RICORDARE - RINGRAZIARE

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R I C O R DA R E R I N G R A Z I A R E A LFREDO D I S TEFANO XXV anniVersario ordinazione presbiterale 1986 - 2011


RICORDARE RINGRAZIARE A LFREDO D I S TEFANO Sacerdote C O N T R I B U T I

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T E S T I M O N I A N Z E

CON GIUSTIZIA E RESPONSABILITÀ F ILIPPO I ANNONE , O . C . Vescovo di Sora-Aquino-Pontecorvo E TU IN MEZZO A LORO L ORENZO C HIARINELLI Vescovo emerito di Viterbo SERVO DI DIO SERVO DEGLI UOMINI L UCA B RANDOLINI Vescovo emerito di Sora-Aquino-Pontecorvo CON RINNOVATO STUPORE F ELICE DI M OLFETTA Vescovo di Cerignola - Ascoli Satriano Presidente del Centro Azione Liturgica PANE FRAGRANTE L UCIANO PACONIO Vescovo di Mondovì già Rettore dell’Almo Collegio Capranica CON LO SGUARDO RIVOLTO AL CRISTO A NTONIO L ECCE Vicario Generale IL DINAMISMO DELLA FEDE D ONATO P IACENTINI Sacerdote PARTECIPAZIONE CONVINTA ALLA VITA DELLA CHIESA M ARIO S ANTORO Sacerdote PREGO PER IL MIO AMICO SACERDOTE C ARLO A MBROSIO S ETTI Sacerdote, Medico L’UOMO, IL SACERDOTE, IL CONFRATELLO G IOVANNI D E C IANTIS Sacerdote

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UN GUERRIERO BUONO D ORINA I UCCI Associazione Il Faro NEL CUORE DELLE PERSONE A NDREA C ASCHERA Consiglio Pastorale Parrocchiale, Docente di Fisioterapia LA VOCAZIONE DELLA SUA ANIMA R INO T ROIANI Pastorale Giovanile Diocesana, Avvocato UN COSTANTE PUNTO DI RIFERIMENTO A LESSANDRA F ABRIZIO Consiglio d’Amministrazione Parrocchiale, Avvocato EDUCARE NELLA FEDE P ATRIZIA M ARTUCCI Segretaria Consiglio Pastorale Parrocchiale, Insegnante COME LE PIETRE V LENTINO M ARZANO Animatore celebrazioni liturgiche, Studente universitario LA CERTEZZA DELLA FEDE A NNA CANCELLI Catechista, Terapista dell’età evolutiva COME UN BUON PASTORE S TEFANIA T IBERIA Comunità parrocchiale, Esercente YOU CARE G ABRIELE P ESCOSOLIDO Poeta, Grafico


La memoria celebrativa e pertanto festiva del venticinquesimo non ha l’utilità di fermare ricordi della personale esperienza, e tanto meno il suo scopo; essa offre la prospettiva di ricollegare e dinamicizzare totalmente e globalmente il proprio vissuto e confessare ancora la vitalità dell’ amore e della fedeltà, a manifestazione della consegna di sé al regime della biblica alleanza nuziale. Si rianima così la speranza che vive della prossimità di Dio: “Io conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo - dice il Signore - progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza”. (Ger 29,11) Il gioioso ricordo e la convocazione per un personale giubileo che celebri un servizio evangelico, in definitiva, vuole rivelare la rinnovata disponibilità a credere e ad evangelizzare, mostrando colui al cui volto la Chiesa guarda e da cui bisogna ripartire sempre: Cristo. La memoria del venticinquesimo diventa un segno eloquente dell’ affidarsi a Dio ed al suo amore trinitario per non confidare, neanche nel periodo della piena maturità, sulle nostre forze e realizzazioni, e dell’ essere e sentirsi debitori a tutti nel continuare a lavorare ecclesiasticamente per il Vangelo, così da essere, in Cristo, luce delle genti del nostro millennio.


R I C O R DA R E RINGRAZIARE A L F R E D O D I S T E FA N O Sa c e rdote

Più che obbligo, sento il dovere di ricordare, cioè di riportare al cuore l’incommensurabile dono divino di essere stato chiamato ad essere prete. Non posso, quindi, fare a meno di dire al Signore, semplicemente grazie! Rimuovere il coperchio dallo scrigno dei propri ricordi, talvolta può essere un’operazione difficile, dolorosa, ma, il più delle volte, è anche esaltante! Sono incredulo nel pensare che siano trascorsi tanti anni dal giorno dell’ordinazione sacerdotale! Mi fermo quindi per richiamare i momenti salienti in cui la mia strada si è incrociata con quella del Signore, anche se sarebbe più esatto affermare il contrario. Ho avuto dal Signore il privilegio di nascere in una famiglia in cui, è vero, c’era l’essenziale per vivere, ma in compenso, c’era sempre un’eccedenza di amore, di serenità, di solidarietà, di ospitalità verso tutti, dai più vicini ai più lontani, nonché di vera accoglienza della vita. Dall’infanzia ho respirato, in famiglia, un clima di vita cristiana serena, matura, scevra da formalismi ed orpelli fuori luogo. Ho frequentato la Chiesa Cattedrale S. Maria Assunta, mia parrocchia d’origine, servendo la Santa Messa, sin da piccolo, in cui ho ricevuto i Sacramenti della iniziazione cristiana e dove ho scoperto i primi segni vocazionali. In questa mia testimonianza, o percorso attraverso la memoria, desidero richiamarmi a quattro brevi pericopi evangeliche e, loro tramite, rivedere il mio rapporto con Colui al quale ho dato fiducia.

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L’ordito e la trama della mia vocazione sacerdotale sono, insieme, un intreccio della gratuità divina e della mia povertà umana. L’incontro, non certo casuale, con persone e con storie molto significative dal punto di vista spirituale e umano, è stato il segno tangibile dell’assoluta fiducia di Dio nei miei confronti. “Maestro, dove abiti?” (Gv 1, 38) Questo interrogativo tornava continuamente nella mia mente di ragazzo. Ero curioso di conoscere di più e meglio quel Signore che indirettamente vedevo presente in famiglia, come anche in alcuni esempi di vita sacerdotale e non, a me vicine. Non poche volte immaginavo che Gesù ripetesse anche a me quanto disse ai primi discepoli orientati a Lui da Giovanni Battista, quando gli chiesero dove abitasse: «Vieni e vedi» (Gv 1, 39). Sì, il Signore mi ha attirato a se, quasi per mano, attraverso le strettoie dell’esistenza, ma anche attraverso i sentieri radiosi e confortevoli della Divina Provvidenza, mia costante compagna di viaggio! Non c’è mai stato un solo giorno in cui io non abbia sperimentato il Signore: provvidente, paterno, materno, maestro e guida. L’insopprimibile desiderio di conoscere i segni della presenza di Gesù nella mia storia ha suscitato in

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me la profonda passione di additarli nella vita degli altri! Volevo diventare il familiare di Gesù, perché tanti altri provassero la medesima gioia e, magari, proprio tramite la mia persona!

Ho frequentato le Scuole elementari presso le Suore Adoratrici del Sangue di Cristo, le Medie e il Liceo Scientifico nella mia città; mi sono iscritto e ho frequentato, per quattro anni, l’Università di Medicina a Roma. Ho vissuto gli anni di formazione teologica presso il Seminario Regionale di Anagni e presso il Collegio Capranica a Roma, frequentando prima l’Università Gregoriana poi il Pontificio Istituto di S. Anselmo, conseguendo la Licenza in Liturgia, completata con il Dottorato presso l’Università Lateranense. Nei primi dieci anni di sacerdozio sono stato Cappellano presso la Madonna della Quercia e il Divino Amore e quindi parroco della Cattedrale S Maria Assunta. Dal ‘96 a tutt’oggi. Nel frattempo, offro la mia collaborazione, ormai da alcuni anni, nel Centro di Azione Liturgica, come segretario, preparando e animando le Settimane Liturgiche, e da oltre venti anni, come insegnante di Liturgia e Sacramentaria, presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni.

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“Prendi il largo” (Lc 5,4) Senza enfasi, gli anni determinanti la mia formazione e la mia scelta definitiva, sono stati quelli di Teologia. Ho avvertito in quel periodo, profondamente e contemporaneamente, la durezza della decisione finale ed il fascino di lasciare tutto per il Signore e per la Chiesa. Ho respirato, specie negli anni della formazione l’aria dell’universalità della Chiesa. Come non ricordare il mio servizio liturgico nelle celebrazioni di Giovanni Paolo II, gli incontri con Madre Teresa di Calcutta, la partecipazione a due Sinodi, la conoscenza di alcuni pastori della Chiesa italiana, che mi hanno aperto, in modo definitivo agli orizzonti nuovi della Chiesa postconciliare! Da quando ho investito tutto nella persona di Gesù e del suo Vangelo, pur sentendo talora la nostalgia della terraferma, o la voglia di navigare sotto costa, ho avvertito ancora più forte il fascino per quanto mi risultava nuovo, diverso, lontano. Valeva anche per me l’implicito, quanto chiaro, invito di Gesù a prendere il largo, nella direzione che solo Lui sapeva. Ringrazio sempre il Signore che mi ha forgiato nella fucina del suo cuore! Tuttora mi sento un piccolo apprendista nella bottega del maestro. Signore, ti lodo perché mi hai dato la gioia di sperimentare che non c’è amore più grande di chi dona la propria vita per il prossimo!

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A gloria del buon Dio affermo che se non ho mai naufragato non è dipeso dalla mia perizia di navigatore, spesso solitario, ma perché ho sempre sentito accanto la Sua presenza, anche se a volte poteva sembrare quella di un assente o assonnato, come quando Gesù era sulla barca con i discepoli (cf Mc 4, 38). Signore, davvero mi hai sempre preceduto e mi hai atteso, in quelle situazioni nelle quali io dovevo essere di sollievo e di conforto a fratelli e sorelle bisognosi. Ti ho incontrato nelle mamme che piangevano, inconsolate per i loro figli, caduti nell’esperienza della tossicodipendenza. Quante volte, portando l’Eucarestia ad alcuni malati e soprattutto ai disabili, ho avvertito la gioia di essere riconosciuto dalla voce (Gv 10, 4), come le pecore riconoscono il loro pastore. Come non ricordare di averti riconosciuto nell’innocenza dei bimbi battezzandi o nella gioia di fidanzati pronti per il loro ‘Sì” dinanzi all’altare! Non poche volte, la domenica sera, lasciato il nutrito numero di persone, incontrate in Chiesa, rientravo a casa, pensando con gioia, alle situazioni e ai momenti in cui ti avevo udito, veduto, toccato, soccorso... in tanti fratelli e sorelle, durante il giorno! Deo Gratias. Signore, spero di non averti fatto fare, in alcune circostanze difficili, brutta figura!

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“Voi stessi date loro da mangiare” (Mc 6, 37) Il pane delle mie parole e delle mie sufficienze, delle mie abitudini o dei miei calcoli non ha mai saziato nessuno. Invece, le briciole della mia povertà, consegnate generosamente e gioiosamente nelle mani del Signore, son diventate pane fragrante e abbondante, capace di sfamare numerosi uomini e donne. Mirabilia Dei! Da sempre sognavo fare della mia vita un piccolo, ma gioioso dono al Signore e al prossimo. Mi sembrava un traguardo inaccessibile o irraggiungibile! È vero, a volte è più facile dare ad altri qualcosa fuori di sé, ma non la propria esistenza! A tal proposito conservo nel cuore il ricordo di quanti sono giunti, discretamente e silenziosamente, a chiedermi aiuto e sostegno, nessuno di essi è andato via a mani vuote! Ho sentito che non potevo giocare al ribasso con il Signore che davvero moltiplica la farina e l’olio della vedova generosa (2 Re 4, 2) ! Tale fiducia invadeva profondamente il mio essere. Signore, scusami se a volte ti ho dato solo il superfluo, gli spiccioli, gli scampoli della mia vita, insegnami invece, non tanto a dare molto, ma a dare con tutto il cuore e senza rimpianti! Ho sperimentato e compreso che il nostro ministero, solo quando appaga più il cuore che la bocca, è un servizio riuscito!

