UndergroundZine Giugno 2015

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RECENSIONI

EVA’S MILK “Eva’s milk”

GENERE: Alternative rock ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 70/100 RECENSORE: Alessandro

Schümperlin

Dietro al moniker Eva’s milk si “nascondono” tre ragazzi novaresi e si propongono al pubblico dopo altre due uscite, rispettivamente: “Cassandra e il sole che oscura” e “Zorn” (usciti per la Fuego Records). Quindi siamo di fronte al loro terzo lavoro. Questo terzo cd è autoprodotto e se pur rimanendo fedeli alla linea dei precedenti lavori aggiunge un nuovo tassello al puzzle della loro identità artistica. Teniamo a sottolineare che questo album è in tiratura limitata a 100 copie in digipack, quindi se siete interessati fate in fretta che potrebbero terminare le copie disponibili oltre al musicraise fatto per poter stamparlo anche in vinile (150 copie). La band, va detto, nasce nel 2003 e dopo due EP “Edera immobile” e “Milkshake” si affaccia alla produzione sulla lunga distanza. Oltre ad aver condiviso il palco con nomi quali Therapy?, Verdena, Karma to burn e molti altri. La composizione è in linea con l’alternative rock di questo ultimo scorcio di inizio secolo, infarcito da alcune sonorità punk rock. La registrazione, la post produzione se pur scarna è interessante e carica di atmosfere. Molto spesso il discorso “less is more” funziona; di certo funziona con gli Eva’s milk che in tre riescono a dare belle sensazioni e delle ottime vibrazioni emozionali. Purtroppo non vi sono delle “eccellenze” che possano far emergere in modo vistoso il trio; suonano bene, lo fanno con passione ma non si discostano molto da quello che potremmo dire essere il suono di band quali: Tre Allegri Ragazzi Morti, Verdena e Ministri. A livello emozionale ci hanno colpito brani quali “Pendulum” che tra le altre cose è il loro primo singolo uscito il 2 febbraio scorso come videoclip, “Patti con lucifero”, “Il mare sordo”, “L’orrore veste sottile” e “Odio i Rockets”. Come sempre scriviamo prendetene copia e assimilatelo in modo da decidere quali sono le canzoi che preferite di questo album. Concludendo, questo loro “Eva’s milk” è un lavoro buono e più che dignitoso; auspichiamo che la band nel prossimo futuro possa evolvere e lasciare le orme percorse dai grandi per crearsi una propria via ed un proprio suono in modo da poter primeggiare. Purtroppo per loro ci sono moltissime band di pari attitudine e di pari caratura che propongono suoni e distorsioni similari. Un augurio alla band di, da parte nostra, di poter trovare questa strada non ancora tracciata e che li porti il più lontano possibile.

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FEIGN

“Lost to eternity” GENERE: Atmospheric black ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 70/100 RECENSORE: Alessandro

Schümperlin

Esordio con questo demo di tre tracce per la one man band statunitense Feign, dietro alla quale c’è la mano e la mente, eclettica, del musicista Jacob Lizotte proveniente dal Maine. La proposta in questo EP/demo è un black metal rivisto e riarrangiato in chiave atmosferica e la formula è azzeccatissima. Su di lui e sulla band possiamo dire poco, per il semplice fatto che la “band” ha iniziato con questo lavoro il suo primo vagito sonoro. Va detto che le composizioni sono del 2012, ma formalmente sono uscite a gennaio di quest’anno e sappiamo anche da poco è uscito con un nuovo lavoro da studio. I tre brani che compongono questo EP sono ben calibrati tra bordate di blastbeat con tempi rallentati e forti atmosfere che avvolgono l’ascoltatore in modo intenso. Tecnicamente il lavoro è ben composto e registrato in modo ottimo, la post produzione è di buon livello, considerando che è un lavoro in autoproduzione e i brani sono mediamente di minutaggio non eccessivo, pur essendo in ambito atmosferico. Unica cosa alcune parti della batteria paiono un filino finte, ma capibile ed accettabile per il lieve errore ed essendo prima prova in autoproduzione può essere “accordato”. Dei tre brani “Lost to eternity”, “Monolith passageway” e “Souls whisper” sono equivalenti come pathos e cone intensità, vi consiglio vivamente questo lavoro se siete interessati alla musica estrema, con un certo fascino e ben composta che vada oltre il solito diabolus in musica. A nostro avviso questo primo lavoro dei Feign “Lost to eternity” è una buona prova di qualità che potrebbe darvi l’antipasto al desco della band. Di certo vorremmo provare ad ascoltare la band sulla “lunga distanza”, anche per poter dare una valutazione più alta se la qualità resta quella presentata in questo EP.

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HANDS OF ORLAC “I figli del crepuscolo”

GENERE: Doom/horror metal ETICHETTA: Terror from hell/Horror records VOTO: 85/100 RECENSORE: Alessandro Schümperlin

Band nata a Roma nel 2009, dopo l’uscita di un demo dal titolo “Vengeance from the grave” la band decide di dare alle stampe un album intero e nel 2011 esce il loro primo lavoro omonimo sulla lunga distanza, nel quale hanno suonato due session man svedesi che entreranno poi nella line up attuale della band, registrandolo in Svezia. A seguito del trasferimento in Svezia, nel 2012, da parte dei membri fondatori The Sorceress e The Templar, gli Hands Of Orlac lasciano in modo definitivo le lande italiche e prendono parte a diversi live in Scandinavia che creeranno i presupposti per il nuovo materiale che ora recensiamo: “I figli del crepuscolo”. La band si propone come band doom con tematiche occulte e misteriche. Le influenze di band quali Goblin, Saint Vitus, Black Sabbath e non solo sono percepibili, ma è altrettanto palese l’abilità con cui la band riesce a tessere melodie oscure e ammalianti, riff ossessivi e mostruosamente ipnotici dando all’ascoltatore una malia incredibile e obbligandolo ad ascoltare dal primo all’ultimo secondo per capire cosa succederà a fine album. Il tutto in sole sette canzoni. La composizione è oltre lo standard classico, ci sono intrecci interessanti tra gli strumenti tipici di una band metal e rock e strumentazioni fuori dall’ordinario, o sarebbe meglio dire non conformi a quanto sentito fino ad oggi, ma ottime scelte davanti al mixer e dietro al mixer. Se pur si sente un certo fascino retrò si sentono suoni nuovi e curati. Se credete di avere tra le mani un album cantato in italiano, ci spiace deludervi ma siete in possesso di un album completamente cantato in inglese, escludendo alcune campionature tratte da film d’annata, e sottolineo album dato che la band ha deciso di far uscire questo loro lavoro in tre formati: cd, vinile e musicassetta. Avete letto bene, la band ha riproposto il trittico di fine anni 80 e primi anni 90, dello scorso secolo, come uscite audio per questo loro secondo album. Tracce come “Burning”, “Mill of the stone women” e “A ghost story” sono le tracce che rendono di più il senso delle abilità della band, ance se si sarebbe potuto inserire tutta la track list come momenti alti dei questo loro secondo album, dato che hanno, ogni brano per un proprio verso, una capacità evocativa o una fonte emozionale molto forte. Concludendo ottima prova per la band, “I figli del crepuscolo” è un album completo, maturo e fortemente interessante. Ve li consigliamo se volete del materiale che vada a solleticare le vostre più oscure paure e le vostre più profonde inquietudini.

