VS VERO SPORT MAGAZNIE - N 4

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A T I U T A GRA

COPI VERO SPORT MAGAZINE 04

In questo numero parliamo di triathlon fitboxe nuoto arrampicata equitazione paralimpiadi

IL MATADOR DEL TRIATHLON

MARCEL ZAMORA VS - VERO SPORT MAGAZINE ANNO 2 - NUMERO 4 / MAGGIO 2012

Distribuzione gratuita - Free Magazine Pubblicazione trimestrale registrata presso il Tribunale di Verona N. 1924 R.S.

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DIRETTORE ZENO DELAINI

VS - VERO SPORT MAGAZINE ANNO 2 - NUMERO 4 / MAGGIO 2012 Pubblicazione trimestrale registrata presso il Tribunale di Verona N. 1924 R.S.

L’EDITORIALE I giorni più belli

Edizioni Mediaprint Srl San Giovanni Lupatoto - Verona Direttore responsabile Zeno Delaini Progetto grafico e impaginazione UNIT|ADV Contributi Zeno Delaini Fabio Fraccaroli Massimo Lenotti Enzo Lonardi Luca Poltronieri Matteo Trombacco Stampa e distribuzione Mediaprint Srl Sede operativa di San Giovanni Lupatoto Via Brenta, 7 - 37057 Verona Tel. 347 7004360 marketing@verosport.it Pubblicità e spedizioni Mediaprint Srl Sede operativa di San Giovanni Lupatoto Via Brenta, 7 - 37057 Verona Tel. 347 7004360 marketing@verosport.it Stampata su carta ecologica 100% riciclata con inchiostri a base vegetale prodotta senza uso di cloro

On line! VERO S P ORT an che S U L W EB ALL’I ND I RI ZZO W W W.VEROS P ORT.I T N AV I GATE E DI TE LA VOS TRA S C R I VEND O ALL’I ND RI ZZO posta @ verosport.it

Da bimbetto, ai tempi delle scuole elementari, ritenevo i giorni più belli dell’anno i primi due, tre appena seguenti la chiusura della scuola. Oggi che quei giorni appartengono ai ricordi, ne serbo la medesima memoria. Erano i giorni di totale sollievo dalle pene (fa ridere pensarlo ora) della scuola, i giorni in cui, con un po’ di fortuna, sarebbe arrivato qualche regalino/premio per il buon esito dell’anno scolastico. Quasi sempre, si trattava di un capo d’abbigliamento sportivo che sarebbe stato sgualcito da un iper-uso nei tre mesi successivi. Una paio di scarpe da ginnastica (si diceva così allora se non Da bambino, nelle estati ricordo male) o un pallone, o magari delle Olimpiadi, le bocce un paio di pantaloncini. diventavano ottime per il

lancio del peso, i manici di scopa per il giavellotto

Poco importa. Quello era il segno di ciò che sarebbe accaduto per molti giorni di vacanza, una pratica forsennata di sport a tutto divertimento, emulando i campioni visti in televisione o sui giornali. Quando l’arrivo delle vacanze coincideva, ad esempio come quest’anno, con le Olimpiadi la festa era completa: c’era solo da inventarsi con cosa imitare tutte le discipline possibili e immaginabili: le bocce diventavano ottime per il lancio del peso, i manici di scopa per il giavellotto, corsa ad ostacoli, cento metri, nuoto e bicicletta. Tutto ad un solo scopo: divertirsi. Lo stesso motivo che spinge Beatrice Vio - andate a pagina 48 a scoprire chi è se già non la conoscete - che candidamente così risponde alla domanda sul perché pratichi la scherma: “Perché mi diverto.” Scoprirete che Bebe, questo il suo soprannome, pratica scherma con braccia artificiali, seduta su di una carrozzina. Ama la vita, lo sport e oggi è felicissima perché sarà tedofora alle Paralimpiadi di Londra 2012.


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IN QUESTO NUMERO

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SOMMARIO 04 S TART 6 MI NOMBRE ES LEYENDA

APPUNTAMENT I 46 UNA MONTAGNA DI IDEE

S U MME R 12 PROPOSTE PER L’ESTATE

RU OT E SC AL ZE 22 L’ANIMA IN CIMA

CON TROCORREN TE 15 DOVE NASCE LA FATICA

LA POSTA 23 QUANDO LA PASSIONE VIAGGIA SUL WEB

ALTERN ATIVE 16 UNA MEDICINA PER IL CORPO E PER LO SPIRITO 19 I COLORI DELL’ANIMA

CAVOL I A MERENDA 24 QUANDO IL BAMBINO È UNO SPORTIVO

VS KIDS 26 DIVERTIRSI PRIMA DI TUTTO

VERSUS 48 E NON DITEMI CHE LA VITA NON È UNA FIGATA

F OTOS TORIA 30 SOGNI PARALIMPICI

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U LTIMO MET RO 50 I NUMERI DI LONDRA 2012

PERCORS I 32 EMOZIONI A SEI ZAMPE 39 INCISIONI NELL’ANIMA MAN GIOE RGOS ON O 43 L’ORO IN BOCCA 44 CONSAPEVOLEZZA A TAVOLA

Oversize Ho speso q uasi tutti i miei sold i in alco l, d o n n e e macch ine veloci. G li altri, li ho sprecati .. G EO R G E B EST

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S TA R T

Focus A I P I ù I L N O ME DI MARC EL Z AM O R A N O N D I Rà MOLTO, MA S I AM O D I F R O N T E AD UN ATLETA CH E H A T R O VAT O NEL TRI ATHLON E N E LL’ I R O NM A N L A S FI DA S P ORTI VA PE R esa ltA R E S E S TES S O E trovare UN A S E R I E I M P RES S I ONANTE DI RI S U LTAT I . Q U E S TO I L S UO S I TO www. m arce l zamora .co m

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MARCEL

ZA MO RA Mi nombre es leyenda

TESTO ZENO DELAINI DIGITAL PAINTING ZIPO

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M STAR T M AR C E L ZAMORA

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A lezione di sport da Marcel Zamora, campionissimo del triathlon a livello mondiale, che, complice una vacanza nel deserto all’insegna dello sport, ci ha insegnato i segreti dei suoi eccezionali risultati Marcel Zamora, specialista iberico di Triathlon e Ironman con un palmares da urlo, si allena in Egitto e partecipa all’ Ironsinai in compagnia degli amici di Triathlon Travel. Noi c’eravamo. Un’occasione unica per confrontarsi con un campione di una disciplina durissima. Come e quando hai iniziato? Ho iniziato nel 1995, ad oggi sono 17 anni che corro, pedalo e nuoto. Vincere per tanti anni di fila non è un caso, hai una ricetta particolare? La costanza, allenarsi tutti i giorni. Questo mio lavoro è anche la mia vita, la passione mi guida. Tutto l’impegno che metto dipende dalla testa, se c’è quella il resto viene più facile.

Uno spagnolo Re di Francia Vincitore dal 2006 al 2010 dell’ironman di francia a nizza, marcel zamora si è affermato come uno dei principali triathleti del panorama mondiale. Cliccando il QR code a fianco potete vedere il video del trionfo a Nizza 2007.


Diamo i numeri, in senso buono, come e quanto ti alleni? Due, tre volte al giorno a seconda dei periodi. Al mattino eseguo gli allenamenti più duri, bicicletta e corsa. Il pomeriggio e la sera nuoto, perché mi affatica meno le gambe e favorisce il riposo. Cosa mangi? Di tutto, non seguo una dieta particolare. Amo i dolci e li mangio, solo un mese prima della gara seguo un regime alimentare più controllato. Una birra ci sta ogni tanto? No, perché non mi piacciono gli alcolici, non perché sia vietata. Che sapore ha la vittoria? Il migliore di tutti. È il sapore della condivisione, per me che mi alleno tanto da solo, la vittoria significa prendermi tutto l’affetto della famiglia, dei tifosi, del mio staff e dividere con loro gioie e dolori. E la sconfitta? La lezione più utile. Dalle sconfitte si impara, ci si applica per migliorare, per apprendere, per superare i propri limiti. Ha il sapore del lavoro, della fatica e della voglia di vincere la prossima volta. Vedresti bene un circuito italiano per un Ironman? Sì, non capisco come in tanti anni non sia

mai stato fatto. Ci sono molti appassionati, atleti, tifosi. Sui possibili percorsi, poi, ci sarebbe solo l’imbarazzo della scelta. Le prestazioni che offri tu, e altri tuoi colleghi, dal punto di vista sportivo sono impressionanti, perché continuano a fare meno notizia di altri sport ormai quasi unicamente intrisi di polemiche e poca sostanza? Purtroppo esiste quasi unicamente ciò che passa in televisione. E in diretta per lo più. Il triathlon non gode di questo privilegio, di conseguenza gli sponsor sono meno interessati e si crea un circolo vizioso per cui se ne parla poco. Purtroppo. La Spagna è ai vertici nel calcio, nel tennis, nel basket, con te nell’Ironman, forse dimentico qualcosa, avete trovato l’elisir dello sportivo vincente? Non credo, è un buon Paese per allenarsi, con un buon clima e una buona cultura sportiva. Quando si comincia a eccellere in una disciplina diventa stimolo per tutti gli sportivi e così siamo arrivati a buoni livelli sia in Europa che nel mondo. Cosa ti ha insegnato lo sport, quali valori ti ha trasmesso? La forza mentale, porsi un traguardo e raggiungerlo attraverso l’allenamento. Tanto nel triathlon quanto nella vita.

