N° 2 - AltaRoma - 7 / 11 luglio 2012

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Direttore Creativo TOMMASO CONCINA Coordinamento Generale ORNELLA CICCHETTI Consulente SABRINA QUERCI Junior Editor BEATRICE PAMPHILI Contributors EMANUELA NOBILE MINO EDOARDO CICCONI CAROLINA DE LUCA BONIZZA GIORDANI ARAGNO CLARA TOSI PAMPHILI FERNANDA VERON Progetto Grafico TOMMASO CONCINA Impaginazione TOMMASO DAL POZ per U-Skill Media Agency Tipografia Crea Promotion Roma

Cover Credits FOTO E ARTWORK Fernanda Veron MODA Tommaso Concina TRUCCO E CAPELLI Sonia Veleno NINO LETTIERI COUTURE Caftano in chiffon di seta nero devoré con ricami in lurex model Lera Tribel@Next


il nome già la dice lunga sulle finalità che il progetto di questo nuovo magazine si pone e sul comune denominatore dei contenuti che affronterà,a partire dal numero 0. E’ di fatto una dedica alla città e alla sua personalità poliedrica: Roma città eterna, trasognata e adulata per la sua innegabile unicità, il suo potere seduttivo, il patrimonio storico-artistico e l’innato senso di spigliata creatività, ma anche Roma città contemporanea, energetica capitale europea e bacino di risorse creative, culturali, artistiche che meritano di essere maggiormente divulgate, esaltate, omaggiate. ROMA si occuperà di Roma, sotto forma di contenitore aperto, trasversale, libero e votato a dare voce alle realtà importanti che quotidianamente, attraverso l’impegno individuale e la rete di lavoro collettivo, contribuiscono a delineare il nuovo, sempre più competitivo, profilo identitario della città. Un medium “locale” ma con forti legami internazionali: i contributors non saranno soltanto romani ma anche stranieri o italiani residenti all’estero, quindi capaci di fornire uno sguardo disincantato e obiettivo sulla città.

cover n1

ROMA dedica il suo primo numero all’Alta Moda, settore di cui la capitale è tradizionalmente culla, grazie all’innata sensibilità estetica che la contraddistingue e alla proverbiale sapienza nel fatto a mano che l’hanno resa uno dei luoghi cult su questo fronte. A parlarne alcuni dei principali attori e attivi promotori della creatività italiana applicata alla moda e al design: il presidente di Alta Roma Silvia Venturini Fendi racconta LIMITED/UNLIMITED, progetto votato a valorizzare l’esclusività del pezzo unico e dell’edizione limitata; Cesare Cunaccia presenta l’ingegnoso e raffinato lavoro di Liborio Capizzi, visionario stilista di origine siciliana. Emanuela Nobile Mino si inoltra nel meraviglioso mondo di Delfina Delettrez celebrato in DELPHINARIUM, prima mostra monografica dedicata all’eclettica creatrice di gioielli; Bonizza Giordani Aragno introduce le creazioni di Caterina Gatta, tra memorie vintage e seduzione del nuovo; Cinzia Malvini incontra Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli, direttori creativi della storica maison Valentino; Clara Tosi Pamphilj alza il sipario su A.I. Fair, la fiera delle vanità artigiane e del Made in Italy rigorosamente fatto a mano. Mentre, in apertura, l’editoriale firmato Fernanda Veron: uno spaesante viaggio visivo e temporale nell’universo simbolico, onirico, lussureggiante dell’artista fotografa argentina Rome-based. A partire da questo primo step, ROMA inizierà ad intessere, inoltre, una trama di corrispondenze tra diverse tematiche, argomenti e ambiti culturali, operando dei blitz di approfondimento nel mondo dell’arte, del cinema, della letteratura. Con l’intento di proporre dei focus quanto più accurati sull’attualità, ROMA non avrà una cadenza editoriale precisa, ma le sue uscite si legheranno periodicamente ad eventi e manifestazioni romane di rilievo, adeguando di volta in volta il proprio impaginato, i contenuti dei contributi e degli speciali e i toni del proprio linguaggio al mood del momento e alla personalità dei personaggi coinvolti, mettendo così in luce anche i diversi lati del proprio carattere, serietà, irriverenza, ironia, agilità, critica, curiosità e, soprattutto, la sua fiera “romanità”. Buona lettura e benvenuti a ROMA!