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HILLBILLY REVENGE HUMAN SLAUGHTER “Hillbilly Slaughter”

GENERE: Thrash death ETICHETTA: Witches Brew VOTO: 70/100 RECENSORE: Alessandro Schümperlin

HILLBILLY REVENGE

HUMAN SLAUGHTER

Split cd proposto dalla Witches Brew che ci propone la conoscenza di due band provenienti dalla Grecia e dedite ad un mix tra thrash e death, Hillbilly revenge e Human slaughter. Cinque brani a band per dare dimostrazione delle proprie abilità e di cosa per loro vuol dire thash metal. Gli Hillibilly revenge sono nati nel 2012, hanno dato alle stampe un ep lo scorso anno in autoproduzione; Il loro modo di far thrash si accosta in modo vertiginoso alla east coast; Suono ruvido e affilatissimo delle chitarre, una batteria che non lascia respiri e un vocalist che si avvale tantissimo di metodologie tipiche del’hardcore newyorchese. Gli Human Slaughter, nati tre anni prima degli Hillibilly, hanno alle loro spalle alcuni lavori, cioè un demo d’esordio del 2010, il full length omonimo di un paio di anni fa e un 7”, sempre in formato split in questo caso insieme agli “ Injustice Squad” prima di giungere a questo secondo split. In questo caso la band approccia il filone thrash con sonorità a cavallo con il death, principalmente per l’uso del growl con la voce, e di alcune cori a cavallo tra hardcore e punk. Anche in questo caso le velocità la fanno da padrone. Chitarre veloci e batterie sincopate a corollario dei ruggiti del cantante. Purtroppo in entrambe i “casi” il basso risulta piuttosto nascosto se pur le produzioni sono professionali e di qualità. La cosa è derivante dal fatto che in entrambe le band di certo il basso segue le toniche delle chitarre e di conseguenza si perde un pochino. A livello empatico le band propongono due facce della stessa medaglia e di conseguenza vi invitiamo ad ascoltare le loro capacità in modo da decidere quali possano essere per voi le tracce migliori o la band che più sentite vostra . Buona prova per le due band e grande idea da parte dell’etichetta di proporre queste due realtà elleniche . Di certo sarà un cd che verrà apprezzato in modo massivo dai fans del thrash.

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MECHANICAL BUTTERFLY “The irresistibile gravity” GENERE: Prog rock ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 80/100 RECENSORE: Alessandro Schümperlin

Band nata nel 2006 dalla collaborazione di due chitarristi, Alessio Oranges e Dario Laletta ed un polistrumentista (fiati e tastiere) dal nome Giovanni Valastro. Nello stesso anno fanno uscire un EP strumentale di rock contaminato da varie sonorità, in quel frangente basso e batteria furono programmati. Dopo quell’uscita si unirono alla band un batterista, Andrea Zappalà, e un bassista, Giuseppe Padalino, quindi anche una tastierista, Laura Basile e nel 2007 si avvalgono dell’ugola di Francesca Pulvirenti. Quindi dal 2008 al 2011 si arriva a diverse partecipazioni a concorsi e grossi live ed alla produzione di un nuovo ep. Purtroppo tra 2010 e 2011 la band ha diversi cambi di lineup fino a trovarne una nuova che permetterà alla band di entrare in studio, nel 2013, e far uscire a Luglio del 2014 questo nuovo lavoro che andremo a recensire dal titolo “The irresistibile gravity”, purtroppo a fine 2014 vi sono nuovi cambi di lineup per la sezione ritmica. Questo full length è nuovamente autoprodotto, come i precedenti lavori, ed è un album compatto di prog rock vecchio stampo, nel senso che riporta alle sonorità delle band di prog italiane anni settanta pur avendo la cura di tenere sott’occhio le abilità post produttive attuali e portando quindi il prog anni settanta ai giorni nostri. Notevole il lavoro da entrambe i lati del mixer ovvero ottime composizioni, registrazioni di livello e alte risoluzioni in post produzione tali da dare sia, come si è scritto, sonorità tipiche prog anni settanta che gusto moderno. Interessante anche l’abilità di avvicinare nelle composizioni anche arie tipicamente metal. Personalmente ho trovato molto interessanti tracce quali “Sparks within a down pour”, “Labyrinth of doors”, Emerald tears” e “Gravity”. Come sempre in religioso ordine sparso e come sempre andate ad ascoltare questo cd per farvi le vostre canzoni preferite. Concludendo direi che la band ha dimostrato versatilità, flessibilità e capacità sia nel trasmettere emozioni che di comporre materiale non conforme e non comune. Spiace saperli ancora senza casa discografica e come spesso accade non è chiaro cosa facciano i discografici in questo periodo storico musicale. Promossi con lode.

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NORTHLAND

“Downfall and rebirth” GENERE: Folk metal ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 78/100 RECENSORE: Alessandro Schümperlin