“Il triathlon mi ha insegnato cos’è la forza mentale, e a pormi un traguardo e raggiungerlo attraverso l’allenamento” VERO

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MARC E L Z A M ORA STA RT

“Per me è stata una grande esperienza allenarmi nel deserto: Due ore possono sembrare eterne!”

Cosa significa allenarsi in condizioni estreme, come accade nel deserto, quali sono le peculiarità di un luogo come questo, come si riflettono sul fisico e sulle prestazioni? Per me è stata una grande esperienza allenarmi nel deserto, con molto vento ogni giorno e con un calore che è appena percettibile, ma se non ti idrati a dovere rischi di accusare una fatica immensa. Due ore possono sembrare eterne. Un’ottima formazione per la tenacia, la resistenza, un buon training per un Ironman. Benché tu sia un campionissimo e un professionista di questa disciplina, non disdegni di unirti a chi lo fa per passione, ‘rubando’ tempo alla quotidianità. Quali sono i sentimenti, le emozioni, le aspettative che uniscono chi pratica questo sport, indipendentemente dal livello raggiunto? Penso che nel triathlon non ci sia molta differenza nei sentimenti e nelle emozioni di un professionista e di un amatore: tutti noi pratichiamo questo sport perché lo amiamo e abbiamo apprezziamo le sensazioni che si vivono sia in allenamento che durante le competizioni.

Cosa ti ha lasciato questa esperienza nel deserto? Emozioni incredibil! Due settimane magnifiche in compagnia di tutti i membri del gruppo, le guide locali, le strade nel deserto. Un esperienza nuova che voglio assolutamente ripetere sia in Egitto che a Cuba. Amo lavorare con le persone, ridere e scherzare, direi che questa è stata l’occasione perfetta per unire tutto questo con la testa libera e senza altre preoccupazioni. Senza contare le prove di squadra durante le quali si raggiunge un livello di affiatamento con i compagni davvero incredibile. Anche se devo dire che indimenticabili sono state pure le immersioni! Che messaggio vuoi dare ai tuoi compagni di ‘vacanze’ e ai nostri lettori? Spero di poter condividere ancora con loro questi allenamenti nelle prossime edizioni dei viaggi di Triathlon Travel, perché mi sono sentito molto bene con loro e vorrei godere ulteriormente di esperienze come queste. Sono stati giorni belli e felici. Fare sport rende felici.

HA COLLABORATO Marco Marchese

LE COMPONENTI PER VINCERE NEL TRIATHLON Abbiamo chiesto al campione spagnolo di descriverci il ‘cocktail’ per conquistare una vittoria e battere i migliori specialisti.

Un Ironman nel deserto Le immagini di questo servizio sono state scattate durante il viaggio in Egitto che ha visto Zamora impegnato con gli atleti non professionisti di Triathlon Travel. Il sito di riferimento è www.Triathlon Travel.com

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40% 28 40% forza mentale 28% allenamento 20% passione 2% condizioni ambientali VERO

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SU M M E R P R O P O STE

RAFTING

Dinamico, divertente, a stretto contatto con la natura. Si può praticare in compagnia ed è adattissimo anche ai neofiti purché ci si affidi a centri sportivi specializzati, con accompagnatori preparati e pazienti. Una cavalcata sulle tortuose acque fluviali non ha prezzo.

TREKKING

L’estate è la stagione più attesa dagli amanti del trekking, ma non va sottovalutata. Troppo spesso le nostre montagne, nel periodo estivo, si trasformano in teatri di incidenti e tragedie. Meglio prediligere passeggiate alla propria portate e affidarsi all’esperienza di guide preparate. Mettetevi in cammino con la testa sulle spalle, poi con zaino e scarponcini.

Subacquea Attività assolutamente da non improvvisare, meglio se preceduta da un corso apposito, può aprivi le porte ad un nuovo mondo: quello degli abissi. Spesso le vacanze estive possono essere l’inizio di un nuovo amore, provare per credere.

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Canyoning Impegnativo, può mettere a dura prova fisico e nervi. Non privo di rischi, va preso con massima serietà ma può essere provato da chiunque grazie alle iniziative di gruppi di guide alpine che offrono uscite di una giornata. Proverete l’ebbrezza di calarvi lungo fresche cascate di acqua montana.

WINDSURF La libertà fatta sport: perché non lanciarsi in una nuova avventura? Se non avete mai provato, approfittate della bella stagione per lanciarvi tra le onde spinti dal vento! Preparatevi a dovere prima di iniziare…

Snorkeling Più praticabile della subacquea, ma non sottovalutaelo: autocontrollo, buone capacità natatorie, disciplina e buon senso non possono mancare nelle vostre qualità per approcciarvi a questa disciplina. La differenza può farla dove lo praticate.

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1987-2012 È ARRIVATO IL MOMENTO DI CELEBRARE 25 ANNI DI FIAMMEGGIANTE COMUNICAZIONE, CREATIVITÀ E PASSIONE. la festa inizia su www.unitadv.it/25years

1987-2012 25 ANNI DI COMUNICAZIONE

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C ON TROC ORRE N TE

DOVE NASCE LA FATICA?

Uno dei fattori che più limitano la performance sportiva è la fatica, e per conoscerla a fondo è bene capire come il corpo si prepara ad affrontarla TESTO MASSIMO LENOTTI

Chi, come me, ama il corpo umano riconosce che l’analogia tra questo e l’universo è tutt’altro che azzardata: l’uomo è giunto infatti ad un mirabile livello di conoscenza in entrambi i casi ma ogni volta che punta una “lente” - microscopio o telescopio che sia -, altri innumerevoli quesiti si fanno strada. La mia piccola lente questa volta è caduta sui fattori che limitano la performance sportiva ed il più evidente mi è parso essere la fatica. Ma cos’è la fatica e soprattutto dove nasce? Alla prima domanda si può rispondere, generalmente, in termini di limite nella capacità di trasporto di ossigeno ai tessuti e di capacità metabolica dei muscoli ma ovviamente anche di “sistema di difesa centrale”, intendendo con ciò l’interessamento/reazione dei centri nervosi superiori all’evolversi dell’evento sportivo. Un semplice esempio di fatica periferica ci viene fornito dal graduale calo della contrattilità muscolare in gara: le fibre muscolari necessitano di calcio (Ca2+) per svolgere la loro funzione; la deplezione del calcio si traduce quindi in calo di forza. La fatica centrale rimanda indubbiamente alla seconda domanda, se si pensa che la capacità di generare forza è comunque prodotta

e modulata in differenti centri cerebrali; è da qui che complessi schemi motori si diramano attraverso precisissimi flussi bioelettrici ad innescare i distretti muscolari interessati. Tali centri cerebrali monitorano inoltre molteplici variazioni umorali (es. pH, pressione sanguigna) con lo scopo di preservare l’equilibrio corporeo (omeostasi). In questo contesto, la fatica potrebbe essere quindi letta come il risultato di una costante riduzione del flusso informativo ai muscoli interessati in risposta al protratto superamento dei limiti di sicurezza fisiologica indotto dalla performance sportiva. Questo processo è indubbiamente legato al concetto di livello di stanchezza percepita (RPE) e quest’ultimo - manco a dirlo - è estremamente soggettivo. La percezione della stanchezza si è potuta tuttavia associare ad un’area cerebrale in particolare, la Corteccia Cingolata Anteriore (CCA), oggetto di studio attraverso risonanza magnetica funzionale (MRI). I dati hanno dimostrato come la Corteccia Cingolata Anteriore sia in effetti strettamente legata alla percezione della fatica. Un esperimento estremamente interessante consisteva nel far visualizzare, sotto ipnosi, prima un tratto di strada piana e successivamente uno in lieve discesa ad alcuni ciclisti che pedalavano su un cicloergometro; la risonanza funzionale dimostrò un ridotto flusso sanguigno e quindi ridotta funzionalità della CCA durante l’immaginario tratto in discesa. Un altro esperimento implicava invece la visualizzazione di un evento atto ad indurre fatica mentale prima di iniziare l’esercizio al cicloergometro ad alta intensità; in questo caso, un’aumentata percezione del livello di fatica con conseguente, ridotta performance al cicloergometro furono associate ad un interessamento della CCA, sebbene senza variazioni quantitative del flusso sanguigno. Quest’area del cervello sembra quindi fornirci una mappa dell’effetto della stanchezza attraverso la sua fisiologia. Si può quindi ipotizzare che la CCA sia il sito fisico, strutturale della fatica? Manca poco, davvero poco al traguardo, e l’atleta vive in quella dimensione in cui spazio e tempo si possono ritenere fusi e tale dimensione può essere estremamente dolorosa e disarmante oppure incredibilmente estatica; la fatica è lì, connaturata alla performance ma gli studi sembrano dimostrarci ancora una volta che dipende da noi se collocarla in una casa molto vicina o se spingerla il più possibile alla periferia.

