Urban 109

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OTTOBRE 2012  NUMERO 109





SOMMARIO 7 | EDITORIALE

56 | VOLO NOTTURNO

74 | ULTIMA FERMATA

9 | ICON

foto Nicola De Rosa styling Ivan Bontchev

di Franco Bolelli

11 | INTERURBANA

66 | NIGHTLIFE

al telefono con Veronica Natalini

di Lorenzo Tiezzi

13 | PORTFOLIO

67 | FUORI

Manchester’s Revenge a cura di Floriana Cavallo

19 | CULT 22 | CYPRIEN GAILLARD di Francesca Bonazzoli

27 | IL FUTURO È A PEDALI di Susanna Legrenzi

30 | MUSICA di Paolo Madeddu

P. 22

32 | MEADHAM KIRCHHOFF di Federico Poletti

36 | LIBRI di Marta Topis

37 | DESIGN di Olivia Porta

40 | ON THE ROAD di Paolo Madeddu illustrazioni Anthony Zinonos

P. 56

48 | CARTOLINE DA SHANGHAI di Susanna Legrenzi

P. 27

53-55 | DETAILS di Ivan Bontchev e Tatiana Uzlova

Cover: Cyprien Gaillard Foto: Jennifer Westjohn

MENSILE, ANNO XII, NUMERO 109 www.urbanmagazine.it redazione.urban@rcs.it

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CAPOSERVIZIO Floriana Cavallo floriana.cavallo@rcs.it

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ART DIRECTION Sergio Juan

FASHION a cura di Ivan Bontchev fashion.urban@rcs.it

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URBAN

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EDITORIALE

PEDALANDO Non è questione di chilometri di pista ciclabile raggiunti o di nuovi limiti di velocità imposti alla mobilità a motore. Non si tratta dell’ennesima crociata contro lo smog. Questa volta la bicicletta in città arriva come cambio di paradigma. Chi sceglie di muoversi con la bici lo fa perché pedalare ha modificato la percezione del luogo che lo circonda e perché chi si occupa delle metropoli le sta iniziando a immaginare con le biciclette come protagoniste. Non è un caso che il sindaco di Londra veda nel futuro prossimo della capitale britannica piste sopraelevate a pedaggio e che a New York le biciclette abbandonate siano al centro di un progetto d’arte che ha coinvolto attivamente i newyorchesi con le loro fotocamere. È una questione di cambio di visione. Forse, in un mondo dove tutto è sempre più a portata di una ditata sul telefonino, pedalare è uno dei pochi modi per he roa ad . ad sentirsi ancora veramente ‘on the road’.

HANNO HHA ANN NNOO CO COLL COLLABORATO LLLABOR ABBOORRATTO CCONN NOI CO NNOOI Franco Bolelli Francesca Bonazzoli Bruno Boveri Ciro Cacciola Roberto Croci Nicola De Rosa

Daniela Faggion Susanna Legrenzi Paolo Madeddu Michele Milton Mirta Oregna Federico Poletti

Olivia Porta Sara Rambaldi Leo Rieser Laura Ruggieri Lorenzo Tiezzi Marta Topis

Tatiana Uzlova Anthony Zinonos

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LOS ANGELES ICON

L’OGGETTO DEL MESE

SURFISTA DA TAVOLO SCELTO DA BRADLEY COOPER “Il mio lavoro può essere molto stressante, a volte faccio fatica a trovare la chiave giusta per interpretare il mio personaggio. Quando sono in crisi prendo la board e vado a fare surf. Surf è l’antitesi della recitazione, è semplice, è reale ed è un’ottima fonte di ispirazione. Come dice il leggendario Nat Young ‘if in doubt, paddle out’. Per questo mi sono appassionato alle opere ispirate al surf del giapponese Aumbak e ogni volta che ne trovo una in giro me la porto a casa”. • Bradley Cooper è uno dei protagonisti della saga Una notte da leoni, di cui sta girando il terzo capitolo. Nasce come attore comico ma sa interpretare anche ruoli seri, tra cui uno degli ultimi The words. Fa spesso surf a Malibu con Matthew McConaughey, parla perfettamente francese e ama cucinare.

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CHENGDU INTERURBANA DI DANIELA FAGGION

AL TELEFONO CON

VERONICA NATALINI CHENGDU, CAPITALE DEL SICHUAN, DETTA “LA PORTA DEL TIBET”... VOCAZIONE SPIRITUALE? “La verità è che il Tibet è poco collegato con il resto della Cina e in pratica ci si può arrivare solo partendo in treno o in autobus da Chengdu, perché via aereo servono permessi speciali anche per i cinesi”. CI SONO CINESI CHE VOGLIONO VISITARE IL TIBET? “È una meta turistica molto attraente anche per loro, anche se in una chiave meno mistica di quanto non sia per un occidentale. Addirittura il Governo sponsorizza visite e trasferimenti in quella ragione. Chiaramente per motivi di controllo”. VIVI IN UNA CITTÀ DA 14 MILIONI DI ABITANTI. SI PUÒ ANCORA CHIAMARE PROVINCIA CINESE? “Le città più famose sono ormai sature e non possono più accogliere popolazione in arrivo dalle campagne, per questo il Governo punta su altre città, compresa Chengdu, dove lo sviluppo è velocissimo. Nel giro di una settimana una via può essere completamente modificata”.

ANCHE L’ARIA È DIVENTATA VELOCEMENTE COME QUELLA DI PECHINO? “Purtroppo sì. La città è in una valle fra le montagne ed è molto verde, ma il clima è umido e non si vede mai il sole perché le montagne fermano le nuvole e si crea una cappa per cui il cielo sembra più basso”.

CHE COSA TI HA CONVINTO A RESTARCI? “A parte il fatto che è la città dei panda, la popolazione è molto ospitale. Gli stranieri qui sono pochissimi e posso confrontarmi con persone curiose, che hanno voglia di conoscere e far conoscere la loro cultura”. CHE COSA SI TROVA LÌ CHE NON SI TROVA ALTROVE IN CINA? “La cucina sichuanese è unica e nelle altre città c’è sempre un ristorante di questa gastronomia piccantissima. La gente si raccoglie attorno a grandi tavoli al centro dei quali c’è l’hot pot, un tegamone di liquido piccantissimo bollente, in cui vengono cotti tutti i cibi che uno sceglie, dalla carne alle verdure”.

UNA BOURGUIGNONNE DI GRUPPO? “In cinese si chiama huo guo, che vorrebbe proprio dire ‘padella padella di fuoco fuoco’.. Qui ci sono due espressioni per il

piccante: una è quella che intende il nostro piccante, l’altra è ‘ma la’ e si ottiene utilizzando il tipico pepe del Sichuan, che ti fa vibrare la mascella tanto è potente”. TORNIAMO ALLO SVILUPPO VORTICOSO. PERCHÉ FINO A UN CERTO PUNTO ABBIAMO AVUTO IN MENTE SOLO LENTISSIME DINASTIE MILLENARIE E POI C’È STATA QUESTA ESPLOSIONE? “Dinastie molto lunghe, senza dubbio, durante le quali però molte cose accadevano, importantissime invenzioni, per esempio, e una centralità nei commerci asiatici che non nasce negli ultimi anni. Il ’900 è stato un secolo particolare ma è nel Dna cinese il fatto di porsi obiettivi ambiziosi. È un popolo dedito al sacrificio da millenni”.

QUESTO QUANTO INCIDE SULLA VITA DELLE PERSONE? “A parte i casi eclatanti delle fabbriche, basta pensare alle scuole. Fino a quando non vanno all’Università, i ragazzi vivono chiusi nei loro istituti: la mattina lezione, il pomeriggio sport e compiti sotto il controllo dei professori, la sera di nuovo lezione. Qualche domenica libera e stop. Molti hanno i capelli bianchi per lo stress, tutti con la divisa, gli occhiali, i capelli alla stessa lunghezza”.

NON È UN PAESE PER GIOVANI... “No, anche perché sono tutti figli unici e avvertono la responsabilità di essere l’unica occasione di riscatto sociale della famiglia. Quelli che possono rinascono all’Università”.

DISCOTECHE, LOCALI, BAR... CHE SI FA LA SERA A CHENGDU? “I giovani adulti vogliono sentirsi come gli occidentali e fanno di tutto per avere uno stile di vita cool. Hanno una passione smodata per hip hop e r’n’b e a volte le hit arrivano prima qui che in Italia. Peccato per il loro senso del ritmo inesistente”.

SE VOLESSIMO FARE I TURISTI? “Qui c’è la casa di Confucio, che comunque è stata rifatta e non è molto diversa dagli altri templi che trovi in giro: pagode bellissime, laghetti pieni di carpe e parchi dove i vecchietti si ritrovano mattina e sera a fare tai chi, camminare, suonare, giocare a majong, ballare in gruppo”. UN PAESE PER VECCHI, INSOMMA! “Dopo una vita passata a studiare e lavorare senza mai alzare la testa, la pensione se la ggodono e sono molto rispettati”. • p p

VERONICA NATALINI (1987), bolognese, si è laureata in Lingue e istituzioni economiche e giuridiche dell’Asia orientale a Venezia, trascorrendo lunghi periodi di scambio in Cina. In Italia ha lavorato nell’import export di tessuti con la Cina e adesso in Cina lavora nell’import export di prodotti verso l’Italia. Prevede di spostarsi a Shanghai, perché a Chengdu ha finito i free drink URBAN | 11



MANCHESTER PORTFOLIO A CURA DI FLORIANA CAVALLO

MANCHESTER’S REVENGE FOTO KEVIN CUMMINS

4 giugno 1976: la prima performance dei Sex Pistols alla Lasser Free Trade Hall di Manchester. Da lì, parte una vera rivoluzione popolare: dilettanti e improvvisatori con due o tre impieghi in contemporanea provano a reinventarsi una vita e a ridisegnare il destino di una città in declino. A raccontare questa metamorfosi le intense immagini di Kevin Cummins, capo fotografo del New Musical Express, anche lui, al pari dei musicisti ritratti, una vera celebrità a Manchester. • Kevin Cummins: Sound and vision from Manchester. Ono arte contemporanea, Bologna, fino al 20 novembre. www.onoarte.com URBAN | 13


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ph. Lynda Churilla courtesy of Ralph Lauren

STOCKHOLM CULT

NEL GROOVE DI AVICII A 23 anni, è il caso di dire, “suonati”, Tim Bergling da Stoccolma, nel mondo universalmente Avicii, non ha perso tempo e non ha tempo da perdere. La sua hit più ballata, Levels, conta svariati milioni di visualizzazioni su You Tube, le sue produzioni entrano di diritto nelle playlist dei colleghi dj, i suoi live set sono ricercatissimi in ogni area del pianeta e il suo remix di Girl gone wild, primo nella track list dell’omonimo singolo, ha convinto Madonna a dividere platea e console con lui all’ultimo Ultra Music Festival di Miami. mi. Poteva sfuggire al mondo della moda un giovanotto così? Certo che no e infatti è diventato il testimonial perfetto per la nuova collezione autunno/inverno Denim & Supply Ralph Lauren 2012. Eclettico e bohémien, improntato a un sano individualismo, Denim & Supply è l’espressione moderna di uno stile libero e pragmatico. Identificata da Avicii, la collezione Music Fest rappresenta una scelta decisa, con tocchi ispirati ai motivi tribali, agli indiani navaho e a combinazioni di colori audaci tratti dallo stile giovanile dei festival musicali americani all’aperto. Mentre è in giro per il tour mondiale, siamo riusciti a chattare con lui.

MOLTE CURIOSITÀ, UNA SU TUTTE: COME SEI ENTRATO NEL MONDO DELLA MUSICA? “Ho sempre voluto fare musica. Fin da piccolissimo. Ho provato a suonare la chitarra, poi il pianoforte… Ma non ero bravo abbastanza. Poi un amico mi ha venduto un programma per la composizione di musica elettronica. In quel periodo ascoltavo tantissimo gente come Daft Punk e altri produttori del ggenere. Ma è stato l’avvento sulla p

DI CIRO CACCIOLA

sscena internazionale degli Swedish House Mafia – che hanno rivelato lla vocazione mondiale e l’attitudine dei dj e produttori scandinavi – a darmi la spinta definitiva. Quindi anzitutto ho lavorato tantissimo alla d produzione. Decidere di fare il dj è venuto dopo, perché era l’unica strada p cche avevo a disposizione per suonare la mia musica in pubblico”.

IIN CHE DIREZIONE SI MUOVE LA TUA MUSICA AL MOMENTO? “ lavoro ogni giorno. La melodia è l’elemento chiave, e ogni brano per “Ci me parte sempre da quello. Poi cerco un sound che vesta al meglio la m melodia. Devo ammettere che incontrare il mio manager, Ash, è stato un m punto di svolta per me. Mi spinge a concentrarmi sulla composizione p e sulla produzione musicale, ed è questa la mia direzione principale, al momento. Fermo restando che adoro fare il dj, naturalmente”. m

C SEMPRE STATA UNA FORTE CONNESSIONE TRA LA MODA E LA MUSICA. QUAL È C’È LLA TUA OPINIONE A RIGUARDO? “ di recente che la figura del dj ha cominciato a influenzare il mondo “È della moda. I dj oggi hanno una forte immagine, uno stile che i giovani d possono adottare, e questo è buono perché i dj costruiscono la loro p immagine da soli. Molti brand mi hanno contattato in varie occasioni, ma Ralph Lauren è stato il primo a propormi qualcosa che corrispondesse alla mia personalità, in termini di concetto e di stile. Per cominciare, ho indossato i loro abiti per un sacco di tempo, e non ho mai avuto l’impressione che stessi mettendo da parte il mio stile personale accettando questa collaborazione. Non avevo nessuna intenzione di vendere la mia anima al diavolo! La mia partnership con Ralph Lauren si esprime anche e soprattutto attraverso la mia musica, come dimostra la nuova versione di Silhouettes che ho realizzato ad hoc per la campagna Denim & Supply. Una visione globale che si muove in assoluto parallelo con la mia visione della musica”. •

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MILANO & CO. CULT

TOCCO GIAPPONESE Bella, dolce e felice come chi sa di aver fatto centro. Maki Kobayashi, 23 anni, da Tokyo, ci aspetta, o meglio, ci accoglie, alle colonne di San Lorenzo proprio sotto il colossale muro di 360 metri quadri trasformato dalla sua Japonica. La grande opportunità è arrivata da Shiseido che l’ha scelta come vincitrice giapponese del concorso Make up the wall, a celebrare i 140 anni di un marchio che da sempre ha nel dna l’amore per l’arte. “Ho deciso di partire dai fiori perché sono un motivo sia orientale che occidentale: simboleggiano il benvenuto che si dà agli ospiti”, racconta Maki. Poi la grande intuizione, quando si è accorta che la sovrapposizione tra la camelia (che è anche il logo di Shiseido) e il cerchio rosso della bandiera giapponese dava forma a un simbolo molto forte, nel seno della tradizione illustrativa orientale: “Ho pensato quanto sarebbe stato bello veder brillare questo grande segno rosso sotto il cielo di Milano”.

