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// L’Editoriale

L’Editoriale

di Maria Luisa Mastrogiovanni

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quanto siamo contaminati. una class action per verificarlo

8 maggio 2008: i campioni delle emissioni dei camini della Copersalento, raccolti dall’Arpa, registrano uno sforamento dei valori di diossina pari a 420 volte superiori alla norma. Per tutta la comunità salentina è uno shock. Si prospetta una situazione al limite della vivibilità, con livelli di inquinamento superiori alle più industrializzate aree d’Europa. Proprio qui? Nel Salento tutto sule, mare, ientu? Nonostante i cavilli burocratici impedi-

scano di considerare valide quelle analisi in sede processuale, il dato scentifico, per l’Arpa, è inconfutabile. Nella prima puntata dell’inchiesta sulla Copersalento (si veda il Tacco n. 63) abbiamo approfondito 20 anni di storia del più grande termovalorizzatore salentino. Percepito da tutti come un semplice sansificio, nonostante bruci rifiuti e produca energia dal loro incenerimento, e incassi ingenti finanziamenti statali (è questo il business più redditizio) per farlo. In questa seconda puntata, invece,

(continua a pag. 2 dell’inserto “Contaminati/2”)

sommario

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IDEE DAL TACCO

VEDIAMOCI CHIARO

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INCHIESTA//CONTAMINATI/2 02 QUANTO SIAMO CONTAMINATI

07 09 14

BOLLETTINO DEI NAVIGANTI di Mario De Donatis CHI SALE, CHI SCENDE L’ARIA CHE TIRA di Luisa Ruggio QUESTIONE DI LOOK, IPSE DIXIT, LA CITTÀ INVISIBILE di Enzo Schiavano IL PERSONAGGIO DEL MESE//Giovanni Semeraro

CONTROCANTO ospita Antonio Greco: Una, mille Copersalento

di Maria Luisa Mastrogiovanni

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DI MADRE IN FIGLIO. DIOSSINA IN EREDITÀ di Maria Luisa Mastrogiovanni

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CENERI E CDR SI SMALTIVANO SENZA AUTORIZZAZIONE di Andrea Morrone

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CULTURA&PERSONE

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UN PO’ DI LEGGEREZZA// UNO, NESSUNO, CENTOMILA di Laura Leuzzi

vedremo che cosa è successo dopo quell’8 maggio 2008. Come si è mossa la Asl, con quali risultati, come hanno reagito la comunità e la politica. Infine andremo a spulciare le carte di un altro grande affare, fatto con soldi pubblici a beneficio dei privati, conclusosi tra la Copersalento e la Regione Puglia quando era governata da Raffaele Fitto (si legga a pag. 12). Come dire: quando c’è da pagare, in termini di salute e di grana, c’è sempre il povero Pantalone.

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A.A.A. PATRIMONIO PUBBLICO VENDESI IN SALDO A PRIVATO di Francesca Quarta COPERSALENTO: “IL PATRIMONIO DELLE AUTORIZZAZIONI” di Maria Luisa Mastrogiovanni

il mensile del salento Anno VII - n. 66 - Febbraio 2010 Iscritta al numero 845 del Registro della Stampa del Tribunale di Lecce il 27 gennaio 2004

EDITORE: Società Cooperativa Dinamica - Casarano - P.zza A. Diaz, 5 DIRETTORE RESPONSABILE: Maria Luisa Mastrogiovanni HANNO COLLABORATO: Mario Maffei, Laura Leuzzi, Luisa Ruggio, Enzo Schiavano, Mario De Donatis, Andrea Morrone, Francesca Quarta FOTO: Dove non segnalato archivio del Tacco d’Italia REDAZIONE: p.zza Diaz, 5 - 73042 Casarano - Tel./Fax: 0833 599238 E-mail: redazione@iltaccoditalia.info PUBBLICITÁ: marketing@iltaccoditalia.info - tel. 3939801141

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// Opinioni dal Tacco

di MARIO DE DONATIS m.dedonatis@iltaccoditalia.info

il fuoco sotto le ceneri di vendola e casini. e i colletti bianchi di fitto

Nichi Vendola ha vinto. E tanto impone un’analisi del voto perché il dato assume un rilievo tale da dover fare riflettere sul sentimento della gente che ha portato al successo il Presidente della Regione Puglia. Nichi Vendola è riuscito, dall’estate scorsa ad oggi, a far percepire che le luci del suo Governo hanno, di gran lunga, superato le “ombre della sanità” che, peraltro, lui stesso ha combattuto, dando vita ad una nuova Giunta. Ma Nichi Vendola ha intercettato, soprattutto, il sentire di molti (un sentimento trasversale ai tre schieramenti, oggi in campo) insofferenti delle decisioni di un “potere politico” estraneo ai bisogni della gente e lontano dai territori. Vendola ha alimentato quel “fuoco sotto la cenere” che, se vogliamo, con altre modalità ed altri percorsi, Pierferdinando Casini vuole risvegliare. Tempi nuovi si annunciano nella misura in cui si riuscirà a convogliare, nell’alveo della politica, tutte le energie che -ranno. Perché le “primarie pugliesi”, al di là della scelta compiuta in favore di Vendola, hanno alimentato un processo per una “alternativa” in grado di sostenere le ragioni di una “democrazia matura”. “Democrazia matura” che – come si è visto – non può essere assicurata né dal bipartitismo, né dal bipolarismo. Ma che, al contrario, può affermarsi ridando cittadinanza alle quattro o cinque culture politiche (che, da sempre, hanno condizionato il Paese) con la reintroduzione del sistema elettorale proporzionale e facendo ricorso a quelle modalità, già sperimentate dal sistema tedesco, che assi-

curano stabilità governativa, senza cancellare identità politiche e partecipazione democratica. Perché il risultato di Nichi Vendola va vissuto, anche, quale reazione di una vasta parte della società civile che non crede più in questa nostra “democrazia rappresentativa” ridotta a “rappresentare interessi” e ad elevare a classe dirigente quanti quegli interessi sono disposti a difendere e sostenere. La Puglia può dar vita ad un “nuovo inizio” non solo per anteporre il “bene comune” agli interessi di parte ma, anche, per costruire una larga intesa per un nuovo sistema politico, adeguato ai tempi, che non può prescindere dalla regolamentazione della democrazia interna ai partiti. Anche nel centro-destra pugliese ci sono forze pronte a fare la propria parte, recuperando, al potere regionale, i processi decisionali per quelle politiche di intervento dalle quali dipendono la salvaguardia dei territori ed il benessere della gente. La candidatura, ovviamente, di Rocco Palese non è in questa direzione. E’ l’arroccamento di una nomenclatura, molto ristretta, che cerca di salvaguardare, prima di ogni cosa, gli equilibri della destra pugliese, rinunciando alla Poli-Bortone che, oggi, con Casini, è in grado di intercettare grandi consensi per una autentica politica meridionalistica e di mettere in crisi un “sistema di potere” costruito sui “colletti bianchi”. Perché di questo si tratta. E tanto impone una scelta di campo, che non può tener conto dei “recinti” che il “bipolarismo” ha artificiosamente creato, ma che tali recinti vuole abbattere.

Rocco Palese ha una tempra d’acciaio: sarà lui il candidato del PdL alle regionali del 28 e 29 marzo. Ha battuto un’agguerritissima concorrenza, superando le perplessità di Berlusconi che lo aveva bollato come esteticamenRocco Palese te inadeguato, forse a causa del suo tic verbale: quel “cioè” infilato ogni tre parole che lo rende poco televisivo. Ma le qualità dell’uomo hanno vinto sulla dittatura dell’apparire. Raffaele Fitto ha giocato bene le sue carte, lasciando che il dibattito bruciasse via via i diversi pretendenti: il magistrato Stefano Dambruoso; il vicecoordinatore regionale del PdL Antonio Distaso; Adriana Poli Bortone, in ottica di allargamento di coalizione; Alfredo Mantovano, in ottica anti-Poli Bortone; il giornalista del Tg1 Attilio Romita, per la serie gli “effetti speciali” di Silvio. Fitto li ha contrastati tutti, ufficializzando la sua preferenza per Palese mentre erano in corso le primarie del centrosinistra e costringendo Berlusconi al dietrofront. Il dottore di Acquarica, autore di una cinquantina di pubblicazioni scientifiche, è un gran lavoratore. Ha cominciato la sua carriera nel 1990 come amministratore del suo paese e nel 1997 è stato vice presidente ed assessore al bilancio. Il centrodestra pugliese affida il suo destino ad un uomo del basso Salento.

CHI SALE

BOLLETTINO DEI NAVIGANTI

nel nome di fitto

contro la poli. battaGlia vinta. forse

CHI SCENDE

Alfredo Mantovano, sottosegretario dell’Interno ed esponente dell’ala cattolico-intransigente del PdL ha lottato con le unghie e con i denti contro la candidatura Poli Bortone e ha infine vinto la sua battaglia. Dopo aver sostenuto senza Alfredo Mantovano successo il magistrato antiterrorismo Dambruoso, Mantovano si è impegnato a fondo per sabotare l’ipotesi Adriana, prima autocandidandosi e poi sottoponendo al partito una lunghissima lista di personalità del Pdl: dallo stesso ministro Fitto al vicepresidente della Camera Antonio Leone; dal presidente della commissione Bilancio del Senato Antonio Azzolini al presidente vicario del gruppo del Pdl al Senato, Gaetano Quagliarello; dal coordinatore regionale Francesco Amoruso a Rocco Palese. L’astio tra Mantovano e Poli Bortone ha origini antiche, precedente anche allo scisma sindaco Perrone-Io Sud di giugno, ma l’attivismo dell’ex magistrato nella delicata fase del totocandidati ha messo in difficoltà il PdL, lanciando alla fine Fitto come indiscusso leader territoriale. Anche Mantovano ha poi riconosciuto che la scelta dei candidati di PD e PdL è stata la più appropriata. Sempre che non si metta di mezzo la guastatrice Poli Bortone che con l’UDC ha finalmente l’occasione di misurare il suo reale appeal elettorale.


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// Opinioni dal Tacco

//questione di looK

l’aria che tira

ecomafia e letteratura

di LUISA RUGGIO l.ruggio@iltaccoditalia.info E vennero le storie di eco-

mafia. Ovvero la letteratura che denuncia il business criminale del malaffare italiano. Il coraggio degli scrittori arrabbiati ha creato un genere orizzontale, come la struttura che lo ha rinfocolato. E il rischio è che certi editori (vedi alla voce imprenditori) ci marcino su. Il sommerso è pervasivo, si vende bene. I facsimili di Saviano sono un’inflazione di genere. L’architettura del potere, i meccanismi sconvolgenti, il degrado delle periferie del sud (il Salento rende bene l’idea, ahinoi), sono gli elementi entrati violentemente nel romanzo. Da un lato, dunque, l’impegno etico dei dossier di scrittori come Emiliano Morrone e Francesco Saverio Alessio, oppure la giornalista Rosaria

INDOVINA CHI E’?

La soluzione a pag. 14

Capacchione (anche lei tutelata dalla scorta) che hanno messo su carta gli ecoreati. In mezzo, come una spina nel fianco, i rifiuti tossici del Mezzogiorno e il punto di domanda lanciato da Grillo Nicola G.: “Perché liquidare il fenomeno nella parola ecomaMistero risolto. Dietro le morbide sembianze rosso fuoco del Gabibbo, il fia? Perché non parlare di pupazzo paladino dell’ambiente star di Striscia la notizia, si cela lui, mafia delle autorizzazioni“? Ivan De Masi, sindaco di Casarano. A Fabio e Mingo che a fine gennaio Chi inquina di più, gli ecomafiogli hanno chiesto conto della ventennale inattività del depuratore di si o il rilascio delle autorizzazioCasarano, De Masi ha prontamente risposto: “Partirà tra un mese”. ni in maniera arbitraria (leggi Non ci resta che legarcelo al dito. mafiosa, n.d.r.)? Con l’augurio che, alla prossima visita, Striscia non ritorni Chi, nella filiera della gestione dei rifiuti svolge un ruolo predominante? con il Provolone... Ecco, il punto. E intanto, di lato, come dicevo, nascono collane editoriali che trattano storie di ecomafia in forma letteraria. Sorge il nuovo filone del fantasy che racconta l’iperrealtà in cui viviamo. Basti pensare al caso di Licia Troisi (pubblicata dalle Edizioni Ambiente) con “I dan// NODO AL FAZZOLETTO nati di Malva”, per capire come il racconto sia stato piegato a una campagna di sensibilizza“Il depuratore di Casarano entrerà zione destinata ai giovanissimi. in funzione tra 30 giorni”. E fin qui tutto bene: la letteratura come struIvan De Masi, sindaco di Casarano mento di lotta. Purché la lotta non diventi un business. 18 gennaio 2010

IPSE DIXIT

di ENZO SCHIAVANO e.schiavano@iltaccoditalia.info

dalla foGna a cielo aperto al parco acquatico (forse) Casarano. Il 5 gennaio scorso sono stati dichiarati “ultimati” i lavori di adeguamento del nuovo depuratore comunale di contrada “Vora”. Si tratta dell’ultima “versione” dell’impianto (la terza), quello costruito cinque anni fa, costato circa 3 milioni di euro, mai entrato in funzione per una serie di rimpalli di responsabilità tra Comune, Provincia, Acquedotto pugliese e Consorzio di bonifica “Ugento Li Foggi”. Con la chiusura del cantiere, inaugurato dall’ex sindaco Venuti, sono iniziate le operazioni di collaudo delle macchine e delle pompe dell’impianto che, non dimentichiamo, è al servizio in consorzio dei comuni di Casarano, Matino e Parabita. Il 12 gennaio, con la delibera n. 3, il dirigente del servizio “Rifiuti, scarichi, emissioni e politiche energetiche” della Provincia ha firmato l’autorizzazione allo scarico nel canale del “Raho” delle acque reflue urbane effluenti dal depuratore, ai sensi dell’art. 124 del D.Lgs. 152/2006 e della Legge Regionale n. 17/2000 (autorizza-

zione revocata mentre andiamo in stampa). L’autorizzazione di Palazzo dei Celestini, però, ha un “carico” di prescrizioni e condizioni che obbliga i comuni consorziati, l’Acquedotto Pugliese e il Consorzio di bonifica di Ugento all’adempimento di parte di essi prima dell’entrata in funzione del depuratore. Tra le opere che dovranno essere terminate prima che l’impianto sia attivato, c’è la ripulitura e l’adeguamento del canale dei Samari che, si legge nella determina provinciale, ad oggi è in parte interrato, ostruito, inidoneo. E’ proprio questo scarico che è stato contestato, anche in sede di conferenza di servizi, dal Comune di Gallipoli, che si opponeva allo sversamento delle acque del depuratore di Casarano nel mar Jonio, nelle vicinanze della località “Baia Verde”, convogliate dal canale “Samari” (come era stato in un primo momento progettato), perché preoccupata dalle ripercussioni negative che avrebbe avuto il settore turistico.