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A LT ER N AT IV E

Una nostra lettrice accetta di raccontare, in un serrato botta e risposta, il suo rapporto con lo sport, in particolare con la fitboxe che, dopo lo yoga e lo spinning, l’ha aiutata a ritrovare la forma fisica e abbattere lo stress. TESTO ENZO LONARDI

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UNA MEDICINA PER IL CORPO E PER LO SPIRITO

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nnamaria Bertacca di professione fa l’avvocato, ha iniziato l’anno scorso a praticare fitboxe e, in quest’intervista, risponde colpo su colpo, ad ogni nostra curiosità. Parliamo di fitboxe. Quando ha iniziato e perché? Ho iniziato l’anno scorso, perché è un’attività cosiddetta cardio, cioè alza i battiti cardiaci quindi aiuta il dimagrimento e permette di scaricare le tensioni. In sostanza unisce i gesti della boxe all’attività aerobica, il tutto a ritmo di musica. Quante volte alla settimana lo pratica? Due volte alla settimana. In che cosa consiste una seduta di fitboxe? In che fasi si può suddividere? Una prima fase di riscaldamento a corpo libero, poi si passa al sacco: pugni, calci e

il rapporto con il mio fisico e ho la vaga speranza di essere in grado di abbozzare una difesa se qualcuno prova ad aggredirmi. Scherzi a parte, mi sento più sicura. Ho maggiore resistenza, reggo meglio la fatica, ho più fiato. Sensazioni, emozioni particolari? Mi sento Roky… (ride, ndr) Cosa le ha insegnato al di là del fattore sportivo? A conoscere le persone, sono lezioni miste: uomini e donne insieme. C’è differenza nell’approccio, le donne hanno un senso del ritmo migliore, sono più precise. Gli uomini pensano solo a tirare calci e pugni ignorando l’aspetto ritmico della musica, sembrano tanti orsi Yogi. Sono un po’ goffi e alcuni fanno ridere perché mentre danno calci e pugni fanno la faccia cattiva e si guardano allo specchio. A chi e perché lo consiglierebbe? Lo consiglierei a chi ha bisogno di dimagrire e ridurre lo stress.

“La sensazione dominante è quella di uno svuotamento positivo di anima e corpo” AEROBICA BOXATA combinazioni di pugni e calci. Quali sensazioni prova mentre lo pratica? La sensazione dominante è quella dello sfogo, uno svuotamento positivo di spirito e fisico. Quali caratteristiche occorrono per chi desidera approcciarsi a questo sport ? Credo che si possano apprendere, serve tanta concentrazione quando si fanno le combinazioni di pugni e calci, altrimenti si rischia di fare molta confusione e non ottenere alcun risultato apprezzabile. Cos’è cambiato nella sua quotidianità da quando si dedica alla fitboxe? Sono dimagrita in modo sano, ho migliorato

Fitboxe, detta anche “aerobica boxata”, è un’attività sportiva, praticata solitamente in palestra, che consiste in esercizio fisico di tipo aerobico, sfruttando la tecnica di boxe e/o kickboxing, a ritmo piuttosto sostenuto di musica. Quest’attività di fitness consiste in un mix di movimenti derivati dalle Arti Marziali al tempo di musica, dove viene usato come bersaglio il sacco. Gli obiettivi a cui mira la Fitboxe è come prima cosa è la prevenzione delle malattie cardiovascolari, lo scaricamento della tensione accumulata. (fonte: Wikipedia)

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Comunicazione ed informazione, per essere incisive, hanno bisogno di raggiungere le persone nel modo più diretto e veloce possibile Strumenti come i Sistemi per Digital Signage ed i Totem Informativi Intercomp, coadiuvati da validi software di gestione, facilitano l’accesso alle informazioni e la loro fruizione proprio perché reperibili nei luoghi chiave, ovvero laddove le decisioni vengono prese e le domande poste. L’impatto emozionale è forte, lo stimolo pubblicitario e informativo diventa multisensoriale e il messaggio assume uno stile ed un carattere che inevitabilmente colpisce l’attenzione del pubblico.

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A LTE RN ATI VE

È filosofia di vita, ancor prima di divenire arte: è il tatuaggio, una pratica di modificazione permanente del corpo che ha ormai contagiato tutti, star sportive per prime. Ne abbiamo parlato con Marco Provolo del Black Jack Tattoo Studio di Verona

TATTOO I COLORI DELL’ANIMA

TESTO MATTEO TROMBACCO

Possono piacere, come no. Sta di fatto che, ormai, furoreggiano campeggiando, spesso numerosi, sulle braccia di calciatori e rugbisti, sui piedi e sulle schiene di nuotatori e tennisti, facendo spesso anche sornionamente capolino da inguini o colli. Sono i tatuaggi, manufatti, artefatti di un’arte millenaria che, un tempo dileggiata, ormai appassiona un po’ tutti: e così non appare strano vedere la ‘pulita’ Federica Pellegrini impiastricciata di inchiostro nero qua e là, o il ‘burtoniano’ Johnny Deep con, incisi sulle braccia, i nomi dei propri figli. Con buona pace di Toru Hashimoto,

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Tat t oo A LTE RN ATI VE

Curriculum Tattoo Vitae Più la carriera progredisce e più disegni e scritte arricchiscono i corpi dei campioni. Da Mike Tyson a David Beckham, oggi nessun sportivo sembra più resistere al tatuaggio. A sinistra, Marco Provolo al lavoro

ad aprire il Black Jack Tattoo Studio.” Una vera e propria dichiarazione d’amore, quella di Marco Provolo, quasi due metri d’altezza, una cresta corvina e braccia ricoperte di disegni in bianco e nero o a colori. E lui di corpi ne ha impiastricciati tanti, “buttando sotto pelle inchiostro nero e colore, dando forma ai sogni, ai desideri ed ai sentimenti di generazioni di appassionati del genere.” Sempre nel totale ed assoluto rispetto delle severe norme igieniche imposte dal Ministero della Sanità.

‘zelante’ sindaco della città giapponese di Osaka che, recentemente, ha intrapreso la sua personale, quanto difficilmente comprensibile crociata contro i tatuaggi: il Primo cittadino nipponico ha, infatti, proposto il licenziamento per tutti i dipendenti pubblici tatuati. Al di là dello zoccolo duro dei benpensanti, che parrebbe occupino troppo poco del proprio tempo a ‘pensare bene’ a quel che dovrebbero dire, il tatuaggio si è ormai smarcato da quell’aura negativa e criminale nella quale è rimasto seminascosto per secoli, risultando, invece, una forma artistica, una metodologia di modificazione estetica permanente del proprio

corpo apprezzata tanto dai giovani quanto da chi i quaranta li ha ‘scollinati’ già da qualche anno. “Il tatuaggio è un’arte, una passione che, sin da piccolo, mi ha affascinato, stregato e segnato… allora, erano gli anni Novanta, ancora poche persone mostravano con orgoglio quei disegni indelebili incisi sulla pelle. Da qui, la dedizione per quest’arte è cresciuta in me, portandomi ad approfondirne le tecniche, studiandole sui manuali e, soprattutto, dal vivo, negli studi di quelli che sarebbero divenuti i miei colleghi. È stato un percorso lungo, coscienzioso e difficile, il mio. Ma, alla fine, sono riuscito

Ma perché tatuarsi? “Non esiste un perché - risponde perplesso dalla domanda Marco -: sarebbe come chiedere ad una persona perché tifi Chievo o Hellas Verona. È una scelta che nasce da una pulsione involontaria: è estetica, esibizionismo, passione, stile, cultura. È tutto questo ed altro ancora.” Ritentiamo: e quali sono i tatuaggi più richiesti? “Anche qui è una questione soggettiva, anche se, anche l’arte del tatuaggio ha in alcuni casi risentito delle mode: tempo fa erano molto richiesti i maori, ora, soprattutto tra gli adolescenti, le stelline. Ma chi ama i tattoo ha altri interessi… i traditional giapponesi, come carpe, demoni, draghi, fiori di loto e di ciliegio o i polinesiani che si rifanno a quelli dei guerrieri neozelandesi. Spesso le persone vengono semplicemente da me perché gli incida sul corpo un ricordo, un viso, un’immagine o un nome: in quel caso l’aspetto estetico è secondario, seppur sempre importante, perché a contare è il significato intrinseco del tatuaggio.” Soprattutto in Nuova Zelanda o Thailandia i tatuaggi realizzati con metodologie tradizionali sono molto dolorosi: perché, nonostante ciò, si continuano ancora ad utilizzare queste bacchette? “‘L’esperienza del dolore - spiega Marco, che del tattoo ne ha fatta una vera e propria filosofia di vita, non solo un’appassionata professione - è fondamentale, in quanto avvicina l’individuo alla morte: la sopportazione del dolore diventa esorcizzante nei confronti della stessa. Oltre all’esperienza del dolore, è indispensabile la perdita di sangue. Il sangue è l’indicatore per eccellenza della vita: spargere sangue, in modo controllato e ridotto, quando si esegue un tatuaggio, significa simulare una morte simbolica. Per noi occidentali questa lettura del tatuaggio è meno profonda, ma se non facesse male non sarebbe neanche bello.”

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RUOTE SCALZE

DI LUCA POLTRONIERI

L’ANIMA IN CIMA

Focus I N T E M A D I BI C I , V I R I M A ND I A MO A PA G I N A 4 7

Su, su, sempre più in alto… appena si può, più veloce che si può… ed ogni volta il brivido e l’emozione sono quelli della prima volta. Qualcuno ricorda la sua prima salita? Un’inconscia amnesia cancella il ricordo e ci ricarica della giusta tensione per ripercorrere strade che salgono. Un leggero riverente timore accompagna il manubrio che si gira verso la pendenza, un’attrazione carica di Magnetismo Atavico. E noi, lì, a sfidarlo, sui pedali. Una pedalata che si carica d’un peso aggiunto. A poco serve sapere che è gravità, ci scivoliamo dentro fino allo sfinimento, credendo come bimbi che più salgo e più sarò felice. Ed è vero. Cicloaerei che, però, guadano dabbasso, occhi sudati che mirano la riga virtuale che segna la strada. Le nostre ali? Le gambe. Ciclocormorani che sanno di arrivare a quel magico Lassù. Si resta un po’ soddisfatti e un po’ persi a cercare il cippo su cui lasciare la bandierina del nostro passaggio. Un po’ di sano egocentrismo, ce l’ho fatta ‘ecchebbravo’ sono stato. Un saluto con la nostra anima sportiva all’altra anima, sempre nostra. Un incontro privilegiato, reso sincero dal fiatone, vissuto solo di sguardi e di gambe, compagne straordinarie d’impresa. Anima cara che ci sorride e con una pacca ci riavvia a valle a dimostrare che si vale. Lei resta lassù in un aria fina. Ecco, per quello, appena si può, ritorniamo a percorrere una salita. Per salutare noi stessi, qualche volta veloci, spesso lenti. Sempre riconoscenti. Buone salite a tutti.

