Synaxis 1995 XIII 2

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Nuova serie - Xlll/2 - 1995

STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO & ISTITUTO PER LA DOCUMENTAZIONE ELA RICERCA S. PAOLO CATANIA


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INDICE

Sezione teologico-morale GIUDIZIO E VERIFICA: ASPETTI BIBLICI DEL DISCERNIMENTO (Rosario Gisana) fntroduzione I. L'atto del disccrni1ncnlo secondo l'Antico Tcstan1cnto 2. Il discerniinento nel Nuovo Testamento Conclusione TEMI SPIRITUALI NEL LIBRO I DELLO SPECULUM CARITATJS (Enrico Piscione) Introduzione I. L'armonia della creazione e il posto privilegiato dell'uo1no 2. L'uomo "llnago Dci" e il "Sabato" co1ne riposo di Dio 3. Il monastero cistercense coinc "Paradisus Ch:mstralis" 4. La radicale insufficienza dei cosiddctli "beni u1nanì" 5. Cristo vera "farina" dell'uon10 e il pri1nato della carità 6. Il ruolo paradig1natico della conversione di Aclrcdo 7. Un'insolita "clisputatio" 8. L'an1icizia fra Aclrcdo e Sin1one

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Sezione miscellanea JL PROBLEMA DELLA CONOSCENZA DI DIO NELLA FILOSOFIA DI A. GRATRY (Antonùw Franco) !H. LA FILOSOFIA COME LOGICA VIVENTE E METODO SAPJENZ!ALE

I. Vizi della filosofia 2. Cristo crocifisso paradign1a della logica vivente e dcl 1nctodo sapienziale IV. BILANCIO CRITICO CONCLUSIVO

I. 2. 3. 4. 5.

Il 1netodo 11 procedimento dialettico Suggestioni del tradizionalis1no e dell'ontologìsrno Gratry nel contesto culturale dell'epoca Prospettive gratryane

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CRISTO COME ANTENATO NELLE RELIGIONI TRADIZIONALI DELL'APRICA DEL SUB-SAHARA (Pins Mgeni) Introduzione I. Le religioni trndizionali africane 2. La credenza negli antenati 3. Cristo proto-antenato Conclusione

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L'ARCHIVIO STORICO DELLA COLLEGIATA SANTA MARIA DELL'ELEMOSINA DI CATANIA: INVENTARIO (Grazia Spampinato) 1. La basilica collegiata 2. L'archivio della chiesa collegiata 3. Il canonico Mario Coltraro Inventario

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LE RELAZIONI "AD LIMINA" DELLA DIOCESI DI CATANIA (1844 - I856) (Adolfo Longhiwno) 1. La diocesi di Catania nel periodo napoleonico e della restaurazione 2. Il vescovo Felice Rcgano (1839- 1861) 3. Le relazioni "ad li1nina" dcl vescovo Regano Testo tradotto delle relazioni "ad li1nina" Testo originale delle relazioni "ad lì1nina"

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Presentazioni S. LATORA, Mario e luigi Sturzo. Per una rinascita culturale del catto!icesùno, Catania 1991 (Luigi Giusso) F. VENTORINO, Moralità e felicità. Appunti di etica, Faenza 1995 (Giuseppe Schillaci) A. M!NISSALE, La versione greca del Siracide. Confronto con il testo ebraico alla luce de!!'a!!ività 1nidrascica e del 111etodo targu111ico, Ro1na 1995 (Canne/o Cri111i)

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Recensioni M. E. MAZZA, lettere ai diref!ori spirituali, Ro1na l 993 (Alberto Neglia) AA. Vv., Sulle.frontiere de!!'educazione. Maddalena Morano ù1 Sicilia (1881-1908), Ro1na 1995 (Maria Trigila) NOTIZIARIO DELLO STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO

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Sezione teologico-morale

Synaxis XIII/2 (1995) 275-300

GIUDIZIO E VERIFICA: ASPETTI BIBLICI DEL DISCERNIMENTO

ROSARJO GJSANA'

Introduzione Nel complesso dinamismo della società post-moderna, l'atto del discernimento sembra appartenere a quelle laboriose metodologie ern1eneutiche che cercano una adeguata comprensione nel succedersi caotico degli avvenimenti. Come ogni metodo investigativo, l'alto del discernimento avanza la pretesa di insegnare a vivere, perseguendo la cosiddetta "via regale"' dell'esistenza, vale a dire quel retto vivere che separa con sapienza ogni eccesso. Esso, tuttavia, non esprime l'esercizio esclusivo delle proprie capacità naturali e sensitive, di intuizione, di sensibilità, di percezione e neppure intende soltanto l'attuazione di qualità intellettive e decisionali. Anche la medesima operazione della riflessione non può essere equiparata, stricto sensu, a quella del discernimento. L'atto del discernimento, invece, includendo tali facoltà, procede nella prospettiva di verifica e di confronto con la realtà, sotto la

~

Docente di Patristica nello Studio Teologico S. Paolo di Catania. 1 Secondo la filosofia arislotelica "la via regale" è da identificarsi con la virtù n1cdiana, 7] dpEn] µEa6TTf5', che garantisce l'arn1onia e la perfetta coerenza di tutte le azioni della vita (cfr. AlUSTOTELE, Elica Nico111achea, l l06b,l5.36; 1107a,7).


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Rosario Gisana

spinta della sua connotazione basilare; quest'ultima si delimita nell'ambito della trascendenza, come dono dall'alto. Nella tradizione biblica, il discernimento indica una specifica operazione di giudizio sulla realtà circostante, il cui intervento concerne la fatica di comprendere la misteriosa interazione degli avvenimenti molteplici con l'evento dell'irruzione divina (cfr. Es 3,14) 2 • Di conseguenza, questi eventi appaiono ricettacolo teofanico di Yhwh, poiché sono in grado di svelare la presenza di Dio e di ricordare che nel loro avvicendarsi si realizza l'antico patto (cfr. Es 6,7) 3 . Su questa linea, la medesima incarnazione può essere intesa come prolungamento e compimento dell'opera di discernimento. L'incarnazione del Verbo, infatti, costituisce la manifestazione privilegiata della "accondiscendenza" divina, la totale compromissione di Dio nella storia dell'umanità'· In questo senso, l'evento messianico completa l'atto ermeneutico del discernimento: esso non è soltanto un'operazione di giudizio ma diventa criterio di comprensione nella fede in Cristo Signore (cfr. Fil 2,9-11 ab). Per la Sacra Scrittura, non è possibile discernere senza la combinazione di questi due elementi, l'operazione di giudizio e il criterio di conoscenza, che costituiscono le linee salienti e non esclusive del discernimento. Esse scaturiscono, infatti, dall'analisi lessicografica di alcuni termini, i quali diinostrano co1ne il discerni1nento, nonostante la

2 Il sintag1na 'ehyeh 'oSer 'ehyeh da cui ha origine il Non1e divino supporta un

atto esplicito di disccrnirnento: il Creatore non è soltanto l'esistente 1na anche il compagno del suo popolo. In ebraico, infatti, il verbo hii.yii.h non espri1ne soltanto «il puro " essere ", il puro "esistere", nia un "essere operante". Nel caso presenle s'intende parlare certa1nentc di un "essere operante" che non si esprime in qualche parte, ma appare nel n1ondo degli uo1nini, e in prin1a linea nella storia d'Israele» (1\1. NOTTI, Esodo fAntico Testan1ento, 5J, Paideia, Brescia 1977, 56; cfr. M. BUBER, Mosè, Marietti, Torino 1983, 47-50). 3 Cfr. N. LOHFJNK, Gott und die Gòtter i111 A!ten Testan1ent, in K. RAHNER O. SEMMELROTH (cd.), Theo/ogische Akade111ie, 6, Frankfurt 1969, 50-71. 4 Molti padri greci ed in particolare il Crisosto1no colgono nella nozione di (TUVKardjJacrts lu chiave di lettura per co1nprendere il 1nistcro dell'incarnazione. Tale nozione spiega la benevola disponibilità di Dio nella sotton1issione della rivelazione alle contingenze della storia urnana.


Giu~izio

e verifica: aspetti biblici del discernimento _____2_7_7

varietà categoriale dell'operazione, sia un atto complesso di giudizio, condotto sempre sugli avvenimenti e sospinto dalla provocazione critica della verifica. Così il profetismo, nella connessione ispirazioneesperienza, concepisce l'atto del discernimento a partire dal mistero del coinvolgimento di Dio e della sua sollecitudine per gli uomini; la riflessione paolina, con la quale viene proposta una criteriologia di disceJJJimento, ribadisce che la comprensione della realtà appartiene ad un atto u1nano commisto.

L'atto del discernimento appare, dunque, un'esercizio cognitivo nel quale interviene, a fianco della dimensione umana, il criterio interpretativo dell'ir1uzione divina. Discernere, verificare, provare, al di là di una sen1plice sinoni1nia

verbale, costituiscono la realtà del comprendere che è memoria della presenza di Dio.

I. L, 'atto del rliscernùnento secondo l'Antico Testan1e11to

L'arcano che si svela e si occulta ha suscitato nell'uomo un differente atteggiamento, sospinto unicamente dal desiderio di comprenderlo e circoscriverlo nel contesto dei limiti umani. Ed è probabile che alla base di questa sua nevrosi di evento vi sia la triste autopercezione di non essere lui stesso lassoluto dell'esistenza, seguendone di fronte al numinoso un atteggiamento equivoco: conte1nplativo e reverenziale

da un parte, antagonista e belligerante dall'altra'. La Sacra Scrittura conosce questo duplice atteggiamento nella narrazione mitologica della costruzione della torre di Babele (cfr. Gen 11, 1-9) e nella vicenda della lotta di Giacobbe contro l'angelo del Signore (cfr. Gcn 32,23-33), tanto per citare degli esempi. Essi manifestano una costante che coinvolge storie di singoli e di popolo, esperienze di giudizio e di rivelazioni e che si possono ese1nplificare nel cosiddetto "atto del discernimento" .

.'i

Cfr. R.

OTTO,!! sacro,

Feltrinelli, Milano 1966.


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Rosario Gisana

Cosa sta a fondamento della lotta di Giacobbe presso il torrente Iabbok, se non il desiderio di conoscere il suo avversario e di entrare in comunicazione con lui? «Giacobbe allora gli chiese; - riferisce il racconto dcl Genesi - Dimn1i il tuo nome. Gli rispose; Perché 1ni chiedi il nornc? E qui lo benedisse. Allora Giacobbe chiainò quel luogo Penucl, perché - disse - ho visto il Signore faccia a faccia» (vv.30-31) 6 •

La visione di Dio, la constatazione della sua presenza e la sua compagnia con il popolo, ratificata dalla formula del patto, costituiscono elen1enti essenziali del discerni1nento biblico veterotesta1nentario, il cui atto è normalmente considerato dal punto di vista dell'esperienza. Nei testi veterotestamentari manca il ter1nine che specifica l'atto del discernimento, reso solitamente con un vocabolario appartenente all'ambito giuridico.

Così, la radice verbale sp.t in un significato più specifico designa un'azione di giudizio mediante la quale viene ristabilito l'ordine di una comunità turbato in preccdenza7 • In questo intervento di giudizio è insito l'atto del discernimento che i LXX formulano con il verbo 11p!vtu: discernere con giudizio. Un'altra radice verbale che completa l'atto del discernimento è bl:m, provare, verificare, mettere alla prova ed anche ricercare ed esaminare criticamente. I LXX rendono il significato del verbo ebraico con 80K1µdr;'w, provare e verificare (cfr. Ger 6,27; 9,6; Zc 13,9; Ml 3, I O), eccetto in Gb 12, 11, che traducono con owKpfPUJ.

6 Le citazioni sono del testo CE!, nu1 quando si richiede quulche puntualizzazione renninologica viene riportato il testo originale tra parentesi. 7 Accanto al significalo di "governare" (cfr. JSam 8,5.20; !Re 3,9; Sai 67,5; Dn 9,12), il verbo "Siipa.t csprirne l'idea del giudi;>;io in favore dei poveri e degli innocenti (cfr. 2Sam 18,31; I Re 8,32; ls 1,17.23; Gcr 5,28; Sai 7,9; 35,24; 43,1) oppure la sentenza di giudizio da parte di chi ha il compito di dirimere la causa tra due contendenti (cfr. Gen 16,5; 31,53; Es 18,16; Nin 35,24; Is 2,4) (cfr. L. ALONSO SCHOKEL, /)iccionario Bfb/ico Hebreo-Espatio!, Editorial Trotta, Madrid 1994, 782).


Giudbo e verifica: aspetti biblici del discernimento

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Da un approccio ancora superficiale delle due radici verbali, si può tentare una definizione sull'atto del discernimento: esso costituirebbe l'equivalenza perfetta di un'indagine critica, che fonda la sua verifica sull'esperienza nell'operazione di un giudizio. Una tale definizione potrebbe essere soltanto il punto di avvio per un approfondimento più articolato del suo significato.

l. l Il vocabolario del discernimento L'atto del discernimento appartiene senz'altro al campo se1nantico del giudizio, ma in con1binazione con la capacità di scruta1nento nella sfera dell'esperienza. Il discernin1ento è un atto concreto, esperienziale, a differenza dcl puro giudizio che può rimanere ancora un'astrazione. E' nella azione di raffinamento degli eventi che il giudizio assume tutte le caratteristiche di un vero e proprio atto di discernimento, vale a dire di un giudizio oculato concernente la separazione di alcune parti della realtà, sottoposte a verifica. Nell'AT il significato del discernimento è legato all'interdipendenza delle due radici verbali: :Sp.t che ricopre l'ambito giuridico, e

b/m, che ha uno sfondo prettamente sapienziale'. Giudicare, pertanto, significa coJJocarsi all'interno di una "relazione triango1are" 9 , in cui due persone, che si trovano in uno slato di controversia, risolvono il loro turbamento grazie all'intervento di una terza persona che stabilisce la pace e la giustizia: «In quel ten1po cliccli quest'ordine ai vostri giudici: Ascoltate le cause dci vostri fratelli (Sfi1noa' bén 'aheken1) e giudicate con giustizia (ù'Spa_ttem ,s-eclek) le questioni che uno può avere con il fratello o con lo straniero che sta

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I due tern1ini solilan1ente non appaiono in con1binazionc; ina in Ger 1 l ,20, il parallelis1no "Sp.t!bf)n, attesta che l'azione ciel giudizio altro non è che il ripristino clell'orcline sulla base di una veririca sapienziale. 9 G. LIEDKE,lJE~· "Sp.t giudicare, in E. JENNJ - C. WESTERMANN, l)izionario Teologico del!'AT, I, Marictti, Torino 1978, col. 903.


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Rosario Gisana presso di lui. Nei vostri giudizi (ba1nmiSpa,t) non avrete riguardi personali, darete ascolto (ti51118'Gn) al piccolo come al grande; non ternerete alcun uomo, poiché il giudizio (hain1niSpa_t) appartiene a Dio; le cause troppo difficili per voi le presenterete a n1e e io le ascolterò (GS" ma 'tiw)» (Dt I, 16-

17)10.

Nonostante lo sfondo giuridico, lintervento di Mosè è caratterizzato dalla sfumatura sapienziale dell'ascolto. Un giudizio autentico suppone sempre l'azione di S!n ', che sottintende un atteggiamento docile e accogliente, un atteggiamento che sappia andare al di là della causa, per riconoscere ciò che è giusto e ristabilire la pace. Interessante a riguardo il sintagma sm' mi:Spii.tìm eh~ sottolinea latteggiamento di ubbidienza nei confronti delle norme fissate da Dio: «Per river voi dalo ascolto a queste norn1c (tiSn1e'Gn 'Ct ha1n1niSpfi/ìr11 hi'i'ellch) e per averle osservate e n1essc in pratica, il Signore tuo Dio conserverà per te l'al!cnnza e la benevolenza che ha giuralo ai tuoi padri» (Dl 7,12; cfr. 4,1; 5,1; 26,12).

Ed è sempre questo atteggiamento di profonda umiltà che permette al re Salomone di ricevere il dono del discernimento per ascoltare i mispa,tim del suo popolo: «Dio gli disse: [_ .. j Perché hai doinandato per te il discernin1cnto (habìn = con1prendere, penetrare) per ascollare le cause (lisrnoa' miSp.'.I,t), ecco faccio con1e tu hai detto. Ecco ti concedo un cuore saggio e intelligente: con1e te non ci fu alcuno prin1a di te né sorgerà dopo di Le» (!Re 3,11-12) 11 .

10 E' intcressnnte il doppio valore di bén nell'nzione dcl giudizio (Sp,tb<1n); la preposizione rileva, da una parte l'unione dci due litiganti, e dall'altra la separazione, escludendo uno dei due dall'istituzione giuridica. (cfr. ibid., col. 904). 11 La radice verbale hab/11 in connessione con il sintagnu.1 5111 ' 111iSjJéi.t conferisce all'alto dcl giudizio una sfumatura prctta1nente sapienziale.


Giudizio e verifica: aspetti biblici del discernimento

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L)ascolto costituisce un attributo essenziale per avviare un "giudizio" su un avvenimento. Tale giudizio "sapienziale" è affidato ad un altro che sta al di fuori della controversia, e ciò perché l'azione di sp.t implica essenzialmente l'obbligo di discernere una situazione che può essere negativa e positiva: «Quando sorgerà una lite fra alcuni uomini e verranno in giudizio, i giudici che sentenzieranno, assolveranno l'innocente e condanneranno il colpevole» (Dt 25,1); il discernimento, quindi, può essere esercitato soltanto da chi è reputato sapiente. Per tale motivo, l'azione del "giudizio sapienziale" è affidata particolarmente a Yhwh, il quale ricopre la veste di "giudice" nelle controversie dci patriarchi (cfr. Gen i 6,5; 31 ,53), nella persona di Mosé (cfr. Es 18,16; Nm 35,24; Dt I, 16), nella testimonianza del giudice Iefte (cfr. Gdc 11,27), nella controversia tra Davide e Saul (cfr. ISam 24,13.16), negli annunci profetici (cfr. Is 2,4; 5,3; Ez 34,20.22). Di consueto, però, nell'atto dei discernimento è coinvolto anche l'uomo, soggetto attivo della propria esistenza, la cui sapienza si commisura a partire dalJ' attuazione dei 111.iSpcl_thn: un giudice è sapiente se mette in pratica le norme di Yhwh e le custodisce con cuore sincero: «Metterete in pratica le 111ie prescrizioni ('et n1iSpil/ay la 'a.SU) e osserverete le inie leggi, seguendole. Io sono il Signore, vostro Dio. Osserverete dunque le 111ie leggi (QS'-' 1narten1 'et buqq6tay) e le n1ie prescrizioni (w~'et rni5pil.tay), rncdiante le quali, chiunque le rnctterà in pratica, vivrà. Io sono il Signore»

(Lv 18,4-5; cfr. 19,37; 20,22; 25,18).

Spesso il sintag1na 'Sh n1iJp{i_tf1n sottolinea la condizione per sperimentare la realizzazione delle promesse di Yhwh: dell'ingresso nella terra promessa (cfr. Dt 4, I .5. i 4; 5,31; 6, l; 12, J ), della certezza della presenza del Signore in mezzo agli Israeliti (cfr. I Re 6, 12-13), dell'appartenenza a Dio come popolo prescelto (cfr. Ez 11,20), della perpetuazione della vita (cfr. Lv 18,4-5; Ez 18,17; 20, 11 ), del dono dello spirito di Yhwh (cfr. Ez 36,27). Anche l'espressione sm r 1ni:S7Jd_tfn1, che è in parallelismo con il sintagma precedente aggiunge

un elemento nuovo per la ricezione della sapienza nell'atto dcl di-


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Rosario Gisana

scernin1ento; «Tu ritorna al tuo Dio, osserva la bontà e la giustizia (,'iesed ììmispa.t s' m6r) e nel tuo Dio poni la tua speranza per sempre» (Os 12,7). Si tratta della docilità al dono della conversione, del ritorno sincero al Dio dell'alleanza, vissuto storicamente dal profeta, dal giudice o dallo stesso popolo come ricettori privilegiati del discernimento. In questo contesto, è interessante cogliere una trasposizione ermeneutica del verbo :Spt : sulla base di alcuni testi, esso assume il significato di "salvare". Così riferisce il profeta Isaia: «Imparate a fare il bene, ricercate la giustizia (mispa.t), soccorrete l'oppresso, rendete giustizia (sip.tù) all'orfano e difendete la causa della vedova» (1,17); e parlando dell'Unto sintetizza: «Giudicherà (w'sapa.t) con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese» (I I ,4; cfr. Sai 72,4). Il medesimo significato è ripensato dalla letteratura sapienziale: «Un re che giudichi (sòpe.t) i poveri con equità rende saldo il suo trono per sempre» (Pr 29,14; cfr. 16,12). Un discernimento autentico, allora, deve custodire e difendere i diritti dei poveri e degli oppressi secondo un giudizio che scaturisce dall'applicazione di un legge equa e liberante. Un tale giudizio, inoltre, tende alla salvezza, perché, nell'atto del discernin1ento, manifesta ciò che vcran1ente è bene per l'uo1no: la corrispondenza della pace, della giustizia e della solidarietà. Ma la connotazione sapienziale del giudizio si fonda sulla capacità di scrutamento e di ricerca critica, come viene attestato dal profeta Geremia: «Ora, Signore degli eserciti, giusto giudice (sòpe.t ,,edeq), che scruti (b6,'ien ) il cuore e la mente, possa io vedere la tua vendetta su di loro, poiché a te ho affidato la mia causa» (Ger J I ,20). La combinazione di Sp.t con bhn permette di evidenziare che il giudizio, co1ne sen1plicc espressione della Jeggc, non può giungere ad eseguire la giustizia e ad attuare la salvezza; esso necessita inevitabiln1ente dell'aspetto sapienziale. Soltanto così il giudizio può diventare un atto di discernin1ento. La radice verbale bbn è a sfondo sapienziale. Con n1olta probabilità, all'origine esprimeva limmagine del fondere, raffinare loro


Giudizio e verij;ca: wpetti biblici del discernimento ---------

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in sinonimia con ~rJJ 12 , come risulta da un testo di Zaccaria: «Farò passare questo terzo per il fuoco e Io purificherò con1e si purifica l'argento (ù,s'raptìm ki,srop 'et hakkesep); lo proverò come si prova l'oro ( iìb',liantìm kibhon 'et hazzahab)» (13,9). Più tardi cominciò ad indicare significati più traslati come "vagliare" gli uomini (cfr. Gdc 7,4), "provare" il cuore (cfr. Sai 26,2) e "purificare" (cfr. Ger 6,27-30). L'aspetto sapienziale del verbo non nasce solo dal significato allusivo, 1na anche dalla sua connessione con verbi del n1edesin10 ambitoL\ Così, b(m significa anche yd' e r'h: «Ma tu Signore mi conosci (y'cla'tanì), mi vedi (tir'enì), tu provi (ba/lanta) che il mio cuore è con te» (Ger 12,3); esso diventa sinonimo anche di /lqr: «Io, d Signore, scruto (/iiJqer) la mente e saggio (biJ/len) i cuori, per rendere a cia-

scuno secondo la sua condotta, secondo il frutto delle sue azioni» (Ger 17,10); appare ancora in parallelo con pqd: «Saggia (bahanta) il mio cuore, scrutalo (paqadta; pqd nel senso di "visitare") di notte, provan1i (,s,craptanì) al fuoco, non troverai n1alizia. L,a n1ia bocca non si è resa colpevole» (Sai 17,3; cfr. Gb 7,18). Da tale sequenza, scaturisce una considerazione: colui che esamina è sempre Dio mentre l'oggetto del discernimento diventa la condotta dell'uomo''· L'atto dcl discerni111ento, dunque, è originarian1ente una prerogaliva di Dio, con il quale egli esercita la conoscenza e la vicinanza nella storia dcl suo popolo. Come guida sicura, egli addita il cammino da perseguire e, con1e giudice equo, discerne I'atteggian1cnlo del popolo per la conversione (cfr. Sai 7,10; Pr 17,3).

12 Cfr. E. JENN1,7n:; bbn esr1111inare, in E . .TENNI - C. Teologico dc!!'AT, I, cil., col. 239.

\VESTERlvlANN, f)iz.ionario

u Tale connessione n101Lo spesso si evince dal parallelismo della slrullura. Affenna Jcnni che «il soggetto dc!l'esaininare è talvolta l'uo1no, 1na pili spesso è L1hwe, attraverso la n1cdiazione del suo profeta. Oggetto dell'esan1c di Jahwe sono di regola gli uon1ini o singolanncntc o in generale; poche volte si trntta del popolo» (ibid., col. 240). i-1


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Rosa rio Gisana Da qui il saggiare di Dio assume il senso di un giudiz.io purifica-

torio: «Dio, tu ci hai messi alla prova (b',liantani); ci hai passati al crogiuolo (,o'raptanù), come l'argento» (Sai 66, I 0), affidato spesso ali' opera di discernimento di un profeta: «Io ti ho posto come saggiatore (ba,lion) fra il mio popolo, perché tu conoscessi e saggiassi (w'teda' ùbà,lianta) la loro condotta» (Ger 6,27) e mediante il quale viene chiesto conto delle proprie azioni: «Scrutami (,lioqreni), Dio, e conosci (w'da') il mio cuore, provami (b',lianeni) e conosci (w'da') i miei pensieri» (Sai 139,23; cfr. Gb 23, 1O). La relazione di interdipendenza delle due radici verbali chiarisce l'assunto. L'apporto giuridico del verbo Sp.t offre all'atto del discernimento la peculiarità di un'operazione preli1ninare di setaccio, per comprendere il senso recondito di un avvenimento, molto spesso l'unico cd autentico senso possibile nel groviglio di significati periferici. L'attenzione, l'equità, l'affidamento ad un altro rendono il discerniinento un atto "urnano", capace di custodire il valore indiscusso della persona nella separazione e nella distinzione degli elementi. Ma il giudizio può restare un freddo pronunciamento di una sentenza fine a se stessa, se non viene corroborato dalla sfurnatura sapienziale, espressa dalla ricchezza semasiologica del verbo bhn. L'atto di discernimento non include soltanto l'operazione della distinzione. Infatti, non è sufficiente soltanto setacciare e distinguere i significati di un detern1inato avvenin1ento; occorre, soprattutto, conllensare il senso autentico, comprenderlo in tutta la sua portata. Tale operazione prende il norne di ricerca critica, scrutan1ento, verifica per vagliare coine si purifica l'oro nel crogiuolo. Il discernimento è un atto espressa1nente sapienziale che l'uo1no può far proprio nello stato di silente consapevolezza di essere quotidianamente "scrutato" da Dio.


Giudizio e verifica: aspetti biblici del discemùnento

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1.2 Discernimento e profezia: l'elaborazione di un metodo Tutta la missione profetica, sia come chiamata che co1ne annuncio, è segnata dal dono del discernimento. L'esperienza profetica, infatti, esercita intrinsecan1ente questo dono, in virtù del fatto che essa non annuncia la scoperta di un'idea al di là del tempo o la banale percezione di una serie di avvenimenti, bensì trasn1ette la consapevolezza di una realtà che accade, di un evento che viene comunicato, del 1nistero absconllitus che proferisce il suo essere revelatus. In tal senso, il profeta rappresenta nella storia un punto "diacritico", lo spazio di incontro per l'u1nanità che discerne la inani festazione dell'evento. Egli «incontra non un dato, un'idea senza te1npo, n1i:S7Ja.t, giustizia, una legge, n1a qualcosa di dina1nico, un atto in cui si dà qualcosa; non una parola eterna, ma una parola proferita [... ] La sua esperienza è la percezione di un atto che accade, più che la percezione di una situazione che per1nanc» 15 • 11 profeta appare il testimone irresistibile dell'irruzione di Dio con1e Parola da co1nprendere e da discernere ( cfr. Ger I, 4)"'· Il profeta, in altri termini, ricorda al popolo che la conoscenza di Dio è una reale provocazione: essa mette subbuglio nella monotona routine dell'esistenza, perché richiede {focilità e prontezza nel trascendere le categorie dell'u1nana esperienza. Nell'ambito della profezia, il ricordo, l'annuncio, l'invettiva, i simboli espri1nono un atto di discernirnento dal significato vcran1ente singolare.

15

A. HESCHEL, Il 111essaggio dei profeli, Boria, Cillh cli Castello 1981, 280. 11 sintagn1a /Jaddiibiir 'aSer /l(/yc/h, 1nolto frequente in Geren1ia ed Ezechiele (Ger 1,4; 2,l; 11,1; 13,1; Ez 6,1; 7,1; 13,1;15,l; 16,1), sottolinea l'accadin1cnto dell'ispirazione profetica, una sorla di "anlropotropis1no": (cfr. ibùl., 279); .secondo Alonso SchOkel, l'espressione intende l'elezione da parte di Dio per una 111issione profetica (cfr. L. ALONSO ScHOKEL - J. L. SJCRE, I prr~f"eli, Boria, Citlà di Castello 1984, 480-484). Anche Wciscr scinbra essere del 111edesi1110 avviso: «Qucslo orizzonte non è il risultato di riflessioni un1anc, 1na di una rivelazione divina, e anche Geren1ia sa che si tn1tta di "una parola cli Dio", la quale lo coglie di sorpresa, in 1nodo opprirncntc e avvincente nello stesso ten1po>} (A. WEISER, Gere111ia capp. !-25, 14 [Antico Tcsli.1n1cnto, 20], Paicleia, Brescia 1987, 73). 16


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La capacità di comprendere e additare diventa nella vita del profeta constatazione di un)ispirazione; la certezza di parlare nel non1e di Dio e di essere mandati da lui, per un motivo specifico, esprimono nel profeta la consapevolezza di essere ispirato 17 • Di conseguenza, si può affcr1nare che il suo discerni1nento nasce dall'ispirazione, vale a dire dalla maturazione che la fonte del suo intervento è Dio e non se stesso: «Mosè disse: Da questo saprete che il Signore ini ha inandato per rare tulle queste opere e che io non ho agito di inia iniziativa. Se questa gente n1uorc co1ne 1nuoiono tulli gli uo1nini, se la loro sorte è la sorte con1une a tutti gli uornini, il Signore non rni ha n1andalo; n1a se il Signore fa una cosa 1ncravigliosa, se la terra spalanca la bocca r ... ], allora saprete che questi uon1ini hanno disprezzalo il Signore» (N1n 16,28-30).

