Teatro Festival Magazine - Aprile Maggio 2011

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a p r i l e - m a g g i o 2 0 1 1 d i F o n d a z i o n e Te a t r o D u e

Cari Spettatori, grazie per aver partecipato a questa Stagione! Ci vediamo l’11 maggio alle ore 21 a Teatro Due per un brindisi di arrivederci e uno scambio di idee sul futuro.


In fondo Extremities è un testo politico perché crea una nuova giuria di uomini e donne per giudicare il prossimo caso di stupro. William Mastrosimone

foto Marco Caselli Nirmal

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Qui sotto riportiamo i dati forniti dal Centro Antiviolenza di Parma, raccolti attraverso l’utilizzo di una scheda anonima (validata ed adottata da tutti i Centri Antiviolenza dell’Emilia Romagna) che viene compilata dalle operatrici al termine di ogni colloquio. I Centri Antiviolenza, e le Case Rifugio gestiti da Associazioni di Donne, sono luoghi predisposti per accogliere le donne che hanno subito violenza attraverso un intervento non terapeutico in senso tecnico ma di carattere relazionale o psico-sociale. I dati e le informazioni raccolti sono relativi alle donne che spontaneamente si mettono in contatto con il Centro, e forniscono quindi un’indicazione parziale e relativa della vastità del fenomeno: le donne accolte dal Centro Antiviolenza sono la “punta di un iceberg” che è valutata, dal rilevamento ISTAT 2006, in una percentuale variabile dal 4% al 7% della totalità di donne che subiscono violenza. La dimensione locale del fenomeno è in linea con quanto emerge a livello nazionale.

William Mastrosimone

EXTREMITIES

con Paola De Crescenzo Marjorie Alessandro Averone Raul Federica Bognetti Terry Laura Cleri Patricia spazio scenico Mario Fontanini costumi Marzia Paparini luci Luca Bronzo assistente alla regia Sabina Vannucchi traduzione e regia Bruno Armando produzione Fondazione Teatro Due Teatro Due, dal 7 al 10 aprile 2011 ore 21.00