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LA POSTA SCRIVETE A POSTA@VEROSPORT.IT

Quando la passione viaggia sul web

Eccoli i blogger veronesi appassionati di bicicletta, fotografati al termine di una pedalata fatta assieme. Perché l’importante, dopo essersi scambiati informazioni online, è prendere la bici ritrovarsi... outdoor! Il terzo da sinistra è il lettore che ci ha mandato la lettera pubblicata a fianco.

I blog personali e l’informazione ufficiale sono l’alfa e l’omega delle passioni sportive, nel nostro caso di tanti ciclisti che, sul web, cercano informazioni, consigli, recensioni e altro. Ma tra i due vi è una differenza sostanziale. Tanto passionali, vivi e, a volte, sgrammaticati i blog, quanto precisa, professionale ma fredda e distaccata la seconda. I blog, sorta di diari on line dei ciclisti, vengono seguiti da migliaia di appassionati che probabilmente si sentono più vicini ed in sintonia alle storie di un ciclista sui “generis” piuttosto che alle imprese dei professionisti, a volte cosi lontani dalle difficoltà giornaliere di chi deve barcamenarsi per trovare qualche ora per andare in bici, impegnati come si è tra impegni di lavoro e/o famigliari. Anche io sono un blogger e biker (“Cactus”) e anch’io ho la mia storia giornaliera di passione per il ciclismo da raccontare sul web, senza essere né un superesperto né un biker dalle grandi prestazioni, ma solo un semplice appassionato. Per tanti anni ho pedalato da solo, o al massimo in 2/3, poi nel 2009 ho deciso di scrivere le mie piccole imprese personali su un blog (http:// oltrelostacolo.blogspot.com) che dopo due anni e mezzo ha avuto oltre 180.000 visite. Piccoli numeri certo ma sono parte di un movimento, quello dei bloggers, particolarmente attivo e che conta decine e decine di migliaia di appassionati in tutta Italia. Scrivo su un blog e seguo i blog, in particolare quelli di bikers che gravitano nella provincia di Verona, un territorio che è possiede un humus di passione per il ciclismo, un laboratorio di idee che, per la mountain bike, è considerato tra i più importanti d’Italia, in ragione anche della presenza di gare tra le più importanti del panorama nazionale (Gran Fondo 3 Valli, Lessinia Legend, Divinus Bike, Gran Fondo Paola Pezzo) oltre che di numerosi team amatoriali. Nel 2011 ho creato un “Ring” (http:// mtb-verona-ring.blogpsot.com) per raggruppare i blogger veronesi più attivi (unico esempio in

Italia) e creare una sinergia tra le varie anime del movimento “underground” veronese. Sui singoli blog e sul ring si pubblicizzano eventi ciclistici locali, si rimanda alle imprese personali raccontate da un altro blogger o si condividono foto e video di un evento sportivo o di una semplice uscita in compagnia. A fianco di nomi conosciuti di forti atleti locali (es. Agostino Andreis, Davide Finetto o Dimitri Modesti) ecco pedalare bloggers dai soprannomi più diversi quali “Il Conte,” “Bucephalo” e tanti altri. Uscite di allenamento, gare, escursioni: ecco il nostro ciclismo fatto di passione e di sudore ma a volte anche di… prosecchi o gingerini… a fine uscita! Nel fine settimana si raggiunge l’apogeo con decine di ciclisti che si incontrano nei rendezvous oramai fissi (rotonda di Montorio, Ponte Catena a Verona, 4 strade di Lavagno, diga del Chievo, etc..) e si pedala insieme verso il lago di Garda, la Lessinia o le valli, come quella d’Illasi o della Valpantena. Negli ultimi anni, grazie anche alla cassa di risonanza fornita dai blog, il numero di partecipanti a queste uscite è aumentato in maniera esponenziale e non è raro nei fine settimana vedere gruppi di bikers (formati da 20/30/40 elementi) pedalare insieme ed in queste occasioni è facile conoscere nuovi appassionati con i quali, molte volte, si stringono amicizie che in condizioni extra sportive probabilmente non avrebbero potuto avere luogo. Se gli stradisti sono, a volte, degli appassionati tecnicamente più preparati ecco che gli amanti delle ruote grasse sono appassionati conoscitori di ogni angolo offroad del territorio, sempre alla ricerca di nuovi tratti da esplorare. Non mancano le seguitissime notturne, uscite al chiaro di luna, seguite molte volte da una pizza (e più birre…) in compagnia. Il nostro ciclismo respira l’aria pura della passione, vede le lacrime della sconfitta o i “grattoni” della cadute ma anche il sorriso e le risate di giovani e meno giovani. E tutto questo viene raccontato nei blog, in maniera passionale, a volte condito con dialettismi, inserendo foto e video. E’ così che il ciclismo si rigenera e si perpetua, disintossicandosi dei suoi annosi problemi, in parte anche attraverso il contributo dei bloggers che utilizzando altresì i social networks (Facebook, Twitter, etc) contribuiscono a mantenere vivo questo sport ponendosi come spiritiosa e, molte volte, valida alternativa ai siti ufficiali.

Andrea Giglio biker e blogger

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CAVOLI A MERENDA

DI FABIO FRACCAROLI

Quando il bambino è uno sportivo Dal 24 al 26 Maggio si è tenuto a Verona il XIX congresso nazionale dell’ Associazione italiana di Psicologia dello sport (AISP), quale miglior occasione, quindi, per scambiare due parole con il neo presidente dell’Associazione, Michele Modenese e riflettere assieme di come nasce, si sviluppa e può maturare, l’attitudine sportiva nei più giovani. In questa nostra paginetta altre volte abbiamo provato ad accennare sul come, incontrando lo sport, l’essere umano abbia potuto costruire una sua propria identità, rafforzando alcuni valori e potenziando precise attitudini sia psico-fisiche che morali. Su questa linea il dottor Modenese, psicologo e psicoterapeuta che da anni sostiene e indirizza l’attività sportiva di molti atleti, ci ricorda che: “Fortunatamente nelle nostre società evolute non si è persa, anzi è di molto accresciuta, la possibilità che il vitale incontro con lo sport possa avvenire già da bambini, tanto che alla scoperta ludica spontanea e casuale dello sport di un tempo si è sostituito, nei nostri giorni, l’incontro strutturato con l’attività sportiva, agevolato dai genitori e dalle molte società sportive che spesso avviano con passione i bimbi all’attività pre-agonistica. In tal senso è giusto ricordare che lo sport è la terza agenzia educativa per il bambino. Dopo la famiglia e la scuola, l’attività sportiva può servire come luogo e occasione costruttiva per educare. Così le società sportive, parallelamente con lo sport appresso e praticato alla scuola, offrono la possibilità ai ragazzini di interagire in contesti supervisionati e coordinati da adulti. Ovviamente la più frequentata disciplina per i più piccoli, in tutta la realtà nazionale, è il calcio, seguita a distanza enorme dal volley e dal basket e poi via, via altre discipline.” In un interessante libro da poco pubblicato “La psicologia dello sport dei bambini” (edizioni Kappa, 2011) lei, congiuntamente ad

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altri suoi colleghi, avete tracciato una accurata ricostruzione di temi e questioni riguardanti proprio la psicologia dello sport con una attenzione particolare all’età dello sviluppo. In tale testo si ricorda che fino ad una certa età (fino ai sei e gli otto anni) non ha forse neanche senso parlare di sport, piuttosto, se mai di divertimento organizzato, di gioco finalizzato. “Certo però in questo primo passo, che porta alla scoperta e al consolidarsi della pratica sportiva sin da molto giovani, entra una variabile molto importante che è l’allenatore. Può essere lui a fare la differenza, perché se l’allenatore è orientato al risultato, che non vuol dire semplicemente al vincere la partita, ma piuttosto ad ottenere il gesto atletico da parte del bambino con un certa precisione, se