L’attivazione del nuovo impianto, oltre a risolvere l’annosa emergenza ambientale della zona “Vora” (lo scorrimento delle acque reflue depurate nei canali eviterà di alimentare ulteriormente i campi di spandimento, permettendo il loro svuotamento e la relativa bonifica), servirà anche ad attuare un progetto molto ambizioso: il “Parco acquatico e degli ulivi”. Una volta bonificata l’area, infatti, gli attuali campi di spandimento saranno trasformati in laghetti artificiali, immersi nel verde degli ulivi secolari, che costituiranno gli elementi base del futuro parco. All’interno del parco troveranno posto delle torri di avvistamento per la fauna che popola i laghetti, un’area picnic, dei percorsi pedonali ed un ponte in metallo, legno e vetro che collegherà i due bacini, evitando l’attraversamento della strada per Taviano. Questo progetto è stato inserito all’interno di “Area vasta” ed attende i finanziamenti necessari alla sua realizzazione.


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//Il personaggio del mese //Giovanni Semeraro CARTA D’IDENTITÀ COGNOME: Semeraro NOME: Giovanni NATO IL: 23 gennaio 1937 A: Lecce OCCHI: azzurri CAPELLI: brizzolati STATURA: 1,71 m PESO: 70 kg TAGLIA: 48 NUMERO DI SCARPE: 41 STATO CIVILE: coniugato TITOLO DI STUDIO: laurea in Giurisprudenza PROFESSIONE: imprenditore HOBBY: presidente del Lecce calcio

Acquario (22 gennaio 20 febbraio)

l momento che stai vivendo, positivo sotto più punti di vista, ti ripaga delle sofferenze che hai dovuto patire in un passato non troppo lontano. Sei un uomo dalla scorza dura, che sa bene che la resistenza e la pazienza sono le armi vincenti per chi, come te, vive ogni giorno al 100 per cento. Non risparmi energie su alcun fronte e, del resto, non ne saresti capace nemmeno se lo volessi. Hai dalla tua una vitalità da fare invidia ai ragazzini. E se fino ad oggi, alcune volte, hai dovuto assumere un atteggiamento controllato per sentirti consono alle situazioni nelle quali ti sei di volta in volta trovato, oggi hai deciso di mostrarti per ciò che sei, andando a recuperare quella vitalità e quella voglia di giocarti ogni singola carta che ti hanno sempre contraddistinto. L’anno che è appena iniziato sarà per te una seconda giovinezza; lo affronterai con capacità ed energia da vendere sapendo contare sull’esperienza costruita in anni di lavoro. Assai positivi gli investimenti all’estero; le stelle consigliano di credere in quell’affare che si prospetta oltreoceano e che potrebbe portarti soddisfazioni non di poco conto. C’è tanta gente dalla tua a fare il tipo per te. Ma i prossimi mesi saranno positivi anche per chiarirti le idee su iniziative già intraprese nella scorsa stagione. Scendi in campo senza pensarci troppo; i semi già sotterrati daranno i buoni frutti che ti aspetti. Del resto, senti oggi più che mai il bisogno di interagire con i giovani, di mettere da parte gli acciacchi ed i pensieri che possono appesantire la giornata e di dedicarti ai tuoi obiettivi. Ambiziosi, come sempre. Ma sarà una sfida vinta. Mercurio e Giove ti daranno infatti la giusta concretezza aiutandoti a trovare la serenità che cerchi. Ciò non significa che ti fermerai a rilassarti: non ne hai il tempo né la voglia. Cercherai invece sempre nuovi stimoli, andando alla ricerca di sempre nuove imprese ed emozioni da vivere fino in fondo, come tuo solito. Ti concederai quella spensieratezza che nella giovinezza non hai potuto godere appieno. Con un unico consiglio: assecondala; non può farti che bene.

I

“mi porto dietro l’essenZiale” Abat-jour. Raffinata ed essenziale, ha la base in argento decorato a sbalzo. Telefono. Un tocco di modernità in un comodino di ispirazione classica. Foto. I più cari “scatti”, sempre a portata di mano e di sogni. Belli, ovviamente.

Originale e raffinato, il comodino di Giovanni Semeraro non è il solito comodino. E’ più che altro una mensola, costituita da un piano in cristallo poggiato su una base in marmo, un bassorilievo raffigurante un putto. Sopra vi è l’essenziale: una abat-jour, il telefono, foto di famiglia.

Documenti. Sempre con sé. Guai a perdere di vista i numeri di telefono che potranno servire durante la giornata. Semeraro li divide in “fissi” e “cellulari” per il massimo dell’ordine. Occhiali. Colorati ed alla moda. Gli occhiali del presidente sono simpatici e giovanili. Quest’anno vanno i toni del viola e del verde.

Rigorosa. La borsa di Giovanni Semeraro contiene il necessario. Come, ad esempio, i numeri di telefono più utili e gli occhiali.

SUL COMODINO E NELLA BORSA

L’OROSCOPO A CURA DI IULY FERRARI

nuova enerGia in campo


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//Un po’ di leggerezza “The Mask”, 1994. Quando indossa la maschera verde Jim Carrey, alias Stanley Ipkiss, smette di essere il tipo timido ed impacciato di sempre per trasformarsi in un brillante play boy

uno, nessuno, CENTOMILA LI CONOSCIAMO PER COME CI SI MOSTRANO. MA I VIP DI CASA NOSTRA SONO DAVVERO COME LI VEDIAMO? L’ABBIAMO CHIESTO DIRETTAMENTE A LORO, FACENDOCI RACCONTARE SE E QUANDO SONO COSTETTI AD INDOSSARE UNA MASCHERA di LAURA LEUZZI

Antonio Gabellone,

Antonio Gabellone: “Solo alle feste con gli amici, ai veglioni quando ero decisamente più giovane”

presidente della provincia di Lecce, Tuglie Solo alle feste con gli amici, ai veglioni quando ero decisamente più giovane (sino a una decina di anni addietro...), quando ovviamente per non sottrarsi alla compagnia piacevole dei miei amici storici si frequentava qualche festa a tema o in maschera nel periodo carnevalesco. Per il resto non cerco mai di indossare maschere o di risultare diverso da quello che sono, nella vita amministrativa o politica, tanto meno in quella privata dove non riuscirei proprio a farlo per il mio modo di essere trasparente e lineare nei rapporti. Mi presento sempre per quello che sono, con i miei pregi ed i miei difetti.

Salvatore Cosi, artista, Miggiano Mi capita spesso e volentieri di dover indossare una maschera. In genere lo faccio quando devo ammorbidire certe reazioni perché non sfocino in vere e proprie liti. Mi è capitato proprio pochi giorni fa con mia moglie, un po’ infastidita per un mio non previsto allontanamento a causa del lavoro. Avrei voluto avere una reazione più drastica ma ho preferito contenermi ed ammorbidire i toni.

Francesca Romana Perrotta: “Mi trovo spesso nella condizione di dover indossare una maschera in quanto sono cantautrice di sera, ma di giorno docente di Inglese e Francese nei licei”

C

l.leuzzi@iltaccoditalia.info

i sono circostanze in cui non indossare una maschera è praticamente impossibile. Il lavoro, il confronto con gli altri, le regole del “quieto vivere” ne impongono, infatti, di più o meno mobili e noi le mettiamo e smettiamo con nonchalance, a volte perfino senza rendercene conto. Non sono esenti dalla pratica del “travestimento veniale” i volti noti salentini. A loro possiamo in fondo perdonare di aver assunto, in una o più occasioni, atteggiamenti non proprio spontanei. “Purché questa non sia l’abitudine”, tuona rigoroso il senso della misura. Del resto, se per le strade è Carnevale, che cosa ci sarà di male diventare, una volta ogni tanto, ciò che vorremmo e non siamo?

Maurizio Manna, amministratore unico Legambiente Salentina Ho dovuto indossare una maschera tutte quelle volte che, per via del mio impegno in favore dell’ambiente, ho dovuto trattenermi dal dire ai miei interlocutori ciò che davvero mi passava per la mente. Ho messo su la maschera del bravo ragazzo e, col viso sorridente, ho nascosto la voglia di prendere a pesci in faccia, per non dire ad offese pesanti, chi mi stava di fronte. Nella maggior parte dei casi mi è accaduto quando ho avuto a che fare con esponenti politici.

Francesca Romana Perrotta, cantautrice, Premio De Andrè 2009, Lecce Mi trovo spesso nella condizione di dover indossare una maschera in quanto sono cantautrice di sera, ma di giorno docente di Inglese e Francese nei licei. Durante le ore giornaliere mi calo, dunque, nella parte della perfetta prof, cercando di nascondere, spesso a fatica, che di sera salgo sui palchi e canto il rock. Puntualmente mi capita che i miei allievi, nonostante i miei sforzi, scoprano la mia seconda natura dagli articoli di giornale o attraverso internet ed a quel punto diventa ancora più difficile pretendere quel rigore che in genere chiedo quando sono in classe. Un’altra occasione in cui ho dovuto fingere, e spero di non essere stata smascherata, è capitata poco tempo fa quando un personaggio molto più celebre di me, appartenente al mondo della musica, mi ha fatto ascoltare i suoi ultimi lavori. Ho detto che mi piacevano ma non lo pensavo affatto.


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Lisella Dal Porto,

Cosimo Metrangolo,

amministratrice Pralina Srl Melpignano, Modena Se parliamo di maschera di Carnevale, ne ho indossata una per la prima volta a circa 20 o 25 anni. La realizzai di ispirazione orientale per andare ad una festa tra amici dove tutti vestivano abiti fatti in casa con materiali di recupero. Altri tipi di maschere li ho indossati spesso; li definirei più che altro schemi comportamentali. Li assumiamo a seconda della situazione in cui ci troviamo; a me capita principalmente nel lavoro, quando, a contatto con gli altri, assumo l’atteggiamento più consono e non sempre quello che avrei voglia di assumere. Non capita altrettanto nella vita privata, in cui tendo ad essere me stessa senza freni, anche per sfogare un’intera giornata di costrizioni e di autocontrollo.

medico anestesista presso il “Vito Fazzi”, direttore artistico Cantori di Ippocrate, Lecce Credo che non ci sia uomo o donna che non indossi una maschera, in ogni momento della giornata. Dirò di più: ognuno di noi ha a disposizione più maschere, a seconda delle situazioni e delle persone che ha di fronte. Ciò ci porta a perdere di vista il nostro vero volto ed a rimanere vittime del nostro stesso gioco, riconoscendoci nella falsa identità che ci siamo auto-imposti. Infatti ci scusiamo, ci giustifichiamo, ci puniamo, ci vediamo diversamente a seconda dei casi, ci convinciamo di essere ciò che supponiamo di essere ma non siamo. Indossare una maschera è molto più semplice che non farlo. Quando non ne porto una, pago care le conseguenze della mia schiettezza.

Marco Cataldo, presidente Società Cooperativa “Lecce Città Universitaria”, Lecce Una maschera, pur se piena di colori, espressioni, emozioni ed ironia, rimane sempre statica nel tempo. Indossarla ogni tanto non fa male, ma indossarla sempre può essere una brutta abitudine. “Ogni uomo mente ma dategli una maschera e sarà sincero” diceva Oscar Wilde e non sbagliava. Qualche volta indosso una maschera per prendermi gioco di me stesso, ma è solo un momento di pura goliardia che aiuta lo spirito. Poi via tutto, per ritornare se stessi. Tanto agli occhi di chi ti conosce bene le maschere non servono a molto. Il pianto di gioia per una nascita, il pianto di dolore per una scomparsa non potranno mai essere sostituiti da una maschera. Il carnevale è solo un periodo dell’anno. Peccato sia io a scegliere la data del mio carnevale.