Nel 2009 il numero complessivo delle donne che si sono rivolte al Centro Antiviolenza di Parma è pari a 216, di queste 215 hanno subito violenza (pari al 99,5 %), 134 sono italiane (37,7%) e 81 sono straniere (62,3%). Il totale delle donne accolte che hanno subito violenza dal 1991 al 2009 sono 2.229, le donne italiane 1.697, quelle straniere 525. La fascia d’età più rappresentata è quella che va dai 30 ai 39 anni, seguita dalla fascia 40–49 anni ma forte è la presenza di donne dai 18 ai 29 anni. Tra le donne accolte le coniugate sono il 46,5%, le conviventi l’8,4%, le nubili il 24,2%, le separate di fatto o legalmente il 10,7%, le divorziate il 2,8%, le vedove l’1,4%. La condizione sociale delle donne accolte, e quindi la scolarità, la condizione professionale e l’occupazione, sono variabili importanti che attestano le possibilità di avere o mantenere un lavoro sufficiente al proprio mantenimento, e quello degli eventuali figli/e, ovvero gli ostacoli materiali che le donne incontrano nei percorsi di uscita dalla violenza. Delle donne accolte nel 2009 solo del 47% è stato rilevato il titolo di studio: la maggioranza di esse possiede un’istruzione di livello superiore, infatti sono laureate il 12,5% e hanno un diploma di istituto superiore il 17,7%. Delle 216 donne accolte l’85,1% non presenta particolari caratteristiche psicofisiche. Soltanto il 5,1% evidenzia un disagio psichico, lo 0,9% risulta essere tossicodipendente e un altro 0,9% presenta handicap grave. Il 58% delle donne accolte è occupata, questo dimostra che spesso l’impossibilità di uscire dai meccanismi della violenza non dipende solo dalle cause materiali. Resta molto alta la percentuale di donne disoccupate o in cerca di prima occupazione. Le casalinghe sono l’11,4%, le studentesse il 4,7%, le pensionate il 2,3%, le invalide lo 0,5%. Tra le donne accolte nel 2009 le professioni esercitate sono per il 20% tra le categorie intermedie (operaia specializzata, impiegata, infermiera, ecc.). Il 6% circa svolge professioni medio alte, mentre il restante 14% svolge un’attività come operaia, inserviente, assistente di base ecc. Nel 48,8% dei casi il reddito delle donne accolte è sufficiente al proprio mantenimento e a quello dei figli/e. E’ insufficiente o inesistente nel 39,2% delle situazioni. Nel 79% dei casi il reddito del nucleo familiare delle donne accolte è sufficiente. Le violenze più diffuse sono di tipo psicologico ma significative risultano quelle di tipo economico. Delle 215 donne accolte che hanno subito violenza nel 2009, il 26,5% è stata vittima di comportamenti persecutori da parte dell’autore delle violenze. Per quanto riguarda l’autore delle violenze, per le quali le donne si rivolgono al Centro Antiviolenza, nella maggioranza dei casi è il coniuge (45,5%), seguito dal convivente (13,8%) e dall’ex partner (10%). Questo dato è importante per comprendere le dinamiche della relazione violenta: una relazione intima, nella maggioranza dei casi, nella quale la violenza è agita da una persona con la quale si è costruito un legame profondo e duraturo nel tempo. Per quanto riguarda la provenienza degli autori di violenze, il 66,5% risulta essere italiano, mentre il 25,6% è straniero. Il dato più rilevante, rispetto alla residenza dell’autore, risulta essere il Capoluogo di provincia in EmiliaRomagna (55,3%) e altri comuni della provincia (27,9%). Anche in questo caso vi è una alta percentuale riferita al mancato rilevamento (46,6%). I restanti dati indicano nella maggioranza dei casi un’età compresa tra 30-39 anni (15,8%) e tra i 40-49 anni (14,4%). Per quanto riguarda il titolo di studio, nonostante un’alta percentuale di non rilevamento, i dati più forti si riferiscono ad una laurea (7%) e diploma di scuola media superiore (6%), seguiti da scuola media inferiore (4,2%). Rispetto alla condizione professionale dell’autore, il 66% risulta attualmente occupato, mentre l’11,2% disoccupato o in cerca di prima occupazione. Interessante è il dato rispetto all’ambito professionale dell’autore che contempla la presenza di svariate posizioni lavorative: il 21% risulta essere operaio o inserviente; il 13% operaio specializzato o capo; il 7,3% è impiegato o appartenente a categorie intermedie, il 6,8% è imprenditore. Tra le caratteristiche psicofisiche il dato che emerge maggiormente è legato a problemi con l’alcool (12,2%).


Francesca Volchitza Cabrini

SE MI GUARDI, ESISTO con Laura Formenti Irina Lorandi Luz Beatriz Lattanzi Sara Nomellini

L’assenza di sÉ Turbe psicotiche vissute a porte chiuse da un’adolescente che si rifiuta di crescere, la accompagnano nel cammino complesso e doloroso dell’anoressia. Chiara, una ragazzina non come tutte le altre,

luci Romain Landry

ballerine bianche e gonnellina a pieghe, oscilla da una vita all’altra, dall’oscurità alla luce, rivelando

regia Francesca Volchitza Cabrini

con pudore i demoni che l’attanagliano. Il succedersi frenetico delle portate in una riunione di famiglia bruciano i punti di riferimento rassicuranti della giovane Chiara alla ricerca di se stessa. La

produzione ProScenio Allestimenti s.r.l. e Compagnia Ariel&Furie

ragazzina, che non vuole crescere, si rifiuta di ingoiare il cibo che le offrono. Cerca di dissimulare la sua paura per meglio dominarla, ma invano! La pesantezza delle sue angosce accentua la

Teatro Due, 8 e 9 aprile 2011 ore 21.00

delicatezza della sua silhouette, che lei nasconde. L’hanno detta magra, senza appetito, ma Chiara si rifiuta di sentire quei discorsi insidiosi che le rimandano un’immagine di sè deformata dallo sguardo indagatore delle persone che la circondano. Fuggire le cene familiari, osservare dei falsi pretesti che la confortano spingendola in uno stato di assenza di sé, la giovane si perde in mezzo al nulla, in un corpo per il quale vorrebbe avere un’identità autonoma… La sua magrezza, la sua mancanza di appetito, la sua iperattività, la sua stanchezza appartengono allo sguardo degli altri, allo sguardo della famiglia con la quale è in conflitto. Chiara si indebolisce, si ignora, si annulla, si liquefa come la materia fecale che espelle senza sforzo per risanare il suo corpo abbandonato. Francesca Volchitza Cabrini restituisce il quotidiano ritualizzato di una ragazzina in preda ai disturbi foto Rino Lo Brutto

ossessivi legati all’anoressia. Ricorrendo a una scrittura semplice e sincera, l’autrice dà voce ai