Anche l'annuncio contro i falsi profeti rileva la sconcertante certezza che il profeta sia "portavoce'', ispirato da Dio: «Così dice il Signore Dio: Guai ai profeti stolti che seguono il loro spirito senza aver avuto visioni I .. j hnnno avuto visioni false, vnlicini 1ncnzogneri coloro che dicono: oracolo del Signore, n1entrc il Signore non li ha inviati. Eppure confidano che si avveri la loro parola! Non avete forse avulo una falsa visione e preannuncialo vaticini bugiardi, quando dite: parola dcl Signore, 1nentre io non ho parlato?)> (Ez 13,3.6-7) 18 •

17 C!'r. A. 1-IESCHEL, op.cii., 272. L'Autore rileva, inoilre, che tali ele1nenli, i quali costituiscono la profezia dcl 1nandalo, distinguono il profeta dagli altri per il fallo che «per lui la sorgente della sua esperienza è la sorgente della sua certezza» (I.e.). 18 La questione sulla falsa profezia distinta da quella vera non è di facile cornprcnsione. Secondo Schn1id, occorre fare 1nolto allenzione «nel cedere troppo raci!Jncntc al vezzo di gunrclarc con sospetto questa tendenza per il sen1plice L1tlo che risulta contraria a quella dci profeti del giudi7!o: concezioni di questo tipo sono presupposte senza contrnsti in altre parti clell'A1', anche nei profeti canonici» (H. H.

Sà!ò111. La pace ncll'antù:o Oriente e ne/l'Antico Tesfa111e11to, Paidcia, Brcscin 1977, 69). In questo a1nbito, lullavia, appare degno cli nola il lavoro cli sintesi di A!onso Schtikcl, nel quale l'Autore inette in evidenza i criteri positivi e ncgati,1 i per l'individ1rnzionc dcl falso profeta (cfr. L. ALONSO SCHOKEL- J. L. SlCRE, I pn~fcti, cit., 51-58). SCl-IJVIJD,


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L'autenticità della sua ispirazione, però, ha un'altra sorgente: l'esperienza. Spesso il contenuto del suo messaggio sembra essere in contrasto con le sue più intime speranze e desideri. Il profeta percepisce, in tal caso, una particolare tensione nel realizzare l'annuncio di Dio; egli sente emergere una sorta di conflitto tra la voce del Signore e il desiderio del suo cuore: «Tu sei troppo giusto, Signore, perché io possa discutere con te: ma vorrei solo rivolgerti una parola sulla giustizia. Perché le cose degli empi prosperano? Perché tutti i traditori sono tranquilli?» (Ger 12,1). Il proposito di Dio però è differente: «Io ho abbandonato la mia casa, ho ripudiato la mia eredità; ho consegnato ciò che ho di più caro nelle mani dei suoi nemici» (Ger 12, 7). L'atto del discernimento profetico comprende, allora, un duplice aspetto: da una parte una realtà che oltrepassa la dimensione personale che si appella "ispirazione", e dall'altra l'evento della chiamata che costituisce la cosiddetta "esperienza" di Dio. Entrambi gli aspetti rivelano la capacità di discernimento del profeta. L'ispirazione d'altro canto, lungi dall'essere considerata una esperienza estatica 1'\ indica il pieno coinvolgi1nento del profeta nella rivelazione di Dio o meglio della presenza di Dio nella storia del profeta in ter1nini di compro1nissione. Da qui l'impegno del profeta: narrare, a partire dalla sua esperienza, la sollecitudine di Dio, la sua vicinanza nel n1istero di questo JJathos divino. Nella correlazione ispirazione-esperienza, il discernimento profetico non è precognizione del futuro, ma conoscenza interpretata del presente, nel quale opera l'azione di Dio. La profezia, infatti, attua il discernimento sulla base della certezza che leterna premura di Dio ha operato la trasposizione dal

19 Sottolinea chiara1ncntc IIcschel che «l'esperienza dcl profeta non è un atto di spersonalizzazione, di clissolvi1ncnto interiore [ ... ]. Nel 1no1ncnto preciso

dell'ispirazione può discutere, supplicare o contrastare Dio. Essere ispirato non significa essere ridotto in uno stato di passività a scinplice vaso e stnnncnto. Il profeta soggiogato dalla 1nano di Dio, può perdere il potere della volontà, n1a non quello ùe!!a 1nc11fc» (A. HESCHEL, // 111essagg;o ... , cit., 297).


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"totalmente Altro" al "totalmente Vicino". Il suo discernimento non è più originato dal semplice ascolto, ma diventa constatazione che Dio sta reahncntc parlando, essendo uscito dall'estraneità di un silenzio incomprensibile. E' questo travolgente evento di Dio che "accade" a sostenere il profeta nella difficile comunicazione al popolo della compromissione

divina. Su questa base, il discernin1ento è un atto trascenllente. Molto più di un semplice dono, l'atto del discernimento procede dall'alto, come vita divina che irrompe in quella del profeta; esso verifica un rnon1cnto di incontro nel tempo: Pincontro del divino con l'un1ano, dell'eternità con la provvisorietà. Si tratta, dunque, di un atto che non co1nunica informazioni di carattere generale, approssimative e superficiali. Esso, invece, riconosce, nei molteplici eventi, l'irripetibile evento della comunicazione di Dio, che il profeta coglie nella divina iniziativa di un accadirnento a favore dcli' esistenza dell'uomo. L'atto del discernimento è qualcosa di più di un sen1plice apprendin1ento interiore. Esso scaturisce dallo stupore dell'evento che irrompe nella storia quotidiana: «l{uggisce il leone: chi 1nai non treina? Il Signore Dio ha parlalo: chi può non profetare?» (Am 3,8). Il profeta discerne nella storia l'evento che gli si approssima e, ispirato da esso, lascia che la sua vicinanza n1uti la co1nprensionc in profezia. Ogni atto di discernin1ento nel binomio ispirazione-esperienza è profezia; il discernimento profetico condensa, nell'unità reale dell'evento, la fra1nn1entarietà di un'esistenza in diaspora.

2. li discernirnento nel Nuovo Testan1ento L'indagine vetcrotestan1cntaria ha pcrn1esso di stabilire che l'atto del discernin1ento è un dono che scaturisce dall'alto e che si esercita nella storia attraverso un'esperienza csclusivan1ente sapienziale.


Giudizio e verifica: aspetti biblici del discernimento

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Tale esperienza è soggetta ad un giudizio umano, la cui completezza dipende dalla simmetrica interazione delle componenti essenziali del discernimento: l'ispirazione e lesperienza. Nel NT, l'atto del discernimento mostra una certa articolazione e forse anche una maggiore esplicitazione tenninologica, dato che i due termini corrispondenti a 3'p.t e bbn, vale a dire 01a1(p///cu e µd(0, adducono un significato più enfatico.

r50111-

Così 01a11p/vt11, essendo un co1nposto da 1<p/Ytu, - il suo diretto corrispondente ebraico è Sp.t - si differenzia da esso per la sfumatura di significato apportata dalla preposizione Otd TI verbo greco So1apd(ùJ solo in parte si riferisce al biblico b/111; quest'ultimo, infatti, arricchito dai paralleli di natura sapienziale, perde il significalo letterale di una verifica concreta. Llo1apd(0, invece, mantiene il senso di una perizia condotta su prove inolto concrete. Se nell' AT il discernimento è frutto di un alleggiamento sapienziale, i testi neotestamentari dimostrano l'assoluta peculiarità credente: l'atto tlel tliscerni111ento si innesta in una personalità di f'ede, che tiene fisso lo sguardo su Cristo (cfr. Eb 12, 2a). Discernimento e fede costituiscono, per il NT, un binomio privilegiato. In verità, anche la riflessione veterotestamentaria sull'atto del discerni111ento avvia la dimostrazione a partire dalla confessione di fede in Yhwh. E' sufficiente considerare, a tal riguardo, il messaggio profetico, nella connessione ispirazione-esperienza. Ma il NT esplicita il criterio di fede e lo rende conllitio sine qua non per un autentico discernimento degli eventi. Il discerni1nento neotestan1entario, infatti, opera la sua con1prensione interpretativa sul calco di una Kp{oz.5'. attuata nella storia: «Ma quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l'adozione a figli» (Gal 4, 4-5). Ed è nella successione temporale di questa Kp!Jts-, cioè nella 8Ld-Kplal:;, che accade l'autorivelazione del J(atpds- per antonon1asia, la cifra interpretativa per il compimento del giudizio: «Ora è il giudizio (Kpfo15') di


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questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,31-32). Un autentico atto di discernimento sull'intreccio degli avvenimenti non può prescindere dalla mediazione ermeneutica della debolezza di Dio, che costituisce nel fallimento della croce la più reale e significativa compromissione ·divina.

2.1 Il contenuto terminologico del discernimento I) In corrispondenza della radice verbale sp,t con significato generico di giudicare, governare, il NT per indicare l'opera del discernimento ricorre al verbo più specifico OtaKp(vtu, con 1nolta probabilità su retaggio dell'interpretazione addotta dai LXX"'· La frequenza del verbo è molto interessante per l'analisi: esso compare 18x: nei Sinottici 3x; negli Atti 4x; nelle lettere paoline 7x; in Giacomo 2x; nella lettera a Giuda 2x. In esse, otaKpf//ùJ assume un triplice significato: a) quello di interpretare per discernere come è riportato dal testo di I Cor 4,7: «Chi dunque ti ha dato questo privilegio? (TL5' ydp CYE 8wKp{vn) Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai

ricevuto, perché te ne vanti come non I' avessi ricevuto?». b) Il senso di riconoscere, intuire e nel caso specifico di riconoscere il corpo del Signore: «Ciascuno, pertanto, esamini (80K1µd(Erw) se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere (µrj 8wKp[vwv) il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (!Cor 11,28-29; cfr. Mt 16,3). c) infine, il verbo può significare anche dubitare, esitare, accompagnato dalla negazione: «Lo Spirito mi disse di andare con loro

20

I LXX, in rcalt8, traducono 5/J.t con Kj)Ù-'N e OtaKpfvN; quest'ulti1no se1nbra

essere un rnfforzativo di Kpl//N, dato che il senso di separare, distinguere cornprende entra1nbi i verbi. Soltanto il contesto può addurre qualche sfu1natura di significato (cfì·. P. BOCHSEL, OtaKpl//N, in GLNT, V, Paideia, Brescia 1966, col.1090).


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senza esitare (µ~Bèv 8wKpivavra)» (At 11,12; cfr. Rm 4,20; 14,23; Gc 1,6; Gd 22), o più esplicitamente: «In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Levati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo (prj 8wKplGQ Év nj Kap8[a) ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato» (Mc 11,23; cfr. Mt 21,21). In appendice, owKpfnv può avere anche il significato di un giudizio discriminante, quasi di rimprovero o di accusa (cfr. At 11,2, 15,9, Gc 2,4, Gd 9); di un attento esame critico in relazione al giudizio: «Se però ci esaminassin10 attentamente da noi stessi (El 8È Éavroùs- 8tEKp{voµEv), non saremmo giudicati (oVK àv ÉKptvOµçea)» (lCor 11,31; cfr. 14,29); ed infine è interessante la citazione di ICor 6,5, a sfondo veleroteslamenlario, che lega l'alto del discernimento ad una sfumatura sapienziale: «Lo dico per vostra vergogna! Cosicché non vi sarebbe proprio nessuna persona saggia (Évt Év VµLv oV8El5' uo</JoS') tra di voi che possa far da arbitro (òS' 8uvl]uErnl 8wKpivm) tra fratello e fratello?». A differenza dell' AT, il NT conosce anche il sostantivo 81d1<pw1s-, che ricorre 3x: con il significato di dubbio e di esitazione in Rm 14, I; di dono specifico dello Spirito di Dio in I Cor 12, I O; e come verifica di una maturazione di fede adulta in Eb 5, 14. Da quanto detto, l'atto del discernimento rimane sempre un'operazione di giudizio, formulato alla luce di una metodologia che concerne l'attenta osservazione della realtà, l'esame critico di se stessi e leliminazione di ogni esitazione o di dubbio. Quest'ultimo aspetto obbliga ad una considerazione. I testi che traducono r51a11p/v(U con una preposizione negativa sono la n1aggior parte 21 •

21

Cfr. Mt 21,21; Mc 11,23; Le l l ,38 (secondo la varisntc dcl codice D: «rfp{aro 6taKptP6;.JEVOS' lv !-a1;rt;J ÀÉyEtv Ola Tt»); AL 10,20; Rn1 4,20; 14,23; Gc 1,6; 2,4; Gel 22. Il verbo 1ncdio 6taKpfvFcr0at significa "lottare con se stesso", "esitnrc", "dubitare". Con la preposizione negativa, assun1c il significato positivo della confessione di fede nel contesto di una tensione provocata dalla dJTtcrr!a (cfr. J-1. SCHLIER, La lettera ai Ro111a11i [Corn1ncntario Teologico dcl NT, Vl] Paidcia,

Brescia 1982, 233-234).


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Il discernimento non indica soltanto scrutamento e verifica, ma pieno coinvolgimento nel giudizio e soprattutto totale fiducia nella formulazione espressa. In altri termini, un atto di disccrni1nento implica l'esercizio della verità prima ancora che sugli altri su se stessi. Non è possibile, infatti, discernere senza avviare Pazione coraggiosa dello smascheramento circa le proprie a1nbiguità che inducono invece all'incertezza e al!' esitazione. Su questa base, si comprende il motivo perché il discernimento è 5tdKpurts, che reclama un atto di fede adulta e l'invocazione dello Spirito di Dio. E' vero che il discernimento è un dono dall'alto, ma viene concesso soltanto a chi accetta l'ascesi della µErd,vota al di là della scienza e della stessa esperienza (cfr. Gv 3,3-6). 2) Il verbo 5oKLµd?rif 2 , in relazione alla radice ebraica b/m, appare nel suo significato meno sfumato da un punto di vista sapienziale; ma l'articolazione del suo contenuto risulta molto preziosa per la comprensione del!' atto del discernimento. Nel NT, esso ricorre 21 x, di cui 2x nei Sinottici, 16x nelle lettere paoline, lx nella prima lettera a Timoteo, lx nella prima lettera di Pietro e 1x nella prima lettera di Giovanni. Il significato del suo contenuto può essere organizzato nel seguente modo: a) un senso più generale che implica verifica, prova concreta, come in Le 14,19: «Un altro disse: ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli (Kai rropEVoµat 8oKtµdaat aVrd); ti prego, considerami giustificato» (cfr. lCor 8,8.22; !Cor 3,13; lGv 4,1). b) Con il significato di apprezzare, stimare dopo aver esaminato il valore di una cosa: «Del quale (Dio) conosci la volontà e, istruito come sei dalla legge, sai discernere ciò che è meglio (80K1µd(n> Tà 8twpipovm)» (Rm 1,18; cfr. 2,18; Ef 5,10; Fil 1,10; !Ts 5,21).

22 Cfr. G. TJ-lERRIEN, Le discer11e111e_11t dans !es Écrits pa11!i11iens, (Étudcs 1 Biblique), Librairie Lecoffre J. Gabalda et C e, Paris 1973, 32-243.


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c) Soxzµd(tu può significare anche comprendere nel senso di formulare un giudizio su una realtà da discernere: «Ipocriti! Sapete giudicare (o[8an 8ox1µd(E1v) l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo (ovx o[8an 80Jaµd(ELv)'?» (Le 12,56; cfr. Rm 12,2). d) In casi in cui il verbo adduce un significato prettamente giuridieo nel senso del 1ncttcre alla prova qualcuno: «Perciò siano prilna sottoposti a una prova (oVroL DE 80Kt/1a(Écr8wuav) e poi se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio» (I Tm 3,10; cfr. l Cor 16,3; lTs 2,4.4; IPt 1,7). e) Nel senso ancora di sottoporre se stessi a verifica, esa1ninare e provare se stessi: «Ciascuno esa1nini (8oKtµd(ErUJ) invece la propria condotta e allora solo in se stesso e non negli altri troverà motivo di vanto: ciascuno porterà infatti il proprio fardello» (Gal 6,4; cfr. Rm 14,22; I Cor l l ,28; 2Cor 3,5). La sinoni1nia dei sostantivi pennette di perseguire il n1edesin10 approfondimento. Secondo la citazione di Eb 3,9 2 \ il termine So1<tfiaola è il diretto riferente della radice ebraica bbn. Il sostantivo So1<tµrf, invece, sottolinea lo stato della prova in situazione di tribolazione: «E non soltanto questo: noi ci vantian10 anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce la pazienza, la pazienza una virtù provata (8oKLµrfv) e la virtù provata (8oxLµ7)v) la speranza» (Rm 5,3-4; cfr. 2Cor 2,9; 8,2; 9,13; 13,3-7; Fil 2,22; Gc I, 12); esso è equivalente del neutro 8oK{µwv. Quest'ultimo ricorda la sfun1atura sapienziale di bbn corne sinoni1110 di !?fJJ, fondere, raffinare con il fuoco: «Perché il valore della vostra fede,

2

·' L'espressione r!OoK!µarYO// µE dei Sa! 94,9 secondo i LXX, è stata trasforrnata dal!' Autore della lettera in É// OoKtµatT!q. I! senso ovviarncntc non ccunbia, 1na il sostantivo enfatizza !'esperienza della prova, a cui è soggetto Dio: il popolo esige da Dio la certificazione della sua esistenza (cfr. H. STRATHMANN, La !ef!era agli Ebrei tNuovo Teslainenlo, 9], Paidcia, Brescia J 973, 171-172. Su ques.ta 1 linea nnche C. SP!CQ, L'l;ìJifre au.r Hébreux, II, Librairie Lccoffrc J. Gabalcla et C t:, Paris 1953, 74).


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molto più preziosa dell'oro, che pur destinalo a perire, tuttavia si prova con il fuoco»" (IPt 1,7; cfr. Gc 1,3). Infine, il sostantivo 0dKtµo~ 5 , che rileva apprezzamento e stin1a dopo una attenta verifica condotta sulla base della confessione di fede: «Chi serve Cristo in queste cose è bene accetto a Dio e stimato ( 061aµos-) dagli uomini (Rm 14,18; cfr. I~, 10; 2Cor 10, 18; 2Tm 2, 15). Interessante la citazione di I Cor 11, 19, nella quale odKtµos- è in consonanza con l'atteggiamento di una fede provata: «E' necessario infatti che avvengano divisioni tra di voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti (ol 861<tµot) in n1ezzo a voi». Il campo semantico di ooKtµdçJu dimostra quanto difficile sia attuare l'atto del discernimento. Esso è sottoposto alla dura verifica di se stessi per dare prova di coerenza e di fedeltà alle proprie scelte. Dall'analisi, infatti, sembra emergere una sfumatura prettamente etica: l'atto del discernimento scaturisce dalla duplice potenzialità di "sopportare" le prove dell'esistenza e di "confessare" nelle medesi1ne l'audacia della fede 26 . La maggior parte dei testi spiega, così, latto del discernimento non soltanto come scrutamento "formale" degli eventi (3x), ma soprattutto con1e intervento di verifica che richiede un coinvolgùnento personale (il resto delle citazioni). Nel disccrnin1ento, dunque, l'essere provati confcrn1a il valore dell'interpretazione e ne apprezza l'attestazione di giudizio.

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Per con1prendere il significato di rd 8oK{µtov (ciò che è autentico, garantito) è preferibile una traduzione letterale del v.7: «affinché la prova della vostra fede, più preziosa dell'oro che perisce a causa del fuoco che inette alla prova (8oKL/1a(oµÉvov)». 25

Secondo Grundn1ann, 8dKtµoS' deriva dal sostantivo 8oKrf, "lo stare in agguato". Di conseguenza, riferito a persone, il termine e.spri1ne l'idea cli una persona provata, fidata e quìndi .slin1ata e rispetlata (cfr. W. GRUNDMANN, 8dKt/LOS' KT/!., in GLNT, II, Paidei3, Brescia 1966, col. 1403). 26 A tale proposito affcnna Grundn1ann: «Il valore religioso ed esclusivo di cui questi tennini s'arricchiscono nel NT, sulla base di concetti e i1n1nagini vetcrotesta1nentafi è il riflesso della situazione in cui si colloca, nel NT stesso, il cri.stiano, la cui esistenza è detcnninata da due elementi caratteristici: l'accettazione della fede e l'i1nn1inenza del giudizio» (ibid., col. 1407).


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Discernere non vuol dire soltanto scrutare un avvenimento per sottoporre a giudizio ermeneutico una realtà. Il discernimento è l'atto privilegiato, secondo il quale chi scrnta deve prendere consapevolezza di essere scrntato dalla verità dell'evento. Provare ed essere provati designano in tal modo l'intrinseco dinan1is1no di un autentico atto di discerni1nento.

2.2 Una criteriologia di discernimento La disamina paolina sul discernimento merita una particolare attenzione. Nell'ambito neotestamentario, l'atto del discernimento trova la sua 1nassi1na articolazione nella criteriologia paolina. Lo din1ostra la nun1erosa frequenza dei due verbi classici 0LaKplvcv e OoKtµd("tu e lo sottolinea la ricchezza ler1nin0Iogica dei sostantivi che indicano "scrutan1ento" e ''prova". Tale critcriologia, in verità, non scaturisce da una dottrina sisten1atica, ina da alcuni principi basilari, che enunciano il discerni1nento con1e un atto uniano conunisto, vale a dire coine un'operazione er1neneutica condotta sull'intreccio degli avvenimenti, per la quale intervengono elementi di carattere propriamente teologale. In linea con la tradizione veterotestamentaria, il setaccio interpretativo è affidato al dono di Dio (cfr. !Cor 12,10; 2Cor 3,5) e ali' atto personale sottoposto a verifica (cfr. Gal 6,4; I Cor I 1,28); ma, nel contempo, esso non può esimersi dal procedere sulla base di una esplicita confessione di fede: «Dal momento che cercate una prova (80K1µ7jv) che Cristo parla in me, lui che non è debole, ma potente in mezzo a voi [... ] Esaminate (1TELpd(En) voi stessi se siete nella fede, mettetevi alla prova (80K1µd(En). Non riconoscete (ovK imyvwcrKEn) forse che Gesù Cristo abita in voi? A meno che la prova non sia contro di voi (El µrjTL d86Ktµ.o{ ÉCJTE). Spero tuttavia che riconoscerete (yvu5crEcrBE) che essa non è contro di noi (Ort ~µEl5' oVK ÉcrµEv d86Kc µ01). Noi preghiamo Dio che non facciate alcun male, e non per apparire noi superiori alla prova (ovx [va 7)µEis- 86K1µ0L <j>avwµm), ma


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l?osario Gisana

perché voi facciate il bene e noi restiamo come senza prova (ljµEi<;

w<; d86K1µ01 wwv)» (2Cor 13,3.5-7).

A che cosa allude Paolo quando parla di S61aµot e dSO!aµo;? E' stato già esaminato il senso di &i1aµo<; che rileva l'apprezzanzento verificato sulla base di una confessione di fede: «Chi serve Cristo in queste cose, è ben accetto a Dio e stimato (861aµo>) dagli uomini» (Rrn 14,18); oppure più esplicitamente: «E' necessario che avvengano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti (o[ S61aµot)» (I Cor 11,28). Il credente appare una persona degna di approvazione e stimata da Dio, S61aµos; perché attesta, con la confessione della fede, la sua tenace docilità all'invito della sequela (cfr. Rm 16,10; 2Tm 2,15). Il termine d86K1µ0 0 specifica, invece, non tanto l'incredulo, quanto lo stolto che non riconosce la presenza di Cristo nella concretezza di un avvenimento. Dice infatti Paolo: oVK ÉTTL'}"//UfJt(éTé ÉauroUs6n 'lr;oov0 Xpwro0 lv vµiv(I3,5b), definendo d86Ktµo<; colui che non attua l'azione della É7T(}"//ùJVLS' o conoscenza superiore, quella conoscenza che va al di là dell'apparente realtà per riconoscerne il nucleo della verità 27 • Un testo della lettera agli Ebrei sottolinea ulleriormente il nesso di 86Ktµo0 - d86Ktµos; nella tensione di una fede che diventa adulta: «Il nutrimento solido invece è per gli uomini fatti ( TEÀE{wv: "resi perfetti"), quelli che hanno le facoltà esercitate a distinguere il buono dal cattivo (rrpòo, 8LdKplOW KaÀoO TE KaÌ IWKOV)» (Eb 5, 14). Anche se i termini non sono espressi, il credente, secondo I' Autore, è "reso perfetto" dalla confessione di fede, con la quale può compiere l'atto del discernimento. Inoltre, quello che l'Autore della lettera agli Ebrei definisce S1,d1cptCTLS", Paolo lo rileva con1c capacità di conoscenza superiore, riservato per enlra1nbi ai credenti dalla fede 1natura.

27 Nel contesto, Él-' T(j TTÙYTEl e '/17rroOs Xptcrrds /-!-' Uµfµscn1brano essere in parallc!is1no. Pertanto, «Fede è la realti1 della presenza di Crislo, è la vita di Cristo nei credenti; d'altra parte credere significa essere in Cristo» (I-I. D. WENDLAND, Le lei/ere ai Corinli, !Nuovo Tcstaincnto, 7], Paideia, Brescia 1976, 469). Ciò orientn in un dctcnninato senso l'atto dcl discernin1en10 biblico.


Giudizio e verifica: aspetti biblici del discernimento -----------

297

Tale conoscenza ( t!rr/yvt;J<7tS"), in altri ter111ini, è provata ( ooKtµd('c-rm) dal possesso di una prova ( ooKtµos), cioè di quella fede in stato di O,,/ipt_ç: Per Paolo, allora, il discerni1nento assume un criterio specifico: la prova della fede, nell'atto di sostenere la potenzialità spirituale della co1nprensione ( Otat(p/crEtS" TTt/Evµdrwt'} della realtà. Un particolare interesse per la criteriologia del discernimento ricopre il sintagma ooKtµdçJ,1 rd &m;JÉpovm, che ricorre in Rm 2, 18 e Fil 1,10"Ma cosa intenda Paolo per rd &m;!Épovra lo può dire soltanto il contesto.

Nella lettera ai H.on1ani la citazione con1plcta recita: «Ora, se tu ti vanti di portare il non1e di Giudeo e ti riposi sicuro sulla legge e ti glori di Dio, del quale conosci la volontà e istruito con1e sci dalla legge sai discernere ciò che è meglio» (rd awçlJÉpwm}» (2,17-18). ld 5wç6Épovm sembra indicare quelle realtà, oggetto della verifica dcl discernin1enio, il cui atto, nel suo stadio finale, porta a distinguere "ciò che è meglio" nei confronti della legge, superandone

2

·~ L'espressione 50KL/J.d('t,; rd Otaçl;Épopra è tradotta dalla CE! con «discernere ciò che è n1egliCl>> (Rin 2,18) e <<distinguere se1npre n1eglio» (Fil !,IO). E' preferibile, invece, una lraduzlonc letterale: <<Verificsrc ùistinguenclo ciò che è essenziale», e ciò per due rnotivi: innanzitutto perché con la traduzione CEl non viene

espressa la di1nensione cvocaliva dcl verbo Oo1oµdt{u; in secondo luogo perché la traduzione dcl participio neutro plurale con "ciò che è n1cglio" non rende il significalo originario dc! verbo Otaçl;Ép{r), che include l'idea dcl setaccio e della distinzione. Infatti, l'espressione "ciò che è rneglio" indica lo stato nttualc di un disccrni1nenlo effettuato, 1ncntre rd OtaçO!povra evidenzia quelle rcallà sottoposte a discerni1nento nella rase cruciale della dìslinzione, per cogliere soltanto alla fine "ciò che è 1ncglio". In rea!tiì, il verbo Otaçl;!pr.u 1nanticnc il doppio significalo cli "ciò che

è n1eglio" (cfr. Mt 6,26; !0,31; 12,12; Le 12,7.24) e cli "ciù che è clislinlo" (cfr. JCor 15,41; (ìal 2,6; 4,1). M!l rd Otaçl;lpoPra in co1nbi11azionc con 5oKtµdç(u1i include cnlran1bi nell'alto dcl disccrni1nento. Aggiunge Therricn che rd

Stat;/Jt!poPra csprin1e il «Sou1nellre à l'epreuvc lcs ùivcrses V!llcurs - vraies et fausscs qui se prcscntcnt cl approuver cc qui est aulhenliquc, cc qui excellc)) (G. THERRIEN, OfJ. cii., 138). Grunùn1ann, inoltre, nell'interpretare i! si1Hngn1!l uola giustmncntc una sfun1atur!l etica; tuttavia, nonostnnlc l'accost!ln1cnlo di Er 5,9, la sua intuizione ri1nane piuttosto generica (cfr. \V. (JRUND/vl1\NN, op. cit., col. 1415).