URBAN & PARATISSIMA A Torino dal 7 all’11 novembre nei 6mila metri quadri dell’ex villaggio olimpico e per le strade, le piazze, le botteghe e i negozi di borgo Filadelfia e a San Salvario si presenterà in gran spolvero l’ottava edizione di Paratissima (Paratissima… c’est moi). Progetti, esposizioni e quant’altro fuori dal circuito canonico dell’arte ma dentro, proprio dentro, la città. Tra i progetti di rilievo Porndemia, ovvero il porno da genere di nicchia a fenomeno pop, con l’esposizione esemplare di opere di Carlo Mollino, Keith Haring, Richard Kern, Jim Dine e molti altri. Tra le sezioni: Parafumetto, Parafashion, ParaLive, Paraphotò. Ed è proprio in questo ambito che anche Urban, media partner della manifestazione, darà il suo contributo. (M. M.) www.paratissima.it

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Già, Milano. Alla città che le ha portato fortuna perdona quasi tutto, tranne una macchia di troppo sul divano dell’Exploit dove viene intervistata, sintomo di una sensibilità tutta orientale per il bello e la misura. A Tokyo, invece, che cosa consiglia di fare? “Nishi-Ogikubo, la zona dove vivo, è piena di bar, vecchie librerie, negozi. Ma c’è anche un fiume dove passeggiare e rilassarsi. Ad Aoyama ci sono molte gallerie che ospitano personali di giovani artisti: tanti studenti ci vanno a prendere ispirazione. E poi Nakameguro, una zona residenziale che ospita però negozi vintage che utilizzano gli spazi in modo alternativo”. Chi è a caccia di indirizzi creativi in salsa orientale prenda nota. (F. C.) www.makeupthewall.it www.shiseido.it


SO SINGULAR Il 23 novembre alle Officine del Volo di Milano è di scena la tappa italiana del Singular Music Festival, un’iniziativa targata Pepe Jeans London. Sul palco milanese la band di rock-alternativo The Wave Pictures. Sound fuori dagli schemi, testi fuori il giusto, concerti a Londra, Parigi, New York e alle spalle vari album di cui l’ultimo, Long black cars, uscito quest’anno. Anche i social media saranno coinvolti nell’evento consentendo a tutti i fan di Pepe Jeans London, del Singular Music Festival e dei TWP di vincere biglietti omaggio, di seguire il concerto in streaming o di godere di video e immagini in esclusiva. (M. M.) www.pepejeans.com/singular

SIXTIES IN BLUE Moda e design, musica e politica, arte e cinema nel decennio dell’amore e del suo contrario. I Sessanta del “tutto è possibile”, dei figli dei fiori e della Manson Family sono i protagonisti del viaggio che Matteo Guarnaccia e Giulia Pivetta hanno compiuto, formato libro, nel costume dei fab sixties. Dreamers & Dissenters (144 pp. Vololibero edizioni, collana Technicolor Dream), in uscita questo mese, è quasi una mappa dello stile e della storia di un’epoca, iniziata cinquant’anni fa e non ancora del tutto sopita, estesa in un centinaio e passa di tavole lussureggianti, ricche di notizie, curiosità, parole chiave. Un brillante compendio di un periodo che nemmeno chi c’era (se davvero c’era) avrebbe potuto ricordarlo meglio o quanto meno con la medesima nitidezza. (Michele Milton)

UN VIAGGIO LUNGO 25 ANNI La consapevolezza di sapere da dove si è partiti. La voglia di arrivare alla meta prefissata. 25 anni di vita rappresentano per Ruco Line la magia di un viaggio fatto di persone che si incontrano, di idee che si evolvono e disegnano nuove strade. L’azienda umbra che dal 1987 è riuscita ad affermare in tutto il mondo un modello di sneaker inconfondibile e di alta qualità, festeggia la “sua” donna con una sneaker in edizione limitata, elegante rivisitazione del modello Ariel, nelle tonalità oro e argento e con gemme preziose dalle diverse forme e colori. Il viaggio continua. (C. C.) www.rucoline.it

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© Jennifer Westjohn

MILANO ARTE

Una volta, i tipi come Cyprien Gaillard, la società li emarginava. Se andavi in giro con la tua banda di amici a lanciare estintori o se devastavi il parco di Vassivière con un selvaggio free-party animato dalla musica elettronica psychobilly di Koudlam e per di più pretendevi di essere un artista, ti isolavano e ti spingevano ai margini a vivere una vita bohémienne fatta di fame e di stenti, come successe a Verlaine, van Gogh, Gauguin, solo per citare tre esempi illustri e dimenticare tutti gli altri dimenticati. Oggi, al contrario, ti premiano. Dopo essersi fatto conoscere per le sue “opere d’arte” vandaliche, dopo aver messo a punto una strategia artistica basata sul furto e la rottura delle regole, soprattutto della burocrazia, nel 2008 il quotidiano britannico The Independent indicava il giovane Cyprien, nato a Parigi nel 1980, tra i venti migliori artisti emergenti; nel 2010 vinceva il Prix Marcel Duchamp del Centre Pompidou, il premio più importante per l’arte contemporanea in Francia; uno dopo l’altro, inanellava l’Audi Talent Awards (2007), il Premio Karl-Stroeher (2010), il Premio Accademia di Jacques-Louis David (2010), e, ultimo, il Premio per la Giovane Arte della Galleria Nazionale di Berlino (2011). L’elenco dei musei che hanno esposto le opere di Gaillard è ancora più lungo e attraversa i continenti, dalla Tate Modern di Londra al Mori Art Museum di Tokyo. Ora il giovane “genio vandalico”, dopo la grande personale del 2009 a Siena, arriva anche a Milano, su invito della fondazione Nicola Trussardi che gli ha servito su un piatto d’argento una di quelle location “maledette” che Gaillard deve solitamente andarsi a scovare o scavare, come ha fatto con il bunker della seconda guerra mondiale, tirato fuori dalla sabbia sventrando una collina di Scheveningen, nei Paesi Bassi, trasformato in una scultura in negativo violando ancora una volta il paesaggio, come ai tempi della guerra. Cosa si poteva offrire di meglio, a uno così, di una caserma? Gaillard prenderà possesso del panificio militare della caserma XXIV maggio di Milano e lo riempirà di video, fotografie, immagini e suoni che creeranno un percorso caotico e devastato, dove il silenzio si alternerà a rombi improvvisi. Tuttavia la caserma sorge in uno dei quartieri più signorili di Milano, via Vincenzo Monti, in centro: non si sa dunque se la scelta di Gaillard abbia dovuto tener conto del marchio Trussardi per cui sarebbe stato improponibile l’abbinamento con lo squallore periferico di Baggio o del Gratosoglio, o se rappresenti la conferma che Milano, come Atene, è l’unica città ad avere la periferia in centro. Per Gaillard, infatti, il centro di una città è uno spazio di lavoro inedito. Il sublime sta nelle periferie e nei mostruosi blocchi di appartamenti della social-housing (filmati nel video Desniansky raion) che ormai vengono fatti saltare anche nell’Est europeo (“Un edificio o un monumento che crolla sono uno spettacolo talmente forte da cancellare tutto il resto. È l’eclissi della storia”). “Quando visito città nuove non mi interessa il centro storico, mi interessano le periferie, i sobborghi, tutto quello che sta all’esterno. La periferia, con i suoi edifici monumentali e l’architettura modernista, rappresenta il crollo delle utopie, il fallimento e la necessità di ricostruzione. Tutto questo avviene in ogni parte del mondo, alla fine è una rappresentazione dell’uomo”.

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CYPRIEN


TESTO FRANCESCA BONAZZOLI

GAILLARD

Periferie degradate, edifici in rovina, paesaggi desolati. Sono i non luoghi dove prendono senso gli interventi dell’artista francese, in novembre a Milano

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The Recovery of Discovery. Installation view KW, Berlin, 2011

fallimento. In particolare mi piace Hubert Robert, incarcerato con l’accusa di essere un rivoluzionario per aver dipinto la Bastiglia, che stava per essere demolita. La sua difesa si è basata su questioni formali: che la colonna della Bastiglia gli ricordava una colonna antica, che era l’elemento finale in un paesaggio pittoresco e che tutta l’Italia stava dipingendo questi soggetti in quel momento. Sosteneva che era un ottimo esercizio e che era interessato solo a dipingerla. Da un lato stava costruendo i giardini per la regina, ma dall’altro poteva essere visto come un pittore rivoluzionario. Mi piace molto che si potessero ancora giustificare le cose dicendo di essere un pittore di paesaggio e farla franca. Un sacco di altri artisti non hanno questo lusso. Il suo dipinto più famoso è la rappresentazione del Louvre come rovina, ma noi sappiamo che oggi è ancora in piedi”.

QUANTO È IMPORTANTE LA MUSICA NEI TUOI LAVORI? “È essenziale: è quello che dà qualità al lavoro, operando come catalizzatore, come elemento di distorsione del tempo e dello spazio”.

QUAL È LA CITTÀ IDEALE? “Babilonia. L’antico Iraq è considerato la culla della civiltà, ma oggi Babilonia è diventata un sito militare americano. Gli archeologi stanno aprendo i sacchi di sabbia militari che sono stati utilizzati lì dai soldati per protezione e dentro trovano reperti, frammenti di vasi, tavolette. Nei secoli ci sono stati diversi momenti di distruzione di Babilonia: è un dettaglio molto interessante, perché aiuta a vedere le cose in prospettiva. Tutti sono attenti ai danni causati oggi dalle forze della coalizione, ma la distruzione della Torre di Babilonia è accaduta su una scala molto più grande. Pare sia stata distrutta da Alessandro Magno, nel tentativo di ripristinarla. La torre di Babele stava cadendo, e per restaurarla ha fatto rimuovere i mattoni per ricostruire la struttura in modo più stabile. Il problema è che lui è morto prematuramente, per cui non è mai stato in grado di ricostruirla. È così che è stata distrutta. La storia della distruzione di Babilonia è anche la storia del tentativo del suo restauro”.

VEDI IL MEDIO EVO ANCORA VIVO NELLE CATTEDRALI IN ROVINA DELLE ABITAZIONI SOCIALI DELLE NOSTRE PERIFERIE? “Credo che il mio lavoro sia una celebrazione di questo tipo di concetto, come una spedizione archeologica del XXI secolo dove gli archeologi non hanno bisogno di lottare contro la vegetazione o la natura, dal momento che non esistono quasi più, ma devono lottare contro la nostalgia del passato, che invece ricresce di continuo”.

CHE RELAZIONE HAI CON LA TUA FAMIGLIA?

E LA NATURA, CHE COMPARE SPESSO NEI TUOI LAVORI? “Più che alla natura penso al paesaggio. Quando guardi un paesaggio ti metti a confronto con te stesso, profondamente. E quello che scopri può essere distruttivo. Il paesaggio non è solo natura, c’è l’intervento dell’uomo, la relazione con lo spazio, il tempo, la storia. Un castello, una torre abbandonata, il rudere di un edificio, non appartengono più all’uomo, esistono di per sé e diventano un tutt’uno con ciò che li circonda. Questo è un punto essenziale del mio lavoro, che si concentra non tanto sui monumenti o sull’architettura, ma sul paesaggio come integrazione di elementi che lo rendono vivo, interessante. Questo mio interesse per il paesaggio è iniziato presto, quando ero adolescente, e passavo il tempo a fare graffiti e girare con lo skateboard in luoghi abbandonati, come gallerie ferroviarie completamente ricoperte di scritte. È stato il mio primo impatto con l’‘architettura negativa’”.

SUONA UN PO’ COME L’ESTETICA ROMANTICA CHE DIEDE VITA ALLA SCUOLA E AL GUSTO DEL ROVINISMO E CHE PROPRIO IN FRANCIA HA AVUTO GRANDI INTERPRETI COME JEAN HONORÉ FRAGONARD, HUBERT ROBERT, PIERRE-HENRI DE VALENCIENNES. ANCHE TU UTILIZZI PAESAGGI DI QUADRI ANTICHI CHE POI RIELABORI CON ROVINE CONTEMPORANEE. “Se parliamo di rovine, i miei artisti preferiti sono il francese Hubert Robert e l’italiano Giovanni Battista Piranesi: il loro lavoro non è solo un commento sul paesaggio, ma la celebrazione di una sorta di incapacità di preservare tali bellezze naturali. Quindi un’occasione di esplorare molti diversi casi di

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“Amo paragonare il mio rapporto con i monumenti al rapporto con i miei genitori. Per esempio, quando sei un ragazzino, i tuoi genitori sono come monumenti. Essi rappresentano l’autorità, senza dubbio. Quando arrivi a 18 anni però sviluppi un tuo modo di giudicare le persone e acquisisci la capacità di guardare i tuoi genitori con occhi diversi: tuo padre non è il grande eroe che credevi e tua madre può essere anche molto vulnerabile. Il vero amore viene dopo, prima è solo un amore cieco. Il mio rapporto con i monumenti è la stessa cosa. Un sacco di gente non mette in dubbio che il rispetto e l’affetto nascono da lì, dal punto critico. Poi alla fine si guarda indietro e a quel punto si cede alla nostalgia, pensando a quanto fosse grande e bello il monumento che c’era prima che l’uomo lo distruggesse. Per me non è così. Non è mai stato così bello, e dobbiamo amarlo ora, com’è in questo momento”.