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“Scendi subito, oggi devo fermarmi a casa tua” (Lc 19, 5-7) Molte volte mi sono ritrovato nei panni del povero, ma fortunato Zaccheo, in quanto al desiderio iniziale di vedere il Signore, sono seguiti da parte mia, tempi più o meno lunghi di latitanza o di nascondimento. Diventare prete per me è significato prendere la decisione di non stare solo a guardare, ma di scendere dalla folta chioma dell’albero, di rituffarmi nella mischia umana, ma soprattutto accogliere definitivamente, senza alcuna remora il Signore nel mio cuore. Al resto ci avrebbe pensato Lui. Signore, la tua forza d’amore ha fatto breccia dentro di me. Tu hai fatto scaturire in me una fonte inesauribile di amore che Tu riversi continuamente nel cuore di quanti poni sul mio cammino. Signore, la luce dei tuoi occhi mi ha folgorato ed attirato nella rete della tua tenerezza. Ho compreso infinite volte che mi hai chiamato non perché io fossi bravo e buono, ma chiamandomi, mi vuoi rendere tale. Signore, proprio perché non hai disdegnato di venire nel mio cuore e nella mia vita, ho messo nelle tue mani tutto il mio essere perché ancora oggi, tramite la mia povera persona, Tu possa attendere ed accogliere chi indugia a scendere e a venirti incontro! Tu Signore, che ogni giorno ti fermi dietro la porta del povero e disperato, aspettando che qualcuno ti apra, usami come meglio credi, perché anch’io possa dire a ciascuno: coraggio, scendi, vieni, il Signore ti chiama, anzi desidera fermarsi da te!

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“Corro verso la meta” (Fil 3, 14) Mi viene spontaneo il riferimento paolino secondo il quale chi si mette alla sequela di Cristo sente di non averlo mai raggiunto abbastanza o di non essere a sufficienza a Lui somigliante. Vorrei poter chiedere a tutti coloro che ho incontrato in questi 25 anni di ministero sacerdotale, in particolare alle famiglie, ai giovani cresciuti con me, ora adulti, ai seminaristi cui dono la parola dell’insegnamento: avete trovato in me, nella mia vita, nelle mie parole, nei miei gesti, nel modo in cui realmente vivo, qualcosa che richiami, in modo chiaro ed inequivocabile, lo stesso Signore Gesù Cristo? Vorrei poter ripetere, con Paolo: “fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo” (1Cor 11, 1). Per tale ragione sento di essere ancora in corsa, verso la Meta. Al termine di queste mie povere considerazioni sulla mia esperienza sacerdotale di questi anni, chiedo al Signore di poter essere un ponte, piuttosto che un muro tra Lui ed il prossimo. Vorrei poter essere più padre che padrone dei miei fratelli; un sacramento-segno di Gesù che incrociando ancora oggi la strada degli uomini, dicesse: “Voi che siete stanchi, affaticati ed oppressi, venite a me e vi darò pace, io vi ristorerò”. (Mt 11, 29). Signore, aumenta la mia fede in Te, dammi quel supplemento di olio affinché io non diventi stoppino fumigante, ma roveto ardente, fuoco inestinguibile, che illumina, riscalda e che mai si consuma! Maria, donna fedele, sii sempre a

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me vicina ed insegnami come piacere sempre più al tuo Figlio Gesù. Riporto qui di seguito il famoso testo di un manoscritto medioevale che definisce il prete un paradosso con l’augurio che quanto sembra utopico e paradossale, in noi, preti del terzo millennio, diventi realtà: “Un prete deve essere: grandissimo e piccolissimo, nobile e dimesso come un servo di contadino, un eroe, che ha lottato con Dio, una sorgente di vita santa, un peccatore al quale Dio ha perdonato, un dominatore dei propri desideri, un servitore dei deboli e degli inquieti, di fronte a nessun grande si prostra, verso i più piccoli si china, un discepolo del suo Maestro, una guida nella lotta degli spiriti, un mendicante con le mani imploranti, un araldo con doni preziosi, un uomo nel campo del combattimento, una madre al capezzale degli ammalati, un vecchio nel contemplare, un bimbo nel confidare, tende alle cose più alte,

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non disprezza le cose più piccole, destinato alla gioia, ha familiarità con il dolore, è lontano da ogni rimpianto, chiaro nel pensare, schietto nel parlare, amico della pace, nemico dell’inerzia, stabile in se stesso, del tutto diverso da quanto son io...”

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Mio Signore e mio Dio! (Gv 20,28)

Con lo stupore di verità di chi si è misurato con il mistero rivelato della tua Passione e Risurrezione, mi unisco anch’io a confessare la tua fedeltà amorevole e misericordiosa, dalle infinite dimensioni di eterna comunione, riconoscendo con crescente forza ed adesione l’assoluta gratuità della mia rinascita battesimale e del servizio di presbitero che sostiene la vocazione divina del tuo popolo. La memoria del dono del tuo unico sacerdozio, sigillato sulla mia povertà compone la gioiosa lode e la responsabile missione di ogni giorno. Amen.

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CON GIUSTIZIA E RESPONSABILITÀ FILIPPO IANNONE,

O.C.

Vescovo d i S o ra - Aq u i n o - Po n t e c o r vo

Il 19 aprile ricorre il XXV anniversario di ordinazione presbiterale di don Alfredo Di Stefano. Una memoria che in lui e in tutti noi- confratelli, parenti, amici, comunità parrocchiale- suscita sentimenti di lode e di ringraziamento a Dio, datore di ogni dono e origine di ogni vocazione nella Chiesa. Una ricorrenza, poi, che la comunità parrocchiale della Cattedrale, affidata alla cura pastorale di don Alfredo, ha voluto festeggiare con alcune iniziative. Tra esse questa di raccogliere alcune testimonianze sul ministero e attività sacerdotale del proprio parroco. Un’occasione per esprimere al festeggiato la gratitudine per il bene operato ed insieme l’augurio per un servizio alla nostra Diocesi sempre più generoso e fecondo. Tra le persone invitate ad offrire la propria testimonianza, sono forse quella che lo conosce da meno tempo - meno di due anni - ma comunque un tempo sufficiente per apprezzarne, tra l’altro, la collaborazione sempre qualificata e attenta, le doti, l’attaccamento alla diocesi, la sensibilità verso le persone che vivono situazioni di disagio, l’impegno per la promozione e formazione dei laici. Il giubileo sacerdotale di don Alfredo quasi coincide con la beatificazione di Giovanni Paolo II, per questo mi piace, per l’occasione, richiamare alla nostra, ma soprattutto alla sua attenzione le parole del grande Pontefice, perchè possano costituire per lui programma di vita, per il cammino che

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gli è davanti, cammino che di cuore gli auguriamo ancora lungo e ricco di grazie spirituali. Scriveva Giovanni Paolo II in occasione del suo 50° anniversario di ordinazione sacerdotale: «Che significa essere sacerdote? Secondo San Paolo significa soprattutto essere amministratore dei misteri di Dio: «Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele» (1 Cor 4, 1-2). Il termine «amministratore» non può essere sostituito con nessun altro. Esso è radicato profondamente nel Vangelo: si ricordi la parabola sull’amministratore fedele e su quello infedele (cfr Lc 12, 41-48). L’amministratore non è il proprietario, ma colui al quale il proprietario affida i suoi beni, affinché li gestisca con giustizia e responsabilità. Proprio così il sacerdote riceve da Cristo i beni della salvezza, per distribuirli nel modo dovuto tra le persone alle quali viene inviato. Si tratta dei beni della fede. Il sacerdote, pertanto, è uomo della parola di Dio, uomo del sacramento uomo del «mistero della fede». Attraverso la fede egli accede ai beni invisibili che costituiscono l’eredità della Redenzione del mondo operata dal Figlio di Dio. Nessuno può ritenersi «proprietario» di questi beni. Tutti ne siamo destinatari. In forza, però, di ciò che Cristo ha stabilito, il sacerdote ha il compito di amministrarli» (Dono e Mistero, VIII).

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Al carissimo d. Alfredo Di Stefano l’augurio affettuoso del Vescovo della sua ordinazione presbiterale

E TU IN MEZZO A LORO LORENZO CHIARINELLI Vescovo e m e r i t o d i Vi t e r b o

“ Io sono la vite voi i tralci”. Così disse Gesù in affettuoso dialogo con i suoi che lo avevamo seguito. E in quella stessa sera, commosso, dicendo la benedizione sul pane e sul vino, “Fatelo sempre – ordinò – in memoria di me”. Poi, la sera di Pasqua, apparendo nel Cenacolo, esclamò: “Ricevete lo Spirito Santo”. E la grande avventura ebbe inizio. Carissimo d. Alfredo, amico e fratello: con i gesti santi e solenni della liturgia 25 anni fa tutto questo si ripeté nella Cattedrale di Sora e tu diventasti ministro di Cristo e della sua Chiesa. Il soffio vitale dello Spirito ci lega; c’è la comunione del Pane e del Vino; la stessa linfa – che è grazia, che è amore – alimenta i pensieri, gli affetti, le azioni.

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Le mani si sono riempite di doni; la parola è diventata spirito di vita; nel cuore ha posto dimora l’amore di Dio. Alleluja! La tua vita sia roveto che arde. La gioia sia il tono della “buona notizia”, la misericordia e la pace siano e canto che dice a ogni uomo e a ogni donna: “Rallegrati! Il tuo Dio ti è vicino e ti ama”. E tu, in mezzo a loro, in segno di speranza, camminando insieme verso il compimento, per sentirci forse aspri e inesplorati, ma con la forza dello Spirito che è giovane sempre.

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S E RVO D I D I O S E RVO D E G L I U O M I N I LUCA BRANDOLINI Vescovo e m e r i t o d i S o ra - Aq u i n o - Po n t e c o r vo

Si può correre facilmente il rischio di cadere nella retorica quando si parla del prete, specialmente in certe occasioni. In passato questo avveniva di frequente, ma può accadere anche oggi, nonostante la “verità” che del prete è scaturita con più lucentezza dagli studi condotti nel ricco patrimonio biblico, sulla teologia recente relativa alla sua identità e missione; e, finalmente, dal Magistero abbondante del Vaticano II e quello successivo. Occorre prendere le distanze dal pericolo della retorica perché può dare adito tra l’altro a visioni inadeguate, se non addirittura distanti circa ciò che il prete è e fa, ovvero chiamato ad essere e fare, in linea con l’esempio e l’insegnamento dell’unico vero Sacerdote della nuova alleanza, Cristo Gesù con la testimonianza degli apostoli e dei santi. Un esempio basti per tutti. Si afferma e giustamente che il prete è un “consacrato”, come lo è in pienezza Gesù, il “Cristo”. Attenzione però a dare a questo appellativo il suo autentico significato. Non è infatti sinonimo tout - court di “separato,” se non nel senso espresso da Gesù, che vede gli apostoli “nel” mondo ma non “del” mondo (cf. Gv. 15,16); messi a parte per essere prima di tutto di Dio, ma non però estranei alle vicende uomini; testimoni del Mistero, ma non chiusi in un recinto sacrale che dà sicurezza e garantisce speciali privilegi; non miopi e insensibili ai drammi e alle domande degli uomini di oggi, solo perché testimoni dell’Eterno; chiamati sì a “distinguersi” dagli altri, ma non solo e non tanto per l’abito che portano, ma perché il loro modo di pensare e di vivere è quello evangelico ispirato sempre

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ad un amore oblativo e non quello della cultura corrente, spesso egoista e indifferente. “Da questo vi riconosceranno”: dice Gesù. Qualcuno può sentire la nostalgia di una certa condizione di vita e di uno stile del passato, ispirato talora dai sacerdoti delle religioni antiche, compresa quella d’Israele. Era più facile e forse anche più comodo fare il prete allora… Noi però non possiamo fare a meno di volgere lo sguardo a Gesù che del sacerdozio cristiano è “sacramento ed esempio” (Leone magno). In lui si realizza la grande novità dell’essere e fare il prete. Diventarlo ogni giorno per chi è stato conformato a lui per un dono singolare dello spirito, è una vocazione e un compito continuo che dura tutta la vita. Con diversi appellativi Gesù parla di Sé e della sua missione sacerdotale. Personalmente, da diverso tempo, da quando cioè sono arrivato ad una maturità più piena, sono sempre più affascinato e attratto da uno saldamente radicato nella Bibbia: quello di SERVO. Tra l’altro, Giovanni Paolo II, nell’esortazione apostolica “Pastores dabo vobis”, lo mette in stretta connessione con PASTORE, fino ad identificarlo con esso. Dice infatti Gesù: “Io sono in mezzo a voi come colui che serve” (Lc. 22,27) e ancora: “Non sono venuto per essere servito ma per servire e (= cioè) per dare la vita” (cf. Mt. 20,28); afferma ancora: “Io sono il buon Pastore: il pastore dona la vita per le sue pecore” (Gv.10,11) Dunque “Servo” e “Pastore” si identificano donano la vita, nel senso totale, gratuitamente, per amore.