298

Rosario Cisano

addirittura il valore di giudizio; di conseguenza, tali realtà giungono a svelare perfino la debolezza della legge, la quale può diventare paradossalmente causa di trasgressione contro se stessa29 , Più avanti, aggiunge Paolo a conferma: «E così, chi non è circonciso fisicainente, n1a osserva la legge, giudicherà te che, nonostante la lettera della legge e la circoncisione, sei un trasgressore della legge» (v.27). Il contesto della lettera ai Filippesi è differente, ma completa l'intuizione precedente. Il sintagn1a in con1binazione con il concetto di dyd7T1J esplicita un criterio: le realtà, oggetto di discernimento, rd owç!Épovra, non soltanto superano il giudizio della legge, ma soprattutto diventano n1anifestazione deJJ'an1ore di Dio nella co1nunione: «E perciò prego che Ja vostra carità (dydrrry) si arricchisca sen1pre più in conoscenza (Év f-rrtyvtJcrEL) e in ogni genere di discernin1ento (Kal rrdav alaBf;aEt =in ogni genere di percezione, intuizione), perché possiate distinguere sempre il meglio (El5' TÒ 80K1µd(ctP rei Bwcpipovra) ed essere integri e irreprensibili per il giorno del Signore» (I, 9-10)"'. L'atto del discernimento altro non è che l'esperienza dell'a1nore cli Dio nella consapevolezza credente. L'attuazione dell' dyd7777 e la

29 E' abbastanza evidente il rìferi1nenlo dell'apostolo al cattivo uso della legge; essa, infatti, può essere di oslacolo quando si perde di visla ra !ùarj;ÉpoPra, l'essenziale. Ds qui la necessità di esainin<1re e distinguere per giungere ad una genuina conoscenza della volontà ùi Dio (cfr. J-1. Scl-ILIEH., La /e/lera ai Ro111oni, cit., 152165 ). 11 -' E' possibile cogliere una connotazione etica: l'agire cristiano deve essere sostenuto dall'attuazione delle realtà, oggetto del discerni1nenlo, rd Otarflpovra,

vale a dire dai quei principi basil<H"i dell'esistenza cristiana, detenni nati dall' dydTTlJ. Infatti, - asserisce Vincent ~ «In thnt case love abounds, noi only in knowledgc, but in perception of a delic1te distinction bctwcen nn act \Vhich is right in itsclf, anù wrong in Lhe light of tbc obligation to thc weak coscicnce» (l'vt. R. YINCENT, Epistles ro rhe Philippians and lo Phile111011, [thc lnternational Criticai Con1111cn!ary, a cun1 di Driver S.R. - Plu1nn1er A. - Briggs C.A.], T. & T. Clark LTD., Edinburgh 1979, !3). Gnilka suggerisce, inollre, che !'espressione rin1anda alla specificità della n1orale cristiana, la quale si differenzia da quella ellenistica per la diversitil di approccio (cfr. J. GNJLKA, La lettera ai Filippesi, [Co1nn1entario Teologico, X], 3, Paideia, Brescia 1972, 114-118).


Giudizio e verifica: a.1petti biblici del discernimento

2 99

confessione della 1r!onS' costituiscono i criteri "teologali" che permettono a Paolo di ripensare latto del discernimento in un contesto spirituale, nel quale ovviamente non manca il coinvolgimento umano; quest'ulti1no tra l'altro è presente in termini di scrutamento e verifica secondo la proposta della /lETdvow. Per tale motivo egli affermerà: «Non conformatevi alla mentalità (µry cwux~µaT{(EuBE) di questo secolo, ma trasformatevi (µErnµop<f>oOuOE) rinnovando la vostra mente ( rij dvwca1vwuE1 mv vo6:;-) per poter discernere la volontà di Dio (EisTD 801aµd(ElV Vµd:;- r[ rò Or!J..ryµa roO GcoD), ciò che è buono, a lui gradito» (Rm 12, 2). L'alto del discerni1nento è espressione di una fede in tensione, OdKtµos-, corroborato dall'attuazione dell' a1nore agapico, per setacciare quelle realtà, Td 5wçDÉpovra, che sono il frutto genuino di una operazione "spirituale" espletata negli eventi della storia. A questo livello, il giudizio della legge o le sensazioni della percezione sensibile - tanto per indicare due processi cognitivi - sono vincolali dall'intervento di una conoscenza che è di tutt'altra origine.

Conclusione Le indicazioni formulate dall'indagine biblica permettono di asserire che l'atto del discernimento costituisce, anche nel suo aspetto atematico, un corollario essenziale della vita divina, obbligando alla fatica della riflessione e del confronto discreto e paziente con l'alterità. Ma è proprio in questo processo pedagogico che si fa strada la capacità del discernimento. L'atto del discernimento, infatti, allude ad un'operazione gnoseologica singolare e insolita; esso richiede un progressivo sconvolgimento delle superficiali modalità cli giudizio, le guaii vengono condotte talvolta in modo parziale sia come frutto della ratio che come espressioni della religio. L'autentico atto dcl discernin1ento, invece, nasce da una nuova i1npostazione della propria esistenza, dalla consapevolezza, per ese1n-


300

Rosario Gisana

pio, che nessuno è detentore sovrano della verità, dato che essa è mediata dall'incontro e dal dialogo. Il disccrnin1ento, inoltre, è un atto umano com1nisto: esso è un dono dall'alto ed è un'esperienza di setaccio dal basso. II suo esercizio include, da una parte, un dinamisn10 enneneutico che è ricettacolo cognitivo dell'uomo e, dall'altra, il Mistero dell'incarnazione che è Evento irrepelibilc, celato nella pluralità degli avvenimenti. La tradizione ebraico-cristiana chia1na questo evento Dio, evento che Bonhoeffer spiega con tennini squisitan1ente cristiani: «Perciò con il sorgere cli ogni nuovo giorno si pone !a Jon1ancla: co1nc potrò io, qui cd ora, nelh1 inia situazione particolare ri1nanere conservato in questa nuova vita con Dio e con Gesù Cristo? Questa do1nanda indica appunto il significalo del tentativo di discernere quale sia la volontà di Dio. In altre pcirolc: sicco1ne la conoscenza di Gesù Cristo in1plica l'ignoranza dcl bene e del 1nnle e rinvia !'uon10 interrnnentc a Gesù Cristo, ne deriva giornal111entc un nuovo cd autenlìco atto di cliscernimenlo che consiste precisa1nentc nell'escludere qualsiasi altra fonte di conoseenz<1 della volontà cli Dio)) 31 ,

In virtù dell'unità di tale Evento, l'alto ciel discernimento non s1 esaurisce nel] 'analisi delle sfun1ature e nella ricerca del dettaglio, n1a tende alla condensazione e alla sintesi degli avvenin1cnti. Il discernimento sorge e si dispiega in quella ditnensione inti111an1cnte segreta nella quale "l'io" della persona si dispone docìl111ente ad incontrare il "tu" dell'altro. Al di là della sua matrice religiosa, l'atto del discernimento tende, dunque, a condensare nell'unità i fran1111enti di verità presenti nel pensiero un1ano e tutto questo nell'agire dialettico per una più rigorosa vigilanza sul concorso degli eventi, per una len1pestiva rifondazione di un'etica della responsabilità 12 , ispirata ai valori eterni della riconciliazione, della non-violenza e della pace.

31 ·12

D. BONllOEFFER. Etico, 801npiani, Milano 1983-', 31. Cfr. 11. JON1\S, Il pri11c1jJio rcspo11sL1bili1à, Einaudi, Torino 1993.


Synaxis XIII/2 (1995) 301-318

TEMI SPIRITUALI NEL LIBRO I DELLO SPECULUM CARITATIS

ENRICO PISCIONE'

lntrorluzione Chi si appresta a studiare lo Speculum caritatis scritto negli anni I 141-1142, capolavoro teologico di Aelredo e autentico gioiello della spiritualità cistercense, non può non rin1ancre colpito dal fatto che il trattato sia stato composto, in primo luogo, per un gesto di obbedienza del maestro dei novizi di Rievaulx nei confronti del suo grande padre spirituale, Bernardo di Chiaravalle, ed anche, in via subordinata, come ben osserva Jean Dubois, perché il nostro Autore «cercava di vedere chiaro nel suo cuore e, novello Agostino, si libera "confessandosi"» 1• La decisione del doctor mellifluus che venisse redatta un'opera sulla caritas non a1nn1etteva dubbi o esitazioni, con1e ci pare di capire da queste inequivocabili parole della lettera da Bernardo inviata ad Aelredo: «Ti comando dunque nel nome di Gesù Cristo e dello Spirito dcl nostro Dio affinché non indugi più oltre nello stendere delle note sulle cose che conosci per lunga meditazione: l'eccellenza della carità,

Docente di Filosofia nello Studio Teologico S. Paolo di Calani<i. L'an1itié spirituelle, par J. Dubois, Èditions Charles Beyaaert, Paris l 948, XXIll. La traduzione è nostra. Sul ten1a della spirit11ali.1· a111icitia ci pennettian10 di rinviare alla nostra introduzione a AELRED DE RIEVAULX, L 'A111ici::)a spirifuale, Antologia, a cura di E. Piscione, Edizione Greco, Catania 1995. 1 AELRED DE RIEVAULX,




Enrico Piscione

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trova, poi, il suo tessuto connettivo nell'amore di Dio che, con la sua "tenace" presenza, regge ogni cosa.

2. L'uo1no

"Jn1ago

Dei" e il "Saboto"

co111e

riposo di Dio

L'uomo possiede, al di là delle caratteristiche accordate da chi è l'Amore per antonon1asia a tutte le altre creature, una specialissiina prerogativa: egli è stato fatto ad immagine di Dio, o più esattamente (come ripete Aclrcdo alla scuola di Agostino) del Dio Uno e Trino. Nello stato di natura integra l'essere un1ano era dotato di tre perfezioni che l'aiutavano ad adeguare un po' meglio il divino modello, ossia la ine1noria con cui «ricordava (Dio) senza dimenticanza», l'intelligenza con cui «lo conosceva senza errore», ed infine l'amore con cui «lo atnava senza cupidigia d'altra cosa» 8 • Allorché il peccato di Adamo ruppe la profonda amicizia che legava a Dio l'essere un1ano, le tre facoltà su ricordate subirono una profonda corruzione. Aelredo, però, non pone lanto l'accento sul fatto che «purtroppo il nostro progenitore, 1nesso in una situazione così nobile, non ne fu all'altezza»'\ quanto (e questo è un insegnan1ento particolarmente sentito dalla spiritualità cistercense) sull'indistruttibilità ontologica <lelP i111ago De; nell'uon10, anche se essa è stata di certo sfigurata dall'orgogliosa disobbedienza d'Adamo. Non ci stupisce pertanto che, in questa prospettiva, il Senno LXXXIII Sl!JJCI' cantica canticoruni di Bernardo ruoti tutto attorno alla certezza che l'anima urnana, benché carica dei più terribili peccati, n1antenga, pur sempre, la niaestà della sua divina origine e, quindi, la possibilità di una conversione al Verbo il quale, come avren10 n1odo di osservare più innanzi, può restituire all'uon10 l'originaria forma, anche se storica1nente essa è stata profondamente deturpata. La frattura generatasi nel rapporto d'annoniosa a1nicizia di Adan10 nei confronti dcl Creatore è stata un atto che va i1nputato, come scrive Aelredo, "alla volontà dello spirito" del nostro progcni-

8 9

!bid., I, lll, 9, 90. lbid., I, IV. 11, 91.


Temi spirituali nel libro I dello Speculum Caritatis --------

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torc, noi diremmo ad un uso cattivo della libertà, tema questo del libero arbitrio che, nello scritto aelrediano, presenta una certa acuta elaborazione. Nel capitolo dodicesimo infatti lAutore ha modo di fare una riflessione sul rapporto libertà-grazia condensabile in questi termini: «la grazia non distmgge il libero arbitrio, né il libero arbitrio diminuisce la grazia». Infatti egli si chiede: «Come potrebbe la grazia togliere il libero arbitrio, se essa opera solo dove esso c'è?»w. Tale argomento d'altra parte era stato ampiamente trattato da Bernardo di Chiaravalle nel più filosofico dei suoi scritti, il De grcllia et libero arbitro, alla cui dottrina centrale dobbiamo fare un fugace accenno proprio per una più corretta intelligenza dello Speculum carìtatis. li doctor mellijluus distingue una triplex libertas: la libertas a JJeccato, la libertas a rniseria e la libertas a necessitate. Gli uomini, nello status naturae h1tegrae, erano partecipi delle tre libertà, 1na in modalità diverse: in misura limitata della libertas a peccato e della /ibertas a niiseria e, in maniera totale, della libertas a necessitate. Proprio, usando in maniera scorretta la libertas a peccato, il prin10 uo1no, che poteva non peccare, si ribella a Dio e del suo atto peccaminoso, avendo, però, coinvolto in esso tutto il genere un1ano, porta in toto la rcsponsabil ità con il conseguente divino castigo. Riprendendo, adesso, il nodo teologicamente centrale dell'opera, che è una riflessione sulla storia della salvezza, apprendiamo che il futuro abate di Rievaulx, nell'affrontare il tema della "restaurazione" della ùnago Dei, co1nn1enta un passo della paolina Lettera ai Colossesi, laddove si afferma che Dio «cancellò l'obbligazione da noi contratta e che in tutti i suoi punti era contro di noi: la tolse di mezzo e la inchiodò alla croce; e dopo aver spogliato i Principati e le Potestà, li espose alla pubblica derisione, trionfando di loro per mezzo di Cristo» 11 • È lecito imn1aginare che il pur "dolce" n1onaco cistercense abbia voluto scegliere questo brano scritturistico, che presenta la salvezza cristiana nei suoi termini più cruda1nente drammatici, proprio perché 111osso dall'istanza pedagogica di far co1nprcndere ai suoi no-

'" lbid., I, XII, 38, 108. 11

Col 2, 14.




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Enrico Piscione

sembra aver penetrato le profondità unificanti del mistero che attraversano i due Testamenti e pare che abbia colto una affinità tutta particolare col suo evangelista preferito»''·

3. Il n1011astero cistercense conze "Parallisus Claustralis"

Il "riposo", naturaln1ente, indica più, co1ne già accennato, una tensione escatologica e uno sforzo ascetico notevole che un possesso pienamente raggiungibile in questa terra. Soltanto dopo avere immedesimato e quasi confuso la propria fragilità con la povertà dell 'un1ana condizione assunta liberamente da Cristo, Aelredo può far sue le parole del Cantico llei cantici, testo particolarmente caro ai cistercensi e di cui Bernardo di Chiaravalle ci ha lasciato un impareggiabile con1mento. Ed ecco le parole con cui il nostro Autore dà corpo al suo desiderio della "sequela" di Cristo che solo può donare il vero riposo a ciascun uon10 che, co1ne la sposa del Cantico llei cantici, cerca con tutto l'amore di cui è capace il suo sposo. «Ti seguirò, - scrive Aelredo - Signore, se non sui monti profu1nati, dove ti trova la tua sposa (Ct 8,14), almeno fino all'orto, Signore, dove è seminata la tua carne. Là tu ascendi, qui tu dormi. Qui, o Signore, qui tu dormi, qui tu ti distendi (Ct 1, 6), qui riposi un dolce Sabato» 16 • Ma dov'è possibile in questa terra, che è regio l!issùnilitullinis, fare, almeno a livello iniziale, l'esperienza di questo riposo? Aelredo, co1ne Bernardo, non ha dubbio alcuno: il luogo in cui si comincia ad an1are Dio bra1nandolo con tutte le forze e in cui ci si avvia verso l'autentica felicità e il "riposo del sabato", coincide col monastero cistercense, ossia con quel JJararlisus claustra!is che è un'anticipazione del cielo e della Gerusalemme celeste. Per questo, sia detto e11 passant, l'abate di Clairvaux, che amava chia1nare l'autentico cistercense 1nonacus et Jerosofyrnita, ha scritto la 111aggior parte dci suoi sermoni sul mistero dcli' Ascensione di Cristo al cielo. Un'eco di quest'ardente

15 A. SQUIRE, op. cit., 39-40. La traduzione è nostra. 16 AELREDO, SìJ. car., l, VII, 22, 98.


Temi spirituali nel libro I dello Speculum Caritatis

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desiderio del cielo sì può trovare nella preghiera che il Nostro colloca proprio quasi ad apertura dello Speculum caritatis: «Che la tua voce risuoni al mio udito, o buon Gesù, affinché imparino ad amarti il mio cuore, la mia intelligenza e le profondità della mia anima» 17 • Certo, il n1onaco cistercense, nel suo ca1nn1ino di perfezione evangelica, sarà sen1pre sottoposto alla dura lotta fra carità e concupiscenza, ma la pratica della caritas a poco a poco ricostituirà nel seguace di s. Bernardo, s'intende non nella misura posseduta nello stato di natura integra, le facoltà della memoria, dell'intelligenza e della volontà e gli farà vivere un rapporto nuovan1ente annonioso nei confronti della creazione. Sarà compito ancora della carità, che «copre la moltitudine dei pcccatì» 18, quello di unificare nei figli spirituali dell'abate di Clairvaux, tutti gli aspetti della loro personalità .sicché i cistercensi approderanno alla «onesta annonia dei costuini» 19 o, con1e si csprin1e più efficace1nente il testo latino, alla conipositio n1oru111.

4. La radicale insl!fflcienza llei cosidlletti "beni u111ani"

Il Nostro, a questo punto della trattazione, avendo passato in rassegna i cosiddetti "beni umani", di cui ha messo in luce la radicale insufficienza in ordine alla felicità, sosliene che essa si co1npie soltanto nella visione a1norosa di Dio. È estrema1nente interessante seguire Aclredo nel la descrizione dal tratto, si direbbe, più mistico che filosofico nella quale, come si notava, evidenzia la profonda inadeguatezza di ogni cosa finita che, per la sua stessa natura, è inadatta a saziare l'inquieto cuore u1nano rivolto com'è, in forza di una inelin1inabiJe esigenza ontologica, alla felicità divina. La beatìtudo (è il primo caso preso in esame dal l'Autore) non si può trovare, di certo, nella salute del corpo, e di ciò facilmente si convincerebbe chi osservasse «con quanto fatica [la] si riacquista una

17 18 19

Ibid., I, Il, 85. Ibid., I, XXVII. 78, 137. lbid., I, XXXII, 92, 149.




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l'uomo vecchio, la rinnovazione della mente e la ricostruzione dell'in1111agine divina» 27 . Pertanto è solo attraverso la pratica della carità che, operandosi 1'affectuiun rej'or1natio, quanti cercano sincera1nente Dio possono avere la trepidante certezza, seppure ancora in statu viae, di arrivare ali' oggetto più desiderato dal loro cuore. La carità, assien1e alla fede e alla speranza ed in armonia con esse, pertanto guida i passi del ritorno della creatura verso Colui che la può "ri-forinare" proprio in base a quella stessa' i1nn1agine con cui l'aveva fonnata. La caritas e le rin1anenti virtutes theologicae, dunque, si abbracciano nel concreto cammino della conversione a tal punto che, sull'onda dell'inno alla carità di s. Paolo, Aelredo può notare con1e la fede e la speranza costituiscano «un viatico per un pellegrino, o co1ne una la1npada nella notte, o un' ar1na per chi combatte»28. «Ma la carità - prosegue il Nostro con vibrante lirisn10 - è in 1nodo speciale riposo per chi è stanco, ricovero per il viandante, piena luce per chi avanza, perfetta corona per chi vince» 29 • Il testo poi, avendo sempre presente la prima Lettera ai Corinti ( 13,4-5), continua sottolineando il limite temporale delle altre due virtù teologali: il Nostro, infatti, definisce la fede come un «veicolo, con cui sia1no trasportati verso la patria» 30 e la speranza carne il «viatico, con cui sian10 sostentati nelle iniserie di questa vila»-' 1• Quella che stiamo esaminando è una delle pagine più dense di contenuto di tutto il trattato e si segnala anche per lo splendore letterario con cui viene descritta la caritas. Non si esagera - pensia1no - se si vede in una tale descrizione un inno alla carità, in qualche n1odo, paragonabile a quello di s. Paolo. Ma cediamo subilo la parola all'ardore mistico di Aelredo teso, in un certo senso, ad esprimere l'ineffabile. «Quando la morte sarà - egli scrive - del lutto vinta dalla carità, perfetta solo nella visione [ ... ] allora non ci sarà più la fede, perché

27 AELREDO, Sp. car., I, VIII, 24, 100. Jbid., I, XXXI, 88, 145. 29 Jbid., 145-146. JO fbid., 146. 28

-' 1

L.c.


Temi spirituali nel libro I dello Speculum Caritatis

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non c'è più bisogno di credere ciò che si vede e si ama, né ci sarà più la speranza, perché colui che si stringe a Dio con le braccia della carità non ha più niente da sperare» 32 • Certo lo Specultun caritatis è un'opera teologica ma ancora di teologia prescolastica ed inseribile in quel vasto movimento cli pensiero denominato da Jean Leclcrcq "teologia monastica", perciò non bisogna scandalizzarsi se, nel corso della trattazione, Aelredo interviene in prima persona per raccontare la sua conversione o chiude il primo libro Ji questo prezioso scritto del XII secolo facendoci quasi partecipi delle lacrime da lui versate per la n1orte di un suo carissi1no an1ico. Ciò non significa, però, che il volu1nc aelrediano 1nanchi della dovuta con1pattczza logica e che sia privo di alcune pagine (alludian10 soprattutto a quelle dedicate alla discussione con !'"insensato") le quali presentano, oseremmo dire, la struttura della dispullltio più che quella della meditotio, la quale di certo è prevalente nel capolavoro di Aelredo. Intendiamo concludere il nostro saggio proprio sviluppando questi tre punti ina non nell'ordine in cui li abbian10 cnun1erati perché, a ragion veduta, vorremmo trattare per ulti1no il tcn1a del dolore provato da Aelre<lo per la 1nortc del suo a1nico, in quanto esso ci pare un interessante trah d'union fì·a lo Speculu111. caritatis e il De SJJirifltali a111icitia.

6. li ruolo paradigmatico della conversione di Aelredo

La descrizione della 111etanoia di Aelredo riprende da vicino quella del vescovo d'Jppona, di cui il Nostro cita alla lettera le famose parole del libro VIII delle Confessioni: «Mi trattenevano le sciocchezze e la vanità della inia antica an1ica»-'-', espressione questa che l'Autore attribuisce senz'altro a se stesso e alla sua torn1cntata vicenda interiore. A stare al racconto aelrediano, addirittura la cupa 1nalinconia della di ..;,;perazionc aveva qualche volta attanagliato il giovane

-' 2

L.c .

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/bid., I, XXVlll, 79, 138.




Enr;co Piscione

316

rosamenle dimostrativo, sull"'ingcnuo" interlocutore di Aelredo. Ma, come avviene in certi dialoghi platonici (pensiamo in modo particolare al Gorgia), la conclusione della disputatio muta, quasi all'improvviso, di segno e diventa piuttosto un cordiale invito perché }'"insensato,, cambi vita. Quest'ulti1no, infatti, non può non avvertire dentro di sé, in forza della struttura ontologica propria di ogni uomo, il desiderio di «esistere ed essere saggio» 39 . L'incessante interrogare di Aelreclo ha avuto la funzione maieutica cli risvegliare nel suo interlocutore la presenza degli en1inenti doni che Dio fa all'essere un1ano: la vita, la conoscenza e la volontà. L' insiJJÌens, dunque, ritornato in se stesso e dopo essere stato aiutalo a scoprire le tre "perfezioni" che sono in lui n1a che non provengono da lui, si sente spinto ad a1n1nirarc l'eterna sapienza, che, impedendogli qualsiasi rorma di ateismo, lo saprà condurre alla conversione, cioè «al Signore Dio con tutti gli abitanti della tcrra:» 411 • Abbian10 voluto prestare una particolare attenzione a questo capitolo, in genere poco studiato, dello Specuium caritatis per evidenziare che in Aelredo la filosofia è nncilla sa11;entiae, di quella sapienza di cui il Nostro tesse l'elogio e che sola dà all'uomo un cuore capace di autentica "affettività" e, perciò, di gustare la verità rivelata, per cui i veri adoratori di Dio, già in questa vita, possono «godere vicendevolmente gli uni degli altri», per dirla col lilolo delle pagine conclusive dell'intero trattato.

8. L 'ornicizhr fi·a Aelretlo e Silnone Il tema del dolore per la morte dell'amico Simone è la nota dominante dell'ultimo capitolo, il XXXIV del I libro dello Specu/um e non ci si può non chiedere se esso vada considerato nna sorta di appendice o parte inlegranle del lrallato. Noi optia1no per il secondo corno dcl dilcn1n1a perché ci sen1bra, se non andian10 errati, che Aclrcdo sia quasi 1nosso, nel lo seri vere

19 J/Jid., !, VI, 21, 97 . .to l.c.


Temi spirituali nel libro I dello Speculum Caritatis

317

queste toccanti pagine, dal ricordo delle parole del!' evangelista da lui preferito, s. Giovanni, che afferma a chiare lettere l'impossibilità di amare Dio che non si vede se non si amano i fratelli che si vedono. Le mani del Nostro per il vivo dolore provato, per l'esperienza del pianto continuo e violento, come si suol dire, ceciderunt, per cui non c'è da stupirsi se Aelredo, totalmente immerso in un tale dolente atteggiamento dello spirito, chieda insistentemente ai suoi confratelli di sopportare le sue lacrime, il suo gemito e lo schianto del suo cuore. Servendosi quasi di un chiasma, retoricamente molto efficace, il giovane maestro dei novizi ha per l'amico morto, che per lui costituiva un "modello di vita" e una "regola dell'agire", parole di sincera con1n1ozione. «Per te - scrive l'Autore - 111io amato fratello, per te io godo; ma per me piango. Tu devi godere, io ,,ano da compiangere; sono da compatire io, che posso ancora vivere senza Sin1one»·11 • Il dolore si scioglie poi nella solenne promessa che Aelredo avrà sempre presente lamico nelle sue povere preghiere, lo accompagnerà col suo affetto, e soprattutto lo seguirà «con lo stesso singolare sacrificio del Mediatore nostro» 42 • E rivolgendosi, infine, al padre Abramo, il Nostro assume un atteggia1nento orante affinché il prin10 dei patriarchi stenda le sue «mani per accogliere questo poverello di Gesù, questo nuovo Lazzaro» ed apra il suo gren1bo ed abbracci con pietà e consoli I' arnico che «ritorna dalle 1niserie di questa terra»·'-'. L'ulti1na battuta del ricordo di Simone fa tutt'uno con una preghiera da Aclredo innalzata a Dio e che citia1no ne11a sua forma di interlocuzione diretta: «Ed anche a n1e, 1nisero e povero suo a1nico, provvedi nn giorno, con lui, nel tuo stesso seno, il luogo della pace» 44 • Crispino Valenziano, con un'osservazione del quale ci piace concludere il nostro lavoro, sostiene che l'amicizia di Aelredo per Si1none fu «relazione - esercizio di trasfigurazione della nalura nc1la soprannatura», conseguenza della conversione del n1aestro dei novizi

41 42

43

44

/bid., lbid.. Jbid., !bid.,

I. XXXIV, !04, I57. LXXXIV, 114, 165.

165-166. 166.


318

E'nrico ]Jiscione

di Rievaulx, conversione «per la quale egli capì che il rapporto interpersonale autentico non è funzionale, ha il divino valore di non servire a nulla, è pura comunione in idealità partecipata dall'alto»".

15 · C. V t\LENZJANO, A e/redo di Rieva11/x e la suo teoria d'a111ich.ia, in Giornale di kle!r(/lsica 24 ( ! 969) 256.


Sezione miscellanea

Synaxis XIIl/2 (1995) 319-349

IL PROBLEMA DELLA CONOSCENZA DI DIO NELLA FILOSOFIA DI A. GRATRY

ANTONINO FRANCO"

III. LA FILOSOFIA COME LOGICA VIVENTE E METODO SAPIENZIALE «Due cose rinnovano ncll'uo1no la so1niglianza con Dio: la riflessione teoretica sulla verità e l'esercizio delle virtù. Infatti l'uo1no è si1nilc a Dio in quanto è sapiente e giusto [... ]» (UGO 01 S.VITTORE, Didascalico11, I, 8 ).

Nei saggi precedenti sul pensiero gratryano abbiamo già fatto intravvedere i caratteri del suo metodo e l'humus culturale e religioso che li alimentava. Specialmente il concetto di filosofia come ricerca di Dio e i suoi presupposti etici 1 • Vorremmo adesso tematizzare quanto abbiamo qua e là affermato proponendo una sintesi sistematica del metodo sapienziale, delle

~Professore

di Filosofia nello Studio Teologico S. Paolo cli Catania. Si vedano a tal proposito i nostri due precedenti articoli: li prob/en1a della conoscenza di Dio ne/fa filosofia di A. Gratry, in Synaxis 7 (1989) 181-234 e li prob/en1a della conoscenza di Dio in A. Gra11y. II. Etica e dialettica. I presupposti etici della teodicea, in Synrn:is 10 (1992)125-156. Il presente articolo si pone co1ne la continuazione dci precedenti e la conclusione della trilogia. Ringrazio Mine Joséphinc Carpi, per la preziosa collaborazione nella conduzione della ricerca. 1


320 - - -

Antonino Franco

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sue leggi, delle sue implicazioni e delle sue prospettive, per restituire il messaggio globale e il senso ultimo del pensiero di A. Gratry. Procediamo subito alla chiarificazione dei termini "metodo sapienziale" e "sapienza". Per il nostro Autore, metodo sapienziale e sapienza si identificano con un esercizio della filosofia che, nell'approfondimento dei problemi e delle fonti, faccia interagire tutte le facoltà dell'anima. Così scrive il Gratry: «Ora ci sono due facoltà: l'intelligenza e lavolontà. E due specie di operazioni: l'operazione razionale e speculativa, e 1'operazione morale e pratica>) 2 • Le fonti sono i dati e gli ambiti sui quali operano le due facoltà: la sensazione, il senso interno e il senso divino, ai quali corrispondono il mondo dei corpi, il mondo dello spirito e quello di Dio. Una filosofia diventa sapienza e il suo 1ne1odo sapienziale quando, nel suo itinerario di ricerca, non trascura l'integralità delle fonti e, non isolando l'intelligenza dalla volontà e dal cuore, giunge fino a Dio, conosciuto e amato. Dio è l'ultima lappa dell'intenzionalità filosofica, l'oggetto intrascendibile e il suo fine naturale.