Walter Bruno, amministratore AbStilcasa, Taviano Con il lavoro che faccio indosso spesso una maschera e devo dire che mi riesce anche abbastanza bene. Mi sforzo infatti di avere una figura credibile in modo da essere ben accettato da tutti o dai più, cerco di prestare la massima attenzione ai dettagli, e di tanto in tanto mi ritrovo anche a dire qualche bugia veniale. La vita privata è invece occasione per smettere la maschere ed essere la persona limpida e sincera che sono abitualmente.

Debora Gravili,

Vincenzo Corona, direttore Fondazione Notte di San Rocco, Lecce Non so se è una predisposizione dell’animo, oppure se sia la causa o l’effetto del mio mestiere... So di certo che ogni giorno devo indossare una maschera. Anzi, talvolta più maschere al giorno. Senza dare a questa inclinazione un’accezione forzatamente negativa, quella di chi, insomma, non viene mai considerato sincero perché prova a nascondersi dietro tanti personaggi da recitare. Si indossa una maschera per meglio predisporsi all’altro, per farlo sentire più a suo agio, per non dargli un dispiacere, per ottenere il massimo da una relazione lavorativa. Spesso una maschera ti dà la possibilità di entrare meglio in contatto con gli altri; sarà il tempo poi a darti la fiducia necessaria per toglierla. Tutte le nostre relazioni sociali sono un autentico Carnevale, in cui Arlecchino e Colombina, Balanzone e Brighella non devono aspettare soltanto la sfilata dei carri per potersi materializzare.

ginecologa, presidente Ail, Lecce La maschera purtroppo si indossa ogni giorno, quando vorresti gridare contro la macchina che ti taglia la strada e sorridi facendo finta di nulla, quando in ospedale urlano perché é il loro turno e tu sommersa dai pazienti fai il tuo lavoro da ginecologa chiedendo scusa, anche se vorresti dire che sono dei maleducati. Quando in associazione giungono tante persone che purtroppo hanno la leucemia e vorresti gridare che non è giusto e metterti a piangere, ma con la maschera dai loro un sorriso ed una speranza per il futuro. Quando tutti i giorni devi combattere per ogni cosa e vorresti gettare la spugna ma devi lottare e trasmettere ai figli la forza per andare avanti e per raggiungere dei traguardi. Quando il marito ti dice: “Usciamo”? E tu vorresti buttarti a terra e dormire ma con tanta gioia e sempre con il sorriso sulle labbra rispondi: “Pronti”! Ecco, la maschera ormai fa parte di noi. Tutto sta nel saperla usare solo per il bene e non sicuramente per danneggiare o fare del male.


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//Controcanto

di ANTONIO GRECO*

una, mille copersalento LE POLEMICHE DELLA POLITICA SERVONO A CONFONDERE LA VERITÀ MA NON AD ANESTETIZZARE LE SOFFERENZE DELLE PERSONE CHE PAGANO SULLA PROPRIA PELLE I DISASTRI AMBIENTALI

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l fumo negli occhi a volte annebbia la vista e la mente. Allontana la verità e avvicina i cattivi pensieri. Il fumo grigio che si addensa sui comignoli della Copersalento di Maglie probabilmente fa meno paura dei silenzi che arrivano dai Palazzi. Un silenzio che fa rumore. Interrotto, di tanto in tanto, da strepitii e urla che non aiutano a far chiarezza. Al contrario, finiscono per alimentare nuovi dubbi sul presente e sul futuro dello stabilimento magliese. Perché lo scenario resta nebuloso. Il responso è affidato alle carte, tante, che racchiudono la storia recente della Copersalento. Ma è destinato, invero, agli umori dei tavoli che si susseguono a casa del Prefetto durante i quali ognuno gioca la sua parte (proprietari, lavoratori, sindacalisti, ambientalisti e rappresentanti istituzionali) – come è giusto che sia – ma nessuno riesce a fare sintesi. Nessuno, insomma, appare capace di prendere decisioni ferme e definitive, per quanto possibile. Il dilemma è presto detto: inquina o non inquina? E se inquina perché non mettere i sigilli una volta per tutte e salvaguardare così la salute dei cittadini? Mistero della fede. Una telenovela che si trascina avanti da decenni e sulla quale diventa francamente difficile scrivere la parola fine. Anche perché questa è una vicenda per certi versi paradossale. Nemmeno le autorità che dovrebbero provare a fare una definitiva chiarezza sul livello di inquinamento ambientale e sui rischi per persone e animali riesce a fare piazza pulita di equivoci e boutades. Eppure i numeri non dovrebbero essere contestabili. Non sono né di destra né di sinistra. Gli esperti preferiscono lasciare comunque un margine di incertezza. Potremmo

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discettare per ore sulla questione, ma a far accendere una pericolosa lampadina sono quei parametri riscontrati in una calda giornata d’estate: l’inquinamento raggiunto dalla Copersalento raggiunse livelli spaventosi davanti ai quali era impossibile tentare qualsiasi tipo di contestazione di parte. Senza se e senza ma, dunque. Ecco perché l’opificio di Maglie resta al centro di polemiche e veleni. Quei veleni legati alle innumerevoli emissioni di diossina che si sprigionerebbero dall’inceneritore e che avrebbero ripercussioni gravi per la salute di persone e animali. E l’allarme scattato pochi mesi fa è servito solo a muovere le placide acque della politica, ma non a risolvere la situazione. Che appare difficile e controversa, aggrovigliata da nodi che diventano un ostacolo insormontabile quando devono fare a pugni con le maglie della burocrazia e dell’inerzia istituzionale. Capaci di soffocare le grida della gente. Capaci di anestetizzare la verità. Anche quando si parla di presunti affari conditi da interessi particolari e societari che affondano le radici in una storia controversa e ancora tutta da scrivere. Ma quante Copersalento ci sono nel nostro territorio? L’interrogativo resta sospeso in aria ma è aggrappato a dati di fatto perché sono numerosi gli opifici a rischio inquinamento ambientale presenti in Provincia di Lecce. E la diossina diventa – ahimé – la regina incontrastata. Per spodestarla, la Politica deve assolvere i suoi compiti. Senza infingimenti. Senza servilismi. Alla luce del sole. Per il bene dei cittadini.

CHI HA FIRMATO CONTROCANTO Vincenzo Magistà direttore “TgNorba” Rosanna Metrangolo caporedattore “Nuovo Quotidiano di Puglia” Marco Renna “Studio 100 Lecce” Mimmo Pavone direttore responsabile “Il Paese nuovo” Vincenzo Maruccio giornalista “Nuovo Quotidiano di Puglia” Tonio Tondo inviato “La Gazzetta del Mezzogiorno” Roberto Guido direttore “quiSalento” Lino De Matteis caposervizio “Nuovo Quotidiano di Puglia”, vicepresidente regionale Assostampa

Michele Mauri direttore editoriale L’ATV Antonio Silvestri addetto stampa Inps Lecce Dionisio Ciccarese presidente homepage Group, società di consulenza di comunicazione strategica ed editrice di grandi giornali e siti internet Nunzio Pacella addetto stampa Apt di Lecce Loredana Di Cuonzo giornalista pubblicista dirigente scolastico Istituto d’arte “G. Toma” Galatina-Nardò Giancarlo Minicucci direttore Il Nuovo Quotidiano di Puglia Vaileth Sumuni Luigi Russo giornalista, presidente CSV Salento

Renato Moro capocronista “Nuovo Quotidiano di Puglia”

Francesco Ria fisico, pubblicista

Gabriella Della Monaca coordinatore TG NORBA GRANDE SALENTO

Serenella Pascali giornalista di “Volontariato Salento”; esperta di Politiche sociali

Luisa Ruggio redattrice Canale8, scrittrice

Mario Vecchio direttore responsabile Tg L’ATV

Walter Baldacconi direttore responsabile Tg Studio 100

Stefano Cianciotta giornalista, esperto in lavori pubblici

Paola Ancora addetta stampa Ministero delle Politiche agricole

Roberto Morrone giornalista, direttore di “Libera informazione”

*giornalista, Studio 100

indovina chi è

“bestiario pubblico. ovvero: come nascono nuovi improbabili personaggi sulla scena”

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TACCO N. 66 (1):Mastro nuovo 27/01/10 11:39 Pagina 15

REGOLAMENTO PER GLI SPAZI DI PROPAGANDA ELETTORALE COMUNICAZIONE AI SENSI DELL’ART.7 DELLA LEGGE 22 FEBBRAIO N.28 E DELL’ART.15 DELLA DELIBERAZIONE 21 FEBBRAIO 2008 N.33/08/CSP DELL’AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI.

La Società Cooperativa Dinamica, editore del periodico “Il tacco d’Italia” e della web-tv www.iltaccoditalia.info, in occasione della prossima tornata elettorale, adotterà per la pubblicazione di propaganda di partiti politici o singoli candidati quanto previsto della Legge N. 28/2000 “Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica”. A tal fine rende noto quanto segue: 1. la prenotazione degli spazi da parte dei soggetti interessati dovrà pervenire 48 ore entro la data di pubblicazione. L’editore terrà conto delle prenotazioni in base alla loro progressione temporale; 2. la prenotazione degli spazi dovrà pervenire a mezzo fax al numero 0833-599238, utilizzando il documento pubblicato su www.iltaccoditalia.info, nel quale sono riportate le tariffe; 3. i prezzi sono stati calmierati, al fine di garantire il massimo pluralismo della propaganda. Non possono naturalmente essere accordati sconti di alcun tipo; 4. il pagamento del corrispettivo per la pubblicazione dei messaggi di propaganda elettorale dovrà avvenire in anticipo, previa emissione della fattura con IVA al 4%; 5. il materiale da pubblicare (banner o file .pdf o .jpg) dovrà pervenire almeno 48 ore prima della pubblicazione in formato digitale.

Si riportano gli spazi pubblicitari disponibili: • IL TACCO D’ITALIA FREE PRESS (nell’innovativo formato giornale da 32 pagine tutte a colori, stampato in 30.000 copie distribuite in oltre 500 punti della provincia di Lecce): un quarto pagina; mezza pagina; pagina intera; manchette di copertina; piede di copertina; ultima copertina. • WWW.ILTACCODITALIA.NET (oltre 10.000 singole visite al giorno, interattività web 2.0, servizio web-tv e specifici servizi sulle elezioni): banner alto a rotazione, banner basso a rotazione, locandina in home page, mezzo grattacielo a rotazione. PER MAGGIORI INFORMAZIONI CHIAMARE IL NUMERO: 393.9801141, OPPURE INVIARE UNA MAIL A: mariomaffei@yahoo.it


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e l a i c Spe salento r e p o C

contaminati/2 Esclusivo// tutti i risultati dEllE analisi di asl E arpa sui 14 comuni dEl basso salEnto contaminati dalla diossina. acqua, fiEno, carnE, lattE, cuccioli E fEti: comE il vElEno passa di madrE in figlio. E dagli animali all'uomo. copErsalEnto story: comE l'impianto fu costruito con soldi pubblici E poi vEnduto, a prEzzo d'occasionE, dalla rEgionE puglia (govErnatorE raffaElE fitto) alla copErsalEnto (amministrata da raffaElE rampino, suo cugino)


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//L’inchiesta //Copersalento, vent’anni di veleni Gli agneli abbattuti perché contaminati da diossina Ph: Rocco Toma

quanto siamo contaminati di MARIA LUISA MASTROGIOVANNI Continua dall’editoriale a pag. 3

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eniamo a quello che è successo dopo quel fatidico 8 maggio 2008. La Asl di Maglie ha pianificato controlli a tappeto sulle carni e sul latte prodotto negli allevamenti che si trovano nel raggio di dieci kilometri dalla Copersalento. E’ stato analizzato anche il foraggio di cui si sono nutriti gli animali e il terreno su cui hanno pascolato. Infine le acque che hanno bevuto gli animali, così come le persone, dal momento che i pozzi analizzati sono al servizio dell’Acquedotto pugliese. Eccoli, i risultati di quasi un anno di prelievi. Li pubblichiamo in anteprima, analizzandoli con i responsabili della ricerca: Franco Leomanni, direttore incaricato area C per il controllo igiene allevamenti e produzioni zootecniche; Corrado

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De Noterpietro, direttore area B controllo alimenti. I risultati sono sconfortanti, anche se, secondo la Asl, l’emergenza sanitaria legata alle emissioni è passata. Ma è logico che sia così: la Copersalento infatti è chiusa. I dati parlano di contaminazione su tutti i prodotti analizzati. Certo, i livelli di diossina e pcb (policlorobifenile) variano a seconda del luogo e dell’oggetto del prelievo: in alcuni casi sono di gran lunga al di sopra del limite, in molti altri sono all’interno dei “livelli di attenzione”. Significa che sono state rilevate le sostanze contaminanti e che è necessario fare ulteriori approfondimenti. Nel frattempo, ad almeno un alleva-

mento cui era stato ordinato l’abbattimento delle pecore, il 13 gennaio scorso è arrivata la sospensiva del Tar di Lecce, in quanto ha dimostrato di avere l’autorizzazione a vendere quel latte, dove pure sono stati riscontrati valori di diossina fuori norma. Questo tipo di analisi non erano mai state effettuate in precedenza: i controlli che pure ci sono stati negli anni, erano, secondo le direttive ministeriali, a campione e, fanno sapere dalla Asl, sempre nella norma (si legga intervista a pag. 5). Tutti i dati, che abbiamo richiesto alla Asl di Maglie e che ad oggi sono inediti, sono stati richiesti dalla Procura all’interno dell’indagine che ha portato al recente sequestro preventivo dello stabilimento.