ROMA. The name itself is loaded enough to suggest the goals that this new magazine aims for and to foreshadow the common denominator of the contents that it will face, beginning from number 0. It is certainly a tribute to the city and its eclectic personality: Rome the eternal city, dreamed of and praised by for its undeniable uniqueness, its seductive power, its historical and artistic patrimony, and its innate sense of self-confident creativity, but also Rome as contemporary city, energetic European capital and arsenal of creative cultural and artistic resources that deserve to be better known, exalted, honored. ROMA will deal with Rome, as an open container, transversal, free, devoted to give voice to those important realities that, through individual commitment and a network of collective collaboration, contribute to the delineation of the new and always more competitive identity and profile of the city. A local media but with strong international ties: the contributors will not only be Romans but foreigners or Italians living abroad, capable therefore of providing a disenchanted and objective view of the city. ROMA dedicates its first number to haute couture, a sector the city is known for, thanks to the innate aesthetic sensibility that characterizes it and the proverbial knowledge of the handmade that have allowed this town to become a cult location on this front. Starting from this first step, ROMA will weave correspondences between different topics and cultural realities while showcasing in-depth close ups of the art world, cinema and literature. With the intent of focusing accurately upon current events, ROMA will not have a precise cadence but its releases will be linked to important Roman events, adapting its layout, the contents of its contributions and the tones of its language to the mood of the moment and to the personality of its protagonists, shedding light on the diverse sides of its characters, seriousness, irreverence, irony, agility, critique, curiosity and, mostly, of its proud “romanità”. Have a good read and welcome in ROMA!


caterina gatta E il tessuto stampato di Bonizza Giordani Aragno

Tessuti preziosi perché non contaminati, belli da vedere da toccare e che suggeriscono ad una giovane stilista come Caterina Gatta idee innovative disinvolte ed attuali Sono le stoffe vintage dai colori piu vari e dai stampati che spaziano dal fiore al geometrico all’informale .Tessuti con le cimose firmate, come opere d’arte che rimandano ad una cultura di moda legata a ‘quel fatto a mano’ a quel preziosismo di tempi lontaniTessuti che si velano di nostalgia, sopratutto per quelli che né hanno conosciuto il valore. Ed è’ particolare che una giovane stilista abbia pensato ad un operazione fusion , tra passato e presente tra sconfinamenti e artigianalita Progettando una propria linea di abiti, realizzati con stoffe firmate da stilisti famosi come Gianni Versace, Yves Saint Laurent,Dior, Fausto Sarli, Pierre Cardin, Lancetti, Irene Galitzine, Givenchy, Valentino, André Laug, Ungaro, Scherrer. Caterina Gatta, è romana ha 28 anni, si è laureata in Scienze della Moda e del Costume all’Università La Sapienza di Roma, ha completato con il massimo dei voti anche il biennio di pecializzazione. Durante gli studi universitari, ha frequentato corsi e stage (tra cui Fashion Styling alla Central Saint Martins di Londra, Jewellery and Luxury Industry presso la Confcommercio di Roma) e ha fatto varie esperienze lavorative importanti in Italia e all’estero. Nel 2008 ha iniziato a sviluppare un proprio progetto di moda, con il marchio registrato Caterina Gatta La sua prima pre- collezione, fu presentata a un ristretto gruppo di giornalisti durante Altaroma nel Luglio 2008 dopo aver ricevuto incoraggianti riscontri ha pensato all’ idea di creare un suo Brand. Sapendo bene che le contaminazioni e gli sconfinamenti sono attuali ,sente

il bisogno di riscoprire attraverso il tessuto stampato quella creatività prettamente italiana, che sembrava essersi esaurita proprio tra le nuove generazioni di designer. Per Caterina Gatta la base del suo lavoro è il tessuto vera fonte di ispirazione di cui cura personalmente ogni aspetto, seguendo la realizzazione degli abiti e i vari processi di sviluppo. Appassionata di fotografia, si occupa dell’ immagine delle sue collezioni Tranquilla ma anche determinata Caterina si destreggia con disinvoltura nel suo laboratorio, tra cumuli di preziosi tessuti, conscia di possedere un archivio di memorie,ma che per lei sono solo l’inizio del suo percorso creativo ciò che l’interessa e la traduzione del tessuto in linguaggio-moda che comunichi emozioni. La storia della moda per lei è come un libro da sfogliare da studiare come analisi estetica e come comunicazione dal forte valore simbolico Caterina non s’intimidisce di fronte ad un tessuto firmato,sapendo di interpretare un ‘mito’ Un operazione di restyling post moderno. La sua prima vera collezione è stata presentata presso la Soho House di New York nel Maggio 2009 e successivamete a Palazzo Morando durante il “Vogue Talents Corner” a Milano. Ma l’evento che ha reso Caterina interessante agli occhi di chi crede nell’Alta Moda Italiana sono stati i dieci pezzi unici realizzati con i tessuti vintage della maison Lancetti presentati a Roma nella cornice suggestiva dei Fori Imperiali sotto l’egita di AltaRoma ( Pino Lancetti Re-Edition, 30-1-2012) L’abilità di Caterina è di trasformare in attualità storie dimenticate, interprete di contenuti desueti, trattati come trame contemporanee riproporre con l’arte del fare tutto ciò che appartiene all’immaginario collettivo.