Sulla scena di Se mi guardi, esisto una ragazza aspetta vestita da principessa, seduta su un bel lettino, troppo piccolo per lei, con le sue valigie, abbandonate come i sogni dell’innocente infanzia. Chiara è anoressica. Vive nell’illusione di non crescere mai per mantenere il suo corpo di bambina, e nella paura puerile di vedere morire i suoi. La pièce ci tuffa nel suo quotidiano mosso dal turbine delle sue ossessioni, dei suoi incubi e dell’ostilità che percepisce senza limiti all’interno del suo microcosmo sociale, in particolare attraverso i tre Indifferenziati che circolano come rapaci intorno a lei, interpretando a turno la sua coscienza, i suoi genitori, i suoi parenti che la assalgono di rimproveri. In sintesi una bambina, confrontata attraverso la sua malattia alla “tenera indifferenza del mondo” di Camus. La messa in scena minimalista ci consente di vedere bene la semplicità delle sue riflessioni e il dramma che si sviluppa nei confini della sua intimità. La dissertazione, leggera in apparenza, sulle conseguenza caloriche di un raviolo o la descrizione delle sue lunghe attività igieniche, producono disagio nello spettatore portandolo in questo modo ad una reale catarsi. Punto di forza dello spettacolo risiede sicuramente nella giovane età degli attori, e nella loro presenza scenica, che dà alla rappresentazione, nello stesso tempo una verità e una freschezza contrastanti con il tema trattato.

Léonard De Riviere www.letopnumero1.com

demoni che popolano la vita della giovane Chiara, di fronte alla sua malattia. Stabilisce i codici di una scrittura del sintomo, utilizzando il discorso sincopato di una ragazzina le cui incursioni verbali sono spesso punteggiate da esitazioni legate all’angoscia. L’autrice isola la sua protagonista in un soliloquio in cui mente a se stessa, e in cui tre personaggi, gli Indifferenziati, fanno eco ai suoi pensieri vagabondi e confusi. La scrittura del testo esprime, con precisione e delicatezza, il dolore esistenziale di una ragazza che tenta di avanzare in equilibrio sul fragile filo della sua vita. Uno spettacolo sull’anoressia che non ha “la pretesa di cambiare il mondo” come dichiara la sua autrice, ma che offre uno spazio alle parole di una patologia complessa riguardo alla quale, spesso, il silenzio si impone. Bruno Deslot da “Un Fauteuil pour l’Orchestre”


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Una Divina Commedia per un’età laica e tormentata Ci sono angeli in America? E se ci sono, qual’è il loro messaggio? Il lavoro in due parti di Tony Kushner è una Divina Commedia per un’età laica e tormentata; un terremoto nel teatro, sconvolgente, terribile e magnifico. Come dicono i cauti annunciatori televisivi quando mettono in guardia il pubblico, qui troverete qualcosa che vi potrebbe disturbare, ma non si tratta semplicisticamente, come forse vi aspettate, delle scene d’amore omosessuale. No, io ritengo che il male esplicito, il tradimento esplicito, la crudeltà esplicita siano in ogni scena tanto disturbanti quanto il sesso esplicito, omo o etero che sia. La visione di un organo sessuale maschile in palcoscenico può risultare sconcertante, ma non è più della rivelazione di cosa possa pensare o sentire l’uomo quando lo sta usando. Kushner è il cronista di un’età che sta esaurendo i suoi valori d’urto così come i suoi tabù. Angels in America è una pièce sull’Aids? No, non più di quanto Spettri sia una pièce foto Lara Peviani

sulla sifilide. Per Kushner l’Aids è un simbolo – ma non un simbolo in senso remoto, letterario e etereo. Per lui l’Aids è reale: un cancro, una peste, qualcosa di catastrofico proprio perché sarebbe evitabile. La peste era inumana perché era incomprensibile: per questo si pensava fosse un segno di Dio. L’Aids è umano; precisamente, è il risultato di cose che la gente fa o evita di fare.