Uno degli errori più frequenti nelle società sportive è affidare i ragazzi aa allenatori privi o con pochissima esperienza formativa è orientato a creare in maniera prematura che si applichi una strategia di gioco allora si può ottenere una positiva forzatura dell’indole giocosa dei bambini stessi. E proprio qui si colloca uno degli ambiti più importanti della psicologia dello sport, cioè l’aiutare e migliorare la formazione di tecnici ed educatori anche già per l’età evolutiva.” In altre parole cominciando a praticare uno sport il bambino non scopre solo il piacere di una attività ludica condivisa con altri e fissata da alcune regole -quello che con parole inglesi si potrebbe definire il passaggio dal gioco libero e senza norme, il play al giocare con regole e metodo, il game- ma scopre anche l’essenziale guida che ci può dare lo sguardo di un altro,

l’essere osservati di chi ci aiuta nel migliorare la nostra prestazione. “L’allenatore nel bene e nel male diventa fondamentale in quanto senza un (buon) allenatore, il bambino non fa ancora e forse rischia di fare più sport, infatti non basta una semplice aggregazione spontanea che per ben indirizzare i più giovani allo sport. Purtroppo uno degli errori metodologici più frequenti nelle società sportive è credere che tale importantissimo ruolo educativo grazie al quale per la prima volta i bimbi cominciano ad imparare lo sport possa essere lasciato a tecnici privi o con pochissima esperienza formativa, magari con la giustificazione che comunque avendo a che fare con i più piccoli le ambizioni sportive siano minori se non nulle. Questo oltre che sbagliato dimostra come l’attività sportiva sia spesso solo intesa come fortemente indirizzata alla vittoria, e non alla crescita all’educazione allo sviluppo dello sportivo. Per le motivazione che ci dovrebbero spingere a fare sport si potrebbe parlare di una condizione viziata dall’origine.” Schiacciati dai limiti di questo nostro spazio verrebbe voglia di fare il verso ad una famosa poesia tedesca e cantare come sunto finale di questo scambio di battute: Quando il bambino era un bambino, il gioco pian piano, quasi diventando una consuetudine finiva per essere un piacere organizzato, più che solo una sana pratica. Quando il bambino era bambino periodicamente (una due volte alla settimana) incontrava una stramba figura (il coach) che l’osservava ed indirizza i gesti quasi automatici del suo giocare. Quando il bambino era bambino come per incanto giocare sempre allo stesso gioco era giocare a qualcosa di sempre curiosamente diverso. Quando il bambino era bambino cominciava a fare dello sport e ancor oggi quel bambino non più bambino ancora lo fa…


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VS K ID S

CRESCERE CON LO SPORT

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Stefania Bardi, istruttrice di nuoto specializzata nella prima infanzia, svela i segreti per appassionare i più piccoli a questo sport che offre benefici enormi allo sviluppo fisico e mentale dei bambini TESTO ENZO LONARDI

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a passione per l’insegnamento del nuoto e per i bambini la leggi nei suoi occhi e la ascolti dalla sua voce. Ogni esitazione lascia il posto ad un sorriso, ogni dubbio ad una certezza. Stefania, come una sirena, lascia gli impacci a terra e scivola nel suo elemento, l’acqua, dove insegna ai più piccoli a diventare grandi. Quando e perché ha iniziato ad appassionarsi all’insegnamento del nuoto ai bambini? Sono sempre stata appassionata all’acqua, fin da piccola. Ho fatto sempre corsi. Inizialmente avrei voluto iscrivermi a un corso di tuffi, ma purtroppo nella mia città non c’erano piscine attrezzate a questa attività sportiva. Così ho iniziato giocando a pallanuoto e poi sono passata al nuoto (pre- agonistico). Ho sempre fatto molti sacrifici per questo sport, in quanto uscivo da scuola alle due del pomeriggio, andavo in piscina e aspettavo che iniziassero gli allenamenti alle diciassette e trenta. Sacrifici fatti sempre col sorriso. Poi? Poi nel 2005 ho deciso (un po’ per caso) di prendere il brevetto di Assistente Bagnanti, pensando che mi sarebbe potuto servire per iniziare a lavorare e infatti così è stato: nell’estate dello stesso anno ho iniziato a lavorare in un parco acquatico. L’anno successivo, mi sono dovuta trasferire a Parma per iniziare l’università. E , sempre per caso,

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VS K ID S nuoto

ho incontrato una ragazza che frequentava il mio stesso corso e che lavorava in piscina come istruttrice di nuoto. Cercavano istruttori e bagnini e così, è iniziato il mio percorso: mi sono iscritta al corso per poter prendere il brevetto di istruttore. Quali sono le caratteristiche dei più piccoli che maggiormente evidenzia il nuoto? Ho iniziato lavorando coi bambini senza saper bene come comportarmi e cosa fare. E ho imparato soprattutto osservando gli altri, prendendo tanti spunti e usando tanta, tanta fantasia e immaginazione. Perché coi bambini serve questo. I bambini mi sono sempre piaciuti: mi piace la loro spontaneità e il loro modo di vivere prendendo tutto come un gioco. Lavorando con loro piano piano ho capito che ogni bambino ha un suo mondo e un suo modo di essere. Non troverai mai un bimbo uguale all’altro. C’è quello attivo e c’è quello che sta in silenzio, quello che non ti ascolta e quello che fa sempre domande perché ha paura di sbagliare. Però se riesci a instaurare un legame con loro e a capire le loro esigenze diventa tutto eccezionale. Mi piace lavorare con loro perché ti danno grandi soddisfazioni. La cosa più bella è arrivare alla fine del corso e vedere che il bimbo che non parlava si è integrato nel gruppo ed è quello che trascina gli altri, il bimbo che aveva paura ora

Letto con prima colazione a Verona Sleeping in Verona Schlafen in Verona Dormir à Verona

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nuota e va sottacqua e aiuta gli altri bambini a prendere confidenza con l’acqua. Aspetti negativi? Una cosa che a volte i genitori non capiscono è che pensano che il bambino indipendentemente dalla sua età, debba uscire dalla piscina ed essere un piccolo Rosolino. Perciò ti arrivano questi bimbi di 4 anni che hanno solo voglia di divertirsi, giustamente, e invece tu devi fargli imparare la bracciata a dorso, la ‘gambata’ a rana. In realtà ogni bambino ha i suoi tempi. Cosa diciamo, allora, ai genitori? Ai genitori direi di non forzare i tempi coi bambini, di lasciarli fare e se a 5 anni ancora non hanno imparato a nuotare di non preoccuparsi. Perché se i bimbi hanno capito come si sta in acqua, sanno galleggiare e non hanno paura, allora l’obiettivo è stato raggiunto. L’età giusta per iniziare? L’età giusta per iniziare con esercizi di tecnica sarebbe intorno ai 6 anni, prima c’è solo acquaticità divertimento e ambientamento con l’acqua. O almeno così dovrebbe essere. Anche perché il bimbo di 4 anni è troppo piccolo e ancora non si è formato, per questo motivo potrebbe apprendere il gesto motorio nel modo sbagliato e poi non riuscire più a correggerlo. Col tempo ho scoperto che i bambini imparano

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“Ai genitori direi di non forzare i tempi coi bambini, di lasciarli fare e se a 5 anni ancora non hanno imparato a nuotare di non preoccuparsi” molto di più giocando e senza volerlo fanno cose che con esercizi su esercizi specifici non imparerebbero mai. Ha fatto riferimento ad un aspetto determinante, quello ludico, quanto incide? È molto importante la parte ludica. L’istruttore potrebbe anche non fare niente, perché il bimbo arriva in acqua e, salvo il caso in cui abbia molta paura, sa già quello che deve fare, prende i giochi e inizia a divertirsi a modo suo. Però l’istruttore serve a dargli stimoli, per farlo crescere, per fargli capire che dentro un gruppo siamo tutti diversi e, contemporaneamente, tutti uguali, che bisogna saper rispettare gli altri ed aiutarli se sono in difficoltà. Con i giochi sviluppi il suo equilibrio

la sua coordinazione i suoi gesti nell’acqua. E queste sono le cose importanti! Poi una volta raggiunti questi obiettivi si può passare al nuoto vero e proprio. Prima il bambino deve imparare a capire cosa significa stare in acqua. Deve sperimentare. Cosa le piace di più di questa attività? La cosa più bella di questo mestiere è l’affetto che ti danno i bambini, te ne danno a ‘vagonate’ e senza chiederti niente in cambio. Si affezionano tanto che se manchi a una lezione si arrabbiano con te e ti tengono il muso. Perché tu sei diventato un po’ il loro punto di riferimento dentro l’acqua.

LA SCHEDA STEFANIA BARDI Stefania Bardi, classe ‘86, padovana di nascita e veronese d’adozione, con parentesi più o meno costanti tra Parma e Milano, è istruttrice di nuoto. Ha conseguito di diversi brevetti: assistente Bagnanti Fin, conseguito a Verona nel 2005, istruttorice nuoto primo e secondo livello conseguiti a Parma nel 2007 e 2008. Ha frequentato un corso di aggiornamento Fin a Riccione nel maggio di quest’anno dal titolo: “Attività in acqua 0-6 anni.”

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F O T OS T O R IA

È il 1955 quando l’Italia festeggia l’assegnazione delle Olimpiadi di Roma 1960, battendo la città svizzera di Losanna. E nel 1958 si decide di far disputare i primi giochi paralimpici nella stessa città organizzatrice delle Olimpiadi. Quindi Roma diventa la culla delle Paralimpiadi. Le edizioni fin qui disputate sono state tredici, e la quattordicesima sarà quella che si svolgerà a Londra dal 29 agosto al 9 settembre 2012. Uno degli attesi protagonisti è l’ex pilota di Formula 1 Alex Zanardi, fresco campione italiano di Handbike, pronto a far sognare i propri tifosi. Anche se le ruote sono passate da quattro a tre...