dopo: l i e ar isegn d non r e p sato a s m a i p r ge del p i del vinta t o n l i e a d m d u o ocu Lo st i sol a i d t d a o t m n . colto se e ù r i p p ttura nella p i a o r r t c n s ri più ame ni sono teggi one e t i a z mmagi u i n d u a e r u i a t di le s ma d spunt , n a o i r c d u tt ni ile di le Cicco aurib o s i e v n che i i h ma an fonte L’Arc a a d n o u m ta une sulla diven e a a com phili i m t e i n v i Tosi Pam anier la r t di Clara e s sul c i li ostum e deg i n sui c a i i ital da no i i l t g a e s d as ono p che s

Archivio Cicconi, sette milioni di immagini originali, laster in vetro e negativi di diverso formato, raccontano la storia d’Italia dal 1890 al 2000 offrendo prospettive mai viste su vaticano, fascismo, moda, spettacolo, politica, costume e società, momenti rubati e inediti dei personaggi che hanno fatto la storia dell’Italia del ‘900. L’ Archivio è composto da cinque fondi, ex archivi e agenzie nella loro completezza, che operavano nel ‘900. Raccolti negli anni ’90 da Umberto Cicconi, sono stati riconosciuti dal Ministero dei Beni Culturali. In concomitanza con i 150 anni dell’Unità d’Italia nel 2011, attraverso la Fondazione Allori, si inizia a rendere pubblico questo materiale che è rimasto nascosto per quasi vent’anni. Tornano alla luce l’antica agenzia VEDO di Porry Pastorel, la Roma Press Photo di Tazio Secchiaroli, il materiale di Spartaco Appetiti, quello di Alberto Cartoni e il secolo si completa con tutti gli scatti dell’agenzia foto-giornalistica di Umberto Cicconi.Sette milioni di immagini, il novecento italiano come fonte di ispirazione per reinventare il nuovo, capitale enorme a cui attingere per rielaborare segni contemporanei con solide radici antiche.

Coco C hanel,

Jean C octea

u-via

veneto

, hotel excelsior

-roma

1958


atelier

957-tab romano 1

leau surreale

con indossatrici


atelier sorelle fontana 1985-roma


foto e artwork: fernanda veron / moda: tommaso concina

nero puro, massimale, poliedrico per immergere abiti sontuosi in un sentiero illuminante di simbologie oniriche


nella pagine precedenti blusa nera in chiffon di pura seta con collo chiuso da un lungo fiocco e mantella applicata. Gonna svasata asimmetrica in pura seta nera a sbieco silvina maestro sandali in camoscio con tacco a specchio gucci anello/ventaglio in ottone canna di fucile gilbert halaby - sopra caftano in chiffon di seta nera dèvorè con ricami in lurex nino lettieri couture a destra abito lungo in tulle nero doppiato in tulle nude con effetto petali valentino couture bracciale in metallo ondulato color canna di fucile con grande cristallo swarovski gilbert halaby


a sinistra abito “tatuaggio� a sirena in tulle ricamato con perline e ampia balza in organza gattinoni couture sopra top girocollo senza maniche in organza di seta pura silvina maestro copricapo in piume stampate in ottone color oro e cristalli swarovski color ambra gilbert halaby


sopra giacca in organza plissettata con ampie maniche arrotondate, abito in crepe nero a sbieco con intarsi in pizzo antonio grimaldi couture - A destra casacca/gilet con ricami a traforo in jais neri e pantaloni a sigaretta in crepe cady lucido/opaco sarli couture bracciale casati in foglie di ottone stampate canna di fucile con grande cristallo swarovski, bracciale dark cleo trompe l’oeil con catene di castoni vuoti e navette di cristallo swarovski gilbert halaby


scialle in organza e seta con ruche e fiori applicati in organza plasticata tagliati al laser chiuso da cinta in tessuto andrè laug couture collana casati in foglie di ottone stampate canna di fucile con baguettes swarovski gilbert halaby si ringrazia alessio de’navasques ha collaborato beatrice pamphili model lera tribel@next trucco e capelli sonia veleno


