DIFESA DEL POPOLO INSERTO TERZA ETA'

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gli anni d’argento LONGEVITÀ & ASSISTENZA

CASE DI RIPOSO Le impegnative di residenzialità non rispecchiano le reali esigenze del territorio

Troppi letti vuoti, troppe famiglie in attesa FOTO BOATO

Le “case di riposo” pubbliche e private faticano a riempire tutti i posti letto disponibili, aumentati in questi ultimi anni, anche se gli anziani sono in crescita. Il numero di impegnative di residenzialità concesse dalla regione sono ferme da anni, così c’è chi, in attesa, rimane a casa propria

Crescono i posti letto disponibili nelle case di riposo e aumenta la richiesta, ma molte famiglie non possono sostenere le alte rette.

Impegnative di residenzialità. Tra i tanti problemi

che affliggono il mondo degli istituti di riposo per anziani del Veneto, questo è uno di quelli che più preoccupa, tanto le strutture private quanto quelle pubbliche. Queste “impegnative” sono “il titolo che viene rilasciato al cittadino per l’accesso alle prestazioni rese presso servizi residenziali e diurni autorizzati”: in poche parole, è la “quota di rilievo sociosanitario” con cui l’ente pubblico, ovvero la regione, sostiene le rette per l’accesso a questi servizi. Le impegnative sono erogate sulla base di graduatorie e nel limite massimo annuo stabilito dalla programmazione regionale. Il loro numero, tuttavia, è fermo da anni nonostante le richieste di un aumento, visto l’invecchiamento demografico; così, paradossalmente, molte famiglie sono costrette a tenere gli anziani a casa e molti istituti si trovano invece ad avere letti vuoti. «A Padova il numero di impegnative di residenzialità – hanno spiegato i sindacati Cgil Cisl e Uil nel corso di una recente conferenza stampa – è fermo al 2009, mentre sono invece aumentati i posti letto dispo-

nibili: questo ha causato uno sbilanciamento che va a discapito del servizio pubblico, come si evince dai bilanci delle Ipab che sono sempre più in difficoltà». Hanno quindi fornito i dettagli: nel territorio dell’ex Ulss 16 (centro provincia di Padova e Saccisica) i posti letto totali disponibili, tra pubblico e privato, sono passati da 2.901 nel 2010 a 3.191 nel 2015; nel contempo, le impegnative di residenzialità sono rimaste ferme a 2.302: ne mancano 889. Nel 2016 sono stati programmati (ma non disponibili) ulteriori 417 posti letto privati e 16 pubblici. Nell’Alta Padovana (ex Ulss 15) i posti sono passati da 975 a 1.189, nella Bassa padovana (ex Ulss 17) da 811 a 1.306. «Quello delle impegnative di residenzialità è realmente un grosso problema – spiega anche Francesco Facci, presidente di Uneba Veneto e direttore della fondazione Santa Tecla di Este – perché la regione ci chiede sempre di più, a livello di standard, ma le risorse sono sempre le stesse. E non si può scaricare sulle famiglie, che hanno sempre meno soldi. Sono passati

troppi anni dall’ultimo adeguamento e l’emergenza non è diminuita». Poiché vi sono rette mensili che arrivano ai tremila euro, è facile comprendere quanto esse pesino sui bilanci di una famiglia e quanto sia importante l’aiuto pubblico per favorire l’accesso di un anziano a una struttura residenziale. Tenendo conto che, quando questo accade, oggi è per necessità: solo quando non è più autosufficiente e la famiglia non è in grado di fornirgli assistenza, la persona viene affidata a una di queste strutture. Non poterlo fare per motivi economici è, per una famiglia, doppiamente problematico e doloroso. A queste problematiche le famiglie stanno continuando a fare fronte con risorse proprie, in primo luogo tenendo gli anziani a casa propria il più a lungo possibile, o attingendo al serbatoio delle cosiddette “badanti”, che hanno un costo meno oneroso. Mentre le strutture – pubbliche e private – hanno dovuto trovare soluzioni per fare quadrare i bilanci, non sempre riuscendoci. 왘 pagine a cura di Emanuele Cenghiaro

TEMPO LIBERO Sono associazioni sempre più vivaci e spesso aperte anche ai più giovani