Tony Kushner

ANGELS IN AMERICA

FANTASIA GAY SU TEMI NAZIONALI

Prima parte: si avvicina il millennio traduzione Mario Cervio Gualersi (edita da ubulibri) con Elio De Capitani Ida Marinelli Elena Russo Arman Cristina Crippa Cristian Maria Giammarini Edoardo Ribatto Fabrizio Matteini Umberto Petranca scene Carlo Sala costumi Ferdinando Bruni video Francesco Frongia luci Nando Frigerio suono Giuseppe Marzoli

Parlare di Aids come di una malattia omosessuale, come fanno ancora alcuni, significa non capire il nocciolo della questione. L’Aids è nella circolazione sanguigna della società in più di un senso. I recenti scandali medici sulle forniture di sangue contaminato sollevano quesiti sull’etica e la responsabilità dell’industria, del commercio, della politica e della medicina. L’Aids è un dato di fatto, una questione di vita e di morte. Perciò voi personalmente che cosa fate in proposito? Lo ignorate? Lo combattete? Lo usate per denaro? Ibsen avrebbe certamente colto questo terribile dilemma morale. Il virus dell’HIV nel lavoro di Kushner ha la stessa forza della sifilide in Spettri o dei bagni inquinati in Un nemico del popolo. Nessuno di questi elementi costituisce il tema principale: tutti e tre rappresentano il terreno di prova che separa, moralmente parlando, gli uomini dai ragazzi. La pièce di Kushner verte sulla guarigione e sull’accettazione. In questo senso si pone nella scia di Eschilo, Shakespeare o di qualsivoglia nome prestigioso vogliate usare per presentare le vostre credenziali intellettuali. Nei grandi drammaturghi classici, la guarigione e l’autoaccettazione venivano pretese dall’alto. In una società senza divinità, curare le proprie relazioni personali è importante quanto curare il proprio corpo: legittima la nostra collocazione nel mondo (…). Il sottotitolo della pièce è Fantasia gay sui temi nazionali; argomenti principali sono il fanatismo, l’ideologia vuota e il tradimento (…) Kushner dice che si deve sapere chi si è e che cosa si è, si deve trovare il coraggio di accettarsi, prima di poter costruire se

regia Ferdinando Bruni e Elio De Capitani produzione TEATRIDITHALIA/ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione Premio ANCT (Associazione Critici di Teatro) Premio Ubu 2007 Attore non protagonista a Elio De Capitani Premio Ubu 2007 Nuovo attore under 30 a Umberto Petranca Premio Hystrio alla regia 2008 Premio Eti – Gli Olimpici del Teatro 2008 Miglior regia Premio Eti – Gli Olimpici del Teatro 2008 Miglior spettacolo di prosa

Teatro Due, 12 e 13 aprile 2011 ore 21.00

stessi e scegliere la propria vita. L’angelo della salvezza arriverà, ma solo quando si sarà stati capaci di diagnosticare la propria condizione. Philip Roth disse una volta che la differenza fra l’Est e l’Ovest non comunista risiedeva nel fatto che all’Est niente era permesso e tutto aveva importanza, mentre all’Ovest tutto era permesso e niente aveva importanza. Kushner sogna un’America dove tutto sia permesso e tutto abbia importanza; un paradiso liberal con una mitologia generosa e non punitiva.

JOHN PETER “The Sunday Times” (dalla postfazione a Angels in America, Ubulibri, Milano, 1995)


UNA DONNA NELLA LOTTA DI LIBERAZIONE “Parlo come una persona, una donna che ha partecipato alla Resistenza per scelta propria e autonoma e non, come piace sovente a giornalisti e storici segnalare, come la donna di Facio o la compagna di… Non sarebbe ora, visto che siamo nel ventunesimo secolo, ridare un minimo di dignità alle scelte delle persone, senza considerarle in quanto donne, appendici di un uomo, quasi non fossero state dotate di un proprio cervello e di una propria volontà? Laura Seghettini, da “Il Tirreno”, 4 febbraio 2008