l’univer Ovvero, di Emanuela

ENM: Dopo la condivisione dell’esperienza fiorentina con DELPHINARIUM - la prima mostra personale di Delfina Delettrez in una galleria che ripercorrere le tappe fondamentali non soltanto del suo iter creativo ma anche del suo poliedrico modus operandi (ndr) - siamo di nuovo a Roma, dove pur potendo scegliere di operare altrove, hai deciso di vivere, lavorare, aprire la tua prima boutique. Qual è il tuo rapporto con Roma e cosa ti convince ogni giorno a non lasciarla per un’altra città? DD: ENM: Nel tuo lavoro trovo ci sia una forte connotazione autobiografica, i tuoi gioielli spesso incarnano visioni, elementi, oggetti e forme che sembrano strettamente collegati al tuo vissuto personale, affettivo (penso ad esempio alle ciocche di tua figlia sigillate nella resina), e che rimandano sia a luoghi reali che a luoghi immaginari appartenenti alla tua dimensione onirica (tra sogno e incubo). Roma, la sua eredità storico-artistica, appare sublimata e omaggiata nei frammenti archeologici, nei micro-mosaici, nei marmi che costituiscono alcuni dei gioielli della collezione Metalphysik, mentre la Roma contemporanea in che modo ti ispira ed entra nel tuo lavoro? DD: ENM: Tornando alla mostra DELPHINARIUM, credo sia stata un’esperienza piuttosto nuova, che ti ha portato a rivalutare una ad una le tue collezioni precedenti, a selezionare pezzi specifici, a ripensare la loro collocazione e presentazione; ma ti ha condotto anche a rapportarti con un nuovo contesto, la galleria, e con figure come quella del gallerista e del curatore. Mi racconti come hai vissuto questa nuova avventura? DD: ENM: In occasione di questa mostra ho avuto l’opportunità di approfondire il tuo lavoro, analizzarlo da vicino e dall’inizio, e mi sembra fondato su una grande coerenza, come ho già detto, uno dei tuoi punti di forza sta nell’aver saputo fin da principio allinearti sulla rosa di valori che costituiscono il patrimonio fondante dell’italianità

artistica (eccellenza tecnica e raffinatezza estetica, cultura e suggestione, ironia e malinconia, visionarietà e meraviglia). Che tipo di consiglio ti sentiresti di dare ad un giovane designer che intende iniziare questo tipo di carriera? DELPHINARIUM L’immaginario di Delfina Delettrez è sconfinato, nel senso che, per natura, il suo istinto creativo e la sua curiosità si spostano di continuo - e senza la benché minima frizione - da un ambito di ricerca ad un altro, oltrepassando fluidamente le linee di confine che convenzionalmente li demarcano. “La linea che descrive il bello – sosteneva Winckelmann – è ellittica. Non può venire descritta da un compasso e muta direzione in ciascuno dei suoi punti.” E’ proprio con l’intenzione di mettere in luce la complessità del lavoro di Delfina Delettrez che la mostra DELPHINARIUM – in corso fino al 10 settembre presso la Galleria Antonella Villanova di Firenze – è stata concepita. Per restituire un tracciato del suo poliedrico e multidirezionale operato in una prospettiva globale, la mostra ha riunito i pezzi più rappresentativi delle sue cinque collezioni agli apparati espositivi che furono concepiti ad hoc come loro estensione anatomica, dando risalto ad un aspetto peculiare del fare artistico di Delfina che, sebbene autoevidente, rischia spesso di non venire adeguatamente sottolineato ed individuato come declinazione interna al suo processo di ricerca. Ovvero la sua innata esigenza, e capacità, di presentare le proprie creazioni contestualizzandole, progettando cioè ogni volta un’ambientazione speciale per i suoi lavori che, in maniera ideale, sottenda e riferisca le tracce della visione che prelude ed ispira ogni nuova collezione, e finisce poi per intriderla. Per ogni suo progetto, fin da principio, è stato, infatti, pensato non semplicemente un mero allestimento, ma un vero e proprio percorso di narrazione, concepito come parte integrante del lavoro, come un corollario fondamentale a trasmettere qualcosa in più del suo universo personale, biografico e culturale e della sua direzione di ricerca, sempre in bilico tra