I. Vizi della .filosofia

Per cogllerc n1eglio il concetto di 111etodo sapienziale vorreinn10 procedere per via negativa, descrivendo ciò che esso non è e indicando gli alteggian1enti che deve evitare. Prendere1no co1nc testo guida il Libro I della Logique, dove Gratry vuol porre le basi del giusto modo cli procedere nell'indagine filosofica, di quella che egli chia1na a più riprese la sana filosofia.

2 A. GRATRY, Logique, I, nouvelle édition, Téqui, Paris 1908, 83. Le citazioni del I voi. della Logiq11e sono tratte ùa questa nuova edizione.


Il problema della conoscenza di Dio nella jiloSCJ,fia di A. Grati-;' 3 21 1. 1 La speculazione senza la pratica della virtù

«li primo e principale vizio della filosofia è di non esser p1u pratica, per diventare esclusivamente speculativa. La vera filosofia è speculativa e pratica» 3 . Secondo il Gratry la speculazione acquista validità e vitalità se è preceduta e sostenuta da un forte impegno etico per la verità. Ciascuno conosce della verità quello che pratica nella sua vita. Tantum de veri tate 11otest quisque vide re quantinn ipse est1•

In questa prospettiva la volontà occupa un posto di primo piano, quello di orientare il cammino speculativo dell'intelligenza umana. Non insistiamo su questo punto perché è stato oggetto di un nostro precedente lavoro sui presupposti etici della teodicea. Ci preme solo richiamare l'insistenza con la quale il Gratry sottolinea la necessità di una disciplina etica per ben condurre il lavoro conoscitivo del!' intelligenza. In ultima analisi «la disciplina dei sensi [... ]è necessaria per usare scientificamente il punto d'appoggio terrestre che è il mondo visibile» 5, per poter praticare il metodo dialettico e giungere alla conoscenza di Dio. L'anima dissipata dalla distrazione, in1n1ersa nel vizio, non è capace di percepire se stessa e il mondo come parole vive di Dio. Essa è morta, è arida. In questa situazione la ricerca filosofica si riduce a un fatto meramente intellettuale; è il lavoro di una intelligenza fredda e senza calore che non riesce a porsi in sintonia con il vero, perchè non lo porta dentro come bene praticato e vissuto. In altri termini una intelligenza isolata dalla volontà, che «con il solo lavoro della testa e l'abbondanza dcli' erudizione, pretende, senza sapienza pratica, alla filosofia e alla verità, non vi potrà n1ai pervenire» 6. Si delinea così un primo significato di metodo sapienziale: indagine filosofica e speculativa fondata sull'amore e sulla pratica del bene.

logique, J, cil, 50. Jbid., 56. Questa frase è cilata senza riferi1nenlo al suo Autore. 5 Jbid., CXXVIT. 6 Jbid .. 57. J 4


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Antonino Franco

Afferma Gratry: «Così ancora una volta la filosofia si compone di pratica e di speculazione. Essa richiede, con la conoscenza della verità, l'amore e la pratica del bene» 7 • Quindi ogni filosofia che non ricerca la verità con tutte le risorse dell'anima, con l'intelligenza e col cuore, si risolve in un puro esercizio sofistico.

1.2 La dimostrazione continua L'isolamento della ragione dalla pratica del bene genera una sorta di «egoismo istintivo, nel quale lo spirito si crede centro, punto di partenza, autore, causa prima della verità [ ... ] (Lo spirito creato) non è la luce, ne è il testimone e il contcmplatore» 8 . Una caratteristica di questa "filosofia separata" ed egocentrica, è quella di voler dimostrare tutto, anche le cose di cui possediamo un'assoluta certezza 9 . Per il nostro Autore infatti non si può dubitare dell'esistenza del mondo e della propria esistenza. Anche «le idee necessarie - poi alle quali l'uomo si eleva dall'esistenza del mondo e dell'anima, ci danno la certezza dell'esistenza di Dio [ ... ]» 10 Tale pretesa di dimostrare tutto, occupa la filosofia in una ridda di questioni inutili e puerili, sganciandola dal realismo del senso comune. Ora la cosa che più preoccupa il Gratry, da questo punto di vista, è la pretesa della ragione di ergersi a giudice di tutto, isolandosi dall'esperienza delle cose e rendendo così assai problematica la dimostrazione dell' esitenza di Dio. Chi pensa in questo modo deprava la ragione per eccesso; «vedendo solamente il suo pensiero, pone [ ... ] il punto di appoggio unico della ragione nel solo ragionamento o

7

8

!bid., 58. lbid., 61.

9 Per il Gratry «la certezza è uno stato d'ani1no che esclude il dubbio [ .. J perché suppone il possesso della verità)> (ibid., 17). 10 Ibid., 18.


Il problema della- -conoscenza di Dio nella- filosofia di -A. Gratry 323 ----------------nell'evidenza razionale. Per lui il fine non è la certezza ma la dimostrazione» 11 • A conclusione di questo discorso è assai significativo il paragone che Gratry instaura tra la filosofia e la geometria. Egli afferma: «Si dimentica che la geometria è più saggia; perché essa parte da dati, da principi e da assio1ni che non cerca di di1nostrare, dai qual i essa sa dedurre tutto un n1eraviglioso cdificio» 12 . Tale confronto sembra riecheggiare la teoria tomista della sacra doctrina come scientia subaltemata (Summa Theol., I, q.l, a.2). Larisonanza ci fa cogliere, a parte talune imprecisioni terminologiche, l'intenzione profonda dcli' Autore, che è quella di voler stigmatizzare una razionalità ripiegata su se stessa e chiusa a priori al trascendente e a qualunque esercizio all'interno dell'orizzonte della fede.

1.3 La dimostrazione deduttiva continua Questo atteggiamento errato consiste nel ritenere che la ragione nel suo itinerario conoscitivo debba servirsi solamente della deduzione e del procedimento sillogistico, fondato sul principio di identità. In ultima analisi «On prétend établir de tout point à tout autre un passage contino du m61ne au n1eme: ce qui prouve qu'on ignore l'existence de l'autre procédé de la raison, qu'on suppose la possibilité de tout voir dans l'identité absolue»".ll voler stabilire un'equazione o un legarne sillogistico tra le verità è stato in filosofia la fonte di tanti errori e di assurde conclusioni: quando due termini non erano riducibili all'identità, se ne eliminava uno. Questo principio è la fonte dell'ateismo e del panteismo. Infatti essendo data l'idea di Dio e l'esperienza del n1ondo creato e finito, si constata coine tra i due te1111ini non si può istituire un «rapporto razionale continuo» 1'1 di identità. In base a questo principio, per eliminare allora la contraddizione restano due

!bid., 19. !bid., 62. u L.c. 14 lbid., 66. Jj

12


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soluzioni estreme: o negare Dio (ateismo) o negare il mondo nella sua alterità, riducendo tutto alla divinità (panteismo). A questo punto Gratry propone un paragone con le scienze esatte, tra l'altro molto sfruttato nel suo pensiero: quello con le grandezze incommensurabili. In matematica, quando due grandezze sono incommensurabili non se ne elimina una, bensì si dice che il loro rapporto è uguale a zero, «vale a dire che non esiste nessun numero che lo possa esprimere, e che è positivamente fuori di ogni quantità» 15 . Dal punto di vista metodologico è da notare che Gratry, con queste sue osservazioni critiche sulla dimostrazione assoluta o deduttiva continua si propone due scopi. Anzitutto egli vuole ridimensionare le pretese della ragione per sottoporla ai principi primi indimostrabili, che sono il riflesso del Verbo in noi, e all'esperienza concreta del mondo e dell'anima. Inoltre vuol rendere la ragione attenta all'avvertimento del senso divino che è la molla della dialettica, essendo impossibile istituire un rapporto di identità tra finito e infinito.

1.4 Egoismo filosofico Così Gratry: «Un'altra forma di v1z10 filosofico consiste nel perdere di vista gli oggetti reali della scienza, per considerare solo il pensiero che se ne ha, astratto dal suo oggetto. E' la maniera di filosofare in sé soli; isolandosi dallo spettacolo della natura e dalla vita morale e religiosa: questo vizio può chiamarsi egois1no filosofico» 16. Poiché il pensiero è sempre pensiero di qualcosa, quando esso perde questa sua originaria intenzionalità reale riducendosi ad essere unicamente astratto e isolato, lesito inevitabile sarà il vuoto assoluto. Una filosofia così concepita conclude necessariamente nel nulla e non può essere aperta alla speranza; mentre il vero significato della

15 I(>

lbùl., 69. fbid., 71.


_I!_r;roblema della conoscenza di Dionellaflloso[ia di A. Gratry 325 ricerca filosofica consiste «nella considerazione della sapienza divina nell'ordine delle cose» 17. Un tale metodo tende di fatto a separare l'intelligenza dalle sue fonti: il senso esterno (mondo), il senso intimo (anima) e il senso divino (Dio). Senza di esse la filosofia e il pensiero in generale perdono il punto di partenza concreto ed esperieuziale che li ricollega alla realtà. Dirà Gratry: «Il metodo pratico per arrivare alla scienza consisterà dapprima a sviluppare in sé il senso divino; poi a conoscere la

propria anima, a conoscere la natura e le sue leggi; [ ... ] indi risalire se1npre alla nostra anin1a da ogni scienza parziale, e da ogni i1npres-

sione alle idee di Dio e al cuore di Dio» 18 • In altri termini, quando la ragione si isola dalle sue fonti proprie non armonizzandosi con la volontà e la pratica del bene, rischia il vuoto.

«Tale è la via del fallimento filosofico e il contrario del metodo»19.

Perciò bisogna restituire alla ragione le sue fonti e annonizzarne

le facoltà perché è solo a partire dal!' esperienza che essa può procedere a scoprire le leggi della natura e aprirsi ultimamente a Dio. Bisogna accogliere i dati senza avere la pretesa di crearli a priori. La scienza della natura infatti è nata proprio quando gli uomini hanno cessato di costruire teorie a prescindere dall'esperienza delle cose; quando si sono accostati ad essa per osservarla, scrutarla con pazienza, ohbedirle con umiltà, interpretandola con fatica e costanza di sforzi. Questo principio specifica il metodo sapienziale come un atteggiamento di umiltà che sacrifica l'egoismo dell'intelligenza e dei sensi per rendersi capace di cogliere, nel mondo e nel!' anima, delle parole che Dio pronuncia per ricondurci a Lui.

17 18 19

Jbid., 70. A. GRATRY, Logique, II, Douniol, Paris 1858, 421. Logique, I, cii., CXXV.


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326

1.5 L'abitudine ai metodi esclusivi Ci troviamo qui di fronte a una forma particolare di "egoismo filosofico", cioè all'abitudine «di prendere il proprio punto di vista e la propria maniera di guardare come l'unica contemplazione di tutto e con1e la sola n1aniera di vedere» 20 . Per cui taluni «vedono il n1etodo nell'analisi della sensazione; altri nello sviluppo spontaneo della ragion pura, che fa scaturire tutto da se stessa; altri nell'autorità del genere u1nano, nel senso comune, e nei dati tradizionali tras1nessi dal linguaggio» 21 . Qui Gratry enumera le principali correnti filosofiche del suo tempo, mettendo in evidenza quelle per le quali nutriva una forte opposizione: l'idealismo e il tradizionalismo. L' A. sostiene che queste dottrine non praticano un vero metodo sapienziale perché assumono, come esclusive e totalizzanti, prospettive particolari non fondate sulle tre fonti e perché, nella loro riflessione filosofica, dissociano l'intelligenza e la volontà. Pertanto il vero n1ctodo sapienziale consisterà nel riunire le tre fonti dirette di conoscenza esplorandole in maniera speculativa e pratica, con l'intelligenza e la volontà, e praticando il procedimento dialettico e quello sillogistico. Così la ricerca filosofica sarà una vera sapienza e «uscirà dal regno sterile dei metodi esclusivi» 22 • Alla fine di questa lunga disamina Gratry ribadisce il motivo ispiratore della sua riflessione: la filosofia non può essere vera sapienza e ricerca disinteressata della verità se essa non è sostenuta da un progresso morale. Anzi i metodi esclusivi esistono perché gli uomini vivono un'esistenza frantu1nata, «è per questa ragione che la loro intelligenza abbraccia solamente delle frazioni» 23 In altri termini, uomini dal cuore diviso e uon1ini divisi tra di loro tendono a riprodurre nel loro pensiero le stesse contraddizioni della vita.

20 21

22 23

lbid., Ibid., !bid., lbid.'

81. 81-82. 89. 90.


_IJ_j~roblema

della conoscenza di Dio nella filosofia di A. Gratry 327

Gratry conclude questo discorso con una an1ara constatazione: la filosofia è lontana dalla sapienza perché gli uomini non s1 amano tra di loro e «soprattutto gli spiriti che pensano si amano meno ancora » 24 .

2. Cristo crocifisso paradigma della logica vivente e del metodo

sapienziale

Il Gratry, dopo aver esposto nelle grandi linee la sua antropologia e i fondamenti della sua filosofia, afferma che tutto il suo metodo si riassume in Gesù Cristo. Commentando il versetto di Paolo in I Cor 2,2 «lo ritenni infatti di non sapere altro in 1nezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso», afferma che queste parole sono la sua «divisa filosofica [... ] e la divisa della logica vivente [ ... ]. La filosofia deve cercare la sapienza in Gesù Cristo, nella sua morte e nella sua croce» 25 . Con il senso divino noi portiamo dentro una presenza arcana di

Dio che ci tocca nel profondo dell'anima. Tutto il lavoro della logica consisterà nel rendere questa presenza luminosa facendo sviluppare la vita del Verbo in noi e facendo sì che la nostra intelligenza si unisca con fede e amore al Verbo del Dio vivente. Questa è la logica vivente il cui modello è Cristo morto e crocifisso. Chiariamo meglio questo concetto, seguendo la stessa argomentazione del!' Autore. La tradizione cristiana quando parla di Gesù Cristo professa che Egli è il Verbo di Dio incarnato. Il Cristo «è Dio e uomo, anima umana dotata di ragione, e corpo umano, sottomesso in tutti i suoi 1novimenti e alla ragione e a Dio» 26 . Nella persona del Verbo incar-nato si incontrano la natura divina e quella u1nana, una scienza umana con uno sviluppo normale della ragione, vivificata dalla scienza divina che

24

25 26

lbid., 91. Logique, II, ciL, 255. lbid., 256.


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anziché distrnggere e spegnere la ragione, la rende più luminosa e più penetrante. Nella dimensione teandrica del Verbo incarnato Gratry trova «la prima legge della scienza, della scienza piena e della sapienza totale»"' scienza che si pone come ricerca di Dio, umana e divina, e come filo-

sofia cristiana che non esclude dal suo ambito di indagine il problema di Dio e il rapporto uomo-Dio. Ribadiamo che per il Gratry la vera scienza deve essere, esplicitamente o in1p1icitamente, una ricerca appassionata di Dio in tutti gli ambiti del sapere; quando si chiude alla dimensione della trascendenza si condanna alla sterilità e al vuoto. Dal dogma cristologico che proclama Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo in un'unica persona, quella del Verbo di Dio, il nostro Autore trae un'altra conseguenza sul piano della vera scienza. «La scienza totale - afferma - ha due nature l'una divina e l'altra u1nana che non si devono né confondere né separarc» 28 . Consegue che nella scienza vera entrano come strutture portanti la filosofia e la religione, entra1nbe con un loro an1bito di competenza e con gli stru-

menti conoscitivi propri che sono la ragione e la fede. Di modo che tutti quelli che sostengono che filosofia e religione, avendo la stessa fonte comune, differiscono solamente nella forma e nel modo di procedere, confondono le due cose e «misconoscono questa legge delle due nature intere e distinte» 29. Il vero 1netodo consisterà allora nel volere che «filosofia e re1igione vivano nella stessa unit~l, siano riavvicinate e con1parate, e unite in una stessa scienza e in una stessa sapienza»30. Questa è la sapienza dei cristiani: una scienza u1nana e divina, un intellectus quaerens fillen1 e unafùles quaerens intellectuni. F'in qui la descrizione teorica dcl 1nctodo.

Dal punto di vista della praticabilità del metodo sapienziale resta ancora da dire in che modo Cristo crocifisso sia il modello e il tipo concreto del metodo e della sapienza e come poter sviluppare la vita del Verbo in noi.

27 28

Ibid., 258. Ibid., 261.

29

L.c.

0

L.c.

-'


li problema della conoscenza di-Dio nella.fì'/osofia di A. -Gratry 329 ---------------

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A questo punto Gratry, richiamando quanto aveva detto sui presupposti etici della teodicea, ci offre un'articolazione organica della sua proposta metodologica, inostrando con1e l'itinerario verso la sapienza trovi nella croce di Cristo la sua ragion d'essere e la sua causa efficiente. Il vero metodo parte dalla pratica del bene e da una volontà sana; esso nasce con1e «metodo pratico per purificare la volontà» 31 , per rendere capace l'intelligenza a raggiungere il suo fine u1nano e soprannaturale, facendola «passare da ogni feno1neno all'essenza, da ogni fatto alPidea, da ogni cosa finita all'infinito e da ogni cosa a Dio che è il fine della ragione»". Il metodo morale è quindi la via perché la ragione raggiunga il suo fine naturale e la sua elevazione soprannaturale nella fede. Ma il 1netodo morale è altra cosa della 1norte e della croce? «C'è altro ostacolo - osserva il Gratry - all'a1norc naturale e soprannaturale di Dio e degli uomini dell'egoisn10 non sacrificato?» 11 Inson1ma bisogna lavorare per attingere la propria vita11tà da Dio, per 1nettere al secondo posto rio u1nano e per ron1pere tutti i lega1ni che tengono la volontà chiusa nei sensi senza pern1etterlc lo slancio verso il So1nn10 Benc 3--1. In questa via il Cristo ci ha dato un esempio eloquente, egli si è annientato ed è stato obbediente al Padre in tutto, fino alla 1norte. Perciò chi cerca la verità deve liberarsi dalle insidie del proprio io e ri1nuovere dal suo cuore ogni ostacolo che gli in1pediscc una sintonia col Vero aprendosi all'Infinito. Ciò richiede la «circoncisione del cuore»--i 5 • Questo sacrificio abilita all'esercizio della dialettica perché, tenendo desta la nostalgia del lincontro personale con Dio, conduce l'intelligenza dal finito all'Infinito. Per il Gratry infatti il procedi-

1

lhid, 266. L.c. 33 L.c. J--1 Cfr. Dc la connaissance dc /'lì111e, Il. Téqui, Paris 1915, 60. La priina edizione è dcl 1857, Douniol, Paris. Js Logiquc, II, cil., 267. -'

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mento dialettico altro non è che «l'imitazione logica del sacrificio»". «Senza questa imitazione logica del sacrificio, nessun passaggio ad alcuna idea a partire da qualche fatto, niente idea, niente legge, più niente di universale e di infinito: in una parola niente verità. [ ... ]. L'intelligenza stessa è spenta» 37 . Ma la croce di Gesù oltre a essere il modello del metodo morale e logico, è qualcosa di più: essa è quella causa efficiente che rende la volontà capace di sacrificio sia in n1orale con1e anche in logica. Così Gratry: «Siete voi che giungerete, per qualche imitazione logica del sacrificio, alle regioni della scienza astratta, al fine naturale della ragione? Siete voi che saprete elevarvi fino al fine ultimo ed entrare nell'inizio della vita eterna, che scaturisce dall'unione con Dio mediante l'amore e la fede?» 38 . La risposta a questi interrogativi è identica a quella già enunciata in De la connaissance de l'Gn1e: se Dio non dona, per grazia, di essere uniti alla croce di Cristo e al suo sacrificio e di essere seppelliti con lui nella morte mediante l'opera dello Spirito, gli uoinini con le loro sole forze sono incapaci di cohnare l'abisso che li separa dall'Infinito. «Ci vuole un certo comincian1ento i111plicito della vita eterna nel fondo dell'anima (inchoatio vitae aeternae) perché nel nostro spirito possa risplendere qualche raggio dell'intellegibile supremo» 19 . Sintetizzando i I pensiero gratryano su questo punto possiamo formulare il seguente schema: l'intelligenza non può accedere alla verità se la volontà non pratica il bene; ma la volontà non può praticare il bene se non è unita alla croce di Cristo; quindi anche I' intelligenza, da parte sua, arriverà alla conoscenza della verità «per qualche imitazione della croce di Cristo»"'· Il metodo filosofico si identifica allora con la pratica ascetica e la conversione del cuore per liberare l'uon10 da ogni forn1a di ripiegan1ento su se stesso, abilitandolo così a far posto alla luce del Verbo divino. Esso assume una forte connota-

)(, lbid., 281. lbùl., 269.

J7 38

!bid., 275.

:w !bid.' 276. ,I()

!bid., 270.


Il problema della conoscenza di Dio nella filos~fia di A. Grati)' 3 3 l zione cristologica; è praticabile sotto l'influsso della grazia di Dio che diventa così l'inizio e il compimento del procedimento dialettico stesso.

* * * Dopo questa lunga disamina sulla dimensione sapienziale del metodo filosofico emerge una domanda e una constatazione. Si legge nel secondo volume della Logique questa affermazione: «Toute nation, tout homme, qui rejettera Jésus-Christ de son sein, rejettcra la vrai vie scientifique»·11 • Chi non crede allora in Gesù Cristo non potrà vivere un'esperienza scientifica vera e sarà condannato a risultati più o meno vuoti? Per rispondere esaustivamente a questo interrogativo si esigerebbe una riflessione puntuale sul rapporto fede-ragione in tutta I' opera del nostro Autore. Ciò ci porterebbe lontano dal tema che stiamo trattando. Tuttavia su questo punto il pensiero gratryano denota una certa fluttuazione: da un lato si distingue con sufficiente chiarezza lo statuto epistemologico della fede e della ragione nell'ambito della conoscenza dì Dio, sulla scia di Tommaso d'Aquino, del Perrone e del Catechismo del Concilio dì Trento; dall'altro ci sono delle affermazioni che sembrano confondere gli ambiti della ragione e della fede a scapito spesso dello spessore conoscitivo della ragione stessa. Un esempio tra tanti. Il Gratry, quando espone la sua teoria del senso divino, afferma che il procedimento dialettico non si mette in inoto senza una volontà sana, senza un «cambiamento radicale [ ... ] per il quale l'uomo vive di Dio, anziché per il suo corpo e per se stesso»·12 . Ciò è possibile mediante il sacrificio che, a sua volta, l 'uo1no non è capace di con1piere senza un intervento speciale della grazia di Dio, accolla liberamente.

"

1

42

fbid., 276-277. De la connrdss(lnce de /'iì111e, Il, cii., 161.


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Questa dichiarazione non è difficilmente armonizzabile con laffermazione che «la ragione naturale può, senza il soccorso della rivelazione soprannaturale, conoscere con certezza diverse verità,. non solamente dell'ordine geo1netrico, ma anche riguardanti Dio»'0 ? Una risposta a questa domanda la fornisce Gratry stesso nel Résumé finale del II volume del De la connaissance de Dieu. Si legge testualmente: «Questa analisi scientifica per la quale cerchiamo di distinguere rigorosamente i due ordini dell'intellegibile divino, il naturale e il soprannaturale, questa analisi necessaria in metafisica importa poco nella pratica; perché nessuna anima si è realizzata in se stessa senza alcun soccorso della grazia divina»". In altri termini di fatto e storicamente l'uomo si trova in un particolare stato di fragilità, per cui, nonostante di diritto potrebbe con la sola ragione raggiungere talune verità concernenti il mistero di Dio, tuttavia la sua ragione senza gli aiuti soprannaturali della grazia difficilmente riuscirebbe a realizzare questo suo fine proprio. Sia1no ante te1n1Jus in perfetta sintonia con la posizione presa dal Vaticano I nella Costituzione Dei Filius? Nella sostanza sì, ma all'interno di un orizzonte ancora fluttuante nel quale il filosofare nella fede rischia di annichilire lo spessore epistemologico della ragione con la tentazione di riportare il sapere dentro strettissimi binari fondamentalisti e dentro un metodo esclusivo che non consente spazi di dialogo con i non credenti~ 5 .

·13

!bid 170

~ 4 /)e/~; co11~1uiss(111ce de /)ieu,

II, Téqui, Paris 1918 9 , 282. Così scrive il p. Serlillanges: «(Gralry) distingue certo la fede dalla ragione, n1a nel corso dello studio n1eseola le loro n1anifestazioni: talora conclude filosofica1nente partendo da principi cli fede; talvolta teologican1ente, partendo da dati pura1nente razionali». A. D. SERTILLANGES, // Crislianesùno e la filosofia, II, La Scuola, Brescia 1948, 316. 45


li problema della conoscenza di Dio nella filosofia di A. Gratry 333 TV. BILANCIO CRITICO CONCLUSIVO

E' difficile procedere ad una valutazione critica puntuale del pensiero e del metodo di A. Gratry. Ciò per tante ragioni. Anzitutto perché il nostro Autore, nella sua opera, persegue un metodo integrale di sintesi che, ohre a coinvolgere tutte le facoltà della persona nella ricerca della Sapienza, procede dentro un orizzonte di scienza comparata dove interagiscono fisica, chimica, matematica, filosofia e teologia. Discipline di ordine scientifico con discipline di ordine melafisico'16. Un'altra difficoltà scaturisce dalla complessità dell'anima gratryana e dalla sua personalità straordinaria1nente ricca: in lui si fondono 1neravigliosamente una sensibilità ardente e delicata, un'in1rr1agi11azione ardita, il gusto per la ricerca scientifica e una grande capacità di trasfigurazione poetica. Ci se1nbra che il Gratry, co1ne pensatore, non abbia apportato grandi novità nella soluzione dei problcn1i filosofici trattati. La sua originalità consiste forse nel 1nodo con cui ha saputo far rivivere, nella sua ricca personalità, le tradizioni filosofiche più valide del passato per riproporne con intelligenza gli aspetti più significativi. Direbbe il Pointud-Guillemol che la complessità e anche l'originalità dcl Gratry hanno per fonda1nento «una diversità di doni saputi applicare tutti alla ricerca dcl vcro».l 7 .

.ir, Così il Gratry: ((lo 11011 1e1110 di affennare, con!'orn1en1enle alla n1ii1 lesi generale sulla scienza con1panlla, che bisogna risalire, 1ncdiante la fisica e la chi1nica, allraverso la n1aten1alica, fino alla filosofia e fino alla teologia; la filosofi<i e Jn teologia, del resto, essendo certarnente con1p<1rabili e n1utualn1enle con1penetrabilix'. Dc lo co1111aissa11ce de /'tu11e, Il, cit., 261. -n 13. POlNTUD-GUILLE/v!OT, Essai s111" la philosophie de (Ìratry, Beauchesne, Paris 1917, 401.


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1. Il metodo

Pri1na di procedere a una valutazione critica co1nplessiva sulla teodicea di A. Gratry, vo1Ten11no fare lai une osservazioni sul suo 1netodo di lavoro. Una difficoltà che emerge leggendo l'opera filosofica di Gratry è quella della comprensione dei termini, quando questi si vogliono ricondurre alla semantica accreditata dalla tradizione filosofica occidentale. Egli aveva scritto nelle Sources che lo stile e «la parola, nel senso più elevato del termine, è l'uomo e l'ani1na n1essa in luce»·18 . Ora la sua anima è un'anima poliedrica ove, oltre ai solidi principi logici della metafisica classica, convivono un cuore amante e sensibile, una fantasia ardita, una fede viva e una solida preparazione scientifica. Questo fascio di sentimenti e questa cultura enciclopedica generano spesso sovrapposizioni di piani e fluttuazioni di pensiero e linguaggio. La filosofia di Gratry è all'insegna dell'integralità e «non solamente egli addiziona nel suo pensiero le luci della ragione con quelle della fede - cosa che non meraviglia nessuno - 1na evita J'isolainento delle facoltà dell'anima, facendole lavorare insieme alla ricerca della

verità, prestandosi un 1nutuo appoggio» 49 . Conveniamo con il Maio 511 quando affenna che questo accordo è poco sinfonico dato che il pensiero gratryano si sviluppa se1npre in due momenti ben distinti: il punto di partenza fondato su una esatta metodologia; la prosecuzione della riflessione dove interferenze di tipo mistico, simbolico e fantastico prendono il sopravvento, portando il Gratry lontano dal problema iniziale e facendolo giungere alla

48 49

130.

°

Logique, Il, cit., 302. P. AT, Gratry, sa phifosophie, in Re1 11e d11 111011de catho!ique 158 (!904) 1

5 Cfr. A. ~1AIO, I! pensiero fi!os(~fico-teologico di A. Grafi')', in La Scuola Cattolica 92 (1964) 311-342: 335.


Ti problema della conoscenzadi Dio nella filosofia di A. Gratry 335 conclusione per vie contorte e talora non tenendo conto dei nessi logici51. Senza dubbio nella visione integralistica della filosofia gratryana l'immaginazione e il sentimento sono luoghi epistemici "propri": essi costituiscono un valido aiuto per l'intelligenza perché possa «sollevare il velo delle cose sensibili per scoprirvi i significati ideali» 52 . Quando però queste risorse dell'anima prendono di fatto il sopravvento, nuocciono al rigore logico e all'esposizione coerente del pensiero. Qui si trova l'originalità e la debolezza del metodo filosofico del Gratry. Nota il Pointud-Guillemot: «Sensibilità, immaginazione e amore [ ... ] non sono forze inutili e disprezzabili [ ... ] Gratry mostra che esse si dirigono nelle loro tendenze naturali, primitive, non deviate dall'egoismo, là dove si dirige la ragione, al di sopra del finito verso l'infinito»5J.Pcrciò possono orientare la ragione a raggiungere il suo fine con pienezza rendendola una luce calda e penetrante oppure farla smarrire nei meandri dell'imprecisione e del non verificabile. In conclusione siamo convinti che la potenza di congettura e di invenzione fantastica che si ritrova nell'opera dcl Gratry vada molto al di là del discorso dell'integralità e del cercare la verità con l'anima tutta intera. Così scrive il Sertillanges a proposito di certe pagine del De la connaissance de l'àme: «[ ... ] le mire scientifiche dell'autore e la sua libera interpretazione della Scrittura sfociano in conclusioni che oggi farebbero sorridere» 54 •

2. Ti procedimento dialettico Descrivendo gli elementi fondamentali della teodicea gratryana c1 siamo occupali diffusamente del procedimento dialettico, della sua

51 A tal proposito basta riferirsi ai sei capitoli su "L'i1n1norlalità", in particolare i quattro "Sul luogo dell'i1n1nortalità", che costituiscono il libro V ciel secondo volun1e del De la connaissance de /'d111e. 52 P. AT, Grafi)', sa pliilosophie, cit., 284. 53 B. POTNTUO-GUILLEl'vlOT, Essai ... , cit., 408. 5 ~ A. D. SERTILLANGES, op. cii., 318.