In un’aula scolastica una maestra racconta di una donna, Laura Seghettini (partigiana pontremolese, classe 1922) che all’età di vent’anni, nel 1944, decide di salire sui monti per andare a combattere con i partigiani entrando a far parte della 12ª Brigata Garibaldi che agisce sull’Appennino Tosco Emiliano dove nasce un profondo legame sentimentale con il comandante della Brigata, Facio (Dante Castellucci), ma per circostanze oggi ancora da chiarire, dopo un processo sommario, istituito da un tribunale di guerra, viene condannato a morte e fucilato. Laura rimane in montagna per circa un anno, combattendo e partecipando ad imprese insieme ai suoi compagni che la eleggeranno vice commissario di brigata. Il 9 maggio 1945, in occasione dei festeggiamenti per la fine del conflitto e la vittoria, partecipa a Parma alla sfilata per le vie della città, poi restituisce le sue armi. Dopo la guerra cerca, insieme ai compagni di lotta, di ottenere giustizia, di far condannare i responsabili di quel gravissimo fatto di sangue, che l’ha colpita nell’intimo e per sempre, ma i suoi tentativi sono vani. La sua reazione è chiudersi in un silenzio destinato a durare sessant’anni, ma mentre passa la vita a educare centinaia di bambini come maestra, non smette di ricercare tracce, indizi, il movente, e soprattutto un riconoscimento istituzionale e pubblico sulle responsabilità di quella morte così assurda. La vita nell’accampamento, la fame, le azioni, la paura, la morte del Comandante di Brigata Facio, suo compagno, in circostanze ancora da chiarire, vengono raccontate ad un ristretto gruppo di persone nel tempo condiviso di un piccolo rito quotidiano.

Nella foto (da sinistra a destra) la partigiana Laura Seghettini con l’attrice Laura Cleri (foto S. Vaja)

Laura Cleri

UNA EREDITA’ SENZA TESTAMENTO

liberamente tratto dal libro Al vento del Nord. Una donna nella lotta di Liberazione di Laura Seghettini (ed. Carocci)

Da molto tempo ero alla ricerca di una storia da raccontare e nella scelta è stato fondamentale aver conosciuto Laura Seghettini. Pur avendola frequentata in poche occasioni l’ho pensata ogni giorno per molti mesi, chiedendomi come

di e con Laura Cleri

avrei potuto raccontarla attraverso il teatro. Il racconto di quell’anno trascorso sui monti mi è sembrato nella sua imprevedibile quotidianità e concretezza, straordinario, privo di retorica, disarmante. Laura Cleri

musiche Fabio Biondi luci Luca Bronzo consulenza storica Brunella Manotti produzione Fondazione Teatro Due in collaborazione con Istituto Storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma realizzato con il sostegno di Provincia di Massa Carrara, Comune di Pontremoli

nella foto: Parma, sfilata del 9 maggio 1945. Al centro Laura Seghettini. Archivio dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Parma

La Resistenza è stata un evento complesso, difficile da rinchiudere in un libro di testo per le scuole. Narrare di essa, anche attraverso il teatro, ci permette di avvicinare le vite di quei giovani che, chiamati a scegliere, hanno affrontato con le loro forze una prova di cui non era possibile misurare la durezza. Ogni singolo atto, ogni gesto di lotta e di vita quotidiana sono stati agiti attraverso rinunce, perdite, compromessi, attraverso passioni ed entusiasmi. Quelle donne e quegli uomini hanno messo in gioco le loro stesse vite, nel bene come nel male, fino ad arrivare, in molti casi, alla morte. Forse, parlando di questo con le ragazze e i ragazzi di oggi, sempre più lontani dalla lotta di Liberazione e sempre più calati in un “presente permanente”, possiamo tentare di ritrovare quel senso profondo dell’esistenza da cui ripartire e condurli alla conoscenza di un mondo tanto vicino quanto ormai perduto. Brunella Manotti, storica

Teatro Due, dal 18 al 21 e dal 28 al 30 aprile 2011 ore 21.00


Rai Cinema Fondazione Teatro Due

AMORE De Profundis soggetto e sceneggiatura Amedeo Guarnieri

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animazioni Sébastien Laudenbach direttore della fotografia Bruno Fundarò regia Lucrezia Le Moli