E se smettessimo di chiamarli centri sociali anziani? popolazione italiana è sempre più longeva, 왘 La ma gli anziani sono attivi più a lungo. E fanno volontariato, sia sostenendo economicamente le attività per la comunità (nel 2015, quasi il 20 per cento delle persone fra 55 e 74 anni aveva versato soldi a una associazione negli ultimi 12 mesi, e l’11,2 per cento lo aveva fatto a più di 75 anni) sia impegnandosi in prima persona. La disponibilità di volontari anziani – nel 2014, fa sapere l’Istat, la percentuale di volontari toccava il massimo nella classe 55-64 anni (15,9 per cento), ma il tasso di volontariato della classe dei 65-74enni

M EGLIO

(13,1) era superiore al valore medio nazionale (12,6) e vicino a quello dei 35-44enni (13,7) – ha rinnovato l’esperienza dei cosiddetti “centri sociali anziani”, che offrono uno spettro di iniziative sempre più ampio: non solo partite a carte e bocce, ma attività culturali e di promozione della salute, di relazione (dalle gite agli orti sociali), fino a proporre veri e propri servizi come i progetti Filo d’argento di Auser. Ultima novità, si aprono ai giovani: non solo i “nipotini”, ma vere collaborazioni con scuole e con gli studenti universitari. Insomma, gli anziani ricostruiscono comunità. 왘 servizio a pagina VI-VII

Sono sempre di più i volontari nella terza età che si impegnano in servizi per i coetanei.

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AltaVita ISTITUZIONI RIUNITE DI ASSISTENZA IRA


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argento

Le strutture pubbliche devono affrontare dei costi di gestione più elevati, a partire da tasse maggiori.

24 SETTEMBRE 2017

Il pubblico cede al privato? Le principali organizzazioni dei lavoratori denunciano a Padova la tendenza a privatizzare le strutture di riposo per anziani. Sollecitano la nuova legge sulle Ipab e la trasformazione di questi centri in veri ospedali di territorio

Si va verso la privatizzazione delle case di riposo? È quello che i sindacati Cgil, Cisl e Uil di Padova temono, dando un’occhiata alla nuova legge sulle Ipab in discussione in regione Veneto, e valutando un semplice dato di fatto: oggi sono 9 le case di riposo private in provincia di Padova contro le 13 pubbliche, mentre solo pochi anni fa la differenza era ben maggiore. A detta dei sindacati, questa è la tendenza, confermata dalle continue richieste dei consigli di amministrazione di trasformare le Ipab in fondazioni di diritto privato. Qual è il problema? Il costo di questa trasformazione, temono i sindacati, ri-

schierebbero di pagarlo le famiglie con anziani e i lavoratori. «La nostra richiesta è che venga approvata con urgenza una riforma delle Ipab, attesa da 16 anni – hanno spiegato i sindacati nel corso di una conferenza stampa congiunta, unitamente alle federazioni del pubblico impiego e dei pensionati di Padova – che le rilanci e le riorganizzi, caratterizzandole come uno degli strumenti importanti per una forte integrazione dei servizi sociosanitari con il territorio, come previsto dallo stesso piano sociosanitario regionale». I sindacati chiedono anche l’apertura di un tavolo di confronto con tutte le parti coinvolte

PADOVA EST

PADOVA CENTRO

per sostenere le loro proposte (sono riassunte nell’articolo a lato), miranti a caratterizzare in modo positivo l’evoluzione e il riassetto del settore. Quanto alle case di riposo, «non siamo contro quelle private – spiega Michele Roveron della funzione pubblica Cisl – ma crediamo che si stia facendo un ennesimo passo verso la privatizzazione della salute. Proprio mentre si dovrebbe puntare a trasformare le case di riposo in veri “ospedali di comunità”, capaci di offrire servizi anche al resto della popolazione. Oggi si può scegliere tra pubblico e privato: se si continua così, in futuro questa scelta non ci sarà più». Secondo Pietro Levorato della Uil, «se vogliamo che sia un servizio e non un commercio, la struttura pubblica assolve il compito in modo più appropriato». La situazione è simile ovunque, nel Veneto, ma soprattutto a Padova la questione è sentita dalle categorie sindacali proprio per la crescita delle strutture private. Cosa comporta la privatizzazione, secondo loro, è presto detto: «Abbiamo sotto gli occhi alcuni esempi che ci mostrano come il privato, che ha come scopo il business, per fare quadrare i conti finisca per esternalizzare i servizi, in genere a cooperative. I contratti che queste propongono offrono tutela e reddito inferiore ai lavoratori, ma è anche la qualità dell’assistenza