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identificazione con il calcolo infinitesin1ale e delle sue condizioni pratiche di esercizio. Vorremmo adesso esprimere qualche perplessità e proporre talune precisazioni. a) Abbiamo visto che l'induzione è un atto della ragione che osservando l'essere finito (mondo e anima) scorge in esso l'esistenza necessaria dell'Infinito. La molla di questo procedimento è il senso divino, che è «l'attrazione del desiderabile e dell'intellegibile» e la presenza arcana di Dio in noi. Ma come possiamo vedere nel finito lorma del!' Infinito se già non abbia1no una conoscenza esplicita dell'Infinito stesso? Ccrtarncnle il Gratry si muove nell'alveo della tradizione agostiniana che trova nelJlese1nplarisn10 bonaventuriano una delle sue massin1e espressioni. L,a conoscenza di Dio a partire dalla realtà non può essere un punto di partenza 111a di arrivo: attraverso una serie di inediazioni razionali si giunge a quella realtà che fonda la non contraddlttorictà del reale nella sua strutturale contingenza. Inoltre, con1e possian10 sapere che l'attrazione dcl desiderabile e dell'intellegibile, tensione irresistibile verso la trascendenza e verso l'infinito, postula l'esistenza dell'oggelto vivente di questo anelito, senza la conoscenza previa di una legge provvidenziale divina? Per P. Al, la causa di tutti questi equivoci è la teoria del senso divino. Infatti per esso il Gratry pone la teodicea prima della logica-, conroncle i diversi procedin1enti induttivi (fisico, metafisico, niate1natico) tra i quali esistono differenze di natura e di nictodo. Così scrive testualinente: «Ecco perché per una falsa interpretazione dì alcuni lesti di Platone e cli Thoinassin, egli è divenuto il padre di una induzione strana, ricondotta a non si sa quale trascendenza, per un 111ovin1ento spontaneo dello spirito, che arriva a delle verità non contenute nel punto di partenza, senza intennediario, per balzi e per slanci» 5 ·" b) li primato, nella rcalinnzione del metodo dialetlico, spelta alla volontà e alla libertà che sintonizzano il cuore e l'intelligenza con

ss P. J\T, arf. cit., 283.


Il pro!Jlema della conoscenza di Dio nella .filosofia di A.Qr11try 3_3 7 loggetto della ricerca. Senza la pratica del bene e del sacrificio che rendono la volontà libera da ogni sorta di egoismo non è possibile una pratica corretta della dialettica. Se l'esistenza quotidiana, con la pratica della virtù e della purificazione, vive di Dio, allora Dio può es· sere conosciuto non solo co1ne idea astratta ma come il vivente. E' vero che i motivi di fondo per i quali la verità non è cercata, trovata e accolta sono spesso di ordine morale. Su questo punto però bisogna fare una distinzione: «La rettitudine interiore che fa accettare la verità e il ragionan1ento che la stabilisce sono due cose diverse [ ... ]»"-

Una pratica morale difforme alla verità raggiunta intellettualmente di per sé non altera la validità intrinseca della speculazione né tanto meno le impedisce di esercitare il procedimento dialettico. Il Gratry su questo punto è d'accordo, solo che, volendo ribadire il ruolo guida della volontà e dell'amore nella ricerca speculativa dcl vero, corre di fatto il rischio di contraddirsi 57 . c) Riteniamo infine che il procedimento dialettico del Gratry, fondato sul senso divino e la pratica del bene, sia piuttosto debole dal punto di vista metafisico. La presenza arcana di Dio nel fondo della nostra anima, implica due clementi: «il senso dell'infinito che solo può farci concludere a Dio, vedere Dio alla vista dell'essere limitato» 58 e i principi primi della ragione. L'Autore qui è chiaro: il punto di partenza è l'essere limitato dal quale bisogna slanciarsi, senza intermediari, verso l'infinito. Nella parte espositiva del nostro lavoro annotava1no che il ricorso al senso divino riduce n1olto il valore della realtà contingente come punto di appoggio dello slancio dialettico e conferisce all 'esperienza mistica dell'anima un ruolo preponderante.

5<• A. D. SERTILLANGES, op. cii., Il, 317. 57 «La niente ha radici nel cuore ed è ncccssarian1enle fissata anche alla volontà nell'unità dell'anin1a. Ci sono 1novi1ncnli che non fa la rncntc isolala : sola, la rncntc può dedurre, 1na non si slancia. Si di1ninuisce lo slancio dcll'inlelligenza, n1an n1ano che la si isola e che l'anirna intera non la appoggia con tulle le sue forze» De la co1111aissa11ce de Dieu, Il, cit., 150. 58 De /(I co11nais.1·a11ce de l'fì111e, I, cit., 207.


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Vorremmo aggiungere che così facendo si smmmsce anche il ruolo dei principi primi della ragione: quelle "credenze" prime naturali, frutto del senso divino, che guidano la ragione nei suoi giudizi. In altri termini, ci si slancia verso Dio senza di1nostrare la sua esistenza, perché questa è sentita come certa nel fondo dell'anima. Forse sarebbe stato più corretto, per una prova metafisicamente rigorosa dell'esistenza di Dio, tentare di mediare i dati della realtà contingente facendo giocare ai principi primi razionali un ruolo determinante. Una sintesi dialettica tra i principi di ragione e l'insufficienza ontologica del finito, avrebbe fornito una prova dell'esistenza di Dio più rigorosa, capace di dare al reale finito la sua giusta collocazione ontologica e la sua giustificazione razionale. Intendiamo alludere ali' aspetto dialettico della dimostrazione dell'esistenza di Dio, così come è stata formulata da Gustavo Bontadini in occasione del VI Congresso Tomistico Internazionale. Il principio di non contraddizione, come prima istanza razionale, attribuisce all'essere l'imn1obilità, mentre «l'esperienza ci infarina che ogni essere - ogni essere di cui essa è attestazione - non

è»". Ora il tentativo di conciliare tale suprema e originaria contraddizione ci conduce alla prova dell'esistenza di Dio. In questo modo di procedere la dialettica assume non tanto il significato di passaggio dal finito all'infinito per la cancellazione dei limiti del finito, guanto quello di «conciliazione di una antifasi [ ... ] nel movimento di pensiero generato dal principio di contraddizione»w. Per il Bontadini «Risulta arduo, anzi in definitiva contraddittorio, trasferire pari pari il positivo del mondo sensibile nel mondo intellegibile»"'· Infatti la negatività del divenire intacca la costituzione de1l'essere, l'essenza, e la contraddizione sussisterebbe ancora nonostante questo trasferimento. E' a questo punto che viene introdotto Dio nella sua opera di creatore,

59 G. BONTADINI,

Su!/'aspefto diafelfico del!a din1ostrazio11e dell'esistenza di Dio, in Conversazioni di 111etafisica, II, Vita e Pensiero, Milano 1971, 191. Questo saggio era slalo pubblicato originariaincntc nel volun1e De !Jeo. Arti del VI Congresso To1nistico Internazionale, Roma 1965. (10

L.c.

<,i l.c.


Il problema della conoscenza di Dio nella.filosofia di A. Crat1y 339 nel suo alto intemporale e immobile, che suscita dal nulla la corruttibilità espressa dal divenire. Così conclude il Bontadini: «Ora la realtà del temporale viene speculativamente concepita tutta insieme nell'atto creativo [ ... ] Infatti quello che nell'esperienza appare come il semplice non essere dell'essere, visto nell'assoluto, è l'atto intemporale che pone l'annulla1nento. Con ciò è conseguita la razionalizzazione del reale en1pi rico» 62 . Ora pare insostenibile che l'idea di assoluto, anzi l'esperienza dell'assoluto, sia un JJrilnun1 da cui n1uove tutta la logica e ogni ricerca di ordine razionale. Il prin1u111 11otun1 quocul nos, di cui abbiamo esperienza, è il mondo finito; lo stesso senso divino è compreso come tale dopo che sian10 riusciti a dimostrare l'esistenza di Dio tramite una 1nediazione razionale del mondo dcli' esperienza. E' vero che «Gratry eccelle nel dimostrare co1ne l'affermazione di TJio sia facile e spontanea in ogni uo1no» 6\ poiché certi presupposti della sua dimostrazione sono clementi che presuppongono l'esistenza di Dio, anche se arcana e implicita. In tutta la sua opera il nostro Autore non riesce a filosofare senza la fede, introducendo tutta la carica della sua ricca esperienza mistica che è un elemento portante della sua riflessione. Bisogna riconoscere che l'esperienza mistica dell'Autore, pur non offuscando totalmente il vigore della sua speculazione, talora lo induce a porre come punti fermi cose che andrebbero dimostrate. «Egli ammette che lesperienza religiosa dell'anima, ben lontana dall'esser lasciata da parte dalla Cìlosofia, deve essere da questa scrutata, e che bisogna tenere conto psicologicamente dei fatti di questa natura» 6..i. E' necessario però che l'esperienza religiosa non sostituisca la fatica dell'indagine razionale, facendo giungere a coclusioni affrettate. Con ciò non si nega che la fede sia fonte di conoscenza e dischiuda al credente nuovi orizzonti; bisogna però ribadire con altrct-

62

63

Ibid., 192. A. PERRAUD, Il padre Grat1y, la sua vita e le sue opere, LP.L., Milano 1947,

56. (,..)B.

POINTUD-GUILLEMOT,

op. cit.,

410.


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tanta chiarezza che nell'ambito della teologia naturale la ragione può giungere a determinate certezze anche senza l'ausilio della fede.

3. Suggestioni ciel tradizionalisnio e llelttontologisn10

Il Gratry ha costruito la sua riflessione filosofica in un attento e serrato confronto con le istanze culturali del suo tempo. Quelle stesse istanze che fornirono al Concilio Vaticano I l'occasione per chiarire il ruolo dc1la ragione naturale nel suo itinerario verso la conoscenza di Dio. Ci riferiamo in particolare al tradizionalismo e all'ontologismo. Il nostro Autore mentre batte strade assai diverse ed è lontano dal condividere tali orientamenti di pensiero ne subisce qualche suggestione. - Contrariamente al tradizionalismo il Gratry proclama i diritti della ragione e quando parla dei due gradi dell'intellegibile divino, guello naturale e quello soprannaturale, non cessa di ribadire che la ragione naturale è capace di dimostrare l'esistenza di Dio. Possiamo scorgere un'influenza del tradizionalis1no, versione L. de Bonald, nell'importanza che egli attribuisce alla parola «per il risveglio del pensiero» 65 nell'uomo. Sostiene infatti che «la forma della ragione con1unc è all'inizio data dal di fuori a ciascuno» 66 per risvegliare in ogni uomo l'originalità tipica della ragione individuale e nello stesso tempo per inserirlo nella grande tradizione del pensiero umano. Gratry vede in quest'ultima funzione della parola la volontà di Dio di unire tutti gli uomini. - Circa i rapporti con l'ontologismo, così scrive il Foucher: «A riguardo dell'ontologismo) movimento in pieno vigore quando (Gratry) scriveva, e che molti professori accanto a lui insegnavano alla Sorbona, era delicata e complessa» 67 .

65

66

/)e la co1111aissance de /'[i111e, l, cit., 106.

lbid., 107.

67 L. 1955, 213.

FOUCI-IER,

La philosophie catho!ique en France au X!Xe sièc!e, Paris


Forse la posizione "delicata e complessa" riguarda i rapporti di convivenza umana poiché nessuno può scorgere nel pensiero gratryano alcuna traccia di ontologismo. Per gli ontologisti il fondan1ento della verità si trova in una visione intellegibile, senza alcuna rappresentazione interposta, dell'essere divino. Per l'ontologista «e' è dunque [ ... ], nella conoscenza dell'idea, un elemento non ricevuto dall'esperienza, costitutivo del pensiero razionale» 68 . Per Gratry, invece, l'esperienza nella sua triplice 1nanifestazione di ''senso esterno", "senso interno" e "senso divino", costutisce il punto d'appoggio di ogni ordine di conoscenza. Lo stesso procedimento dialettico si eleva a Dio mediante la considerazione delle cose finite. Inoltre egli difende decisamente la prova a posteriori dell'esistenza di Dio: «[ ... ] tutte le dimostrazioni dell'esistenza di Dio, date dai veri filosofi di tutti i tempi, riassunte e precisate dal secolo XV!l [ ... ] consistono nel passare dal finito all'infinito, realmente e attualmente esistente, che l'esistenza del finito in1plica e suppone» 69 . Dove allora possiamo scorgere qualche suggestione ontologista nella filosofia gratryana, dato che egli è e si professa esplicitamente antiontologista? L'influenza di tale dottrina si percepisce nell'imprecisione di linguaggio che caratterizza la sua trattazione sulla natura della fede. Per es. da un lato definisce la fede come un inizio oscuro e non diretto di conoscenza, dall'altro la considera come «la visione diretta di Dio stesso» 70 • L'aura n1istica dentro la quale vive e si sviluppa lariflessione del nostro Autore lo induce a certe visioni di sapore ontologista. La fede spesso non è concepita come un itinerario faticoso dell 'uon10 viatore che talora can11nina nella notte avendo co1ne unica certezza non visioni o chiarezze intellettuali 111a solo l'autorità della parola del Signore. Per lui essa è un possesso stabile e quasi diretto di Dio che, appagando lintelligenza, gli dà la certezza di aver raggiunto una meta stabile e inattaccabile. Come al solito il Gratry è impeccabile in talune distinzioni teoretiche, acquisite dalla grande tradizione to1ni-

68 69 70

L.c. !Je fa connaissance de Dieu, I, cit., 47- 48. [)e fa co1111aissance de Dieu, Il, ciL., 165.


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sta, ma il suo desiderio di vedere Dio lo induce a espressioni tipiche di chi lo vede davvero in un possesso stabile e definitivo. Anche i revisori ecclesiastici del I volume del De la co11-11aissance l/e Dieu avevano nutrito forti perplessità prin1a di concedere limprimatur, proprio a causa di tale fluttuazione di pensiero. In una lettera di L. Bautain, vicario generale di Parigi, inviata al Gratry il 2 febbraio del 1853, si legge: «Come presidente della commissione degli studi che, su vostra domanda, ha esaminato il vostro pri1no volume, sono incaricato di inforn1arvi che la co1nmissione ha deciso di attendere il secondo volume per decretare se fosse opportuno dare l'approvazione [ ... ]» 71 . Per comprendere la natura delle perplessità della commissione è importante l'annotazione del Gratry sulla medesima lettera. Egli scrive: «Don Bautain mi disse qualche tempo dopo queste parole: Ho tollerato la stampa di questo libro perché sono largo [ ... ] largo [ ... ]. Ho acconsentito che vi si permettesse di stampare questo volume nel quale uno trova tutto ciò che vuole in tutti i sensi>) 12.

4. Grat1y 11ef contesto culturale dell'epoca

4.1 Un progetto di speranza tra grandezza e miseria della ragione Il pensiero di A. Gratry, nonostante non fosse originale, ha avuto una grande influenza sugli uon1ini dcl suo ten1po. Per lui la ricerca scientifica e filosofica era un itinerario verso Dio di tutta l'anima, pensiero, volontà e sensibilità. E' a questo ideale che egli educò generazioni di giovani studiosi, inculcando loro un metodo sapienziale, filosofico e mistico ad un tempo. Ci si prepara alla vita e allo studio con il raccoglimento, la preghiera e la meditazione della parola di Dio. Comunicò ai suoi discepoli l'entusiamo di

71

Il Lesto della lettera e le annot<Jzioni dcl Gratry sono state pubblicate in lingua italiana dal p. Aldo Bcrgarnaschi, in A. GRATRY, /)iario della 111ia vita, Vita e Pensiero, Milano 1965, 165. 12 L.c.


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una vita impregnata dei valori evangelici nella convinzione profonda che solo una conversione del cuore è capace di cambiare i destini dell'umanità, rimuovere le ingiustizie sociali, e dare alla ragione la sua originaria forza di slancio verso lassoluto. Le sue concezioni sociali espresse nei volumi: La Pace (1861 ), Commento al Vangelo di Matteo ( 1863-1865), La morale e la legge della si o ria ( 1868), insistono con modalità e sfumature diverse, su questa idea di progresso: «il progresso deve compiersi per opera di Dio e dell'uomo, nell'ordine, nella libertà e nella virlÙ» 77 • La morale è la legge della società e della storia. Attorno a questo ideale egli sognava di riunire un gruppo di intellettuali, che potessero studiare insieme problemi sociali, questioni filosofiche e scientifiche, per ridonare alla fede il suo posto di fcr1nento nella società. Diventò così un grande suscitatore di entusiasn10

e di fervore intellettuale, riuscendo a donare allo spiritualismo francese uomini come H. Perreyve e Ollé Laprune che svilupparono le sue intuizioni e continuarono il suo pensiero. Il Gratry è riuscito a coagulare intorno a sé tanti giovani e introdurli nella via della sapienza perché ha saputo cogliere, con la sua profonda sensibilità, le poste in gioco e gli equivoci della filosofia nella seconda metà dell'Ottocento. L'equivoco del razionalisnio, isolato dall'esperienza concreta e separato dalla fede e dal soprannaturale; quello del fideismo che per evitare un confronto con la razionalità critica si chiudeva nell'esperienza di fede proclamando la totale incapacità della ragione all'interno della conoscenza religiosa; quello del positivismo che ostinata111ente li1nitava il campo di indagine ai soli dati empirici.

Gratry comprese che l'ideale della filosofia risiede nella conciliazione di tutte le risorse dell'uomo; nella valorizzazione di tutte le istanze positive del pensiero 1noderno confrontate costanteinente con

le conquiste di senso comune del pensiero antico e corroborate dalla vitalità e dal la forza della grazia soprannaturale. Il sentirsi dipendenti da Dio e parte viva di una tradizione fa conferire alla ragione il giusto,

73

A. D. SERTJLLANGES, op. cit., 318.


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liberandola dall'orgoglio intellettuale ed evitandogli di cadere nella logica dell'assurdo. Il motivo ispiratore della filosofia gratryana, il suo scopo e la sua ragion d'essere, fu di unire gli uomini a Dio e tra di loro. «Egli lavora a togliere l'ostacolo all'unione, il duplice ostacolo, l'errore e l'egoismo. E calcola di riuscire. In questa visione, in questa ambi· zione, in questa speranza c'è tutto il Gratry» 7'1. Questa ainbizione ha esercitato nel suo tempo, che egli definiva privo di ragione, un grande interesse per la filosofia cristiana, alla quale hanno attinto i grandi dello spiritualismo francese del Novecento.

4.2 Ripresa del tomismo Un altro contributo di rilievo, che Gratry ha dato alla soluzione della crisi culturale del suo tempo, consiste nell'aver riproposto il pensiero di Ton11naso d'Aquino con1e csen1pio di rigore logico e di sintesi equilibrata tra le istanze della ragione e le esigenze della fede. Taluni hanno visto in lui un precursore del neotomismo e cli quel va· sto 111ovimento culturale che è cuhninato nell'enciclica Aeterni Patris. Il nostro Autore è di estrazione platonico-agostiniana; la sua teoria dell'induzione dialettica ne è la riprova. La sua opera non è una diretta ed esplicita ripresa del ton1isn10, anche se in essa si trovano molte sintonie con esso. Intendiamo dire che egli, ribadendo talune teorie fondamentali dcl tomismo, ha esercitato un notevole influsso perché Tommaso diventasse un punto di riferimento importante per molti intellettuali cristiani. I punti di contatto espliciti tra Gratry e Tommaso ci sembrano sostanzialmente tre. 1° l{itienc valido in Tornn1aso "l'cn1pirisn10 aristotelico" 75 nella prova dell'esistenza cli Dio, come ineliminabile punto cli appog· gio e di partenza. Anche se pone a lato di questo empirismo l'espe·

7·1 OLLE' LAPRUNE, E!oge au Père Gratiy, citato ùa A. Perraud in li padre Grat1y,

cit., 67. 75 L. FOUCl-IER,

op. cii., 235.


Il problema della conoscenza di Dio nella filosofia di A. Gratry 345 ricnza mistica ciel senso divino, per cui nella dimostrazione dell'esistenza cli Dio si esplicita in qualche modo, partendo dai dati dcli' esperienza, qualcosa che già si ha dentro gcr1ninahnente. Pensa che l'autore della Summa abbia esercitato il metodo dialettico o di trascendenza, che è la via aurea per arrivare a Dio. Così scrive sulla teodicea di Tommaso: «Il punto di partenza sono le creature, la forza che agisce è la ragione, luce che Dio dona alr ani1na; il procedimento riceve tre no1ni (via causa/itati.\' - via e1ninentiae - via negationis) e ci mostra che le creature essendo mobili e defettibili non esistono per se stesse, perciò Dio esiste; e che Dio esistendo per se stesso non è né mobile né defettibile; questo procedimento consiste nel vedere la perfezione ncll'in1pcrfczione, negando i li1niti delle realtà finite che uno vede» 76 • Gratry è convinto che que ..;;la descrizione corrisponda al metodo che egli vuole riportare in auge. 2° Esponendo la din1ensione epistcn1ologica della ragione, fa propria la tesi che i principi primi intellettuali e morali, costitutivi della ragione stessa, sono una "certa partecipazione" alla luce del Verbo. 3° L'attrazione dell'ani111a verso il Son11no Bene e il desiderio innato di conoscere Dio nella sua essenza, di cui parla To1n1naso, sono per il Nostro due manifestazioni del senso divino. Infatti è questo desiderio cli conoscere Dio nell'essenza, che fa passare la ragione dal prin10 grado dell'intellegibile divino al secondo: esso svolge una l'unzione analoga a quella del senso divino. Senza dubbio l'Autore tende a rileggere To1nn1aso con delle tonalità che possano fornire un appoggio alle sue intuizioni di fondo; bisogna con1unque a111111cttcre che la teodicea ton1ista è restituita, nelle sue linee principali, in n1aniera sostanzialn1ente corretta. Inoltre lattenzione del Gratry per gli clementi agostiniani della filosof'ia tomista gli pern1elte di presentare s. T'o1n1naso con1e colui che sintetizza in sé, rivive e ripropone il n1cglio della tradizione agostiniana. Egli ha indicato agli studiosi Ton11naso co1ne la più grande au·toritù filosofica e con1e un punto fcrn10 della storia del pensiero, una

76

A.

(Jf{ATRY.

l)c la co1111t1issance de !Jieu, I, cit., 258-259.


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guida sicura nel ca1nmino verso la verità77 . Siamo d'accordo con G. Giurovich quando afferma che al Gratry «va giustamente riconosciuto il merito di aver riportalo in auge la filosofia scolastica rinvigorendo così [ ... ] una cultura anche ecclesiastica che, non solo in Francia, viveva di cascarni culturali, rigorosan1ente apologetica in un clima di prevalente sensismo; e ancora, quale precursore della neoscolastica di aver confutato Hegel e i suoi a1n1niratori francesi. A questo proposito si potrebbe sostenere che ciò che in Germania fece il Trendclenburg per la sconfilta del panteismo con la penetrante critica al metodo dialettico di Hegel, altrettanto farà Gratry in Francia, e proprio in un tempo in cui il principio di immanenza rinnovava le sue basi filosofiche, con l'aiuto del metodo critico-storico e il patrocinio di Platone, Aristotele e Cicerone»n Citava spesso il fatto che al Concilio di Trento i padri avevano come punti di riferimento per le loro discussioni la Bibbia e la Somma Teologica. Nonostante le influenze del tomismo, il metodo e la filosofia gratryana conservano una loro originalità intrinseca. Concludiamo riportando un giudizio del Foucher che, in poche righe, mette in luce i tratti di tale originalità: «la sua logica tutta penetrata, malgrado le sue basi tradizionali, da uno spirito rnistico e scientifico, che lo allontanano scnsibihnente da Aristotele; il dinan1isn10 spirituale della sua teoria della ragione, la con1penetrazione della ragione e della fede, I'in1portanza data alle condizioni 1norali per raggiungere la verit~t : elc1nenti questi che lo 1nantengono innegabihnente a distanza dal ton1is1no»79.

77 In un nrticolo dcl l 853 Gratry definisce s. Ton1111aso «il pili esatto dei filosofi e il più grande ùci teologi». lntrod11ctio11 à la phi/osophic, in f, e Correspondant 32 (1853) 112-140:137. 78 G. GIUROVJCH, La teodicea di Affonso Gr(ffJy, Japadrc Editore, L'Aquila Ro111a 1989, 170. 79 L. roucHEH:, op. cii., 236.


Ii problema della conoscenza di Dio nella filosofia di A. Gratry 34 7 ---- ---- -- - -- - --- ---- ----------5. Prospellive gratryane Il pensiero di A. Gratry, il suo mondo, gli ideali per i quali ha scritto e si è battuto con vibranti polemiche, sono assai lontani da noi e dalla sensibilità contemporanea. Tuttavia al termine del nostro lavoro vogliamo mettere in evidenza qualche provocazione del pensiero gratryano che, ri1enia1no, possa aiutare a ripensare certi coinportamenti intellettuali assai diffusi nella società contemporanea. La lettura dell'opera di Gratry infonde una certa carica di ottin1is1no e di speranza: egli credeva in un inondo 1nigliore e nella capacità dell'uomo di vivere nella Luce e di conoscere la verità, con la salda convinzione che una ragione avvilita crea società squilibrate e pennissive 80• Basandosi su una visione dell'uomo nella quale interagiscono in perfetto equilibrio anin1a e corpo, ragione e sentiinento, conoscenza e azione, «Gratry elabora la sua dottrina del progresso [ ... ]; rivaluta la ragione individuale, ritenendola capace di affrontare anche le più co1nplesse questioni; esalta la funzione della filosofia e della scienza, affermando che esse non solo non ostacolano la religione, 1na rendono più consapevole l'accettazione delle sue verità fonda1nentali» 81 . Egli riconduceva la crisi di valori dcl suo tcn1po a un esercizio riduttivo della ragione che, offuscando i principi fondamentali della logica, proclan1ava la legge dell'assurdo e la separazione tra fede e ragione. Così notava: «Anzitutto oggi si ascolta poco e si vaglia poco ciò che si ascolta. L'audacia di pronunciarsi su tutto, ha fatto nascere la pazienza di sopportare tutto, ci si lascia suggestionare dalle i1n1nagini, dai 1novi1nenti e dalle più diverse impressioni [ ... J; 111a agire da sé su questi dati, seguire i ragiona111enti, verificare le basi, riprendere per confrontare, rilevare le contraddizioni, escludere l'assurdo, discutere

811 Cfr. A. GRATRY, /111rod11ctio11 à la philosophie, cit. e Le spec/ac/e du 1110111e111 présenl, in Revue 111oder11e 45 (1868) 444-458. Per l'analisi dello stato reale della cultura del te1npo bisogna riferirsi al pri1no articolo; per la visione profetica sul 1nonclo avvenire, al secondo. 81 E. PASCHETTO, Alplionse Grafi')', in La filosofia cristiana nei secoli XIX e X)<, Cittì'l Nuovn Editrice, Ro1na 1993, 562 - 579: 576.


Antonino Franco

348

sui JJro e i contra, soppesare, giudicare, discernere e trarre Je conclusioni, è uno sforzo che la ragione non fa più» 82 • Tutto ciò concorre a far disperare; e si dispera quando «si dimentica che c'è nel mondo errore e verità, e che l'uno e l'altra sono distinguibili» 8 :-. La mancanza di discenimento critico allora, generando rilassatezza di costu1ni, produce società in crisi e disorientate. Questo messaggio, quando viene rivolto ai credenti, diventa più preciso e affida ad essi il compito di difendere la ragione e di confrontarsi criticamente con le varie tradizioni culturali. Gratry fu tra i prin1i a proclan1are «la necessità per i cattolici di essere una forza intcllcttuale»8-1 per salvaguardare i diritti della ragione e rigenerare le società. l~igenerare le società all'insegna di una ragione riconciliata con tutte le facoltà dell'anima signirica creare possibilità di confronto con tutti, spazi di rispetto e di tolleranza dove ciascuno sia riconosciuto nella sua dignità di persona 85 . Questo è il messaggio che Gratry ha proposto agli uommr della

sua generazione. Convinto, con1c To1nmaso d'Aquino, che lntellectus et ratio est potissirna ho111inis natura (Su111. Th., la llae, q. 31, a.7), cioè rorizzonte episten1ologico co1nune ad ogni essere un1ano, egli si è 1nostrato

82

A. GRATl~Y,

X:\

lbid.' J 34. tv1. Barbnno, in A.

/111rod11clion . .,

cit., 113.

