il tutto per un conto di 33 euro, assolutamente ben spesi.

TAVERNA DI FRA’ FIUSCH via Beria, 32 – Revigliasco, Moncalieri 011-8608224 chiuso lunedì, aperto la sera (sabato, domenica e festivi anche a pranzo) Cosa vi possiamo ancora raccontare del Frate Nebbioso? È uno dei posti del cuore, scrigno e culla di delizie del territorio, materie prime eccellenti, cucina tra il sapiente e il geniale, carta dei vini splendida (e dai prezzi ipercorretti), bella atmosfera. Insomma da trasferirci la residenza e poi bearsi all’infinito di vitello tonnato, fonduta con asparagi e uovo (da fantascienza), agnolotti d’asino con salsa alla barbera, la finanziera, un capretto da sogno, la panna cotta celestiale e il cioccolato con l’olio e il sale (e continua).

il piede giusto. Al bar si bevono cocktail impeccabili e, con la bella stagione, ci si trasferisce nel coreografico cortile. Dj tutte le sere, con predilezione per la musica italiana, aperitivi (a 8 euro, come in un qualsiasi bar cittadino) serviti al tavolo in abbinamento a stuzzichini di altissimo livello. Un consiglio? Provate il Golden Rose (Bombay Gin, Martini Bianco, Porto Rosso). Da non perdere l’atmosfera e il panorama stile Rockfeller Center

MARTIMAT CAFÉ RESTAURANT via San Pio V, 8F 011-5360795 sempre aperto / wi-fi

via dell’Arcivescovado, 18 011-5512111 sempre aperto / wi-fi

Aperto da tre anni in San Salvario, si distingue dai tanti locali della movida per una certa eleganza ma anche per la qualità superiore dell’offerta gastronomica dell’aperitivo, che chiamano merenda sinoira, come da tradizione: l’apericena l’avevano già inventata i nostri nonni! Gnocco fritto da abbinare a ottimi salumi, tramezzini deliziosi (pane morbidissimo farcito al meglio), panini dolci con crema di formaggio e tanto altro. Vini e cocktail all’altezza.

Siamo nel più lussuoso hotel cittadino. Dopo alcune vicissitudini, la gestione è cambiata poco più di un anno fa e la ripartenza è avvenuta con

Da non perdere le degustazioni tematiche di grandi vini

GOLDEN PALACE BAR

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ROMA & CO. NIGHTLIFE

BAJA

DI LAURA CONTRIBUTOR NAME DI RUGGIERI

lungotevere Arnaldo da Brescia 06-94368869 chiuso lunedì Se a volte sembra che Roma il fiume lo ignori, sulla “nuova” chiatta sul Tevere all’altezza del Ponte Margherita, a pelo dell’acqua, le prospettive cambiano. Il rumore del traffico qui non arriva. Si sta seduti su divanetti fatti come grandi cassette della frutta e morbidi cuscini colorati, la musica è lounge. Un mojito o un frozen daiquiri accompagnati da zeppoline aromatiche o bastoncini croccanti di verdure di stagione scendono giù easy ed è già ora di cena. Si sta dentro, ma si guarda fuori dalle immense vetrate, intorno al bancone con il piano d’appoggio retroilluminato, seduti a tavoli in legno, alcuni decapati. Ai fornelli Luciano Costanzo, 5 anni al Des Pecheurs sull’isola di Cavallo. Qui fa una cucina semplice, italiana, regionale, dai sapori puliti, equilibrati. Prevalentemente mediterranei. Piatti proposti in abbinamento ai vini, a cominciare dagli antipasti e le bollicine. Sui sapori di mare si sta sulla tradizione con leggerezza: al carpaccio di polpo si aggiunge la dadolata dell’orto. La calamarata è condita con cozze, pachino e zafferano, mentre il tabouleh di verdure si condisce col pesto di basilico riccio. Tra i secondi, la tagliata arriva su letto di spinaci baby oppure c’è lo spiedino di involtini alla siciliana. Per una cena completa si spendono sui 35 euro. Il posto giusto dove godersi le ore più calde in terrazza guadagnandosi un’abbronzatura capitolina un po’ speciale. Consigliato per la prima colazione, per riprendere contatto con il mondo in modo molto soft tra torte home made e un buon cappuccino