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Servo è chi compie un SERVIZIO, che è quanto dire un “ministero”. Se volgiamo lo sguardo a Cristo (= il Consacrato per eccellenza), ci si rende conto che il suo servizio “sacerdotale” ha una duplice “direzione”: una per così dire “verticale” e l’altra “orizzontale”. Possiamo scoprirne la ricchezza se risaliamo al corrispondente termine ebraico, esso, infatti ci offre la cifra di ciò che Gesù è stato e ha fatto in superamento e rottura rispetto al sacerdozio dell’antico Israele. Nella lingua greca il termine corrispondente a servizio si divarica in due, che hanno un interessante riscontro anche in italiano; e cioè “leiturghia e diakonia”. Anzi tutto LITURGIA Questa è essenzialmente “servizio” di Dio e a Dio. Gesù è il “Liturgo” nel senso che è il “Figlio” che rende culto a Dio nell’obbedienza giusta fino alla morte e non con riti e cerimonie esteriori che facilmente scivolano nell’esteriorità e nel formalismo. Con il dono di sé sulla croce, al quale il Padre ha risposto risuscitandolo da morte, egli ha riunito i figli di Dio dispersi e ne ha fatto una sola famiglia, la “ecclesìa” cioè la Chiesa. Il prete è un liturgo, perché inserito in Cristo e partecipe dello stesso dono dello spirito dei suoi sentimenti, nella preghiera e vita vissuta nella fedeltà, offre a Dio, unito a Cristo, il suo sacrificio che si attualizza soprattutto nella

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celebrazione eucaristica. Così entra nel mistero di Dio e vi trascina in un certo senso la comunità che si riunisce e si costruisce intorno alla mensa nell’edificio santo che l’accoglie, soprattutto in domenica. Il prete è e deve essere dunque l’uomo dell’altare: è qui che rende visibile e trasparente Colui che è materialmente assente, ma realmente presente tra i suoi. Deve farlo con convinzione e con fede senza ostentazione, con discrezione e senza esibizionismi, perché il protagonista della liturgia è e resta il Signore Gesù, il Vivente, sempre vivo nella gloria a offrirsi per noi, ma pure presente tra i suoi.

Una tale diaconia esige naturalmente che il prete sia pienamente uomo, cioè ricco di umanità, capace di esprimerla e di comunicarla, attento ai bisogni e alle domande di tutti, capace di ascolto nei confronti di coloro che vivono nel territorio, disponibile verso quanti richiedono un accompagnamento, soprattutto nel cammino della fede; pronto a regalare amicizia, non per umana simpatia o peggio ancora per interessi personali, ma per dilatare gli spazi della comunione e della fraternità. In una parola il prete non è solo l’uomo dell’altare ma anche l’uomo della strada!

“Liturgia” richiama un’altra realtà con la quale deve sempre coniugarsi: DIACONIA, di per sé significa “servizio della mensa”, ma ha assunto il più ampio significato di “servizio della carità”. Il prete è l’uomo della carità che però non si identifica con l’elemosina, ma assume una più forte e impegnativa valenza. Il prete infatti è chiamato a prestare un servizio di amore a tutti gli uomini in mezzo ai quali vive e per i quali è chiamato a dare la vita a tempo pieno con tutto se stesso. Particolarmente facendosi compagno di viaggio e quindi solidale con tutti coloro che gli sono accanto nel viaggio della vita e, tanto più con quanti sono al margine della strada; o perché ci sono finiti per debolezza personale, oppure ci sono stati spinti dal sopruso, dall’indifferenza o dalla malvagità di altri.

Se penso ai 25 anni di servizio sacerdotale di Don Alfredo, particolarmente ai sedici che l’ho avuto collaboratore intelligente e generoso, amico sincero e fedele, mi pare di poter dire che, nonostante i limiti che caratterizzano tutti gli uomini, compresi i preti, sono state queste le due coordinate e direzioni fondamentali del suo servizio sacerdotale, non solo nella “nostra” Diocesi, ma anche là dove egli è stato chiamato ad operare. Qui il discorso potrebbe allungarsi e correre davvero il lamentato rischio della retorica. Me ne astengo. Ma come non evocare almeno, nella direzione della liturgia, il suo impegno, anche nazionale, come segretario del centro Azione Liturgica, organizzatore delle Settimane liturgiche nazionali, ovvero come docente in vari istituti di formazione a cominciare dal Leoniano di Anagni?

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E ancora: come dimenticare tutto ciò che ha compiuto per rendere bella, accogliente, preziosa la Cattedrale e le celebrazioni che vi si svolgono? Se penso poi alla diaconia della carità, non può essere taciuto che è stato lui, con altri amici, a dare inizio all’Associazione “il Faro” e alle molti iniziative a favore dei giovani tossico dipendenti e di sostegno alle loro famiglie. Lo stesso si deve dire della ludoteca, come pure per il suo coinvolgimento in tutto ciò che ha riguardato la crescita, lo sviluppo del territorio, come pure la disponibilità a collaborare con tutti coloro che hanno a cuore la promozione civile, sociale e culturale, particolarmente della città di Sora. Tenuto ben presente dunque che la direzione del percorso di vita di Don Alfredo è stato quello giusto ed ha anche portato buoni frutti, non resta che dirgli un “grazie” sincero e cordiale con l’augurio che continui a camminare sulla stessa strada nonostante tutto. Con il coraggio degli apostoli e con la benedizione del Signore che certamente non gli è mancata e non gli mancherà.

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C O N R I N N OVATO STUPORE FELICE

DI

M O L F E T TA

Vescovo d i Ce r i g n o l a - A s c o l i Sa t r i a n o Presid e n t e d e l Ce n t ro A z i o n e Li t u r g i c a

Rientra nella bella consuetudine ricordare e celebrare un evento che ha scandito il tempo e ha segnato l’esistenza di una persona all’interno di una storia personale e comunitaria. Ed è quello che doverosamente intendiamo compiere, rendendo omaggio al caro Mons. Alfredo Di Stefano per il suo XXV anniversario di ordinazione presbiterale, segretario del Centro di Azione Liturgica. Con lui la famiglia CAL vuole ricordare con rinnovato stupore il transitus Domini che attraverso l’imposizione delle mani del suo vescovo e la preghiera della Chiesa lo costituiva presbitero della Chiesa di Sora, araldo dell’evangelo e dispensatore dei divini misteri. A lui e ai suoi sentimenti vogliamo associarci per celebrare insieme i magnalia Dei dispensati a piene mani ai fedeli laici della sua parrocchia, alle tante istituzioni ecclesiali, ai futuri presbiteri educandoli al vero senso del mistero celebrato attraverso l’insegnamento della teologia liturgica e alle schiere di partecipanti alle settimane Liturgiche che nel corso degli anni lo hanno reso volto amico e sempre entusiasta. L’imitamini quod tractatis, risuonato venticinque anni fa nel giorno dell’ordinazione, ha rappresentato per don Alfredo un programma di vita espresso non solo nella fedeltà ai principi e norme che regolano l’actio liturgica, ma soprattutto è stato movente ispiratore della sua conformazione a Cristo, reso presente nell’evento posto nelle sue mani, assumendo così il ruolo di

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mistagogo. E come tale egli ci è apparso in questi anni di collaborazione nella comune attività al Centro di Azione Liturgica. Lode e benedizione al Signore di quanto ha compiuto nell’esercizio del ministero presbiterale del nostro caro don Alfredo. Ma è anche doveroso esprimere tanta gratitudine a colui che in qualità di segretario del CAL si adopera con generosa alacrità a tenere viva la passione per la liturgia che da sempre ha ispirato la nostra Associazione, quale intelligente regista di tutte le iniziative poste a servizio delle comunità ecclesiali in Italia. Uniti con lui nella celebrazione eucaristica giubilare che raccoglie in sé la memoria e la presenza, la speranza e l’impegno, auguriamo di cuore ad multos annos nella perenne giovinezza dello Spirito.

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Carissimo Mons. Alfredo di Stefano,

PA N E F R AG R A N T E LU C I A N O PAC O N I O Vescovo d i Mo n d ov ì già Re t t o re d e l l’ Al m o C o l l e g i o Ca p ra n i c a

mi è molto caro, insieme a tanti altri amici, rendermi presente per un evento di Grazia che non coinvolge solo la tua persona, ma la chiesa di Sora, la famiglia capranicense, e i tanti fratelli e sorelle aiutati dal tuo ministero in Italia e non solo. Richiamo il XXV anniversario della tua Ordinazione presbiterale: celebrata appunto il 19 aprile 1986. Con te ringrazio di cuore il Signore Gesù e il Suo Santo Spirito per aver operato questo divino dono che ha segnato efficacemente e fruttuosamente la vita tua e di tanti. Certamente il ricordarlo fa bene e incoraggia nel bene tutti noi. E’ festa giacché tutto ciò che riguarda il nostro rapporto con il Signore (e qui si tratta di rapporti che qualificano tutta una vita, un modo di essere al mondo “servendo”, un atto in un certo vero senso creativo del Buon Dio) è “nuovo”: si colora e si configura di quella novità di cui tutti, continuamente, abbiamo bisogno per vivere e per crescere nella speranza che crede e che ama. Buona e bella festa dunque! L’augurio che esprimo, è sostanziato di fraterna, vivissima e fiduciosa preghiera: sia questa (come si è espresso il Card. Ugo

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Poletti per il mio XXV°) una grande tappa di un cammino, giunto a una maturità, che prelude tanta strada ancora da percorrere: di evangelizzazione, di celebrazione del mistero-presenza del Signore, di relazioni vivificanti attestanti il vero amore cristiano che edifica. Il «frutto dello Spirito» (Gal 3, 22) continui a crescere nella tua persona e in ogni tua azione, coraggioso in ogni avversità, disagio, tribolazione che possono essere, per ciascuno di noi, “pane fragrante” con cui nutrire tanti. La Santa Liturgia del tuo XXV° qualifichi ogni giorno il futuro che il Signore ti dona. Maria Santissima e i tuoi Santi Patroni intercedano per te, per i tuoi cari, per tutte le persone che servi con amore.

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C O N L O S G U A R D O R I VO LTO A L C R I S TO A N TO N I O L E C C E Vicar i o Ge n e ra l e

Mi è stata chiesta una testimonianza per i cinque lustri di vita sacerdotale di Don Alfredo, e la rendo volentieri, a partire dalla sacra ordinazione a lui conferita nel 1986. Ero Rettore del Seminario Minore di Sora e, come tale, non direttamente responsabile della sua formazione, tuttavia ero stato coinvolto perché il Seminario per una Diocesi è una sola realtà. Si trattava di accompagnare Don Alfredo a dire il suo “sì” a un disegno che lo trascendeva, come è la vocazione al sacerdozio. Dopo la sua ordinazione, ho seguito Don Alfredo solo come compagno di missione, non essendo più Rettore del Seminario. Senza disperdermi nelle molteplici sfaccettature della vita sacerdotale di Don Alfredo, mi limito ad indicare alcuni aspetti dell’unico filo conduttore che si snoda lungo il percorso: la Liturgia (l’Eucaristia e i Sacramenti); l’annuncio della Parola, la testimonianza della carità. Non si può pensare alla vita liturgica della nostra Chiesa in tutti questi anni senza un riferimento preciso, puntuale e costante a Don Alfredo. Conoscendo il fascino che la Liturgia esercitava sul suo animo, il Vescovo Chiarinelli lo aveva incoraggiato a continuare gli studi teologici con la specializzazione proprio in Liturgia, e poi lo aveva chiamato a dirigere l’Ufficio Liturgico. Don Alfredo ha profuso in questo campo a piene mani la ricchezza della sua intelligenza, versatilità e sensibilità per la bellezza e la dignità dell’azione sacra per eccellenza. In perfetta aderenza alla linea rifor47


matrice del Concilio Vaticano II, Don Alfredo si è prodigato perché il mistero di Cristo “sotto i santi segni” , a partire dal “mistero pasquale” inteso come svelamento dell’esperienza primordiale di partecipazione alla morte-resurrezione di Gesù, e momento-sintesi della storia della salvezza, divenisse “pane quotidiano” per le assemblee del popolo cristiano. La celebrazione come epifania della Chiesa e della realtà divina della quale in essa si fa esperienza, ecco la direzione impressa da Don Alfredo a servizio della formazione liturgica delle varie componenti della nostra Chiesa. Di qui le diverse articolazioni delle offerte formative per i ministeri laicali, per i diaconi, per i seminaristi e per i sacerdoti. Il tutto teso a creare nel popolo di Dio la”piena e attiva partecipazione” alle celebrazioni liturgiche, come “fonte dalla quale i fedeli possano attingere il genuino spirito cristiano” (S.C.14). L’organizzazione delle “Settimane liturgiche” nazionali, alle quali Don Alfredo si è dedicato da molti anni in qualità di Segretario del C. A. L., con l’incoraggiamento del Presidente Mons. Luca Brandolini, ha avuto una ricaduta positiva anche per il nostro territorio, perché Don Alfredo ogni anno ha inteso tradurre nella realtà locale la ricchezza di quegli eventi. La sua sensibilità e finezza Don Alfredo l’ha riversata anche verso le strutture e l’arredamento sacro. La Chiesa Cattedrale ha riac48

quistato nobiltà, decoro e splendore, grazie alla passione con cui il Parroco ha saputo guidare gli interventi tesi a togliere le incrostazioni, per far riscoprire la bellezza e la ricchezza di questo monumento. La dimensione dell’annuncio della Parola Don Alfredo l’ha vissuta sia nella proclamazione vera e propria, come le Omelie e la predicazione in genere, sia come “scuola della Parola” e della sua interpretazione. Mi riferisco in particolare alla Scuola di formazione teologica di cui Don Alfredo è stato ed è Direttore. Non può mancare la terza dimensione, quella della carità, perché Don Alfredo non ha annunciato una parola disincarnata o un culto asettico, bensì ha tradotto l’annuncio nella prassi pastorale. Non ha voluto mai rinunciare ad avere un “centro di ascolto Caritas ” a livello parrocchiale, perché una comunità parrocchiale senza il contatto diretto con i poveri non è degna di questo nome. Quando è stato aperto il “Centro pastorale S. Luca” come concretizzazione di una “Cittadella della carità”, Don Alfredo si è inserito nella dinamica del Centro, anzi ha chiesto ed ottenuto di inserire la sua Ludoteca all’interno degli spazi educativi propri del Centro. Con la Caritas della Zona di Sora dona al Centro la dimensione educativa che la nostra Chiesa ha fatto propria, e che il Vescovo Mons. Filippo Iannone ha indicato tra le finalità primarie della sua azione. 49