R-t Gr<ATfi:Y, La sete e la sorge111e, Antologi8 n cura cli lVJ.Barbano, SEI, Torino 1937, XLI. RS fl pensiero dcl Gratry esercitò anche in Italia unn certa influenza, risvegliando negli intellettuali callolici la consapcvolc77.a ciel loro ruolo e dcl loro irnpcgno per il rinnovan1ento della società italiana. Egli ha contribuito a liberarli da un ntteggian1ento isolazionista e apologetico, a far loro riscoprire i grandi punti di riferi111ento della tradizione filosofica crisliana e a rilanciare il loro in1pegno sociale. Vorren1n10 citare quanto scriveva sull'argo1nento p. Sc1neria, ncll<l prefazione alla prin1a edizione italian<J delle So11rces (1908): ((I doveri inlelletluali dci caU-olic!: ecco un te111n che farà sgranare gli occhi agli uni e scuoterà forse altri da un pigro sonno tranquillo; frnà sgranar gli occhi n coloro i qual! s'erano abittrnti n ripetere che la fede è ne1nica di ogni scienzn, e desterà dal sonno altri i quali, pur di aver viva e fern1a la fede, si credevano dispens<1li da ogni opcrosil8 scientifica I ... ]. Studiare per essere n1igliori è un dare alla scienza lo scopo più <Jlto; esser sen1prc n1igliori per snpere sen1pre di più, è additare una nuova benen1erenza alla bontà 1norale». Cfr. P. SE!v!ERIA, Prefazione a Le Sorgenti, Milano 1908, XI.


li problema della conoscenza di Dio nella jilos"fia di A. Gratry 349 aperto a tutte le correnti di pensiero, ha saputo mediare opinioni contrastanti, ha utilizzato dottrine diverse rielaborandole liberamente senza aderire completamente a nessuna, rimanendo sempre se stesso 86 .

86

Cfr. E. PASCl-IETTO, op. cii., 577.



Synaxis XIII/2 ( 1995) 351-363

CRISTO COME ANTENATO NELLE RELIGIONI TRADIZIONALI NELL' AFRICA DEL SUB-SAHARA

PIUSMGENI'

Introduzione

Da alcuni anni la Chiesa in Africa si domanda se sia ancora possibile essere cristiani senza rinunciare alla propria identità culturale in genere e ai valori della religione tradizionale in particolare. Il messaggio di Crislo è universale, ma nel continente nero è stato presentato troppo legato alle forme esteriori della cultura occidentale. Cristo, invece, si è incarnato per tutti e non può essere imprigionato da alcun modello umano. Egli è al di là dei modelli. Studiando i riti e i simboli nella vita dei popoli africani, il culto verso i loro antenati e i loro atteggiamenti di fronte a Dio, si arriva alla conclusione che la religione impregna tutta la vita nel nero africano: individuale, familiare e socio-politica. La religione ha una funzione psicologica e sociale di integrazione e di equilibrio; essa permette alle persone di capirsi, di valorizzarsi, di integrarsi, di sopportare la loro condizione, e di dominare la loro angoscia. Nell'Africa nera la religione tradizionale permea tutto. Non esiste il "credo" come formulazione di fede scritta, perché vivere è credere.

~Baccelliere in Teologia. Questo studio è un estratto della lesi cli Baccalaureato presentata nello Studio Teologico S. Paolo di Catania nell'anno accademico 1994-'95.


352 La religione tradizionale gioca un ruolo rassicurante e protettore, essa è una rete di difese e di certezze. Se gli africani aderiscono volentieri al messaggio salvifico di Cristo ciò non significa affatto che ci sia nel loro spirito e nei loro atteggiamenti una rottura tra la loro religione tradizionale e la religione rivelata. Nel comportamento concreto la religione tradizionale è sempre la base e il fondamento di ogni ulteriore conversione. Molti studiosi sostengono che la rinuncia da parte di un africano alla propria religione è qualcosa di molto fittizio. I primi missionari non conoscendo l'importanza delle religioni tradizionali, le hanno guardate con sospetto e disprezzo: infatti, hanno fatto una crociata vera e propria contro di esse. Tagliando l'africano dalle sue radici tradizionali si è arrivati alJ'annienlan1ento del1a persona africana. L'incontro fra Cristo e l'uomo non è più possibile perché 1nanca l'uon10 cotnpleto, cioè un africano con la sua identità culturale. Il cristianesimo diventa, in questo modo, troppo superficiale e incapace di penetrare tutta la sfera della vita africana. Di conseguenza l'inculturazione della fede cristiana diventa inevitabile affinché l'africano riesca a rispondere con il suo linguaggio alla domanda di Gesù «voi chi dite che io sia?»'· La permanenza e la stabilità del messaggio evangelico in Africa dipenderà dalla sua capacità di inserirsi in tutta la vita africana. Lo scopo principale di questa ricerca è quello di scoprire e valorizzare il ricco patrimonio spirituale dcl popolo africano, con riferin1cnto particolare all'Africa del sub-Sahara, per favorire una autentica inculturazione del 1ncssaggio di Cristo. L'inculturazione della fede in Africa è un'esigenza da soddisfare a tutti i costi nelle varie 1nanifestazioni se la Chiesa vuole essere capita bene in quel continente.

I

Mt 16,15.


Cristo come antenato nelle religioni tradizionali dell'Africa

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353

1. Le religioni tradizionali africane

1.1 Natura e caratteristiche L'esortazione apostolica Ecclesia in Africa afferma: «Gli Africam hanno nn profondo senso religioso, il senso del Sacro, il senso dell'esistenza di Dio Creatore e di un Mondo Spilituale>>'. La religione nella concezione africana non è un'istituzione isolata ma comprensiva di tutti gli ambiti della vita, per cui un africano porta con sé la religione quando va a zappare, a danzare, a scuola, etc. Si parla delle religioni africane in forma plurale perché ogni tribù o clan ha la sua religione specifica. Partendo dal fatto che la religione è tutta la sfera della vita di un individuo, nell'Africa nera non esiste la differenza fra il sacro e il profano. Così scrive John Mbiti: «Non c'è una differenza formale fra il sacro e il secolare, fra il religioso e il non religioso, fra la parte spirituale e quella materiale nella vita africana. Dovunque ci sia un africano, là c'è la sua religione [ ... ]»'. Queste religioni tradizionali hanno un carattere comunitario. L'essere uo1no significa appartenere alla comunità) allri1nenti non si è uomini e si è privi di ogni identità. Una persona non può abbandonare la sua religione, perché farlo significa scomunicarsi dall'intera comunità che fa sì che diventi uomo. Parrinder dice: «[ ... ] La religione entra nella vita d'ogni individuo e ci sono certi riti tradizionali che ognuno deve compiere nella società in cui si trova. In queste circostanze un africano, così radicato, nelle sue credenze tradizionali, n1olto difficilmente può essere sradicato»'. E' vero che a causa di diversi fattori, fra cui leducazione formale, l'urbanizzazione, I' industrializzazione, n1olti africani vivono senza i valori tradizionali. Con la venuta delle altre religioni, come il cristianesi1no e l'isJan1, tante conversioni sono avvenute, e tuttavia il problema riinane, perché un uomo che era

2

Ecclesia in Africa, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1995, n.

42. ·' J. MBITI, Ajh'can Refìgions and Philosophy, Heine1nrinn, London 1974, I . E. G. PARRINDER, Ajì·ican Tradizional Religion, Shcldon Press, London 1962, 28. .J


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abituato a vivere tutta la sua vita religiosamente, non riesce ad abbracciare le nuove religioni, per così dire "setti1nanali". Come Mbiti osserva «Non è sufficiente imparare una fede che è attiva una volta alla settimana, la domenica o il venerdì, mentre il resto della settimana è virtualmente vuota, non è sufficiente abbracciare una fede che è limitata all'edificio della chiesa [ ... ]» 5 • Se il cristianesimo non occuperà l'intera sfera dell'uomo africano, come fanno le religioni tradizionali, la maggioranza di questi cristiani convertiti continuerà a ritornare alle antiche credenze e alle antiche pratiche. Almeno per sei giorni alla settimana o quando si troverà nelle difficoltà. Nelle religioni tradizionali africane non esiste il proselitismo per convertire gli altri. Ogni società ha il suo sistema religioso fatto di credenze, di miti, di riti. Così dice Mbiti: «[ ... ] Quindi una persona deve nascere in tale società particolare per assimilare il sistema religioso della società alla quale appartiene» 6 • Le religioni tradizionali africane non hanno segni esterni in comune con le altre religioni: né templi né libri sacri o fondatori e neppure persone investite di un potere spirituale. Ma, ugualmente, continuano ad esercitare una notevole influenza sulla mentalità degli individui e ad essere radicate nelle strutture sociali. Le credenze passano da una generazione all'altra per via orale, attraverso miti, proverbi e riti, e si limitano all'ambito di gruppi familiari, etnici o di clan. Sono religioni più vissute che non pensate o elaborate. Queste religioni tradizionali, nonostante la loro differenza da una cultura all'altra, sono capaci di dare agli africani quegli elementi necessari per rispondere alle questioni fondamentali dell'esistenza, cioè del rapporto dell'uomo con il mondo visibile e con quello invisibile.

5 J. MB!Tl, op. cii., 3. 6

Jbid., 4.


Cristo comeantenato nelle religioni tradizionali dell'Africa_

355

1.2 La credenza di Dio L'idea di Dio non è completamente nuova a questi popoli del!' Africa del sub-Sahara. L'uomo vede l'universo e quanto esso contiene come immagine e riflesso di Dio, che è creatore e ordinatore. L'evidenza della divinità è così chiara che nessuno può dubitare. «La conoscenza africana di Dio è espressa nei proverbi, nei discorsi, nei canti, nelle preghiere, nei no1ni, nei miti, nei racconti e nelle

cerimonie religiose. Non esistendo gli Scritti Sacri, tutti questi valori sono trasmessi oralmente da persona e persona. Non ci si dovrebbe aspettare, dunque, una elaborazione ben articolata su Dio: Dio non è estraneo ai popoli africani e nella vita

tradizionale africana non ci

sono atei. Questo può essere sintetizzato da un proverbio degli Ashanti del Ghana: Nessuno mostra al bambino l'essere Supremo; ciò significa che tutti conoscono l'esistenza di Dio quasi per istinto e che anche i bambini lo conoscono» 7 • I Wahehe, una tribù che si trova nel sud della Tanzania, chian1ano questa divinità con il nome Nguluvi. Vi sono quattro attributi con cui i Wahehe designano la divinità: Nguluvi, che è usato per indicare colui che noi chian1ian10 Dio, mentre il plurale del termine: Minguluvi è usato per designare gli antenati.

Quindi c'è una forte credenza in un solo Nguluvi (Dio) come loro dicono Nguluvi ye yùnvvi, yu nirvene hela, cioè «Dio è uno solo,

e' è solo lui». Dio nella sua attività creatrice è indicato con il termine Yu Magava che significa «Plasmatore degli uomini e di tutte le cose». Un detto "hehe" si esprime così: Yu Magawa ajàfile i chali cha lunga, «È Magawa colui che ha creato il bambino di quella tale». Mbuya è la divinità nella sua funzione di ordinatore. Quando le cose non vanno bene nella società "hehe" si dice così Mbuya yi yene.

7

J. Murn, op. cit., 29.


356

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Yi nyamanga è un attributo divino usato in modo particolare per indicare Dio come giudice del comportamento morale dell'individuo o del gruppo nei casi più difficili. I Wahehe della Tanzania si esprimono infatti in questa maniera: Swela Yilusele i nyamanga, «Basta! lo sa Dio vendicatore». Molte tribù di questa parte dell'Africa, vedono la natura e tutto l'universo come la manifestazione di Dio; ciò che è importante notare è il fatto di non identificare Dio con le creature, la divinità per eccellenza sempre rimane al di là di qualsiasi oggetto. Le alte montagne, i fiumi, i laghi e altri luoghi elevati sono considerati co1ne una concreta manifestazione di Dio. Ne segue che molti africani pregano Dio tramite questi oggetti come il caso dei Gikuyu del Kenya, che pregano guardando in direzione del monte Kenya.

2. La credenza negli antenati

Questa credenza è molto diffusa nell'Africa nera. Non esiste tuttavia una credenza uguale per tutta l'Africa. Per quanto concerne il rapporto con gli antenati, esistono diversità notevoli anche nella medesima società. Alcune tribù, per esempio i "Masai" dell'Africa orientale, non praticano il culto degli antenati. In sintesi, come scrive Nyamiti, ci sono due aspetti nella concezione africana riguardante gli antenati: I) il rapporto tra l'antenato e i suoi parenti vivi; 2) il carattere soprannaturale che essi acquistano tramite la morte. Lo status soprannaturale di questi antenati avviene tramite la morte. Ciò che è importante sottolineare è che nessuno può essere chiamato antenato se non ha vissuto secondo lo standard della moralità africana quando ancora era vivo. Ne segue che l'antenato è modello di comportamento etico di quel determinato gruppo o società: è considerato il fondamento su cui poggia la tradizione e stabilità della famiglia o società di cui fa parte.


Cristo come antenato nelle religioni tradizionali dell'Africa

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357

Se uno muore colpevole (cioè si è macchiato di omicidio, furto, calunnia, atti di stregoneria) non può diventare antenato. I Wahehe della Tanzania dicono che costui quando muore perisce totalmente. Concetto che essi esprimono con queste parole: Na ku vakukwe siibita ndaa Ayasile, cioè «quello non andrà certamente ad abitare con i suoi antenati dopo la morte, ma si annienterà completamente». John Mbiti dice: «gli antenati sono nello stato della immortalità personale, il loro processo della morte non è completo. Sono i morti viventi[ ... ]. Essi, parlano sia il linguaggio umano che quello di Dio, a cui sono vicini ontologicamente» 8 • L'antenato è concepito come uno che ha ambedue le qualità: quella corporale e quella spirituale. Gli africani credono molto alla funzione mediatrice degli antenati; essi, proprio perché stanno vicino a Dio, sono mediatori fra l'uo1no vivente e Dio stesso. Questi antenati sono capaci di consumare e bere cibi e bevande terrene. Esiste un buon rapporto fra gli antenati e i vivi quando questi onorano quelli, offrendo loro cibo e bevande, soprattutto nei momenti difficili e quando ci sono delle difficoltà. In cambio i vivi aspettano la protezione dalle malattie, dalla morte, dalle calamità, e l'acquisizione della ricchezza.

2. 1 Gli antenati come mediatori Una credenza fra i popoli africani è che l'uomo non si può avvicinare a Dio direttamente. Si va a Dio tramite i mediatori che possono essere persone ben scelte nella società, siano vivi o morti. Per esempio è costume che i bambini parlino con i loro papà tramite la madre, la sorella o il fratello maggiore. Gli antenati giocano un ruolo molto significativo in questo caso in quanto essi conoscono due linguaggi, quello dell'uomo e quello degli spiriti o di Dio, a cui sono vicini. I morti-viventi (antenati) ritor-

8

Ibid., 83.


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nano alle loro famiglie nelle diverse situazioni, e condividono il pasto con i parenti simbolicamente. John Mbiti dice: «Sono informati di ciò che sta succedendo nella famiglia [ ... ] quindi sono i migliori mediatori tra l'uomo e Dio: conoscono i bisogni degli uomini e nello stesso tempo hanno il pieno accesso ai canali di comunicazione con Dio direttamente o indirettamente traini te i loro predecessori» 9 •

2.2 Venerazione degli spiriti dei defunti: il caso dei "Wahehe" della Tanzania La venerazione degli spiriti dei defunti svolge la funzione, anche se non in 1nodo esclusivo, di integrare l'uon10 nella sua società

(ascendenza-discendenza) in ordine al conseguimento della salvezza intesa co1ne conquista, 1nantenimento e accrescimento della vita sociale (politica, economica) della natura e del cosmo. Molle sono le espressioni rituali dei Wahehe in onore dei loro defunti. Il naambika è il tipico sacrificio compiuto dai Wahehe in onore dei loro morti. Quando un capo famiglia sente piangere continnamente di notte i suoi bambini, questo gli fa capire che qualche cosa non va bene o che c è una sventura fan1iliare. In questi casi va a fare un sacrificio sulla tomba del defunto o dei defunti. Il sacrificio agli antenati si svolge nel modo seguente: la sera precedente il giorno della celebrazione, i partecipanti si recano processionalmente alla tomba del defunto. Aprono il corteo iI figlio maggiore (mvele) o il minore (mkwangu) del defunto, portano farina di miglio e acqua. Alcuni parenti portano, dentro una scodelletta di vimini, del latte cagliato e altri della birra non fermentata. Giunti alla tomba si mescola l'acqua e la farina con i due steli dentro una ciotola di vin1ini, dicendo: «Vi offriamo, o antenati, il sacrificio» (Tukuvavikira i naambika). Il celebrante spiega il motivo del 1

9

L.c.


Cristo come antenato nelle religioni tradizionali dell'Africa

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naambika (sacrificio). Se è per un bambino che piange di notte dice: «il vostro bambino abbia buona salute, non tormentatelo. Ricevete quanto vi ho offerto» (mwanenyu ikakage luno.fu, mlemwage kumvefya ke naulige munzanukilage); ad ogni invocazione i presenti rispondono con i "trilli di gioia" (ingulugulu). Tutte le cose portate, cioè la mistura d'acqua e farina di miglio, sono lasciate tutta la notte sulla tomba. L'indomani ci si reca di nuovo alla tomba, il celebrante costaterà con piacere, e ne dà l'annuncio ai presenti, che il defunto ha gradito l'offerta della sera precedente. I segni sono evidenti: l'acqua è diminuita, il defunto si è lavato le mani e ha sorbito del latte cagliato e bevuto un po' della bevanda-cibo.

3. Cristo proto-antenato

Molti teologi africani hanno tentato di spiegare Gesù Cristo con le immagini e i modi di pensare africani. Il teologo .Tohn Pobee, partendo dal concetto ancestrale del gruppo etnico Akan del Ghana, descrive Cristo co1ne un grande antenato.

Secondo il pensiero degli Akan, il Nana (antenato) ha il potere pieno sul suo popolo. L'antenato può giudicare, premiare e perfino punire l'uomo secondo la sua volontà. Ogni individuo ha il Kra (l'anima) che ritorna a Dio dopo la morte, mantenendo il suo stato di individualità anche dopo la morte. Pobee sostiene che Gesù ha un grande Kra che lo unisce con la sfera divina. La superiorità del Gesù-antenato sta nel fatto che Cristo ha potere e autorità sul cosmo e quindi su tutti gli altri antenatiw. li teologo zimbaweano Ambrose Moyo attribuisce a Cristo il titolo di supremo antenato: «Gesù è chian1alo Supren10 e universnle tramite il quale tulli gli antenati e gli spiriti hanno l'accesso a Dio. Secondo la religione tradizionale del popolo

IO

81-98.

Cfr. J. S. POBEE, Toward an African Theo/ogy, Nashvillc, Abingdon 1979,


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360

"shona", Dio è descritto o come Mudzù1111 n1ukuvu (grande spirito ancestrale) o come Mudzùnu unoyera (il santo spirito ancestrale). E Gesl1, in virtù del fatto che è figlio di Dio, diventa il nostro antenato con il potere di inlercessione»11.

Nel mistero dell'incarnazione Dio è diventato veramente uomo identificandosi con la natura umana. Rahner dice che Dio è diventato «una parte di questo mondo, parte della realtà e della storia del cosmo»12. È dentro questa prospettiva che Gesù Cristo è proto-antenato per gli africani, perché Cristo si è identificato con l'umanità. L'africano ora ha qualche cosa da dire sul mistero dell'incarnazione. Dio, avendo parlato a noi in tempi e luoghi diversi, includendo i nostri antenati, in questi ultimi giorni ha parlato con noi per mezzo del Suo figlio stabilendolo unico proto-antenato attraverso il quale la vita passa ai suoi discendenti. Questo modello potrebbe portare alla facile conoscenza di Cristo in Africa perché, come si è visto all'inizio, la venerazione per gli antenati in Africa è molto diffusa. Così Bujo scrive: «Il titolo di Proto antenato per Gesù, tradotto nella teologia e catechesi corrispondenti, avrebbe per gli africani più significato di altri titoli, come Logos e Kyrios. Non si vuole tuttavia sopprimere questi titoli, sebbene essi derivino da una cultura particolare che gli Africani, nonostante la loro conoscenza teologica esegetica e filosofica, non possono piena111ente capire» 13 • Gli antenati "bantu" non sono dei morti bensì dei viventi. Sta qui tutta la differenza, forse esagerando un po', tra l'antenato europeo e l'antenato "bantu": il prin10 è un ricordo, il secondo una presenza. Del primo ci si ricorda raccontando la storia della famiglia, individuando nel carattere di questo o quel membro della famiglia ele-

11 A. re/ationship Theological 12 K. Lì B.

l 992, 83.

M. Movo, The Quest for A.frican Christian Theology and the proble111 of between - faith and c11/t11re - the Her111e11e11tical percepective, in AJi·ica11 Journal 122 (1983) 97. RAI-INER, Foundation o.f christia11 faith, N. Y., London l 978, 225. BUJO, A.frican Theo!ogy in hs Socia/ Contexl, Ed. Saint Paul, Nairobi


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361

menti di somiglianza con quanto si dice di questo o di quell'antenato, con quanto si dice di lui. Il secondo viene invocato in ogni evento importante: ci si intrattiene con lui, lo si vede partecipe dei punti comuni della famiglia o del clan. Gli antenati sono alleati veri "dei viventi terreni", lottano al loro fianco per il trionfo della vita. Cristo è antenato nel senso del maggiore, cioè vive più vicino alle fonti e ai fondamenti, quindi è il mediatore per eccellenza. Cristo ha affermato la sua mediazione tra gli uomini e il Padre. Egli è la "porta" d'accesso al Padre14.

È legittimo, oggi, dare a Gesù i titoli che possono essere facilmente capiti dal popolo al quale il Vangelo si proclama. Altrimenti il messaggio evangelico, non potendo penetrare nel vissuto di quella gente, ri1nane assolutamente epider1nico.

Schillebeeckx sottolinea che anche i padri della Chiesa stessa avevano chiamato Gesù "il nuovo Orfeo>), perché usando questo titolo, era facile presentare Cristo aJJa cultura greca 15 • Molti cristiani in Africa non riescono a espri1nerc Cristo se non

partendo dal loro stile di vita e dal loro modo di pensare. Alla don1anda «chi è Cristo per voi africani?» quasi tutti risponderebbero con

i titoli elaborati dai missionari pur non sapendo calare il significato di essi nella loro vita quotidiana, fatto che è importante nelle religioni tradizionali. Se il cristiano africano risponde che Gesù per lui è un guaritore, egli non parte dalla situazione concreta; cioè dinanzi al 1nalc che si 1nanifesta in malattie, morte, calan1ità egli va a chiedere l'aiuto a Gesù guaritore di tutti i mali, come gli è stato insegnato dai n1ìssionari, ma nello stesso ten1po ricorre subito agli antenati e ai 1na-

ghi. Per risolvere i loro problemi molti africani ricorrono a Gesù, come ulti1no tentativo; cioè prima l'africano si rivolge alle sue radici tradizionali e se non riesce allora fa una bella preghiera a Gesù. Par-

tendo dalla mia esperienza personale posso affermare che in certi casi di calamità naturale, soprattutto quando non piove, gli africani prima

i-1-crr. 15

Gv 10, 9.

Cfr. B. BUJO, op. cit., 84.


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362

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-~~

di tutto vanno a consultare gli antenati chiedendo loro la grazia della pioggia. Se capita che, dopo il sacrificio e le danze a questi antenati, la pioggia non viene allora questi cristiani africani si recano in chiesa per

la messa chiedendo a Dio Onnipotente di far piovere. Uno studioso così commenta: «T missionari hanno portato la bibbia e condannato gli usi e le credenze tradizionali, sostituendoli con tradizioni religiose e costumi eccezionali ideati e sviluppati sotto altri cieli. Hnno introdotto così un nuovo modello di comportamento socio-religioso, troppo poco interiorizzato e di conseguenza non sufficiente1nente resistente alla pressione dei grandi interrogativi e delle prove della vita africana» 16 •

3.1 Cristo oltre l'antenato J_,' antenato africano ha i rapporti limitati solo ai discendenti.

Non esiste nessun rapporto al di fuori del "clan". Scrive il teologo Kabasele: «[ ... ] I consanguinei dell'aldilà possono proteggere, accrescere o din1inuire la vita di coloro che rin1angono sulla terra» 17 . Invece Gesù Cristo non si limita soltanto a poche persone. Egli è signore della storia e il suo potere si estende oltre il "clan": Cristo supera da lontano questo legan1e di sanguc 18 • L'antenato africano è n1ediatore fra l'uomo e Dio invisibile ma

rimane sempre sotto Dio. Cristo oltre a essere mediatore, è egli stesso Dio: «chi ha visto

111c,

ha visto il padre» 19 •

La procreazione è di grande importanza per diventare l'antenato nelle tradizioni africane. Uno che muore senza lasciare discendenti è molto disprezzato: poche persone vanno al suo funerale. Il teologo zairese Kabasele spiega che qua sì trova la rottura con Cristo. Se non si è procreato non si può accedere al rango d'antenato, perché questo è un segno della maledizione:

I(, R. DE llAES, Il Dialogo necessario, in Nigriz.ia 109 (1991) 44. F. KAB/\SELE, Oltre i 111odel!i, in AA. Vv., Cristologia Africana, Ed. Paoline, Torino 1987, 192. "Ml 12, 48-49. 19 Gv 14, 9b-IO. 17


Cristo come antenato nelle religioni tradizionali dell'Africa

363

«In questo a1nbito, la rottura con il 1nessaggio evangelico e con lo stesso esen1pio di Cristo appare inconteslabile, anche qualora si cerchi la scappatoia attraverso una generazione spirituale» 20 .

Quindi i predicatori del Vangelo di Cristo in Africa devono accentuare questo aspetto di Gesù che dà la vita per tutti tramite una procreazione spirituale.

Conclusione È giunta l'ora in cui l'Africa si interroghi sulla possibilità di accogliere il messaggio di Cristo nel continente nero. Come è avvenuto nella storia del cristianesimo il passaggio dalla comunità cristiana giudaica a quella ellenistica ed europea, adesso si tratta del passaggio dal cristianesin10 "occidentalizzato" a quello universalej aperto a tutti i popoli affinché ogni popolo possa capire con la sua esperienza religiosa chi è Crislo. Questa è la vera inculturazione. Il 1nessaggio di Cristo è universale, non può essere i1nprigionato da alcuni n1odelli un1ani. Gli africani possono applicare i loro modelli per conoscere meglio Cristo, per esempio Cristo come antenato. Nonostante questo niodello sia più vicino all'uo1no africano, Cristo rin1ane se1nprc un mistero da confessare che trascende tutta la realtà terrena. Cristo, Unico Sacerdote non sopprin1e le n1ediazioni lnnane n1a le cornpie, in se stesso; così cotnpic in sé anche la mediazione svolta dai nostri antenati. In ogni caso è bene sottolineare che la figura di Cristo Antenato permette ai cristiani "bantu" di comprendere meglio la pienezza della mediazione di Cristo.

20

f<. KABASELE, op. cii., 195.



Bolla di Eugenio IV: fondazione della collegiata S. M. dell'Elemosina (foto consorzio Skedo)



Synaxis XIII/2 (I 995) 365-437

L'ARCHIVIO STORICO DELLA COLLEGIATA SANTA MARIA DELL'ELEMOSINA DI CATANIA: INVENTARIO

GRAZIA SPAMPJNATO'

l. La basilica collegiata

La settecentesca basilica collegiata di Santa Maria dell'Elemosina a Catania ha origini antichissime. Alcuni studiosi ritengono che essa derivi da un antico tempio pagano trasformato, successivamente, in chiesa; altri, invece, sostengono che esistesse già come piccola chiesa, ingrandita poi grazie alle offerte di tutti i cittadini'. Ipotesi, quest'ultima, fatta propria dal pittore Giuseppe Sciuti nell'affresco posto nell'abside della chiesa, raffigurante alcuni fedeli presso un'icona di Madonna bizantina - la Madonna Eleùsa, la Madonna dell'Elemosina appunto - per la quale fu costruita prima una cappella e successivamente una chiesa di grandi dimensioni. La chiesa di Santa Maria dell'Elemosina, frequentala da nobili e popolani, sorgeva nel quartiere detto "della fera", uno dei più popolosi e movimentati della città, per lesistenza di una piazza in cui si svolgeva la fiera di "lo lunedì"'. Durante il periodo aragonese, i reali vi si recavano con la corte per assistere alle sacre funzioni, tanto che Martino I, con rescritto del I 0 novembre 1396, le conferì il titolo di regia cappella, as-

* 1

Dottoressa in Lettere. Cfr. V. MESSINA, Monografia della regia insigne chiesa Collegiata di

Catania, Tipografia Paslore, Catania 1898, 9-11. 2 G. POLICASTRO, Catania prùna del 1693, SEI, Catania 1952, 137-161.