La risposta: sì. La domanda: è ancora lecito parlar d’amore? di Amedeo Guarnieri

L’amore cantato da secoli di poesia, letteratura, cinema, sociologia e filosofia, quel motore immobile dell’esistenza, puro e indipendente rispetto ai casi del divenire umano, sembra non esistere più. La vita contemporanea lo ha ridimensionanto nelle gerarchie dei bisogni naturali e ora, pur riconoscendolo come una tensione inesauribile e necessaria, appare, al pari di ogni altro fattore antropologico, influenzato dalle forze che agiscono in seno alla collettività. La cultura occidentale, sempre più prigioniera del mito della ragione, ha idealizzato una razionalità pura, radicalmene separata dalle emozioni e dalle passioni. Occorre restaurarne il prestigio o è giunta l’ora di recitare il De Profundis per l’amore come l’abbiamo sempre inteso? Questa domanda è l’oggetto del documentario Amore De Profundis, un progetto finanziato e prodotto da Rai Cinema in collaborazione con Fondazione Teatro Due per la regia di Lucrezia Le Moli. Fondazione Teatro Due prosegue nell’intento di rispondere alle domande fondamentali del vivere sociale, aprendo i suoi orizzonti a un progetto di natura cinematografica che pone le basi di una suggestiva collaborazione tra linguaggi espressivi differenti per modalità di messa in scena, ma non per finalità d’intenti. Dopo Antigone e l’Impero (2007) e L’Italia del nostro scontento (2009), Amore De Profundis mette ancora una volta al centro della riflessione l’individuo. La nostra società - sostiene la regista - vede l’essere umano come una creatura divisa in due parti distinte: da un lato la ragione, di cui è giusto fidarsi; dall’altro le emozioni, che sono invece sospette. Si tende a credere che il progresso sociale sia portato avanti dalla sola ragione, nella misura in cui riesce a reprimere le emozioni. Siamo bravissimi a parlare di cose materiali, ma non lo siamo affatto quando dobbiamo parlare di emozioni. Mi chiedo se sia possibile un nuovo umanesimo che ponga in luce la compenetrazione tra emotività e razionalità.

Termini di scontro: la ricerca del sé Questa indagine prende idealmente le mosse dal pasoliniano Comizi d’amore (1964) e dal documentario D’amore si vive (Silvano Agosti, 1984) raccogliendone il testimone nel tentativo di aggiornarne tematiche e oggetti d’interesse. Paradossalmente, l’amore raccontato nei due documentari citati, sembra permanere solo come modello educativo, come sapere tramandato, ma ciò nonostante ancora unico riferimento ideale. La dicotomia tra sesso e amore, al centro della doxa di Pasolini, nel tempo si è prima ricomposta e quindi risolta in favore di una pulsione erotica radiante con unico vertice di riferimento l’individuo. Anche nella sessualità si assiste ad una reductio ad unum, al troncarsi della relazione empatica tra due persone in favore di una dimensione edonistica dagli effetti stranianti. Una sorta di perdita dell’innocenza pagata al prezzo di un’anomia emotiva dalle conseguenze devastanti. Infatti, l’amore è fondamentale per la conoscenza che facciamo di noi stessi. Attraverso la percezione interpersonale di sé, l’individuo diventa consapevole delle proprie interazioni sociali: dove si trova e che cosa sta facendo. Smarrire la grammatica del linguaggio emozionale significa recidere il legame che ci unisce agli altri e a noi immagini tratte dallo storyboard delle animazioni di S. Laudenbach

stessi. Ma è forse un intero modello culturale ad essere entrato in crisi e le discrepanze tra vecchio e nuovo ne sono segno inequivocabile. Muoversi sul terreno instabile di questa transizione si rende passaggio necessario per capire in quale direzione ci stiamo spingendo. Mai come oggi l’amore, inteso nella sua più larga accezione di emotività, sembra aver perso i suoi connotati di elemento fondativo, di mattone su cui costruire l’edificio familiare, nucleo costitutivo della nostra società fin dal principio dell’epoca moderna. Stiamo imboccando una strada in direzione di un utilitarismo sessuale, di un mero pragmatismo oppure si è tagliato il traguardo di una visione solo più sincera, scevra da ogni romantica fantasticheria? La relazione tra Lavoro e Amore, termini un tempo solidali nel concorrere al benessere degli individuo, sembra essere entrata, se non in aperto conflitto, in una condizione di subalternità. Nello stato di insicurezza economica che permea il nostro sistema, il lavoro pare essere diventato il principio identificativo primario, il passaporto che certifica la nostra esistenza e che ci infonde la necessaria fiducia per esplorare l’incerto universo emotivo.