Vorrei concludere questa mia testimonianza con un rimando a quello che il Vangelo di Marco dice a proposito della chiamata dei discepoli. Gesù chiamò i discepoli per nome e li estrasse dalla notte dell’anonimato, perché stessero con Lui e diventare come Lui, perché poi andassero a raccontare ad altri quanto sperimentato, perché avessero il potere di vincere il Maligno (Cfr. Mc 3,13-19). Per venticinque anni Don Alfredo ha fatto sua questa pagina evangelica : la nostra preghiera e il nostro augurio è perché possa farlo ancora per moltissimi anni, per la sua santificazione e per l’edificazione della Chiesa nel nostro territorio.

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IL DINAMISMO DELLA FEDE D O N AT O P I A C E N T I N I Sacerd o t e

Tra i tanti, numerosi ricordi del passato che affollano la mente, rimanendo nitidi ed incancellabili, alcuni riguardano i miei primi anni di vita sacerdotale e di una esperienza entusiasta, intessuta di emozioni, progetti, realizzazioni, formazione intensa. Sono stati gli anni in cui ero Vice Parroco nella Cattedrale a Sora : 1973 – 1975, insieme all’indimenticabile Mons. Gerardo Apruzzese che, sotto lo sguardo e l’atteggiamento che poteva apparire burbero e severo, nascondeva un animo buono ed un cuore generosissimo, comprensivo, espansivo e molto solare. Con lui ho trascorso un tempo di esperienze validissime e di impegno pastorale che mi sono stati molto preziosi ed i suoi consigli e le sue osservazioni mi hanno giovato moltissimo nella vita. Nel grande coinvolgimento in cui si vivevano le esperienze parrocchiali, quelle giovanili, catechistiche, formative, organizzative riscuotevano successo e una larghissima attenzione ed adesione. Tra i tanti giovani che popolavano, con la loro ricca ed entusiastica partecipazione c’era un biondino ricciolino molto educato, compunto, riservato, ma insieme molto disponibile e determinato, che svolgeva, con tanto trasporto, i compiti che gli venivano assegnati: era il futuro Don Alfredo Di Stefano, oggi Parroco nella stessa Cattedrale. Tante esperienze svolte a livello formativo hanno lasciato l’impronta nel suo animo generoso e sono state stimolo per la sua scelta di vita: consacrarsi al Signore. 53


Quante lezioni apprese ! Quanta scuola da innumerevoli occasioni di crescita ! I campi-scuola diocesani; i campeggi parrocchiali a Valfondillo; il servizio tra i malati nel Cottolengo di Torino per diversi anni; il coinvolgimento delle famiglie in raduni e feste parrocchiali; i ritiri cadenzati a Campoli Appennino presso la casa di montagna della Famiglia Facchini e quelli presso le Suore del Preziosissimo Sangue. Tante le feste e le diverse recite svolte, non ultima quella organizzata nella ricorrenza del decennale di Parrocchia di Don Gerardo, in cui Don Alfredo ebbe il compito di impersonare il Cancelliere Vescovile nella rievocazione della presa di possesso della Parrocchia da parte dello stesso Don Gerardo. Un “ bel pretino “ ante litteram, con Don Oliviero Magnone nella parte del Vescovo. Il ruolo dell’indimenticabile Parroco venne affidato a Ferdinando Cancelli e quello della simpaticissima e familiare Assunta, la sagrestana tuttofare, a Gabriella Cocchi. Anni belli e sereni con la predilezione e la particolare attenzione alla formazione dei giovani. Oggi tre di essi sono sacerdoti, una è suora, molti sono professionisti stimasti, onesti operai, intraprendenti lavoratori, padri di famiglia, tutti a vario titolo responsabili in diversi settori. Quello che voglio sottolineare è la presenza e l’amore che Don Alfredo ha avuto ed ha per la sua Chiesa Cattedrale che ha fatto risorgere struttural54

mente ridandole il suo decoro e la dignità che merita con la compostezza e la ieraticità per il servizio di tempio del Signore in cui svolgere con la solennità propria le celebrazioni vescovili diocesane e parrocchiali. Spesso ripete che il dinamismo e l’inventiva l’ha appresa dal sottoscritto, ma vedo che le sue qualità e le attitudini sono altamente rispondenti ed espressive. L’occasione della celebrazione dell’anniversario del 25° di ordinazione sacerdotale è occasione più che opportuna per esprimere pubblicamente il plauso perché ha saputo trasformare la Chiesa Cattedrale e la sua Comunità, che ho servito negli anni dell’entusiasmo e della carica spirituale e sacerdotale, in un luogo pienamente ed eminentemente sacro e partecipato. E’ una gioia tornarci, è un piacere ammirarla, è un godimento spirituale sostarvi in preghiera, produce una immensa commozione vederla trasformata, pienamente funzionale, accogliente in modo dignitoso e straordinario. Il Signore ti benedica! La Vergine Assunta, Madre e Regina, ti protegga e ti sostenga sempre.

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PA RT E C I PA Z I O N E C O N V I N TA A L L A V I TA D E L L A C H I E S A M A R I O S A N T O RO Sacerd o t e

L’invito di Don Alfredo a fissare alcune considerazioni, non tanto sulla sua persona, quanto sul ministero presbiterale e il legame alla chiesa locale e al territorio ha destato in me qualche titubanza non tanto per la richiesta in se, che apprezzo e di cui gli sono grato, quanto piuttosto fare una riflessione che implica anche il senso profondo del nostro essere oggi sacerdoti. Non posso che partire da alcuni passaggi della storia di don Alfredo che, in parte, incontrano la mia stessa storia di uomo e di prete. Il ministero sacerdotale di don Alfredo inizialmente credo sia stato un riproporre, in modo nuovo e intelligente, quell’ambiente che lo ha visto nascere: il dedicarsi con passione a formare una comunità in cui vivere rapporti umani rinnovati dalla grazia (penso agli anni di servizio presso la Comunità della Quercia prima e al Divino Amore poi) insieme al servizio alle nuove forme di povertà ed emarginazione, quali, per esempio, la tossicodipendenza nell’Associazione il Faro. Questo germe iniziale è cresciuto con gli anni, ed ha espresso la maturità del suo presbiterato nel servizio parrocchiale alla Chiesa Cattedrale con la molteplicità di iniziative a favore dei poveri (la Caritas Parrocchiale), dei piccoli (la Ludoteca), del Territorio (l’Associazione il Torrione), ma anche alla Chiesa locale con la sua responsabilità a favore della formazione del Clero, nel Consiglio Presbiterale, e Zonale. Ripercorrere il ministero presbiterale di don Alfredo, il suo legame alla chiesa locale e al territorio, mi spingono a soffermarmi su quei fatti sia 57


della sua storia personale che ecclesiale che hanno incrociato appunto alcune tappe della mia stessa storia. Essendo coetanei e avendo frequentato la stessa classe nella stessa scuola superiore,erano gli anni 70’, abbiamo avuto modo di confrontarci, pur partendo da posizioni diverse, con le esuberanze di quei momenti. Il mondo giovanile- almeno in parte - era animato da forti valori ideologici sostenuto anche dal fatto che il nostro territorio viveva la fine del periodo industriale. La scuola risentiva molto di questo passaggio e si incarnava nella storia delle tante famiglie che ne erano coinvolte. Per questo spesso, come studenti, ci si mobilitava e si scendeva in piazza in occasione della chiusura dei diversi stabilimenti industriali che costituivano l’economia locale. La nostra classe di liceo scientifico ha vissuto in pieno questo periodo con una parte dei nostri compagni molto attivi in prima persona in queste lotte e in questo impegno politico. All’interno della classe c’era però un altro gruppo di compagni che viveva questi passaggi all’interno della nostra Chiesa cittadina condividendone la particolare stagione di vitalità. L’associazionismo cattolico era molto attivo, le parrocchie erano ancora un grosso punto di riferimento e di aggregazione che risentivano, in genere, della stagione conciliare ma anche e soprattutto della presenza di giovani 58

sacerdoti e di religiose che riuscivano a proporre un impegno e una “militanza” che ne rendeva vivace l’esistenza. Di questo gruppo faceva parte il giovane Alfredo insieme ad un altro compagno di classe poi divenuto sacerdote dei Missionari del Preziosissimo Sangue, Oliviero. L’intensa esperienza parrocchiale, l’attenzione che diventa servizio per gli ultimi, insieme alla testimonianza di un giovane dinamico vice-parroco e di una suora, è stato il terreno in cui una storia personale si è incrociata con il progetto salvifico di Dio. Questo è stato l’ambiente esterno in cui la vocazione sacerdotale di don Alfredo è germogliata; parlo di ambiente “esterno” perché l’ambiente “interno”, e primario, rimane quello familiare. La realtà che si viveva nel cortile dell’Episcopio, all’ombra della torre campanaria della Cattedrale di Sora, era talmente densa che qualche anno dopo, il Vescovo del tempo, ebbe a dirmi che personalmente non guardava con sicurezza le vocazioni adulte perché, a suo dire, mancavano di quell’esperienza adolescenziale e giovanile che invece riteneva fondante. Esperienze nelle quali invece aveva visto crescere, giorno dopo giorno, la vocazione di Alfredo. L’intensa esperienza della vita parrocchiale, il servizio agli ultimi nei primi passi che l’UNITALSI muoveva a Sora, insieme alla testimonianza, divenuta compagnia di sacerdoti e di religiose, portò il nostro amico ad orientarsi per una scelta universitaria che rimaneva nell’am59


bito di un servizio all’uomo: la medicina. In quegli anni, pur frequentando sedi universitarie diverse, ciò che prima era stata semplice casualità – l’essere stati nella stessa classe per cinque annici ha portato a creare rapporti di amicizia più intensa: l’avvertire uno stesso destino. Provenendo da storie diverse, con punti di riferimento diversi, l’avvertire un medesimo “desiderio” ha portato a stringere legami di amicizia più intensi. Ricordo perfettamente quando mi comunicò che sarebbe entrato nel Seminario di Anagni, anche se l’anno accademico era già a metà. Una conferma di un percorso lineare ma anche di una vocazione giunta a maturazione che non lasciarono il mio animo indifferente. Il passaggio aRoma, presso l’Almo Collegio Caprinica, permise la ripresa di una frequentazione amicale che divenne, da lì a poco, condivisione di una nuova vita all’interno di un medesimo destino vocazionale. Oggi quella condivisione è divenuta, sia pure con sfaccettature diverse che riguardano i nostri diversi modi di essere, partecipazione convinta alla vita della Chiesa che è in Sora.