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Ipse dixit No n vo levo d imostrare n ie n te a nessuno, la sfid a era solo con me stesso, ma se il mio ese mpio è servito a d are fid ucia a q ua lcun a ltro , allora tanto meglio A LEX ZAN A R D I

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P ER C O R S I A lice Alessi

EMOZIONI A 6 ZAMPE TESTO ZENO DELAINI

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La passione per i cavalli è un’eredità di famiglia o è nata spontaneamente? Posso dire di averla sempre avuta. Grazie alla mia famiglia, dato che ho sempre abitato in campagna immersa nella natura e a contatto con gli animali. Un grazie particolare al nonno e alla sua fattoria, anche allo zio veterinario che tra i suoi pazienti più illustri annovera Varenne. Di fatto,

“L’amore per il cavallo e il desiderio naturale di instaurare con esso un vero rapporto di reciproca comprensione mi ha messo nelle condizioni di pormi degli interrogativi: questo modo non coercitivo di educare il cavallo potrebbe diventare uno stile di vita? ” Alice Alessi

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e l’Alice di De Gregori guardava i gatti che gli ricambiavano la cortesia, la ‘nostra’ Alice, al secolo Alice Alessi, titolare dell’agenzia Horseyes di Bassano del Grappa, guarda i cavalli che, manco a dirlo, le restituiscono “tutto l’amore, il rispetto e la gioia di vivere che sanno trasmettere questi compagni di vita” come racconta lei stessa a VS.

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P ER C O R S I A lice Alessi

col tempo, questa passione è diventata tutta mia, ho seguito il mio istinto, la mia vocazione, quella di lavorare con i cavalli. Un altro ringraziamento va al mio compagno, Andrea Olmi, che da anni segue la filosofia, definiamola così per brevità, dell’equitazione naturale che prevede il massimo rispetto per l’animale, la sua qualità della vita ma anche quella del cavaliere. Una simbiosi utile ad entrambi. Come disse Senofonte, “il cavallo dialoga con noi, ha una sua saggezza profonda.” Che tipo di formazione ha avuto? Mi sono diplomata in lingue, laureata in scienze dell’educazione con conseguenti master e specializzazioni in marketing, management con esperienze negli Stati Uniti e Medio Oriente. È stato proprio in questo contesto che mi sono resa conto che non era la strada giusta, mi mancava qualcosa. Così una volta tornata nuovamente negli States, ho adottato un approccio sistematico a quel sentire e ho capito che potevo unire le mie conoscenze e la mia preparazione alla mia passione. Come è nata l’idea di creare Horseyes? Nasce da una predisposizione naturale che si è trasformata in consapevolezza. L’amore per il cavallo e il desiderio naturale di instaurare con esso un vero rapporto di reciproca comprensione mi hanno messo nelle condizioni di pormi degli interrogativi:questo modo non coercitivo di educare il cavallo, più propenso all’ascolto, potrebbe diventare uno stile di vita? Anche nelle professioni più diverse? La risposta sta in quanto abbiamo creato… Ci spieghi meglio? Come dicevo poc’anzi è una visione

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dell’equitazione basata sul benessere di uomini e cavalli, con esercizi precisi e percorsi certi per arrivare a stabilire un rapporto proficuo di collaborazione e leadership. Dove il cavaliere deve entrare dapprima in contatto con una parte di sé, poi con l’animale. Questo tipo di approccio è molto utile anche in altre situazioni, soprattutto in quelle lavorative. Solo che se viene interiorizzato attraverso il rapporto con il cavallo, diverrà, vero, autentico. Sincero. Al cavallo non si può mentire. Se ti sente sicuro, tranquillo, forte allora si calmerà e si fiderà, se ti sentirà aggressivo, teso, in ansia è sicuro che starà alla larga. Si lascerà comandare perché ha stima del leader non perché gli è imposto.


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Si tratta di una consapevolezza e di un approccio che affondano i loro principi anche su studi etologici, ovvero del comportamento animale. Chi frequenta i corsi e che cosa proponete? Soprattutto aziende, dove si vuole ristabilire un rapporto tra direzione e dipendenti ad esempio. Abbiamo notato che passo passo, durante lo svolgimento dei corsi i ruoli possono cambiare rapidamente, le qualità delle persone emergono, i ruoli si definiscono o si scambiano senza contrasti e tantomeno invidie. In modo naturale, secondo le predisposizioni e le capacità specifiche e talvolta innate dei partecipanti. Un gruppo, che sia di cavalli o di persone, non ha dinamiche così differenti, purché ci si spogli dei preconcetti, ma a questo ci pensano i cavalli. Non posso e non voglio far nomi, ma posso assicurare che imprenditori di primissimo ordine si sono trovati spogliati di ogni certezza davanti all’insolito compagno. Azzerati. Poi lì viene fuori la stoffa della persona, umiltà, voglia di misurarsi con

Playlist 3 CA NZO NI DA aSCO LTA R E PR IM A D I Montare a cavallo

Mi piace questa citazione di Senofonte: “Se di qualcosa il puledro avrà paura, non è il caso di andare in collera, ma piuttosto di cercar di persuaderlo che non c’è niente da temere” l’inconsueto, predisposizione ad imparare, attitudine al comando. Che sensazioni riportano le persone? La maggior parte parla di emozioni, c’è qualcosa che succede dentro se stessi. Non facile da spiegare a parole, una magia che si concretizza nello sguardo: gli occhi del fantino si specchiano in quelli del cavallo e la magia è compiuta, sono una cosa sola pur essendo cresciuti entrambi. In modo particolare, a chi consiglierebbe questo tipo di esperienze e corsi? A chiunque voglia conoscersi meglio e incrementare la propria autostima. Il cavallo diviene uno specchio, riflette i nostri stati d’animo, i nostri gesti, le nostre capacità, le chiusure. Registra i progressi e manifesta a sua approvazione. Sia singolarmente che in gruppo. Che cosa le ha insegnato l’equitazione da

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riportare, come pratica quotidiana, nella vita e nel lavoro? A essere una persona migliore, incrementare la leadership. Per me è stato, ed è, un maestro di vita. Mi ha insegnato a vincere ma ancor più rialzarmi dalle cadute. A vivere le emozioni e i sogni. Sono grata alla vita per avermi dato questa possibilità e di aver saputo raccoglierla. Ipotizzando di fare un gioco: quali sono i tre sostantivi che associa al cavallo? Energia, empatia, leaderschip. Il ricordo indelebile? Wisperino, un cavallo maltrattato che ho preso con me e curato. Un piccolo grande amore, un compagno di vita. Una storia che mi ha aperto il cuore, mi ha fatto capire che tutto può cambiare se troviamo le persone o il cavallo giusto.


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“Non c’è differenza tra l’incidere una lastra e l’arrampicare una cascata di ghiaccio: in entrambi i casi si tratta di una ricerca estetica.” Stefano Tedeschi

P E RC ORSI

INCISIONI

NELL’ANIMA

TESTO ZENO DELAINI

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ST EFA N O TE DE SC H I P E RC ORSI

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a vecchia radio posta sul davanzale, di tanto in tanto, gracchia interrompendo la Sinfonia numero 5 di Tchaikovsky. E mentre l’odore dei solventi, sparpagliati qua e là all’interno della vecchia stamperia, raggiunge le narici, Stefano Tedeschi, classe 1954, fisico asciutto e capelli fulvi, sorride sornione. “Non c’è differenza tra l’incidere una lastra e l’arrampicare una cascata di ghiaccio - attacca senza indugi - in entrambi i casi si tratta di una ricerca estetica. Di una spinta interiore a raggiungere il bello nella forma più assoluta che le condizioni contingenti possano consentire.” Nell’unico locale, dove una vecchia stufa a gas giace a riposo, albergano, in caotico ordine stabilito dal lavoro quotidiano, fogli, bulini, inchiostri torchi e tutto il necessario a dare vita a piccoli e grandi capolavori. Stefano Tedeschi riprende: “È la stamperia più antica di Verona, una passione ereditata da mio padre Nereo.” Ma dell’altra sua grande passione, l’alpinismo, gli inizi incuriosiscono e sorprendono: “Per quanto strano

“Non è una gara arrampicare, non c’è prestazione, perché alla fine si raggiunge un’estraniazione della coscienza, una perdita di identità” possa apparire, le cause scatenanti di questa passione sono ideologiche, intellettuali.” Dopo una breve pausa, le braccia tornano a muoversi teatralmente, quasi ad accompagnare il pensiero in questa sorta di scalata della memoria: “Era il Sessantotto e come molti giovani dell’epoca ero alla ricerca di un nuovo terreno culturale su cui misurarmi, sperimentarmi, conoscermi.” E galeotto fu l’incontro con “Il Nuovo Mattino di Torino, una rivista culturale di alpinismo che non trattava solo temi tecnici ma rivelava l’epica, la mistica, la parte emotiva di questa disciplina.” Tedeschi si fa serio e chiosa: “Perché non si tratta né di un gioco né della ricerca di adrenalina, ma di uno stato di solitudine, di crescita personale, di coraggio ma non di incoscienza: è più audace rinunciare se le condizioni sono incerte che non salire.

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P ER C O R S I S TEFANO TEDESC HI

L’umiltà davanti alla natura è tutto. Non c’è consumismo nell’alpinismo e laddove ce ne sia, meglio diffidare.” Poi riprende citando due maestri, entrambi piemontesi ed entrambi scrittori alpinisti: “Siamo nei primi anni Settanta quando Gianni Comino e Gian Carlo Grassi, che ho avuto l’onore di conoscere e che ha pagato con la vita la sua voglia di andare fino in fondo, scrivono e parlano di un modo diverso di salire la montagna, ‘inventando’ le arrampicate su ghiaccio, liberando la disciplina da alcuni preconcetti e rendendole appieno la sua identità.” E così, da questi incontri in poi, Stefano Tedeschi non si è più fermato, andando in lungo e in largo per tutta Europa e per l’Italia intera: a salire cascate di ghiaccio, le ‘goulotte’, come le chiamano i transalpini. “Difficile descriverne la bellezza, ci sono luoghi meravigliosi incontaminati, viviamo in una regione fantastica, in un’ora e mezza di automobile, da molte città, è possibile raggiungere luoghi incantati: la zona della Marmolada, con i suggestivi Serrai di Sottoguda, la Valle del Biois o l’Antelao. Purtroppo anche questi ghiacciai soffrono di quel fenomeno chiamato contrazione: si vanno via via riducendo. Si tratta di fenomeni strani, planetari. Anche la formazione dei ghiacciai resta un mistero, fatto che li rende ancora più affascinanti.” In conclusione, Tedeschi ammonisce: “Non è una gara arrampicare, non c’è prestazione, perché alla fine - rivela - si raggiunge un’estraniazione della coscienza, una perdita di identità: non sei più rappresentato dai contorni e dalle definizioni che la società ti impone, sei qualcos’altro. Non sei la foto sulla patente, non sei il conto corrente della banca, sei solo nella natura, nella bellezza, lontano dalla brutalità del quotidiano.” Il ghiaccio muta, non è mai come pensi che sia, si trasforma. C’è, ma può anche non esserci; è solido, ma non è roccia e così ti ritrovi ad essere “un uomo che cerca un’alternativa arrampicando sull’effimero.”