ATTOVAGLIATI NEL PARCO VERDE, FRESCO E OTTIMA CUCINA VIVI BISTROT via Vitellia, 102 06-5827540 chiuso domenica e lunedì sera Se non fosse immerso nel Parco più grande dell’Urbe, Villa Doria Pamphili, sembrerebbe di essere capitati in un bistrot provenzale. Accogliente, intimo e solare, sbarazzino e romantico. L’ideale per una colazione di metà mattina o un picnic sull’erba appena un po’ più comodo. Ma soprattutto, con il viale illuminato di fiaccole, candele e lanterne sparse ovunque, strategico per una cena complice. Gli arredi sono sui colori pastello, i tavoli alternano il legno sverniciato a qualcosa in ferro battuto, il tutto con un’aria country chic. A tavola si gira attraverso l’Italia ma non solo: curry indiano e sfiziose quiche francesi, hummus e couscous dal Medio Oriente, bottarga e pomodorini dalla Sicilia, burrata biologica campana e verdure di stagione biologiche cucinate in mille modi… e non ultimi i meravigliosi scones inglesi, brownies, apple crumble e tarte tatin. I prodotti freschi provengono da agricoltura e allevamento biologici seguendo la filosofia del km zero. A cena non si superano i 30 euro.

VIVAVOCE CASUAL via del Gianicolo, 4 06-92590201 sempre aperto Da consigliare assolutamente, visto che ai fornelli ci sono Alfonso Iaccarino and family. Tanto più in questa stagione dato che siamo nell’unico, e straordinario, luxury urban resort della capitale immerso

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nel verde delle pendici del Gianicolo eppure a due passi da via Giulia e da piazza Navona. Molto di stile cenare a bordo piscina magari soffermandosi prima al lounge bar, il Liquid Bar, ideale per un aperitivo o un cocktail tra il profumo degli alberi d’arancio. La griffe dell’alta cucina mediterranea al gran completo – Livia, Alfonso, Ernesto e Mario – cura dalle prime colazioni al light lunch, dagli aperitivi alle cene gourmet. Tartare di tonno con salsa guacamole e yogurt alla menta, parmigiana di melanzane, raviolo di caciotta fresca e maggiorana, salsa di pomodoro San Marzano. Per il secondo, andate sul pescato del giorno in cartoccio. Primi sui 18 euro e secondi sui 25, ma se si sceglie il tasting menu si arriva a 100!

LA VERANDA borgo Santo Spirito, 73 06-6872973 chiuso lunedì La veranda, o meglio una spettacolare loggia affrescata tra antiche campate con volte a crociera e lunette, dà su un ancor più superbo giardino pensile. Si cena per mano del bravo chef pugliese Claudio Favale. Spaghettini Martelli, salsa di pomodoro biologico, crema di aglio rosso di Nubia, polvere di peperoncino, oppure gli strozzapreti acqua e farina con alici fresche, pomodori secchi, capperi e pesto di olive taggiasche. Ottimi gli straccettoni di scottona biologica Shorthorn saltati, salsa ai frutti rossi, insalata di frutta e verdure allo zenzero. Per dessert crème caramel ai limoni di Amalfi, salsa mou al passito e lamponi cristallizzati. Prezzi sui 50 euro. Da non perdere il Santo Aperitivo il giovedì, dalle 18 alle 21.30: 5 mini piatti dall’antipasto al dolce più un bicchiere di vino o un cocktail a scelta a 15 euro a persona. Big brunch nel weekend a 25 euro. Da non sottovalutare il menu di panini gourmet dalle 12.30 alle 19.