NON SEI SPAVENTATO DAL SUCCESSO ARRIVATO COSÌ PRESTO? Gaillard non dà una risposta, che del resto sarebbe un ovvio no. Con quel viso sfregiato in modo asimmetrico da una voglia e che sembra perfetto per uno dei personaggi maledetti di Leos Carax, ha già posato per riviste patinate e per Terry Richardson che ha immortalato Gaillard come testimonial della collezione di Supreme, la marca feticcio degli skater. Altro che paura. Uno così, ha già capito tutto delle regole del gioco dell’art system. •

Rubble and Revelation – Rivelazioni e Rovine a cura di Massimiliano Gioni dal 14 novembre al 16 dicembre 2012 www.fondazionenicolatrussardi.com


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Geographical Analogies, 2006 - 2011 © Cyprien Gaillard. Courtesy Sprüth Magers Berlin London



LONDON & CO. FENOMENI

IL FUTURO È A PEDALI

TESTO SUSANNA LEGRENZI

Piste ciclabili sospese che attraverseranno i cieli di Londra. Una bici in cartone da nove dollari senza lucchetto. Velodromi come parchi dei divertimenti. Il nuovo volto della città si costruisce pedalando URBAN | 27


L’ultima rivoluzione, a Londra, è in (alta) quota: una pista ciclabile sopraelevata che s’ispira (ma non troppo) alla High Line di New York, il parco lineare firmato da Diller Scofidio + Renfro lungo una vecchia linea ferroviaria nel Lower East Side, Manhattan. Tra i sostenitori c’è anche Boris-The Mayor-Johnson che pare abbia già espresso un ufficioso “Yes, of course”. Il progetto – SkyCycle, il nome – è opera di uno studio britannico, Exterior Architecture: “Per ora l’idea, messa a fuoco in un pub dopo un paio di birre, è collegare il distretto Olimpico di Stratford con la Stazione di Liverpool Street”. Poi domani, chissà. Al momento, Londra discute, e lo fa alla grande. Il coinvolgimento è forte. Nonostante i piovaschi d’ordinanza, ogni giorno a Nord e a Sud del Tamigi pedalano – tra Double Decker, cab, auto, furgoni – circa 500mila ciclisti metropolitani. E si stima che, entro il 2020, il numero raggiunga gli 1,5 milioni. SkyCycle promette a tutti l’eldorado: alleggerire il traffico, garantendo sicurezza a hipster e pendolari. Budget? “Siamo in trattativa con Network Rail” affermano da Exterior Architecture. “Il dato interessante è che SkyCycle non sarà realizzato con soldi pubblici ma grazie a un ticket di accesso imposto ai ciclisti”. Qualcuno ha già fatto i conti: 1 sterlina a corsa, da addebitarsi direttamente sull’azzurro cielo delle Oyster Card. In sintesi, SkyCycle è una sorta di crowfounding, partecipato, a costo democratico. E non del tutto aleatorio: i 40mila km di ciclabili tedesche producono circa 8 miliardi di euro di indotto l’anno. Pound più, pound meno, visto dall’Italia, dove Il Piano delle Mobilità Ciclistica è rimasto quel che era (un documento di indirizzo, n.d.r.), la ciclabile a mezz’aria ha tutte le caratteristiche di un’idea decisamente futuribile. Esattamente come Bicycle Club, il velodromo progettato dagli olandesi di NL Architecture per una città satellite nel Sud della Cina. E non è tutto. Tra le più rivoluzionarie sfide targate 2012 quella che più colpisce è senz’altro 9 $ Carboard Bike, una due ruote in cento per cento cartone riciclato. L’inventore non è un designer engagé ma un ingegnere israeliano, Izhar Gafni, stazza non proprio sportivissima, capello riccio, nell’insieme un personaggio da film alla fratelli Coen. Gafni è un super esperto di progettazione di bici su misura in fibra di carbonio ma, in quanto ingegnere, conosce anche tutti i segreti della produzione in serie. “Grazie a un trattamento brevettato dall’israeliana Reinhold-Cohn il cartone che stiamo sperimentando è, al momento, il più resistente polimero leggero sul mercato, così forte da trasportare pesi fino a 220 kg” racconta. Il costo per realizzare la due ruote del futuro si aggira tra i 9 e i 12 dollari. La sagoma non è proprio filante ma il prezzo ne fa un progetto per tutti, in linea con il celebre One Laptop Per Child da 100 dollari disegnato da Yves Behar per MIT. “Lo sviluppo del progetto”

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confidano da ERB, società israeliana impegnata nell’avvio di start-up di successo “è iniziato tre anni fa. Prevediamo di mettere in commercio anche un modello ibrido a motore. Le nostre biciclette non hanno bisogno di manutenzione o regolazione. Ciò le rende disponibili al consumatore finale a un prezzo davvero bassissimo”. Ma c’è un altro dato che non passa inosservato: la facilità di smaltimento della bicicletta, qualora qualcuno decidesse di sbarazzarsene come fosse un mozzicone di sigaretta. A New York, i vecchi rottami “dimenticati” per strada, autentici detriti della mobilità moderna, sono diventati un progetto d’arte: Abandoned Bike. Tutto è iniziato dall’emittente radiofonica del servizio pubblico Trasport Nation che ha chiesto ai suoi ascoltatori di immortalare i catorci con una fotografia da spedire al newtwork. Il passaggio successivo è stata l’implementazione di una mappa: per ogni segnalazione, un geocode. “Pensavamo di ricevere al massimo una cinquantina d’immagini” racconta Alex Goldmark, responsabile del progetto. “In poche

ore ne sono arrivate più di 500. E dopo le immagini sono arrivate anche le ‘confessioni’”. Brevi racconti fatti di descrizioni, ipotesi, ricordi, sensi di colpa, enigmi, tracce metropolitane, quasi una Trilogia di New York alla Paul Auster. Il progetto è diventato anche una mostra. E, in modalità virale, ha dato vita a una reazione a catena coinvolgendo altre città, Washington in testa. Sempre in tema di sguardi proiettati verso il futuro, nelle scorse settimane, sempre negli Stati Uniti, è stato presentato un progetto di parcheggio per due ruote, inizialmente ideato per la capitale coreana Seul: Bike Hanger. Segnalato nella categoria trasporti nell’edizione 2012 del premio Brit Insurance Designs of the Year, Bike Hanger è una struttura essenziale, ideata per aree ad alta densità urbana. “Normalmente i sistemi di stoccaggio delle bici occupano grandi quantità di spazio” racconta Jeeyong An, leader dello studio newyorchese Manifesto Architecture. “Bike Hanger supera il problema grazie a una struttura che ricorda una sorta di raggiera verticale da inserire in spazi sottoutilizzati, come le facciate laterali di un edificio”. Sul tema del bike parking si è cimentato anche David Byrne, l’ex frontman dei Talking Heads, nonché autore del fortunati Diari della bicicletta. Il risultato, una rastrelliera a forma di lettere dell’alfabeto, è tutto da vedere. L’indirizzo è quello della Brooklyn Academy of Music, dove per ora, tra un cerchione e un lucchetto, grazie a Mr Byrne si legge: “Pink Crown”. Come dire… Take me to the river: “Prendi il mio denaro, le mie sigarette / Non ho visto il peggio ancora”. O forse sì. Per esempio, a Milano, dove per fare una ciclabile sembra basti passare una mano di vernice gialla su un fondo strada, ampiamente parcheggiabile. Se non fosse mano pubblica, sarebbe quasi puro hacking metropolitano. Già. •

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MILANO & CO. MUSICA DI PAOLO MADEDDU

PSICHEDELICI SENZA COMPLESSI

TAME IMPALA 26 OTTOBRE 2012 MILANO – MAGAZZINI GENERALI Vengono da Perth, Australia, un tempo chiamata Boorloo dagli aborigeni – prima che nell’Ottocento gli inglesi decidessero che era un posto carino e valeva la pena prenderne possesso (ovviamente, senza consultare gli aborigeni). Perth è piena di italiani! 85mila. Non pochi, anche in un’area metropolitana che conta un milione e mezzo di persone. Circondate dal nulla o quasi: Perth viene considerata la più grande tra le città sperdute del mondo – è piuttosto isolata, lì sulla costa occidentale. Le star più famose di Perth sono più che sperdute, sono morte: Heath Ledger e Bon Scott degli AC/DC. I Tame Impala invece sono vivi da poco, il loro disco di debutto risale al 2010 e il secondo album Lonerism è uscito quest’estate. La loro musica è psychedelic hypno-groove melodic

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rock music – questo dice il loro sito internet, chi siamo noi per discutere – e sostanzialmente consistono nel giovane Kevin Parker, più alcuni amici che si tira dietro perché non riesce a fare tutto da solo. Sono molto gradevoli, gli Impala, ed è inutile negare (perché quella parola lassù, “psychedelic”, tende a stamparsi in testa più di tutte le altre) che suonano un po’ rétro. “Volevo fare musica elettronica”, mormora Parker, “mi ha un po’ deluso sentire che tutti notavano tanti riferimenti agli anni ’60. Ma allo stesso tempo, è vero che quei suoni remoti e un po’ goffi hanno un effetto fantastico sul cervello”. Se volete sentire un po’ di suoni remoti e goffi, vi verrà data una sola possibilità, in occasione della loro unica data italiana. Mentre in Germania, di concerti ne fanno tre. Vedi alla voce: spread. •


JAKE BUGG JAKE BUGG ROB ZOMBIE MONDO SEX HEAD

Mercury

Geffen

WHO: 19enne di Nottingham. Ha

WHO: Robert B. Cummings, nato 47 anni fa nel Massachusetts, ex dei White Zombie, poi diventato solista nonché regista. E come avrete intuito dal nome di battaglia, ha quella passione lì. Sia nella musica che nel cinema. Tra i suoi film, quelli della nuova serie di Halloween. WHERE: Oltre l’orrore: in discoteca. Ha lavorato ai remix dei suoi brani metallosi con alcuni deejay. Non particolarmente famosi (scusate, stiamo ovviamente scherzando. Tutti i deejay sono famosi. Nascono famosi). Toh, c’è Bloody Beetroots. Sì, lui è famoso. Ma in fondo, è uno di Bassano. WHY: Presi dalle tombe e buttati nei club, i brani acquistano una vita nuova. Non sono per nulla prevedibili, a differenza di quanto accade nella maggior parte delle discoteche.

WHAT: “Da ragazzo guardavo la tv tutto il tempo. Tutto ciò che vedevo in tv sembrava eccitante e divertente. La gente sembrava speciale e interessante, e questo ha influenzato il mio sguardo sulla vita reale”. WHEN: Q Quando scopri che il più scemo tra i tuoi vecchi co compagni di classe è candidato alle elezioni, o e la gentee dice che è la speranza del Paese.

aperto i concerti degli Stone Roses e quelli di Noel Gallagher. Il suo idolo è Donovan, ovvero quello che negli anni Sessanta era considerato la risposta scozzese a Bob Dylan (... gli scozzesi hanno una risposta a tutto. È una risposta stranissima, ma ce l’hanno).

WHERE: Strettissimo nella ingrata definizione “L’anti-Justin Bieber”. Che comunque per un sacco di gente sarebbe già un buon motivo per ascoltarlo giorno e notte. Se prende la strada giusta diventa bravo davvero. Se non la prende, pazienza, avanti un altro.

WHY: Si sente che è cresciuto ascoltando roba vecchissima. Ma tenete conto che è del ’93, per lui anche gli Oasis e pure gli Arctic Monkeys sono roba vecchissima. WHAT: “Penso che ognuno si renda conto da sé che le canzoni di una volta erano meglio. Troppa musica oggi suona tutta uguale. Le canzoni non hanno vita”. WHEN: Quando scopri che la più brava delle tue ex compagne di scuola è in tv a discutere con Maria De Filippi sul fatto che Puccio non doveva tradire Puccia.

UNA SU 13 P!NK “JUST GIVE ME A REASON” DA “THE TRUTH ABOUT LOVE” Rca

WILD NOTHING NOCTURNE

SUN AIRWAY SOFT FALL

Captured Tracks

Dead Oceans

WHO: Jack Tatum, 24enne di Williamsburg, Virginia. Il tipo di giovane sognante che cerca di sventolarvi in faccia il fatto di essere un giovane sognante – sguardo perso, testa bassa, camicie sconsigliabili.

WHO: Jon Barthmus, da

WHERE: Al secondo disco di atmosfere sognanti – molto sognanti. A volte pure troppo: SVEGLIA.

WHERE: In un mondo in cui gli architetti hanno preso il potere.

Philadelphia, ex componente dei The A-Sides, band che forse avete sentito nominare se siete persone veramente preoccupanti che hanno un blog che segue la musica indie.

