La Montagna del Piemonte

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più isolate e inaccessibili della regione. Il problema demografico, in particolare, continua ad essere indicato tra le cause principali dei problemi dei territori montani, ma con una importanza via via minore o, quanto meno, con valutazioni differenti dal passato. Non vi dubbio che l’esodo che per decenni ha impoverito le risorse umane di questi territori abbia lasciato una struttura demografica fortemente compromessa, molto sbilanciata verso le classi di età anziane, quindi poco prolifica (scheda 1) e con una quota ridotta di popolazione attiva e qualificata. Questa è una situazione che oggi si può ritrovare anche in contesti diversi, di pianura e collina. In montagna, diversamente da quanto avviene in collina e pianura, sembra realizzarsi un rallentamento dei flussi demografici in uscita (Regione Piemonte, 2005).

SCHEDA 1 – IL NODO DEMOGRAFICO: EVOLUZIONE E CRITICITÀ IN PIEMONTE Nell’ambito dei processi di sviluppo a scala locale, la demografia gioca un ruolo di rilievo: da essa derivano per esempio la disponibilità e qualificazione delle risorse umane, il carico sociale, la domanda di servizi, le opportunità del mercato locale. Fattori questi che, a loro volta, hanno importanti ripercussioni sulla vitalità della società locale, sul mercato del lavoro e sulla tipologia dei consumi e dei servizi erogati. Per le comunità locali ciò comporta una focalizzazione delle risorse e del mercato locale dei servizi verso determinate categorie (ad esempio quelle degli anziani residenti), fatto che implica un’offerta insoddisfacente rispetto alle esigenze di altre categorie la cui attrazione potrebbe essere auspicabile (ad esempio giovani famiglie con figli piccoli o in età scolare). Con riferimento alla situazione demografica dell’arco alpino, questa si è mantenuta in condizioni di equilibrio e omogeneità sino alla seconda metà dell’Ottocento, ovvero sino a quando la Rivoluzione industriale ha investito le aree urbane limitrofe e si è estesa lungo le vallate. Da allora la condizione dell’area alpina è mutata rapidamente, con esiti profondamente differenziati da zona a zona. Gli effetti più evidenti di tali cambiamenti sono l’innervamento di alcune valli tramite la costruzione di linee di grande comunicazione e di trafori, gli insediamenti industriali e turistici, l’utilizzo intensivo delle risorse idriche. Si tratta di mutamenti dal forte impatto ambientale, sociale ed economico, che tuttavia si sono concentrati solamente in alcune valli, imprimendo ad esse i caratteri di una forte specializzazione funzionale e trascurandone altre che sono rimaste ai margini dei processi di sviluppo. L’esito di tali disparità e, più in generale, delle difficoltà accusate dall’area alpina nell’evolversi storico del XIX e XX secolo, è lo spopolamento delle sue aree più deboli. Una ricerca effettuata da Bätzing, Perlik e Dekleva (1996) mostra come, tra il 1870 e il 1990, la popolazione residente nell’arco alpino (delimitato in base alla Convenzione delle Alpi con l’esclusione dei maggiori centri urbani) sia passata da poco meno di 7 milioni di persone ad oltre 11 milioni, con un incremento del 58%, con una crescita particolarmente accentuata nella porzione orientale delle Alpi, mentre in moltissimi comuni delle Alpi occidentali si registra un calo di residenti. Distinguendo gli stessi dati per regioni, emerge in particolare la gravità della situazione piemontese, che subisce una contrazione superiore al 20%, toccando i punti di maggiore criticità nei decenni del secondo dopoguerra. Quindi, l’evoluzione storica della demografia alpina ha visto un progressivo deterioramento di tutta l’area occidentale, con il Piemonte a rappresentare una delle punte più critiche. A scala locale, tuttavia, gli esiti sono stati molto differenziati. Il maggiore spopolamento si registra nell’area di alta collina e degli Appennini, oltre che nelle valli meno accessibili, che non hanno avuto sviluppo turistico. In termini altimetrici, oltre i 700 metri il calo demografico è stato generalmente intenso se non drammatico, ad esclusione dei pochi comuni di alta quota a marcata specializzazione turistica. Tale altitudine, per quanto non elevata, rappresenta mediamente in Piemonte lo “spartiacque” tra aree in crescita o stabili e quelle in declino. In crescita, viceversa, le poche valli a forte e duraturo sviluppo turistico, le aree montane periurbane, quelle dei distretti industriali e, in generale, tutte le porte di valle. Nel corso del decennio 1991-2000, la popolazione delle Comunità montane piemontesi è cresciuta dell’1,2%, a fronte di un leggero decremento della regione nel complesso. Nonostante un saldo naturale negativo, le migrazioni (soprattutto di origine interna alla regione ed estera) hanno portato ad un aumento di residenti nell’area considerata. In sintesi, gli elementi importanti che emergono sono i seguenti (Regione Piemonte e IRES Piemonte, 2002): •

una parte dell’area montana è in grado di attrarre residenti da altre aree, limitrofe o lontane;

una parte consistente di tali flussi avviene dall’estero, comprendendo al proprio interno, con la massima probabilità, situazioni molto diverse sotto il profilo dell’area di origine e dello status sociale ed economico dei soggetti;

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