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M A N GI OE RGOSON O

L’ORO IN BOCCA

Molte volte una corretta alimentazione viene associata alla parola dieta. Erroneamente. Con questa intervista al Dr. Luca Landi, odontoiatra, affrontiamo l’argomento in modo più approfondito. Curare l’alimentazione non è una priorità solo per lo sportivo...
 Lo sportivo rappresenta senza dubbio l’individuo che per eccellenza deve osservare uno stile di vita corretto in modo da poter ottenere delle performance ottimali e durature nel tempo. Il concetto di stile di vita corretto è però fondamentale anche per individui non sportivi di ogni età, dal giovane adolescente all’anziano, che devono inserire l’attività fisica o l’esercizio fisico nlla loro routine quotidiana. Recentemente una serie di studi hanno dimostrato che il solo esercizio fisico può essere in grado di prevenire molte malattie sistemiche croniche, come l’ipertensione, il diabete o l’arteriosclerosi, che riconoscono una comune origine infiammatoria. L’esercizio fisico può essere considerato infatti come un potente agente anti-infiammatorio in grado in alcune situazioni di essere più efficace anche di terapie farmacologiche. Quali sono gli elementi fondamentali per un corretto stile di vita? Esistono alcuni principi base che sono facilmente ricordabili: seguire una corretta alimentazione, evitare abitudini viziate come il fumo di sigaretta, condurre una vita fisicamente attiva e controllare lo stato di salute generale attraverso visite periodiche per monitorare alcune spie delle condizione di salute generale come la pressione, la glicemia (gli zuccheri nel sangue) e i livelli di grassi (colesterolo e trigliceridi).
Queste indicazioni dovrebbero essere comprese e messe in pratica all’interno del nucleo familiare e della scuola che rappresentano i modelli di riferimento per il giovane che diventerà adulto. Correggere stili di vita poco salutari può essere molto più complicato rispetto ad adottarli in modo naturale fin da giovani. Pensiamo all’importanza dello sport come elemento non solo di crescita psicomotoria ma come prevenzione rispetto ad abitudini viziate (fumo) o a comportamenti sedentari (TV, computer) e poco corretti (bevande zuccherate e grassi). Fare attività motoria aiuta a

smaltire le calorie che assumiamo con la dieta. Per esempio una merendina farcita con marmellata che apporta mediamente 125 Kcal, può essere smaltita pedalando per 10 minuti o camminando una mezz’ora abbondante. Ma se si sceglie di consumare la stessa merendina senza abbinare alcun movimento ecco che per consumarne le calorie ci vogliono ben due ore. Una corretta alimentazione non significa dieta...
 Una dieta corretta è un modello di alimentazione in grado di provvedere in modo equilibrato al fabbisogno energetico di ciascun individuo in base alle sue caratteristiche individuali come sesso, età, condizioni di salute generale,

grado di attività fisica e così via. L’allarme obesità, specialmente nelle età infantile, è una realtà in forte crescita, non solo negli Stati Uniti ma anche in Europa e in Italia. È necessario e urgente educare la popolazione a conoscere i principi base di una alimentazione corretta, saper riconoscere quei cibi qualitativamente migliori e ad adottare un conseguente modello alimentare corretto. Il buonsenso e l’equilibrio è molto spesso l’ingrediente che manca ad una corretta alimentazione. Che legame c’è tra il dentista e il corretto stile di vita?
 Questa è una domanda a cui rispondo volentieri. Recenti dati ISTAT hanno indicato che l’odontoiatra è, tra i vari medici specialistici, quello che vede il maggior numero di pazienti (circa il 29% di tutte le visite specialistiche) molto di più rispetto al ginecologo o all’ortopedico. Questo

rende l’odontoiatra in grado non solo di osservare una grande fetta della popolazione, di tutte le fasce di età ma, anche di poter trasmettere messaggi virtuosi come quello su un corretto stile di vita. Questo concetto si lega perfettamente con una corretta igiene orale. Questo è particolarmente importante se pensiamo che molte malattie infiammatorie croniche (diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari) hanno importanti associazioni con malattie infiammatorie del cavo orale come ad esempio la parodontite (detta anche piorrea). La forte associazione della parodontite con il diabete e con malattie cardiovascolari mette al centro dell’attenzione la necessità di correggere abitudini viziate e di attuare modelli preventivi adeguati. In questo senso la Società Italiana di Parodontologia ha appena concluso un imponente progetto educativo su questi temi con lo scopo di educare odontoiatri, igienisti dentali e medici generalisti a comunicare ai propri pazienti questi importanti ma semplici concetti per uno stile di vita corretto. Un altro motivo di interesse dell’odontoiatra per una corretta alimentazione riguarda, oltre alla composizione della dieta, la frequenza dei pasti. Molte diete prevedono numerosi spuntini durante le 24 ore con un costante abbassamento del pH orale. Quali consigli possiamo dare ai genitori?
 La famiglia è l’ambiente ideale ove questi messaggi possono essere accolti e trasmessi con grande efficacia. Il compito dei genitori è fondamentale ma allo stesso tempo impegnativo. Al di là delle parole e dei buoni propositi, ciò che più conta per il giovane ed il bambino, è l’esempio concreto nel vedere comportamenti corretti da emulare. Esistono passi concreti da fare in questa direzione ad esempio scegliere alimenti sani e con un corretto apporto nutritivo, variare spesso i cibi privilegiando la frutta e la verdura di stagione, selezionare quei prodotti che hanno ingredienti naturali. Inoltre è utile condurre una vita fisicamente attiva e stimolare i figli a fare altrettanto attraverso non solo una regolare attività sportiva ma cercando quando possibile di privilegiare attività di svago condotte all’aria aperta e non all’interno di ambienti chiusi. Alcune buone regole per una corretta alimentazione...
 Più che dare delle regole che a volte si dimostrano un elenco difficile da ricordare preferisco dare dei principi guida: varia spesso i cibi (non mangiare sempre le stesse cose), mangia con regolarità (pasti principali, colazione, pranzo e cena e fai meno spuntini durante la giornata), riduci (ma non eliminare) i cibi grassi e quelli ad alto contenuto di zucchero, mangia molta frutta e verdura di stagione, cerca di consumare carni magre, pesce e carboidrati complessi. (Alb. Cr.) IN COLLABORAZIONE CON PALIUANI LIFE

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MA N G IO E R G O SONO

CARNE

cONSAPEVOLEZZA A TAVOLA

La carne è un alimento importante per gli sportivi, ma deve essere conosciuta e assunta con consapevolezza

TESTO ENZO LONARDI

Verona va di corsa A lato, il logo dell’Istituto assaggiatori carne “De Gustibus Carni”, che vede alcuni dei soci ritratti nell’immagine in basso, scattata in Piazza Bra a Verona

Lo abbiamo chiesto all’Istituto Italiano Assaggiatori Carne, che promuove una filosofia in controtendenza al consumismo odierno: meno quantità e più qualità 44

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L’

Istituto Italiano Assaggiatori Carne, nasce il 23 marzo 2011 a Verona, sotto il nome di De Gustibus Carnis. “Si tratta di un’iniziativa partita grazie all’impegno di venti professionisti della carne - spiega Iuri Martinato, vicepresidente dell’Istituto - che hanno deciso di creare un metodo unico per valutare la qualità del prodotto attraverso l’analisi sensoriale e per diffondere questo tipo di approccio alla carne tra i consumatori.” Si tratta di Giudici Qualificati (ovvero che hanno seguito un corso secondo una normativa Ue che rispetta norme Iso per arrivare a conseguire tale qualifica, rilasciato dal Centro Studi Assaggiatori di Brescia) in analisi sensoriale specializzati nella carne, che si sono posti “L’obiettivo di creare e diffondere - ribadisce Martinato - la conoscenza di quali caratteristiche evidenti ai sensi, siano segno di qualità e di non qualità nelle carni.” L’intento è quello di portare questa conoscenza condivisa a tutti i livelli della filiera, fornendo a tutti, dall’allevatore al consumatore, gli strumenti per discernere e poter scegliere autonomamente la massima qualità. Soprattutto per quel che riguarda la carne bovina. Riprende Iuri Martinato: “A tal fine è indispensabile la creazione di un linguaggio non tecnico, comprensibile a tutti ma sufficientemente preciso e scientifico da poter essere esatto.” Questo può valere per il consumatore generico, ma laddove vi sia il consumatore sportivo? Non mancano le parole a Martinato che riattacca: “La carne è stata per anni simbolo di benessere e prosperità, questo fattore ha dato un certo slancio al consumo della stessa. Non ultimo anche nelle diete degli sportivi. Benché siano argomenti ad appannaggio di


medici e nutrizionisti, ai quali non vogliamo certo sostituirci, mi sento di dire che come gli sportivi devono essere rigorosi nella dieta e negli allenamenti così anche la carne deve essere curata partendo dall’animale, verificando la qualità della vita prima, dell’alimentazione e delle condizioni generali, un animale maltrattato o stressato produce una carne di scarsa qualità. Dobbiamo trattarli bene ed essere riconoscenti, sembrano banalità ma non lo sono affatto.” La carne, è noto essere un alimento importante per gli sportivi. Benché non manchino esempi eccellenti di sportivi vegetariani (vedi VS numero 2 novembre 2011 pagine 45 -47), è altrettanto vero che le sostanze presenti in una bistecca possono rivelarsi davvero importanti, spiega Martinato: “Parlando di carne di alta qualità, parliamo di una fonte proteica ad alto valore biologico; ciò significa che le sue proteine sono molto simili a quelle umane e sono quindi facilmente utilizzabili dall’organismo per soddisfare i vari processi metabolici in cui sono coinvolte, dalla produzione di ormoni, enzimi, neurotrasmettitori, anticorpi, rinnovo cellulare, alla coagulazione del sangue e alla contrazione muscolare.”

