SUSHI

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numero

UNO

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p. 26

DIRETTORE RESPONSABILE Nicola Morisco

Sommario

CAPOREDATTORE Corrado Minervini

Sushi Editoriale p. 9

Sushi Travel pp. 28-31

Antonio Cassano Senza rete pp. 10-11

Dossier Nucleare pp. 32-33

Afterhours Il paese è teatrale pp. 12-14

Sandwich Club Erbette in fasci p. 34

ART DIRECTION Microbati Artisti Associati

Après La Classe La patchanka salentina pp. 16-17

Sushi Tech Ipad p. 35

PROGETTO GRAFICO Raffaele Depergola

Simone Cristicchi Il portiere di notte pp . 18-19

Rossella Brescia Vieni a ballare in Puglia p. 37

Riccardo Scamarcio Ho deciso che facciol’attore pp. 20-21

Figurine Leonardo Bonucci p. 39

Cinema Speciale Puglia pp. 22-23

Ammodotuo I taralli di Pasqua pp.40-41

Emilio Solfrizzi Tutti pazzi per me pp. 26-27

Ipse dixit Emanuele Filiberto p.42

p. 37

REDAZIONE Simona Ardito Adele Meccariello

CONTRIBUTORS Rosa Barca Carlo Chicco Roberta Genghi Marco Greco Daniele Leuzzi Ilaria Lopez Ornella Mirelli Micol Tortora Silvia Viterbo Giuseppe Vitucci PHOTOS FedericaAgamennoni(p.12) Simona Ardito (pp. 40-41) Gaia Giannini (p. 14) Giulio Mazzi (pp. 24-25) Angelo Trani (pp. 18-19)

SUSHI Supplemento mensile della testata Controradio News. 2010 – Mediaeuro Srl. Sede legale: Via Gaetano Latilla 13, Bari. Registrazione Tribunale di Bari n. 1209 del 21/02/1995.

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Pulp

Riflessioni a crudo del Direttore

Quello di eccellenza è un concetto che negli ultimi anni in Puglia è stato un po’ abusato. Un principio che ha confuso, talvolta, la professionalità con la straordinarietà. Questa convinzione non ci impedisce però di ricordare chi, di recente o comunque nell’ultimo ventennio, ha fatto della nostra regione una fucina certamente di idee e, in parte, di talenti. Talenti che, peraltro, in Puglia sono sempre esistiti, se pensiamo che questa regione partorì il genio teatrale di Carmelo Bene e quello musicale di Domenico Modugno. Ma fino a qualche decennio fa la pugliesità non era sotto i riflettori, passava in secondo piano e a volte si tendeva addirittura a nascondere le proprie origini. Da qualche anno, invece, l’orgoglio di essere pugliese è venuto fuori con tutta la sua forza sotto il profilo economico-industriale (ivi compreso lo sviluppo ecocompatibile all’avanguardia nel Paese) ed è emerso nell’accoglienza e solidarietà, nonché nel campo artistico tout court. Il merito maggiore di questa metamorfosi va dato soprattutto ai cittadini pugliesi che in più occasioni hanno dimostrato quanto questa terra sia aperta all’altro, perdendo ogni tipo di sudditanza a livello nazionale e internazionale. E di eccellenza fu la reazione della città di Bari e dell’intero territorio all’arrivo dei

primi profughi albanesi, al punto da candidare la Puglia al Nobel per la Pace. Eccellente è stato quanto accadde durante il Gay Pride del 2004 a Bari: una rivoluzione vera e propria per chi ricordava e immaginava questa città come chiusa, un po’ gretta, dichiaratamente a destra e piuttosto provinciale. Se vogliamo pensare a quelle persone che hanno portato e portano la nostra bandiera in giro per il mondo, un primo pensiero va al giornalista Paolo Longo, inviato della Rai nelle zone più calde del globo, dai Balcani degli anni ’90 a Gerusalemme e al Libano. Venendo ai giorni nostri c’è poi chi, in forme diverse, sta facendo risuonare il nome della nostra regione in tante forme. Pensiamo a giovani scrittori come Nicola Lagioia e Mario Desiati o ai giovani talenti del cinema come Pippo Mezzapesa, senza dimenticare i noti e già affermati registi e attori pugliesi, o musicisti come il geniale trombonista Gianluca Petrella, Caparezza, Nicola Conte. Per loro l’eccellenza è già una realtà. Per altri, invece, il cammino è già iniziato. Vi racconteremo, in questo numero, le loro storie. Parola di Sushi. Nicola Morisco Direttore Responsabile



“Se urli, gesticoli, vivi per strada e non resisti a calciare un pallone che ti passa accanto, forse non lo sai, ma sei nato a Bari Vecchia”. (Antonio Cassano, aforisma n. 319) È una mattina di primavera. I bambini bravi sono a scuola. Ma fuori c’è il sole e bisogna essere davvero molto bravi per stare dietro a un banco per imparare una poesia o salmodiare una tabellina. Tra i bambini che non sono così bravi, ce n’è uno che ha preferito godersi la giornata di sole: è giù in strada e rincorre un pallone che sembra incollato ai suoi scarpini. Quel pallone è mezzo sgonfio, sudicio di polvere, massacrato da tutti i calci che ha preso nella sua breve storia. Eppur si muove, rotola, sembra seguire traiettorie disegnate dagli occhi vispi di quel uagnone fiero come un dio che tiene il mondo ai suoi piedi. Il bambino corre a petto nudo per le vie della sua Bari Vecchia, dribbla tutti gli avversari, anche quelli più grandi di lui, con una finta – sempre la stessa – li mette a sedere, ride in faccia all’ultimo “nemico” rimasto col culo per terra e poi corre da solo verso la porta immaginaria, contro un muro, senza rete. Gol. Antonio Cassano ha fatto gol. Quella scena si ripete dieci, cento, mille volte. Il bambino cresce, diventa uomo. Gli offrono un campo vero per inseguire quel pallone, gli permettono di indossare una maglietta coi colori della sua città: bianco e rosso. Antonio continua a fare gol. Indossa maglie sempre più importanti fino alla più amata, quella azzurra. E gioca e vive con la gioiosa incoscienza di chi è cresciuto senza rete, pagando per i suoi sbagli e sbagliando ogni volta in modo diverso e più creativo. Ha perso qualche buona occasione e rinunciato a qualche maglia prestigiosa. Ma non ha smesso di divertirsi. In un mondo bacchettone come quello del calcio, in cui “il mister ha sempre ragione”, si è ribellato all’autorità, prendendo in giro il “mister”, perdendo il posto in campo, rischiando la tristezza della panchina pur di non perdere l’occasione di farsi una risata. E quando lo fanno giocare continua a fare gol, mette a sedere i critici e gli avversari con una finta – sempre la stessa, prevedibile per tutti, fuorché per chi se lo ritrova di fronte – e conquista l’affetto del pubblico, anche quello che non conosce le regole del gioco. Lo applaude il pubblico di Sanremo, lo stesso che riserva fischi al C.t. campione del mondo che gli ha negato la maglia azzurra, lo guardano con tenerezza le mamme nostalgiche di quei figlioli discoli. E lo adorano quelli che dicono di aver visto quel bambino giocare (o si inventano aneddoti e vangeli apocrifi pallonari) e che lo hanno accolto per la prima volta da avversario il 24 marzo 2010. Quel giorno Cassano ha regalato ai bambini di Bari Vecchia una possibilità in più per crescere e giocare, finanziando il Mus-e, un progetto educativo per i bambini delle Scuole Elementari di Bari Vecchia E quella notte Bari ha riabbracciato il suo figlio prediletto e il suo feno-meno sociologico più rilevante: il simbolo di un riscatto gioioso partito dalle strade di Bari vecchia. La sociologia? Lassaperd! Mò, giochiamo! 11