I Northland sono una bad spagnola nata nel 2004 e nel 2007 con l’uscita del loro primo demo “Freezing sadness” fecero la loro comparsa nel mercato musicale; da quell’uscita si arriverà al 2010 con il loro primo album omonimo per la Black Bards, label tedesca, che permetterà loro di potersi far conoscere non solo in Spagna ma in tutta Europa. Ora la band ci propone un nuovo capitolo della loro storia dal titolo “Downfall and re birth” uscito a gennaio scorso. Le composizioni sono interessanti e non si discostano molto dagli stilemi del folk metal europeo, se non per alcuni rimandi prettamente nel violino ed alcuni suoni folk aggiuntivi che mi riportano alla mente i Mägo De Oz (anche loro spagnoli) e sotto un certo aspetto anche i Suidakra ed i primi Skyclad. Interessanti composizioni infarcite con cori epici, cavalcate in doppio pedale, voce violenta ed aggressiva e chitarre affilate tutto condito con degli stacchi acustici e suoni dolci del violino, delle tastiere che riproducono a volte delle fisarmoniche a volte dei pianoforti a coda e non solo quello. All’interno delle canzoni troviamo alcuni guests per quanto riguarda la voce femminile (in Moonlight spell), voce maschile aggiuntiva (in Downfall and rebirth), i flauti ed il bodhran. La capacità della band di dare una visione personale del termine folk metal è quello di riuscire a mischiare le diverse attitudini dei membri della band, con le loro abilità e le diverse latitudini di cui il folk metal si compone, da quelle più vicine al nord Europa a quelle del sud dell’Europa in modo assolutamente fluente e dando una buona resa ai brani. Certo alcuni brani avrebbero potuto ricevere una cura aggiuntiva in post produzione dando un miglior risultato; sia chiaro che comunque quello che si sente è oltremodo di alto livello, ma se ci fossero stati quei piccoli particolari in più avrebbero potuto ottenere un salto di qualità oltre allo standard del genere. Di certo tracce quali “The rite”, “Bloodred sunrise”, “Duskriders”, la titletrack “Downfall and rebirth”, “Newborn star” e “When nature awakes” sono le canzoni che più delle altre dimostrano le abilità della band e dove I Northland sono arrivati. Nota di merito per “Moonlight spell” che dimostra le abilità sognanti della band. Assolutamente album da avere per i fanatici del folk metal, ma non solo; come sempre scriviamo prendete il cd, ascoltatelo fino a farlo vostro mentalmente e decidete quali sono la tracce che più vi appassionano.

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Concludendo questo volo pindarico su “Downfall and rebirth“ lo si potrebbe definire un buon punto per il secondo capitolo della saga che viene raccontata dai Northland, di certo ci auguriamo per la band un futuro roseo, i presupposti ci sono devono solo renderli ancor più concreti di quanto non abbiano già fatto fino ad ora. L’unica stranezza riscontrata è che dopo un lavoro come questo ci si stupisce che siano senza contratto discografico, o quantomeno par strano che abbiano prodotto in autonomia questo lavoro così ben riuscito.

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ÓSSERP

“Sang i sutge” GENERE: Brutal death ETICHETTA: Kremón Recs/Pickyourtwelve/Blood Fire Death/Brutal Arratia/Grindcore Karaoke VOTO: 70/100 RECENSORE: Alessandro

Schümperlin

La band nasce a Barcellona nel 2012 e da allora con cadenza annuale ha proposto il loro suono e le loro canzoni. Musicalmente sono a cavallo tra il brutal death e un certo grindcore. LA loro prima uscita si chiama “Sota el Cinturó D’Orió”, un EP autoprodotto del 2013, quindi uno split cd con gli Assot, edito dalla Pick your twelve/Dolmen records e siamo quindi arrivati al 2015 con il loro “Sang i sutge” che andremo a recensire. Il cd si presenta in modo spartano, assolutamente zero fronzoli e va diretto al punto: violento, veloce e che fa male. Il fatto di cantare in catalano è tutto sommato ininfluente; nel senso che con un growl così profondo e cavernoso non si percepisce perfettamente quello che i cantante dice fino in fondo, ma da comunque un fortissimo impatto di emozionalità e di cattiveria gratuita. Ma tutto sommato e per quello che riguarda il brutal death è il grind core non è prioritario far capire perfettamente all’ascoltatore le parole... Prioritaria invece è il creare bordate sonore e grazie a un blastbeat violento ed a un affilatissima chitarra, si ottiene il risultato. La produzione, seppur influenzata da quelli che sono suoni tipici del brutal di fine anni novanta i primi 2000, sento dei rimandi ai Dismember ed agli Entombed per capirci, si percepisce una cura verso i suoni, che nel complesso risultano moderni e capaci di ottenere una certa ‘’grezzezza’’ e della sana ultraviolenza, ma permette altresì di percepire un suono pulito che fa sentire sia le chitarre, che la voce, sia il basso che la batteria; la quale risulta parte centrale, insieme alla voce, ma senza risultare invasiva nei pezzi della band. Personalmente mi hanno colpito, in tutti i sensi, la titletrack “Sang i sutge”, “Bèstia cega” e “ Les 67 Llunes de Jùpiter”. Di certo questo è un album che va sentoto ed assimilato, ma ci impiegherà pochissimo a entrarvi in testa e farvi male. Nel complesso un cd che sarà assolutamente apprezzato dagli appassionati metal estremo, sia quelli nuovi che i vecchi fans, di certo se la band continuerà su questi canoni li sentiremo ancora. Complimenti!

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SABOTER “Saboter”

GENERE: Heavy/Thrash ETICHETTA: Witches Brew VOTO: 68/100 RECENSORE: Alessandro Schümperlin

La Witches Brew, già nota a queste pagine, fa uscire questo mini cd/EP, chiamatelo come volete, di cinque brani di un heavy classico misto a del thrash molto a stelle e strisce; ma la cosa particolare è che la band è greca. Le influenze che i Saboter hanno, derivano dal fatto che sono nati dalle ceneri degli Overcast, band thrash metal, e questo è il loro esordio. Musicalmente ricordano sotto certi aspetti sia i Judas Priests, vagamente King diamond e gli Iced earth ma anche band thrash di fine anni ‘80, come i primi Metallica ed i primi Megadeth ma non solo, sia per attitudine che per certe scelte sonore e certi registri vocali. Ottime le scelte da mixer, il suono è si retrò, ma la band nel complesso riesce a svecchiarlo, di certo l’esperienza pregressa dei membri della band ha aiutato nelle scelte. Le composizioni sono in tipico heavy metal classico. Di certo sono queste cinque canzoni tracce ben strutturate che danno il senso di appartenenza della band ad un genere molto radicato in loro e nella musica in generale. Unica pecca a mio avviso è il fatto che i Saboter potrebbero trovarsi con un non nutritissimo seguito a fronte del fatto che non basta infarcire di thrash il vecchio heavy, o vice versa, per creare la novità. Ci sono molte band in questo periodo con la loro stessa attitudine ed il loro stesso bagaglio di esperienze che si stanno, o si sono già, presentati al pubblico e questo potrebbe essere deleterio per la band sulla lunga distanza. Interessanti le canzoni “Eye of terror” e “Nasty warriors”. Menzione speciale per “Inner peace” che è uno strumentale e la scelta di inserire in 5 brani uno strumentale la si valuta come scelta modo molto coraggiosa. Direi che questo è un EP che punta moltissimo ai defenders della vecchia guardia. Concludendo diciamo che è apprezzabile il loro primo lavoro, come si è detto poco sopra è di certo puntato ad una fetta, probabilmente ristretta, di fans del metal classico. Alla band non ci resta che augurargli il meglio e ci permettiamo di consigliar loro o di evolvere, esasperando certe sonorità, o di far proprio un livello di qualità particolarmente alto per poter primeggiare in un genere che è stato esplorato oramai a 360 gradi.