366

Grazia SjJGlnJJina!q_

segnandole la somma di 15 tarì annui per la festa di Maria SS. Purificata o della "Candelora" che si celebrava il 2 di febbraio'. Nel 1446 papa Eugenio IV, sollecitato dal domenicano Pietro Geremia, con bolla del 31 marzo vi eresse la collegiata'. Il provvedimento pontificio veniva incontro ali' antico desiderio del clero di Catania di avere un capitolo proprio e di conseguire le sue prebendc 5 • Infatti quello della cattedrale era costituito dai benedettini, che avevano precluso ai sacerdoti diocesani raccesso anche ai nu1nerosi benefici eletti de requie, cioè fondati dai fedeli per la celebrazione cli messe di suffragio. La collegiata Santa Maria dell'Elemosina era costituita da tre dignità (prevosto, tesoriere e cantore) e diciannove canonici. In n1ancanza di un patrimonio proprio, le prebende dei capitolari furono costituite per lo più da rendite di chiese sacramentali esistenti nella città e nel bosco di Catania e di Acir;. Questa circostanza introdusse un elemento di disturbo nell'ordinamento della cura delle anime: i ca-

1

Cfr. Docu1nenti conservali nell'Archivio Storico della Collegiata, serie Capitolo, nd. 1. 1 • Copia coevn della bolla di erezione si trova ncll'ARCH!VJO SEGRETO VATICANO, Reg. Vat. 378, 99r-10Jr; il testo è trascritto, non senza errori, in I. B. DE G11.oss1s, C'atanense Decachord1011, I, Rossi. Calanac 1642, 108-112; V. M. AMICO, Catanu ill11strata, 11, cx typographia I. Pulcii, Calanae 1746, 317-325; V. MESSINA, op. cit., 26-37. 1 · Per i personaggi e le circoslanzc che dctenninarono l'erezione della collegiala Santa Maria dcll'Ele1nosina, vedi: A. LONGHITANO, la parrocchia ne!!a diocesi di C'a/a11ù1 prilna e dopo il Concilio di Trento, Istituto di Scienze Religiose, Palcnno 1977, 25-26, 32-35; Io., ()figarchie fa111iliari ed ecclesiastiche nella controversio 11arrocchiafe th C'afania (secc. XV-XVI), in A/\. Vv., Chiesa e società in Sicilia: Il. I secoli XII-XVI. Atti del II convegno internazionale, organizzato da!l'arcidìocesi di Catania 25-27 novcrnbrc 1993 (a cura di G. Zito), SEI, Torino 1995,

293-322. 6

Dieci di queste chiese sacran1cntali si trovavano nella ci1tà (Santa Caterina, San To1nn1aso, Snnla l\1aria dc Itrìa, Sanla Margherita, Sant' Anna, San Lorenzo, San Martino, San Filippo, Santa Barbara, Santa Maria della Rotonda), nove nei casali (l\1isterbianco: Santa I'v1aria e San Pietro; Mascalucia: San Nicola; Valverde: Santa Maria: San Giovanni la Punta: San Nicola de Ca!ira; Aci San Filippo: San Filippo dc Carcina; Mon1pileri: Annunziala; Treineslieri: Santa Maria; 'f'rccastagnì: San Nicola) (Rcg. \far. 378, ci!., 99r-10Jr).


Eugenio IV: particolare di una tela di Giuseppe Sciuti conservata nella basilica collegia1a S. M. dell'Elemosina (fofoAndreoCofĂ )



L'archivio storico della collegiata di C'atania: inventario

3 67

nonici, in quanto titolari delle chiese sacramentali, avevano la responsabilità di amministrare in esse i sacramenti; ma, essendo obbligati ad essere presenti nella collegiata, erano costretti a delegare lincarico ad altri dietro il pagamento di un modesto compenso. Conseguentemente le offerte che i fedeli continuavano a pagare per il sostentamento del loro cappellano curato, servivano al mantenimento dei canonici della collegiata di Catania, mentre il servizio religioso che si svolgeva nelle loro chiese lasciava molto a desiderare. Da questa circostanza ebbe or1g1ne un interminabile contenzioso, docu1nentato nell'archivio del capitolo'. Un'ulteriore diatriba doveva dividere con interminabili discuss10111 i due capitoli. La bolla pontificia chiamava parochialis la chiesa collegiata e affidava al prevosto la cura delle anime'. I canonici della Cattedrale, invece, sostenevano che in città esisteva una sola parrocchia di cui l'unico parroco era il vescovo ed essi si consideravano suoi diretti e unici collaboratori; pertanto la pretesa del prevosto della collegiata di occuparsi della cura delle anin1e veniva ritenuta una lesione al loro prestigio'1• Altre controversie sorsero fra i due capitoli circa l'uso delle insegne canonicali e della mozzetta"'.

7

A Ca.salotto di Valverde si ebbe una protesta c!an1orosa: essendosi recati i 1nastri d'opera e l'ufficiale giudiziario per riscuotere i proventi delle prirnizie, dovute al canonico Gullo, «alcuni personi di ditta {Casalotto} curn scopclti cutn artificio ignis, non te1nendo Dio né la giustizia e per non volere pagare quello che iustarnente divino, non si lassa vano spignorare stando con anni e scopelli innanzi la porta (della chiesa)» (M. DONATO, Le chiese sacra111e11tali 11e/ territorio di Aci nel Cinquecento, in Me111orie e Rendiconti, serie III, 5 [1985] 39-90: 65). Nel 1588 i fedeli di Mislerhianco in una lettera alla S. Congregazione del Concilio la1nentavano che il canonico della collegiata Pietro Roccatagliata, titolare della loro chiesa sacranunentale, non voleva pagare il cappellano incaricato di an11ninistrare i sacran1enti, lasciando privi di assistenza spirituale i trc1nila abitanti del casale (A. LONGHJTANO, La parrocchia, cit., 34, n. 42). 8 Bolla di fonda7,ìonc e docurnenti conservati nell'Archivio Storico della Collegiata, serie Pergan1ene nd. 2, 3. 9 Cfr. A. LONGHJTANO, La parrocchia, cit., 139-140; G. ZITO, La cura pastorale a C'ata11ia negli anni de!/'Episcopato D11s111et ( 1867 - 1894), Galatea editrice, Acireale

1987, 245-260. 111 Docun1cnti conservati nell'Archivio Storico della Collegiata, .serie Capitolo, nd. l, 2, 3, 4, 26.


368

Grazia Spampinato ----------

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La bolla di Nicolò V Apostolicae Nobis, del 13 luglio 1448, couferì al capitolo un'ampia autonomia nell'accesso alle prebende e nella nomina dei canonici, limitando la potestà del vescovo: quando le prebende fossero rimaste vacanti i canonici superstiti avrebbero potuto optare per quelle più pingui; spettava ai canonici cooptare i nuovi membri del capitolo presentando i nominativi al vescovo, che era obbligato a predisporre il decreto di nomina dopo avere accertata la loro idoneità". I papi Clemente V, Clemente XV e Benedetto XIV concessero indulgenze e privilegi". Infine Pio XII, il 31 marzo 1946, nel V centenario della fondazione, con la bolla Quinto iam exeunte saeculo la eresse a basilica pontificia i.'. La chiesa godeva di notevoli rendite, dal momento che numerosi patrizi donavano offerte annue o la costituivano erede di tutti o di parte dei loro beni. Il terremoto dell' 1 I gennaio 1693, che distrusse la città di Catania e gran pa1te della Sicilia orientale, rase al suolo anche la chiesa collegiata, risparmiando le sole campane grandi poste sul campanile ed una campana piccola collocata nella porta della sacrestia. Nel crollo della chiesa perirono anche 16 dei 32 canonici". Dopo il terremoto essa risorse nello stesso sito grandiosa ed imponente, grazie all'aiuto dei fedeli e dei canonici del capitolo. Infatti i religiosi superstiti ripresero immediatamente il loro servizio religioso, inizialmente in una baracca o "capanna" fatta costruire fuori le tnura presso la Porta di Aci. Per far fronte alle prime spese furono venduti

Il V. MESSINA, op. cit., 41-44.

"lbid., 44-48. n Si veda la lapide comn1emorativa esistente all'interno della chiesa e riportata da A. TOSCANO, La ried~ficazione della Chiesa di Santa Maria dell'E/en1osina, in Archivio Storico per la Sicilia orientale 10 (1957) 109-141: 130. "Jbid., I IO.


Mario Coltraro, canonico della collegiata S. M. dell'Elemosina (toto ConsorzioSkeda)



L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario

369

tre calici, un incensiere, una navetta, giogali e vasi d'argento. Nel

1695 in qnesta provvisoria sede ebbe già luogo l'elezione di nuovi canonici per sostituire alcuni di coloro che erano morti sotto le macerie. Successivamente una seconda e più grande "capanna" fu realiz-

zata entro il perimetro della chiesa, grazie alla vendita fatta al monastero dei benedettini di una casa terrena posta in contrada Olivella a Moote Vergine, di un terreno in contrada Rota e di vasi e suppellettili d'argento ritrovati sotto le macerie". In questa seconda sede i canonici nel 1699 elessero i restanti capitolari per completare il numero. Tutte le loro prebende furono messe in comune, eccetto quelle delle dignità, dando vita ad una fervida attività liturgica e provvedendo spesso, con denaro proprio, al fabbisogno della chiesa. Per adeguare la chiesa al nuovo assetto urbanistico dato alla città nella ricostruzione, fu necessario darle un diverso orienta1nento: 1nen-

tre il vecchio edificio aveva il prospetto a ponente sulla strada "della Luminaria", il nuovo lo ebbe sulla via principale che divideva la città da nord a sud e che in seguito fu chiamata Etnea". Nel 1697 vennero appaltati i primi lavori per l'esecuzione della nuova facciata e della scalinata su progetto di Angelo Italia". Ben presto una nuova controversia sorse tra il capitolo della

collegiata e don Michelangelo Paternò Castello, nobile barone siciliano, che si opponeva alla costruzione del campanile della chiesa nel medesimo posto in cui si trovava prin1a del terrc1noto, in quanto riteneva che il suono delle campane troppo vicine al suo palazzo lo avrebbero disturbato. Tale questione fu portata anche davanti al tribunale civile ed ecclesiastico e per circa sessant'anni i lavori rimasero fermi 18 .

1 '

!bid., 110-111; cfr. Docu1nenti conservati nell'Archivio Storico della Collegiata, sctic Miscellanea, nel. 1. 16 V. MESSINA, op. ci!., 12. 17 Documenti conservati nell'Archivio Storico della Collegiata, serie Miscellanea, nd. 1. 18 A. TOSCANO, op. cit., 118-121; G. PALUMBO, la basilica Co/legiala Santa Maria defl'J:.:!e111osi11a in Catania, Signorcllo editore, Catania 1994, 13.


370

Grazia Spampinato

Solo nel 1777 la costruzione della chiesa fu ripresa e portata a termine grazie all'intervento del canonico Francesco Lullo che decise saggiamente di abbandonare il primitivo disegno di Angelo Italia e di affidare i nuovi lavori della facciata a Stefano Ittar, il quale progettò un impianto basilicale a tre navate e tre absidi con un secondo ordine "a campanile" che serviva per l'alloggiamento delle campane'". Naturalmente quanto già costruito venne demolito. Il canonico Lullo inoltre provvide ad un iniziale finanziamento a proprie spese delle decorazioni all'interno della chiesa, degli altari, della pavimentazione e dei portali. La consacrazione del nuovo tempio avvenne il 29 maggio 1794, festa dell'ascensione, alla presenza di mons. Corrado Deodato de Moncada, ed esso fu dedicato, così come la precedente chiesa, a Santa Maria dell'Elemosina'°. Da allora la basilica collegiata continuò ad essere abbellita ed arricchita di tutto ciò che poteva servire al culto: nel 1795 un grande organo fu costruito da Mariano Cinquemani, allievo di Donato Del Piano" e posto nell'abside della navata centrale e nel 1892 nuove decorazioni) affreschi e stucchi i1npreziosirono sia le navate che le cappelle. I fedeli la frequentarono con maggiore assiduità, apprezzandone la bellezza, la funzionalità e il servizio pastorale assicurato dal capitolo.

,., Ibid., 11-23. 20

A. TOSCANO, op. cii., 126.

21

Docuinenti conservati nell'Archivio Storico della Collegiata, serie

Miscellanea, nd. 2.


Chiesa collegiata S. M. dell'Elemosina: prospetto

(toto ConsorzioSkeda)



L'archivio storico della collegiata{/; Catania: inventario

371

2. L'archivio della chiesa collegiata

I documenti, utili per tracciare una storia della chiesa e del capitolo e per seguire mutamenti e sviluppi in ordine a questioni giuridico-patrimoniali e di culto, sono conservati nell'archivio che la chiesa possiede 22 • Tale eterogeneo materiale disordinatamente riposto e, nella maggior parte, ignorato nei contenuti specifici, rendeva difficile, se non impossibile, ogni consultazione escludendo, di conseguenza, la possibilità di uno studio sistematico, tranne per taluni documenti occasionalmente consultati da parte di qualche studioso locale. Tra tanta copiosa e confusa docurnentazione esistevano però 80 buste numerate contenenti, per ognuna, qualche dozzina di fascicoli, altrettanto numerati, riguardanti canoni, rendite, eredità, prebende, possesso di beni immobili ed allro per un arco di tempo che andava dagli inizi del 1400 sino alla seconda metà del 1900. Tale riordino era stato opera, nei primi anni del nostro secolo, del can. Alfonso Toscano, custode appassionato delle memorie storiche della chiesa. Egli, avendo ritrovato docun1enti relativi alle materie su citate, aveva provveduto alla loro sistc1nazione in faldoni, indicandone sul frontespizio l'argomento trattato e numerandoli progressivamente. Inoltre, il canonico si era premurato di trascrivere, probabihnente per sua 111emoria, su una comune rubrica, il numero del faldone, dei fascicoli in esso contenuti e la corrispondente n1ateria. Così si mostrava l'archivio prima del 1nio intervento. Il lungo e non agevole impegno teso all'organizzazione e s1sten1azione di tutto il n1ateriale esistente, al fine di compilare un inventario che potesse essere efficace strun1ento <li ricerca per tutti quegli studiosi che volessero attingere a tale fonte preziosissin1a di notizie storiche, ha curato la n1en1oria conservativa. Cosicché, laddove all' in-

22 La docun1entazionc conservata presso questo nrchivio va, cornunquc, integrata con quella che si trova rresso l'Archivio Storico Diocesano di Catania.


372

Grazia Spanipinato

terno dei faldoni esaminati dal can. Toscano esisteva già un assetto esso è stato rigorosan1cnte mantenuto, mentre, per quanto attiene la loro numerazione, essa è stata sì sostituita con una nuova, n1a dando

precisa notizia della precedente in una voce dell'inventario stesso. Il primo passo per linventariazione è stato la registrazione sommaria di tutti i singoli pezzi esistenti assegnando a ciascuno di essi un provvisorio numero progressivo. Tali volumi sono stati quindi suddivisi in 7 serie a seconda dell'argomento, e successivamente schedali tenendo conto delle caratteristiche che ogni serie presentava. Questa la successiope delle serie: I) Pergamene. Consta di 17 fogli pergamenacei numerati cronologicamente e progressivamente e conservati in un 'unica grande

cartella. Di ognuna si fa breve e sintetica descrizione del contenuto aggiungendo la datazione. 2) Capitolo. Consta di 33 unità. Vengono raggruppati in questa serie tutti j documenti che si riferiscono ali' attività svolta dai canonici

del capitolo. Di essi si fa breve e sintetica descrizione del contenuto, n1entre la datazione riportata si riferisce all'estremo più remoto e a

quello più recente. 3) Patrùnonio e anuninistrazione. Consta di 62 buste in cui sono

contenuti e raggruppati in fascicoli tutti gli introiti della chiesa collegiata. Per ogni fascicolo viene indicato l'argomento e la data dell'atto più remoto e di quello più recente. 4) Contabilità. Consta di 254 tra volumi e buste. Vi appartengono tutti i documenti che attestano l'attività contabile della chiesa. Di ognuno viene riportato il contenuto e la data.

5) Registri canonici e culto. Consta di 43 volumi e buste comprendente quanto fosse attinente alle funzioni religiose e alla scansione delle attività pastorali e di culto. Di essi viene riportato sintetico


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario

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37 3

argomento e la datazione secondo l'estremo più remoto e quello più recente.

6) Eredità del canonico Coltraro. Comprende 28 tra volumi e buste. In questa serie sono raccolti tutti i documenti relativi all'amministrazione dei beni patrimoniali donati alla chiesa collegiata dal canonico Mario Coltraro. Per comprendere quale importanza tale canonico ebbe per la vita della collegiata vengono date alcune indicaz10m biografiche e sul!' eredità. 7) Miscellanea. Consta di l 2 buste in cui sono raggruppati vari documenti di eterogenea provenienza e quanto non ha trovato adeguato collocamento nelle su citate serie sia per lasciare l'unità alle carte così con1e rinvenute sia per non frantu1nare eccessivamente le

voci del titolario assegnato all'archivio.

3. li canonico Mario Coltraro Il can. Mario Coltraro e Coltraro nacque a Catania nel 1775 e vi morì nel 1838. Fu insigne filosofo e cultore di scienze matematiche, ma si dedicò anche all'istruzione e all'educazione dei fanciulli. Per questo motivo dal municipio di Catania gli fu dato l'incarico di insegnare matematica e geografia proprio ai fanciulli. Fece parte del collegio canonicale della chiesa Santa Maria dell'Elemosina e, lusingato e riconoscente di una tale onorificenza, con i suoi risparmi costituì inizialmente una rendita annua a favore della chiesa di f. 197,25 e poi, con testamento olografo del 30 novembre 1834, depositato agli atti del notaio Mario Maugeri Toscano il 13 settembre 1838, dichiarò la chiesa collegiata sua erede universale. 11 patrin1onio lasciato dal canonico consisteva in sogg1ocaz1on1,

rendite, censi e canoni che fruttavano all'anno 1035 ducati, pari a 4398,75 lire. Tale somma doveva essere divisa in tre parti fra tre diversi destinatari. La prin1a, con1prendente una terza parte del patrin1onio, doveva essere utilizzata daJJa chiesa stessa per 1'ade1npi1nento


374

Grazia Span11Jinato

dei servizi giornalieri e per l'acquisto di arredi sacri; la seconda spettava, invece, alla regia università per l'acquisto, il miglioramento e il mantenimento dell'orto botanico, per l'accrescimento dei gabinetti di storia nalurale, di fisica, di chimica, di numis1natica, di anatomia e l'acquisto di libri scientifici e letterari per la biblioteca; infine la terza parte doveva essere divisa in legati di maritaggio di f 127,50 ciascuno da destinarsi a 40 fanciulle catanesi povere ed orfane, ricoverate negli orfanotrofi della città, che avessero un'età non minore dì anni 15 né maggiore di anni 35. L'eventuale fruttificazione della somma originaria poteva essere trasforn1ata in altri legati da attribuirsi sempre a fanciulle catanesi indigenti, n1a non cresciute in orfanotrofi. Il canonico dispose, altresì, che quando la rendita del fruttalo fosse arrivata a f 30,600 annui, in modo che ciascuna delle tre parti avesse all'anno f I 0,200, il sovrabbondante doveva essere speso, con l'intelligenza del sindaco, in opere pubbliche: monumenti, statue, orologi, fontane e "lastricati" di vie. La deputazione che doveva amnùnistrare tutto il patrin1onio, secondo le disposizioni testamentarie del Coltraro, era divisa in due parti: una doveva occuparsi degh affari dcl suo patri1nonio ed era con1posta dal tesoriere, da due canonici della collegiata e dalla badessa del monastero di Sant' Agata; l'altra, composta dal prevosto, da altri due diversi canonici della chiesa e dalla badessa del monastero di San Placido, doveva eseguire quanto da lui disposto. In sintesi, la pri1na an1n1inistrazionc ebbe il co1npito di i1npiegare annuahnente i lasciti dcl canonico al fine del loro incre1nento; la seconda an1111inistrazione, che doveva utilizzare solo i frulti del patrimonio originario, ebbe il compilo di distribuire le somme secondo la volontà del Coltraro. Ma tra le parti destinatarie sorsero delle divergenze ed il re, volendo rispettare la volontà del canonico, I' 8 inarzo l 853 e1nanò un reale rescritto in cui sanzionò che l'eredità Coltraro venisse an1n1inistrata da tre deputati scelti uno dai rappresentanti della chiesa Santa Maria dell'Elen1osina, un secondo dal consiglio accade1nico dell'università e l'ultin10 dal consiglio 111unicipale, e che questi tre eseguissero tutte le volontà del testatore. La sede scelta per 1'an11ninistrazione fu il capitolo della collegiata e qui dovevasi tenere anche la cassa, la contabilità e l'archivio. Solo se i locali di questa sede non fossero stati


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario

375

idonei si sarebbe scelta come sede l'nniversità degli studi o il palazzo comunale. Il 31 gennaio del 1900 venne approvato dalla deputazione amministrativa lo statuto organico per l'amministrazione dell'eredità del canonico Coltraro, con il quale statuto si istituì la fondazione della "Pia Opera Canonico Mario Coltraro" il cui scopo era quello di eseguire quanto indicato nel testamento del canonico". L'opera, seppur con le notevoli limitazioni subite nel tempo sia nella sua applicazione che nella sua consistenza economica, è tuttora esistente.

23 Tutte le notizie sono state ricavate dai docu1nenti conservati nell'Archivio Storico della Collegiata, serie Eredità del canonico Coltraro, nd. 1. (Legenda): n.d. = numerazione dcfinìtiva; fase. = fascicolo; n.p. = nu1nerazio-ne precedente; indiz. = indizione.


376

Grazia Spampinato

INVENTARIO I. PERGAMENE

n.d.

fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

Atto d'enfiteusi in cui Nicolò Civello, beneficiale dell'oratorio San Benedetto, posto fuori le 1nura della città presso la chiesa Santa Maria la Grande chian1ata Casa Vecchia, concede detto oratorio per una confrate111ita che ivi si fondava per l'onere Ji 9 tarì l'anno da pagarsi per la festa di S. Benedetto

31.08.1415 vm indiz.

2

Bolla di Papa Eugenio IV all'abate del n1onastero di Nuovaluce di Catania per la concessione di alcuni benefici che il vescovo di Catania, Giovanni, ha assegnato ai monaci benedettini della Cattedrale; il Papa ordina, invece, che essi siano assegnati ai preti secolari

13.05.1446

3

L'abate cli Santa Maria cli Nuovalucc Matteo de Pompeo rende esecutiva la bolla apostolica del Papa Eugenio IV del 13 maggio 1446 in seguito al decreto esecutorio en1anato per autorità del re Alfonso cl' Aragona il 3 Agosto 1446

22.12.1446 X indiz.

4

li beneficiale Onofrio Dc Fiore fa un conto finale per un censo di 2 tarì sopra un casaleno

29.03.1451 XIV indiz.


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d.

fase.

n.p.

Descrizione contenuto

377

Data

5

Suor Eleonora di Calafato del monastero di San Giuliano fa registrare un annuo canone di 22 tarì d'oro, con scadenza nella festa di S. Giuliano, gravante sopra una taverna in contrada San Filippo

27.07.1482 XV indiz.

6

Testimonianze di un atto di enfiteusi di una chiusa sita a Santo Gregorio di Valverde di pertinenza della badessa Suor Maria Portuso a favore di Domenico Rapicavoli

sec. XV*

Titolo di possesso di una casa in

sec. XV*

7

contrada San Francesco a favore della badessa del monastero di San Giuliano

8

La badessa del monastero di San Giuliano concede in enfiteusi alcuni "casaleni" di proprietà di detto n1onastero posti in contrada "Putei Albi", col patto della decima

03.10.1541 XV indiz.

9

Assoluzione di sco1nunica ai capitolari ed ai canonici della chiesa Collegiata di Catania del Papa Gregorio XIII comunicata dal Giudice apostolico Giovan Battista Doria

21.05.1572

*La pergan1ena presentava già al rnc)Jncnto dcl restauro notevoli lacune che non pcnncttevano nessuna possibilità di lettura della datazione; tuttavia dall'esan1c dcl contenuto del docun1ento e dei caratteri della scrittura si può risalire al secolo XV.


Grazia Spampinato ------

378 n.d. fase.

n.p.

---

Descrizione contenuto

Data

10

Il vescovo di Macerata, Hieronimo, giudice apostolico, rimette la scon1unica in cui era incorso il Capitolo per un mancato pagamento dovuto alla Santa Sede (tassa dei quindenni) in seguito alla bolla di creazione dcl 31 marzo 1446 per la quale i benefici dei canonici erano desunti da diverse chiese della Diocesi

15.01.1573 I indiz.

Il

Ludovico della Valle referendario della Segnatura Apostolica rende esecutiva la no1nina del canonico Carlo Finocchiaro a preposito della Collegiata fatta da Urbano VIII nel 15 giugno 1643

23.07.1643 XI indiz.

12

Breve di Alessandro VII in cui concede l'indulgenza plenaria in occasione della festa della visitazione della Beata Maria Vergine Immacolata nella chiesa di Santa Maria dell'Elemosina

06.10.1664

13

Breve di Innocenzo XII in cui concede l'indulgenza plenaria in suffragio dei fedeli defunti nel giorno dei morti e nei singoli giorni dell'ottava

22.11.1691

14

Breve di Clemente XI in cui concede l'indulgenza plenaria a coloro che nella chiesa della Collegiata avrebbero cantato o recitato le

11.08.1705


L'archivio storico della collegiata di Catania: invellfario ------· ----------

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n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

litanie della Beata Vergine Maria ogni sabato e nella festa dell'Immacolata Concezione 15

Benedetto XIV concede privilegi alle dignità ed ai canonici del Capitolo della Collegiata

16

Sezione della sagrestia e dell'aula capitolare della chiesa Collegiata, di Sebastiano ltlar

17

Pianta della sagrestia e ciel l'aula capitolare della chiesa Collegiata, di Sebastiano lltar

379

Data 02.10.1747


Grazia Spcunpinato

380 li. CAPITOLO

n.d. fase.

2

n.p.

52

Descrizione contenuto

Data

Atti di re Martino. Atti di Eugenio IV e re Alfonso. Opposizioni alla bolla eugeniana. Lettera di Eugenio IV ai monaci bendettini del!' abbazia di Santa Maria di Licodia perchĂŠ cedano i diritti d'altare ai preti secolari. Elezione di canonici. Diploma di re Alfonso con cui rende esecutoria la bolla di Eugenio IV

1396 - 1776

Visite pastorali. Atti vescovi! i. Elezioni di canonici e prevosti. Dispaccio reale contro l'operato dei canonici della Cattedrale. Risposta del re Amedeo agli auguri natalizi. Monsignor Ventimiglia concede la cappa magna ai canonici della cattedrale. Clemente Xl concede alla Collegiata l'indulgenza plenaria per l'Immacolata nei sabati e nella festa. Benedetto XIII concede l'indulgenza per la festa del SS. Sacramento. Copia cli bolla di Benedetto XIV per la concessione della mozzetta e dispaccio reale contro l'operato dei canonici della cattedrale. Monsignor Galletti istituisce la Decania. Il canonico Recupero stipula un contratto con l' argentiere Puglisi per la realizzazione di un ostenso~ rio. Copia di bolla di Eugenio IV

1446- 1789


L'archivio storico -della collegiata di Catania: inventario

381

-···

n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

per la concessione di privilegi. Atti per la rimozione del tesoriere della Collegiata Sciacca e suo ricorso. Atti contro il canonico ebdomandario che si assentò dal suo servizio la domenica della Palme. Lettera contro il vicario generale che proibì ai canonici

della Collegiata di confessare. Monsignor Moncada elegge il cantore Corsaro economo spiritual e «per l'an1n1inistrazione dei Sacramenti»

Controversie tra i Capitoli della Cattedrale e della Collegiata per le insegne canonicali. Sentenze ed atti per il privilegio dell'uso della mozzetta. Attestato ai meriti del sacerdote Guglielrnino. Suppliche. Elezione di canonici e tesoriere. Visita di Mons. Riccioli. Lettere del delegato apostolico Ioannes Quingles ( 1671)

1446 - 1777

4

Controversia tra i canonici de11a Collegiata e i monaci-canonici della Cattedrale

1500 - 1545

5

Controversie tra la Collegiata e la Cattedrale per le insegne canonicali

1600 - 1671

6

Privilegi della Collegiata. Uso della mozzetta e delle insegne

1744 - 1789

3

48

canonicali. Controversie con la

Cattedrale. Bolle pontificie


382

Grazia Spampinato --·

n.d. fase.

n.p.

·--

Descrizione contenuto

Data

7

Servizi corali da osservarsi nelle maggiori festività

1668 - 1718

8

Visita del regio generale visitatore G. A. De Ciocchis

1743

9

Passività della chiesa Collegiata

1454-1902

Stato patrimoniale della chiesa.

1604-1813

IO

35

Elezione di canonici, del 1nansio-

nario e del tesoriere. Difesa dei canonici contro il vescovo Dcodato 11

36

Memorie a stampa; carteggio e atti giudiziari relativi alla vertenza tra la chiesa Collegiata e l'intendenza di finanza e l'amministrazione del fondo culto

1889 - 1905

12

36

Pratiche preparatorie e susseguenti

1860 - 1905

alla controversia tra l'intendenza

di finanza e la chiesa Collegiata. Vertenza con il de1nanio

13 14

Statuti e verbali capitolari

1820 - 1877

Convocazioni di canonici, verbali

1879 - 1945

capitolari e lettere 15

Registro delle deliberazioni capitolari

1907 - 1922

16

Registro delle deliberazioni capitolari

1922 - 1935


___L_'ar_chivio storico della collegiata di Catania:inventario

n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

383

Data

17

Registro delle deliberazioni capitolari

l935 - 1959

18

Libro di necrologi

1446-1968

19¡

Libro di necrologi

1446 - 1957

20

Registro delle presenze dei canonici e delle distribuzioni capitolari

1866 - 1895

21

Registro degli anniversari. Nel verso delle carte del Registro: ÂŤCronistoria 1889-1942 dettata dal decano prof. Giuseppe Randazzo nel 1942 e dei festeggiamenti centenari della nuova basilica nel 1947 curati dal canonico Toscano am1ninistratoreÂť. In chiusura un foglio sciolto descrittivo delle messe da celebrarsi

1866-1896

22

Puntazione e distribuzione per la Pasqua

1910

23

Protocollo della coffispondenza

1912 - 1941

24

Protocollo della coffispondenza

1929- 1933

25

Protocollo della coffispondenza

1934 - 1944

26

Documenti della Collegiata custoditi dal canonico Reina: difesa per la genuflessione in favore del Capitolo della Collegiata; intervento sulla consacrazione degli olii; copia della bolla di Eugenio IV; copia della esecutoria data alla

1446 - 1884


384

Gr(l_z;a

n.d. fase.

n.p.