Gli Afterhours sono, fin dagli anni ’90, una delle band più rappresentative della scena underground italiana. Oltre ad aver scandito i passaggi salienti della musica indipendente nazionale, hanno condizionato intere generazioni di giovani e musicisti, trascinati da un Manuel Agnelli ispirato e carismatico. Dopo l’esperienza del Tora Tora (un festival itinerante andato in scena una decade fa), il leader della band è tornato a supportare le produzioni musicali nazionali, dapprima con una nuova avventura denominata Il Paese è Reale per poi cimentarsi, proprio in questi giorni, con un tour teatrale.

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Sono accadute tante cose in questi anni: cambiamenti, evoluzioni, progetti. Ma provando a guardare agli esordi, quale traccia avete lasciato nella underground italiana a partire dagli anni ‘90?

discografica legata al festival, i protagonisti non hanno proposto un disco a proprio nome ma un album di brani inediti, condiviso in ugual misura da una rosa di 19 artisti diversi, una raccolta unica nel suo genere.

Non credo di essere la persona giusta per rispondere a una cosa che ci riguarda così direttamente. Sicuramente abbiamo fatto la prima parte della nostra strada con tanti altri gruppi e progetti che hanno cercato una propria dimensione e hanno contribuito a diffondere l’idea di una musica diversa da quella che veniva ascoltata sui network. Nel decennio successivo abbiamo cercato di fare degli album – a partire da Quello che non c’è – che fossero più compatti musicalmente.

Come mai avete scelto questo titolo per il progetto?

E arriviamo a Il Paese è Reale: oltre ad avervi portati a Sanremo un anno fa, il progetto è diventato qualcosa di più grande: un disco, un tour e infine un DVD pubblicato pochi giorni fa. Una nuova sfida? Dopo oltre vent’anni di percorso abbiamo accettato di esibirci sul palco di Sanremo, al di là di ogni stupida barriera estetica e stilistica, sicuri di poter essere noi stessi anche all’interno di un mondo distante dal nostro. Indipendenti dalle major e indipendenti dalle indipendenti, senza barriere, ghetti e imposizioni da parte di nessuno. Per far conoscere a un pubblico più vasto l’esistenza di una scena fertile e ricchissima di talento. È nata così l’idea di un album che portasse questo nome dove, per la prima volta nella storia della produzione

L’Italia non ha ancora l’abitudine di considerarsi una nazione. E lo dico nella migliore delle accezioni; non parlo del concetto di bandiera o di nazionalismo ma di una nazione intesa come identità comune. Credo che in Italia non sia una cosa semplice. Lo Stato è sempre stato visto come un nemico e in alcune mie canzoni cerco di sviscerare questo pensiero, dando la mia versione dei fatti. Scrivere rappresenta per te un modo per dare libero sfogo all’ego? Assolutamente sì. L’ego ha sempre avuto un’accezione negativa in Italia. Certo, gli eccessi sono negativi, però non c’è niente di male nell’ego. Mi fanno ridere quelle persone che dicono che bisogna essere umili come artisti: è una contraddizione in termini! L’artista deve avere la libertà di potersi esprimere al cento per cento con la maggior sincerità e potenza possibile. Il concetto di umiltà, in Italia, è sempre stato usato in maniera cattolica; non parlo di religione ma proprio di questo sentirsi come formiche che devono stare al loro posto e non devono osare più di tanto. E questa cosa, soprattutto artisticamente, ha

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limitato la crescita dei talenti in questo paese. È una peste da sradicare in tutti i modi: dobbiamo essere orgogliosi di quello che facciamo, dobbiamo portarlo avanti con convinzione ed essere abbastanza egocentrici da godercela, questa situazione. State affrontando un tour anomalo che suona, fin dal nome, come una nuova avventura. Cosa si intende per “Il teatro degli Afterhours”? Cosa dobbiamo aspettarci? Il Teatro degli Afterhours è un tour inserito in un contesto anomalo, nel quale saranno presenti ingredienti del tutto diversi dal solito. Non sarà un tour più quieto in

quanto acustico, anzi: sarà un mix completo tra canzoni, letteratura e teatro con ospiti provenienti dai più svariati ambiti, nel quale l’ossatura del progetto sarà naturalmente la musica degli Afterhours, ma con numerose novità. Le nostre performances vedranno alternarsi sul palco alcuni personaggi del mondo della musica come Vasco Brondi (Le Luci della Centrale Elettrica), Emidio Clementi (Massimo Volume), gli Gnu Quartet, Xabier Iriondo (già componente degli Afterhours) ed artisti provevenienti da altri mondi come Claudia Pandolfi e Antonio Rezza. Il 15 approderemo a Bari per chiudere il tour in un Teatro glorioso che ha una storia importante alle spalle.