ROMA & CO. NIGHTLIFE DI CONTRIBUTOR NAME

© Adriá Goula

BARCELONA DI MIRTA OREGNA

MAZZO via delle Rose, 54 06-64962847 chiuso lunedì È un salottino del buon cibo “di una volta” il primo spazio appena aperto da Francesca e Marco, 60 anni in due, the Fooders per tutti. Corsi da chef, stage, blogger, cuochi a domicilio: da piccolo collettivo che produce cibo ed eventi a uno spazio dove la cucina è più grande della mini sala. Un unico tavolo da 10 posti dove si mangia insieme, una mensola con altri due posti, una finestra sulla cucina dove la coppia si alterna tra sala e fornelli. Cosa c’è da mangiare lo dice il muro dov’è scritto un menu piccolo ma prezioso, come capirete alla prova palato. Simmenthal di coda con verdurine croccanti, semplicemente perfetta. Mezze maniche al ragù appena rosato di manzo wagyu, goduriose, a seguire polpettine in umido bianco con cipollotti. L’aperitivo è all’insegna delle scarpette affondate nei sughi più succulenti che Roma offra: amatriciana, arrabbiata, coda, trippa, anche da asporto. Prodotti di alta qualità come i salumi selezionati da Dol (di origine laziale) o le carni di Liberati e di Otello, il vicino a km “zerissimo”. Consigliato per

il pranzo della domenica: ci si siede tutt’insieme al tavolone e si comincia con “l’antipasto all’italiana”, le fettuccine e così via. Un remake grandioso a soli 25 euro

MY LIFE via di Val Cannuta, 113 06-66514806 sempre aperto / wi-fi Aperto all day, ideale anche per le colazioni o un lunch leggero, è al tramonto che colpisce, soprattutto se seduti nel salottino. L’aperitivo infatti spazia da fritti di ogni tipo e assaggi di primi a ricottine e mozzarelle di bufala, salumi, quadrotti di torte rustiche e frittate, e perfino cornettini dolci. Sui drink il barman si sbizzarrisce con una certa creatività: 35 gli analcolici tra cui il My Life a base di frutta pestata, concentrato di mela verde e sciroppo di cocco, 40 gli alcolici. 6 euro il costo di drink e food al piatto, 10 se sedete nel privé. Da non perdere la carbonara dello chef per la quale ha vinto il Premio Miglior Carbonara d'Italia

GRANDMA BISTROT via dei Corneli, 25 377-2649540 chiuso martedì / wi-fi

PAKTA Carrer de Lleida, 5 www.pakta.es Già da un paio d’anni Ferran Adrià, il cuoco più famoso al mondo, predica come la cucina peruviana sia quella del futuro. Detto, fatto: dopo aver chiuso El Bulli e aver girato il mondo studiando le altre cucine, con il fratello Albert sta aprendo una serie di ristoranti, di cui non ultimo questo Patka, vocabolo quechua che significa “unione”: progettato da Oliver Franz Schmidt e Natali Canas del Pozo dello studio El Equipo Creativo, rappresenta (a livello concettuale, come di interni e di cucina) l’unione della cucina giapponese nikkei (nata in Perù) e di quella peruviana pura, ovviamente qui con il twist dato dai fratelli Adrià. Un locale piccolo ma ricco di suggestioni, che replica le tradizionali taverne giapponesi, ma le cui pareti interne sono ricoperte da un gioco di incastri di telai in legno su cui sono stati tesi fili colorati, memento dei vivaci tessuti andini. Il menu corre su doppio binario, certo che la scelta migliore sarebbe il menu degustazione di 22 portate a 95 euro (una volta nella vita…) con leccornie come i soba giapponesi alla huancaina (in salsa peruviana con peperoncino giallo) o la tartare di tonno piccante con quinoa soffiata. Nell’attesa che partano le nuove avventure (una vermutheria e un messicano) dell’ormai premiata ditta Adrià. Consigliato per

un pisco-cocktail, con l’acquavite che è bevanda nazionale in Perù, qui da gustare al bar nell’ingresso