WHY: Folate di archi, arcate di

Le pioggerelline, le brume, ma anche le giornate di sole infingardo, quelle che sull’autobus senti dire “Oh, sembra maggio invece che ottobre”. Il precariato del clima. Il mese giusto in cui ascoltare questo dream-pop delicato ed etereo senza che nessuno possa farvene una colpa.

elettronica, melodie a strati, ritornelli distratti. M83, Björk, New Order, Brian Eno. Vi siete fatti un’idea? No? Ok, allora pensate alla persona più pretenziosa che conoscete e immaginatela leader di un gruppo – del quale ovviamente fa parte solo lui (nel disco precedente, il primo, c’era con lui un altro tipo ma ci ha messo poco ad andarsene).

WHAT: “Certe volte uno proprio non se la sente di confrontarsi con la vita. A volte hai solo voglia di spingere via le cose o di rifugiarti in un mondo che non può esser raggiunto. È il tipo di idea che come certi sogni, finisce per tentarti. A tutti gli effetti, è una via di fuga”.

WHAT: “Mi piacerebbe molto suonare a Versailles. Takashi Murakami ha esposto le sue opere lì e il risultato era fantastico, con le sue bizzarre sculture contrapposte a quello stile pazzesco e la cosa pareva funzionare, quindi potrebbe valere anche per la mia musica”.

WHEN: Quando scopri che quello

WHEN: Quando scopri che il tuo compagno di classe che scriveva poesie e guardava i film francesi è in tv a imparare da Briatore come diventare un vincente.

WHY: È ottobre, che diamine.

a cui facevi tutti quegli scherzi scemi al liceo è stato chiamato dalla tua azienda per tagliare i rami secchi.

In questi giorni, davanti alle scuole molti molti di noi sono come P!nk. Siamo meglio di così, ma spesso pensiamo che quel meglio, nessuno ce lo chieda. Se poi diamo un’occhiata intorno, ci rassicura vedere quante scartine ci circondano – e allora, haha!, cerchiamo di trarne vantaggio. P!nk, con quel punto esclamativo da teenager che si tira dietro da 13 anni, ha iniziato così la sua carriera: come quei partiti che fanno campagna elettorale insistendo sulla propria diversità (“Smettete di paragonarmi alla dannata Britney”, lo diceva anche nei singoli), chiamando alla riscossa le ragazze che si sentivano Missundaztood perché non erano Fuckin’ Perfect, salvo poi ritrovarsi alla buvette per fare magnamagna con le esecrate Britney e Beyoncé (tutte e tre insieme in uno spot. Per la Pepsi) e farsi scrivere il suo pezzo migliore (Get the party started) da Linda Perry proprio come Christina Aguilera. Dalla fine degli anni ’90, Alecia Moore in arte P!nk è il Di

Pietro del pop: fa leva sull’onestà, ma i suoi album non contengono alcuna riforma; non c’è opposizione, ma il solito elettropop rimasticato, uguale a quello delle altre, solo che lei fa battute e dice parolacce. Divenuta mamma, continua a giocare la parte della monella come una Littizzetto della Pennsylvania: “You’re an asshole but I love you”, canta in True love; “I’ve had a shit day, you had a shit day, we had a shit day”, gorgheggia in Blow me, sapendo che milioni di segretarie ne faranno il proprio stato su Facebook. Infine zoccoleggia con fierezza (“I’m a slut like you”) superando a destra Ke$ha e Katy Perry. Cosa rimane, di una popstar intelligente e con una gran voce? Just give me a reason. Un duetto con un imberbe idolo delle ragazzine, Nate Ruess dei Fun, per una ballata uptempo da cantare ai matrimoni o ai karaoke (...se ne fanno ancora? Di entrambi, dico). È il minimo sindacale del pop. Ciò che si dà quando nessuno chiede di più. •

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LONDON FASHION

MEADHAM KIRCHHOFF TESTO FEDERICO POLETTI

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Ironia ed esuberanza sono le armi con cui l’inglese Edward Meadham e il francese Benjamin Kirchhoff in arte Meadham Kirchhoff hanno infiammato le passerelle dell’ultima London fashion week. Ad andare in scena una maliziosa Maria Antonietta dal sapore un po’ punk, che indossa corsetti, fiocchi, piume e volant, maniche a sbuffo, stivali alti e abiti impreziositi da gioielli. Un mix travolgente di elementi che si combinano insieme: lingerie del diciottesimo secolo, attitudine vittoriana, corsetti, rouche, ricami d’oro, cascate di seta e di cristalli, pizzo, giacchine avvitate e gonne ampie, stivali di broccato o con i fiocchi. Per i due stilisti, ex allievi della celebre Saint Martins di Londra, la moda deve esprimere “la bellezza, nient’altro che bellezza”. Da qui nasce la loro idea di una “couture” contemporanea e assolutamente pop fatta di abiti-spettacolo e capi decisamente non convenzionali. Non a caso dopo la collezione ispirata al Taboo, celebre club londinese degli anni ’80, loro musa è stata Courtney Love, party girl e inquieta leader del gruppo rock Hole, nonché compagna di Kurt Cobain. Una moda per non passare inosservati, ma che non rinuncia a una femminilità retrò e irriverente al tempo stesso.

CHI È LA DONNA MEADHAM KIRCHHOFF? Non pensiamo a uno specifico “tipo” di persona, né vogliamo dettare o stabilire a priori chi sia il nostro cliente. La donna Meadham Kirchhoff è chi non può fare a meno di desiderare e comprare i nostri capi.

COME DEFINIRESTE IL VOSTRO STILE? Ridondante.

DOVE TROVATE L’ISPIRAZIONE PER I VOSTRI PROGETTI? In una miriade di luoghi, immagini e parole. Dipende interamente dal nostro stato d’animo e da quello che ci circonda.

C’È UNA DISTANZA TRA QUELLO CHE SIETE E QUELLO CHE DISEGNATE? Edward Meadham: Il nostro stile personale è completamente e indissolubilmente legato alle nostre collezioni. Personalmente trovo davvero strano vedere che gli abiti di alcuni designer non sembrano avere nulla a che fare con loro stessi: è strano per me pensare di poter disegnare abiti che non indosserei.

COSA VI HA MAGGIORMENTE INFLUENZATO IN QUESTI ULTIMI ANNI? Per la nostra visione ed estetica è stato importante il mondo che Courtney Love ha creato con Hole. Con le parole, il modo che ha usato per presentare se stessa, il lavoro che ha fatto per i dischi, i video...

LE VOSTRE SFILATE SONO SEMPRE UN GRANDE EVENTO. LA COMPONENTE SPETTACOLARE È UNA PARTE COSÌ DETERMINANTE PER IL VOSTRO LAVORO? Ci piace creare un’estetica completa e sorprendente. Per noi la sfilata, il set, l’invito sono parti integranti di un unico messaggio che vogliamo trasmettere con ogni collezione.

COME NASCE UNA VOSTRA COLLEZIONE? Benjamin Kirchhoff: Inizio da come mi vesto e da quello che desidero in quel periodo. Da che cosa voglio ascoltare a quello che voglio vedere, quello che mi va di avere intorno... Poi guardo qualsiasi immagine che si addice allo stato d’animo che ho in quel momento e alla fine penso e ripenso a tutto, fino a deprimermi moltissimo. Poi come per magia tutto si risolve in modo sorprendente.

CHE CONSIGLIO DARESTE A CHI VORREBBE FARE IL VOSTRO LAVORO? Studiate quello che abbiamo fatto noi: come abbiamo iniziato, ogni decisione o errore che abbiamo compiuto fino a ora. E cercate di fare l’esatto contrario!

QUAL È LA VOSTRA COLONNA SONORA PREFERITA? Se vuoi dire colonna sonora di un film, mi piace sempre avere di sottofondo In bed with Madonna, sia per la canzone, sia per la sua voce.

LA CITTÀ CHE AMATE DI PIÙ? E DOVE VI PIACEREBBE TRASFERIRVI NEL FUTURO? Non siamo grandi viaggiatori gia iato tori to r ed ri ed entrambi en ntram tram tr mbi b ssentiamo een nti t aam mo un un aamore/ m re mo re// odio per Londra, città cche facendo conoscere he ccii st staa fa face cceen nd do cco ono nosc sccer e e a un u pubblico sempre più internazionale. piaciute molto nte t rn naz aziona azio iona io n le le. C Cii ssono ono pi on p aciu ac iute iu tee m ollto anche Barcellona e Madrid andare New dri rid e cii piacerebbe piaace cerebb rebb re b e an anda daree a N da dare ew w York ma solo a patto dii riuscire dii tu tutte persone p r usci ri usciire us r a lliberarsi iber ib erar er a sii d uttte lee p erso er sone so conservatrici co ons nser e va er v trric icii ch chee la l aabitano. bita bi bita tano n .• no

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BROOKLYN ROMA & CO.LIBRI NIGHTLIFE DIDICONTRIBUTOR MARTA TOPIS NAME

DANIEL CONTRO L’URAGANO SHANE JONES ISBN, 2012 256 pp., 15 euro Abbiamo lasciato Shane Jones, giovane scrittore part-time di Albany trapiantato a New York, nel gennaio 2011 quando, in concomitanza con l’uscita in Italia del suo primo affascinante romanzo (Io sono Febbraio), si accingeva a scrivere un secondo libro rivelandone solo una parola clou: “uragano”. Ebbene sì, eccolo! Per tutti quelli a cui piace sognare, Jones racconta la fantasiosa storia di Daniel Suppleton, un ex impiegato terrorizzato dagli uragani sin da bambino che si ritira a vivere in una tenda nel bosco, circondato da bizzarri personaggi dai nomi ancor più curiosi, in parte reali, in parte creati dalla sua immaginazione. Fino al giorno in cui l’uragano arriva veramente e travolge tutto e tutti, inclusa la sua ex-moglie nonché terapista Karen che, nonostante tutto, non ha mai smesso di cercarlo (e probabilmente di amarlo). Verità e sogno, privi di argine, esondano tra le pagine diventando quasi allucinazioni e regalano a chi legge immagini indimenticabili (come quando Daniel viene ritrovato da Karen nel fango).

VISIONE BINOCULARE EDITH PEARLMAN

IL SECONDO CERCHIO AA.VV.

BOMPIANI, 2012 392 pp., 19,50 euro

TROPEA EDITORE, 2012 240 pp., 14 euro

Basta leggere anche soltanto il primo dei 21 racconti che costituiscono la raccolta di Visione binoculare per rendersi conto che Edith Pearlman, scrittrice americana ultrasettantenne (Rhode Island, 1936) e acclamata vincitrice del National Book Award 2011, racconta storie di ieri (molte su ebrei) e di oggi, ambientate in giro per il mondo, con quell’elegante pacatezza che solo anni di esperienza possono produrre: i suoi personaggi vivono esistenze intense, godendosi i piaceri della vita, senza scomporsi più del dovuto anche davanti a eventi terribili. Sofisticati, mai fuori dalle righe, fronteggiano ogni evento straordinario alla stregua della quotidianità, ma sempre con lucidità, come accade nel racconto che dà il titolo all’antologia, dove una bambina tutti i giorni spia con un binocolo la famiglia di fronte, fino a quando lui scompare, perché si è suicidato…

Si legge anche per pura curiosità e questo è uno dei casi. Una generazione di scrittori nasce mentre l’URSS muore dando spazio a un nutrito “spezzatino” di stati ed etnie: quattro di loro, tutti under 25 e scriventi in cirillico, sono stati scelti dal Premio Debut per rappresentare con i loro racconti uno spaccato della letteratura post-sovietica, quella liberata dalla Perestrojka. E allora si leggono le storie di Alisa dal Daghestan, Igor dalla Baschiria, Anna dalla Russia centrale e Alexei che arriva dagli Urali, non tanto per le trame ma per gli squarci di vita, colori e suoni che offrono: squarci che emozionano (nell’intenso Il bambino perduto) ma possono anche disorientare, come la confusione di un mercato caucasico (in Salam, Delgat); incuriosiscono (La città pallida con il suo viaggio in autostop) ma sanno anche far sorridere irridendo difetti del vecchio regime (Alta pressione).

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ph. Ronald Smits

EINDHOVEN DESIGN DI OLIVIA PORTA

UGUALE & DIVERSA State of Transience è un progetto di Sander Wassink: racconta il processo di trasformazione di una semplice sedia, di volta in volta diversa a seconda dell’utilizzo dei materiali che si aggiungono e si sottraggono durante le fasi di costruzione. Wassink dimostra l’impossibilità di una forma finale o definitiva della seduta. Ogni nuova versione di questa sedia mostra contemporaneamente eamente segni del passato e suggerisce possibili sviluppi futuri. L’obiettivo non è un prodotto finito, ma una storia materiale di combinazioni e costruzioni. www.sanderwassink.nl

EINDHOVEN DUTCH DESIGN MEMORY GAME

LONDON PEDAL POD

Sarà lanciato ufficialmente sabato 20 ottobre nella versione XL durantee la Design week di Eindhoven, che inizia proprio quella settimana. Il gioco di memoria moria celebra gli eroi – ne sono stati selezionati 30 – del Dutch Design: ogni serie rie di carte è composta da due oggetti iconici del progettista, che bisogna riuscire scire ad avere tra le mani contemporaneamente. Per scoprire quanto si è design addict.