Gli Afterhours concluderanno il loro tour nel Teatro Petruzzelli di Bari il 15 aprile in un evento firmato da Cube e Controradio e inserito nel programma del Friends Festival. Tra gli ospiti d’eccezione di questa data sono già confermati gli attori Antonio Rezza e Flavia Mastrella e lo Gnu Quartet. Info e tickets: www.voglioilbiglietto.it

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Divertirsi sul palco e nella vita, con lo spirito dei girovaghi e l’arte dei musicanti. Mescolare suoni e influenze fondendo insieme i sapori e i colori del Salento con aromi provenienti dai Sud del mondo e un beat elettronico. Questa è la formula degli Après La Classe. Con un ingrediente in più: l’entusiasmo. “All’interno dei nostri camerini si respira aria di festa e vogliamo condividerla con la gente. Chi viene ai nostri concerti si aspetta soprattutto questo”. E riaprono il loro Luna Park a primavera con un nuovo album: Mammalitaliani! 16


Avete debuttato con una cover di un brano di Pappalardo in versione ska. Ora tornate con un nuovo disco... Ricominciamo? Cesko: Era ora! Valerio: Lo facciamo dopo un anno e mezzo di pausa, con lo stesso entusiasmo con cui abbiamo messo a punto il nostro primo album nel lontano 2002. Molti fan temevano che ci fossimo sciolti per via della nostra momentanea scomparsa dalle scene. In realtà abbiamo lavorato tanto perché intendevamo dare il massimo con il nostro nuovo disco. Le novità di Mammalitaliani? C: Non posso dirti nulla. Aspettiamo anche noi l’uscita del disco. Sicuramente c’è stata un’evoluzione dal primo disco ad oggi. Sentirete più che mai l’influenza della nostra terra salentina: lu sule, lu mare e lu jentu hanno vissuto e vivranno sempre all’interno dei nostri dischi. Avete all’attivo collaborazioni con altri pugliesi eccellenti come Caparezza e i Sud Sound System. Con chi vi piacerebbe lavorare? V: Le nostre collaborazioni nascono sempre in maniera molto naturale, nel senso che sia a Caparezza che ai Sud è piaciuta la nostra musica ed è sorta spontaneamente una splendida collaborazione. Ci piace lavorare così, mettendoci alla prova sia con il ragazzo che suona nel suo scantinato di casa, sia con grandi artisti già affermati. Sul palco dimostrate grande affiatamento. Cosa combinate prima di un live? Avete qualche rituale scaramantico? C: All’interno dei camerini c’è un’aria di festa e ci rilassiamo per salire sul palco sem-

pre col sorriso sulle labbra. Dobbiamo divertirci e far divertire oltre che, ovviamente, suonare. Perché chi viene ai nostri concerti si aspetta soprattutto questo. Se diamo uno sguardo ai fatti della nostra politica, viene da pensare che ci vorrebbe davvero un Miracolo, come cantavate qualche anno fa? C: I politici, di qualsiasi partito o colore, dovrebbero cercare di mantenere quello che vendono nella campagna elettorale e trasformarlo in fatti. Nel nuovo album c’è un pezzo che sarà un po’ espressione del nostro pensiero sulla politica di oggi. V: Non solo un miracolo, ma anche un bel po’ di palle. A volte mi sembra di leggere molta indifferenza sui volti a proposito di grandi problemi come la questione del nucleare. Ognuno di noi può fare qualcosa nel suo piccolo per migliorare lo stato delle cose. Il 24 Aprile gli Après La Classe inaugureranno al Demodè (Modugno) il loro nuovo tour in un evento inserito nel calendario del Friends Festival. Il concerto sarà un’occasione per assaggiare i brani del nuovo album della band salentina e per riascoltare i loro cavalli di battaglia. Info: www.voglioilbiglietto.it


Il Fabbricante Di Canzoni è tornato con un nuovo disco e le chiavi di un albergo immaginario, il Grand Hotel Cristicchi. Lo abbiamo incontrato per conoscere da vicino gli abitanti delle sue stanze di vita quotidiana e per scoprire i segreti di un cantautore geniale e gentile che guarda l’umanità dalla cima di una montagna.

A Sanremo, con Meno Male, hai provocato quasi un incidente diplomatico con Carla Bruni. Per la seconda volta nella tua carriera, dopo Vorrei Cantare Come Biagio, qualcuno ti ha frainteso. Ammettilo, ci provi gusto…

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Mi diverto quando le persone cercano di interpretare i miei brani. Vuol dire che smuovono un pensiero, una riflessione. La cosa curiosa è che alcune persone ci ricamano su. È il caso della defezione da Sanremo di Carla Bruni. Ovviamente non


era colpa mia, ma è stato bello farlo credere… Gli Skiantos dicevano che “In Italia non c’è gusto a essere intelligenti”. Ti ci ritrovi? Mi ci ritrovo molto. Un’altra frase molto bella di Woody Allen dice che il vantaggio di essere intelligenti è che si può far finta di essere imbecilli mentre il contrario è impossibile. Parliamo del tuo nuovo album, Grand Hotel Cristicchi. Quali sono gli ospiti privilegiati del tuo albergo immaginario? Ho costruito il disco come fosse un albergo e ogni storia è strutturata come una stanza completamente diversa dalle altre. E il racconto comincia dalle fognature, quindi il primo a parlare è una creatura che si ritrova a nuotare in un mare di melma, il Pesce Amareggiato. Poi ci sono canzoni che riguardano l’attualità come Genova Brucia, il racconto del G8 di Genova dal punto di vista di un celerino fascista picchiatore. Come sempre ci sono momenti di dolcezza, amarezza e ironia, spesso nella stessa

canzone. Ti senti più ospite, direttore o portiere notturno del tuo Grand Hotel? Il portiere notturno ha tante ore da passare in solitudine. Io sono un po’ così: sono andato via dalla città per vivere in cima a una montagna. E lì ho trovato il tempo per osservare da lontano quello che accade. Proprio come un portiere di notte che si ritrova a guardare un film da solo alle cinque del mattino e trae le sue considerazioni in totale libertà… Tra i personaggi del tuo primo disco c’era la Studentessa Universitaria, diventata nel secondo album Laureata Precaria. Che fine ha fatto? Avevo pensato a un nuovo capitolo per la sua storia. Per questo album non ce l’ho fatta ma ho già pronto il sequel; la Laureata Precaria col passare degli anni si trasforma inevitabilmente in una Pensionata Incendiaria incazzata col mondo.

Simone Cristicchi descrive così il suo show teatrale, in scena a Bari il 26/4 al Teatro Nuovo Palazzo: “Presenterò il mio repertorio in chiave inedita. Sarà musica da camera. E ‘da camera’ saranno i blocchi del concerto; le canzoni saranno divise in stanze, ognuna con la sua atmosfera, degli oggetti sul palco, dei costumi e delle luci. È un concerto divertente, ricco di gag e situazioni improvvisate”. Info: www.voglioilbiglietto.it 19



È uscito il 12 marzo il nuovo film di Ferzan Ozpetek Mine Vaganti, completamente girato in Puglia con la collaborazione dell’Apulia Film Commission. Siamo stati all’anteprima per voi, e dopo abbiamo sgomitato tra le ragazzine per riuscire a strappare qualche domanda al protagonista, il pugliesissimo Riccardo Scamarcio.