CAMPOSAMPIERO (PD)

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LA DIFESA DEL POPOLO

CASE DI RIPOSO Preoccupati i sindacati Cgil Cisl e Uil

FOTO BOATO

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che rischia di scadere: per essere produttivo, ad esempio, un operatore dovrà avere tempi di assistenza contingentati. Abbiamo dubbi anche sulla formazione degli operatori: nel pubblico hanno le qualifiche necessarie e frequentano i corsi di aggiornamento, non sappiamo se esternalizzando si abbiano le stesse garanzie». Le motivazioni addotte dalle Ipab a favore della privatizzazione, a detta dei sindacati, sono sempre le stesse: in primis le oggettive difficoltà strutturali legate al contenimento dei bilanci per le pesanti differenze che vi sono tra pubblico e privato per quanto attiene ai costi fiscali (il pubblico infatti paga più

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LA DIFESA DEL POPOLO 24 SETTEMBRE 2017

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LE PROPOSTE Sì può ampliare l’offerta al territorio

Da ospizi a veri centri servizi le Ipab pubbliche Perché sono così in sofferenza? Lo

Irap del privato), o per l’assenza di copertura per malattia e maternità da parte dell’Inps. Non ultimo viene il problema del tasso di occupazione dei posti letto collegato alle impegnative di residenzialità, ovvero alla compartecipazione alle rette da parte della regione: appare decisamente ridotto negli ultimi anni rispetto alle reali necessità e vi sono lunghe liste di persone in attesa, mentre i letti restano liberi. Questo si traduce in minori introiti per le Ipab che per occupare i posti, e per adempiere al loro scopo sociale, possono accettare di farsi carico di parte dei costi in attesa che la persona scali la graduatoria e benefici dell’impegnativa. A questo vanno aggiunte le difficoltà in cui

si gettano le famiglie: considerando che una retta media è di 2.500-3.000 euro al mese e le pensioni raramente riescono a coprirle e spesso non arrivano neanche a metà, il costo finisce per ricadere su di loro, mettendole in grosse difficoltà. Un costo economico e sociale. «Vi sono centri servizi per anziani – spiegano i sindacati – che hanno una media tra i 12 e i 60 anziani ricoverati senza impegnativa regionale, con un minore introito tra i 700 e i 3.300 euro in un solo “giorno”. Si arriva a deficit fino a 1,2 milioni di euro annui: tra le più colpite vi sono il Moretti Bonora di Camposampiero, il Configliacchi e l’Ira di Padova, la casa di riposo di Montagnana e il Centro

servizi di Monselice». Molti dei centri pubblici dipendono dai comuni: «Auspichiamo che queste difficoltà siano uno stimolo per le amministrazioni a mettersi assieme, anche attraverso le Unioni dei comuni», afferma Alessandra Stivali della segreteria provinciale Cgil. Tutto questo si abbatte infine sul costo del lavoro che, oltre al dumping contrattuale e all’impoverimento delle buste paga, è caratterizzato da una costante riduzione delle ore di assistenza giornaliera. «Il limite sotto cui non si scende sono gli standard regionali, che però risalgono a 30 anni fa», denunciano ancora i sindacati. Un altro problema è l’età media dei lavoratori nel pubblico, superiore ai 50 anni (nel privato è inferiore), con maggiore incidenza di problemi fisici e di salute legati alla tipologia di lavoro, particolarmente usurante, e limitazioni nei compiti. Una tendenza che preoccupa i sindacati è quella del conseguente aumento di lavoratori considerati “non idonei” al proficuo lavoro e messi in esubero: vi sono varie vertenze aperte nel territorio. «E la maggior parte riguarda donne», denuncia Paola Fungenzi della Cgil.