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SAINTS TRADE

“Robbed in paradise” GENERE: Hard rock ETICHETTA: Logic(il)logic VOTO: 75/100 RECENSORE: Alessandro Schümperlin

I Saint trade nascono nel 2009 e dopo diverse vicissitudini riescono a trovare una loro via nell’hard rock più classico, nel 2012 escono con il loro mini album “A matter of dreams”, un anno dopo escono con un video “Face the mirror” e nel 2014 registrano il loro secondo lavoro che andremo a recensire ora “Robber in paradise”. A fine dello scorso anno firmano per ligic(il)logic records Cosa interessante che all’interno del cd troveremo diverse partecipazioni particolari come Pier Mazzini, Roberto Priori e Tommy Denander. Band apertamente hard rock e di alta qualità, composizioni in palese formula classica e si percepiscono nelle loro note i cari vecchi anni ‘80. Classici arrangiamenti blues e southern rock, cori catchy e chitarre ruffiane e sornione, voce aggressiva ma non sgraziata; rimandi a quello che fu uno dei periodi musicali più prolifici per l’hard rock e palesi rimandi ad un certo glam metal losangelino. Sia chairo de siete in cerca di sonorità nuove i saint trade non fanno per voi, ma se cercate un album di hard rock fatto bene e con i crismi del genere la band potrà certamente fare ap vostro caso. Per capirci oltre alle canzoni tirate, trovate la ballad (immancabile) e il lentaccio strappalacrime tipico del genere. “The game”, “Allied”, “California”, “Into your eyes” e “Dreams running wild” sono i cardini su cui ruota la capacità compositiva ed espositiva della band. Come sempre prendete il cd ascoltatelo e decidete quali sono le canzoni migliori per voi. In conclusione un buon lavoro della band sia per l’attitudine che per le abilità della band. Di certo per poter far si che la band possa emergere maggiormente, hanno da dover lavorare molto dato che di qualità equivalente esistono molte band, sia italiane che estere, quindi dovranno in qualche modo trovare la loro chiave di volta per andare oltre la loro attuale qualità altrimenti saranno inghiottiti in quello che è ora il calderone delle band brave ma nella media.

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THL

“Thitreen hell level” GENERE: Hard rock ETICHETTA: Sound Management Corporation VOTO: 60/100 RECENSORE: Alessandro Schümperlin

T.H.L. nascono a Brescia cinque anni fa e con un contartto con la Sound Management Corporation si propongono a noi con questo esordio omonimo. T.H.L. sta per “Thitreen hell level” l’album è composto da otto brani inediti e due cover “Born To Be Wild” e “Honky Tonk Women” ; direi che non c’è bisogno di indicare le band che fecero questi due pilastri del hard rock mondiale. Di fatto la band fa hard rock con lievi sfumature blues, purtroppo nulla di nuovo sotto al sole, se non per il fatto che alla voce c’è una donna che prova a dare una marcia in più al tutto. Compositivamente parlando pur essendo il loro song writting più articolato rispetto al solito hard rock, il loro modo di suonare, da quello che si sente, non rende molto. Non rende principalmente a causa delle scelte di gestione del materiale post prodotto poco o nulla; ovvero le scelte da mixer sono state poco lungimiranti, un pochino abbozzate e sinceramente ci saremmo aspettati un lavoro più professionale per un esordio. Batteria troppo secca e senza un minimo di corpo, il basso praticamente inesistente (salvo un paio di parti in cui non viene sovrastato dalle chitarre), le chitarre con suoni che si addicono certamente a delle prove e non ad un lavoro che proponga le abilità della band. Purtroppo pur avendo una voce di tutto rispetto e con delle linee vocali azzeccatissime, non basta a tenere il risultato alto, ci sono molte band con qualche anno in meno di vita dei THL ma con un prodotto di livello superiore. Ma non ci riferiamo solo a chi si è potuto permettere immense produzioni, anche chi in passato ha proposto materiale inedito con groove, con suoni corposi e con arrangiamenti di livello senza dover affrontare costi esorbitanti di mastering, di mixing e di post produzione. Purtroppo ci troviamo di fronte anche a soli di qualità compositiva alta, ma con suoni che affossano, spesso e volentieri, il risultato finale. Stessa cosa per la copertina piuttosto dubbia. Non ha un grosso impatto e non da un buon rimando; pare che sia stata scelta all’ultimo momento e non pensata e valutata al meglio. Purtroppo a nostro avviso il risultato va appena sopra la sufficienza, sia per provare a sostenere il modo differente di composizione della band e sia per spronarli ad andare ad un livello superiore di qualità che in mancanza li porterà quasi certamente nell’anonimato di tante band abili di suonare ma che non riescono a valorizzare i loro componimenti. Speriamo che con il prossimo lavoro riescano a dare quella spinta in più che in questo loro esordio è mancato.

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VANESSA VAN BASTEN “Disintegration”

GENERE: Dark ETICHETTA: Taxi driver Records VOTO: 70/100 RECENSORE: Alessandro Schümperlin

Strana scelta quella dei Vanessa Van basten di dichiarare quanto segue per voce di Bellini: “’Dis-

integration’ dei The Cure è uno dei miei dischipreferiti di sempre. Pubblicare un album di cover come VanessaVan Basten è stato per lungo tempo un sogno nel cassetto. Queste sono quattro interpretazioni personali fra quelle canzoni, dalle atmosfere come sempre pesanti, realizzate grazie all’aiuto del batterista Francesco Valente (Il teatro degli orrori) e altri illustri ospiti come Francesco Candura (Jennifer Gentle) e Lorenzo Fragiacomo (The Butterfly Collectors). Il genere umano non crea più musica. È il momento di risuonare vecchi capolavori, senza vergogna!” Ma andiamo per gradi, Il gruppo nasce nel 2005 come one man band dietro la quale sta la mente di Dj Morgan Bellini e dal 2006 ad oggi sono usciti la bellezza di un demo, 2 EP(ed uno è questo che stiamo recensendo),due album, due split, ed una raccolta di outtakes e live che ha preceduto questo EP e come se non bastasse da one man band è diventato un vero e proprio progetto che comprende più persone e possiamo dire che ha una lineup definita. Sinceramente sentire queste quattro cover fa venire in mente di come avrebbero potuto suonare le canzoni dei Cure se fossero state riviste dai Type O Negative, chitarre pesanti e tempi rallentati delal band di NY, ovviamente la voce non è quella del compianto Peter Steele, ma rende per bene il suono e il pathos di tracce importanti di Disintegration. “Plainsong” in questa versione si chiama “Plainbong”, Closedown diventa “Doseclown”, “Fascination Street” è “Fashination Trip” ed “Untitled” viene rinominata “Retitled”. Interessante il fatto che le scelte non sono finite sulle classiche tracce di questo album che tutti conoscono, anche chi non segue i Cure o il dark in genere, e le scelte sonore sono molto azzeccate. Gl arrangiamenti danno una nuova prospettiva a queste canzoni pur rimanendo fedeli al concetto iniziale. La cosa che non chiara non sta nelle canzoni ma nella dichiarazione di Bellini, dato che ora come ora non si vedono reali novità in ambito musicale, parlando a 360 gradi, ma rielaborazioni del “vecchio” e talvolta senza neppur “vergognarsi” di fare materiale old style e/o cover. Concordo che Disintegration è uno dei migliori album dei Cure e con questo vi esorto a prendere copia di questo EP, ne vale la pena. La band fa sapere che ora è in fase di fermo a tempo indeterminato, speriamo che non sia così lungo il tempo di attesa per un prossimo lavoro.