Attraverso una serie di interviste effettuate su un campione di persone molto vario, Amore De Profundis osserverà la città di Parma e la sua provincia, nella consapevolezza che il modello di civiltà e benessere proposto dal centro emiliano rappresenti un buon paradigma della società contemporanea, alla ricerca di archetipi di una nuova concezione dei legami affettivi. Quanto le leggi e il linguaggio della società dei consumi influenzano il concetto di amore nelle nuove generazioni? Fino a che punto la mancanza di un lavoro sicuro inficia la scelta di affrontare rischi e oneri di un rapporto affettivo duraturo? La relazione tra nuove tecnologie e vita affettiva, la definizione dei ruoli all’interno della coppia, le nuove frontiere della sessualità, la difficile coesistenza tra dimensione pubblica e privata, l’influenza della tradizione e della religione…questi i nuclei fondamentali di un’indagine condotta attraverso domande proposte a un pubblico trasversale nell’intento non tanto di definire concettualmente i grandi quesiti legati all’amore, ma piuttosto di evidenziare quanto lo stesso influenzi il corso della nostra esistenza.

Linee guida Si tratterà di una ricerca verticale, dall’ambiente urbano al contesto nella foto: L. Le Moli e B. Fundarò

dei piccoli centri di montagna, un viaggio inteso come metafora tra mondo vecchio e nuovo, tra segni di cambiamento e peso della tradizione. L’obiettivo finale del documentario sarà di confrontare i temi emersi dalle esperienze dirette della gente comune con le argomentazioni dei massimi esponenti del pensiero filosofico, sociologico, psicoanalitico dello scenario contemporaneo. Un parallelo utile non solo a prefigurare possibili scenari futuri che consentano una visione oggettiva sul tema dell’amore, ma a capire quali sviluppi stia vivendo oggi l’eterna dialettica tra Amore e Ragione, tra passione e saggezza. Una sorta di prologo al documentario sarà realizzato dall’artista d’animazione francese Sébastien Laudenbach, autore il cui segno delicato e visionario accompagnerà documentario.

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Reinaldo Povod

ROMAN E IL SUO CUCCIOLO

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traduzione e adattamento Edoardo Erba con Alessandro Gassman Roman Manrico Gammarota Geco Sergio Meogrossi Che Matteo Taranto Dragos Giovanni Anzaldo Cucciolo Natalia Lungu Lourdes e Andrea Parlotti Pusher regia Alessandro Gassman

ROMAN E IL SUO CUCCIOLO, DRAMMA FAMILIARE E SOCIALE Sono già passati quattro anni dal mio debutto nella regia con La forza dell’abitudine di Thomas Bernard, cui hanno seguito due stagioni ricche di successi e riconoscimenti con La parola ai giurati di Reginald Rose. Mi accingo ora a mettere in scena un altro testo contemporaneo che negli anni ‘80 ottenne un grande successo a New York e che ebbe come protagonista Robert De Niro. Si tratta di Cuba & His Teddy Bear di Reinaldo Povod, un testo che mi ha coinvolto fin dalla prima lettura per l’umanità dei suoi personaggi, per uno stile di scrittura tagliente, crudo, profondo, che mai indulge al sentimentalismo. Con Edoardo Erba, traduttore e

scene Gianluca Amodio - costumi Helga H. Williams musiche originali Pivio & Aldo De Scalzi ligth designer Marco Palmieri sound designer Massimiliano Tettoni elaborazioni video Marco Schiavoni produzione Società per Attori, Teatro Stabile del Veneto, Teatro Stabile d’Abruzzo con il patrocinio di AMNESTY International Premio Ubu 2010 miglior spettacolo Premio Ubu 2010 miglior attore Under 30 a Giovanni Anzaldo