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PREGO PER IL MIO AMICO S A C E R D OT E C A R L O A M B RO S I O S E T T I Sacerd o t e , Me d i c o

Come lo Spirito Santo fa bella la Chiesa, così dovrebbe fare ogni sacerdote per la propria chiesa. Credo che don Alfredo per la Chiesa sorana in questi 25 anni di ministero sacerdotale sia stato un sacerdote che si è dato da fare per renderla bella. Nel Vangelo c’è una frase, riferita a Gesù, che afferma che parleranno le pietre, se taceranno gli uomini. Proprio per questo non posso non parlare, per don Alfredo, che ha reso e rende bella la sua Chiesa, altrimenti lo faranno le pietre della cattedrale. Ricordo le pietre della Cattedrale di Santa Maria in Sora, quando da adolescente, con i Salesiani dell’oratorio di Latina, vi facevamo tappa, per la Santa Messa, per poi proseguire verso Canneto. Ebbene quelle pietre allora erano buie ed infestate da topi… A Santa Maria sono ritornato da sacerdote, invitato dal mio amico don Alfredo per collaborare e per condividere il dono del nostro ministero sacerdotale, e ho trovato la chiesa ben tenuta e curata nei minimi particolari. Ciò mi ha fatto apprezzare di più don Alfredo, perché credo che se un sacerdote trascura la chiesa come edificio fatto di pietre, la trascura anche come edificio fatto di persone che gli vengono affidate. Non a caso Gesù quando incontrava qualcuno che lo voleva seguire gli diceva “vieni e vedi”, perchè le persone si capiscono meglio dall’ambiente che abitano. In questo modo ho capito meglio il mio amico prete! Il suo amore, attraverso l’arte, per la storia della sua cattedrale, la sua preparazione liturgica, 63


il suo essere prete, nella testimonianza della bellezza e del Dio bello, dovevano servire non alla sua autocelebrazione, ma al risveglio nei suoi fedeli di una fede gioiosa, possibile da vivere, aiutati anche da un contesto armonioso e curato. Non a caso quando si pensa o si parla del “operato” di un sacerdote, si dice “ha cura” dei fedeli e di ciò che riguarda il suo ministero sacerdotale. E don Alfredo è “un vero curato”, non un manager di persone e cose; egli si fa carico della storia delle persone e della storia delle cose. Credo che il Sacerdote è bellezza e fautore di bellezza nella misura in cui riesce a trasmettere la sua passione nell’essere sacerdote. Don Alfredo, mio compagno di viaggio, vi è riuscito e vi riesce alla grande! Non dico queste cose come parole di circostanza, ma come testimonianza, perché nella condivisione della nostra missione sacerdotale, so la verità sulla sua persona. So che è un Sacerdote vero, perché sa predicare in tutte le piazze e da tutti i pulpiti, sa ristrutturare chiese e inventare gruppi ecclesiali e non, sa essere ottimo professore di liturgia… Ed ancora è un vero prete, perché sa consigliare e incoraggiare… è un confessore dalla vista d’aquila, basta vedere la bellissima e funzionale aula del sacramento della riconciliazione da lui voluta per mettere a proprio agio il penitente; è un passero nel cuore dei suoi fedeli, anche se non di tutti e questo lo fa soffrire… Ma ciò che me lo ha reso e rende più credibile è perché l’ho visto in ginocchio, per scelta o per debolezza, non sull’altare, ma ai piedi di esso, forse schiacciato dalle sue de64

bolezze e dalle sue ferite e vi è rimasto anche quando vi è stato incatenato e fatto a pezzi, in tutta la sua persona, …anche quando i consensi di chi amava venivano a mancare, per pregare in compagnia del suo Sposo, nel suo “tempio”, disposto ad essere ucciso anche al di fuori delle “mura” della sua città…Sora, consapevole che anche Gesù, a volte, non venne capito nella sua città e dai suoi! Credo che questo sacrificio…, accettato per amore dell’amante, Dio, e dell’amato, l’uomo, lo abbia reso un uomo ed un sacerdote migliore per una missione più bella, per una chiesa sposa bella. Non posso non dire infine che Don Alfredo è un uomo sensibile, perché l’ho visto piangere con lacrime manifeste e le lacrime nascoste me le ha rivelate, anche se, a volte, non ho saputo consolarle. Ho pregato e prego per il mio amico sacerdote, don Alfredo, e prego per tutti i suoi fedeli, perché nel rispetto ne abbiano anche loro “cura”, in quanto egli, come del resto ogni sacerdote, con la parola o con il silenzio, dal pulpito o per le strade di Sora e del mondo, fa il “mestiere di Dio”, perché ha risposto ad una chiamata, senza alcun merito, del Signore e confermata dalla Chiesa, con l’imposizione delle mani del vescovo, ben 25 anni fa. Buon cammino per le altre tappe… don Alfredo! Il Signore ti ama e in Lui ti amano i tuoi fedeli! Coraggio… Dio ti benedice e nella Sua benedizione la mia.

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L’ U O M O, I L S A C E R D OT E , I L C O N F R AT E L L O G I O VA N N I D E C I A N T I S Sacerd o t e

Carissimo don Alfredo, quando mi hai annunciato che per il tuo 25° di sacerdozio avevi l’intenzione di pubblicare una raccolta di testimonianze delle persone che meglio ti hanno conosciuto a scopo di promozione vocazionale e hai chiesto anche me di redigere un pensiero da allegare, non ti nascondo che la cosa mi ha fatto veramente piacere. Subito, però, mi sono domandato che cosa avrei potuto scrivere… Col tempo, mi sono risposto: più che fare una storia degli anni che per un motivo o l’altro ci hanno visti in contatto diretto – e che ormai sono più di dieci! – preferisco scriverti una lettera confidenziale per “ricordare e ringraziare” con te! Carissimo, perdonami se lo stile non è ricercato, ma preferisco stare in un’atmosfera confidenziale ed amichevole come quella che Cristo ha nutrito con i suoi discepoli: “Non vi chiamo più servi […]; ma vi ho chiamati amici” (Gv 15,15). Molti anni di studi di teologia ci hanno insegnato come il fatto di essere stati chiamati al sacerdozio e di esser stati donati al mondo non rientrano nelle nostre possibilità umane, bensì hanno la loro origine nell’infinito amore di Dio. E così è stato per te! Ascoltando le memorie di persone che ti hanno conosciuto quando io avevo solo pochi anni, so che avevi intrapreso intrapreso un altro tipo di strada: quella di studente di medicina. Ma un bel giorno, quel Dio al quale ti rivolgevi quotidianamente e al quale tuo padre Nicola e tua madre Elena ti avevano affidato fin dalla nascita, Lui passò nel tuo cuore e passando ti chiamò. Come lo sapesse che il tuo nome era 67


proprio quello, come mai vedesse proprio te nella sua vita, non lo sai. Sai solo che era un giorno come tanti altri e quel giorno ti chiamò per nome! Il discernimento, la scelta immagino siano stati molto sofferti e chi ti era accanto forse non riusciva a comprendere – e chi poteva?! – il dono nascosto in te. Hai allora deciso di lasciare casa, fratelli, madre, padre e i fatidici studi di medicina – che se c’hai fatto caso sono ugualmente una vocazione di vita spesa per l’aiuto dell’altro (nulla è a caso) –, per divenire medico delle anime, medico della dimensione più profonda, più delicata ed esistenziale della persona umana. Peccato che oggi molti la trascurino, ma è lì che si nasconde il segreto di una vita serena, è nella sua cura che noi persone scopriamo il nostro proprio senso della vita e impariamo a vivere “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi”. Di lì, poco a poco, il Signore ti ha guidato per vie e sentieri inimmaginabili e il 19 aprile 1986 per opera dello Spirito Santo sei divenuto partecipe della missione di Cristo Buon Pastore consacrandoti nella verità affinché la parola del vangelo mediante la tua predicazione, con la grazia dello Spirito Santo, fruttificasse nel cuore degli uomini, e raggiungesse i confini della terra. Da allora, non hai più potuto dire: “Io vado qua o là”, ma vivendo in base alla chiamata di Dio hai lasciato che fosse Lui a disporre di te. Quando ero ragazzo ricordo di averti visto solo qualche volta quando mia madre mi portava a Messa in Cattedrale. È stato in seguito che ho incominciato a rapportarmi con te in maniera più diretta e a conoscerti sempre 68

più, soprattutto a partire dall’ottobre 2000 quando decisi di fare la scelta per il Signore come l’hai fatta tu. In quel periodo era rettore del seminario di Sora don Mario Santoro, tuo compagno di studi al Collegio Capranica e, stando in seminario, nelle celebrazioni solenni venivo con i miei compagni a svolgere servizio in Cattedrale. Ma è dopo il rettorato di don Ruggero che il nostro rapporto si intensificato: ero ormai avanti nella formazione, ma pur sempre seminarista e tu nuovo responsabile del seminario di Sora. E andiamo ai nostri giorni… come da titolo! “Ecce Homo”, così Pilato disse di Gesù. E come fu detto per Lui, così io lo dico per te: “Ecco l’uomo Alfredo”. Un uomo che è cambiato, sta cambiando e cambierà ancora! Ti presenti con aspetto giovanile, sempre ben vestito, distinto, disponibile e accogliente, tuttavia anche forte nei modi – a volte molto – e appari tenace e fermo nei tuoi punti di vista, a volte un po’ impositivo soprattutto verso chi percepisci ritenerti poco importante o non prenderti in seria considerazione, e ciò ti porta a reagire con veemenza: non ti nascondo, come di primo acchito mi sia sentito distanziato, intimorito. Tale impressione l’ho sentita dire anche da altri. Ma col tempo ti ho scoperto come vero Alfredo: puoi apparire sì distanziante, ma sotto la corazza dell’apparenza nascondi un cuore docile e caritatevole. Anzi proprio questa tua corazza penso che tu la usi per celare il tuo buon cuore che altrimenti si scioglierebbe dinanzi alle persone e che, secondo me, erroneamente pensi che sia segno di debolezza, inferiorità: in realtà è una tua risorsa che dovresti sfruttare. 69


Ami molto relazionarti e che le persone stiano con te e sei pronto ad offrire quanto aiuta l’altro a sentirsi persona. Ne sono esempio la dedizione, che a volte ti porta quasi a svuotarti, che rivolgi ai giovani in via d’uscita dalla tossicodipendenza, alla cura dei seminaristi e l’attenzione verso i tuoi collaboratori. È lo spirito d’amore verso il prossimo che ti guida e ti porta a dimenticarti di prenderti cura di stesso o di lasciare che anche altri si prendano cura di te. Chi ti conosce come me, vede che stai cambiando, che maturi giorno dopo giorno… Certo, come uomo i tratti di personalità rimangono, ma arricchiti, addolciti e integrati dalla sapienza del ministero, dall’età e dalla Grazia! “Ecce sacerdos” carissimo don Alfredo! Sei giunto al tuo venticinquesimo anniversario e, se guardiamo agli anni, come sacerdote ti sei appena laureato: ora inizia il ministero della tua maturità. Hai donato molto alla Chiesa e molto hai ancora da donare, in quanto gratuitamente hai ricevuto e gratuitamente devi donare. Nel tuo sacerdozio sono rintracciabili varie fasi, ma non voglio perdermi in mere descrizioni. Hai vissuto il tuo ministero tra i giovani, tra i malati, tra le famiglie e molti ti ricordano con affetto. Ma col fluire degli anni le tue attitudini e i tuoi talenti ti hanno condotto ad esprimere il tuo sacerdozio soprattutto nella liturgia e nell’Eucarestia. Hai trasmesso agli altri ciò che hai ricevuto a tua volta: continua l’opera che il Signore ha iniziato in te. Come ha scritto un noto vescovo, la tua pastorale sia la “pastorale di Gesù” guidata dalle domande: “Quali sono le persone che erano particolarmente importanti e preziose per Gesù durante la sua vita? E quali per me per essere as70

sociato pienamente a Lui?”. Sono sicuro che dandoti una risposta dirai il “prossimo mio” senza restrizioni o di particolari categorie; ogni prossimo, anche quello inatteso e scomodo, trascurato da tutti, “non appariscente”, che non ha nulla da dare in cambio, è il prossimo in cui Dio stesso chiede di essere amato. È solo il tuo intimo rapporto con Dio che ti rende partecipe di questa capacità di Gesù di dedicarsi a coloro che, agli occhi di Dio, costituiscono il tuo prossimo. Sono essi che aprono il tuo, il mio, il nostro cuore sacerdotale oltre tutte le barriere, poiché Dio è il Dio di tutti, soprattutto di quelli che rischiano di perdersi. E sotto questo punto di vista tu sei duramente messo alla prova: sei parroco della Cattedrale, la realtà più vasta della Diocesi, che ti richiede una così totale dedizione alla quale cerchi di rispondere con impegno e con coerenza alla tua vocazione. Solo se sei al cospetto di Dio, puoi essere così nella comunità, puoi essere per gli uomini: e tu lo sei nello spirito della liturgia, che fondi e realizzi nell’offerta sacrificale ti te stesso che Cristo compie nel tuo sacerdozio. In questo spirito, tendi ad essere animato dall’ars celebrandi che curi con amore e devozione, ma che a volte, l’eccessivo zelo rischia di condurti a risaltare la forma – anch’essa importante – a scapito del contenuto e di chi prova ad offrire il suo servizio: sono sicuro che ciò è frutto dell’amore e attenzione che nutri per il mistero che attraverso essa si celebra e si realizza. A tal proposito, voglio ringraziarti in quanto standoti accanto ho potuto imparare e imparo molte cose che vanno ad arricchire il mio ministero. Carissimo don Alfredo, eccoci giungere al nostro essere confratelli. Sono 71