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VANESSA VAN BASTEN

“Ruins: Sketches and demos” GENERE: Dark rock/avantgarde metal ETICHETTA: Solar Ipse VOTO: 75/100 RECENSORE: Alessandro Schümperlin

Dei Vanessa Van Basten abbiamo già parlato nella recensione dell’ultimo loro lavoro l’EP “Disintegration”, quindi vi invitiamo a rileggere quella recensione epr avere informazioni storiche della band, ed entriamo più nello specifico dando non solo le motivazioni di quest’uscita . Da un lato possiamo trovare la voglia di ridare visibilità a brani lasciati da parte parecchio tempo fa, dall’altra se vogliamo una specie di “tirare una riga e capire fino a dove si è arrivati” . Come per l’EP oltre a Morgan Bellini troviamo Stefano Parodi al basso e di Roberto Della Rocca alla batteria. Le combinazioni che la band ci propongno sono di differenti ambiti e di plurimi risultati. L’album è composto da quattordici canzoni provenienti da tagli, da live e da scelte di non utilizzo dei precedenti lavori. A differenza di “Disintegration” le sonorità sono più ariose e liquide, la post produzione ha come scelta primaria l’esaltazione delle sensazioni scaturibili dall’ascolto sia per la scelta della band di lasciare le canzoni, potenzialmente, inconcluse così come vennero pensate. Troviamo brani comunque vicini al doom e a certi ambienti dark, così come abbiamo la possibilità di ascoltare pezzi più vicini a quello che potremmo definire rock alternative e in alcuni casi anche strutture quasi elettro pop e altre più simili a quello che attualmente viene definito shoegaze. Nel complesso brani quali “Arbeit”, “Godfather”, “China 2999” e “Sketch 07” sono brani che presentano le varie facce ‘’oscure’’ dei Vanessa van basten e quello che la band ha deciso di condividere con tutti. Sappiate che la tiratura di questo cd è limitata quindi affrettatevi se volete goderne, anche perché ne vale la pena. Concludendo questa recensione, mi sento di affermare che pur essendo, come da loro specificato, una raccolta di brani scartati sono tracce comunque di alta qualità e di forte impatto sonoro ed emotivo. Come accennato nell’altra recensione la band è momentaneamente ferma a tempo indeterminato, quindi direi che per smuoverla un pochino potrebbe essere ottima scelta quella di supportare le attività presenti e passate dei Vanessa Van Basten.

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VENOM

“From the very depths” GENERE: NWOBHM/ Speed ETICHETTA: Spinefarm records VOTO: 75/100 RECENSORE: Alessandro Schümperlin

Sui Venom direi che non dobbiamo minimamente scrivere nulla, hanno fatto la storia del metal ed hanno dato il nome ad un genere, o dovremmo dire IL genere, più estremo del metal. Se non avete idea di cosa abbiano fatto i Venom per la musica e per il metal, mi sa che vi siete persi un bel pezzo di storia della musica e non solo del metal. Detto questo entriamo nel profondo del nuovo album “From the very depths”. Da quattro anni di distanza dal precedente lavoro “Fallen angel” del 2011, la band rientra nei ranghi dopo album non particolarmente brillanti. Su quelle che sono le abilità post produttive e di registrazione di Cronos e soci non c’è nulla da dire, ottieme scelte sonore, composizioni interessanti e sornione che fanno ritrovare una certa attitudine dei vecchi lavori. Il “ritorno” alle origini porta il classico suono death ‘n’ roll con rimbalzi alla new wave of british heavy metal della band, le tematiche sono le classiche dei Venom e devo dire se pur non portano nulla di nuovo al loro suono, permettono semai di ritornare ai “fasti primordiali” con un occhio puntato anche alle risoluzioni sonore attuali. Si perché la band pur suonando con i propri vecchi stilemi riesce a dare una sferzata di “nuovo” per quello che sono le scelte di arrangiamenti e dando il classico groove della voce di Cronos che sembra non aver minimamente risentito degli anni. “Stigmata satanas”, “The death of rock ‘n roll”, la title track “From the very depths”, “Crucified” e “Evil law” sono le canzoni che più di altre spiccano per pathos e per grinta. Sempre come scriviamo perndetene copia, ascoltate il platter, riascoltatelo fino a farlo vostro e a decidere quali sono per voi le tracce migliori. Diciamoci che “From the very depths” è un buon ritorno alle origini compositive della band, un buon album che Cronos Dante e RAge hanno composto per le loro e per le nostre orecchie.

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BLACKWINGEDSHEEP “Redsheepred”

GENERE: Black metal, Industrial ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 75/100 RECENSORE: Lidel

Blackwingedsheep è la one man band di pj che suona una specie di black metal con una batteria (sembra) generata con il pc. L’album si chiama “Redsheepred” ed è composto da 7 pezzi. “Likeblood” fa sentire benissimo la sensazione della batteria elettronica e tutto sommato non mi ha neanche annoiato la voce filtrata, “Ocean” continua con quanto sentito nel primo pezzo ed aggiunge una componente “melodica”, “Atom” ha dei bei riff di chitarra molto convincenti e come pezzo mi è piaciuto abbastanza, andando avanti c’è “Don’t clean blood”, un pezzo molto molto molto gelido per via degli arpeggi di chitarra e per una costruzione ben fatta (il mio pezzo preferito). Arrivando al settimo pezzo “Super sic” c’è una interessante commistione tra punk-industrial e black metal alla impaled nazarene. Album che reputo degno di essere ascoltato.