“a parità di ferro assunto, quello di origine animale viene assimilato in proporzioni superiori di circa tre volte rispetto al ferro di origine vegetale”

Ma se non bastasse c’è dell’altro: “Il suo contenuto di ferro, superiore rispetto a quello degli alimenti di origine vegetale, soprattutto a livello qualitativo, fa sì che a parità di ferro assunto, quello di origine animale venga assimilato in proporzioni superiori di circa tre volte. L’elevato contenuto proteico, in grado di

stimolare la secrezione dell’ormone della crescita, associato alla ricchezza in ferro, contribuisce a rendere la carne un alimento di primaria importanza nell’alimentazione di sportivi, bambini, ragazzi, anemici e donne in gravidanza.”

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A PP UN TA M E N TI LESSINIA

LESSINIA VOLLEY 2012 TORNEO AMATORIALE DI PALLAVOLO 10 - 14 agosto 2012 San Giorgio di Bosco Chiesanuova (VR) Volley Arena

Torneo amatoriale di pallavolo aperto a tutte le persone di età uguale o maggiore a 14 anni, squadre miste 6 VS 6, partite, musica e divertimento! Torna la 14° edizione del torneo di pallavolo in quota, aperto a chi si vuole cimentare con una pallavolo semplice e in amicizia, con squadre miste e assolutamente amatoriali. Le partite si svolgono interamente nel campo di pallavolo all’aperto; giocare a 1545 metri di altitudine e in mezzo al verde è un toccasana per adulti e ragazzi di tutte le età!

ScopriLessinia WALKING 2012 Sabato 21 luglio 2012 - Sabato 4 agosto 2012 Parco della Lessinia, Bosco Chiesanuova (VR)

Camminata gastro - culturale nel Parco della Lessinia con guida naturalistica e pranzo tipico in malga. L’esperienza delle guide naturalistiche dell’associazione Emozioni in movimento si incontrano con la P&M, per proporre un percorso guidato di trekking in alta Lessinia, alla scoperta delle caratteristiche naturali e sociali di questo territorio. Durante il percorso si parlerà di flora, fauna, ma anche delle opere dell’uomo e della vita in Lessinia, dalle malghe all’allevamento bovino. Il pranzo sarà in una tipica Malga (Malga Malera di Sotto) della Lessinia, trasformata da rudere a prezioso gioiello di pietra e legno.

UNA MONTAGNA DI IDEE 46

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In provincia di Verona, in un territorio noto col nome di Lessinia che racchiude diversi comuni montani, l’estate si colora di iniziative ed eventi sportivi: un’occasione per vivere ‘en plein air’

la passione per lo sport e la bellezza del paesaggio. Non disdegnando la buona tavola, i prodotti tipici e la compagnia. Eventi per tutte le età, tasche e gusti. Buon divertimento a tutto sport

Info pm events. jim d o.co m

SAN GIORGIO IN BICI 2012 LESSINIA BIKE TOUR 15 agosto 2012 San Giorgio di Bosco Chiesanuova (VR) Piazzale superiore

Percorso natural-gastronomico in mountain bike. Escursione guidata in mountain bike alla scoperta dell’alta Lessinia, in collaborazione con Pedalaparco. Percorso facile, adatto a tutti, aperitivo on bike con degustazione prodotti tipici e spritz, possibilità di noleggio mountain bike tecniche in loco. Similmente al ciclo ScopriLessinia, qui il percorso guidato coinvolge mountain bike di tutte le età e categorie: salite, discese, fango ed erba in un percorso unico nel suo genere.

CORRIAMO A SAN GIORGIO 2012 CORSA NON COMPETITIVA DI PODISMO 15 agosto 2012 San Giorgio di Bosco Chiesanuova (VR) Piazzale superiore

Gara di corsa non competitiva aperta a tutti, organizzata in collaborazione con KM Sport e UMV, Unione Marciatori Veronesi. Due percorsi, facile e medio, premi e pacco gara per gli iscritti singoli e i gruppi più numerosi. La voglia di portare anche la corsa nella nostra Lessinia, unita all’amicizia con Km sport di San Martino Buon Albergo, ci ha spinto ad entrare nel calendario ufficiale dell’Unione Marciatori Veronesi. Così nasce la corsa in montagna che proponiamo come novità assoluta, aperta a tutti quelli che volessero cimentarsi con una corsa in altura. Nel totale spirito non competitivo non verranno premiati i più veloci, ma i pù simpatici e i gruppi più numerosi!

IN EDI CO LA!


VERSUS ATLETI CONTRO

“E non ditemi che la vita non è una figata” ce l’avrei fatta.” Questo il senso delle sue parole. Determinata, decisa, senza paura.

La notizia non è nuova, anzi è già piuttosto datata, risale al marzo 2012, ma vale la pena ricordarla: Beatrice Vio, una ragazzina quindicenne di Mogliano Veneto che tutti chiamano Bebe, sarà tedofora alle prossime Paralimpiadi di Londra 2012. Dal 2008 senza braccia né gambe per le complicazioni di una meningite, Bebe è l’unica al mondo a girare in carrozzina senza arti. Il suo sogno era di diventare tedofora, e, ora, è divenuto realtà grazie alle email che hanno intasato i server del Comitato Italiano Paralimpico. A undici anni Beatrice viene colpita da una meningite fulminante. Subisce l´amputazione degli arti superiori e di quelli inferiori. Nonostante le condizioni assolutamente sfavorevoli e i pareri contrari dei medici ad un suo possibile ritorno allo sport, Bebe non ci pensa nemmeno ad arrendersi e lotta con tutta la sua determinazione. “Sono sempre stata sicura che sarei tornata a tirare di scherma, ai medici ho riso in faccia quando mi hanno detto che non

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Ha dichiarato: “Mi diverte di più la scherma in carrozzina rispetto a quella che praticavo in piedi, perché non puoi aver paura, se hai paura tendi a indietreggiare. Con la carrozzina questo non è possibile, devi attaccare sempre.” Nella scherma e nella vita, racconta mamma Teresa: “La frase che la identifica, l’ha pronunciata ancora quando era una bambina: io posso fare tutto quello che io voglio fare.”

Chissà che ne penserebbe Federica Pellegrini, colei che il gran rifiuto oppose. E tutti noi, riflettiamo sulle nostre sciocche lamentele quotidiane. TESTO ZENO DELAINI

Mi diverte di più la scherma in carrozzina rispetto a quella che praticavo in piedi, perché non puoi aver paura, se hai paura tendi a indietreggiare. Con la carrozzina questo non è possibile, devi attaccare sempre Beatrice Vio, vive con i genitori, Ruggero e Teresa, il fratello e la sorellina Maria Sole. In una lettera inviata al Corriere della Sera per rendere pubblica la sua gioia, una volta appresa la notizia che sarebbe stata lei a portare la fiaccola olimpica, ha scritto: “E non ditemi che la vita non è una figata”, testuale.

Non è mai troppo tardi Beatrice ‘Bebe’ Vio, nella foto in apertura, è ritratta con l’ex cestista della Fortitudo bologna Eugenio Capone, che abbandonato il basket è tornato in palestra, a 42 anni, diventando, dall’alto dei suoi 212 centimetri, lo schermidore più alto del mondo


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ULTIMO METRO

i numeri dI LONDON 2012

Dal 27 Luglio fino al 12 Agosto, per la terza volta nella storia Londra ospita le Olimpiadi. Era infatti il 1908 quando, per la prima volta, la capitale inglese ospitò i giochi olimpici; la seconda, nel 1948, fu la prima edizione dei giochi trasmessi in tv e ora la città si appresta ad aprire le sue porte a tutti gli sportivi del mondo. I numeri, naturalmente, sono impressionanti.

9,3 miliardi di sterline il costo della manifestazione

205 le nazioni che vi parteciperanno

9,3

205 33 33 nuovi impianti sportivi

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17 mila persone saranno presenti tra atleti e staff al villaggio Olimpico

persone, ogni giorno, utilizzeranno i mezzi pubblici per andare al villaggio

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100 mila visitatori i visitatori che assalteranno, al giorno, lo shopping center di Westifiel di Stratford, il più grande d’Europa

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linee di trasporti che andranno verso Stratford, aumentate IN OCCASIONE DEI GIOCHI


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