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memoria storica e (pre)visione onirica. Attingendo alle fonti più svariate e arrivando a delineare una modalità espressiva che nell’eclettismo rintraccia la sua forza identitaria, l’indagine di Delfina Delettrez sull’arte ornamentale (micro) scultorea ha un centro nevralgico preciso: il corpo. Il pensiero attorno al corpo l’ha condotta istintivamente ad assumere nel proprio alfabeto l’apparato fenomenico nella sua totalità, quindi a voler confrontarsi con ognuna delle realtà con cui l’uomo costantemente si imbatte durante il giorno (la realtà della natura, dell’arte, della tecnica) e durante la notte (la surrealtà, il sogno, l’immaginazione, il desiderio). Secondo Breton, solo conciliando i due momenti che scandiscono l’attività del pensiero umano, quello della veglia e quello del sogno possiamo giungere ad una realtà superiore. Ed è sovrapponendo visioni reali e fantastiche, costruzioni e decostruzioni, miraggi e avvistamenti, invenzioni e incubi, architetture della mente e luoghi dello spirito, che nel lavoro di Delfina tutto lo scibile ritrova conciliazione. Iconografie discordanti sapientemente accostate, elementi estranei uniti in combinazioni spiazzanti, una volta incastonati nell’oro, glassati nello smalto, scolpiti nel marmo o cristallizzati nella resina, risorgono a nuova vita, sotto nuove spoglie, intrisi di nuovo senso. Così avviene che parti anatomiche (occhi, bocche, dita) presenti nella collezione “Anatomik” e abbinate in “Metalphysic” a porzioni di reperti archeologici, a capricci e a volute - si trasformino in icone ibride a se stanti; o che campioni di DNA, come le ciocche di capelli sigillate nella resina nella collezione “Love is in the Hair”, assumano ludicamente l’aspetto di reliquie contemporanee. Sostanzialmente, ciò che incanta Delfina Delettrez è la vita, il dinamismo del suo divenire, il rapporto aureo tra micro e macro cosmo, le corrispondenze tra mondo biologico e poiesis tecnologica. Uno degli aspetti che accomuna molti dei suoi gioielli è infatti l’idea di movimento, di evoluzione. Se alcuni pezzi somigliano a piccoli marchingegni cinetici (come il bracciale e gli orecchini “Tourbillon” ispirati alla sfera armillare), altri hanno un’ambiguità strutturale studiata perché la loro forma possa evolvere in un’altra,

come il bracciale e la gorgiera “Detaille Unique” realizzati con un intreccio di piattine in metallo prezioso unite a formare una geometria mobile, snodata, il cui meccanismo di estensione a pantografo li rende elementi mutevoli e mutanti, adattabili ai volumi del corpo. Perfetta incarnazione dell’oggetto metafisico (da metà, trasformazione, al di là, cambiamento, e physikè, natura, fisica). La natura in sé è “ascoltata” da Delfina Delettrez con un’attenzione e una perizia di carattere entomologico: i suoi insetti non ci appaiono mai come figurine statiche, scultoree, ma come esserini attivi, viventi, ritratti per via di mimesi. Le api, ad esempio, per tradizione simboli dell’operosità (nonché di romanità: tre api caratterizzano lo stemma araldico dei Barberini) molto spesso sembrano divenire protagoniste dei gioielli per pura casualità, perchè accidentalmente vi si poggiano, continuando a svolgere le loro mansioni “en plein air”. Sono questi gli attimi in cui l’autrice predilige immortalarle, quando intente a produrre miele o ronzanti tra i micro mosaici in un micro sito archeologico assolato, non si accorgono della sua presenza. Il naturalismo di Delfina denota però sempre qualcosa di singolare, di misterioso, ha sempre a che fare con l’artificio, presentando la realtà come forma apparente, la natura come entità enigmatica, passibile di continue e imprevedibili metamorfosi. Emblematico in questo senso il cortocircuito tra realtà e finzione creato nell’installazione presentata durante l’inaugurazione della mostra fiorentina, che ha visto convivere - all’interno di mondi di plexiglass trasparenti – alcuni dei suoi più iconici gioielli zoomorfi con animali e insetti veri. Guidata da un profondo, istintivo, senso di euritmia e di proporzione Delfina artificiosamente crea nuove possibilità di equilibrio e nuovi ideali di bellezza, in grado di frantumare le certezze canoniche e di avanzare nuove ipotesi di visionarietà, fresca, ammaliante e più che mai consona. Intrecciando i tasselli di vari stimoli creativi, Delfina Delettrez ha creato una logica estetica propria fondata sull’eterogeneità dell’ispirazione e sull’osservazione onnivora che, contemporaneamente e indistintamente, attinge alla regola anatomica universale (agli insegnamenti vitruviani