Per chi dispone di poco spazio, non vuole occupare il pavimento di casa e non può lasciare la bici in strada, perché è il bene più prezioso che ha, l’inglese Tamasine Osher ha creato Pedal Pod, scaffale in noce multifunzionale. Appena presentato a Tent London, semplice quanto a materiali e costruzione, è un successo annunciato.

www.ddw.nl

www.tamasineosher.com

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NEW YORK FENOMENI

La strada, ancora? Ma davvero? In questo secolo? La strada “vera casa dell’uomo” come diceva Bruce Chatwin? La strada “unica salvezza” secondo Giorgio Gaber? La strada che “procede senza fine” dello hobbit Bilbo Baggins (e quindi del professor J.R.R. Tolkien)? La strada di tutti quei road movie, da Easy Rider a Thelma e Louise – che, detto per inciso, l’ha sdoganata per un pubblico femminile, perché era sempre stata una questione più per maschi che per cowgirl. Non siamo oltre? Non abbiamo superato il luogo comune di tutti i corsi di scrittura creativa, quello della strada come “quest” personale, percorso esperienziale, immancabile “viaggio dell’eroe”? La strada come trionfo del tragitto sull’obiettivo da raggiungere (…il mezzo che diventa messaggio, direbbero quelli che sanno come funzionano queste cose), come chiave per la libertà, come fonte insostituibile di esperienze e verità, virtù e conoscenza, eccetera eccetera... Ma no, dai. Possibile che ancora sopravviva, in mezzo agli hashtag, la voglia di “on the road”? Non erano tutte dabbenaggini dei nostri nonni e genitori, la beat generation di Kerouac prima e gli hippies di Woodstock dopo? Non erano solo fantasie egocentriche sul mito di Ulisse che le generazioni precedenti, i nonni e genitori dei nostri nonni e genitori, con la testa china sul campo da coltivare o sul tornio, non si potevano permettere – perché ai loro tempi potevano andare alla ricerca di se stessi solo i ricchi o gli artisti (e più di tutti, gli artisti ricchi)? Ma oggi, nel 2012, non è una battaglia di retroguardia, desiderio narcisistico di avventura, sogno di fuga alimentato dai rivenditori di zainetti o di quadernini da trasformare in diari ricolmi di battagliero romanticismo tipo quelli di Che Guevara? Almeno in parte è così: è smaccata nostalgia per un mondo diverso dalla fase attuale, in cui tutte le strade (telematiche) del mondo ci appaiono su un display, in cui Ryanair ci porta – in cambio di una cifra oggettivamente

TESTO PAOLO MADEDDU ILLUSTRAZIONI ANTHONY ZINONOS

THE ON 40 | URBAN

ROAD


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Un romanzo di culto per almeno due generazioni e adesso anche un film. Ma come sopravvive la filosofia della strada nella contemporaneitĂ post globalizzata?

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contenuta in termini di valuta unica – dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, dove troviamo invariabilmente gente col braccio proteso e un aggeggio puntato su se stessa, per farsi la foto da mettere su Facebook o Flickr o Instagram. E poi via, seguendo il percorso consigliato da una app. Sembra strano, che questo nostro lato nomade dia ancora languori, in un momento in cui i nomadi danno sui nervi a tutti. Pare impossibile, che si abbiano di queste fantasticherie in un’epoca in cui persino i gruppi rock hanno un po’ di pudore a parlare di “vita on the road”: i tour non sono più spedizioni rapaci e picaresche in territori ostili, ma percorsi studiati e ottimizzati per un adeguato ritorno economico. Eppure, nonostante questo, o forse proprio per questo, il mito della strada resiste. Nell’era del wireless, la gente che vuole sentirsi wireless è in evidente aumento. Lo spirito che spinge a confrontarsi con il grande chissàcosa non solo non declina, ma rilancia. Affacciandosi in modalità nuove, che con i vecchi saccoapelismi e autostoppismi non hanno più molto in comune. La più astuta forse è quella dei nuovi politici tutti fiuto che invece che andare a gongolare nel salotto di Vespa si mettono in strada col camper e ci vengono a cercare. La più inaspettata è probabilmente il couch-surfing, unione di semplicità del giaciglio, sofisticazione “social” e totale fiducia nei confronti di un ignoto (e dell’ignoto). La più velleitaria sono i trekking di derivazione storica o religiosa, la via della seta o la via Francigena, se non addirittura il cammino di Compostela: li percorrono anche ruvidi materialisti, e tornano tutti con l’aria così arricchita. La modalità più classica, ma solo apparentemente, è quella su due ruote. Negli ultimi 12 mesi le bici hanno superato le auto: se ne sono vendute un milione 750mila, 2mila più delle macchine immatricolate. Fosse solo questione di costi di carburante: le mountain bike hanno le stesse quote di mercato delle city bike. Poi d’accordo, in Italia mancano le piste ciclabili, ma in Germania e in Olanda no, ce n’è una quantità quasi offensiva. Posto che alla bici non vengono risparmiate strade meno comode: secondo un sondaggio (fonte: Findomestic), tra le destinazioni più pedalate ci sono la strada dei Giganti in Irlanda, la costa Baltica, la Cornovaglia, i fiordi norvegesi, Cuba. I ciclisti stanno imparando dai mototuristi, che mediamente

fanno dai 5 ai 10 viaggi l’anno. Gli easy rider di oggi non hanno le moto deliranti di 40 anni fa: le fanno revisionare, preparare, ammortizzare. Il biker 2.0 è meno vagabondo e bohémien, e più determinato, sicuramente più organizzato. È sempre tamarro dentro – ma parte con la Rough Guide e la Lonely Planet (il navigatore no: è da automobilisti), con giacche e scarpe sensate. Non parte più all’avventura. Anche se non si può evitare l’avventura quando si parte: è lì fuori, che ci punta, e ci aggancia non appena usciamo proprio perché in casa tutto tende a una specie di ordine (che poi, non si sa come, è un ordine cui basta mezza giornata per tornare a essere un casino senza capo né coda). Infine la dipendenza dalla strada più mascherata è quella di chi corre, apparentemente per tenersi in forma. Sono sempre di più, cavolo, e vanno ovunque a fare maratone, ad appropriarsi di sentieri urbani. È solo perché costa meno che andare in palestra? Beh, e lo scopriamo solo adesso? Cosa siamo, deficienti? Okay, posto che potremmo esserlo (un po’) non è tutto lì, non è solo per la prova costume: sotto sotto, quello del running è un boom che riflette la scoperta che c’è qualcosa che può dare solo la strada, e non sono solo le distorsioni. E comunque, il rischio di procurarsene una alla caviglia è inferiore al rischio di distorsione della realtà che si vive in palestra... A cominciare dalla irreale musica che viene dagli altoparlanti. •

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URBAN X

Abito camicia in denim con rouches applicate e cintura

MCS: REAL LIFE EXPERIENCE Entra nel mood wild & west di MCS. Il 27 ottobre dalle 14 alle 19 vieni nello Shopping in suede e pelle con ricamo nativo americano

store MCS di corso Venezia 2 a Milano e indossa i capi che preferisci. Un fotografo di Urban ti fara un ritratto e ti regalera la tua polaroid on the road


Tricot a fili multicolor effetto jacquard

Giacca con inserti in fustagno e tweed e interno in tecno nylon

Denim cinque tasche con inserti in velluto e pelle


URBAN X

Pull in lana a maglia larga con zebra stampata. Euro 58

Pull in cotone, color grigio melange, con croce al centro color nero e borchie e profili tagliati al vivo. Euro 60

Pull in lana mista viscosa, con maniche lunghe, color fucsia, fantasia stelle color bianco all over, profili effetto used e scollo a barca. Euro 83

QUESTIONE DI KONTATTO


Giacca in tessuto tweed color blu, petrolio e bianco, con abbottonatura perle centrale sul davanti, maniche lunghe e scollo a barca. Euro 75

Cardigan in lana grossa e fantasia jacquard color fucsia e beige, con maniche lunghe, scollo a v e abbottonatura centrale sul davanti. Euro 80

Pull in lana con stella al centro color nero e borchie e bordi asimmetrici. Euro 98


SHANGHAI CREATIVE LAB

CARTOLINE DA SHANGHAI TESTO SUSANNA LEGRENZI

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Biciclette stracolme di cose, ma anche la notte a chiacchierare sui tetti sotto un cielo gonfio di luce. E, ancora, noodle al sesamo, sale da biliardo, campi per il volano, l’immarcescibile karaoke, la spesa degli expat da Avocado Lady, una Tsingtao tra amici, la mostra di Bill Viola. Nell’insieme, frammenti di pensieri, incontri, parole, sguardi che restano negli occhi e diventano altro, tra “bella pagina” e colpo di forbice: Night Drops. Più che una raccolta, un welcome to Shanghai: una novel in progress fatta di disegni in piccolo formato, eseguiti, in genere, “la sera, prima di andare a dormire”. Racconto di cornice, memoria, riflessione, a tratti intimista, a tratti documento, Night Drops è Ailadi Cortelletti, visual designer in forza alla “über alles company” Frog Design: “Quindici sedi sparse per il mondo, progetti legati al design dell’innovazione con un range abbastanza ampio che può andare dall’applicazione Android per un’agenzia viaggi al glucometro per diabetici, a nuovi concept di prodotti anti-zanzare”. A-i-l-a-d-i, giusto? “È il contrario del nome di mia mamma” sorride. “Mi ha dato accesso a un infinito numero di nomignoli e storpiature: heidi, ali, heighlander, ai lati, ai ladri, ailaidi, adelaide.

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Ai cinesi piace: ha un bel suono, dicono. E già basta così”. Studi in Italia, quindi Parigi, Colonia, Ivrea, nel talentificio dell’Interaction Design Institute, Ailadi è a Shanghai, da circa un anno. Prime impressioni? “Dicono che o si ama Shanghai o Pechino. Sono atterrata a Pechino e mi è piaciuta. Inizialmente avevo un po’ paura che Shanghai fosse troppo occidentalizzata. Per fortuna mi sbagliavo. Mi è bastato uscire un po’ dalla Concessione Francese e dai quattro vialoni commerciali per trovare quel che cercavo”. La Cina di Ailadi è fatta di fotogrammi brevi, a volo d’uccello o ad altezza uomo, micro racconti, fedeli o surreali, in grado di restituire con ironia sottile le distopie di una città dove la dimensione del tempo (e non solo) sembra sempre in corto circuito, troppo veloce, o troppo lenta. “Ogni mattina quando vado al lavoro in


bicicletta mi imbatto sempre in qualcosa che mi fa sorridere”, confida. “Oggi, per esempio, c’erano quattro cinesi in motorino, che viaggiano, pacatamente, l’uno a fianco all’altro, come se stessero facendo una passeggiata a cavallo in un parco”. Cammei senza morale, Night Drops non è solo una raccolta di disegni ma un telescopio con cui scrutare, da insider, il quotidiano di 23 milioni di abitanti raccontati con segno lieve e feroce: “5 x 5 centimetri di carta colorata per origami che incollo su un altro foglio di carta colorata che fa da cornice per raccontare qualcosa accaduto il giorno stesso – a volte il mondo che mi circonda, a volte fatti di cronaca – che in qualche modo mi ha colpito, fatto pensare, preoccupare, entusiasmare”. Le notti a Shanghai, per esempio. “Già, lunghissime… La mia preferita, penso, sia quella in cui alle cinque di mattina stavamo ancora parlando e sorseggiando birra in un parco. Pian piano si era schiarito il cielo e, qua e là, spuntavano attempati cinesi solitari o in coppia che camminavano facendo esercizi con le braccia, respirazione, correvano. In genere Shanghai è tempestata di locali fighetti e sono alla continua ricerca di piccoli baretti meno luccicanti. Ogni mercoledì sera cerco di andare a vedere un film da Bookstore 1984, una libreria minuscola e tranquilla in cui i gatti dormono sui libri. A volte passo da Dada, mi piace perché hanno disseminato giochi in tutto il locale, dal jenga al calcio-balilla. Il lunedì, invece, mi dedico al volano, uno sport che prima di arrivare in Cina mi sembrava un diversivo per signore e che invece se giocato in modo un po’ più aggressivo come fanno i cinesi mi diverte un sacco”. Di foglio in foglio, la Shanghai degli shanghainesi sotto la lente di Ailadi corre di pari passo con la Shanghai degli expat: c’è lo jenga ma anche il regista israeliano Dan Wolman, una statua della libertà per festeggiare la connessione Internet da casa, una cliente cinese che canta al karaoke con un ciuffo alla Elvis. Ci sono passeggiate attorno agli hutongs, sedute di massaggio con corpi che lievitano e, nei giri fuori porta, anche il mare. “Una domenica ho raggiunto le spiagge a est di Shanghai, due ore da casa tra metro e bus” ricorda. “Un paesaggio brulicante di persone raggruppate sotto strutture in ferro per tende. Non che non si possano noleggiare le tende ma la maggior parte si accontenta dei pali di ferro. Ciò che più mi ha sorpreso è stato però l’abbigliamento di alcuni cinesi che si vestono da capo a piedi, faccia compresa, per non prendere il sole. Era buffo come i loro costumi ricordassero quelli delle Pussy Riot, appena condannate”. A Shanghai abbiamo incontrato Ailadi davanti a un caffè da Starbucks. Abbiamo mangiato insieme favolosi noodle al sesamo. Alcune delle nostre serate sono diventate disegni. Compresi i saluti (forzati) al karaoke. “Il KTV nooooo!” ride. “Sono pessima a cantare. Peccato che qui a Shanghai sia il passaggio forzato di apertura e chiusura dei progetti con clienti cinesi: 4-6-8 ore chiusi in una saletta, a fianco ad altre decine di salette chiuse, con un televisore gigante a cantare e bere fiumi di birra”. Hey Jude è il classico con cui vengono forzati anche i più riluttanti occidentali a contribuire alla serata, aggiunge. Se la memoria non mi tradisce, l’abbiamo cantato anche noi. Niente contratti, però. Solo una questione di 6 gradi di separazione, tra amici vicini, lontani. Ailadi si congeda. L’aspetta un treno per Urumqi, da sfogliare in diretta. • www.ailadi.com @ailadi (instagram)

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MILANO DETAILS DI IVAN BONTCHEV E TATIANA UZLOVA

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WOOD & VELVET

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1. hogan: 265 euro, www.hogan.com 2. ash: 160 euro, www.ashitalia.com 3. jimmy choo: prezzo su richiesta, www.jimmychoo.com

4. andrea pfister: 360 euro, www.massimobonini.com 5. alberto guardiani: 365 euro, www.albertoguardiani.com URBAN Si ringrazia Contadi Castaldi – www.contadicastaldi.it