spiegano sempre i sindacati, facendo alcuni semplici conteggi. «Le strutture pubbliche, a differenza di quelle private – fanno sapere – hanno maggiori costi sugli acquisti, leggasi iva non deducibile. Hanno inoltre un maggiore carico di spesa del personale a causa della differenza di aliquota Irap (nel 2015, nel Veneto, 8,5 per cento per le Ipab contro 3,9 per i privati e l’esenzione addirittura totale per le cooperative sociali iscritte all’albo regionale) e malattie, maternità, legge 104 sono a carico dell’Ipab e non dell’Inps». A questo si aggiungono i posti letto vuoti o le rette diminuite (come spiegato nell’articolo a fianco) per gli ospiti che non beneficiano di impegnativa residenziale. La proposta dei sindacati confederali padovani per fare fronte ad alcuni di questi problemi è, in primo luogo, quella di evitare la privatizzazione delle Ipab trasformandole invece in Aziende pubbliche di servizi alla persona (Apsp), ovvero evolvendole in veri “centri servizi” nel territorio. Avrebbero infatti le caratteristiche per garantire l’integrazione di prestazioni sociosanitarie in sinergia con i servizi di residenzialità, semiresidenzialità e domiciliarietà, oltre che con la Medicina di gruppo integrata.

Sempre seguendo questa logica, le ex Ipab potrebbero entrare come parte integrante nel Servizio sanitario pubblico: i sindacati auspicano che possano divenire centri di servizio sanitario e sociosanitario dedicati principalmente alla cronicità, alla non autosufficienza e ai bisogni sociali. Il personale di questi centri potrebbe fornire ai comuni servizi di assistenza domiciliare, diminuendo gli ingressi in struttura e abbattendo i costi del personale (a Monselice, Pontelongo e Piove di Sacco, ad esempio, già lo si fa). Potrebbero ampliare il servizio dei centri diurni, fornire anche pasti a domicilio, attivare punti prelievi aperti a tutti i cittadini (anche questo, in alcuni luoghi, già si farebbe) o collaborare con il terzo settore per la prevenzione delle malattie legate all’invecchiamento, ad esempio proponendo e ospitando corsi di educazione motoria.



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LA DIFESA DEL POPOLO 24 SETTEMBRE 2017

gli anni d’

argento Le case di riposo accolgono oggi quasi solo anziani non più autonomi, e sono un aiuto per le famiglie. Per stare sul mercato devono offrire standard elevati e cura nei servizi, mantenendo bassi i costi.

UNEBA Le strutture cattoliche che si occupano di anziani mettono al primo posto il sociale

Assistere con il profumo della carità Oggi è sempre più difficile fare quadrare i bilanci degli enti che gestiscono strutture residenziali per gli anziani, ma la crisi ha colpito di meno quelli cattolici che puntano su qualità, organizzazione e attenzione alla persona