ormai più di tre anni che la Chiesa ci ha accolto in uno stesso presbiterio, quello di cui tu ormai fai parte da 25 anni. Ma penso che il nostro essere accomunati è iniziato ancora prima, quando anche io sono diventato alunno del Collegio Capranica. A differenza di altri miei compagni, ho ricevuto sia l’ordinazione diaconale che quella sacerdotale nella Chiesa Cattedrale e tu mi hai seguito nella preparazione della celebrazione. Mi hai dato piena disponibilità ed eri contento che questi passi fondamentali della mia vita li vivessi nella Madre di tutte le chiese della Diocesi. Mi hai sostenuto nelle incertezze del giorno. Ma il legame che ci unisce si è rafforzato in maniera particolare a qualche giorno prima della mia ordinazione sacerdotale: non so se tu lo ricordi. Parlando dell’ordinazione mi hai espresso che, se io non avessi avuto nulla in contrario, ti avrebbe fatto piacere aiutarmi nel rito della vestizione della casula: in quel momento mi sono sentito importante e la cosa mi ha fatto immensamente piacere. Così, a distanza di pochi giorni – e non so se anche questo lo ricordi – dovevo tornare da Roma a Sora e siccome era mercoledì mi hai detto di tornare in macchina con te. Durante il viaggio mi hai manifestato come confrontandoti col Vescovo era emersa l’ipotesi che venissi a collaborare con te in Cattedrale svolgendo il mio ministero in due Cappellanie. Io lì per lì sono rimasto un po’ spiazzato anche perché non sapevo cosa mi “sarebbe toccato”, e quelle tendenze della tua personalità che ho detto sopra, mi generavano timore. Ma il Signore ha voluto così ed eccomi oggi ad essere 72

– almeno penso – il sacerdote che sta collaborando più a lungo con te. Abbiamo vissuto piccoli momenti di tensione come è normale in ogni rapporto che sia vero e momenti di forte comunione e confidenza. Dall’osservarti e dall’ascoltarti imparo molte cose. Certo, siamo due persone differenti, con stili e personalità proprie, ma che grazie a Dio siamo riusciti ad integrarle! Fin da subito ci siamo dati un motto che dice unità nella distinzione e penso che questo ci sia stato d’aiuto. Ricordo come il primo anno di ministero tendevi molto a vigilare e controllare quanto facesse – forse temevi che potessi combinare qualcosa nell’inesperienza –, ma col tempo hai compreso che potevi darmi fiducia, spazio e autonomia e me l’hai date: Grazie. Non aggiungo altro per non essere lungo e noioso. Auguro a te, ma anche a me e a tutti i sacerdoti, di continuare il nostro prezioso servizio sacerdotale con “umiltà”, quell’umiltà che ci rende aperti alla chiamata di Cristo giorno per giorno e che ci fa vivere costantemente all’ascolto della sua Voce, del suo Vangelo. Quell’umiltà che ci rende “servi inutili” per consentire al Signore di distribuire ai suoi figli i suoi doni. Ricordiamoci che le nostre preghiere al Signore, nel segreto del cuore o pubblicamente, verranno accolte se riusciremo a meditare quotidianamente sull’origine della nostra esistenza, della nostra vocazione e sullo scopo della nostra missione: sul fatto di essere stati chiamati e di essere stati donati al mondo. Maria SS.ma, madre dei sacerdoti, ti sia da modello e ti custodisca e accompagni nel tuo sacerdozio. Auguri. 73



UN GUERRIERO BUONO DORINA IUCCI A ssoci a z i o n e Il Fa ro

L’immagine che suscita è quella di un guerriero, di uno che ha il coraggio di combattere per sé e per la sua comunità ecclesiale con impegno, energia ed entusiasmo non comuni: una persona che si è assunta pienamente l’impegno pastorale nella volontà di mantenersi fedele alla promessa effettuata ben venticinque anni fa e ribadita con forza e determinazione nel quotidiano. Non gli mancano forza psichica, intellettuale e spirituale. A livello spirituale, infatti, nell’intento di vedere quali idee e quali valori siano più funzionali ad un cammino di fede sempre in fieri riesce a distinguere e a comunicare quali energie positive stimolino la vita intesa come dono e quali invece ci deprivino o sminuiscano la forza vitale che è in ognuno di noi. Buon conoscitore dell’animo umano, ci aiuta anche ad esprimere e a potenzare con ampiezza di vedute e generosità di intenti ciò che nutre la nostra mente, ma soprattutto il nostro cuore e il nostro spirito nell’impegno a sconfiggere le negatività che li minacciano o indeboliscono spronandoci con energia passione a trasformare il flusso vitale in energia positiva e fattiva a vantaggio non solo nostro ma pure di quanti entrino in contatto con noi per chiedere conforto e sostegno. Il suo desiderio di cambiare e di migliorare il proprio mondo per sé e per quelli di cui si prende cura è inesausto, esigente e perfezionista nei confronti di se stesso e di altra ha imparato a confrontarsi con esperienze varie e sem77


pre più complesse con sorprendente e rinnovata empatia. La gioia della conversione, il senso di rinnovamento costante e continuo per rigenerare se stesso e la sua comunità ecclesiale in senso ampio sono il suo punto di forza. Il suo spirito combattivo rivela senso di autonomia non disgiunto da grande senso di responsabilità, tenace volontà di migliorare la propria interiorità sviluppando nel tempo una flessibilità e una capacità di obbedienza e di umiltà non sempre facili da cogliere. Colui che privilegia la forma alla sostanza va guardato con sospetto, ma unire i due aspetti e cogliere il senso del bello come epifania del divino contribuisce a vivere il mondo come il dono di un dio d’amore e non solo come fonte di sofferenza e di dolore. Per molti don alfredo è un referente sicuro, una guida e un aiuto a dimomare nella casa terrena del padre celeste in cerca di parole di verità, di conforto e di pace. Solo pochi spiriti illuminati conoscono la strada dall’inizio: i più procedono con fatica ed hanno bisogno di persone che come lui si presentano sicure, decise e tenaci nel loro cammino spirituale. Forse anche il suo è un cammino non privo di dolore, solitudine, delusione, dubbio, ma difficilmente li lascia trasparire. E andare a Santa Maria è come tornare a casa, da un padre severo e amorevole al tempo stesso che non si lascia prendere la mano da dubbi e incer78

tezze, ma con energia rinnovata, accoglie sempre anche nei momenti di sconforto illuminando angoli bui della mente ma soprattutto del cuore con parole di fede triste di speranza in un dio d’amore perché come dice S. Agostino: “sine caritate omnis dives est pauper”.

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NEL CUORE DELLE PERSONE ANDREA CASCHERA Consi g l i o Pa s t o ra l e Pa r ro c c h i a l e , Docen t e d i Fi s i o t e ra p i a

Grazie Signore per aver posto sul cammino della mia vita un compagno di scuola, un amico fedele, un Testimone autentico, un Sacerdote illuminato... come Don Alfredo. Che meraviglia e che stupore desta in me, il pensiero di ciò che eravamo da ragazzi e l’opera che Tu hai compiuto nello svolgimento degli anni di questa nostra esistenza: la Tua magnificenza, la Tua arte e la Tua grazia è stata grande ed imprevedibile... eppure così perfetta! All’epoca della scuola Media Superiore, mai avrei immaginato che quel compagno di banco così vivo ed allegro, così semplice e scherzoso (quante risate irrefrenabili, al solo sguardo carico d’intesa!)… sarebbe diventato Tuo Sacerdote per tutta al vita. Pensandoci bene, con gli occhi dell’adulto di oggi, mi rendo conto che la predisposizione Alfredo l’aveva già mostrata nell’adolescenza: altruista, caritatevole, incline alla preghiera e alla Chiesa…era puntuale nella sua attività in Parrocchia (dal catechismo all’ACR); fedele nella sua preghiera davanti a Gesù Sacramentato (specie nella Chiesa di Santo Spirito, passaggio obbligato sulla strada casa-scuola); attento ai bisogni degli altri e dei malati; benvoluto dai sacerdoti, dalle suore, dai fedeli e dai compagni. In ogni caso, era bravo a scuola, studioso e intelligente… era scontata per lui, una carriera da medico. 81


Ma tu Signore ti riservavi ben altri progetti, altri malati, altre cure e terapie da somministrare in altri edifici e con altre divise: dopo alcuni anni di “Medicina”, la chiamata vocazionale ha fatto breccia nel suo animo buono e sensibile. Alfredo ha saputo accogliere, nel suo cuore, questa Tua chiamata e amorevolmente ha saputo trasmetterla all’amatissima madre Elena. Non è stato facile superare le resistenze di una madre che per anni si era sacrificata con “ago e filo”, nel coltivare un sogno di riscatto per il figlio! Quando ha capito la grande opera che il Signore stava compiendo in lui, ne è diventata orgogliosa e ne ha fatto la sua consolazione nella malattia e nella sofferenza. Il giorno della Consacrazione Sacerdotale di Don Alfredo, di cui conservo ancora caramente il suo ricordino, lo abbiamo vissuto tutti con grande emozione: un po’ tutta la comunità, i suoi familiari e i suoi amici si sono stretti a lui, consapevoli di una scelta che avrebbe trasformato la sua e la nostra esistenza. Iniziava un cammino intenso che lo vedeva tenace Testimone di Cristo e servitore della Sua Chiesa, nelle Cappellanie di Val Francesca, di Sant’Antonio Forletta, della Madonna della Pace, della Madonna della Quercia, la Chiesa del Divino Amore, la Chiesa di Santa Restituta… fino ad arrivare ad essere Parroco e Monsignore della Cattedrale ed a ricoprire prestigiosi e numerosi incarichi ecclesiastici. Ovunque ha lasciato traccia del suo servizio sacerdotale, nel cuore delle per82

sone come nelle mura degli edifici. Dalla nuova Chiesa del Divino Amore ai tanti lavori effettuati nella Cattedrale, una volta ebbi a dire, che aveva reso vive anche le pietre della Cattedrale! Tante sono state le sue iniziative pastorali che hanno plasmato il nostro essere cristiani e il nostro essere genitori, cittadini, uomini e donne: le giornate di festa vissute comunitariamente (dalla festa della mamma, alle Comunioni e Cresime comunitarie); i Campi estivi; i Pellegrinaggi; i momenti di Preghiera; i Convegni; le grandi Processioni e ancora, la rinascita della Confraternita dei Figli di Maria SS. Assunta; i Cavalieri e le Dame del Sacro Sepolcro; i Volontari Ospedalieri dell’ARVAS; i Volontari a sostegno della Tossicodipendenza de “Il Faro”; la Comunità “Incontro” di Fontechiari; la Ludoteca “La fortezza dei sogni”; i Campi Giochi per ragazzi; la riattivazione del Cinema-Teatro; la riorganizzazione della Caritas e dell’Associazione “San Vincenzo De Paoli”; gli incontri con le donne di Azione Cattolica, i Catechisti, i Giovani, i Ragazzi, i Genitori… e tante altre ancora, che sicuramente sfuggono adesso, alla mia memoria. Ma fra tante, una iniziativa voglio sottolinearla in maniera particolare: la Catechesi degli Adulti. Ogni lunedì alle ore 21, la pacata illuminazione di Don Alfredo sulla Parola di Dio, ha fortificato e maturato la nostra fede. Per anni, in ogni incontro, abbiamo cementato tra di noi un’amicizia profonda e nel clima di grande raccoglimento che solo una Guida scelta dal 83


Signore riesce a creare, abbiamo avvertito quella presenza di Cristo che trasforma e cambia la vita. Don Alfredo ha ricevuto il dono grande, di saper calare la Parola di Dio nel cuore delle persone; nelle sue Omelie o nei suoi Incontri, in tanti riescono a percepire quella forza illuminante dello Spirito Santo che affascina, trascina e rivela la verità di una fede che vale la pena di vivere. Nelle opere, ma soprattutto in questa capacità, Don Alfredo, nei suoi 25 anni di Vita Consacrata, ha saputo raccogliere e centrare la missione della Chiesa: “Predicate il Vangelo a tutte le creature”. Grazie Signore, del dono di questo Sacerdote e grazie a te, Don Alfredo, per aver condiviso i momenti più belli e più tristi della mia vita e per aver saputo rigenerare e coltivare in me, la speranza di una fede viva, compagna quotidiana della mia esistenza. Con i miei più sentiti e sinceri auguri…