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GRAND COLLAPSE

GENERE: Hardcore - Thrash - Punk ETICHETTA: VOTO: 80/100 RECENSORE: Lidel

I Grand Collapse sono una band di cardiff (uk) formatasi nel 2011 e suonano un misto tra hardcore\ thrash\punk. L’ep è composto solo da 3 pezzi ma fa ben capire l’andamento. “Grand collapse” è una fucilata compressa nei 3 generi menzionati prima con un bel break verso a metà che vira un pò nel post hardcore, “Forecast” inizia con una chitarra abbastanza effettata e si sviluppa in un hardcore lento molto scuola new york, “Aliment(no cure)” chiude con un assalto estremamente feroce. Il cantante mi ricorda un hooligan inglese, il gruppo gira a mille e auguro buona fortuna.

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PISS ON AUTHORITY \ SLUG “Split” GENERE: Anarco punk, Crust core ETICHETTA: VOTO: 85/100 RECENSORE: Lidel

Split tra 2 band inglesi. I primi 4 pezzi sono dei Piss On Authority, una band crust core di Bristol. “Just another president” è di scuola exploited prima maniera, discharge, gbh. Molto buona il fatto di aver creato un pezzo molto articolato e non propriamente facile nell’esecuzione. “Social collapse” parte con batteria e doppio pedale bello stronzo che da solo tiene su tutto la canzone che ha anche influenze molto metal e qualcosa di stoner, “Resonate” è il classico pezzo ignorante e molesto, grezzo da far paura. Chiude alla grande “Choking”. Gli Slug invece sono di londra e sono anarcho punk come estrazione. “Stop!” ha chitarre ed un cantato preso dagli exploited prima maniera e c’è anche un buon gusto per l’assolo di chitarra a metà pezzo, “Why!” è punk di inizio anni 80 con un pò di “melodia” di contorno, “The greatest lie” è il pezzo piu’ “elaborato” degli Slug ed alterna per bene parti lente e parti feroci, chiude “Set me free” è zero compromessi: ritmi infernali, seconda voce urlata e filtrata per un buonissimo risultato. Cosa dire di questo split? Metterei per avere sempre split di questo livello!

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TRIBUNAL

“Watch you suffer” GENERE: Metal, death, black metal, hardcore ETICHETTA: VOTO: 80/100 RECENSORE: Lidel

I Tribunal sono una band di Hannover (Germania), l’ep di 4 pezzi si chiama “Watch you suffer” è tra le influenze troviamo band come Anticimex, Driller Killer, Nails, Dismember, Deathrite. “Never live in peace..” è un pezzo metal pesantissimo con innesti hardcore e voce un pò filtrata di scuola industrial, “Wast of life” ha chitarre che ricordano alcune produzioni dei Napalm Death, così come il cantato che si avvicina al periodo “thrash” della band citata prima, “Rotting from within” ha death ed influenze di scuola scandinava, con una punta di black in alcuni fraseggi chitarristici, “Your god was never there” finisce alla grande un ep malsano, potentissimo, con una intelligente scelta per i suoni. Sarei curioso di vederli dal vivo per poter avere una idea piu’ precisa di questo combo.

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CALICO JACK

“Panic In The Harbour” GENERE: Pirate-Folk Metal ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 70/100

RECENSORE: Mad

Interessante progetto questo dei “Calico Jack” che si definiscono come una Pirate-Folk Metal band. Ispirandosi al mitico pirata Calico Jack e facendo uso di violini che riportano le sonorità un pò alle zone Scandinave, realizzano da prima il primo demo autoprodotto nel 2012 ed a Giugno nel 2013 danno alla luce “Panic In The Harbour”. Quattro tracce nude e crude con una linea vocale molto bassa e scuro che incrementa il suono caldo degli strumenti, schiarito ogni tanto da una buona e originale linea di violino che interviene come linea principale “House of Jewerly” oppure come contributo alla causa “Deadly Day In A Bounty Bay”. I Calico Jack originari di Milano fanno anche un bion uso di campionamenti che rendono così meno monotone e scontate gli inizi delle singole tracce “Grog Jolly Grog”, “Deadly Day In A Bounty Bay”. Purtroppo quattro tracce sono davvero poche per dare un giudizio completo sulle potenzialità della band. Comunque già da questo primo lavoro possiamo capire che le basi ci sono e sono buone, aspettiamo il prossimo lavoro magari con più tracce.

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DISSIDIO

“Thisorientamento” GENERE: Alternative Rock ETICHETTA: Overdub Recordings VOTO: 75/100

RECENSORE: Mad

Progetto originale per la band italiana dei “Dissidio” che pubblica per la “Overdub Recordings” il Full Lenght “Thisorientamento” dove la fusione tra teatralità e Alternative Rock trova un’interessante risultato specie se il tutto viene amalgamato da una buona componente ritmica che ingloba così il prodotto verso contributi Hardcore. Un album pubblicato a Marzo di quest’anno (2015), dove atmosfere cupe e graffianti sono la componente che amalgama il lavoro è lo possiamo già evincere dalla open track “Ciao Ciao parte 1”. Le chitarre ruvide e potenti riescono a imprimere ai brani un suono corposo che si fonde molto bene ad una sezione ritmica potente e serrata come nei brani “Ha Ha Ha“ e “Qualcosa di meglio da dire”, mentre vaghi richiami Ska si possono avvertire nella traccia che segue “Uniforme-Mente”. “Thisorientamento” si prende una “pausa” con la traccia “9” molto d’atmosfera accompagnata da una voce corale femminile ma non è altro che un’apertura caos seguente che và sotto il nome di “Se Si Sa Si Sa, Lo Sai?” dove il trio da prova di saper amalgamare bene e senza forzature più generi in una singola traccia. “Ciao Ciao parte2” chiude “Thisorientamento”, una traccia molto teatrale creata per chiudere un sipario con una sezione nel finale molto scura e potente. Un grazie in particolare a “Michelangelo Mercuri” voce e chitarrista della band che grazie alla sua R morbida, dista molto da quello che potrebbe essere lo stile di canto vicino a quella triste figura dei “Negramaro”. Un bel cd che cosnsiglio a chiunque.