sulla proporzione tra microcosmo e macrocosmo), all’indagine enciclopedica (le tavole dell’”Encyclopédie” di Diderot e D’Alembert, i trattati di botanica come il “Kunstformen der Natur” di Ernst Haeckel, quelli di zoologia di George-Louis Leclerc de Buffon, i “Souvenirs Entomologiques” di Jean-Henri Fabre), all’eterofonia del capriccio barocco, al gusto decadente di Piranesi e alla fascinazione romantica per le rovine romane, all’espressione enigmatica dell’alfabeto surrealista di Magritte, alla sospensione metafisica di De Chirico, fino all’iconologia cristiana e al suo legame archetipico con i simboli apotropaici della superstizione pagana. Paradossalmente è nell’eseguire un percorso d’indagine che attraversa e si nutre dell’influenza di una pluralità di inputs derivanti da ambiti diversi (la scienza, l’anatomia, l’arte, l’architettura, la religione) che Delfina Delettrez arriva ad attingere anche al bacino culturale che per indole genetica le appartiene: la moda. Alcuni dei suoi gioielli, sembrano infatti più istintivamente che intenzionalmente, ispirati da una rilettura assoltamente individuale di modelli iconografici celebri generati da menti illuminate e, a loro volta, suggestionate dalle più svariate influenze linguistiche e culturali. Una delle figure di riferimento di Delfina Delettrez, in quanto summa esemplare del più riuscito connubio tra le arti, sembra essere Elsa Schiaparelli e, nello specifico, i frutti che il suo lavoro partorì sotto l’influenza delle avanguardie artistiche del tempo, dalle collaborazioni con Dalì, Cocteau, Man Ray. Uno degli oggetti cult di Delfina, la “Skeletor belt” che cinge la vita con due mani scheletriche in argento, d’istinto rimanda ad uno dei capi iconici della “Schiap”, la giacca con le mani guantate incrociate sulla schiena che simulano un abbraccio maschile, così come trasversalmente cita il celeberrimo “Skeleton dress”. Altri rimandi interessanti, sempre perchè operati in forma di citazione consapevole, ricorrono nell’utilizzo di alcuni materiali o di certe iconografie: la resina trasparente impiegata a mo’ di ambra, ad esempio, in cui Delfina Delettrez cattura le sue api, ricorda la “Insect necklace” in plastica creata dalla grande couturier surrealista. Mentre l’occhio cristallino - simbolo ricorrente

nell’apparato iconografico religioso ed esoterico, da oriente ad occidente, quale universale incarnazione della conoscenza, emblema di lungimiranza e di veggenza, e nell’arte riferimento all’introspezione, specchio della coscienza o del suo falso riflesso (vedi il “feux miroir” di Magritte) - immaginato da Cocteau e da Dalì (per la Schiaparelli) come accessorio frontale (una broche) da ostentare al centro del petto, torna aggraziato da lunghe ciglia nelle creazioni di Delfina Delettrez come elemento singolo. L’occhio come parafrasi dell’obiettivo attraverso il quale Delfina Delettrez scruta e fotografa costantemente il mondo e, al contempo, come presenza dalla funzione esortativa, memento audere semper (D’Annunzio), un imperativo, rivolto in primis a se stessa, a mantenere sempre viva la curiorità, ostinata la determinazione, sfrontata l’audacia e ben allineati il gesto, l’intelletto e la sensibilità, poichè “l’arte migliore è quella in cui la mano, la testa e il cuore di un uomo procedono in accordo” (John Ruskin).

Informazioni Utili sulla Mostra DELPHINARIUM. A Monographic Exhibition on Delfina Delettrez A cura di Emanuela Nobile Mino Galleria Antonella Villanova. Contemporary Art Jewellery Palazzo Ricasoli, Piazza Carlo Goldoni 2 50123 Firenze 21 giugno – 10 settembre 2012 Orario di apertura: Lun 15.00-19.00; Mar/Sab 10.00-19.00 Chiusura estiva 1 - 20 agosto Per informazioni: +39 055 6802066 anotonellavillanova@gmail.com delphinarium@delfinadelettrez.com

Delfina Delettrez (Roma, 1987) appartiene alla quarta generazione della famiglia Fendi. Dalla bisnonna Adele, e poi in linea diretta attraverso Anna e Silvia, eredita la passione per il dettaglio. Dopo la formazione accademica improntata sulla storia del costume e gli stages presso l’ufficio stile di Chanel per la haute couture a Parigi, sceglie di intraprendere un percorso individuale: approfondisce lo studio sul design del gioiello e decide di dedicarsi all’arte orafa. Nel 2007 crea la sua prima collezione. Nel 2009 due creazioni di Delfina Delettrez entrano a far parte della collezione permanente del Museo delle Arti Decorative del Louvre.Emanuela Nobile Mino (Roma, 1971) è storico dell’arte, Lavora come critico e curatore.