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LONDON DETAILS DI IVAN BONTCHEV E TATIANA UZLOVA

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BIKE COMMUTER

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1. c.p. company: cuffia con lenti, 72,50 euro. 2. blauer: giaccone con tasche camouflage, 339 euro. 3. eskuchè: cuffie ad archetto, 69 euro. 4. brooks: sella modello B17, 95 euro. 5. retrosuperfuture: occhiali da vista blu, 120 euro. 6. mcs: chino in cotone, 119 euro. 7. freitag: custodia iPhone, 43 euro. 8. happiness: t-shirt modello rock’n’roll, 29 euro. 9. Camera Vintage. 10. hogan rebel: Hi-Top in pelle con dettagli in camoscio, 265 euro. 11. nava design: zaino, 90 euro

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MILANO FASHION

VOLO NOTTURNO FOTO NICOLA DE ROSA STYLING IVAN BONTCHEV

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Camicia di pelle con frange, denim & supply ralph lauren Maglia, andy warhol by pepe jeans Camicia con fiocco e gonna di pelle, closed

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Sottoveste e bolero di pizzo, intimissimi Gonna micro fantasia, ottod’ame Gonna plissé, gf ferrè Stivali, versace jeans

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ra jarmon Abito di seta, ta , co|te Colletto di pelle o navarra an et ga ra, ntu Ci grazia ria ma , ore fi Spilla severi

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et Camicia con plissĂŠ, twin-s simona barbieri lippe Reggiseni e sottoveste, phi matignon maria grazia Gonna con pizzo e plissĂŠ, severi Stivali, versace jeans

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ico Cappotto asimmetr con inserti di pelle, l costume nationa

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Cappotto, m missoni Cintura, versace jeans

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Bolero, misuraca Vestito plissĂŠ, kaos Tuta, deha Bracciale, vernissage Stivali, versace jeans

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ADDRESS LIST

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Closed, www.closed.com.Costume National, www.costumenational.com. Co|te, www.co-te. com. Deha, www.deha.tv. Denim & Supply Ralph Lauren, www.ralphlauren.com. Gaetano Navarra, www.gaetanonavarra.com. GF FerrÊ, www.gianfrancoferre.com. Intimissimi, www. intimissimi.com. Kaos, www.kaosspa.net. M Missoni, www.m-missoni.com. Maria Grazia Severi, www.severimgs.it. Misuraca, www.misuraca.eu. Ottod’Ame, www.ottodame.it. Philippe Matignon, www.goldenpoint.com. Tara Jarmon, www.tarajarmon.com. Twin-Set Simona Barbieri, www.twin-set.it. Vernissage, www.vernissageproject.com. Versace Jeans, www.versace.com.


Abito eetto metallizzato, versace jeans

Hair & Make up: Cristina Bertaggia using Mac Cosmetics. Model: Daria Sayapina @ Fashion Model Milano. Assistente styling: Christian Di Perna. Assistente fotografo: Alice Pignataro. Location: Riccardo Grassi Showroom.

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TORINO & CO. NIGHTLIFE DI LORENZO TIEZZI

MILANO TUNNEL Nonostante il consueto fermento di inizio stagione del clubbing milanese, c’è chi continua ad avere il vizio di andare a ballare sotto i treni che passano dalla Stazione Centrale. Il Tunnel è tutto nero, spesso umido, ma ha le dimensioni giuste per poter sperimentare sempre. Il 20 ottobre c’è l’ipnotico Nathan Fake (la sera dopo è in console al Goa di Roma). Il 26 ottobre, ospiti d’eccezione del venerdì targato Le Cannibale, arrivano gli Hercules & Love Affair. Anche se i concerti qui di solito sono hard rock, il 28 novembre suonano i Django Django. Scozzesi, hanno un suono vagamente psichedelico perfetto anche per muoversi a tempo. 331-8099952 www.tunnel-milano.it

AMSTERDAM ADE La parte business dell’evento è sold out da mesi. Le star della console si ritrovano qui a vendere al miglior offerente pezzi dance e dj set. Di notte si sceglie tra 800 artisti che fanno ballare 350 serate in 80 club. Dalla hard dance, che col porno non c’entra niente, fino alla house soffice soffice c’è di tutto. Il 19 ottobre Dj Mag svela il numero uno della sua top 100 all’Amsterdam Convention Factory. Sembra che Tiesto si sia rassegnato: è una lotta a due tra le melodie furbe di David Guetta e la trance di Armin Van Bureen. 17/21 ottobre www.amsterdam-dance-event.nl

MILANO DETROIT MILANO Ibiza, d’inverno, è solo un’idea vaga. Per ricordarsi come mai col caldo tutti i clubber del pianeta si riversano sull’isla blanca, può essere utile fare un ripasso al Life di Milano. L’ex Pulp ogni venerdì mette in fila i dj del Circo Loco, l’after noto per un mix unico di ritmo e follia. Si comincia il 19 ottobre con Seth Troxler, il 9 novembre da Napoli e dai top club del pianeta arriva la tech house di Davide Squillace, il 30 è la volta di Jamie Jones. Il suo look anni ’70 è discutibile, le voci soul dei suoi dischi proprio no. 349-6610241 www.lifeclubmilano.com

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CLUB TO CLUB TORINO SEDI VARIE Domenica 10 novembre a Torino suona Flying Lotus. Producer di culto, è imparentato alla lontana con un certo John Coltrane, collabora con i Radiohead ed Erykah Badu e sa mescolare swing ed elettronica. Al Sonar di Barcellona è una star, ma in Italia normalmente faticherebbe a riempire un locale di medie dimensioni. Per fortuna c’è la dodicesima edizione di Club to Club e il suo concerto è stato scelto come evento finale. Prima, comunque, si balla bene, come sempre con suoni un po’ diversi da quelli della dance facile che riempie radio e discoteche. L’8 novembre, al Teatro Carignano, Jeff Mills, eterno folletto techno, sperimenta con Claudio Sinatti, multimedia artist capace di proiettare i suoi colori su tutto (Duomo di Milano compreso). Sabato 10 al Lingotto c’è Nina Kraviz, la cover girl della minimal techno. Ma non suona da sola. Il line up è praticamente infinito e comprende pure un personaggio scomodo e mascherato come SBTRKT. Gli organizzatori di un festival così longevo, così denso, potrebbero essere soddisfatti. Ma non è così. “Non immaginavamo certo di crescere fino a questo livello”, dice Giorgio Valletta, che è anche dj e giornalista. “Ma rispetto a quando abbiamo iniziato, la club culture italiana è più miope e provinciale”. E allora che si fa? Si continua a esportare Club to Club altrove, a colonizzare altre città con l’elettronica di confine tipica del festival. Il 18 ottobre Daniele Baldelli, dj dai tempi in cui i mixer non esistevano, fa ballare il Village Underground di Londra. Il 28 la malinconia dei Liars riempie i Magazzini Generali di Milano. Sul sito del festival sono disponibili prevendite e abbonamenti, una bella comodità che dodici anni fa era solo un sogno. www.clubtoclub.it 8/11 novembre 011-8129566


BAR, RISTORANTI & CO.

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MILANO AGENDA D’AUTUNNO

DI MIRTA OREGNA

EASY-CHIC E NON SBAGLI

DROGHERIA PLINIO via Plinio, 6 393-8796508 sempre aperto

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PISACCO via Solferino, 48 02-91765472 chiuso domenica sera e lunedì

In bottega. Tante sono le facce di questa drogheria (di nuova generazione) con cucina che lo si stenterebbe a credere guardando le due sobrie vetrine che si affacciano sull’omonima via Plinio, a due passi da Lima. Superate queste tutto è una sorpresa, a partire dagli arredi vintagechic studiati dagli architetti con i tre soci proprietari: bottiglie di latte e barattoli da conserva in vetro trasformati in lampadari, sedie in formica anni ’50, pareti colorate e scaffali per i prodotti che qui sono in vendita e che alla bisogna diventano mensole per mangiare. Denominatore comune: la qualità, a partire dal caffè del mattino (lo spagnolo E’) , proseguendo per gli sfiziosi piatti del menu (pranzo e cena a prezzi contenuti) fino al tradizionale aperitivo con calice di vino che suggeriamo di accompagnare con i formaggi della Cascina Biraga.

REFETTORIO via dell’Orso, 13 02-89096664 chiuso sabato a pranzo e domenica sera

Picasso? No, no, proprio Pisacco, anche se con l’arte in un certo senso ha a che fare. È un nome che non vuole dire nulla ma te lo ricordi. L’apertura più chiacchierata del momento colpisce sin dall’insegna: dietro, una squadra di professionisti gourmand, tra cui emerge l’architetto Tiziano Vudafieri, autore dell’interior, che ha creato il suo bistrot urbano arredandolo con i mobili del nuovo brand Discipline, tavoli disegnati ad hoc, lampadari acquistati a Parigi da Merci e diverse opere d’arte contemporanea. Ci piace che non esista il classico bancone d’ingresso ma un tavolo a cui sedere per un Mini-Martini o un Birrino in bicchierini vintage, da accompagnare a una fetta di formaggio del giorno o da Hamburger e Toast Berton; ci piace che il bar sopra e il ristorante sotto siano spazi fluidi e intercambiabili; ci piace che il menu (stampato come un’e-mail) sia sfizioso nella sua semplicità (calamari alla plancia con avocado e lime, minestrone con pesto, capesante e capperi), ma impeccabile nell’esecuzione e, per di più, accessibile (30 euro di media); ci piace anche la carta dei vini con chicche come il Quinto Quarto, fatto con gli “scarti” di vendemmia. La firma dei piatti è Andrea Berton, ex Trussardi come tutti sanno, eseguiti felicemente da Matteo Gelmini (Food Art, Eat’s), quindi in cucina si va sul sicuro, ancor di più in sala se c’è Giovanni Fiorin, altro valido transfuga del levriero.

In silenzio. Sobrietà sì ma con gusto, ed ecco che Rinaldo Invernizzi, lasciati banche e finanza, ha chiesto all’architetto Castellini di progettare un refettorio contemporaneo, bianco ma non spoglio, raffinato ma non lezioso, dove i milanesi potessero pasteggiare bene e in centro spendendo tra i 12 e i 18 euro. Certo, si devono apparecchiare, e se qualcuno suona la campanella il tono di voce va abbassato, ma in cucina c’è un giovane chef piemontese di origini israeliane che sa prendere per la gola anche con cibi poveri: humus, melanzane al limone e la vera insalata russa. Certo, se quel giorno non ti vanno né le lasagnette né il galletto al forno, devi passare alla carta, e la spesa lievita intorno ai 20-25 euro. Questo mese, in risposta al brunch, ha inizio il pranzo domenicale con arrosti, bolliti e patate al forno, unica nota di opulenza in tanta sobrietà conventuale.

Consigliato per uscire a cena come nei gastro-bistrot di Parigi: alta qualità e prezzi accessibili

TEMAKINHO

VINOIR V VI INO INO NOIR OI IR R ripa di Porta Ticinese, 93b 02-39811202 chiuso domenica Non è una bottega, tanto meno un wine-bar, piuttosto un wine-lab con vetrina sul Naviglio nato per incontrare il pubblico e dare sostanza a idee e progetti di Gianluca e Maddalena. Grandi eno-appassionati, entrambi sommelier, talebani dell’artigianalità nella ricerca di etichette, hanno lasciato il mondo della consulenza digitale per raccontare (e vendere) oltre 350 diverse bottiglie, qui divise in “Quotidianità non banale”, “Emozione in più” e “Si vive una volta sola”, non unicamente come prezzo ma anche come esperienza organolettica. I cartellini poi sono illuminanti: è così che, passeggiando sui legni di una baita altoatesina, ti porti a casa la Sicilia liquida di Barraco, un vino consolatorio come il Primitivo di Manduria di Attanasio o un Taurasi Poliphemo con l’etichetta disegnata da Vinicio Capossela. Poi ci sono libri, oli, birre non pastorizzate, distillati, e chissà, trattandosi di un work in progress, anche altro. Perché il vino, si legge sulla parete, è come un libro: ti appassioni alla sua storia! Da non perdere la possibilità di essere ammessi a una degustazione “carbonara” nella loro cantina

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ripa di Porta Ticinese, 37 02-8356134 chiuso lunedì In coda. Se già siete sushi-addicted questo è un indirizzo da provare, se anche non lo foste vale lo stesso consiglio, ma attenzione niente bacchette, qui si usano mani o una pinzetta di legno, perché il sushi è uno sfizioso temaki nippo-brasiliano fatto al momento dallo chef Robert, da accompagnare con una caipirinha alla frutta (o un vitaminas, frullato analcolico). Il locale, primo in Europa e ispirato al villaggio brasiliano di Paraty, è piccolo tanto che la sera si prenota con una settimana di attesa, ma il cono di alga nori ripieno di tartare di salmone, avocado, Philadelphia, uova di pesce volante (Salmão gustoso) o il roll con gamberoni impanati, tartare di surimi, mango e salsa spicy (Camarão Carioca), fatti con pesce sostenibile “Friend of the Sea” e gustati sulle note della bossa-nova, sono una bella novità a costi accessibili (25/30 euro). E non fatevi mancare una fetta di cheese cake al maracuja!