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L A VO C A Z I O N E D E L L A S UA A N I M A R I N O T RO I A N I Pasto ra l e Gi ova n i l e D i o c e s a n a , Avvoc a t o

Ho conosciuto Don Alfredo nel 1983 e ricordo perfettamente ogni dettaglio. Eravamo a Col di Tora, entrambi ospiti di un campo scuola. Era estate e faceva molto caldo. In un (peraltro raro) momento di pausa, mi stavo dedicando all’allora recente aspirazione di imparare a suonare la chitarra, quando fui avvicinato da un ragazzo biondino che indossava una polo, bermuda color avana, calzini e mocassini leggeri di pelle. Col senno di poi immagino che ad interessare lui - per contro - fu la vista di un ragazzino capellone (all’epoca!) che ripeteva ossessivamente sulla chitarra lo stesso esercizio per cercare di trovare equilibrio e potenza nella mano sinistra. Mi chiese di me e di quello che facevo. A dire il vero, mi fece molte domande e tutte piuttosto dirette ed essenziali; non voleva chiacchierare, piuttosto credo che mi stesse valutando. Io riuscii solo a scoprire che si chiamava Alfredo e che era seminarista. Da quel giorno in poi le nostre vite seguirono percorsi largamente paralleli e spesso ravvicinati. Io, tutto sommato, riuscii ad imparare a suonare la chitarra. Lui diventò sacerdote. Io fui vice presidente diocesano del settore giovani di Azione Cattolica e lui mi guidò come assistente diocesano di settore. Quando divenni responsabile per la zona di Sora di Pastorale Giovanile, lui ancora una volta fu assistente. Taccio, per carità di chi legge queste righe, delle infinite occasioni, feste, celebrazioni, iniziative che mi hanno permesso di fare quello che non mi era riuscito nel 1983: valutare e capire Don Alfredo!

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Non c’è giudizio senza analisi e dunque, per sostenere il mio giudizio su Don Alfredo, è necessario che io chieda ai lettori di vedere il mondo a modo mio per poi poter condividere la mia conclusione. Per tale ragione, faccio una premessa. La scelta di chi vive la propria esistenza nella vocazione del sacerdozio è terribilmente complessa: per come la vedo io, il quadro d’insieme è quello di una persona che sceglie di essere esempio, guida, servitore per un indefinito numero di altre persone che per lo più odiano gli esempi (perché costringono al paragone), non vogliono essere guidate (perché non piace la direzione), ma certo vogliono essere servite (sia pure a modo loro). La domanda allora è la seguente: perché mai qualcuno soprattutto di questi tempi - vorrebbe essere prevalentemente al centro di critiche, contestato e strumentalizzato da parte di persone per lo più in mala fede? E poi: perchè ha voluto fare questa scelta Don Alfredo? La risposta è semplice ma insidiosa: perché è la natura e la vocazione della sua anima! Esperimento: provate ad immaginare un uomo dotato di grande lucidità, capacità di guida e forza d’animo tale da resistere alla facile tentazione di assecondare e blandire, piuttosto che correggere ed indirizzare; provate poi ad immaginare lo stesso uomo immerso in un mondo confuso e smarrito che ha bisogno - per il proprio stesso bene, ma spesso contro la propria volontà! - di parole e gesti decisi, tali da non lasciare spazio ad equivoci e dubbi; pro88

vate ancora ad immaginare che il nostro uomo, per volontà della Provvidenza, oltre che per meriti propri e di famiglia, senta con forza e chiarezza nella propria anima la voce di Dio e la verità del Suo Vangelo che predica l’amore per il prossimo; provate infine ad immaginare il nostro uomo cosi intimamente persuaso a non rinnegare se stesso, ma piuttosto a “realizzarsi” donandosi completamente e definitivamente alla cura del prossimo senza cedere al facile (e peraltro comune) disinteresse per la sorte degli altri. Ebbene, se riuscite ad immaginare tutto ciò, avrete il quadro di quello che non ho saputo vedere nel 1983, ma che ho visto negli anni successivi e solo grazie alla confidenza che ha voluto concedermi: il vero volto di Don Alfredo. Sarebbe banale da parte mia mettere in risalto la sua preparazione, le sue capacità di giudizio, oppure ancora la determinazione con cui esercita il ministero e persegue i suoi obiettivi. Questa è l’apparenza; sono i mezzi, attraverso cui lui raggiunge il suo fine. Anche se non è poco. La sostanza è invece un’altra. Avete mai pensato a quanto si trovi a sentirsi solo chi è chiamato a fare scelte spesso difficili e dolorose? Cos’è che lo sostiene? Solo la Fede e l’amore per il prossimo. Questo è (secondo me) Don Alfredo. Auguri.

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U N C O S TA N T E P U N TO D I R I F E R I M E N TO A L E S S A N D R A FA B R I Z I O Consi g l i o d’ Am m i n i st ra z i o n e Pa r ro c c h i a l e , Avvoc a t o

Quando don Alfredo mi ha chiesto di scrivere questa breve riflessione sono andata in crisi perché, come lui ben sa, non sono brava, ma, soprattutto, sono molto restia ad esternare i miei sentimenti, e ciò maggiormente, come in questo caso, coinvolgono il mio essere più profondo e riguardano persone a me care. Ho quindi, cercato di superare questo mio limite e, con pochissime parole, proponendo all’attenzione di chi legge alcuni flash della mia vita, spero riuscirò ad offrire il mio piccolo contributo. Ho conosciuto don Alfredo nell’ottobre del 1974, ero una bambina di nove anni che iniziava il cammino di catechesi per la prima comunione, a quei tempi il catechismo durava solo un anno e poi si faceva la prima comunione. Don Alfredo è stato il mio catechista. Ricordo ancora che il nostro sussidio erano delle schede mobili che ci venivano fornite volta per volta ad ogni incontro ed avevano come filo conduttore una domanda “Chi è per te Gesù”. Don Alfredo seppe con grande semplicità, ma nello stesso tempo tanta serietà ed impegno, fare interiorizzare nella nostra mente e nel nostro cuore di bambini quella domanda. E, se oggi, in età matura, ho la consapevolezza che la Fede è un atto personale che ciascuno di noi compie in piena libertà perché nessuno può decidere di Credere al posto di un altro. Se posso affermare, innanzitutto a me stessa, e poi a quanti incontro, e con i quali mi confronto, che la sfida della fede consiste nella possibilità di credere nella 91


forza dell’amore attraverso il volto e la voce di Gesù Cristo, certamente lo devo all’entusiasmo con cui il mio catechista sollecitò la mia mente di bambina a domandarmi chi fosse per me Gesù insegnandomi, fin da allora, che vi un è solo ed unico posto per trovare la risposta: il mio cuore. Sono trascorsi gli anni, stiamo alla fine degli anni ottanta, sono una giovane universitaria e, come per tutti i ragazzi ventenni, anche per me, quello è stato il periodo della riflessione sulle problematiche esistenziali e sociali, e del porsi le molteplici domande sul senso della vita. Come credente ho sempre cercato di dare risposte “illuminate” dalla fede. L’età della giovinezza è poi il periodo in cui si sperimenta l’amicizia. L’amicizia vera, l’amico autentico, è quello grazie al quale si scopre, nella reciprocità, ciò che si ha in comune e quello che abbiamo di diverso e, scoprendo la nostra diversità, comprendiamo la nostra specificità e, nello stesso tempo, scopriamo quella dell’amico. Per me giovane universitaria, don Alfredo è stato questo tipo di amico. Ma don Alfredo non è un amico “facile”, non concede sconti, il rigore e la fermezza propri del suo stile di vita si riflettano e caratterizzano anche i rapporti di amicizia che instaura. E così con il passare degli anni l’amico è diventato maestro, guida, punto di riferimento per il mio cammino di crescita umana e spirituale, aiutandomi a capire ed identificare me stessa come persona, donna, professionista, madre, nella consapevolezza che da solo l’essere umano può fare davvero poco, e che ogni passo della nostra vita ha senso e compimento solo se è 92

frutto della Grazia e della presenza della parola di Dio. Il catechista, l’amico compagno di studi, la guida spirituale. Un percorso di vita vissuta nella quotidianità, ma con un costante riferimento, la Fede quale ragione e fondamento di ogni scelta. A volte, soprattutto in età matura, il dialogo si è interrotto, gli incontri si sono trasformati in “scontri”. Paradossalmente, ma non per il mio carattere e modo di essere, i momenti di impasse sono stati i più proficui per confermarmi nelle scelte fatte e illuminare quelle da fare, ma, soprattutto, hanno consolidato e confermato il ruolo e la figura di don Alfredo quale guida e sacerdote.

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EDUCARE NELLA FEDE P AT R I Z I A M A RT U C C I Segret a r i a C o n s i g l i o Pa s t o ra l e Pa r ro c c h i a l e , Insegn a n t e

Essere prete, sarcerdote, presbitero… tre parole diverse che dicono una identità, raccontano un vissuto, esprimono un servizio. Dire, raccontare, esprimere sono realtà complesse se a narrare è altra persona. Allora cosciente dei limiti delle parole vorrei che il mio parlare riuscisse a sussurrare la profondità di una esperienza di 25 anni vissuta nella fedeltà ad una Persona che quando si incontra non lascia indifferenti. L’orientamento profondo della vita di un sacerdote, posso dire di don Alfredo, per me, è quello di portare nel proprio cuore e nella propria preghiera le ansie e le attese della gente perché rimanere fedele a Cristo significa rimanere fedele all’uomo, creatura di Dio: il desiderio di fare della vita un dono grande alla Chiesa e alla società è l’istanza che caratterizza la sua esperienza presbiterale. Il sacerdote mi piacerebbe definirlo l’uomo che Dio ha sognato per realizzare un disegno, un progetto meraviglioso, una storia d’amore che misteriosamente e silenziosamente prende forma all’interno di un pezzo di storia, in un contesto, in determinate circostanze. L’inquietudine a costruire un ambiente nel quale si potessero respirare i grandi valori umani e cristiani, educare nella fede piccoli e grandi e respirare un clima di famiglia dove ciascuno potesse trovare quell’ambiente caldo capace di riscaldare i freddolosi e far sentire a loro agio i lontani è presente nell’esperienza pastorale di don Alfredo. Guidato dallo Spirito e in ascolto della Parola di Dio, il sacerdote è capace 95


di sviluppare la sua vita e testimoniare una profonda spiritualità per essere mediatore dell’incontro con Gesù per ogni persona che incontra. L’attenzione di don Alfredo si è sempre espressa nel seguire personalmente le diverse realtà presenti nella parrocchia per alimentare ogni percorso di crescita con la Parola di Dio e gli insegnamenti del Vescovo, così tentare di sollecitare il legame alla Persona di Gesù, come Colui che può appagare i desideri più profondi del cuore, Colui che può riempire di senso e di gioia la vita, Colui che è veramente “la Via, la Verità e la Vita”. Posso dire che quella di don Alfredo è un pezzo di vita, perché l’altro pezzo la costruirà, da oggi, giorno per giorno, che è stata e rimane esempio di una vocazione vissuta con assoluta fedeltà a Dio e agli uomini. Il sacerdote si desidera che sia modello di un progetto di vita e di risposta fedele e piena alla vocazione ricevuta per il bene di ogni uomo, è un uomo unificato attorno ad un punto: Gesù Cristo. Il sacerdote è un “uomo roccia” perché tutta la sua vita è profondamente unificata alla vita di Cristo e del Suo Vangelo. Il richiamo incessante di don Alfredo è quello di sentirci rinnovati dallo Spirito, per essere persone realizzate e, quindi, pazienti, fedeli, impegnate, solo in tale dinamica non mancheranno gioie profonde. “Nella mia vita, nella misura in cui mi sono affidato, nella misura in cui ho detto SÌ ho visto sbriciolarsi tante resistenze, cadere tante paure e superare tante difficoltà”, in tali parole leggo la fatica dell’operaio ma anche la fecondità dell’affidarsi a Dio in modo incondizionato. 96

Posso dire che don Alfredo si fa compagno di viaggio e spezza la Parola di Dio che dà vita, illumina, conforta nel faticoso cammino fortemente ancorato alla vita sacramentale ed ecclesiale.