Gran parte delle case di riposo servizio e alla persona, alla cura del promosse da enti diocesani e dettaglio, alla formazione e motivaparrocchie sono riunite nel- zione degli operatori. Vorrei porre l’Uneba, l’Unione nazionale istitu- attenzione su un punto poco consizioni e iniziative di assistenza socia- derato dalle normative: i gestori le. Il presidente per il Veneto è delle strutture. Devono essere perFrancesco Facci, direttore della fon- sone preparate e aggiornate: chi didazione Santa Tecla di Este, che rige una struttura per anziani non non nasconde come oggi siano mol- impara a farlo sui libri ma solo sul te le difficoltà nel gestire una strut- campo, perché si tratta di gestire tura residenziale per anziani. «Le persone fragili, processi di tipo soproblematiche sono tante – spiega ciosanitario, di interloquire in modo Facci – dalle norme che si susse- maturo con i sindacati, di porre atguono al fabbisogno astenzione particolare allo Non è vero sistenziale sempre più spirito con cui si svolge che le strutture elevato... Il turn-over questo lavoro». private puntino Rispetto al tema “lanelle strutture è molto voro”, è vero che nelle alto anche perché, giua esternalizzare strutture private si prefestamente, la famiglia il personale. risce esternalizzare i sercerca di tenere a casa le Il contratto Uneba vizi? persone finché non ce è di riferimento «E se le dicessi che la fa più e si sente coper la categoria è il contrario? Che è il stretta a ricoverarle. Teniamo presente che oggi le persone pubblico che qualche volta vuole autosufficienti in una casa di riposo esternalizzare, perché non ha la sono mosche bianche: anzi, vi sono flessibilità che hanno le strutture spesso persone con problematiche private in ambito occupazionale? sanitarie molto gravi, per motivi fi- Vi sono Ipab che gestiscono tutto tramite cooperative esterne, noi rasici o di demenza». Questo cosa significa? ramente ne abbiamo necessità e, «Che quando la famiglia non è anzi, abbiamo un contratto che è più in grado di tenerli in casa ha ne- diventato il riferimento per la catecessità di una struttura. La medicina goria». oggi fa miracoli, ma l’età moderna Alcune delle vostre strutture hanvive un paradosso: permette di vi- no sofferto la crisi economica? «Le nostre, che sono strutture vere più a lungo ma non ci dice “come” viviamo. È diminuita la non profit senza scopo di lucro, mortalità ma la morbilità, ovvero il hanno affrontato meglio di altre la numero di persone con bisogno di crisi: ad esempio non hanno licenassistenza in rapporto al numero di ziato, garantendo al territorio un bacino di manodopera e una continuiabitanti, è invece cresciuta». Le strutture private, come le vo- tà a favore del tessuto sociale. Con stre, come si attrezzano? un termine di moda si può dire che «Attivando procedure di qualità siamo “promotori di welfare a km e con un’attenzione molto forte al zero”. Questo perché Uneba rappresenta oggi alcune caratteristiche sentite come veramente importanti, vale a dire mantenere le persone nei propri luoghi, garantire un’assistenza attenta il più possibile, dare dignità alle persone nel loro percorso di passaggio da questa vita all’altra. Questa è la nostra missione, la dignità nella sofferenza e nella morte. Dobbiamo ricordare sempre da dove veniamo: la caratteristica precipua dei nostri enti deve essere un profumo, quello della carità. Le no-

L’ENTE Nacque su impulso dell’allora cardinale Montini

Per essere al servizio delle persone più fragili è un’associazione di Uneba categoria costituita nel 1950 su impulso dell’allora arcivescovo di Milano, futuro papa Paolo VI, per raccogliere gli enti socio assistenziali di ambito cattolico. Conta circa 80 enti nel territorio di tutte le sette province venete, per lo più strutture per anziani, alcune grandi, come a Padova Irpea e Oic, altre piccole e persino parrocchiali, soprattutto nella pedemontana. «La nostra organizzazione ha diverse peculiarità – spiega Francesco Facci, presidente di Uneba Veneto – che poche altre hanno: anzitutto si rivolge a un’ampia tipologia del bisogno, dagli anziani ai disabili al disagio

V

vario come quello minorile. Possiamo dire che si occupa dell’uomo fragile a 360 gradi. In Italia è l’unica che fa questo, e comprende alcune attività avviate ancora nell’Ottocento. Una seconda caratteristica peculiare è l’avere un contratto di lavoro tipico nostro da oltre 30 anni, che è diventato un riferimento perché è quello che meglio si adatta a un ambito che richiede una presenta 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno. L’attenzione è massima alla gestione del servizio, ai turni di riposo, alla possibilità di ricevere richiami in servizio e così via, sempre con l’obiettivo di riuscire a dare il servizio migliore possibile a “persone fragili”».

Altra caratteristica di Uneba, spiega Facci, è la profonda conoscenza delle normative: nel sociale le leggi sono alquanto frammentarie e le conosce solo chi le vive. Non ci sono solo leggi di primo livello, ma leggi che variano da regione a regione e che non sempre seguono un disegno organico, ci sono circolari delle singole Ulss o regolamenti dei vari comuni. «Questo perché – dice – occuparsi della persona fragile è un impegno, sono persone che hanno sempre bisogno, è una spesa continua di cui non si vede il beneficio, non è come spendere per costruire una nuova strada. Per noi però indica il livello di civiltà di una società».

stre strutture sono nate, alcune nell’Ottocento, su iniziativa di parroci o di laici che avevano un profondo afflato verso l’uomo in stato di bisogno. Quest’attenzione caritativa della chiesa che ci caratterizzava ieri, lo fa oggi e deve farlo domani».