Parlaci un po’ di Tommaso... Sono molto felice e orgoglioso di aver interpretato questo personaggio. Lo amo molto, perchè mi piacerebbe essere un po’ come lui. Quello di Tommaso è un personaggio veramente solido, che ha una spiccata capacità di osservazione; un po’ perché vuole fare lo scrittore, ma anche perché è naturalmente votato ad occuparsi degli altri, a guardare gli altri, ad osservare, ad ascoltare. E questa secondo me è una grande qualità del personaggio, difficile per me da rendere, perché sono una persona molto impulsiva e mi piacerebbe avere un po’ più di quella capacità di stare fermi, di osservare, di stare anche zitti, a volte. E quindi su questo mi taccio, non aggiungo altro. Tommaso è l’unico che parte per rompere i ponti con la sua famiglia e finisce per restare. Quello che vuole davvero lo rivela solo alla fine, quando tutto è già successo, e le sue parole vengono accolte quasi senza nessuno stupore. Come giustamente noti anche tu, Tommaso è un personaggio anomalo rispetto agli altri: torna a casa deciso a vivere la sua vita alla luce del sole e si ritrova costretto a nascondersi. Ma non è una questione di vigliaccheria, piuttosto di coraggio. Tommaso non si manifesta completamente, ma sacrifica i propri bisogni, un po’ perché pensa che i suoi non capirebbero e quindi preferisce tacere, un po’

anche perché non vuole ferire ulteriormente altre persone, come suo padre e sua madre. È l’unico che non è una mina vagante in realtà... In qualche modo sì, l’unico “non mina vagante” è Tommaso. È il personaggio che in qualche modo ha più solidità, che è più calmo, riesce ad osservare, fare un passo indietro e dire: “Ok, vuoi parlare tu? Parla tu, bene”. E questa è una cosa molto bella del personaggio. Proviamo a farti uscire dal personaggio. Hai cominciato col cinema a poco più di vent’anni e adesso che ne hai trenta sei uno degli attori più richiesti e amati del cinema italiano. Hai sempre voluto fare l’attore nella vita? Io ho sempre voluto fare l’attore, dal momento in cui ho deciso di voler fare qualcosa. Prima non volevo fare niente. Ma da quando ho deciso di voler fare qualcosa nella vita, ho deciso che faccio l’attore.


Andar dall’Adriatico allo Ionio, lungo 1500 chilometri di coste da sfiorare come una carezza per godere di ogni scorcio di bellezza. Fermarsi giù nel Salento sbocconcellando la puccia con le olive a ritmo di pizzica, a piedi nudi sulla terra riarsa. E poi risalire su, fino al Gargano, e fare un tuffo dove l’acqua è più blu. Ridiscendere a folle velocità fin dentro al cuore antico e primitivo della regione, tra trulli e gravine. Approdare a Bari, infine, in un innovativo Cineporto. La Puglia è (davvero) tutta da girare. Con e senza cinepresa. Flashback. Bianco e Nero. È il 2007 quando finalmente, con un “ooh” di stupore di quelli che si sentono 22

soltanto al cinema, nel tacco dello stivale nasce l’Apulia Film Commission. Una struttura giovane, fortemente motivata e pronta a partire da zero per dare una risposta alla domanda di cinema e al flusso di interesse nei confronti di questa regione. Perché, dichiara Oscar Iarussi, presidente dell’AFC e, prima ancora, appassionato critico cinematografico, “Questo è prima di tutto il ruolo tradizionale di una film commission: farsi mediatore tra il mercato cinematografico, televisivo, pubblicitario, audiovisivo e un territorio di riferimento, che in questo caso è la Puglia”. Questo l’intento sulla carta, nei regolamenti e negli statuti, in una parola nella forma. Nella sostanza, invece, l’AFC è andata oltre, trasformando una regione in un set in conti-


nuo movimento, distendendo sulle strade pugliesi un red carpet immaginario, ma soprattutto riaccendendo i riflettori su una zona d’Italia talvolta dimenticata. Ritorno al presente. Technicolor. È il 2010 e tra qualche mese l’AFC spegnerà la terza candelina. L’Italia, nel frattempo, sembra aver (ri)scoperto la Puglia. Lo ha fatto, ad esempio, nel dicembre 2009, quando il pubblico e la critica hanno decretato il successo di due pellicole finanziate e sostenute dall’AFC, Cado dalle Nubi di Gennaro Nunziante e L’uomo nero di Sergio Rubini: gli unici due film italiani in grado di tener testa alla trivialità cinepanettonara e alla tridimensionalità hollywoodiana. L’Italia ha iniziato a girare la Puglia. Dalla meravigliosa Polignano del terrone sognatore Checco alla Taranto avvelenata dove Tiziano, il protagonista di “Mar Piccolo” sogna la fuga nonostante il futuro apparentemente segnato. O forse è la Puglia che non ha mai smesso di girare l’Italia e il mondo, esportando ovunque, da Venezia a Berlino, l’identità e la storia di questa regione. È quello che fa il Progetto Memoria, a cui Iarussi è particolarmente affezionato: “Con questo progetto, prossimo alla seconda edizione, i giovani talenti pugliesi raccontano la storia e l’identità del ’900 in Puglia, attraverso dei personaggi e delle storie, unendo la memoria del passato con i talenti del futuro”. Fast forward. Alta definizione. Un nuovo cinema che guarda al tempo che verrà. E che concede spazio concreto ai

giovani. Sembra essere questa, la filosofia dell’Apulia Film Commission e del suo direttore, Silvio Maselli. 34 anni, allievo di quella “Scuola di cinema indipendente” che è la Fandango del barese Domenico Procacci, un produttore cinematografico che ha rivoluzionato il mercato ed esportato un nuovo modo di fare cinema. Maselli commenta così il cambiamento del cinema in Puglia: “Insieme alle produzioni che abbiamo portato in Puglia, stanno nascendo e crescendo i talenti pugliesi. E questo è meraviglioso”. Ed è agli stessi talenti pugliesi che sognano il mondo del cinema che Maselli consiglia: “Non perdete mai l’umiltà e siate tutti delle mine vaganti”. Una scelta che fa riferimento all’ultima grande produzione firmata da AFC e diretta da un maestro del nuovo cinema italiano, Ferzan Ozpetek. Sarebbe il momento giusto per il “The End” finale. Ma la storia del cinema in Puglia è solo ai titoli di testa. Il resto è ancora tutto da girare. Ciak.