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// rEttifica di gabriElE vErdEramo

Ph: Rocco Toma

// GLI ALLEVAMENTI 61 allevamenti passati ai raggi x. Sono quelli che rientrano nell’indagine condotta dal dipartimento di prevenzione della Asl di Maglie a partire dall’aprile 2009. Ricadono tutti nel raggio di 10 chilometri dalla Copersalento, ovvero nel territorio di 14 diversi Comuni considerati a rischio contaminazione da diossina (Bagnolo, Botrugno, Corigliano d’Otranto, Cursi, Giuggianello, Maglie, Muro Leccese, Poggiardo, Sanarica, San Cassiano, Scorrano, Supersano, Surano, Uggiano La Chiesa). Degli allevamenti analizzati, 17 sono risultati totalmente negativi a valori di diossina o pcb. In 29 di essi, pur se non sono stati rilevati valori di positività tali da considerare l’allevamento stesso come contaminato, si sono tuttavia raggiunti livelli di attenzione (in molti casi a ridosso della soglia di positività) che hanno portato all’applicazione della Raccomandazione 88/2006 della Commissione europea, ovvero alla mappatura della zona alla ricerca di fonti di emissione di diossina e ad ulteriori controlli in matrici diverse da quella analizzate (per “matrici”

si intendono gli elementi su cui è stata condotta l’analisi). Se, ad esempio, era stato registrato un alto valore di diossina nelle carni bovine, si è passati ad analizzare il latte bovino o il foraggio, al fine di verificare se anche altre matrici avessero risentito della presenza di diossina nell’ambiente. Gli allevamenti in cui sono state riscontrate positività alla diossina sono stati in tutto 14. La situazione più grave si è registrata a Cursi ed a Maglie. Nel primo caso ben 5 allevamenti su 13 sono risultati contaminati; nel secondo, addirittura 7. Inoltre la positività alla diossina non ha riguardato un’unica matrice, ma in molti casi più matrici contemporaneamente. In un allevamento di Cursi, per fare solo un esempio, sono risultati contaminati la carne sia bovina sia ovina, il latte sia bovino sia ovino, il foraggio ed il fegato ovino. Ed in molti casi i valori allarmanti non hanno costituito l’eccezione, ma sono stati confermati anche in successivi prelievi realizzati a distanza di tempo, alcuni anche piuttosto recentemente (novembre 2009). Gli animali contaminati sono stati abbattuti (oltre 130 capi di bovini e 230 ovini più abbattimenti successivi di singoli capi); tre allevamenti sono stati chiusi. il tacco d’Italia

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Riceviamo e pubblichiamo integralmente la rettifica di Gabriele Verderamo, dirigente della Copersalento, in relazione alla precedente inchiesta pubblicata sul Tacco n.63 dal titolo “Copersalento: veleni da vent’anni”. Il dottor Verderamo ha ritenuto di querelare la sottoscritta per una frase, contenuta all’interno della sua intervista, sul legame tra la Olsa, di proprietà della famiglia Fitto, e la Copersalento. Intervistato dalla collega Ada Martella, affermava, di fronte ad un registratore, che “la Copersalento nasce dalla famiglia Fitto”. Questo rapporto di “figliolanza”, sebbene da lui stesso utilizzato per descrivere la sequenza cronologica della morte di un’azienda e della nascita dell’altra, è stato ritenuto diffamante. Su tutto il resto, contenuto nell’articolata e complessa inchiesta di 32 pagine, nulla da dire. Abbiamo parlato di rapporti commerciali della Copersalento con aziende imputate e/o condannate per traffico illecito di rifiuti pericolosi; di contaminazione da diossina; di contaminazione delle acque; di diversi procedimenti penali a carico dei responsabili della Copersalento; dell’aumento di malati di tumore. Su tutto questo per ora l’azienda non ha replicato. Sul concetto di “figlio”, sebbene da lui stesso espresso nel corso dell’intervista, è arrivata la querela. Ne prendiamo atto. Invece per capire come dalla Ol.sa. si arrivi alla Copersalento, usando i soldi pubblici, nel periodo in cui era presidente della Giunta regionale Raffaele Fitto si legga a pag. 12. M.L.M Questa è la rettifica. “Riguardo la mia rettifica ribadisco che la Copersalento non è “figlia” della Olsa di proprietà della famiglia Fitto. La Olsa ha cessato la sua vita nel 1981 mentre la Copersalento è stata costituita solo nel 1986. Nel frammezzo altre società hanno gestito lo stabilimento e, quindi, i legami della Copersalento con la Olsa o la famiglia Fitto sono inesistenti. Riprova ne sia che chi ha chiuso la Copersalento è stato solo e solamente il provvedimento del sindaco Fitto”. Saluti Gabriele Verderamo


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// GLI ALTRI CONTROLLI I terreni. Sui terreni agricoli e residenziali ricadenti nel raggio della Copersalento Asl ed Arpa hanno realizzato 15 campioni in tutto. I risultati già pervenuti riguardano 10 analisi ed hanno tutti rilevato livelli di diossina inferiori ai limiti previsti (10 nanogrammi/kg terreno). Degli 11 campioni realizzati dall’Arpa tra novembre 2009 e gennaio 2010 sui terreni delle zone industriali, uno ha superato il limite previsto per le aree industriali (100 nanogrammi/kg terreno). E’ stata pertanto chiesta la bonifica del terreno che in passato era stato espropriato ed acquisito dal consorzio Sisri. Olio, grano, olive. I valori raccolti da Asl e Sian (Servizio igiene alimenti e nutrizione) nel 2009 sono risultati conformi alla Raccomandazione Efta 194/2006. I pozzi. Ne sono stati analizzati due, uno a Cursi ed uno a Muro Leccese, da parte dell’Arpa. Il pozzo di Cursi è risultato nella norma. In quello di Muro Leccese sono state rinvenute tracce di pcb. Entrambi sono a servizio dell’Acquedotto pugliese.

cHE cosa è

i numEri 61 gli allevamenti controllati 29 gli allevamenti in cui sono stati registrati valori all’interno dei “livelli di attenzione” 14 gli allevamenti in cui i valori di diossina e pcb hanno superato il limite 15 i Comuni interessati dall’indagine 10 kilometri: è il raggio del territorio analizzato, attorno alla Copersalento 170 i bovini abbattuti 230 gli ovini abbattuti 3 gli allevamenti chiusi

Ph: Rocco Toma

// LA DIOSSINA E’ un cocktail di varie sostanze altamente cancerogene: policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani (PCDD/F), policlorobifenili. Questo è il famigerato PCB, tra le dieci sostanze ritenute più cancerogene al mondo, del quale furono ritrovati 200 bidoni nel basso Salento e alcune decine nella discarica di Burgesi (si veda Tacco n. 54, perché, questa, è un’altra storia). La diossina è solubile nei grassi, dove tende ad accumularsi. Proprio per questa sua tendenza ad accumularsi nei tessuti viventi, anche un’esposizione prolungata a livelli minimi può recare danni. Mediamente il 90% dell’esposizione umana alla diossina avviene attraverso gli alimenti (in particolare dal grasso di animali a loro volta esposti a diossina) e non direttamente per via aerea: il fenomeno del bioaccumulo fa sì che la diossina risalga la catena alimentare umana concentrandosi sempre più, a partire dai vegetali, passando agli animali erbivori, ai carnivori ed infine all’uomo.

// IL LIVELLO DI ATTENZIONE Si parla di livello di attenzione quando è stata rilevata la presenza di diossina o pcb ma non è stato superato il valore che, per legge, fa sì che un alimento sia giudicato come “contaminato”, quindi da distruggere.

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di madrE in figlio. diossina in ErEdità

Franco Leomanni: “Fino ad oggi non erano mai stati effettuati controlli sulle diossine” Ph: Rocco Toma

i è conclusa la ricerca effettuata da Asl, Arpa e Istituto zooprofillatico di Teramo sugli animali contaminati da diossina, sul latte, sui fieni, sui fegati e sui feti. Pubblichiamo i risultati di tale ricerca, risultati ad oggi inediti, commentandoli con Franco Leomanni, direttore incaricato area C per il controllo igiene allevamenti e produzioni zootecniche. Una ricerca unica in Italia che ha dimostrato che la diossina si trasmette da madre a figlio già in età fetale. Sappiamo dunque che gli animali e i loro figli erano contaminati. Ma possiamo solo immaginare quanto lo siamo noi e i nostri figli. Fin dal momento della gestazione. Perché noi

quel latte, quella carne, quei formaggi, li abbiamo mangiati. Gli allevatori sono stati ripagati per l’abbattimento dei capi di bestiame dalla Regione Puglia, cui spetta anche la spesa per l’abbattimento degli animali e la distruzione del latte. Chi ripagherà però i cittadini per il danno subito, dal momento che è stata accertata la contaminazione da diossina nel raggio di dieci kilometri da Maglie? I tumori nel Salento sono in aumento. Questo è un dato di fatto. Quali sono gli effetti sull’uomo, negli anni? Sono domande a cui ora si dovrà cominciare a dare una risposta. Perché no, immaginando una class action, da oggi possibile anche in Italia.

S

Dottor Leomanni quando sono iniziate le vostre indagini? “Quando si è venuto a sapere che la Provincia aveva promosso degli accertamenti sull’ambiente che avevano fatto registrare valori di diossina molto elevati nella zona di Maglie ed in maniera particolare nei dintorni della Copersalento. Questi dati, come è noto, sono stati tuttavia contestati dalla Copersalento perché al momento delle analisi non era presente il perito di parte e dunque le analisi stesse non avevano valore ufficiale. Per noi esse rappresentavano comunque un camFranco Leomanni e Corrado De Notarpietro, responsabili della ricerca sulla contaminazione da diossina effettuata dalla Asl di Maglie

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panello d’allarme e pertanto ci siamo prodigati per andare a fondo alla questione. Naturalmente si trattava di una notizia da accertare al più presto al fine di valutare le ricadute che la presenza di diossina avrebbe potuto avere sugli alimenti e sugli animali. Le analisi che di routine vengono effettuate sono quelle indicate dal Ministero che, ogni anno, predispone dei piani specifici per i rilevamenti. La Asl non può, quindi, in autonomia, realizzare dei controlli su tutti gli inquinanti ambientali ma deve attenersi a quanto indicato annual-


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mente da Roma. Il Ministero, ad esempio, indica nel piano annuale, di effettuare dei rilievi di diossina ed indica anche dove andarla a cercare, nei fieni, nelle uova, eccetera”. Fini ad oggi che tipo di rilevazioni sulle diossine sono state fatte ai sensi delle indicazioni del Ministero? “Sono stati effettuati i campioni annuali sulle diossine, in genere sui foraggi e sugli animali. Il Ministero nel suo piano di interventi indica la matrice da ispezionare, ma perché un veterinario della Asl effettui quel prelievo è necessario che su quella matrice indicata dal Ministero esista almeno un dubbio o una segnalazione nel territorio. Se il Ministero, ad esempio, indica come matrice le uova e a Maglie non sono presenti allevamenti di uova, allora il veterinario non eseguirà i controlli a Maglie. Per cui non è detto che se la diossina non è stata trovata, effettivamente non ci sia stata. Può essere capitato che noi abbiamo controllato produzioni di uova a Gallipoli alla ricerca della diossina e la diossina non fosse lì ma altrove. Fino ad oggi, nella zona di Maglie non erano mai stati effettuati accertamenti sulle diossine”. Che tipo di controlli avete effettuato? “Controlli molto rigorosi. Sul latte non abbiamo rinvenuto subito diossina in quantità tali da allarmarci. Il latte contaminato da diossina era stato diluito con latte nella norma. Quindi, in percentuale, la presenza di diossina era molto diminuita, si poteva mettere in commercio. Quelle partite di latte si sarebbero potute utilizzare ma nella consapevolezza che vi era la diossina, pur se in quantità non gravi, abbiamo deciso di non dichiararle utilizzabili e le abbiamo distrutte. Ne abbiamo eliminati 6 autobotti da 60 quintali l’una più un silos da 10mila litri. E prima di abbattere gli animali abbiamo realizzato campionamenti a tappeto ripetuti più volte, sugli animali e sugli alimenti”.