La nuova frontiera per voi è offrire servizi all’esterno?

miche tali da potersi comprare una casa di riposo in poche ore. Ci si deve porre di fronte a queste realtà in maniera saggia e sensata. Non è pensabile affrontarli senza fare economie di scala, certo, dobbiamo farlo; ma è importante anche una verifica sui valori, su come si svolge l’attenzione alla persona fragile. Anche su questo è giusto concorrere, non solo sul piano economico».

«È vero, si dice che sia questa, aprirsi al territorio e aiutare a mantenere le persone a casa propria. Ma E cosa pensa della legge sulle se la famiglia è sfaldata o non c’è Ipab? «È una legge che attendiamo da proprio, oppure i figli lavorano, il ruolo della struttura rimane insosti- tempo. Noi rappresentiamo enti di tuibile. Assunto questo, si può pen- natura privata che svolgono un serdi utilità pubblica, sare di aprirsi in parte al Le strutture residenziali vizio con un contratto di laterritorio: è il tema degli ospedali di comuni- per anziani svolgono voro di natura privatità, un percorso interes- un ruolo insostituibile stica: gradiremmo che per le famiglie, l’indirizzo della nuova sante di cui siamo solo agli inizi. Va verso una ma in futuro potrebbero legge andasse in questa sanità gestita in modo aprirsi di più offrendo direzione. Per ora non diverso, richiede appro- vari servizi sociosanitari mi sembra che il dibattito sia orientato su un fondimento, nuove proanche al territorio versante preciso. Nel cedure, una diversa formazione degli operatori, servizi ap- nostro caso, la natura privata è funpropriati: sarà un cambio di pelle di zionale a dare una risposta efficace cui non abbiamo paura, anzi porterà e tempestiva alle richieste». nuove opportunità agli enti come al C’è poi la riforma del Terzo settoterritorio. I nostri fondatori non ave- re... «Non è ancora completa, ma vano paura delle novità, sono stati loro stessi gli innovatori: ma le no- possiamo dire che parifica strutture vità si possono declinare in vari mo- commerciali e non profit, anche di. Per questo vogliamo sottolineare perché si adegua a norme europee come debba rimanere alta l’atten- come la non concorrenza. Però è una legge che ci penalizza: di fatto, zione ai valori fondativi». La riforma sociosanitaria come le onlus non saranno più come ora, impatta su di voi? chi vorrà avere dei benefici dovrà «La regione ha voluto andare trasformarsi, modificare i propri verso una maggiore efficienza e mi- statuti. A breve faremo un convegno gliore gestione e controllo. È un be- in Veneto per dare il via a tutta una ne: però qui, ora, si stanno affac- serie di percorsi per permettere agli ciando gruppi commerciali, anche enti di scegliere in maniera oculata esteri, che hanno possibilità econo- come evolvere». Uneba fu fondata per unire gli enti assistenziali cattolici. Nel Veneto conta circa 80 enti aderenti in tutte le province, per lo più strutture residenziali per anziani. La sua capillarità porta in dote una profonda conoscenza del tema e delle norme.


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LA DIFESA DEL POPOLO 24 SETTEMBRE 2017

Insieme si ritrova il senso di comunità gli anni

ANCESCAO Tra orti sociali e attività tradizionali, c’è spazio per giovani e meno giovani

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Nata in Emilia Romagna, l’Associazione raccoglie anche una cinquantina di centri sociali in tutte le province del Veneto. Possono aderire anche i giovani: le attività sono aperte a tutti. Mancano però volontari