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F@B

“Talmbout’Dat” GENERE: Rap-Post Hardcore ETICHETTA: Overdub Recordings VOTO: 70/100 RECENSORE: Mad

Direttamente dall’Ukraina gli F@B (formatisi nel 2012) pubblicano per la “Overdub Recordings” l’album “Talmbout’Dat” un bel concentrato di Rap-Post Hardcore con vaghi richiami Grunge, NuMetal a voler emulare band come Limp Bizkit, Linkin Park, System of Down, Primus,tutto in un album in versione digipack di nove tracce, con suoni distorti e ruvidi accompagnati da muri di chitarre potenti e calde a dare una mano alla voce di Ivan non sempre precisa e in linea con il resto della band. Notevole la seconda traccia “Bon Appetit” dove il basso gommoso fà da protagonista e dove la voce di Ivan in modalità Rap è molto più in linea e idonea rispetto a quando viene impiegata per il cantato melodico. L’idea di inserire brani con ripartenze è una caratteristica che gli dà un tocco di originalità “Dr. Jekyll & Mr. Hyde” mentre le linee di basso spesso riconducono alla storica band dei “Primus”. “Life Is Good” è il brano centrale di trentaquattro secondi, cantato in lingua madre. Proseguendo l’ascolto meritano attenzione brani come “Measure” molto “System of Down”, “Air” e “Vacuum” dove si possono apprezzare intrecci complessi ma ben studiati di tutti gli strumenti che assolvono al compito di suonare un piacevole caos, e dove la voce di Ivan sembra esseresi scaldata al punto giusto e svolgere il proprio compito in maniera egregia. Dunque ascoltando “Talmbout’Dat”, non incappiamo certo in un lavoro originale al 100% ma sicuramente piacevole all’ascolto e dunque da ascoltare ed eventualmente, acquistare.

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GORGANERA

“Proximi Divinitatis” GENERE: Death - Black Metal ETICHETTA: Autoprodotto VOTO: 80/100 RECENSORE: Mad

“Proximi Divinitatis” è il secondo di una trilogia di album che rappresenta l’evoluzione estetica ed interiore, ovvero l’evoluzione del proprio IO nella vita che ognuno di noi affronta e in tutto ciò che la rappresenta e in essa racchiude. Questa è una parte del biglietto da visita per la band Toscana dei “GorganerA” formatasi nel 2005, e dopo un’evoluzione di line-up nel 2008, trova spazio per realizzare il primo lavoro “ Qui in hobscuritate habitant “ nel 2012 anche se poi troverà spazio solo l’anno successino. Nel 2014 la band realizza “Proximi Divinitatis” la seconda parte della trilogia, un’Ep di sei tracce classificabile tra il Death e il Black Metal con testi tutti rigorosamente in Italiano. Dopo un’intro molto suggestiva atta a rievocare i passati bellici dell’Italia si passa al lavoro vero e proprio con suoni caldi e tetri incalzati da una voce scura e scream che tiene alto il ritmo del lavoro. Il buon lavoro della batteria seppur triggerata, imprime all’ep velocità e precisione con bupne ripartenze e spunti anche grazie al buon lavoro fatto dalle chitarre. Apprezzabile l’andamento delle chitarre all’unisono come in “Fatum Unica Veritas Est” unito poi a cambi ditempo e ripartenze sempre in linea con l’idea creata per il brano “Veleno”. Questo Ep che non presenta sbaffature sia a livello compositivo che di esecuzione si chiude con “Proximi Divinitatis” un uragano di potenza unito a linee melodiche che aprono la traccia e la chiudono con un buon solo di chitarra. Un buon prodotto con una bupna componente di originalità e dunque consigliato a tutti gli amanti del genere! collezione.

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IGNOTUM

“Larvas Mortal God” GENERE: Death Metal ETICHETTA: MentalchemyRecords VOTO: 80/100 RECENSORE: Mad

Anche se di recente formazione (2011) questi “Ignotum” di Como sanno già il fatto loro e lo dimostrano sciolinando tutte le loro potenzialità tecniche e artistiche con l’album “LARVAS MORTAL GOD” pubblicato in Freedownload per la “MentalchemyRecords”. Gli “Ignotum” ci omaggiano di un bel Death Metal sulla distanza di nove tracce potente e incisivo già dalla Open Track “Through Madness Reminiscence”. Il buon lavoro della voce riesce a tenere ben amalgamato il lavoro delle chitarre in modalità muro e in modalità assolo come nella traccia “Soul’s Self Mutilation”. La sezione ritmica triggerata come lo richiede in questi casi il genere proposto tiene tutto il lavoro compatto e preciso grazie anche a buoni spunti come in “The Circle’s Kiss” dove la composizione è più articolata ma sempre ben messa. La band di Como si lasci atrasportare anche dall’uso di campionamenti che sono un buon deterente per alleggerire un lavoro che alla lunga visto la struttura dei brani risulterebbe pesante e stancante. Sono solo contributi come aperture di brani come in “In Skinless Dream” e “Hecatomb Memories”. “LARVAS MORTAL GOD” si chiude con “Clown With Crown” una traccia in double face con un inizio potente e graffiante, che a metà di addolcisce ma non troppo per dare spazio a riff di chitarra melodici e ben studiati. Che dire, bravi questi “Ignotum” e se volete il cd andate nel loro Facebook, sezione About e prendetevelo gratis.

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ON SCALAR WAVES “Sequence”

GENERE: Metalcore - Deathcore - Heavy ETICHETTA: Make Your Own Agency VOTO: 80/100 RECENSORE: Mad

“ON SCALAR WAVES” sono una band di Mantova formatasi nel 2013 e che a distanza di pochi mesi sforna subito il primo singolo “Are We Cancer?” che gli vale un contratto discografico con l’etichetta “Make Your Own Agency”. Da li a poco la band darà vita al primo lavoro ufficiale “Sequence” di cinque brani con chiari riferimenti al Deathcore, Heavy Metal con influenze Metalcore. La band si ispira a formazioni note come “The korea”, Aversions Crown, Whitechapel ed altri. Un buon lavoro questo degli “ON SCALAR WAVES”, dove si vede concentrato tecnica, velocità e precisioni con una voce scream e sempre attenta alle linee calcate dal resto della band inserendosi nei punti giusti al momento giusto come nella song “Apathy”, “Clarity”. “Sequence” il brano che dà il titolo al lavoro della band è una traccia caratterizzata da ripartenze con chitarre ruvide dalle sonorità che ricordano un pò Sepultura e Soulfly. “Sequence” il cd, si chiude con “Echoes To Perfection” dove una batteria triggerata fà da filone principale insieme a muri di chitarra ben strutturati. Le premese per un cammino lungo e proficuo ci sono stà agli “ON SCALAR WAVES” farne oro. Promossi a pieni voti!

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ASHPIPE “Ancorati”

GENERE: Ska/Punk ‘n’ roll ETICHETTA: Indie Box VOTO: 82/100 RECENSORE: Milo

Ritornano sempre più forti che mai, gli Ashpipe, band proveniente da Tortona, che con il loro nuovo album Ancorati, edito dalla INDIE BOX, raccontano a suon di musica le difficoltà e i disagi giovanili . I pezzi scorrono via che è un piacere, alternando pezzi prettamente punk a canzoni meno tirate e più ska style!!! Bellissima ed originale “Nero sum”, canzone cantata in Latino e dedicata all’imperatore romano Nerone, la cui unica colpa secondo i nostri Ashpipe, era quella di amare alla follia le feste… e come dargli torto?? Grandissimi ragazzi, Ottimo lavoro!!!