Che cosa avete trovato nei mangimi? “I risultati sono stati buoni: i valori erano nei limiti. Nei fieni invece abbiamo riscontrato positività alla diossina”. I fieni sono costituiti da erba secca? “Esatto. Una volta che è stata rinvenuta la diossina, gli allevamenti sono stati posti sotto sequestro. Il piano prevedeva il controllo a tappeto in tutti gli allevamenti entro un raggio di 5 chilometri dalla Copersalento sia sulle produzioni di latte sia sulla nuova macellazione ovvero sugli animali abbattuti per consumo di carne, ed il campionamento sui fieni e sugli alimenti degli animali quali fieni e mangimi. Ma siamo andati oltre effettuando campionamenti nel raggio di 10 chilometri; abbiamo analizzato 61 allevamenti in tutto. Molti sono allevamenti per autoconsumo, che servono cioè per il consumo familiare di carne e sono costituiti da pochi capi di bestiame. Tuttavia anche in questi sono state riscontrate delle positività, perché è d’uso approvvigionarsi di vitellini appena nati presso altre aziende che possono dunque sorgere nei pressi dalla Copersalento. Attraverso l’anagrafe dei capi di bestiame possiamo risalire al luogo in cui i vitelli sono stati acquistati e quindi seguire gli spostamenti di ogni singolo capo. Pertanto se un animale oggi non vive nel raggio di 5 chilometri dalla Copersalento ma è stato acquistato, da piccolo, da un allevamento che sorge

SONO EMERSI ALTI VALORI DI POSITIVITÀ ALLA DIOSSINA NEI FEGATI SIA DEGLI OVINI SIA DEI BOVINI; CIÒ SIGNIFICA CHE UNA MADRE CONTAMINATA TRASMETTE LA CONTAMINAZIONE AL FETO CHE, DUNQUE, NASCE GIÀ “POSITIVO”

Il fumo denso e nero della Copersalento in attività Ph: Rocco Toma

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nelle vicinanze, allora è stato controllato. Anche in quei casi, purtroppo, abbiamo trovato delle positività, perché la diossina si accumula attraverso i grassi che sono una delle principali fonti di sostentamento degli animali in tenera età. Di fatto la diossina si è accumulata nei tessuti e se l’accumulo è abbastanza rapido, l’eliminazione non lo è affatto. Sono necessari circa sette o otto anni, perché un animale possa smaltire la diossina”. In che modo avete realizzato i prelievi sugli animali? “Il piano di monitoraggio è stato molto lungo in quanto il prelievo è stato effettuato nel momento in cui capi venivano abbattuti per l’autoconsumo. Sui capi da carne, purtroppo non c’è altro modo se non aspettare che vengano uccisi una volta raggiunta l’età da macello. La gran parte dei prelievi è terminata da poco; una piccola percentuale è tuttora in corso. Abbiamo tuttavia effettuato rilievi anche su animali vivi, nel caso in cui fossero animali da latte”. Quanti prelievi sono stati realizzati fino ad oggi? “Abbiamo abbattuto oltre 130 capi di bovini e 230 ovini. Ci sono stati anche abbattimenti successivi ma si è trattato di singoli capi in piccoli allevamenti per l’autoconsumo. Negli allevamenti risultati positivi sono stati abbattuti a più riprese tutti i capi”. Quando è partita l’indagine? “Nella primavera dell’anno scorso. In Italia non siamo abituati a rilevare la positività alla diossina. Si sono verificati pochi casi negli anni; uno ai danni delle bufale in territorio di Caserta ed altri episodi in provincia di Taranto nei pressi dell’Ilva. In quel caso i risultati erano stati ancora più allarmanti di quanto non siano stati a Maglie in quanto la zona inquinata era molto più estesa rispetto a quella relativa alla Copersalento data l’estensione dell’impianto e l’altezza dei camini. Più alto è il camino della fonte produttrice, infatti, più la zona di ispezione si allarga. Nel caso della Copersalento è stato tuttavia accertato anche l’inquinamento dei terreni, pur se non eccessivamente elevato”. Quali dispositivi sono stati messi in campo una volta riscontrata la positività dei terreni alla diossina? “Abbiamo emesso delle ordinanze ad hoc, in cui abbiamo consigliato agli allevatori di non utilizzare il fieno dell’anno in corso, e di falciarlo ad una certa altezza e non troppo vicino al terreno perché la diossina si deposita in basso. Sono stati accorgimenti utili in quanto nei fieni prodotti più di recente non sono stati rilevati livelli limite di diossina. Naturalmente tali risultati dipendono non solo dai consigli che abbiamo fornito ma anche dal fatto che le fonti di emissioni nel frattempo erano cessate. Se la fonte di inquinamento cessa, scende il livello di diossina anche nel fieno. Le piogge, che quest’anno sono state particolarmente abbondanti, hanno certamente aiutato a diluire la concentrazione. Ci sono stati però anche nei fieni degli


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sforamenti dei livelli di attenzione, che non significano positività ma sono comunque valori più elevati della norma. In quei casi bisogna verificare il perché di tali sforamenti anche per evitare che le fonti contaminino altro bestiame e altro fieno: possono dipendere dalla presenza di discariche abusive, dalla combustione di materiale plastico. Ci sono ad ogni modo livelli di attenzione anche in zone lontane da Copersalento, ad esempio nella zona compresa tra Maglie e Scorrano che ricade nell’arco dei 10 chilometri dall’impianto. Anche in questi allevamenti sono stati eseguiti gli accertamenti a tappeto sia sui prodotti sia sugli animali. In quel caso è sufficiente monitorare il bestiame senza abbatterlo. E’ necessario tuttavia effettuare campionamenti protratti nel tempo, a distanza di alcuni mesi, per essere certi dei risultati”. Una volta abbattuti, a quali tipo di analisi sono sottoposti i capi di bestiame? “E’ stata effettuata una ricerca, ad oggi mai eseguita in Italia, sui fegati e sui feti di ovini e bovini. I risultati hanno tardato ad arrivare in quanto abbiamo la priorità alle analisi sui fieni, poiché vengono consumati quotidianamente. In Italia si è verificata una casistica ridotta di rilevamenti di diossina per cui studi di tal genere, con scopi prettamente scientifici, non erano mai stati effettuati prima d’ora”. In questa ricerca scientifica siete stati affiancati da tecnici o esperti dell’Università? “La ricerca è condotta dall’istituto zooprofilattico che si coordina con le Università ed effettua esso stesso ricerche delle quali dà conto al Ministero della Sanità”. Che cosa cercavate di stabilire con questo studio? “Volevamo capire se gli animali nascono già positivi alla diossina. Ci interessava sapere se ci fosse trasmissione della contaminazione da madre a figlio sia al momento della nascita sia tramite allattamento”. Quali risultati avete ottenuto? “Sono emersi alti valori di positività alla diossina nei fegati sia degli ovini sia dei bovini; ciò significa che una madre contaminata trasmette la contaminazione al feto che, dunque, nasce già positivo”. Questo tipo di studi immagino serva per capire il fenomeno della contaminazione anche nell’uomo e la trasmissibilità della diossina, dalla madre al bambino che ha in grembo. “Si” Torniamo a quello che è stato fatto prima dello sforamento di diossina. Mi ha detto che venivano effettuati controlli in base alle direttive del ministero. “Ogni anno il Ministero emana due piani: il Piano alimentazione animale in cui ci sono i controlli sui fieni, sui mangimi, sulle acque di abbeverata, per vedere se vengono utilizzate sostanze indesiderate come farmaci, materiali per l’ingrasso degli animali, fitofarmaci, diserbanti, inquinanti ambientali come le diossine”.

Prima del picco di diossina, quali risultati aveva avuto l’Asl? “Sempre al di sotto della soglia di attenzione, anche perché, come ho detto, non sono mai stati realizzati a Maglie e sempre su campioni esigui. Come dicevo, l’Asl non è libera di effettuare i campionamenti che crede, ma deve attenersi alle indicazioni del Ministero anche perché i campioni hanno costi ingenti, circa 800 euro l’uno. Quindi bisogna inoltrare una richiesta alla Regione per andare “extra piano” e motivarla e fino allo sforamento di diossina non era mai capitato”. Gli allevatori hanno riferito che già da tempo avevano avuto indicazioni dalla Asl di eliminare il fegato dell’animale, una volta che questo fosse stato abbattuto per vendere la carne. E’ così? “Sui bovini o sugli ovini non è mai stato indicato nulla del genere. Per gli equini esiste invece l’obbligo a smaltire il fegato. I cavalli infatti spesso provengono dall’estero e per evitare rischi da inquinanti ambientali esiste l’obbligo ad eliminarne il fegato”.

Chi si fa carico dei costi della distruzione di latte e bestiame? “I costi sono tutti a carico della Asl, rimborsati dalla Regione”. Quindi facendo i conti, quanto è costata questa operazione? “Siamo arrivati ad una spesa che si aggira attorno ai 400mila euro. Si tratta di esami dai costi ingenti. Ogni singolo campione costa 600 euro più Iva; ne abbiamo effettuati più di 200. Sulle pecore ne abbiamo fatti tanti altri. Non abbiamo ancora quantificato la spesa totale sostenuta solo per gli esami. In parte ci verrà rimborsata dalla Regione. Agli allevatori sono stati rimborsati i costi degli animali abbattuti a valore di mercato”. Quanto ha messo a disposizione la Regione per il “caso Maglie”? “Inizialmente ha stanziato 200mila euro solo per Maglie; successivamente ha previsto il finanziamento di un milione di euro in tutto per Maglie e per Taranto”.

i costi dElla contaminazionE da diossina 720 euro: il costo di ogni singola analisi

200: le analisi effettuate

400mila euro: i costi sostenuti finora dalla Asl e rimborsati dalla Regione Puglia un milione di euro: i fondi stanziati dalla Regione Puglia per: analisi, abbattimento dei capi, distruzione del latte contaminato 46 mila litri: il latte distrutto perché contaminato da diossina

130: i bovini abbattuti

230: gli ovini abbattuti

cHi paga I costi delle analisi e della distruzione dei capi di bestiame sono a carico della Asl, rimborsata dalla Regione. La Regione Puglia rimborsa anche gli allevatori per i capi abbattuti, valutati a prezzo di mercato. Gli allevatori sono già stati rimborsati.

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//tutti i numEri dEl vElEno Comune

Allevamenti controllati

Negativi

Bagnolo

1

1

Botrugno

5

1

Corigliano

5

Cursi

Soglia di attenzione*

Provvedimenti

Note

4 (carne bovina)

Applicazione della raccomandazione 88/1006

un allevamento è stato chiuso; in tre allevamenti sono stati rilevati livelli di attenzione in prelievi realizzati a distanza di tempo

1

3 (2 per latte caprino; 1 per latte ovino)

Applicazione 88/2006

in un caso il campione non si è rivelato idoneo

13

2

6 (4 per carne bovina; 1 per carne bovina ed equina; 1 per latte bovino)

5 (3 per carne bovina; 1 per latte ovino e carne bovina; 1 per carne bovina, carne ovina, latte bovino, latte ovino, foraggio, fegato)

Gli allevamenti positivi sono stati abbattuti; in quelli con livelli di attenzione è stata applicata la 88/2006

In alcuni allevamenti, pur non raggiungendo la positività, i valori di diossina e pcb sono stati moto vicini alla soglia (2 allevamenti di carne bovina con valori di 4,31 e 4,34; 1 allevamento di latte ovino con valore 5,51; 1 allevamento di carne equina con valore 4,43) In 3 allevamenti di carne bovina la diossina ha superato il limite di positività anche di quattro volte (valori tra 16,97 e 18,79) In 3 allevamenti la produzione è risultata positiva alla diossina anche in prelievi ripetuti a distanza di tempo

Giuggianello

3

3

Maglie

14

1

6 (3 per carne bovina; 2 per carne bovina e latte bovino; 1 per latte ovino)

7 (6 per carne bovina; 1 per latte bovino) 1 (carne equina)

Gli allevamenti con valori di positività sono stati abbattuti; 2 allevamenti sono stati chiusi Negli allevamenti con valori di attenzione è stata applicata la 88/2006

In un allevamento i livelli di positività alla diossina hanno raggiunto valori pari a tre volte il limite Negli allevamenti con positività si sono spesso registrati valori di attenzione su diverse matrici e valori di positività confermati in prelievi successivi

Muro Leccese

4

2

1 (carne bovina)

1 (carne equina)

Poggiardo

2

1

1 (carne bovina)

Sanarica

1

1

San Cassiano

5

1

4 (carne bovina)

Scorrano

3

1

1 (carne bovina)

Supersano

1

1

Surano

1

1

Uggiano La Chiesa

3

Positivi*

Nel caso dell’allevamento di carne equina, si è registrato un valore di diossina pari a più del doppio del valore limite (10,80) Applicazione della 88

1 (carne equita)

Nell’allevamento di carne bovina sono stati effettuati nuovi campioni su latte, carne, foraggio

1 (carne bovina)

Applicazione della 88

2 (carne bovina)

In un allevamento con diossina a livelli di attenzione sono stati effettuati campioni anche su carne, foraggio e latte

Uno dei capi trovati con valori di diossina a livelli di attenzione proveniva da un allevamento di Cursi risultato contaminato e poi abbattuto

*soglia di attenzione (ai sensi della raccomandazione 88/2006) - latte: 2 picogr pcb-diossina/gr; carne: 1 picogr pcb/gr - 1,5 picogr diossina/gr ** positività (ai sensi regolamento CE 1881/06) carne: >4,50 picogr/gr – latte: >6 nanogr/gr – foraggi: 0,750 picogr/gr (dlgs 333/04) – fegato: > 6 picogr diossina /gr; >12 picogr diossina+pcb /gr


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Impianto in tilt. Una delle tante esplosioni della caldaia fotografata da un telefonino

cEnEri E cdr si smaltivano sEnza autorizzazionE MARCO D’AGOSTINO, ORA SOSTITUTO PROCURATORE A TRANI, INDAGÒ SULLO SMALTIMENTO NON AUTORIZZATO DI CENERI E CDR DA PARTE DELLA COPERSALENTO. ERANO GLI ANNI TRA IL 2001 E IL 2003. ECCO IL RACCONTO DELLE INCHIESTE E DEL PROCESSO di ANDREA MORRONE

ell’ultimo decennio la magistratura si è interessata a più riprese del caso Copersalento. Vari filoni di indagine sono confluiti sulle scrivanie di alcuni sostituti della Procura di Lecce. Tra questi Marco d’Agostino, per molti anni impegnato sul fronte dei reati ambientali e contro la pubblica amministrazione nel capoluogo salentino, e oggi in servizio presso la Procura di Trani.