Atmosfera calda e accogliente. Arredamento vintage. L’aperitivo è servito al piatto con assaggi diversi ogni giorno, verdure grigliate, uova fritte, mini burger vegani, piccoli taste preview della cena. Ottime birre inglesi e belghe. La colonna sonora è rock anni ’70, jazz, blues, soul. Per un dopo cena, scegliete il “barattolino del piacere” alle pere sciroppate con crema inglese al cioccolato e noci da abbinare ai cocktail. Da non perdere Recording Grandma, l’evento live con un set di registrazione di indie rock in versione unplugged in diretta su Radio Fandango

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MILANO ULTIMA FERMATA DI FRANCO BOLELLI

MASCHILE 2.0 Quando anni fa scrissi un libro sulla necessità di nuovi prototipi maschili, mi bastarono pochi giorni per accorgermi che avrei anche potuto limitarmi a una sola frase e gettare via tutto il resto, visto che tutte le ragazze – di ogni età – non facevano che citarmi “forse la principessa non ha più bisogno che il guerriero venga a salvarla, però ne ha sempre molta voglia”. Tenetevi a mente questa frase, quando per strada o nei locali o nei luoghi di studio e di lavoro il vostro sguardo inquadra uno degli esemplari di maschio contemporaneo. Perché ci sono naturalmente splendide eccezioni, ma generalmente ci si imbatte in due tipologie: da una parte i “duri”, dall’altra i “sensibili”. In realtà le cose sono un po’ più complicate di così, perché quasi sempre si tratta di duri da happy hour – la cui forza evapora davanti alle vere scelte – e quasi sempre si tratta di sensibili per necessità, ostentatamente buoni perché incapaci di durezza. I primi dovrebbero imparare che la vera grande forza non è minimamente oppressiva (tantomeno nei confronti del femminile), i secondi prendono un abbaglio colossale pensando che la forza sia un residuo arcaico, sconveniente e impresentabile.

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Ad accomunare entrambi è un difficile rapporto con il femminile. Perché sarà anche vero che tante ragazze continuano ad accontentarsi, ma almeno altrettante e Fateci caso: quanto più una città è sempre di più scuotono sconsolate la testa evoluta, quanto più è espressione del tanto davanti a una durezza dietro cui si mondo globale, tanto più ogni volta che nascondono sostanziali debolezze quanto ci andate non potete non accorgervi che davanti a una tenerezza perfettamente aumenta il numero di bambini che non si inutile se c’è da giocarsela con i grandi riesce a definire in base ad alcuna identità fuochi. etnica e razziale. È così a New York, a Los Angeles, e poi a Londra, e giù a Ci vuole così tanto, accidenti, a capire scendere. Le grandi metropoli sono sempre che l’istinto primordiale della caccia e più popolate da spettacolari frullati della conquista da una parte e dall’altra genetici, seconda o terza generazione di la contemporanea molteplicità di sfumature combinazioni dove le origini scivolano sentimentali e comportamentali non sono sempre più sullo sfondo e nuove misteriose affatto in antitesi e che anzi tante sfumature conquistano la scena. Ok, non ragazze li desidererebbero entrambi, non tutte riusciranno come Jessica Alba o come in due uomini diversi ma nello stesso? – permettetemelo – la spettacolare bambina È quando capirà che il senso dell’impresa californiana di mio figlio (babbo milanese e si applica tanto alle grandi scelte che madre di San Francisco ma taiwanese): però richiedono coraggio e determinazione questa condizione indefinibile e plurale sta quanto alla capacità di nutrire e diventando non dico trendy ma in qualche reinventare giorno per giorno e gesto per modo familiare. D’altra parte qualunque gesto i fidanzamenti e i matrimoni e le evoluzione in qualunque campo è sempre piccole scelte quotidiane, che il maschile nata da connessioni al di là dei confini, potrà finalmente essere fiero di se stesso. e viceversa le culture più arretrate sono Intanto la principessa è lì che aspetta: quelle difensivamente arroccate su se ma lo sapete vero che le principesse non stesse. Per esempio le città di frontiera le si lascia lì ad aspettare? hanno sempre avuto una loro particolare

DON’T FORGET




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