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COME LE PIETRE VA L E N T I N O M A R Z A N O Anima t o re c e l e b ra z i o n i l i t u r g i c h e , Stude n t e u n i ve r s i t a r i o

Nell’accingermi a tracciare un ritratto del carissimo don Alfredo il primo sentimento che ha pervaso il mio animo è stato una soave malinconia: nella mia mente scorrono volti di persone che hanno raggiunto la meta finale, scene di vita comunitaria allegre e spensierate, momenti di profonda spiritualità e tante altre esperienze uniche e irripetibili che hanno modellato il mio animo donandomi una fanciullezza serena e tranquilla ed una giovinezza ordinata e responsabile. Quanta nostalgia… Un carissima pia donna, l’indimenticabile Zia Pina, per molti Pina Sarra, nella pagina iniziale della Vita Parrocchiale descrive l’arrivo di don Alfredo in Cattedrale come un evento straordinario, una ventata di freschezza e di innovazione che attraversa tutti i settori della Comunità, dalla Liturgia alla Carità; dal decoro della Chiesa alla Catechesi all’animazione delle Celebrazioni Eucaristiche. Una spiccata caratteristica di don Alfredo è l’irrefrenabile spinta a stringere, con tutti coloro che lo avvicinano, un rapporto, un legame che vada al di là della semplice conoscenza, all’insegna di veri e sinceri rapporti di amicizia. Si tratta di amicizie particolari: queste, infatti, trascendono la tipica relazione bilaterale per strutturarsi come vere e proprie “amicizie a tre”: l’anello di congiunzione è costituito dalla fede in Cristo e dal servizio alla Parrocchia. L’ho capito subito, fin dai primi anni di conoscenza, quando lo sentivo ri99


petere costantemente una frase che ancora oggi è solito pronunciare: “Sono miei amici coloro che vengono a messa”. È così che l’amicizia corroborata dalla fede in Cristo diviene un infallibile strumento di collaborazione fraterna nelle molteplici realtà comunitarie e l’amore vicendevole, di cui l’amicizia si nutre, tiene uniti tutti coloro che partecipano alla vita della Parrocchia: per esemplificare questo insegnamento don Alfredo ci porta spesso come termine di paragone la parete dell’abside centrale composta da pietre che sebbene diverse le une dalle altre, sia per forma che per epoca storica, sono rimaste unite nonostante i numerosi eventi avversi. La forza della sua fede si stringe al dinamismo e alla fermezza delle sue idee che gli consentono di realizzare progetti ambiziosi e importanti per la nostra chiesa anche quando, non pochi, gli fanno notare la difficoltà di metterli in opera. Ma l’insegnamento più grande che ho da lui ricevuto in questi anni è senza ombra di dubbio questo: essere fedeli agli impegni assunti. I continui richiami all’importanza di portare a termine gli impegni anche se ciò costa sacrificio e rinunce personali hanno da sempre accompagnato la sua azione educativa nella comunità, non per logiche opportuniste, quanto piuttosto per autentico spirito evangelico che porta il vero cristiano ad imitare Lui, il Cristo, obbediente e fedele fino alla morte. La sua visione comunitaria è sempre stata ampia e onnicomprensiva: anche

quanti hanno deciso di percorrere altre strade non sono stati mai, da don Alfredo, lasciati andare via senza una parola di esortazione a perseverare nel servizio e a superare incomprensioni e contrasti che inevitabilmente sorgono dal vivere insieme ma che necessariamente devono essere messe da parte da coloro che vivono nella fede in Cristo. Nel concludere questa mia breve testimonianza, che non ha alcuna pretesa di compiutezza, non mi resta altro che rivolgere un sentito e affettuosissimo augurio al carissimo don Alfredo. Caro don Alfredo è con affetto di figlio che ti auguro di continuare ad essere per tutti noi e per quanti incroceranno il tuo cammino una luce di speranza e di serenità, di progredire nell’amore e nella conoscenza di Gesù cosicché risuoni sempre nel tuo cuore questa bellissima preghiera di San Francesco d’Assisi: “Rapisca, ti prego, o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo, perché io muoia per amore dell’amor tuo, come tu ti sei degnato morire per amore dell’amor mio.” Auguri.

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L A C E RT E Z Z A DELLA FEDE ANNA CANCELLI Catec h i s t a , Te ra p i s t a d e l l’ e t à e vo l u t i va

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La mia amicizia con Don Alfredo nasce grazie al percorso che ciascuno di noi due ha iniziato anni fa nella catechesi parrocchiale. Tutte le tappe fondamentali delle nostre vocazioni ci hanno visto reciprocamente coinvolti. Così le sue ordinazioni diaconale e sacerdotale e così il mio matrimonio e i primi Sacramenti delle mie figlie. Cosa ha significato la sua figura e presenza per me? Intanto un’amicizia basata sulla certezza della fede in Colui che ci ha “chiamato” e “voluto” per gli altri strumenti dell’Amore del Padre. La stessa intestazione dell’invito alla sua ordinazione diaconale, presa dal Vangelo di Marco, delineava gli obiettivi del suo futuro progetto di vita “Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore e chi vuol essere il primo tra voi si farà servo di tutti”. Ancora, durante questi anni attraverso il suo ministero pastorale è stato per me colui che spronava, sollecitava, provocava e aiutava compiere e continuare il cammino di fede anche nei momenti in cui sarebbe venuta voglia di abbandonare tutto. Pertanto a 25 anni dalla sua ordinazione sacerdotale sento di esprimergli gli auguri sinceri e forti che nascono proprio dalla profonda amicizia e assicurargli una presenza attenta e silenziosa; inoltre sento di chiedere al Padre per lui che possa sempre più: “Credere ciò che proclama, insegnare ciò che crede, vivere ciò che insegna”.

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Lo sguardo un pò perso verso l’altare nella piccola chiesa del Divino Amore. Il cuore un pò gonfio di pressioni di vita, la fatica dei giorni che grava sull’anima.

COME UN BUON PA S TO R E S T E FA N I A T I B E R I A Comu n i t à p a r ro c c h i a l e , Eserce n t e

Ma ancora la fede, ancora più forte, che cerca d’intorno una luce che guidi.

Sono trascorsi tanti anni da quel lontano giorno, quasi venti, da quella Domenica mattina, nella Chiesa di Pontrinio. Il ricordo è vivo dentro il cuore e posso ancora percepire la marea di emozioni che saliva nell’anima, mentre ero lì, in fondo a cercare qualcosa. Al termine della Messa, proprio mentre, al mio solito, fuggo via, mi sento “afferrare’’ la mano ed una voce già amica che dice: “Voglio venire a casa da te uno di questi giorni’’. Lusingata e stupita Ti ho accolto nella mia casa Don Alfredo. Da quel momento è iniziato un Cammino di fede e di amicizia che incessantemente mi conduce, tra le mille difficoltà dei giorni, alla tenace ricerca della Verità. Troppo introversa per carattere e per vicende di vita, mi hai spronata a dischiudere il mio guscio, definendo “preziosità’’ i piccoli talenti che il Buon 105


Dio mi ha donato al pari di noi tutti. “Come le perle, poche e piccole, sono nascoste in natura, così nella vita, i pregi delle persone’’ mi hai detto. La sensibilità ed il cuore hanno fatto tutto il resto e potendo contare sulla guida di un buon pastore, tutto è diventato più facile. Mi hai coinvolta in diverse esperienze di vita parrocchiale, mi hai incoraggiata a scrivere per esprimere ciò che le parole non riuscivano a fare. Come non ricordarti per aver saputo cogliere il talento del mio Giammarco, che oggi, anche grazie a te, esprime le proprie innate doti musicali, avendo raggiunto eccellenti risultati come pianista. E poi l’esperienza della catechesi, che negli anni è diventata per me una esigenza di vita piuttosto che un gravoso impegno. Tu sempre li attento osservatore dell’evoluzione della persona, a volte più duro e propenso alla critica, ma sempre coerente e capace di smuovere l’animo e l’azione di chi, come me, sarebbe rimasta ermeticamente chiusa nelle proprie vicende “congelando’’ la vita piuttosto che “consumandola’’ per sé e per il prossimo. Mi hai insegnato, come un buon pastore, che l’inevitabile passaggio da “crisalide a farfalla’’ è faticoso, ma anche che è l’unica strada, diventando adulti, che possa concederti ali forti per volare in alto. Come tu mi hai sempre raccomandato, cerco di compiere il mio viaggio con gioia e fatica, che, abbracciate alla Fede, mi aiuteranno ad edificare un luminoso futuro.

Un futuro magari non fatto di grandi successi, ma di piccole soddisfazioni, che sapranno dare calore ai giorni di questo strano ma avventuroso Cammino e che in ogni caso sapranno consegnare al cuore la muta speranza del raggiungimento della suggestiva meta “diventare farfalla”. Grazie Don Alfredo, perchè sai essere per me, al di là di ogni limite umano, una guida nella fede, un referente nelle difficoltà, un esempio di tenacia. Grazie perchè sei un sostegno quando vacillo, una voce che insegna ed illumina, ma, soprattutto, un prezioso amico e fedele compagno nel peregrinaggio di questa vita. Grazie!

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"Vanità delle vanità, dice Qohelet, vanità delle vanità: tutto è vanità." (Qo 1,2)

YO U C A R E

GABRIELE PESCOSOLIDO Poeta , Gra f i c o

Da circa quarant’anni la figura di prete che continuo ad avere come riferimento e modello, che rincorro con passione, è quella del priore di Barbiana: Lorenzo Milani. Quello di “Lettera a una professoressa”, di “L’obbedienza non è più una virtù”. L’essenza del suo pensiero e della sua esperienza di prete si sintetizza così: “Finchè ci sarà uno che conosce 2000 parole e uno che ne conosce 200, questi sarà oppresso dal primo. La parola ci fa eguali”. Dopo tanti anni di frequentazione con don Milani, mi sento di affermare che, suo tramite, ogni qualvolta mi sono allontanato o mi allontani ancor’oggi da casa, tornando, vengo accolto sempre con totale fiducia e rinnovata reciproca speranza. Gli uomini e le donne - in carne ed ossa -, i giovani, gli anziani, i bisognosi di attenzioni materiali e spirituali, possano trovare Alfredo pronto ad accoglierli sempre. La casa sempre aperta, sobria nei suoi riti, meno sfarzosa, meno compiacente di sé ed autoreferenziale, con il canto che torni ad essere momento di concentrazione e raccoglimento per una preghiera profonda ed umile in cui l’anima possa trovare riparo e conforto.

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A circa cinquant’anni dal Vaticano II, per fornire risposte adeguate alle creature che abitano il pianeta Terra la Chiesa (senza confoderla con la CEI) ha nuovamente bisogno di un balzo in avanti. L’annuncio stesso del Vangelo risente negativamente dello status di una Chiesa che sembra chiusa e in difficoltà nel dialogare apertamente con le donne e gli uomini delle numerose società contemporanee e con le loro specifiche culture. Ci sono norme e visioni che hanno bisogno di cambiamento. I laici nella Chiesa devono avere più voce, più peso e più considerazione per affrontare più seriamente, senza ipocrisie, questioni cruciali quali: la condizione dei divorziati, dei separati e delle persone omosessuali, l’acccesso delle donne ai ministeri ecclesiali, la dignità della morte e della vita (affrontandone il come ed il quando). Mi auguro che Alfredo non faccia mai mancare il suo attento contributo ad una Chiesa che non intenda imporre convinzioni preconfezionate sui problemi dell’etica e della politica. Mi auguro che Alfredo lavori con gioia ad una Chiesa in grado di ricevere le cose vere e buone di cui gli interlocutori - anche quelli più difficili - sono portatori. Mi auguro che Alfredo si adoperi affinché al centro dell’operato della Chiesa venga sempre messo il Vangelo (e non interessi “concordati”). “I care” (mi importa, ho a cuore - il contrario del famigerato “Me ne frego”) era il motto adottato da don Milani per le finalità educative della scuola di Barbiana. Mi sia concessa licenza poetica: Alfredo “You care”!

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LE ILLUSTRAZIONI

Fractio panis - sec.II (part.) Cappella Greca, Catacomba di Priscilla, Roma. I N C O P E RT I N A

Paolo Veronese Cristo lava i piedi dei discepoli - particolare, 1580. Pag.18 Cena a Emmaus - particolare, 1560. Pag. 23 Festa alla casa di Simone - particolare, 1560. Pag. 27 La Conversione di Maria Maddalena - particolare, 1547. Pagg. 35 - 39 - 111 Sacra Famiglia con Sant’Antonio abate - particolare, 1551. Pag. 43 Annunciazione - particolare, 1578. Pag. 44 La visione di Sant’Elena - particolare, 1578. Pag. 51 Il martirio di San Giorgio - particolare, 1564. Pag. 61 Adorazione della Vergine nella famiglia Coccina - particolare, 1571. Pag. 74 Assunzione della Vergine - particolare, 1586. Pag. 85 A L L’ I N T E R N O

Grafica Gabriele Pescosolido Stampa Arti Grafiche Pasquarelli


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