N

Quella della Copersalento è stata negli anni anche una lunga vicenda di perizie e consulenze tecniche, legate, a vario titolo, alle inchieste giudiziarie. Nel 2003 fu proprio il sostituto procuratore d’Agostino ad affidare a due consulenti esterni della facoltà di Chimica di Bari una perizia fondamentale in

quello che sarebbe poi stato il processo successivo. In particolare, si legge negli atti relativi al procedimento, i professori dell’Università del capoluogo avrebbero dovuto “accertare previo sopralluogo presso la Copersalento e presso i suoli in sequestro, le caratteristiche e la tipologia dei materiali rinvenuti dal ciclo di combustione e la loro compatibilità con l’utilizzo in agricoltura. Stabilire poi le caratteristiche e la compatibilità con il processo di combustione dei rifiuti presenti nell’insediamento di Copersalento e avviate alla combustione”. Furono dunque proprio le ceneri a passare inizialmente sotto la lente dei consulenti (fu accertata ad esempio una presenza di piombo elevata), vista la

loro presenza nei campi adiacenti allo stabilimento, in cui erano rivendute ad agricoltori compiacenti (si è trattato in alcuni casi anche di ceneri prodotte dalla combustione di farine a rischio BCE- la cosiddetta “mucca pazza”) e utilizzate come ammendanti. Dall’analisi di queste ceneri emerse la presenza di sostanze (come le sigarette) mai autorizzate. In realtà le ceneri in questione dovevano essere suddivise in scorie o ceneri pesanti e ceneri leggere o volanti. Le prime sono rifiuti pericolosi e andrebbero smaltite in discariche apposite. Le seconde possono essere riutilizzate per sottofondi stradali; conglomerati bituminosi; calcestruzzi e malte e produzione di cemento.

13 IMPUTATI, TRA CUI RAMPINO E MERICO, PATTEGGIARONO FACENDO RICORSO ALL’OBLAZIONE: PREVIO PAGAMENTO DI UNA LAUTA MULTA, CIOÈ, IL REATO FU CANCELLATO. MA SIGNIFICÒ RICONOSCERLO il tacco d’Italia

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Riguardo invece al CDR, fu accertato che l’autorizzazione in possesso della Copersalento consentiva di utilizzare combustibile derivato da rifiuti prodotto secondo caratteristiche particolari che sono quelle previste nel decreto che regolamenta il riutilizzo dei rifiuti in principio semplificato. Invece presso lo stabilimento di Maglie era convogliato il CDR di alcune aziende, in particolare la Vesta di Venezia, prodotto con una procedura differente. In particolar modo utilizzando rifiuti di partenza diversi da

quelli previsti dalla normativa vigente. Vi era quindi un problema di “forma e di sostanza”. La forma riguarda il percorso di questo rifiuto, che non era quello previsto dalla procedura semplificata; la sostanza era che i rifiuti dai quali veniva prodotto il CDR in questione non erano quelli previsti dalla normativa. Pur non trattandosi di rifiuti pericolosi o tossico-nocivi, vi erano comunque sostanze non contemplati nell’autorizzazione e che non sarebbero pertanto dovuti passare attraverso Maglie.

LE CENERI, RIFIUTI SPECIALI DERIVANTI DALLA COMBUSTIONE DEL CDR, VENIVANO SPARSE SUI TERRENI COME CONCIMI DA CONTADINI COMPIACENTI O INGENUI. I TERRENI VENNERO BONIFICATI. IL COMUNE DI MAGLIE, PARTE OFFESA, NON SI COSTITUÌ PARTE CIVILE

Dottor D’Agostino, lei e la d.ssa Mignone siete stati i primi a compiere indagini sulla Copersalento fin dal 1997. Già da allora si riscontravano una serie di sforamenti nelle emissioni e si è arrivati a sentenza di condanna. Ma la Copersalento ha continuato ad inquinare in un’escalation di sforamenti che culmina con quello di 420 superiore al limite di diossina: come è potuto accadere? “Personalmente non mi sono mai occupato di diossina. Le due inchieste che ho condotto, rispettivamente nel 2001 e nel 2003, e che hanno portato al sequestro della Copersalento, riguardavano alcuni reati che derivavano dallo smaltimento delle ceneri provenienti dall’impianto di combustione del CDR sui campi di alcune aziende agricole circostanti che compravano queste ceneri con regolare documento di trasporto e le utilizza-

vano come ammendante1. In realtà si trattava di rifiuti speciali da smaltire secondo le normative vigenti, e pertanto è stata contestata la gestione dei rifiuti con riferimento a queste ceneri”. Perché non si è impedito che accadesse? Che cosa ha fallito secondo lei? “Inizialmente, mi riferisco alle indagini e ai relativi procedimenti che mi riguardano, è sembrato che gli interventi apportati fossero risolutivi. Mi riferisco alla bonifica dei suoli e alla installazione di un cosiddetto “filtro a maniche”2. In una delle indagini veniva, infatti, affrontato anche il problema delle immissioni in atmosfera, poiché da uno dei camini della Copersalento venivano emesse percentuali di concentrazione di polveri pari a circa 770 mg/N-metrocubo, limiti ben superiori rispetto alla normativa vigente. Per questo fu installato un “filtro a maniche”, come suggerito dal consulente della Procura il professor Fracassi, che consentì di riportare i valori delle polveri, monitorate poi dall’Arpa e dalla Provincia, nei limiti previsti dalla legge. Quello della diossina è un problema emerso dopo, bisognerebbe conoscere gli atti d’inchiesta relativi al nuovo sequestro”. Nel 2005 ha chiesto il sequestro della Copersalento, poi rigettato da Del Coco. Come parti offese erano presenti il Comune di Maglie e il Ministero dell’ambiente. Ci risulta che non si siano mai costituiti parte civile. E’ così? Se è così, come giustifica questo silenzio da parte delle istituzioni? “Non mi risulta che alcuno degli organi citati si sia mai costituito parte civile. Una scelta su cui bisognerebbe interrogare i diretti interessati. D’altro canto mi sembra inconfutabile che quello della Copersalento non sia meramente un affare giudiziario, ma anche e soprattutto di salute pubblica”. Quale “aria” si respirava nella città di

Maglie e in provincia all’epoca delle indagini? La Procura era percepita come chi voleva tutelare la salute delle persone o il clima era favorevole alla Copersalento? “Il problema delle immissioni è stato per lungo tempo il problema maggiormente sentito dalla popolazione locale, che per anni ha convissuto con questa nube tossica proveniente dalla Copersalento. Una nube portata dal vento di tramontana su Maglie e le altre cittadine limitrofe, e spinta dallo scirocco sino a Lecce. Non è un caso che la Procura abbia ricevuto negli anni tutta una serie di denunce ed esposti anonimi. Questo problema all’epoca sembrava essere stato risolto proprio dall’installazione del filtro a maniche. Successivamente è emerso il problema della diossina, di cui si è però occupato il procuratore aggiunto Ennio Cillo”. Fu fatto un campionamento con relative analisi sul cdr? “Le inchieste hanno riguardato anche il materiale immesso nell’impianto di combustione, e cioè il CDR e la sansa. Su quest’ultima bisogna partire dal presupposto che la Copersalento nasce per lo smaltimento della sansa esausta, mentre poi abbiamo accertato che riceveva sansa vergine, due componenti ben diverse. Sulla sansa vergine ci sono stati, però, degli interventi normativi per i quali progressivamente è stata declassata da rifiuto a materia prima secondaria. Un intervento normativo che si è presentato durante il procedimento, come fatto rilevare dagli stessi legali della Copersalento3. Riguardo al CDR la Copersalento era autorizzata con procedure semplificate alla messa in riserva e al recupero dello stesso. Ovviamente, poiché si trattava di una procedura semplificata, – ovverosia di una procedura che non necessita della preventiva autorizzazione della Provincia, ma di una semplice

1 Gli ammendanti sono delle sostanze utilizzate per migliorare le caratteristiche fisiche del suolo. 2 Il filtro o maniche o filtro a sacchi, è un’apparecchiatura utilizzata per la depolverazione di correnti gassose. 3 Tra ottobre e dicembre del 2004, presso la Copersalento furono distrutti, in relazione alla legge 118/2002 sull’emergenza legata al proliferare dell’ encefalopatia spongiforme bovina, quasi 8.000 quintali di farine animali a rischio.

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Le ceneri depositate all’aria aperta Ph: Franco Belviso

comunicazione di inizio attività, nel cui caso può far seguito un provvedimento negativo della Provincia stessa (mai avvenuto n.d.r.) – bisognava osservare determinati requisiti e presupposti che erano previsti in un decreto ministeriale. Il problema era che la Copersalento riceveva CDR da imprese che invece lo producevano non con procedura semplificata ma con procedura ordinaria e quindi aveva delle caratteristiche tecnico-qualitative che erano diverse da quelle che ne consentivano il recupero con procedura semplificata. Questo comportava una gestione illecita del rifiuto CDR. Gestione illecita che è stata contestata sia alla Copersalento, sia ad una serie di aziende sparse in tutta Italia che producevano questo CDR. Mi riferisco ad esempio all’azienda facente capo a Gaetano Faccilongo (finito con il padre Tommaso in una serie di inchieste della Procura di Bari sul traffico illecito di rifiuti, n.d.r.): questa non aveva neanche l’autorizzazione a produrre CDR, quindi produceva illecitamente CDR e altrettanto illecitamente lo dava alla Copersalento. Vi era poi tutta una serie di altre aziende, presenti ad esempio nel napoletano, ed una in particolare a Venezia: la Vesta spa. Su di essa vi è stata un’inchiesta anche della Procura della città lagunare, che mi ha inviato gli atti per competenza. Il collega che si occupava delle indagini, Felice Casson (magistrato da sempre in prima in linea nella lotta ai reati ambientali, già docente di Diritto dell’ambiente e oggi, dopo aver abbandonato la magistratura, senatore Pd n.d.r.), mi inviò gli atti segnalandomi che la Vesta produceva CDR senza autorizzazione e lo inviava a Maglie.

Codice cer 100116: è il codice che indica le “ceneri leggere prodotte dal coincenerimento, contenenti sostanze pericolose”. Questo cartello era apposto sui sacchi contenenti le ceneri, risultato della combustione del cdr

In seguito furono adottate tutta una serie di accorgimenti, tra cui la bonifica dei terreni circostanti gli impianti, opera effettuata

anche dallo stesso proprietario del terreno agricolo (rinviato poi a giudizio). Questo ha consentito agli imputati di aver accesso alla oblazione, cioè al pagamento di una somma di denaro consistente – pari alla metà del massimo dell’ammenda –, ottenendo in cambio l’estinzione del reato. Questa procedura di oblazione richiede una preventiva eliminazione delle conseguenze dannose del reato. Va rilevato, inoltre, come tutti e tredici gli imputati hanno patteggiato o fatto ricorso all’oblazione (tra cui gli stessi Rampino e Merico n.d.r.), ammettendo, va da se, di aver commesso il reato. Il processo ha dunque avuto un esito più che positivo: primo perché abbiamo ottenuto interventi concreti per eliminare le conseguenze dannose del reato, e poi perché lo Stato ha incassato, a parziale risarcimento del danno, un bel po’ di soldi”.

// gaEtano faccilongo E la copErsalEnto Per anni la Copersalento ha bruciato il CDR proveniente da aziende sparso lungo il territorio dell’intera penisola. Aziende spesso prive dei requisiti previsti e già finite nei fascicoli delle Procure. E’ il caso di Gaetano Faccilongo, imprenditore barese finito in una delle inchieste condotte dall’allora sostituto procuratore di Lecce Marco d’Agostino. Quello di Gaetano Faccilongo è un nome ben noto (con il padre Tommaso) anche alla Procura di Bari. Ad aprile del 2002, Faccilongo, allora venticinquenne e titolare della ditta “Italia Servizi” di Valenzano, fu raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Bari, Daniela Rinaldi, con l’accusa di traffico illecito di rifiuti. Nel giugno del 2002 uno dei depositi della Italservizi, posto sotto sequestro giudiziario, fu distrutto da un incendio. Stessa sorte toccata stranamente, un anno dopo, ad un altro deposito di materie plastiche a Valenzano, nell’ hinterland barese, dei Faccilongo. Padre e figlio sono stati due dei principali imputati del processo “murgia violata”, uno dei primi casi legati al traffico di rifiuti in Puglia. Una scia di veleni che si è poi allungata sino al Salento. il tacco d’Italia