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GAB DE LA VEGA “Never look back”

GENERE: Acoustic/punk/folk ETICHETTA: Epidemic records VOTO: 85/100 RECENSORE: Milo

Ritorna,con un nuovissimo lavoro dal sound esclusivamente acustico,GAB DE LA VEGA, già chitarrista dei bresciani SMASHROOMS, che ci regala questo ennesimo capolavoro che si intitola “NEVER LOOK BACK”. L’album ,composto da 10 tracce più un rifacimento di NEVER TALKING TO YOU AGAIN degli HUSKER DU, risente molto delle influenze punk dell’artista a cui si aggiungono sonorità prettamente folk che ben si sposano al binomio voce chitarra. Ottimo lavoro anche per quanto riguarda gli arrangiamenti musicali con l’inserimento di piccoli riff elettrici e accompagnamenti di armonica e percussioni, arrangiamenti che non fanno sentire minimamente la mancanza di sonorità più forti o di sezioni ritmiche a cui magari siamo abituati nei dischi punk. Pur mantenendo la linea del precedente “SONG OF EXISTENCE” in questo ultimo lavoro si notato ulteriori maturazioni a livello compositivo di GAB , che da un paio di anni, accompagnato esclusivamente dalla sua chitarra sta portando in giro per l’Europa delle ottime canzoni,che nulla hanno da invidiare a quelle di artisti più affermati. Ottimo lavoro GAB!!!

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LENNON KELLY “Lunga vita al Re”

GENERE: Celtic punk/Folk ETICHETTA: Indie Box VOTO: 85/100 RECENSORE: Milo

LUNGA VITA AL RE , edito dalla INDIE BOX, è il nuovo lavoro dei LENNON KELLY; 7 ragazzi romagnoli accomunati dalla passione per la musica folk e celtica. Quello che sono riusciti a racchiudere in questo album, loro primo full-lenght, è un mix di sonorità che spaziano dal Folklore alla musica celtica fino ad arrivare a sonorità prettamente più vicino al punk e allo ska. I testi, rigorosamente in lingua madre, sono tutti politicamente impegnati, e la cosa la si capisce subito fin dai primi secondi di ascolto, infatti,l’intro, è affidato ad un breve discorso di SANDRO PERTINI, rivolto ai giovani dell’epoca, ma tutt’ora attuale. Quindi il messaggio che questi ragazzi ci regalano con il loro lavoro è si , divertirsi e ballare sulle loro note, ma non dimentichiamoci mai di cosa sta accadendo attorno a noi… Che dire.. ottimo lavoro …continuate così ragazzi!!!

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MUSAIKA

“Orizzonti inversi” GENERE: Rock ETICHETTA: 12 Linee Records VOTO: 75/100 RECENSORE: Milo

Esce proprio in questi giorni “ORIZZONTI INVERSI” primo album dei romani MUSAIKA che, sotto le ali protettrici della 12 LINEE RECORDS, si apprestano a conquistare la penisola con il loro sound Rock alternative. Le sonorità,che più colpiscono,sono quelle degli anni 90; al primo ascolto ho come avuto la sensazione di essere tornato indietro nel tempo ed avere tra le mani qualche lavoro inedito dei primi Timoria, grazie alla potenza vocale del frontman che spesso mi ricorda lo spirito e l’energia di un Francesco Renga agli esordi. Strumentalmente invece il sound dei MUSAIKA è qualcosa di più complesso e duro rispetto a quello che poteva essere negli anni ’90, si percepisce che sono passati un po’ di anni da allora, e volenti o nolenti il classico sound del crossover è entrato un po’ nel sangue di tutti. E’ forse questo il segreto di orizzonti inversi.. l’aver saputo cogliere la magia degli anni 90 e del suo suono rock grezzo ed averlo miscelato con sonorità più moderne e più graffianti…il risultato? Un ottimo prodotto rock per il mercato Italiano.

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ROCK ‘N’ ROLL KAMIKAZEN “My town”

GENERE: Rock‘n’roll ETICHETTA: Go Down records / Latlantide VOTO: 75/100 RECENSORE: Milo

“Il rock ‘n’ roll è davvero una cosa molto seria”, diceva GUY PORTOGHESE (1968 – 2012), e su questa frase i THE ROCK ‘N’ ROLL KAMIKAZES hanno posato le basi per questo nuovo album intitolato “THE TOWN” che esce per la GO DOWN RECORDS. Le sonorità sono quelle sacre degli anni 50, a cui si vanno a miscelare suoni di epoche più recenti rendendo le canzoni un po’ meno “classiche” e più adatte ai giorni nostri. Il cantato è in lingua Scozzese, lingua madre di ANDY , che in questo album ha voluto staccarsi un attimo dal purismo e dalla omologazione preconfezionata del genere e adattarlo un po’ di più alla sua persona. Una sfida che lo ha reso direi vincente. Belle le sonorità delle chitarre che spaziano dal blues fino ad arrivare a ritmi serrati e più punk, come risulta molto affascinante, per gli amanti del genere e non , le sonorità del dobro usato in una insolita versione elettrificata e distorta. Alcuni punti del disco risultano essere un po’ troppo ripetitivi e appesantiscono l’esecuzione della canzone, ma fondamentalmente non va ad intaccare l’ascoltabilità del disco. Disco appunto che non può mancare nella collezione degli amanti del rnr!!!

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SHONAN

“Farewells and pillows” GENERE: Punk ETICHETTA: VOTO: 80/100 RECENSORE: Milo

Gli SHONAN sono un gruppo proveniente da Parma e ci presentano il loro disco “FAREWELLS AND PILLOWS”, album non proprio fresco di giornata ma uscito un po’ di tempo fa, e precisamente nel 2013. Quest’album, che comprende 10 pezzi, è un mix di sonorità che riporta ai ricordi la musica di un paio di anni fa, molte infatti ,secondo me,sono le similitudini a livello di suoni,con alcuni lavori di band famose d’oltreoceano,che videro la luce a cavallo tra gli anni ‘90 e ‘00. Le canzoni sono tutte molto belle e cariche di passione e sentimento, questi ragazzi ci sanno davvero fare e riescono a confezionare belle canzoni ,sia che si tratti di pezzi lanciati o di pezzi simil acustici o ballads. Il rovescio della medaglia però purtroppo c’è.. e si sente.. le sonorità,di queste canzoni,hanno quel qualcosa di già sentito, e nonostante la bravura del gruppo, tendono a farsi sentire in quasi tutti i pezzi..Nulla di catastrofico sia chiaro, è però un peccato che sia stata poco esaltata l’identità sonora del gruppo,visto la qualità totale delle canzoni.

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