Tra i vari coordinamenti che riuniscono i centri sociali per anziani, è poco nota ma cresce anche nel Veneto l’Ancescao, Associazione nazionale centri sociali comitati anziani e orti. Sorta in Emilia Romagna, dove ha la sede principale, conta una cinquantina di aderenti sparsi tra tutte le province venete. La coordinatrice regionale, Serenella Mazzetti, in carica da quasi due anni, da quattro è presidente del Centro azzurro di Occhiobello. «I nostri sono centri nati per gli anziani e spesso continuiamo a chiamarli così, ma dovremmo ormai chiamarli circoli Ancescao. Nel tempo si sono aperti prima ai nipoti e quindi a tutti, giovani e meno giovani: non ci sono limiti di età per aderire. Naturalmente i minorenni, tutti tesserati, devono essere autorizzati», spiega Mazzetti. Ogni circolo è autonomo e ha un nome proprio, le attività che propone sono varie: una tra tutte è quella degli orti sociali, che in Emilia ha preso piede e qualche circolo sta iniziando a proporre anche nella nostra regione. «Nel Padovano ci sono molti orti, stiamo lavorando per farne uno ad Albignasego. Altri ce ne sono a Treviso, dove sono state inserite anche persone di origine straniera». Ci sono poi le attività di tipo culturale, avviate per favorire l’aggregazione delle persone: non più

solo le attività tradizionali come i giochi a tombola e a carte, il ballo, le iniziative storiche che hanno dato il via a molti circoli. «Festeggiamo le feste, dei nonni ma anche dei papà o delle donne, ci sono compleanni e altre attività per tenere unite le persone. E poi microconvegni su temi di interesse per tutti: in genere si fanno al pomeriggio perché per gli anziani è più facile muoversi con la luce del sole. Si fa informazione medica, prevenzione e anche attività fisica. Sono attività che si fanno

ormai un po’ dappertutto, nei nostri circoli». Tutto si fa per volontariato e, in base alle competenze e disponibilità, le iniziative possono cambiare. Se ci fosse maggiore disponibilità si potrebbe fare di più. «C’è chi propone danzoterapia o musicoterapia, da altre parti si fa teatro, ad esempio, grazie alla disponibilità di alcuni ragazzi. Tutto viene deciso nelle assemblee annuali: i soci fanno le loro richieste e si cerca di andare loro incontro, se si trova chi è dispo-

sto ad occuparsi di un progetto». Al circolo di Occhiobello quest’anno si è sperimentata, in anteprima, un’iniziativa che l’anno prossimo verrà estesa a tutti i circoli: l’apertura estiva. «Di norma i centri hanno orari limitati, alcuni aprono solo alcuni giorni alla settimana e, d’estate, molti chiudono per vari mesi. Noi vogliamo che possano rimanere aperti, per incontrare le persone sole e coinvolgerle: nel 2018 lo si farà in tutto il Veneto, intanto abbiamo provato a tenere aperto otto giovedì di fila già dal luglio scorso. Aprivamo le porte alle 9, si iniziava con un po’ di ginnastica basata su respirazione e micromovimenti, ad esempio per imparare ad alzarsi dalla sedia senza far girare la testa o prevenire gli incidenti domestici. Poi si leggevano e commentavano assieme alcune notizie di un quotidiano e infine si mangiava il menù preparato dai volontari ma deciso assieme. Qualcuno portava racconti e poesie e le leggeva a voce alta, oppure foto e ricordi, emozioni. È piaciuto tantissimo: siamo partiti in 11, ogni volta si aggiungeva qualcuno e abbiamo terminato in 40. E siccome era estate, i nonni hanno portato anche i bambini». Cosa manca? «Volontari. Aiutare gratis è passato di moda, i grandi ideali vanno scemando: ma questo ci aiuta a recuperare il vero senso di comunità», conclude Mazzetti.