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a.a.a. patrimonio pubblico vEndEsi in saldo a privato

di FRANCESCA QUARTA

LA STRANA STORIA DELLA NASCITA DELLA COPERSALENTO. CHE PRESE IN AFFITTO IL SANSIFICIO DELL’EX ERSAP, EX AGRISUD, EX OLSA PER POI ACQUISTARLO PER UNA SOMMA PARI ALL’AFFITTO, MAI PAGATO, E DI GRAN LUNGA INFERIORE AL VALORE DELL’IMMOBILE. ACQUIRENTE PRIVATO: RAFFAELE RAMPINO (CUGINO DI FITTO). VENDITORE PUBBLICO: RAFFAELE FITTO (ALLORA PRESIDENTE DELLA REGIONE PUGLIA)

er la “Copersalento Spa”, non solo nubi di diossina che avvelenano l’aria e chi la respira, ma anche vicende di affarismo a protezione di interessi particolari e societari che, alcuni anni fa, crearono un caso politico sconosciuto ai più. Il problema fu sollevato nel 2003 dai consiglieri regionali del Partito della Rifondazione Comunista, Michele Losappio e Arcangelo Sannicandro che presentarono tre interrogazioni urgenti1. La vicenda, che non suscitò grande interesse da parte dei media, riguardò i potenziali interessi confliggenti che, nell’arco di trent’anni, riguardarono tre generazioni della famiglia Fitto: dal nonno al nipote Raffaele, passando per il padre Salvatore e altri parenti, aventi tutti un ruolo, ciascuno a titolo diverso, nella vicenda che stiamo per raccontare: chi come proprietario, chi come gestore, chi come politico. In principio fu la Ol.Sa (Olearia Salentina srl) con sede a Maglie. Il sansificio, di proprietà della famiglia Fitto, nacque nel 1973 ma, di fronte a crescenti e continue difficoltà economiche, fu posto in liquidazione volontaria nel 1982. Lo stabilimento venne così acquistato da Agrisud - Società Cooperativa srl - di Bari, un consorzio per la valorizzazio-

P

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ne e la commercializzazione di prodotti agricoli2 al prezzo di 5.269.873.362 miliardi di lire3. La somma fu ripartita in tre rate4, ma le condizioni di pagamento non vennero mai del tutto rispettate e il fideiussore della Ol.Sa, Antonio Portaluri, parente di Raffaele Fitto, chiese e ottenne dal Tribunale di Lecce il sequestro giudiziario dell’azienda nel febbraio del 1987. Intanto5, la Giunta regionale pugliese, presieduta da Salvatore Fitto, aveva già autorizzato l’Ersap (Ente regionale di sviluppo agricolo della Puglia) a subentrare “in tutti i rapporti attivi e passivi dell’Agrisud e all’acquisizione diretta dei suoi impianti e attrezzature da gestire successivamente tramite organizzazioni di natura privatistica”. Una volta preso in custodia il sansificio, per la Regione si poneva quindi la questione dell’affidamento dello stesso stabilimento a un soggetto che potesse gestirlo. Ma la soluzione del problema era, in realtà, a portata di mano: il 15 maggio del 1987, l’Ersap sottoscriveva un atto preliminare di affidamento di beni e servizi con la Coopersalento spa, il sansificio costituitosi nell’ottobre del 1986 e gestito dal cugino di Raffaele Fitto, Raffaele Rampino. “L’organizzazione di natura privatistica” di cui già si parlava nella delibera


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Michele Losappio

Arcangelo Sannicandro

regionale del 17 settembre 1986 (un mese prima della nascita della Coopersalento) per la custodia e la gestione dello stabilimento, era stata facilmente individuata. L’ente pubblico intanto saldava -con il denaro dei contribuenti- il debito miliardario6 di Agrisud nei confronti di Ol.Sa, che, da parte sua, in data 23 giugno 1987, risolveva la questione del sequestro giudiziario, “rinunciando agli atti e all’azione proposta al Tribunale di Lecce nei confronti di Agrisud”7. Fu poi nel maggio del 1988 che l’autorizzazione ministeriale di trasferimento all’Ersap dei beni ex Agrisud venne rilasciata ai liquidatori di quest’ultimo (benché la Copersalento ne avesse la custodia già dall’ottobre ’86), ma appena 13 giorni dopo8, con decreto del presidente della Regione Salvatore Fitto, il consiglio di amministrazione dell’Ersap fu sciolto. E allora, perché affidare un bene a un ente che di lì a poco sarebbe stato commissariato? Alla fine del 1988, come si può leggere nell’interrogazione del 23 maggio 2003 dei consiglieri di Rifondazione, “con atto pubblico a rogito notar Pietro Speranza, l’Agrisud cedeva all’Ersap lo stabilimento valutato £ 1.580.000.000”. Ricapitolando: dagli oltre 5 miliardi del 1982 agli almeno 6 miliardi 425 milioni di lire del 1987 (pagati fino a 3 miliardi da Agrisud e saldati infine da Ersap), l’immobile si svalutò rapidamente nel giro di pochi mesi. Intanto nel gennaio 1989, fu stipulato un contratto di affitto tra l’Ersap rappresentata dal Commissario straordinario Francesco Cappariello e la società Copersalento nella persona di Raffaele Rampino. Si convenne e si stipulò che l’Ersap concedesse “in affitto alla Copersalento lo stabilimento (…) comprensivo di tutti gli arredi, macchinari e pertinenze (…). Il contratto avrà durata venticinquennale con efficacia e decorrenza dalla data di immissione in possesso avvenuta in data 10 giugno e (…) potrà essere rinnovato. Il contratto (…) viene convenuto e accettato in 175 milioni di lire annui” per un totale di tre miliardi e mezzo, “da pagarsi in venti annualità posticipate a

partire dall’anno 1992” e fino al 2012. Cioè, per i primi anni, la Copersalento non avrebbe dovuto corrispondere una lira alla Regione. L’Ersap si impegnò inoltre a “consentire e facilitare tutti i lavori di ristrutturazione del complesso di ammodernamento dei processi produttivi e a chiedere le agevolazioni creditizie e contributive previste dalla legislazione regionale (…). Da parte sua la Coopersalento, nel contratto di locazione, dichiarò di aver trovato idoneo all’uso l’immobile e di aver riscontrato il perfetto funzionamento di impianti e macchinari, di “accollarsi l’onere delle rate di ammortamento del mutuo age-

volato eventualmente concesso dalla Regione” e di “impegnarsi espressamente a svolgere l’attività di trasformazione, conservazione e collocamento dei prodotti oleari in modo da garantire il pieno raggiungimento delle finalità dell’Ersap e l’integrale salvaguardia dei livelli occupazionali”. Undici mesi dopo però accadde che, il 7 novembre del 1989, un incendio (di natura dolosa secondo le indagini) distrusse parte della costruzione e degli impianti che, nell’occasione, si scoprì essere stranamente privo di copertura assicurativa. Fu la stessa Coopersalento a ricostruirlo spendendo tre miliardi e mezzo di lire

L’AFFITTO ALLA REGIONE NON FU MAI PAGATO PERCHÉ UN DEVASTANTE INCENDIO DISTRUSSE L’IMPIANTO, CHE FU RICOSTRUITO A SPESE DELLA COPERSALENTO. QUESTA SCOMPUTÒ I COSTI SOSTENUTI DALL’AFFITTO DOVUTO. RISULTATO: L’IMPIANTO NUOVO DI ZECCA, A SPESE DEI CITTADINI

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Raffaele Fitto

e rifacendosi in seguito sulle rate del canone di locazione9. A tal fine, nell’ottobre del 1992, venne stipulata una convenzione tra l’Ersap, nella persona del presidente e rappresentante legale Antonio Buttiglione e la Copersalento amministrata da Raffaele Rampino che si obbligava “a provvedere a propria cura e spesa a tutto quanto concerne le realizzazione delle opere di ristrutturazione dello stabilimento (…). Le spese correnti” si intendevano “versate a titolo di anticipazione” e sarebbero state recuperate “mediante deconto dei canoni di affitto, dovuti all’Ersap (…) fino a un limite massimo di tre miliardi e mezzo di lire corrispondenti a n° 20 annualità di 175 milioni l’una”. In pratica, si trattava del medesimo ammontare del contratto d’affitto, nonostante il valore della ricostruzione fosse stato stimato in 4.602.045.250 miliardi di lire (come si legge nell’interrogazione dei consiglieri di Rifondazione del 23 maggio 2003). La stima fu effettuata da Agostino Caponoce, ingegnere ex dipendente Ersap. A tal proposito si specificò che l’eventuale differenza (£ 1.102.045.250), rispetto alla somma indicata, sarebbe rimasta a completo carico della Copersalento senza diritto di rivalsa nei confronti dell’ente regionale. “La Coopersalento era autorizzata a chiedere “eventuali provvidenze contributive e/o creditizie previste dalla normativa regionale” e i lavori realizzati sotto la propria ed esclusiva responsabilità. La Coopersalento fu inoltre obbligata a contrarre a proprio carico una polizza assicurativa Ina per coprire il valore dell’intero stabilimento durante tutto il periodo di locazione. Inoltre si stabilì che qualora le indagini in corso avessero accertato responsabilità di natura dolosa a carico della Coopersalento in merito all’incendio, tutti gli oneri sarebbero rimasti a carico dell’azienda. Circa dieci anni dopo, il 23 dicembre

2002 accadde poi che10 la giunta regionale pugliese, presieduta da Raffaele Fitto, decidesse questa volta per l’alienazione di tutte le quote societarie e la vendita dello stabilimento ex Agrisud (come detto, ceduto alla Regione nel 1988 a 1 miliardo e 580 milioni di lire) a favore della Copersalento, che già lo aveva in affitto, amministrata da Raffaele Rampino. La decisione della Giunta fu posta in essere nell’ambito della dismissione, attuata dalla Regione, del patrimonio del disciolto Ersap per 1.814.367, 32 di euro (più 5.939,25 euro pari al valore del pacchetto azionario di proprietà della Regione). Il valore del prezzo stabilito dal contratto di vendita con cui era sancito il passaggio del sansificio di proprietà regionale a un’azienda locale gestita da un parente del Governatore, suscitò forti perplessità da parte dei consiglieri regionali di Rifondazione Losappio e Sannicandro che parlarono apertamente di “svendita” del bene pubblico attraverso un’operazione che risultava essere altamente vantaggiosa per la Copersalento Spa e contemporaneamente un pessimo affare per la Regione Puglia. Anche questa volta, la perizia estimativa dell’immobile fu redatta dall’ingegnere Caponoce, nel novembre 2001, in servizio presso il Genio civile di Brindisi (nominato nel luglio del 2003 dal governatore Fitto responsabile della misura 4.16 per gli interventi di potenziamento delle infrastrutture specifiche di supporto al settore turistico). Sulla perizia fu poi espresso parere di congruità da parte dell’Agenzia del Territorio Ufficio di Lecce. Curiosamente quindi si scelse di vendere un bene immobile allo stesso prezzo con il quale si era posto in affitto, nonostante lo stesso fosse stato rimodernato a seguito dell’incendio e valutato oltre 4 miliardi di lire. Perché allora fu venduto per soli 1.814.367, 32 di euro rateizzabili in dieci anni? (cioè poco più di tre miliardi e mezzo di lire, una cifra che significativamente “ritorna”). Losappio e Sannicandro si rivolsero all’allora assessore regionale all’agricoltura Nino Marmo per chiedere l’avvio di un’indagine amministrativa finalizzata dall’accertamento dei fatti e di eventuali responsabilità e la

IL TRATTAMENTO DI FAVORE RISERVATO DALLA REGIONE PUGLIA ALLA COPERSALENTO FU OGGETTO DI BEN TRE INTERROGAZIONI DI LOSAPPIO E SANNICANDRO, CONSIGLIERI DI RIFONDAZIONE. MA LA NOTIZIA EBBE POCA ECO il tacco d’Italia

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Nino Marmo

sospensione almeno temporanea dell’alienazione dello stabilimento. Nell’indagine sull’immobile oleario, Sannicandro e Lomelo focalizzarono la loro attenzione in particolare sul capitolo dedicato ai passaggi di proprietà del sansificio che, nella complessità della ricostruzione appena descritta e con fasi intermedie labirintiche, lasciavano intravedere il più classico e attuale dei circoli viziosi, fatto di nomi e volti eccellenti della politica e degli affari senza alcuna soluzione di continuità.