Emilio Solfrizzi è un attore dai due volti. Alla toccante e drammatica interpretazione di Otto Frank nel tv-movie di Rai Uno diretto da Alberto Negrin Mi ricordo di Anna Frank, l’attore barese contrappone il ruolo brillante di Paolo in Tutti pazzi per amore 2. E tra Emilio e il pubblico è scoppiato di nuovo l’amore. 26


Il 21 marzo è tornata sul piccolo schermo Tutti pazzi per amore 2, la fiction sentimental-musicale diretta da Riccardo Milani e sceneggiata da Ivan Cotroneo che vede in Emilio Solfrizzi l’indiscusso mattatore. Tra conferme e nuovi entrati, il sequel presenta un cast di rilievo a iniziare dalla coppia costituita da Emilio e Antonia Liskova (che ha sostituito Stefania Rocca) e completata da un cast di attori di talento: Alessio Boni, Carlotta Natoli, Sonia Bergamasco, Francesca Inaudi, Irene Ferri. Ad essi si aggiunge il gruppo delle partecipazioni speciali con “special guest” già noti agli aficionados: Neri Marcorè, Pietro Taricone, Piera Degli Esposti, Giuseppe Battiston e Carla Signoris. Quali sono le novità più importanti della nuova serie? La grande novità, come si è già notato dalla prima puntata, è la presenza di Antonia Liskova che ha sostituito Stefania Rocca nel ruolo di Laura. Ma non sarà l’unica sorpresa… Il tema principale di questa nuova serie sarà sempre l’amore? Sì. Le vicende hanno come tema l’amore che non riguarda solo il rapporto tra l’uomo e la donna, ma anche dei genitori verso i figli. In questa nuova serie saremo alle

prese coi nostri figli impegnati per la maturità, quindi un momento cruciale della loro crescita e fondamentale per la vita delle due famiglie, ormai integrate. Ovviamente accadono eventi che continuano a unirli e a separarli e questo comporta nuovi posizionamenti tra figli e genitori. E poi c’è la scoperta dell’amore anche da parte dei figli, con tutte le turbe che ne conseguono. Anche questa volta ti cimenterai nel canto? Quest’anno ancora di più, perché l’ottanta per cento delle canzoni le canteremo noi. Sia io che gli altri attori siamo entusiasti del risultato raggiunto, tant’è che la produzione sta pensando di pubblicare un disco con tutti i brani che canteremo. Nella prima serie sono stati affrontati anche temi forti come la droga, l’omosessualità e l’alcolismo giovanile. Cosa ci riserva questa serie? L’anno scorso gli autori sono stati molto abili nell’addomesticare temi molto forti. Anche in questo caso saranno toccate tematiche importanti, come nel caso della perdita di un affetto: un amore negato. Poi ci sono tanti altri temi molto attuali, che però eviterei di dire, altrimenti sveliamo alcuni passaggi importanti della fiction. vrete ventisei puntate per scoprirli tutti.

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“Quando un uomo è stanco di Londra, è stanco della vita, perché a Londra si trova tutto ciò che la vita può offrire.” – Samuel Johnson Dire Londra, nell’immaginario comune, equivale quasi sempre a dire pioggia, nebbia e quell’humour caratterizzato dalle proverbiali freddure. Nonostante il gelo evocato dalle prime impressioni, qualcosa scalda l’anima, quando si parla della capitale del Regno Unito. Nei cuori più romantici, Londra è associata al film Notting Hill, ambientato nell’omonimo quartiere residenziale della West London, e a lunghe passeggiate lungo il fiume Tamigi scandite dai rintocchi del Big Ben. Inutile dilungarsi in dettagli su Portobello Road, Piccadilly Circus e Oxford Circus: la loro fama li pre-

cede e sono le tappe obbligatorie del primo giorno di permanenza. Discorso a parte vale per i magaz-zini Harrods, situati in Knightsbridge, nel quartiere di South Kensington. Il motto di questi ultimi è, non a caso, “All things for all people everywhere”: all’interno è presente perfino un reparto completamente dedicato al Natale, rifornito per tutto l’anno (nel caso qualcuno dovesse avere una crisi d’astinenza da Santa Claus in pieno luglio...). Altra me-ta imprescindibile è Camden, quartiere di North London che brulica di mercatini decisamente alternativi dove si può trovare


davvero di tutto: dagli accessori-moda originali in rigoroso stile hippy (un paradiso in terra per gli ultimi fricchettoni) ai rivenditori, più o meno autorizzati, di lecca-lecca al popper e altre delizie per gente a caccia di emozioni estreme. Anche in campo antropologico c’è di che stupirsi: accanto a personaggi che con sostanze pericolose hanno avuto parecchio a che fare (senza essere troppo espliciti, qualcuno che comincia per ‘K’ e finisce per ‘ate Moss’) troverete “etnie culturali” che si credevano

Mary Poppins(1964) Regia di Robert Stevenson Blow Up (1966) Regia di Michelangelo Antonioni Fumo di Londra (1966) Regia di Alberto Sordi Quadrophenia(1979) Regia di Franc Roddam Notting Hill(1999) Regia di Roger Michell

estinte: new romantics, mods e perfino gli ultimi esemplari di punk in eccellente stato di conservazione. Un solo avvertimento: occhio al portafogli. Non è un invito a stare in guardia da eventuali borseggiatori ma un consiglio a fare attenzione al cambio Euro-Sterlina e a non commettere l’errore fatale di considerarlo 1:1. Nel caso, non perdete di vista la più vicina agenzia di trasferimento-valute.

Waterloo sunset The Kinks Panic in the streets of London The Smiths London calling The Clash Werewolves of London Warren Zevon Carnaby Street The Jam

IL BIGLIETTO Bari-London Stansted, volo a/r (ryanair.com) a partire da 47,98 € (tasse incluse)


...e su un gazebo, un velo di tulle. Un vero e proprio itinerario attraverso i fili della memoria fino a toccare le radici di un felice rapporto madre-figlia. Lucia , Teresa, ed una casa di villeggiatura ottocentesca fra i boschi. Un racconto visuale, scandito dal lungo viale che ti porta alla costruzione bassa di colore rosa, dopo avere girato a lungo per viottoli scoscesi a Santa Caterina, nella zona di Cenate Vecchie.