A.I.Artisanal Intelligence Luglio 2012 di Clara Tosi Pamphili

A.I. Artisanal Intelligence, nato da un’idea di Clara Tosi Pamphili, é uno dei progetti fondamentali di AltaRoma. Nasce sotto la spinta di voler promuovere, in modo contemporaneo, l’artigianato italiano e di raccontare quanto questo patrimonio sia spesso una vera e propria espressione artistica. La crisi economica e da qui il rifiuto per prodotti commerciali e globalizzati hanno dato nuova luce e nuova vita a questo patrimonio così antico. Così sono nate e stanno nascendo in tutta Italia atelier e botteghe artigiane, cool e innovative, dove la produzione di manufatti di design e d’avanguardia viene realizzata interamente a mano. L’artigiano non è più relegato alla bottega polverosa ma diventa nuova figura professionale che unisce preziose tradizioni e saperi antichi a innovazione, network e design. Attraverso gli appuntamenti di A.I.Fair e A.I.Gallery la ricchezza e la sapienza di queste forme di artigianato si propongono al grande pubblico e agli addetti ai lavori (blogger e giornalisti di fama internazionale). A.I. Fair, la fiera della vanità artigiana, invece, è concepita come fiera italiana dedicata ai virtuosi del fatto a mano. Il successo di A.I. Fair nasce dall’aver studiato un modo di promuovere l’artigianato non più secondo le vecchie formule fieristiche che tendono a riempire gli spazi di vendita senza una direzione artistica. Gli espositori sono stati selezionati per configurare un luogo che fosse di mostra e vendita, di conoscenza, che rappresentasse la cultura vicino al commercio. Grazie all’esperienza della curatrice Ornella Cicchetti le selezioni sono state fatte sulla qualità delle proposte per garantire

un livello rappresentativo della qualità. A.I.Fair Camera Work é concepita come un luogo, una serie di ambienti, case di artisti/artigiani aperte dove l’esposizione é “domestica”. Si raccontano e vendono prodotti e idee che hanno una storia: l’essenza del Made in Italy autentico, di quel fatto a mano che evoca un ricordo e sa proiettarsi nel futuro sulla spinta del genio creativo. Artigiani e designer di gioielli, abiti, accessori espongono il loro lavoro in uno spazio continuo, senza divisioni drastiche, una serie di piccole scenografie relizzate con mobili di modernariato a cui fa sfondo un enorme album di immagini della nostra storia e gli abiti degli italiani scelti fra i film che hanno contribuito a far conoscere l’Italia al mondo. A.I. Gallery, ideato insieme ad Alessio de’Navasques, unisce l’arte contemporanea all’artigianato. All’interno di Gallerie e Studi, secondo percorsi romani che portano anche ad una riscoperta “turistica” della città, l’artigiano entra in un inedito dialogo con gli spazi che abitualmente accolgono opere d’arte contemporanea. Questo ha portato prima di tutto alla nascita di una fortissima collaborazione fra i due settori, alla dimostrazione che basti ideare un metodo percorribile per generare nuove possibilità e, non da ultimo, ha raccontato una Roma meravigliosa non più frammentata ma godibile come una storia continua. Nell’edizione di luglio A.I. Gallery promuove una selezione di artigiani d’eccellenza che creano progetti artistici con la galleria o lo spazio che li ospita, mentre l’edizione di gennaio è dedicata a veri e propri progetti d’arte che mettono in relazione arti visive, performance e arte contemporanea.


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ICONS IN ROME A wonderful movie that never ends in the images of Archivio Cicconi where more than 7 million images narrate the backstage of Italian history from the end of the 1800’s until today. Rome is the female city par excellence. A place and temple where the feminine nourishes itself upon an archaic lymph of empresses and she-wolves. A timeless backdrop where the silhouette is drawn with the body of a goddess, a “fellinesque” city of women capable of leaving its trace upon the collective unconscious of the world. Popular icons of style, aristocratic princesses placed in an unreal space with millennia of history yet capable of reinventing itself continuously. As if to say that Brigitte Bardot becomes something else if photographed in a Roman square, and every woman becomes a goddess as she becomes a part of history, of everyone’s story, a common patrimony of thousands of images that become the frame of a priceless value for these icons. Rome is where haute couture moves alongside cinema, the actresses try on the set costume and then the cocktail dress in the historical “sartoria”, how can one not get confused? Always interpreting the role of style. This is the charm of Roman fashion that every woman has always wanted to draw from in order to be part of a wonderful movie that never ends.

ROOM SERVICE INTERVIEW Consuelo Aranyi interviews Simonetta Gianfelici

IMA SUMMIS TRANSMUTATE The little big transformations of Liborio Capizzi.

We had been speaking about it for some time, a title that seemed evocative perhaps because during the months before fashion week we were working so hard that the idea of passing out on a hotel room couch and ordering room service that could “nourish” me tickled my fancy. Let’s do it, let’s not, let’s do it, let’s not, this was normal for us, but a little at a time the project began to take shape and I became passionate about it and to feel that some of it belonged to me as well. Simonetta Gianfelici, who had thought of the project and was organizing it for Altaroma, was briefing me on it as it came along. It was a bit like waiting on an episode of a TV series that you are into. The fact is that anything that already exists does not need great looking into while something that is newly budding and that you want to transmit catches your attention. And so it was that between a satisfied smile and taking a break we got to the opening of Room Service. A contemporary way of presenting new collections but also of creating a business with new modalities on a territory that up until now was known mostly for the visibility that it gave those who chose us. That Simonetta Gianfelici was able to scout new creative and innovative talent was obvious to us all but how did she create a project like this one? How was it born? What inspired you? I ask her directly:

A homage to Rome in its essence that inspires us to dialogue and interact with a catholic, religious imagination of centuries and centuries of history, seen as an extraordinary and unique laboratory of signs and symbols and atemporal aesthetic hints,at once mysteric and immediately eloquent.