1 in data 14 febbraio, 31 marzo e 23 maggio 2003 2 nell’atto di acquisto del 20 settembre 1982, lo stabilimento è descritto come “tecnicamente attrezzato per l’estrazione dell’olio della sansa e per la raffinazione degli oli (…) con gli impianti e le attrezzature relative”. 3 di cui “£ 1.255.375.798 per immobili, pertinenze, accessioni e immobili di destinazione e £ 4.014.497.584 per macchinari, attrezzature, arredi d’ufficio, automezzi e tutto quanto sia da considerarsi bene mobile a norma di legge” 4 rispettivamente di lire 1.573.600, 773.873.362 e 2.992.400.000 5 delibera di Giunta regionale n° 7146 del 17 settembre 1986 6 come ricordato nell’atto di transazione sottoscritto tra Ol.Sa ed Ersap il 10 giugno 1987, quest’ultimo si obbligava a versare all’Ol.Sa entro il 30 giugno dello stesso anno £ 1.573.000.000 (prezzo residuo dell’inadempiente Agrisud), un miliardo per interessi maturati e 930 milioni al Banco di Napoli (per mutui concessi dalla sezione Credito industriale della banca). 7 si specifica a tal proposito che l’atto preliminare di affidamento, anche in fase di sequestro giudiziario, non contrasta con alcuna norma di diritto privato: l’art. 1472 c.c. prevede la vendita di cosa futura; è quindi espressamente previsto che possano essere oggetto di contrattazione i beni di cui il promittente non ha ancora disponibilità 8 con decreto n° 655 del presidente della Regione Salvatore Fitto 9 nello specifico, per consentire la prosecuzione della gestione dello stabilimento medesimo fu necessario provvedere a ripristinare nuove installazioni e nuovi impianti in sostituzione di quelli distrutti o seriamente danneggiati 10 con delibera di giunta regionale n° 2252


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tuttE lE fasi dElla vEndita 1982: Ol.sa vende ad Agrisud. Prezzo pattuito: più di cinque miliardi di lire 1982-1986: Agrisud non paga la Ol.sa 1987: Ersap, un ente pubblico, paga alla Ol.sa il debito di Agrisud, con gli interessi e i debiti verso le banche: in tutto tre miliardi e mezzo di lire 1987: Ersap, una volta saldato il debito, affida alla Copersalento, appena costituita (quindi senza alcun curriculum), lo stabilimento, di proprietà pubblica. Affitto pattuito: tre miliardi e mezzo in 25 anni. Per i primi cinque anni la Copersalento non deve pagare nulla. 1989: Un incendio doloso distrugge l’impianto. 1989-1992: La Copersalento lo ricostruisce ex novo. Sono gli anni in cui non deve versare una lira di affitto alla Regione. Con l’impianto nuovo arriveranno tutte le autorizzazioni ministeriali necessarie per produrre energia. Spende quattro miliardi e 600 milioni. Ne scomputa tre miliardi e mezzo dall’affitto che deve all’Ersap. Cioè rifà l’impianto con i soldi pubblici. 2002: la Regione Puglia (presidente Raffaele Fitto) vende lo stabilimento di proprietà della Regione alla Copersalento. Prezzo pattuito tre miliardi e mezzo di lire, in dieci anni. Il valore degli impianti, stimato dopo l’incendio, era di quattro miliardi e 600 milioni.

cHi Era antonio buttiglionE, già prEsidEntE Ersap In quasi un quarto di secolo, le storie dell’E.R.S.A.P. (Ente Regionale di Sviluppo Agricolo della Puglia) e della Copersalento (già Ol.Sa.) si sono incrociate più volte. Intrecci determinanti per arrivare all’attuale proprietà e alla conseguente trasformazione da sansificio ad inceneritore. Nell’ottobre del 1992, dopo che un incendio aveva distrutto in parte lo stabilimento di Maglie, fu l’allora presidente dell’Ersap, Antonio Buttiglione, a sottoscrivere una convenzione con cui la Copersalento da un lato si accollava le spese per la ricostruzione dei danni, dall’altro otteneva che tale spesa fosse decurtata dal canone di affitto ancora dovuto all’Ente regionale. Delfino e seguace dell’ala lattanziana della Democrazia cristiana, l’ascesa di Buttiglione cominciò nel 1990, quando l’allora presidente della regione Puglia Michele Bellomo (poi travolto da una lunga serie di vicende giudiziarie) lo incoronò presidente dell’Ersap. Una nomina non casuale, a capo di quello che rappresentava il più appetibile degli enti della Regione e che si trasformò, sotto la sua direzione, in un vero e proprio organo benefico per alcune aziende e cooperative pugliesi. Il regno di Buttiglione finì nel 1993, a causa di un’inchiesta giudiziaria che

portò al suo arresto e allo scioglimento dello stesso ente (giugno 1993). In eredità Buttiglione lasciò un “buco” di circa 200 miliardi delle vecchie lire, che continua ancora a gravare sulle sorti della Regione Puglia. Quei 200 miliardi infatti sono parte di un debito complessivo che la Regione finirà di pagare nel 2017. Però, nonostante al momento del suo scioglimento l’Ersap fosse sotto di 200 miliardi, ritenne di svendere la proprietà della Copersalento ai privati, così di fatto passando sopra la necessità di ripianare l’ingente debito pubblico. I guai giudiziari di Buttiglione non si sono conclusi, però, con l’Ersap. Arrestato il 5 maggio del 2001 per associazione per delinquere finalizzata all’estorsione e furti, è stato poi assolto nel settembre del 2001 dal Gip di Trani Lovecchio; è stato poi condannato in primo grado ad una pena di un anno e otto mesi di reclusione per falso ideologico in atto pubblico, per essere poi assolto nel maggio del 2004 dalla Corte d’Appello. Infine nel 2005, nell’ambito del processo denominato “tubi d’oro”, è stato condannato – in primo grado – dai giudici della II sezione penale di Bari a sei anni (con l’ex presidente della Regione Puglia Michele Bellomo condannato a 14 anni). A.M.

cHE cosa è succEsso da ottobrE ad oggi 13 ottobre 2009. Gli operai della Copersalento, 35 in tutto, salgono sul tetto dell’azienda in segno di protesta. Da novembre esauriranno la cassa integrazione e si troveranno senza lavoro. 14 ottobre 2009. Dopo la minaccia di dare fuoco ai serbatoi di esano i lavoratori incontrano il sindaco che li rassicura di portare le loro richieste al prefetto ed all’Arpa. 4 novembre 2009. In un vertice in Provincia la Copersalento chiede la cassa integrazione straordinaria per i lavoratori. 6 novembre 2009. 80 pecore vengono abbattute per contaminazione da diossina. Si aggiungono agli 80 bovini uccisi nei mesi precedenti. Sui 70 ovini rimanenti la Asl dispone il controllo dell’andamento della diossina. 14 novembre 2009. Il tribunale di Maglie dispone il sequestro conservativo di beni mobili ed immobili di proprietà della Copersalento a garanzia del risarcimento dei danni patiti da undici allevatori per l’abbattimento dei capi di bestiame avvelenati da diossina. 18 novembre 2009. Ha luogo l’udienza riguardante la diffida che il sindaco Antonio Fitto aveva inviato alla Regione Puglia, non intervenuta, a suo parere, pur in presenza di un allarme sovra comunale. 19 novembre 2009. La Asl conferma che l’allarme sanitario nel territorio attorno alla Copersalento è rientrato. 27 novembre 2009. La mozione di Sergio Blasi diventa un ordine del giorno ed è approvata all’unanimità: impegna Gabellone ad attivare iniziative di sensibilizzazione dei cittadini ed a trovare soluzioni alla crisi occupazionale. 16 dicembre 2009. Il Tar sancisce che la Regione Puglia dovrà rispondere formalmente alla diffida del Comune di Maglie (17 agosto 2009), con la quale intimava che fosse il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ad eseguire “ogni provvedimento d’urgenza per combattere l’emergenza diossina”. La sentenza ordina alla Regione di pronunciarsi rispetto alla lettera del Comune, ma non a Vendola di fare quanto chiesto dal Comune. 9 gennaio 2009. Il gip Andrea Lisi dispone il sequestro preventivo ai danni della Copersalento. Il provvedimento viene notificato ai rappresentanti legali Giovanni Terrile e Francesca Della Casa, e ad Egidio Merico, direttore. Antonio Fitto: “L’Amministrazione si costituirà parte civile”.

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copErsalEnto: “il patrimonio dEllE autorizzazioni” LA PROVINCIA DI GABELLONE HA REVOCATO ENTRAMBE LE AUTORIZZAZIONI IN POSSESSO DELLA COPERSALENTO, BLOCCANDONE L’ATTIVITÀ. IL COMUNE SI È ACCODATO, IN QUANTO LO STABILIMENTO ERA PRIVO DI AGIBILITÀ. POI I DUE SEQUESTRI E LA CASSA INTEGRAZIONE PER CESSAZIONE DI ATTIVITÀ. MA C’È UN PATRIMONIO MOLTO PIÙ APPETIBILE, ANCORA IN POSSESSO DELLA COPERSALENTO, RAPPRESENTATO DALLE DUE AUTORIZZAZIONI DEL MINISTERO DELLE INDUSTRIE. DA LÌ POTREBBE RIPARTIRE UN IPOTETICO ACQUIRENTE, PER COSTRUIRE UN NUOVO FIAMMANTE TERMOVALORIZZATORE. SU QUESTO ABBIAMO SENTITO GABRIELE VERDERAMO DIRIGENTE DELLA COPERSALENTO. i sono due tipo di autorizzazioni per coincenerire rifiuti. C’è la “procedura ordinaria”, per ottenere la quale si devono presentare, all’ente che rilascia l’autorizzazione, progetti dettagliati dell’impianto e c’è quella “semplificata”, secondo la quale è sufficiente una semplice comunicazione inviata alla Provincia per iniziare l’attività di incenerimento. Nel corso dell’anno appena trascorso la Copersalento se le è viste revocare entrambe. Entrambe sono state revocate dalla Provincia di Lecce, che è anche l’ente deputato a rilasciarle. A questi provvedimenti che ne impediscono il funzionamento, si è aggiunta l’ordinanza del sindaco di Maglie, Antonio Fitto, che chiude lo stabilimento in quanto privo dell’agibilità. Arriva quindi il sequestro conservativo disposto dal giudice civile e richiesto dagli allevatori quale risarcimento dei danni per l’abbattimento dei capi di bestiame contaminati da diossina. Infine piomba come un macigno il sequestro preventivo, disposto dal giudice penale, richiesto dal sostituto procuratore Ennio Cillo, a seguito della conclusione delle indagini sui presunti reati ambientali causati dalla diossina. Contro la revoca della “procedura ordinaria” la Copersalento si è rivolta al Tar, che ancora non si è espresso. Il processo civile è in corso e quello penale non è iniziato. Come commenta il decreto di sequestro preventivo della Copersalento, disposto dalla magistratura? “Davanti ad un decreto di sequestro c’è poco da dire. Già dall’agosto scorso la Copersalento non poteva lavorare perché esisteva un’ordinanza del sindaco di Maglie, la n.42, che ci obbligava allo stop in attesa di fare dei lavori relativi anche all’agibilità”. Comunque ragionando per assurdo, voi vi potreste iscrivere alla lista con la procedure semplificata ovvero con un’altra semplice raccomandata, se non ci fosse il sequestro preventivo del giudice. “No”.

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Ma questo è ciò che dice il giudice. “Io posso mandare la raccomandata ma la Provincia me la può contestare entro 30 giorni. Sarei un pazzo a farlo perché sarei bloccato subito. A meno che non ho un complice in Provincia. Ma il presidente Gabellone ha detto a chiare lettere – e lei lo può andare a trovare nei verbali del Consigli provinciale dei primi di dicembre – “Non c’è alcuna volontà politica da parte della Provincia di fare ripartire l’impianto Copersalento”. Avete ben due decreti ministeriali che vi autorizzano a produrre energia: oggi, con il sequestro in atto e le autorizzazioni provinciali revocate, sono ancora validi? “Si, sono valide, esistono, ma mancano quelle provinciali. L’autorizzazione del Ministero, ad oggi valida, fotografa l’impianto così com’era al momento del rilascio; per questo, secondo la Provincia, l’impianto modificato nel tempo necessitava di nuove autorizzazioni provinciali. Quindi, dovremmo ripresentare alla Provincia la situazione dell’impianto così com’è oggi: solo così potremmo riprendere ad incenerire. In realtà la Provincia sapeva già quale era la nuova situazione dell’impianto modificato quando abbiamo presentato la domanda per ottenere la “procedura ordinaria”, che ci ha dato e poi revocato. La Provincia ci ha anche detto che non basta una semplice manutenzione: esige un nuovo impianto, perché secondo l’Arpa l’impianto è vetusto e, afferma, potrebbe produrre emissioni fuori norma. Ma la Copersalento né oggi né domani né dopodomani è interessata a costruire un nuovo impianto”. Le autorizzazioni ministeriali sono vostro patrimonio aziendale, possono essere cedute in caso di vendita? “Si, sono in nostro possesso ma non ci autorizzano a lavorare. Esistono come base di partenza per un nuovo iter se lo richiedessimo. Ma non abbiamo quest’intenzione. Una nuova ditta dovrebbe presentare un nuovo progetto per un impianto ex novo, sottoporsi il tacco d’Italia

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ad una nuova conferenza di servizi e tutto ciò che ne consegue”. Nello scorso numero (cfr Tacco n. 63, ottobre 2009), ci aveva parlato dell’intenzione di avviare l’attività di rewamping. E’ ancora in essere? “Non c’è più questa intenzione da parte della proprietà. La proprietà ha deciso di cessare l’attività e di chiudere. Rewamping significa ammodernare, rifare, solo una parte dell’impianto (ad esempio solo la caldaia o solo la turbina). Ma questo non è più possibile, neanche se a volerlo fare fosse una nuova ditta, perché è la Provincia oggi ad imporci di fare un nuovo impianto. E’ questa l’unica condizione, secondo l’ente provinciale, alla riapertura”. Quest’anno avete beneficiato degli incentivi statali cip6 e certificati verdi? “Si, ma quegli incentivi solo legati alla produzione, che è stata bassissima”. Ci è stato riferito che la Silva Team di Mondovi sarebbe interessata ad acquistare il ramo dell’azienda inerente la produzione di energia elettrica. Lo conferma? “Intanto la Silva Team è venuta un paio di volte ma io non l’ho più sentita, quindi non so… Peraltro non era interessata all’acquisto di un ramo di azienda ma all’acquisto dello stabilimento. Non la Copersalento, attenzione. La Copersalento alla Silva team non interessa affatto”. Allora che cosa voleva comprare? “Ripeto, non ne ho più alcuna notizia; la Silva Team prenderebbe lo stabilimento da un punto di vista territoriale per abbattere e ricostruire. Se comprerà davvero non lo posso dire”. Le interessava la possibilità dell’insediamento. Di quel tipo di insediamento. Quindi le autorizzazioni ministeriali? “Le interessava il fatto di comprare dieci ettari di terreno in zona industriale”. Ma non avete avuto riscontro. “No. Ripeto, l’interesse era solo da punto di vista territoriale. Dei dipendenti non se ne parla proprio”.


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