Ma “Cenate” perché? Forse perché zona di ville prestigiose, dove gli antichi casati si fermano a cenare nella gioiosa comunicazione del convivio, o forse per un tipo d’uva della zona, chiamata “acenata”. Quando cammini lungo il viale con i vecchi alberi che ombreggiano tutto, le pigne per terra ed i rumori del bosco, quella piccola casa in fondo in quella tinta allegra e spumeggiante ti sembra una chimera e infonde, alla sola vista, un’aria intima. Accanto c’è il vecchio pozzo e due appartamenti dove trascorrere una vacanza da non dimenticare. Nel corpo centrale, B&B di affettuosa accoglienza, con una prima colazione speciale con le marmellate fatte in casa, i biscottini ancora caldi e le tazze di porcellana; come se fossi un amico di vecchia data, Lucia ti accoglie gioiosa e aggiunge: “Non ho mai ospitato clienti a Villa Teresa, solo persone care”. Celebrità o persone qualsiasi, artisti o giornalisti, famiglie o viaggiatori solitari, perché non puoi essere niente altro che un amico vero quando vai via e quando ritorni per sederti a guardare la natura, stordito dal frinire degli insetti, o per dondolarti la notte sul divanetto di cotone azzurro. Puoi aver voglia di una vacanza serena o mondana, tranquilla o piena di ritmo. C’è soltanto da volgere lo sguardo.


Vicino c’è Porto Selvaggio con una scenografia irraccontabile, un parco sul mare ed il Litos con arte, suoni e cinema su un tratto di mare impossibile da narrare. Le splendide spiagge di Gallipoli, fra cui la molto cool Samsara, con i divani sulla spiaggia e le notti piene di musica, la candida Zen con l’happy hour al tramonto, o vicino a Punta la Suina il Makò, lido molto elegante con pedane di legno sul mare che diventano piccoli salotti appartati. E il rientro nelle camere fresche solo restaurate, dove c’è ancora il pavimento antico, le volte a stella, il letto in ferro con le lenzuola ricamate a mano, ti riporta in un tempo diverso nei ricordi e nei pensieri. In un angolo del giardino una signora molto bella sbatte le frange degli asciugamani sul bordo di una sedia, per pettinar-

le come le hanno insegnato le ave; una piscina ampia e con gli ombrelloni candidi ti attende sul retro. E poi… in un angolo, fra i fichi d’india, un gazebo ricoperto dal tulle come un abito da sposa ti guarda, e immagini i ricevimenti, i matrimoni, le feste in questa atmosfera antica e surreale.

INFO Villa Teresa B&B Via Taverna, 14 , Località Cenate Vecchie, Nardò (LE) Info e prenotazioni: 3479188102 info@villateresa.info


Nelle ultime settimane è diventato di scottante attualità il problema del nucleare, in seguito alla proposta del Governo di costruire alcune centrali sul territorio italiano. La questione ci riguarda da vicino, visto che alcuni tra i siti proposti sono anche in Puglia e Basilicata. Quali sarebbero gli svantaggi, e quali i benefici? L'indubbio vantaggio rispetto ai combustibili tradizionali è nella resa: una minima quantità di uranio produce elevati quantitativi di energia. Tutti gli oggetti esposti alle radiazioni nel corso del processo 32

diventano però scorie nocive per l’uomo; questo è il primo problema creato dall’energia nucleare. Ad oggi non sono noti metodi di smaltimento sicuri e si può procedere solo con lo stoccaggio in depositi predisposti, fino all’esaurimento della radioattività; un processo che, per quanto ne sappiamo, può durare migliaia di anni. L’individuazione di siti per lo stoccaggio è una delle questioni principali; nel 2003, ben prima che in Italia venisse proposto il ritorno alla produzione di energia nucleare, l’Unione Europea aveva già individua-


to una località a due passi da casa nostra, la cava di Scanzano Jonico. All'epoca l'intera regione si rivoltò, e l'Europa ritornò sui suoi passi: ma non esiste garanzia che in un futuro più o meno prossimo la questione non si riproponga. L'altro punto su cui verte il dibattito è la localizzazione delle centrali: la necessità di sfruttare le acque di fiumi o mari per gli impianti di raffreddamento restringe le possibilità alle zone costiere, con inevitabili ripercussioni sul turismo. E se è pur vero che gli impianti devono superare severissimi controlli da parte dell'Agenzia Nucleare Europea, ciò allunga i tempi senza, peraltro, escludere la possibilità di incidenti. Nel 1986 la centrale di Chernobyl, in Ucraina, esplose causando una nube tossica che si propagò su tutta l'Europa: il fatto di non ospitare centrali sul territorio non mette dunque al riparo gli italiani, considerato che in Europa sono al momento operative 439 centrali, di cui una decina al confine con l'Italia. Se la proposta del governo dovesse diven-

tare realtà, ci vorrebbero comunque non meno di dieci anni prima che le centrali siano operative: un lasso di tempo che potrebbe essere, forse, impiegato meglio per lo sviluppo delle energie biosostenibili, per cui la nostra regione è già naturalmente predisposta.

COSA NE PENSANO GLI ITALIANI La popolazione italiana si è già espressa contro il nucleare nei tre referendum del Novembre 1987 per l'abolizione delle norme sulla localizzazione, realizzazione e gestione delle centrali in Italia: l'80,6% si espresse a favore della cessazione dell'attività nucleare sul territorio, contro il 19,4% di contrari. In questi vent’anni pare che gli italiani non abbiano cambiato idea: un recente sondaggio, condotto dall'Ipr Marketing per conto dei Verdi e pubblicato da Repubblica, vede contrario alla costruzione di nuove centrali il 56% del campione, mentre favorevole è il 38%. Ancora più nettamente si esprimono gli interrogati sulla disponibilità ad accogliere un nuova centrale nei pressi del loro comune di residenza: in questo caso i no salgono al 70%, contro un risicato 25% di favorevoli.

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Io me lo ricordo, quando mi dicevano che il mio vicino di casa dopo un incidente era rimasto handicappato, e nessuno storceva il naso. Poi, a un certo punto, ho dovuto dire “diversamente abile”. Ma ho pensato: alla fine non siamo tutti almeno un po’ diversamente abili? Ho un amico che riesce a toccarsi il naso con la lingua: è sicuramente un’abilità diversa anche quella. Non importa se sia seduto su una sedia a rotelle o su un divano, mentre lo fa. Spesso si riduce tutto ad una mera questione di termini, e si presta più attenzione a come definire qualcuno, che non a garantirgli di poter scendere dal marciapiede senza fare seicento metri in più alla ricerca della prima rampa non occupata da un’automobile parcheggiata da qualcuno che si può chiamare, senza equivoci, un imbecille. Così come si presta più attenzione a tutelare gli “-ismi”, che non i diritti veri e propri di chi dentro gli “-ismi” si rifugia. Una difesa così cieca che viene voglia di mandare a quel paese tutto il pacchetto senza neppure guardare cosa c’è dentro. Le femministe glitterate che festeggiano la vit-

toria di pagare meno al cinema il lunedì sera, ignorando la sconfitta di essere pagate meno in ufficio. O quelle scongelate dal Sessantotto, che rifiutano che gli si offra la cena, anzi, rifiutano a prescindere: niente di meglio per perdere definitivamente il contatto con la realtà ed essere buttate nel calderone degli “-ismi” ai quali togliere l’audio. Le etichette, ahinoi, sono un rischio, il più delle volte frutto di una pigra ipocrisia e di valutazioni approssimative. “Ho tanti a-mici gay: sono delle persone fantastiche!”. Essere gay è una questione di gusti, eppure non ho mai sentito nessuno dire: “Ho tanti amici a cui piace il gelato al pistacchio: sono tutti delle persone fantastiche!”.