Teatro Due, 26 e 27 aprile 2011 ore 21.00

adattatore del testo, abbiamo deciso di ambientare la vicenda in una periferia urbana del nostro paese, all’interno di una comunità rumena, dove confluiscono personaggi di altra radice etnica. Operazione che non tradisce il testo originale americano che fa appunto coesistere personaggi di diverse razze, culture, religioni. È un dramma familiare e al tempo stesso sociale, un attualissimo sguardo sul presente che è anche un preciso richiamo a uno dei fenomeni che negli ultimi tempi più ci coinvolgono: la presenza degli immigrati nella nostra vita, presenza che ha cambiato la fisionomia delle nostre città e il tessuto delle nostre relazioni. Uno sguardo neutrale, non ideologico, fuori dagli schemi del razzismo o della solidarietà di maniera. La prorompente forza drammatica dell’opera si basa sul rapporto irrisolto fra un padre semianalfabeta, spacciatore di droga, nevrotico, che alterna momenti di dolcezza a esplosioni di rabbia e un adolescente apparentemente schiacciato dall’autorità paterna, che vuole emanciparsi attraverso lo studio ma che nasconde al padre le sue illusorie prospettive di vita e la sua progressiva dipendenza dall’eroina. Un maldestro socio in affari del padre, un intellettuale tossicodipendente, un’altro spacciatore e la sua giovane prostituta sono gli altri personaggi che ruotano intorno alla drammatica vicenda umana di un uomo disposto a tutto pur di guadagnare denaro e garantire al figlio un futuro diverso dal suo e di un ragazzo consapevole del fatto che il padre potrà, a suo modo, amarlo ma non riuscirà mai a capirlo. Un rapporto toccante, crudo, a tratti sconvolgente, che troverà compimento solo attraverso un fatale, catartico epilogo. Ma è anche una storia di disperazione e di degrado che, attraverso il drammatico destino di un’umanità condannata all’emarginazione, rimanda a problematiche sociali di grande attualità. Una delle sfide più difficili del terzo millennio sarà quella di imparare a vivere in una società unita nella pluralità, ponendo come base quanto ci è comune: la nostra umanità. Alessandro Gassman


progetto grafico e impaginazione Luca Siracusa ha collaborato Amedeo Guarnieri si ringrazia Centro Antiviolenza di Parma chiuso il 6/4/2011 stampa Tipografia Donati

DONA IL TUO 5x1000 A FONDAZIONE TEATRO DUE Nella tua dichiarazione dei redditi sottoscrivi la destinazione del 5 per mille alla voce “Sostegno delle fondazioni riconosciute che operano nel settore della cultura e dell’arte” indicando il codice fiscale della Fondazione Teatro Due: 02137300345.

Comune di Parma

Assessorato alla Cultura

PROGRAMMA TEATRO DUE

in redazione Raffaella Ilari Michela Astri Luca Siracusa Sophie Wolski

F o n d a z i o n e Te a t r o D u e - V i a l e B a s e t t i 1 2 / A - 4 3 1 0 0 P a r m a - w w w . t e a t r o d u e . o r g i n f o @ t e a t r o d u e . o r g - B i g l i e t t e r i a Te a t r o D u e 0 5 2 1 / 2 3 0 2 4 2 b i g l i e t t e r i a @ t e a t r o d u e . o r g

TEATRO FESTIVAL

Teatro Festival a cura di Raffaella Ilari

Aprile 2011 1 V 2 S 3 D 4 L 5 M 6 M Extremities 7 G Extremities Se mi guardi esisto 8 V Extremities Se mi guardi esisto 9 S Extremities 10 D 11 L Angels in America 12 M Angels in America 13 M 14 G 15 V 16 S 17 D Una eredità senza testamento 18 L Una eredità senza testamento 19 M Una eredità senza testamento 20 M Una eredità senza testamento 21 G 22 V 23 S 24 D 25 L Roman e il suo cucciolo 26 M Roman e il suo cucciolo 27 M Una eredità senza testamento 28 G Una eredità senza testamento 29 V Una eredità senza testamento 30 S Maggio 2011 1 D 2 L 3 M 4 M 5 G 6 V 7 S 8 D 9 L 10 M Incontro con il pubblico 11 M

Teatro Due in tournée LA FILA (LINE) dal 27 aprile all’8 maggio – Roma, Teatro India

EXTREMITIES 12 aprile - Pavia, Teatro Fraschini dal 3 all’8 maggio - Roma, Teatro India

UNA EREDITA’ SENZA TESTAMENTO 13, 14, 15 aprile - Torino, Cine Teatro Baretti 13 e 14 maggio – Solignano (PR)



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