A: Room Service was born three years ago from my imagination as I was looking for a different way to communicate fashion and create an opportunity for retail that was extraordinary, exclusive, temporary and geared toward the client. A return to an intimacy of relationship, a way out of unbridled commercialism and traditional distribution. Building new relations, retrieving the taste of discovery and experience, letting one be guided by pleasure and intuition. Giving oneself time. It was already luxury. I then added concrete aspects to these desires: real needs, urgency, the necessity of change. Giving these designers an opportunity to face the last link of the weave seemed indispensable to me. To personally gather the satisfaction of dressing, seducing, and communicating with the “person” and not with an unknown and abstract client. I believe that this is an instrument for growth and awareness also for the designers who chose to live this experience. For the client this means finding some true value behind the simple “merchandise”. Giving back an identity to the product, a personality to the designer, creating a different communication for sophisticated creations that are relatively unknown to the general public. Creating an exclusive container, almost private. It appeared as a road that just had to be traveled.This might seem antithetical to the great success of e-commerce but I think that these two diametrically opposed phenomena are offspring of the same era and are as equally indispensable. Room Service, furthermore, tied in perfectly with the narrative of Altaroma, to its double soul, a mix of sartorial tradition and research. Rome is a transversal city, less impacted by the fashion industry and precisely because of this it is in continuous creative ferment, a mix of culture, art and cinema capable of communicating with one another. What is the selection process for a brand or a designer to be part of ROOM SERVICE based on? A: The selection is based on choosing brands that unite traditional aspects of artisanship and quality to a strong component of research and revisiting. A vocation for haute couture, if you will. These handmade products, or semi handmade, allow one the possibility of indulging the client’s choices as a “special order”, as custom-made or made to measure. It is a rediscovery of Italian artisanship through a renewal of ideas. These elements and these interactions give a feeling of contemporaneity and give back value to our product and to the many trades of our country. How do you see the future of ROOM SERVICE? Will it grow to be adopted by other realities? A: ROOM SERVICE is a container that could become more ample by opening up to precious realities from other countries, but it is mostly a new modality of exporting our taste and our culture to the world without following the logic of globalization.

English text

This is the special interpretative cipher chosen by the couturier Liborio Capizzi, based in Milan and London, a long time collaborator of Gianfranco Ferre’, for his arrival in Altaroma next July. The outfits created by Liborio draw their lymph directly from the classical prelate wardrobe, reusing especially the cassok habit and its silhouette which is transformed into a sinuous black, draped maxi-skirt evoking a début du siècle, Schiapparelli-derived line. But his opulent and ironic creative game certainly does not stop here. He amuses himself by searching an oneiric chest of props full of extremely significant and ingeniously sumptuous objects, such as large ex-voto hearts, enriched by cathartic flames, chains, rosaries, and elaborate large-scale metal dentelles that give them a touch of folly and magic, as if they were sparkling and fairylike sorcières, or witchlike mirrors or armours. The imaginary, ideal references that are manifested in these passionate and quasi-cinematographic Roman opus by Liborio Capizzi, are truly many and peculiar. “For this installation, specifically designed for Altaroma”, Liborio affirms, “I have thought of an image that was strongly contemporary to fashion, that is, providing a possible answer to that disquiet typical of our times that may pose yet another question about the world we live in and about the way in which we may find our place inside it. A path, an itinerary between fantasy, rigor, delirium, irony, that recuperates, while looking to the future, profound and remote roots that go deep into the memory of the clerical habit, its symbols and valences, through the magisterial knowledge of the indelible details assembled by our artisans. A repositioning, a semantic and aesthetic re-invention that redefines in toto its form, its utility, its content. The cassok habit, transformed by a decisive couture intervention, unfolds a visionary and metamorphic aesthetic nuance, crosses arms with different emblematic values and diverse locales of cultural contamination, disassembles and recomposes its own silhouette. In sum, it becomes Other”. The homage to Rome consists of a representation of seven symbolic figures presented as an installation of couture pieces born out of the reassembling of ecclesiastical habits and symbols. Furthermore, for this project (that will be presented on July 8 at the Palazzo EUR) Liborio has involved a series of artists that are very dear to him such as Skin of Skunk Anansie, his friend and muse, and that will perform during that very night with a DJ set, and John Maybury, director of the British avant-garde, who has created a video of Liborio’s clothes that will be projected during the evening alongside performances by other musicians and dancers.

Cesare Cunaccia




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