iPad: dall’Enterprise a casa tua Pare proprio che Gene Roddenberry, l’inventore di Star Trek, avesse la dote di predire il futuro o di fornire spunti di ispirazione: dal primo cellulare, che chiamavano “comunicatore” (il design era quello di un antenato del primo Motorola Startac) al primo space shuttle della NASA denominato, non a caso, Enterprise, fino al teletrasporto di materia, esperimento che nel 2008 è avvenuto con successo in un laboratorio del Regno Unito. E, a guardar bene le videocassette delle prime serie di quel telefilm, anche lo strumento usato dal comandante Jean-Luc Picard e chiamato “pad” pare il progenitore dell’ultimo nato della famiglia Apple, chiamato, non a caso, iPad. Per i pochi che ancora fossero all’oscuro di questo nuovo oggetto del desiderio dei tecnomaniaci, illustriamo le caratteristiche principali. Si tratta

di una via di mezzo tra il famosissimo iPhone e un computer portatile, le cui dimensioni costituiranno un nuovo standard: più grande di un libro, più piccolo di un quotidiano. Il prezzo partirà da 499 dollari: una somma tutto sommato accessibile, che farà gola ad una fascia di mercato che va dai teenagers smanettoni agli adulti che non provano panico dinanzi a un touch screen e che non inorridiscono al pensiero di dover leggere un libro che non sia fatto di carta. E l’iPad manderà in sollucchero anche chi vive di musica. Sarà possibile, infatti, inserire tutte le applicazioni tipiche dell’iPhone e dell’iPod, ma soprattutto i prodotti e i software per chi fa musica: uno su tutti, il Pro-tools, fondamentale per chiunque voglia suonare nel ventunesimo secolo. Insomma... se queste sono le premesse, tenetevi pronti: potrebbe quasi essere arrivato il tempo dei viaggi intergalattici.

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È uno dei personaggi più simpatici e poliedrici della TV italiana. Ballerina classica, conduttrice divertente e divertita tra i comici di Colorado Cafè, ma anche sexy e provocante come nello spot di una nota marca di orologi. Qualunque cosa faccia, Rossella Brescia dà prova di un talento autentico e di una gran voglia di mettersi in gioco. L'abbiamo incontrata a Bari, in una soleggiata mattina di primavera, nelle vesti di madrina di una Maratona a favore della ricerca. Il lavoro ti ha portata lontano dalla tua terra. Cosa ti manca della tua regione? Torno in Puglia una volta al mese, anche perché qui ho una scuola di danza a Martina 36

Franca. A parte gli affetti, quello che mi manca di più è il fatto di poter andare a fare una spesa sana al mercato: mi mancano i sapori genuini e gli odori di quell’ambiente.


Quanto tempo dedichi alla tua scuola di danza? Parecchio. Ormai sono diventati i miei ragazzi, cerco sempre di dedicare del tempo a loro e alle loro esperienze. Abbiamo iniziato dieci anni fa, ma dieci anni non sono molti per una scuola di danza, tenendo presente che ci vogliono otto anni per diplomarsi. Sto ottenendo grandi risultati, ci sono molti ragazzi che lavorano in compagnie teatrali o sono entrati nelle accademie. Hai esordito in TV come ballerina. Com’è avvenuto il passaggio a conduttrice di Colorado Cafè ? Di provini ne ho fatti tanti, ma Colorado Cafè è stato l’unico programma per cui non l’ho fatto: mi hanno scelta gli autori e il direttore di Italia 1, Luca Tiraboschi. A chi ti ispiri? Quale personaggio della TV guardavi da piccola ? Guardavo un programma che si chiamava Maratona d’Estate: è lì che è nata la mia passione per la danza. C’erano dei balletti meravigliosi di enti lirici, come La Scala, l’Opera di Roma e anche il Bolshoi. Da questa ispirazione folle per la danza è partito tutto. Ogni mattina la tua voce fa compagnia a milioni di italiani attraverso la radio. Che rapporto hai con questo mezzo? Mi piace ascoltare le chiacchierate interes-

santi. In macchina ascolto sempre la radio, i cd mi annoiano. L’ho sempre ascoltata e quindi non ho avuto nessun problema a lavorarci. Con la radio bisogna essere il più possibile spontanei, anche perché la gente se ne accorge se stai fingendo. Quando viaggi cosa non può mancare nella tua valigia? Beh… non possono mancare mai le creme idratanti. Lo ammetto, sono un po’ come la Lecciso, che all’Isola dei Famosi si è portata l’olio per capelli. Quale programma televisivo ti piacerebbe condurre ? Mi piacerebbe condurre un programma fatto di interviste, però sempre in maniera comica, come se fosse una chiacchierata tra amici. Colorado Cafè sembra una gabbia di matti. Un aneddoto divertente da raccontare ? Tutti dicono che i comici nella vita privata sono malinconici ma io non ne ho ancora conosciuto uno. Quelli che fanno Colorado sono dei matti scalmanati, sia dietro le quinte che sulla scena. Posso dirti solo che quando mi vedono arrivare mi chiamano tutti “nasona”... Cosa vuoi fare da grande? Non lo so ancora, però mi piacerebbe fare sempre cose di qualità, questa è la cosa che mi auguro di più al mondo.



Leonardo Bonucci nato a Viterbo il 1° maggio 1987 è un predestinato. Buttato nella mischia da Ventura nella prima giornata di campionato contro i campioni d'Italia dell'Inter (la squadra in cui aveva esordito da ragazzino nel 2006) il giovane difensore del Bari ha stupito tutti, tifosi e addetti ai lavori. In questa intervista esclusiva Bonucci si racconta come giocatore ma anche come uomo. Conosciamolo meglio...