AMSTERDAM DI MIRTA OREGNA

PANINO LAB via Montevideo, 8 02-22220034 chiuso domenica Per anni vetrina extra della storica ferramenta Viganò, sulla via che conduce in Zona Tortona, questo piccolo spazio oggi si trasforma in paninoteca-gourmand. Non una location come tante altre, ma un luogo che Carlo Zerbi (fotografo con una vita precedente tra colori, acciai e computer) ha messo insieme curando con passione contenitore (gli arredi) e contenuto (i panini). Tra pareti grigie coperte da piastrelle bianche come nella metro parigina e specchi antichi, si mangia su una trentina di sobri coperti, sullo sfondo di un bel bancone in zinco illuminato da lampade di recupero in ferro smaltato verde bottiglia. Come si desume dall’insegna qui si mangiano panini farciti con ingredienti selezionati: slinzega valtellinese con porcini piemontesi sott’olio e crema di Fontina; oppure bottarga di Cabras con peperone alla brace e ricotta di bufala, e ancora buzzonaglia di tonno, pachino semi-secchi e burrata d’Andria. In carta ce ne stanno 10/12, che cambiano a rotazione, da accompagnare con un calice di vino, birra o coca, spendendo al massimo 15 euro. Attenzione però: chiude alle 22. Consigliato per una ppiccola pausa di qualità nella storica enclave del design

HONKY TO TONKS’ ONK NKS’ S’ via Fratelli Induno, 10 chiuso lunedì / wi-fi Torna nelle mani di Vinicio Valdo lo storico locale di fronte all’Ospedale Buzzi e, ancora una volta, quello che lui tocca è oro. Restyling totale in stile art déco (soffitti rosso rubino, pareti sabbia e pavimenti con inserti di ferro, riuso di ali d’aereo). Resta la consolidata formula dell’happy hour con buffet (e cocktail di livello, da 5 euro); si aggiunge la possibilità di mangiare pizza al trancio, carni alla griglia, polli allo spiedo e affettati. Da non perdere godersi un drink sdraiati sul divano capitonné lungo 10 metri

MERCAT Oostelijke Handelskade, 4 +31-20344 6424 www.mercat.nl Nella vivace area dei dock di Amsterdam, l’emergente zona dei magazzini portuali ultimamente riqualificati da studi di architettura e design, è da poco nato un nuovo poliedrico locale che, per concept e struttura (oltre che per l’insegna), s’ispira direttamente al celebrato mercato coperto della Boqueria di Barcellona, rivisitato qui con taglio contemporaneo. Autori dell’operazione (oltre al proprietario Bert van der Leden innamorato del mercato catalano) la squadra IQ Creative, quelli di Supper Club, Mazzo, Nomads e altri locali di successo in città. All’interno della struttura, che con i suoi finestroni, i pilastri in ferro, i mattoni a vista e il soffitto altissimo riproduce perfettamente il modello spagnolo, c’è food (come indicano i neon) per tutti i gusti. Dal caffè, cioccolata e churros fritti della colazione, ai bocadillos (panini imbottiti) per il pranzo; dalle classiche tapas ai pinchos di giornata (gli spiedini) che accompagnano un calice di vino, fino alle portate più complete come pollo al ajillo e gambas a la placha, tutto rigorosamente alla spagnola. Consigliato per ordinare una paella “primavera” con asparagi, piselli e paprica, e consumarla all’aperto in terrazza, per godere gli ultimi raggi di sole autunnale

FORESTA WOODBAR via Celestino IV, 6 02-91764217 chiuso domenica / no wi-fi Nuovo, alle spalle delle Colonne, un lounge bar aperto tutto il giorno con uno spazioso “garden-box” interno e piacevoli arredi in legno curati da Centropolis Design. L’aperitivo (9 euro) prevede cocktail classici e rivisitati con tecniche speciali (gelatine, sferificazioni e così via) e un buffet curato, con monoporzioni di orzo, pasta, e altri stuzzichini. E per chi ha sonno, Caffè Foresta con Grand Marnier, Nutella e scorza d’arancia! Da non perdere Natural Identity, la versione di Christian dello Spritz: lychee, soda, prosecco, ginger beer e caviale sferificato

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NAPOLI DI CIRO CACCIOLA

MOTUS piazza Municipio, 5/6 081-5520262 sempre aperto / no wi-fi Moto perpetuo, verrebbe da dire. Iperattivo quasi 24 ore su 24, Motus è ristorante, gelateria artigianale, champagneria, ma soprattutto “visual bar”, nuova categoria per l’aperitivo che viene servito nell’area centrale interna, dove insistono una serie di schermi ciascuno dei quali trasmette immagini in diretta dalle zone più diverse del pianeta, oppure, su richiesta, anche ai tavolini on the road sul work-in-progress di piazza Municipio.

CAP’ALICE via G. Bausan 28, m/n 081-19168992 chiuso sabato a pranzo e domenica Se da via Vittoria Colonna imboccate le scalette che portano giù in via Bausan, subito alla vostra sinistra noterete questa nuova, simpaticissima È’nosteria (l’ortografia è proprio questa, a cavallo tra verbo essere e accento napoletano). Tipica, se vuoi, ma atipica per molti versi. Spiccano i banconi realizzati con cassette di vini montate in un patchwork eloquentemente doc, i tavolini per due/quattro ma componibili per compagnie più numerose con mise en place in elegante ceramica variopinta e due lavori giganti del noto fotografo Luciano Ferrara: una installazione dedicata alla vendemmia e una strepitosa foto d’epoca che ritrae Maradona visto dal lato B mentre fa ingresso allo stadio San Paolo contro una folla immane di fotografi asserragliati! Che si mangia? Nata per passione e per iniziativa di due vecchi amici, Mario Lombardi e Michele Palermo detto Pico, Cap’Alice (dal detto partenopeo “è meglio cap’alice che coda ‘e cefalo”) affida la sua cucina allo chef Mario Loina, allievo di monsignor frittura Antonio Tubelli, che infatti non fa mai mancare “scammaro” (frittata di pasta senz’uova) e “genovese”. Ma le specialità della casa sono numerose, dal “capafritto” (alici impanate al basilico e pecorino, pesce bandiera e arancina di cous cous) che molti usano per l’aperitivo, fino al tiramisud’americano. Nato in Italy! Consigliato per i vini. Pico e Mario offrono almeno 30 etichette al bicchiere: “Sbicchieriamo anche vini speciali e un po’ più costosi in modo da consentire di gustare anche solo un buon calice”

LONDON DI MIRTA OREGNA

Da non perdere i “murzilli d’autore”, minuterie dello chef che potrebbero rientrare nella filosofia finger food ma che invece sembrano veri e propri piattini da portata, e le torte di Pasquale Marigliano, pasticcere vesuviano pluridecorato, da gustare in fette per un dolce after dinner con bollicine e aperol

CLANDALÚ ART BAR piazza dei Martiri, 23 081-7643595 aperto tutte le sere / no wi-fi L’indirizzo ufficiale indica piazza dei Martiri, ma serve a depistare i non abituali. In realtà, vi si accede dall’ultimo cancello verde di via Morelli, si attraversa il cortile dall’intimità sorprendente e pieno di verde, si prende una stretta scalinatella e finalmente sei al Clandalù, la terrazza sulla storica Galleria Navarra che, tra incontri,

presentazioni, esposizioni, mostre d'arte, offre svago e buona cucina dal 1997. Un must fare aperitivo con appetizer al tagliere. Da non perdere l’atmosfera autunnale del dopo cena, soprattutto nelle serate infrasettimanali, quando ancora è piacevole trattenersi con un bicchiere di vino e un distillato d’annata, accoccolati nelle sedute all’aperto immerse nel verde del bellissimo giardino ricco di specie mediterranee e tropicali

ANHELO CAFFÈ & BISTROT via Bisignano, 3 081-402432 sempre aperto / no wi-fi Anhelo si distingue per l’atmosfera chic ma informale: il design è decisamente mitteleuropeo, internazionale. Qui c’è davvero il culto del caffè, servito a ogni ora del giorno e fino a tarda sera: la preziosa miscela deve il suo successo all’accurata tostatura, frutto di un’esperienza tutta napoletana che risale al 1930. Il bistrot è anche emporio dove acquistare pregiate miscele di tè, teiere, caffettiere e altri accessori da caffè. Da non perdere l’aperitivo della casa: Riesling Dr Loosen inebriato e smitizzato da deliziose polpettine di baccalà, scelto da Fabio Potenza, giovanissimo chef che, nei suoi “one man show”, coniuga leggerezza, sapore e design

BUBBLEDOGS & KITCHEN 70 Charlotte Street +44-20-7637 7770 www.bubbledogs.co.uk Se pensate che l’abbinamento hot-dog e bollicine possa sembrare insolito, non avete ancora visto chi ci sta dietro: ovvero la coppia pluristellare James Knappet (chef) e Sandia Chang (in sala) che, negli ultimi anni, ha girato alcuni tra i ristoranti più in voga del momento (come Per Se di Keller a NY o il Noma a Copenaghen). Nell’aprire la loro prima insegna, hanno scelto la rassicurante accoppiata würstel e pane caldo (in più versioni, dalla naked classica alla José con avocado e jalapeño, fino alla Trishna con chutney di mango) da annaffiare con intriganti calici di champagne di piccoli vigneron (e persino un prosecco!), sciorinati in una lunga e dettagliata lista. Se il locale ha aperto a bassa voce verso la fine di agosto, la novità del mese è l’inaugurazione, al suo interno, del “tavolo in cucina”: dietro una tenda, 19 fortunati cenano osservando lo chef e la sua lavagna degli appunti. Qui ovviamente niente hot-dog ma il fine-dining contemporaneo di chef James. Consigliato per una celebrazione speciale, senza prendersi troppo sul serio

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TORINO DI BRUNO BOVERI E LEO RIESER

GIACIMENTI GASTRONOMICI …DOVE NON TE LI ASPETTERESTI LA TANA DEL RE via Virginio, 1 011-8141479 chiuso sabato a pranzo e lunedì tutto il giorno

ENOMAGOTECA VINO E CUCINA via vvi ia Matteo M Pescatore, 10/c 011-884143 0 01 111-8 sempre sse em mpp aperto Dietro Di D iet e piazza Vittorio, nei locali che, per anni, furono della vineria Al Sorij, ha mosso primi i pr p ri passi Marcello Trentini, il vulcanico chef con i dreadlock del Magorabin. Da poche p po oc settimane il nostro “rasta” proprio in questi locali ha aperto una bella osteria, meno m me e formale e costosa dell’ottimo ristorante di corso San Maurizio, ma con la medesima attenzione ai prodotti e alla loro provenienza. L’impostazione è quella me m e della de d el classica piola. Pochi piatti, ben preparati e ruspanti, di stretta tradizione (non potete perdere il classico “batsuà”, ovvero il piedino di seta, e il vitel tonné), taglieri di po p o prosciutti da favola (Parma eccellente, friulano comme-il-faut e incursioni in Spagna p pr r Ungheria), formaggi selezionati. E poi ancora, gli agnolotti del plin, la zuppa tiepida eU dii ceci e pomodori, le polpette del mago, la guancia brasata e prossimamente la bagna d caoda. Si chiude con il Magogelato, la torta di mele o il soufflé al gianduja. Carta dei vini cca a in rapida ascesa, con alcune opportunità al bicchiere selezionate dall’attenta Simona, in cche, con Luca e Piero, presidia con garbo e competenza le tre salette. Non uscite dal ch senza aver bevuto lo squisito gin tonic con il cetriolo. Prezzi moderati sotto i 30 llocale lo o eeuro e locale aperto 7 giorni su 7 a pranzo, cena e oltre. Il che non guasta mai. Consigliato per C cchi ama la piola “d’antan” ma non transige sulla qualità!

TAKE A WINE via della Consolata, 12/A 011-0686912 chiuso domenica / no wi-fi Dedicato a chi ama il vino, a chi ha curiosità al riguardo, a chi vuole provare cose nuove. Hanno circa 700 etichette, le bollicine di metodo tradizionale (da quelle casalinghe ai grandi Champagne) sono oltre il centinaio, aggiungete un bel po’ di birre artigianali e grandi distillati. Organizzano serate di degustazioni tematiche e corsi di introduzione al vino. Che altro… anche la parte gastronomica è all’altezza. Da non perdere le ostriche del venerdì

Ci troviamo negli infernotti di un palazzo centrale, a due passi da via Po e dal Teatro Regio. Qui si assaggia una cucina campana interessante che propone specialità amalfitane e del Cilento e usa i prodotti dei Presìdi Slow Food di quelle zone. A partire dalla stuzzicante colatura di alici di Cetara che accompagna gli spaghetti di Gragnano. Poi i pomodorini del Piennolo del Vesuvio, protagonisti in primi e secondi piatti, i fagioli di Controne, i salumi di Gioi. Ottima carta dei vini. Rapporto qualità-prezzo molto interessante, intorno ai 28/30 euro.

POMODORO E BASILICO via Martiri della Libertà, 103 – San Mauro Torinese 011-8973883 chiuso lunedì, aperto solo la sera È la prima pizzeria in Piemonte che aderisce al progetto dell’Alleanza tra chef e Presìdi Slow Food e Patrick Ricci ne va giustamente fiero. Merito della sua ricerca meticolosa dei prodotti. Assaggiate la squisita Ciociara che propone la salsiccia rossa di Castelpoto con le cipolle di Tropea soffritte, l’ottima Focaccia della Nonna con i pomodorini del Piennolo e prossimamente una versione di Peperoni e acciughe proposta con la colatura di alici. Ottime birre artigianali e prezzi allineati alla maggioranza delle pizzerie torinesi di qualità.