LA DIFESA DEL POPOLO 24 SETTEMBRE 2017

centrianziani VII

THIENE L’Auser in prima fila tra cultura, assistenza e tempo libero

Tanti volontari fanno tante cose

È il circolo Auser più numeroso per Tra gli interventi non vanno annovesoci della provincia di Vicenza, rati solo i viaggi, ma anche le attività di quello di Thiene, sito in via Dante volontariato a casa di chi ha necessità: a 87: lo ricorda con orgoglio Sandro Stel- volte è dare una mano a fare qualcosa, la, presidente dell’associazione dal altre volte è semplicemente aiutare a fa2002. Che racconta come l’Auser – si- re la spesa o andare a prendere le medigla che sta per Autogestione servizi, ed cine in farmacia per chi sta poco bene. è un’associazione tesa a valorizzare gli Anche un’ora di semplice compagnia a anziani e a far crescere il loro ruolo atti- una persona sola è ben accetta. vo nella società – operi attraverso circoNon solo assistenza, abbiamo detto. li inseriti nel territorio, ognuno autono- «Per la parte ricreativa possiamo citare mo e diverso in rapporto ai bisogni e al- le serate di ballo, che organizziamo nelle esigenze dei luoghi in cui sono. la palestra della parrocchia del Santo: è A Thiene le attività messe in piedi un’iniziativa che riscuote un grande insono veramente numerose e spaziano su teresse, ogni volta vengono tra le 150 e tre aree: ricreativa, culturale 200 persone. Il ballo ha lo Solidarietà, le e assistenziale (si trova scopo di fornire un’occasiotutto sul sito www.auser assistenza ma anche ne per ritrovarsi, ma è anche tante attività thiene.it). Partiamo da queil momento per raccogliere st’ultima, che si esplica in ricreative e culturali: liberi contribui per le iniziaparticolare nell’iniziativa tive assistenziali del Filo a Thiene l’Auser Filo d’argento. d’argento». coinvolge anziani «È un’iniziativa molto Non mancano poi le gima anche giovani bella promossa dall’Auser te: l’associazione ha scelto, e immigrati nazionale, e noi siamo stati da tempo, di privilegiare tra i primi ad aderire e avviare l’attività. quelle di una sola giornata, per conteneSi tratta di fornire alle persone che ne re i costi e favorire il più possibile la hanno bisogno, anziani e disabili, quei partecipazione. Quelle di più giorni soservizi “leggeri” che di norma né le no più complesse da organizzare e meUlss né i comuni riescono a offrire, pri- no richieste. «Il 3 ottobre saremo a Camo tra tutti il trasporto alle visite medi- orle: in soli cinque giorni la corriera si è che. È un servizio molto impegnativo, riempita. Avremmo richieste per farne in media facciamo 1.500 interventi al- un’altra, se volessimo», spiega Stella. l’anno, e non è raro dover portare le Il secondo ambito di impegno è persone anche agli ospedali di Padova o quello culturale: in primo luogo la coVerona. Le persone che ne beneficiano siddetta università popolare, attraverso ci danno un contributo libero, ma non la quale sono proposte lezioni che vanarriva mai a coprire le spese reali». no dalla lingua inglese all’informatica,

ma anche yoga e lezioni su argomenti di particolare interesse, come la sanità. Si organizzano poi conferenze sulla tutela del cittadino consumatore, ma anche brevi visite culturali per riscoprire le bellezze del territorio locale. Molto interessanti sono le attività rivolte a “non anziani”: in particolare i corsi di italiano e cultura per donne straniere e il doposcuola per i ragazzi delle elementari: «Quest’anno, in collaborazione con la cooperativa Asa, abbiamo avuto circa novanta donne corsiste, e un grande successo ha avuto anche il doposcuola per i ragazzi. La maggior parte degli insegnanti sono ex docenti in pensione, ma non solo, anche altri possono aiutare. Hanno collaborato con noi anche un’ottantina di ragazzi delle scuole superiori, facendo volontariato. C’è poi un gruppo di volontari che, mentre le

mamme imparano la nostra lingua, segue i loro figli in età prescolare». Queste attività si sono svolte alla scuola Bassani e da quest’anno si estenderanno allo Scalcerle. Per fare tutte queste cose servono forze e disponibilità. «Non avrei mai immaginato – conclude Stella – di trovare tante persone disponibili a dare il proprio tempo ed energia per gli altri. Ci sono persone che fanno tre interventi in un solo giorno: questo significa essere impegnati anche per otto o dieci ore. Eppure, lo fanno volentieri». Chi sono queste persone? «A differenza di altri circoli, noi non siamo solo anziani, ci sono anche ragazzi. E tra i volontari del Filo d’argento ci sono molte persone in pensione, ma c’è anche chi lavora mezza giornata o a turni e mette il resto del tempo a disposizione».

Il fiore all’occhiello sono i servizi del Filo d’argento, ovvero il trasporto di disabili e anziani alle visite mediche e terapie. Ma ci sono il ballo, l’università popolare, i corsi di italiano per stranieri e doposcuola per i bambini.



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