Sogni di andare in Sudafrica? Ci credi ancora? Sì, magari... in vacanza! A marzo hai esordito in azzurro contro il Camerun. Speri in una chiamata di Lippi per il mondiale? Vediamo. La strada è ancora lunga, sia per il Mondiale che per il prossimo anno. Quanti meriti ha Ventura in quanto di buono state facendo? Tanti; ci insegna delle cose che fino ad un anno fa per me e sei mesi per gli altri miei compagni erano cose impensabili. Ha carisma e una gran voglia di migliorarsi. Il Bari è stato la rivelazione della stagione. Ti aspettavi una stagione così? Ci credevamo tutti fin dall’inizio, certo magari siamo andati un po’ oltre gli obiettivi, pensando anche ai punti lasciati per strada, però siamo consapevoli delle nostre forze.

Un difetto da migliorare e, invece, un pregio di cui sei orgoglioso? Il difetto penso la reattività. Per quanto riguarda il pregio, credo sia la personalità. Il tuo posto preferito per trascorrere il tempo a Bari? A casa, con la mia fidanzata. Com’è la serie A? Ha trovato difficoltà ad ambientarti? Penso che parlino i risultati. Non per essere presuntuoso, ma fin dalla prima partita penso di essermi fatto trovare pronto e all’altezza di grandi palcoscenici. Come sono i tifosi baresi? Molto, molto calorosi. Cosa ti piace della cucina barese? Adoro le orecchiette. Come trovi le donne baresi? Possiamo parlare della tipica donna mediterranea, mora e formosa. A Bari ci sono davvero belle ragazze. Micol Tortora

Un anno fa il Bari tornava in serie A dopo dieci anni di purgatorio sportivo. Quei giorni sono diventati un film: U megghie paìse – i quattro mesi in cui Bari impazzì, uscito nelle sale il 27 marzo e diretto da Vanni Bramati. Un film documento sul Bari e sui baresi, su una città sospesa tra vanità e autocritica, fatalismo e voglia di riscatto. Da non perdere.


Ingredienti: Per lo sciroppo di fragole: succo di 1 arancia succo di 1 limone 5 tbsp di zucchero 5 fragole mature Per l'impasto: 500 g. di farina 00 80 g. di olio extra vergine d'oliva* 2 uova 5-6 tbsp colmi di zucchero 1 cup di sciroppo di fragole 1 bustina di lievito per dolci 1/2 bacca di vaniglia o un cucchiaino di estratto Per la glassa: zucchero a velo q.b. sciroppo di fragole q.b.


Se Parigi fosse una piccola Bari, questi li chiameremmo Taralli en rose, e li gusteremmo sulla rive gauche ascoltando Edith Piaf. Potremmo sostenere a giusta ragione che il sostantivo “tarallo” deriva dal francese antico danal, (pain rond, ‘pane rotondo’) o da toral (‘essiccatoio’), piuttosto che dal greco daratos (una sorta di pane), o dal latino torrére (‘abbrustolire’). Ah, se Parigi avesse il mare... Per prima cosa preparate lo sciroppo, mettendo a macerare per 4-5 ore le fragole, tagliate a pezzettoni, con lo zucchero, il succo d’arancia e di limone, filtrando poi il liquido. Preparate l’impasto per i taralli lavorando bene sulla spianatoia tutti gli ingredienti e unendo a poco a poco lo sciroppo di fragole. Fate riposare il tutto in frigo per circa

*Le delizie per gli occhi e per il palato di questa rubrica sono tutte sul blog:

http://ammodomio.blogspot.com

mezz’ora e procedete a formare i taralli, ricavando da pezzi d’impasto dei bastoncini che richiuderete a ciambella. Deponeteli sulla placca rivestita di carta forno avendo l’accortezza di distanziarli tra loro, ed infornateli a 180°-200° per 20-25 minuti, o comunque fino a che saranno dorati. Lasciate raffreddare i taralli su una gratella e nel frattempo preparate la glassa rosa, mescolando allo zucchero a velo qualche cucchiaino di sciroppo di fragole. Ricoprite con la glassa rosa e fate asciugare bene all’aria. Potete decorare con grossi pois di glassa bianca all’acqua, fatta con lo stesso procedimento. * L’olio deve essere naturalmente un extra vergine d’oliva pugliese! Io ne uso uno dal gusto fruttato, con un leggero sentore di mandorla, prodotto artigianalmente a Toritto, in provincia di Bari.


“Voglio sostenere l'identità italiana: tutelare il territorio, l'artigianato, l'agricoltura, il turismo e aiutare le persone in difficoltà. Ho tante idee.” Emanuele Filiberto di Savoia, principe.

La notizia di essere aiutati dalle idee del Di Savoia fu accolta inizialmente con terrore dalle persone in difficoltà, che furono però successivamente rassicurate dall’epistola Italia Amore Mio, nella quale il Di Savoia dichiarava il proprio amore incondizionato alla Patria. Anche se la patria non era sua: la politica del principe era incentrata infatti sullo slancio di generosità e di amore casuale verso ogni tricolore che gli capitasse di incontrare. Uno slancio così forte che, nonostante nella citata epistola

egli si dichiarasse ateo convinto sostenendo “io credo nella mia cultura”, fu eletto nuovamente Principe nel 2010, quando l’Italia tornò ad essere una monarchia a seguito di un televoto plebiscitario. Prof.ssa Adele Meccariello Ordinaria della cattedra di Storia della Storia dall’Ottocento a Oggi presso la Pia Università di Uppsala.


CALIBRO 35 Teatro Kismet Opera – Bari ITALIA WAVE 2010 BARI Demodè – Modugno

Doppio evento LA FAME DI CAMILLA + BARI HIP HOP METRO Demodè – Modugno

Pop, Funk & Dance live Villa Camilla - Bari DEMODE’ ROCKS + SELEZIONI ITALIA WAVE 2010 BARI Demodè – Modugno BARI-ROMA Stadio San Nicola Bari

Africa Unite 10 Aprile

FESTIVAL FREQUENZE MISTE Kitch Club – Altamura PASQUETTA AL PARCO GONDAR Gallipoli

EXPOLIBRO 2010 Fiera del Levante – Bari (Fino all’11 aprile) IL SALONE DEL CALCIO Fiera del Levante – Bari (Fino all’11 aprile)

FESTIVAL FUORI DAL COMUNE Demodè – Modugno

AFRICA UNITE (FRIENDS FESTIVAL) Demodè – Modugno

ULTRAVIOLET live Expolibro 2010 Fiera del Levante - Bari

Classici internazionali ed italiani dal vivo Villa Camilla - Bari







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