ZHENG YANG via Principi d’Acaja, 61 011-4476422 chiuso lunedì Il miglior ristorante cinese in città, da sempre. Cos’altro possiamo aggiungere? Beh, Paola, Silvia e Piero Ling portano ancora oltre la loro attenzione alla filiera corta delle materie prime (le verdure tradizionali cinesi sono coltivate in un cascinale a Carmagnola, tanto per dire): nei loro piatti troverete stabilmente d’ora in poi alcuni Presìdi Slow Food, come il sale di Cervia, la gallina bianca di Saluzzo, le mele antiche varietà piemontesi e altri ancora. E i loro piatti, già buonissimi (non perdete quelli a base di pesce) salgono ancora più in alto.

paga… l’aperitivo). Cocktail di tutti i tipi, qualche buon vino e, quando parte l’apericena, una sfilza di piatti e piattini da far paura. Per dire: pizzette e focaccia, soufflé di verdura e bruschette, agnolottini e tartine variegate, tabulè e pollo alla birra, riso alle verdure e spezzatino di carne. Una vera cuccagna. Lo slogan del locale è: mangia bene, bevi tanto, paga poco. Bel programma… Da non perdere i panini con il pane fatto in casa

SOUL LAB via Berthollet, 20/D 011-0605972 chiuso domenica / no wi-fi

corso Regina Margherita, 86 011-0461410 chiuso sabato a pranzo e domenica / no wi-fi

Innanzitutto il nome: Soul è in omaggio alla (grande) musica nera anni ’60 e al funk dei Settanta, Lab rimanda allo storico locale di piazza Vittorio. L’atmosfera è quella di un laboratorio creativo: mostre d’arte selezionate alle pareti, musica dal vivo di assoluto livello, cucina genuina e appagante, bella scelta di vini e cocktail. Non il solito locale, non il solito aperitivo.

Il locale è molto carino, colorato e poi, attrazione un po’ vintage, c’è un bellissimo calciobalilla per sfide epiche (e, ovviamente, chi perde

Da non perdere i dj set dal vivo, i migliori in città

SIN IGUAL

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ROMA & CO. NIGHTLIFE

GECO

DI LAURA CONTRIBUTOR NAME DI RUGGIERI

largo Guglielmo Marconi, 23 06-59290077 chiuso sabato a pranzo Rocco Bellanova, giovane architetto romano, non si è fatto intimidire dagli spazi monumentali dell’Eur nel siglare il progetto per questo nuovo ristorante, tutto all’insegna dell’eclettismo, disegnando spazi e superfici con una identità forte e con molti elementi di design. Un’amplissima sala (300 metri quadri) con le colonne, illuminata da giochi cromatici che si riflettono su una parete bianca. Il soffitto, come quelli degli anni ’40, è a cassettoni, un lampadario di 3 metri di diametro e 18 bracci simula un fiore. E colpisce anche la parete completamente rivestita in lamiera ondulata, con le applique in mosaico di specchio. Al comando di questo ambiente vagamente da Star Trek non ti aspetteresti una esperta signora regina dei fornelli. Ma invece ecco Giulia mandare in tavola non piatti della cucina molecolare ma ricette tutte di questo pianeta, anzi proprio nostrane, come il purè di fave con cicoria o gli involtini di melanzane alla beccafico, e tra i primi gli immancabili della tradizione romanesca e addirittura la zuppa di arzilla col broccolo romanesco. Romani anche molti secondi robusti, dal baccalà alla coda oppure una scelta di pesce e frutti di mare, così come non manca la griglia per la carne. Tra i dolci il babà al rum con crema al limone. Dal forno a legna invece tante pizze (quelle romane basse e croccanti) di fantasia e le classiche. Si spendono sui 35 euro. Consigliato per una cena (cucina aperta fino a mezzanotte) appena usciti dall’ultimo spettacolo del cinema proprio di fronte senza impazzire per il parcheggio

DOPO UN 18 O UN 30

BUONI INDIRIZZI A DUE PASSI DALL'UNIVERSITÀ ART CORE GALLERY via dei Marrucini, 1 06-93576164 chiuso lunedì sera Ristorante con mostre o galleria con angolo food? Lo spazio ha le dimensioni giuste (cioè decisamente ampie) per ospitare dai concerti alle mostre, dai reading alla disco. L’attenzione si concentra intorno alla grande isola-bancone centrale, dove si staziona dalla prima colazione al pranzo (piatto unico a 10 euro) all’aperitivo, decisamente abbondante (5/10 euro): buffet con crostini, pizza, formaggi, salumi, qualche primo piatto, quiche e un calice di vino. A cena nel grande open space spuntano fuori i tavoli, magari anche intorno al palco se c’è un concerto o tra le foto o le opere in mostra. Chi vuole sale sul terrazzo al piano di sopra (equipaggiato con i funghi-stufa), vera rarità a San Lorenzo. Anche per la cena i prezzi rimangono decisamente “politici” e la proposta prevede due/tre primi, lo stesso per i secondi e qualche dolce.

CUOCO E CAMICIA via di Monte Polacco, 2/4 06-88922987 chiuso domenica Basta scendere una ripida scalinata e in un batter d’occhio dalla facoltà di ingegneria della Sapienza a San Pietro in Vincoli si è in questo locale niente male in una stradina chiusa al traffico. Il cuoco è giovane e pieno di entusiasmo. I piatti, a cominciare dagli antipasti, non sono affatto banali, i prodotti cercati con attenzione, il risultato convince. Tra gli

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antipasti: baccalà in crosta di pane, sorbetto al pomodoro e salsa alle alici (10 euro) oppure uovo croccante, rucola, noci e formaggio ubriaco (9 euro). Tra i primi decisamente buoni i tagliolini alla finocchiella, burro fatto in casa, alici e briciole di pane (11 euro), oppure la rivisitazione di un classico romano: tortelli ripieni di carbonara con zucchine romanesche saltate. Molto richiesti tra i dolci i cannoli croccanti ripieni di ricotta di capra con gelato al Chianti (7 euro).

BAKERY HOUSE corso Trieste, 157 B/C 06-94377841 sempre aperto Appena un po’ leziosa, forse... quel tanto che basta per far tornare subito in mente le bakery american style e soprattutto grandi torte soffici e pannose e cupcake iperdecorati. A due passi da via Parenzo, sede della Luiss, ci si arriva per un tè da sorseggiare con cookies e scone o per un bagel, un’insalata, una quiche o i bocconcini di pollo invece di cucinare a casa la sera. Sabato e domenica dalle 11 alle 16 ci si rilassa con il brunch a base di pancake, french toast, plumcake, uova strapazzate e bacon, omelette ham and cheese, il tutto annaffiato da succo d'arancia e caffè americano. Tra i tanti i tipi di bagel, the best è il gauacamole bagel e anche tra i dolci c’è da sbizzarrirsi: buonissime carrot cake e key lime pie.


ROMA & CO. NIGHTLIFE DI CONTRIBUTOR NAME

MONTPELLIER DI MIRTA OREGNA

TUTTO QUA via Barrili, 66 06-5803649 chiuso domenica sera Tutto qua. E vi sembra poco? Neanche 30 metri quadri di locale, più un caldo dehor tra lampade termiche e plaid avvolgenti, in questo bistrò romano aperto da poco nel cuore del tranquillo quartiere Monteverde vecchio. Una giovane coppia, un amico, tutti con tutt’altro lavoro alle spalle, e una giovane chef piena di talento e passione hanno deciso di non aprire un ristorante ma di dar vita ogni sera a un convivio. Prodotti sceltissimi, etichette di nicchia, verdure solo di stagione, ricette con equilibrati guizzi di fantasia. Bella scelta di vini al calice, proposti anche per l’aperitivo, quando ad accompagnare arriva sempre, in tempo reale, una piccola anteprima dalla cucina. Valentina Pistoia, la cuoca con esperienze trendy a Londra ma con il cuore a Roma, ha messo in menu i primi della tradizione (sui 12 euro) e qualche chicca come la pajatina alla cacciatora, il baccalà in umido o il sashimi di salmone Loch Fyne (14 euro) coperto di sesamo nero e accompagnato da salsa tzatziki e servito con crostini di pane nero col burro. Non si pagano né il coperto né il pane o la golosissima focaccia fatta in casa. Consigliato per

i dolci, vera passione della chef, come il crumble di ricotta e pistacchi

MIA c/o RBC Design Center, 609 avenue Raymond-Dugrand +33-467731426 www.miarestaurant.fr Affacciata sul Mediterraneo francese, città in progressiva crescita (Zaha Hadid ci ha appena costruito il Pierres Vives Building e i Fuksas il Lycée Georges Freche), Montpellier è la sede del nuovo RBC Design Center, concept store di oltre 2mila metri quadri tutto vetro e acciaio inaugurato quest’estate con la firma di Jean Nouvel e dell’artista Yann Kersalé che ne ha curato l’illuminazione notturna. All’interno ha preso casa lo chef Pascal Sanchez, uno che può vantare 20 anni di esperienza di cui 16 spesi alla corte del grande Pierre Gagnaire (3 stelle Michelin) e che ha intitolato il locale alla figlia Mia. Stelle a parte, tra lampade Cloud di Frank Gehry, stoviglie di Alessi e plurimi pezzi sparsi di design, Sanchez ha scelto la formula del bistrot moderno, con proposte sia per il pranzo (30 euro) sia per la cena (30-60 euro), e un servizio di caffetteria nel dehors. Prepararsi dunque a piatti elaborati, come la crema di cavolfiore con gelatina di carciofi e agrumi o il macaron al limone con parfait gelato alla vaniglia. Consigliato per

i corsi di cucina, secondo stagione, in partenza con l’autunno

LA MESCITA DELL’ENOTECA FERRARA

LOUNGE VISCONTI PALACE HOTEL

piazza Trilussa, 41 06-58333920 / wi-fi sempre aperto

via Federico Cesi, 37 06-3684 sempre aperto / wi-fi

L’angolo aperitivi-wine bar dell’Enoteca Ferrara, culla da tempo di ottima cucina nella piazza cuore della movida trasteverina, ospita da poco anche il corner I-Spirit Vodka. La carta dei cocktail ghiacciatissimi, al costo di 7 euro ciascuno, abbina anche ricette di gusto mediterraneo firmate Cipriani. Al buffet insalata di farro con seppioline, triangoli di pasta di pizza farciti, prugne avvolte nello speck, gnocco fritto, impepata di cozze.

Segnalazione per tutti ma in particolare per i tanti che hanno lo studio in zona Prati, e sono sicuramente tantissimi visto che questa è un po' la city di casa nostra e all'ora dell'aperitivo incredibilmente langue un po’. Il Visconti Palace Hotel ogni tre mesi fa un giro nell'Italia vinicola, sceglie una regione, un produttore, prepara sfizi a tema di quella terra e propone un approdo diverso. Fino al 5 dicembre si beve rigorosamente campano.

Da non perdere il Vodka Bellini con frutta fresca e basilico

Da non perdere un calice di Aglianico del Taburno DOP abbinato alla frisellina campana con pomodoro San Marzano e la scamorza di bufala affumicata

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MILANO ULTIMA FERMATA DI FRANCO BOLELLI

ON MY ROAD Prove che l’evoluzione è sempre la conquista di qualcosa attraverso la perdita di qualcosa ne abbiamo – basta guardarci intorno – innumerevoli. Ma questa è particolarmente sintomatica, perché va a toccare uno degli archetipi stessi della nostra formazione: no, neanche l’on the road è più quello di una volta. Perché oggi la California, l’India, il Messico e tutti quanti i possibili altrove ce li abbiamo più o meno in casa. Adesso – web, social network, Google maps – anche negli angoli più sperduti del globo si sa dove e come andare, e ci arriveremo con metà del tempo e dei costi di 20 anni fa, e ancor prima di partire sappiamo perfettamente cosa troveremo, e andandoci avremo sempre con noi un qualche strumento che ci tiene in contatto istantaneo con il mondo. Ci sono ormai più luoghi inesplorati nel nostro organismo che sui punti più estremi di qualunque mappa. Una conquista e una perdita, appunto. Qualcuno può rimpiangere la scomparsa del carattere iniziatico del viaggio, ed è difficile dargli torto. Una certa aura di mistero si è diradata se non dissolta, e se cerchi il brivido dell’avventura ti tocca sperare che il tuo aereo faccia come quello di Lost. Niente più autostop, niente più Easy rider, e più nemmeno Chatwin.

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Però alla fine l’evoluzione vince sempre. Non è soltanto che adesso viaggiare è più facile, più comodo, più alla portata di tanti. È che abbiamo più possibilità di Fateci caso: quanto più una città è scelta, incomparabilmente più di prima. evoluta, quanto più è espressione del Facciamo oggi meno esperienze iniziatiche, mondo globale, tanto più ogni volta che ma facciamo più esperienze. Un tempo i ci andate non potete non accorgervi che luoghi di cui tanto si favoleggiava e verso aumenta il numero di bambini che non si cui ogni tanto ci si avventurava erano più riesce a definire in base ad alcuna identità o meno gli stessi per tutti: invece ora etnica e razziale. È così a New York, si va in America o in Cina cercando la a Los Angeles, e poi a Londra, e giù a propria personale America o Cina, perché scendere. Le grandi metropoli sono sempre ne conosciamo già i mille diversissimi più popolate da spettacolari frullati microcosmi che ci sono nei macrocosmi. Sarà genetici, seconda o terza generazione di un’esperienza meno folgorante, ma è la combinazioni dove le origini scivolano nostra esperienza singolare. Anacronistico sempre più sullo sfondo e nuove misteriose in pratica, l’on the road c’è ancora come sfumature conquistano la scena. Ok, non energetica voglia di uscire dai confini tutte riusciranno come Jessica Alba o come delimitati e di slanciarsi, di misurarsi – permettetemelo – la spettacolare bambina con una dimensione dell’esistenza più californiana di mio figlio (babbo milanese e eccitante. Bene, questa stessa attitudine madre di San Francisco ma taiwanese): però possiamo avercela sia arrivando alla questa condizione indefinibile e plurale sta frontiera australiana o vietnamita, sia diventando non dico trendy ma in qualche sperimentando noi stessi su Facebook: alla modo familiare. D’altra parte qualunque fine, il vero, grande viaggio è quello che evoluzione in qualunque campo è sempre facciamo tuffandoci dentro le onde del nata da connessioni al di là dei confini, mutamento, a cavallo dell’evoluzione. e viceversa le culture più arretrate sono quelle difensivamente arroccate su se stesse. Per esempio le città di frontiera hanno sempre avuto una loro particolare

DON’T FORGET




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