S1~an11;inc_1!!!_____ __ _

Descrizione contenuto

Data

bolla di Eugenio IV; copia constitutionis Ecclesiarum sacramentaliurn Ecclesiae Catanae; alti della cappella dcl Crocifisso; copie della bolla di Nicolò V; copia aposto I icaru m bullarum; copia di

disposizioni e lasciti di canonici; copia di sentenze a favore della Collegiata; copia di statuto dcl capitolo; copia del verbale della visita del De Ciocchis; copia di disposizioni del cardinale Dusmet 53

27

2

Elenco di canonici. Pagamento di elargizioni. Beneficienza di sua maestĂ Carlo V alla Regia Cappella. Ordini di pagamento per la fabbrica della chiesa. Spese dei canonici. Esecutorie di bolle. Tasse dovute alla curia ron1ana. Controversie per la precedenza tra beneficiali della Cattedrale e canonici della Collegiata

1508 - 1596

Genuflessione dei canonici al

1774 - 1777

vescovo

3

Diritto di patronato della Collegiata

1672 - 1799

4

Intervento dei canonici della Collegiata alla processione

1694 - 1747

5

Dazi e gabelle. Suppliche al re. Atti reali

1560 - 1830


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario

385

---

n.d. fase.

n.p.

6

28

50

Descrizione contenuto

Data

Bolle della S. Crociata. Atti del duca di Camastra. Suppliche al Re. Leggi su i prelati

1655 - 1860

Supplica per l'esenzione di diritti sul prezzo del frumento. Atti vescovili. Richiesta al vescovo del diritto di elezione dcl cappellano. Copia di bolla di Paolo V per il diritto di opzione. Copia di bolla di Nicolò V. Lettere reali di Carlo V. Concessione di 200 scudi per ordine di re Filippo. Elezione di canonici. ])ifcsa dei diritti e privilegi del Capitolo nell'elezione delle dignità. Lettera cli protesta perché i canonici della Cattedrale usano n1ozzetta rossa. Difesa e ragioni della Col1egiata contro la Cattedrale. Testimonianze dei nobili a favore dei capitolari della Collegiata. Lettera del delegato apostolico Quingles. Suppliche per concessioni di rocchetto, cappa e croce. Estratti degli atti del Senato di Palenno. Copia di editti en1anati

1618-1890

dal vescovo Bonadies contro

l'abuso della Collegiata a usare la 1nozzetta. Contestazione dei privilegi capitolari concessi alla Collegiata e difesa dei canonici. Elezione del canonico Cordaro a vicario.

Richiesta della Collegiata al re Alfonso di un sussidio. Elezione di canonici e dignità. Sentenze varie


386

Grazia Spampinato

n.d. fase. 29

n.p. 49

Descrizione contenuto

«Retenzione seguita nel Regio Senato delle bolle apostoliche ottenute dal canonico Recupero per

--------

Data 1644-1742

legittimare la sua nomina a cano-

nico della Collegiata». Elenco di distribuzioni ai canonici prebendari. «Turrificazione dei santi ministri nella messa solenne». Obbligo di assistenza. Testimonianze sulle prebende. Ordinazione Sacra in

ep1 scop10 con l'assistenza dei canonici della Collegiata 30

Docu1nenti del I' a1nministratore

1773 - 1870

generale Scalia presentati alla cancelleria del lribunale civile di Catania. Atti vari dei beni della chiesa Collegiata e lettere della direzione generale dei dazi diretti di Palermo 31

35.1

Inventari di paramenti ecclesiastici, delle suppellettili, delle reliquie, delle messe e dei legati

1616 - 1854

2

35.2

Copia a stampa di bolle pontificie. Documenti per la storia della chiesa. Privilegi dei Capitoli di: Palermo, Monreale, Siracusa, Agrigento, Lentini, Modica; Nicosia, Piazza, Castel vetrano, Bi anca vi 11 a, Assoro, Agira

1561 - 1735

3

35.4

Sepoltura, funerali dei canonici e tasse funerarie

1556- 1735


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario -- --------n.d.

32

387

fase.

n.p.

4

35.5

Seminaristico

1907

5

35.6

Affitto sedie e contratto col sacrista

1952

6

35.7

Reclusorio del Santo Bambino

1863

7

35.8

Distribuzione corale. Amministrazione e mensa capitolare

1894 - 1938

8

35.9

Am1ninistrazione e slato di rendita

1840 - 1858

34

Statuti capitolari e regolamenti. Relazioni amministrative. Richiesta di sussidi per la riparazione della chiesa. Fondo culto. Quota

1586 - 1935

Descrizione contenuto

Data

di concorso. Sacra Congregazione

del Concilio (questionari, giubilazioni, obbligazioni). Mandati, procure e scritture private. Statuto

della confraternita dell'Immacolata

33

Formule di giuramento di Andrea Buglia, Bernardo Margarito e Salvatore Pellegrino. Atto di professione di fede del prevosto Filippo Ca faro

1625 - 1811


Grazia Span1pinato -

388

lii. PA1RIMONIO E AMMINISTRAZIONE

n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

Rendita della casa degli orfanelli

1692-1899

2

Eredità del canonico G. B. De Grossis

1629 - 1906

3

Rendita Cristaldi e fratelli (proviene dalla rendita di Caterina Cottone La Valle)

1704-1882

4

Canone De Pasquale

1836 - 1873

s

Canone La Piana e successori

1864 - 1910

6

Rendita Gravina e successori

1798 - 1863

7

Canone Greco

1812 - 1907

8

Rendila Marchese Longo

1847-1910

9

Canone D'Urso

1819-1849

2

l/b

Raccolta di al li dcli' eredità De Grossis e Santoro Oliva. Atti vari di accordi, subiugazioni, concessioni e vendite

1584 - 1692

3

2

Canone Marletta (proviene dall'eredità del prevosto Manfrido Pellegrino)

1624 - 1924

Prebenda di San Filippo. Atti del tribunale civile riguardanti la ren-

1477-1891

2

dita del canonico En1anuele Torris1


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

389

Data

3

Rendita del fondo "Fontanazza", un tempo proprietĂ dei coniugi Guttadauro-Asmundo, espropriato da Andrea Moncada e Michelangelo Torrisi. Canone della tenuta "Stella" di Belpasso data in enfiteusi al barone Guglielmo Brnca Scammacca. Beneficio Squillaci

1662-1904

4

Rendita Di Pasquale (proviene dall'eredita di Giuseppe Solis)

1770 - 1915

5

Rendita Tommaso (proviene dall'ereditĂ delle messe di Mario Di Stefano)

1854- 1915

6

Rendita Abate

1855- 1918

7

Canone Cosentino

1767 - 1898

8

Rendita e canone Gagliano

1707 - 1908

9

Rendita Riccioli e successori

1854 - I 9 I 7

10

Canone del!' arciconfraternita dei Bianchi

1648 - I 838

Canone in frumento del principe don Alvaro Alliata e Lanza Cammarata. Prebenda del tesoriere

1651 - 1907

Rendita Martinez e successori (proviene dalla fondazione delle messe del sacerdote Giovanni Russo)

1756 - 1907

4

3

2


Grazia Spain]Jinato

390 n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

3

Rendita dovuta sopra l'eredità di Giuseppe Di Mauro per il «Divino Officio» uella notte del Santo Natale

1629-1746

4

Rendita Di Grazia

1792 - 1908

5

Rendita Arcidiacono

1843-1847

6

Canone Carmela Vaccaro Signarelli. Prebenda di Santa Margherita

1814- 1904

7

Canone fratelli Di Mauro

l 857 - 1896

8

Rendita Mancuso e Bellia (proviene dall'eredità La Rosa Fragalà)

1856 - 1887

9

Rendila Riccioli Caudullo (proviene dalla donazione fatta dal canonico Pietro Musu1neci per la recita perpetua delle ore canoniche)

1813 - 1895

IO

Eredità Rubia e Scoto. Rendita Scuderi. Eredità Nicosia. Messa fondata dal canonico Falsaperna

1625 - 1875

II

Canone Bertuccia. Eredità RiccioIi. Eredità Graziella Coltraro e

1656 - I 866

successon

12

Eredità Rebaul e successori. Rendita Rizzari Gagliani e successori

I 825 - I 903

13

Canone fratelli Fragalà (proviene dall'eredità del principe di Cassa-

1600 - 1861

ro)


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario ---- - ------------- - - - -- -----n.d. fase.

Descrizione contenuto

n.p.

391

Data

Rendita Murabito. Rendita Sidona. Rendita Carnazza e successori. Rendita Giuffrida

1861 - 1883

Canone enfiteutico Fiorito e Vallone

1812 - 1885

2

Rendita Reitano Caudullo Radice (proviene dall'eredità Reitano)

1850 - 1913

3

Rendita Landolina Marchese

1760 - 1906

4

Canone Catalano (proviene dall'eredità Tiranti e successori)

1656- 1815

s

Canone Mancini Battaglia

I 849 - 1865

6

Canone in frumento dovuto eia vari monasteri. Eredità Senese. Beneficio di "Li Siragusi". Vendita di terreni siti in contrada "Bombacaro seu S. Giorgio''. Terre dell'Arena

1479 - 1881

7

Rendita Ingrassia Calì

1801 - 1820

8

Rendita fratelli Rizzari Villamel e snccessori (proviene dall'eredità Tabuso)

I 850 - 1876

14

5

4

6

4

Eredità Tabuso e successori

1559 - 1755

7

5

Rendita Speciale

1862 - 1904

Canone Scuto Costarelli e succes-

1744 - 1876

2

sori


392 -----------

n.d. fase.

n.p.

Grazia Spanipinato

Descrizione contenuto

Data

3

Rendita Paternò Castello di Sangiuliano e successori

1779-1882

4

Rendita Paternò Castello principe di Biscari e successori

1824 - 1900

5

Rendita Scoto

1838 - 1876

6

Canone Tedeschi (esiste solo una carta sciolta non datata)

7

Rendita Zara Buda (proviene dal!' eredità Tirenti)

I 695 - I 883

8

Rendita Scuderi dovuta da Giuf-

1850 - l 912

frida e successori

9

Canone Smedila e Vitale. Locazinne di case site nel quartiere San Berillo

1841 - 1883

10

Rendita alla chiesa Santa Maria dcli' Aiuto ed alla Collegiata dal

1852 - 1865

sacerdote Plalania e successori

II

Canone Nicosia poi passato a Chiarenza, Zambataro, Piccione, Platania, Pistone, Gulisano. Enfiteusi di una chiusa in contrada

I 8 I 5 - I 893

Nuovalucc

12

Rendita Barbagallo vedova Maccarronio (proviene dalla rendita

Fiorito)

1861 - 1894


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

393

Data

Canone La Rosa Scalia Rinaldo per le "chiuse del carlino" in San Giovanni La Punta

1639 - 1843

2

Canone Nicolosi vedova Di Stefano (proviene dall'eredità del canonico Di Stefano)

1805 - 1877

3

Rendita Paternò Castello duca di Carcaci e successori

1674 - 1861

6.4

Donazione Tudisco. Canone Bertuccio per la tenuta "Nunziatella" sita a Misterbianco. Accordo di eredità tra Arcidiacono e Laudato. Canone Montesano. Atti civili dì sentenze riguardanti i debiti Tornabene

1692 - 1853

2

6.5

Canone Pulvirenti e successori. Canone Coca e Torrisi

1870- 1885

3

6.6

Eredità Ca lì

1882- 1894

4

6.7

Rendita Iacona (proviene dal testamento Di Stefano). Rendita Costantino poi Puglisi e Pecora

1727 - 1909

7

Rendita Licciardello. Eredità Sciuto. Dazio Marchese. Canone Spampinato

1874 - 1887

Rendita Marchese Bruno

1816 - 1898

8

6

9

IO

2


Grazia Spampinato

394 n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

3

Fondazione di messe Cottone La Valle. Donazione Lo Bruno. Rendita Politi e Longo Assero

1656 - 1900

4

Rendita del duca e della duchessa di Tremestieri, Rizzari e successori. Messe fondate dal canonico Castorina e cappella di San Seba-

1708 - 1906

stiano

5

li

12

Rendita Coppola Pellegrino ed eredi. Canone Aiello Buccheri e successori

1789- 1919

Canone Aparo e successori. Eredità La Saia Malerba e Terzana. Canone Romeo Leonardi. Eredità Manfrido Pellegrino

1520 - 1920

2

Canone Maisano e successori

1754-1857

3

Canone Maresci (proviene dall'eredità Landolina)

1525 - 1843

4

Rendita Moncada

1838-1892

Canone enfiteutico Zurria e successori. Canone Gulli. Canone Coca. Canone Di Mauro. Concessione enfiteutica del canonico Cosentino al canonico Sordo. Eredità Salis

1729 - 1929

1

11

9.2


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

395

Data

13

10.2

Rendita Zappalà Mauro (proviene dall'eredità Mm1ino)

1828 - 1874

14

11. I

Rendita dovuta dall'eredità di Monsignor Berretta. Eredità Migliorisi

1705 - 1860

2

11.3

Affitto di case in via Pozzo Molino e nella strada San Cosimo

1819 - 1879

3

11.4

Canone Grasso in Fragalà (proviene dall'eredità Zappalà)

1656 - 1940

12

Rendita Barbagallo e successori (proviene dall'eredità Lombardo)

1774-1874

Eredità Recupero. Rendita Lanclolina

1633 - 1772

Canone su alcune tc1Te in contrada Fasano e alcune chiuse denominate di Santa Sofia (proviene clall 'eredità Manfrido Pellegrino)

1714- 1877

Rendita Giuffrida Moschetti m Paola

1834 - 1888

2

Rendita Rapisarda Malerba e successori

1877 - 1901

3

Rendita Bonanno barone di Rosabia

1654 - 1896

4

Canone sacerdote Privitera e successori (proviene dalla celebrazione delle messe di Caterina Paternò)

1825 - 1862

15

2

16

17

I

14


Grazia Spampinato

396 n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

5

Rendita Barbagallo e successori

1850 - 1888

6

Canone enfiteutico del sacerdote Giuffrida. Testamento di Sebastiano Portoghese e fondazione degli Agonizzanti

1569 - J 844

I

18.7

Rendita Finocchiaro (proviene dal leredità del canonico Francesco Finocchiaro). Eredità del sacerdote Amore

1658 - 1880

2

18.8

Canone D'Agata e Nicosia. Messe del canonico Milazzo

1693 - 1919

3

18.9

Rendita Motta (esiste solo una carta sciolta)

1866

4

18.JO

Eredità Lo Burgio

1597 - 1671

Conti e istanze al senato di Calania per la cera delle processioni

1764-1801

19.2

Rendita eredità canonico Baeli

1680 - 1783

2

19.3

Rendita Auteri

1854

3

19.4

Canone enfiteutico dovuto dai PP. Crociferi di Catania (esiste solo una carta sciolta)

1733

4

19.5

Canone Marchese e Musumeci Lascasas

1800 - 1886

18

5

19


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario · · - -..

n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

397

Data

5

19.6

Rendita Costanzo e successori (proviene dalle messe fondate da Bartolomeo Ferlito)

1791 - 1820

6

19.8

Rendita Torrisi Scammacca e Moncada

1560-1891

7

19.9

Canone Urzì (esiste solo una carta sciolta)

1867

8

19.11

Canone Cannavò

1753 - 1847

9

19.12

Rendita Nicolosi (proviene dalla celebrazione delle messe di Giuseppe Scirè)

1851 - 1878

20.13

Canone Fisichella ed eredi. Prebenda di Sant' Anna e San Pietro

1623-1881

20.14

Eredità Messina. Beneficio Gargani. Eredità Grasso. Fondazione di

1600 - 1809

20

2

1nesse

3

20.15

Rendita principe di Cassaro

1714- 1832

4

20.16

Censo bollale Santoro Patti. Canone Velis e Garozzo

1730 - 1836

5

20.17

Eredità sacerdote Giardina

6

20.18

Rendita Rizzmi

1867-1901

7

20.19

Celebrazioni messe Staiti Tornabene

1644-1808

1770


Grazia Spampinato

398 ---n.d. fase.

n.p.

Data

Descrizione contenuto

8

20.20

Rendita Auteri. Messa Villallegra

1879

9

20.21

Messa Coppola Pellegrino. Eredità Riccioli

1812- 1833

IO

20.22

Canone in frumento Gangemi Di Stefano. Rendita Di Stefano D'Agata

1735 - 1903

11

20.23

Canone Gambino. Canone Dovì. Canone Mirane Scuderi

1741 - 1937

16.1

Rendita Tedeschi Paternò Bonaiuto (proviene dalla fondazione delle messe del canonico Giuseppc Solis)

1791 - 1818

2

16.3

Rendita Fassari in Tricomi

1852 - 1853

3

16.4

Eredità Balani

1512-1719

4

16.5

Rendita Grossi, Granada, Denaro

1865 - I 907

5

16.6

Prebenda di San Pietro. Rendita Torri si

1721 - 1806

6

16.7

Borderò d'ipoteca Gaetana Napoli in Giuffrida

1855

7

16.8

Borderò d'ipoteca contro Ramondetta Sammartino Raimondo

1860

8

16.9

Prebenda di Santa dell'Idria. Rendita Florio

21

Maria

1759 - 1858


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

9

16.10

Affrancazione Polizzi Campisi

IO

16.11

EreditĂ Pellegrino (presenti documenti del testamento di Manfrido Pellegrino)

11 22

Rendita Condorelli 17

2

399

Data 1859 1641 - 1789

1852

Donazione del prevosto Percolla

1913-1920

Canone Lauria in Marletta

1885 - 1910

3

17.4

Mutuo Nicolosi (appunto non datato)

4

17.6

Mutuo Niceforo Vitale e successori

1890 - 1928

5

17.7

Mutuo Giglio

1919 - 1925

6

17.8

Mutuo Gentile e Bellia

1900-1901

7

17.9

Mutuo Leonardi Bongiovanni

8

17.10

Mutuo Paternò Alessi del Toscano

1907 - 1912

9

17.11

Mutuo Avola

1908-1932

IO

17.12

Mutuo Nicosia, Piccione e Mazza

1901 - 1940

11

17.13

Mutuo Conti Caltabiano

1921 - 1938

12

17.14

Mutuo Corsaro

1893 - 1934

13

17.15

Rendita Puglisi (esiste solo una caiia sciolta non datata)

1909


Grazia Spampinato

400 n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

14

17.16

Mutuo Gambino

1892 - 1898

15

17.17

Mutuo Monaco Spataro

1849-1931

16

17.18

Mutuo Calogero vedova Giammona

17

17.19

Mutuo Lanzafame

18

17.20

Mutuo Berretto

18

Diritti della Collegiata sul Pozzo Luce

1907 - 1909

2

Beneficio Puglisi Morris e Montalto

1597 - 1749

3

EreditĂ canonico Nicosia

1568-1698

4

Convento di Sant' Agostino, di San Nicola de' Scalzi, di Santa Maria del!' Indi rizzo, di San Domenico, di Santa Caterina

1601 - 1788

19.2

Mutuo Nicolosi Alessi; pagamento di 4 salme di fmmento al sacerdote Petrosino

1894 - 1943

2

19.3

Canone in frumento AlcalĂ

1676- 1845

3

19.4

Canone sacerdote Amico (proviene dalle celebrazioni delle messe per Cristoforo Greguzzo)

1639 - 1643

4

19.5

Rendita Moncada e successori

1835 - 1899

23

24

1919 1900.- 1964 1918


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario-- - - ----.

n.d. fase. 25

n.p. 20

2

·-.

401

·--

Descrizione contenuto

Data

Canone Lanzafame e Marino per il fondo di San Nullo

1829 - 1941

Canone enfiteutico dei fratelli Maugeri. Canone Caudullo

1683 - 1936

26

21

Canoni enfiteutici dovuti dai canonisti di Cibali

1756 - 1938

27

22

Rendita Maugeri e Castorina. Rendita Caponetto, Vinci e Malerba

1779-1938

2

Canone Canlarella, Rossi, Rizzati e Guttadauro

1633-1894

3

Canone dell'Eremo di Sant' Anna

1697 - 1892

Canone Ruggeri

1604-1763

2

Canone Danzuso l:;-azio

1862 - 1910

3

Canoue in frumento Figuera

1868 - 1951

23.4

Rendita Bianca

1708 - 1891

23.5

Canone tenuta "Stella" di Belpasso

1661 - 1855

Carte sciolte di canoni in frumento provenienti dalla prebenda di Santa Margherita

1557 - 1805

Carte sciolte che si riferiscono all'eredità Landolina, Tiranti e

1627 - 1848

28

23

29 2 3

30

23

Licandro. Canoni su varie tenute


402

Grazia -Spampinato --

----

n.d. fase.

l

n.p.

Data

Canoni sulle contrade "Poggio Cimino" e "Poggio Falcone" (provengono dall'eredità De Leonibus)

1651 - 1891

Eredità De Leonibus. Canone enfiteutico per due piccole tenute a Belpasso

1609 - 1866

Canone Cavallaro e successori (proviene dal legato del sacerdote Berretta)

1770 - 1963

2

Rendita del collegio della Provvidenza

1885 - 1957

3

Eredità Pellegrino

1922 - 1933

4

Rendita Paternò Castello Biscari (proviene dal legato del canonico Nicosia)

1714 - 1829

5

Rendita fratelli Pulvirenti

1891 - 1945

6

Rendita della mensa vescovile

31

24

Descrizione contenuto

2

32

25

33

1834

25.4

Rendita Paternò Castello Biscari

1737-1904

2

25.6

Eredità canonico Finocchiaro e Bonaiuto

1605-1675

3

25.7

Rendita Bruno e Consoli

1861 - 1941

4

25.8

Rendita della congregazione di carità, dell'albergo dei poveri e del monte di pietà. Appunti sull'Officio Divino del canonico Zappalà

1610 - 1840


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario -----n.d. fase. 34

n.p.

Descrizione contenuto

403

Data

1

26.2

Canone Consoli

1818 - l 945

2

26.3

Canone Cosentino e Garozzo

1818- 1904

3

26.4

Canone Patemò Landolina di Raddusa. Canone D'Agata

1633 - 1929

Canone Cantà, Mandarà e Saccà

1875 - 1898

Fondazione cappelle e Messe

l 618 - 1935

2

Canone Scandurra e successori (proviene dalle messe fondate dal sacerdote Paternò)

1684 - 1855

3

Canone Sciacca, Clienti e della confraternita di Santa Barbara

1772 - 1916

4

Rendita Attanasio

1888-1900

Canone del barone Rosso di Cera-

1543 - 1905

4 27

35

5

1ni Oyagne e successori 36

28

Rendita Russo Condorelli e suee es sori

1714- 1913

2

Canone enfiteutico dovuto prima dall'ospedale Vittorio Emanuele, poi dal comune di Catania. Messe fondate da suor Caterina Ferrara

1735 - l 953

3

Rendita Consoli

1849 - 1885

4

Rendita Cosentino (proviene dall'eredità del canonico Borrelli)

1721 - 1937


Grazia Spampinato

404 n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data 1874 - 1928

5

Rendita Consoli e canone Cocuzza

6

Rendita La Rosa e successori

7

Rendita Chiarenza e successori

1877 - 1944

8

Locazione Buccheri

1910-1942

1944

37

29

Eredità Gaetano Senese e Chirico. Pagamento di canone per terreni in Misterbianco

1522-1843

38

29

Eredità e beneficio Clemenza e Ramondetta. Canone in frumento per terreni in contrada Nuovaluce. Co1npravendita e censi a favore della società degli onorati Ji San Giovanni Battista. Prebenda di Santa Maria di Valverde

1612 - 1903

39

30

Canone Trigona

1784 - 1895

2

Canone Patti

1679 - 1942

3

Rendila D'Urso e canone Pennisi

1847 - 1962

4

Elenco dei censualisti di Treme-

1608 - 1960

stieri

5

Canone Viga Rosso

1634 - 1907

6

Canone fratelli Sapuppo

1512 - 1937


L'archivio storico della collegiata di-Catania: inventario ---..

n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

405

Data

40

31

Canonisti di Santa Maria di Licodia: Gambino, Ciancio, MagrĂŹ, Fumari, Sapienza, La Rosa. Testamento di don Carlo Gaetano barone di Villal!egra. Fondazione della festa dell'Immacolata. Documenti della controversia di donna Emilia Bonaiuto sui fondi Cammareri e Pellegrino

1666-1957

41

31

Canoni da pagare sul fondo Cammareri e Pellegrino. Atti dell'ereditĂ Ferlito e Landolina. Festa dell'Immacolata. Canone Cutore e Bellia. Atti di pagamento di cano-

1600-1859

ni che non hanno attinenza con la

chiesa Collegiata 42

32

Canonisti di Mascalucia

1629 - 1931

43

32

Canonisti di Mascalucia

1567-1864

44

38

Canoni enfiteutici

1458 - 1936

45

39

Prebenda "delli Trifolini". Prebcnde e prebendari

1453 - 1690

46

39

Prebenda di San Martino e di Santa Barbara "de Civita"

1491 - 1807

47

39

Prebenda di San Tommaso apostolo e Santa Maria Dogale, di San Pietro ĂŹntra 1noenia, di Tremestieri, di San Giovanni La Punta, di Prestipinzel!i di Mineo

1498 - 1756


406 n.d.

Grazia Spampinato fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

48

39

Prebende

1411 - 1885

49

39

Prebende

1491 - 1879

so

Prebenda di San Filippo (tre quinterni)

1488 - 1650

51

EreditĂ del canonico Ferlito

1552- 1763

Censo Lagricola e Marotta

1551-1640

41

52 2

Beneficio di Santa Maria de Brognolito

1623

3

Beneficio San Nicola "di li Porreili"

1564

4

Censo di casa in contrada San Michele Arcangelo

1695

s

Censo di case in contrada "de li

1630

canali"

6

Censo di Sant' Anna

1n contrada

1554 - 1760

7

Controversie tra Rosa Arcidiacono

1709 - 1725

case

e Pietro Moncada 8

Atti sulla Cattedrale e Sant' Agata la Vetere

1596 - 1760

9

EreditĂ MacrĂŹ

1648 - 1769


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d. fase.

n.p.

Desc1izione contenuto

407

Data

IO

Eredità Murello

1586 - 1615

11

Eredità Migliore

1567 - 1632

Eredità Miuccio e Longo

1632 - 1877

2

Eredità Trovato

1663 - 1776

3

Messe Longo Mazza

1762- 1796

4

Eredità canonico Mundò

1568-1621

5

Beneficio del Padre Santo

1548 - 1664

6

Messe Bonifacio

1576-1852

7

Beneficio Bonafede

1616

8

Beneficio Allegra

1632

9

Beneficio San Salvatore

1691

10

Eredità Lo Faro

11

Testimonianze di possesso di case

1582

12

Possesso di Vigna

1754

13

Locazione di bottega

1583 - 1609

14

Canone Eutera Lauricella

1576 - 1692

15

Testamento Lo Currulo

53

42

1614-1689

1589


Grazia Spampinato

408

---·

n.d.

54

fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

16

Testamento Ficarra

1591

17

Beneficio Petralia

1572 - 1677

18

Pagamento censo Chumachi

1510- 1600

19

Vendita di terreni alla Collegiata siti in Viagrande

1618 - 1760

20

Pagamento di canone della chiesa madre di Sant' Agata li Battiati

I

43

Celebrazione di messe nella chiesa di San Francesco di Paola. Beneficio Covello, Gangemi, Violante

1632 - 1704

2

Beneficio Fazzolone (esiste solo una carta sciolta non datata)

3

Eredità Arcangelo (carte sciolte non datate)

4

Canone fondo Burgio

1626

5

Canone del monastero Santissi1na Trinità

1655

6

Censo del convento San Francesco "de li Triscinis"

1681 - 1807

7

Censo Barbagallo

1611 - 1637

8

Beneficio Flores

1621 - 1676


L'archivio n.d. fase.

n.p.

storie~

della collegiata di Catania: inventario__ 409

Descrizione contenuto

Data

9

Eredità La Scaletta

IO

Censo del monastero di Santa Maria di Porto Salvo

1583

Il

Censo del monastero di Santa Chiara

1559 - 1666

12

Soggiocazione Eustachio Musu-

1551 - 1649

1584-1758

meci

1843

13

Soggiogazione Tedeschi

14

Gabella Moratta Condorelli

1626 - 1640

15

Locazione casa a San Domenico

1876-1877

16

Locazione casa in contrada Santa Margherita

1518 - 1612

17

Eredità Albavilla

1595-1646

18

Eredità Scandumi

1612

19

Eredità Maugeri Pappalardo

20

Elenco degli atti protocollati dal

1612 - 1613 1895

canonico Vinci

21

Donazione Roccaforte

1741

22

Contratto dotale Recupero De Lorenzo

1798

Accordi e transazioni tra Marghe-

1653

23

rita e francesca Paternò e Rosalia

Alboino


410

Grazia Spampinato

.--··

··--··

n.d. fase.

n.p.

24

55

1

44

Descrizione contenuto

Data

Ingiunzioni di pagamento delle imposte al clero. Lettere Vicereali. Documenti sulla chiesa del Carmine

1573-1699

Messe canonico Catanuto

1706 - 1753

2

Elenco di canonici

1841

3

Censo Muraglia

1616

4

Censo Crisafi

1618 - 1632

5

Censo Consoli

1690

6

Censo Scarfillito

7

Beneficio Ansalone

1838

8

Censo dotale Licciardello e Polli-

1631

1461 - 1505

Cll10

9

Messe fondate dai coniugi Squillaci

1694

IO

Censo bollale su di una casa in via Quattro Canti

1866

11

Riunione di benefici

1732

12

Supplica e provvista del beneficio Zappalà

1634

13

Fondazione cappella di San Giuseppe

1642 - 1740


L'archivio storico clella collegiata {li Catc:_!1.ia: inven~~1rio

411

------

n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Da la 1654 - 1664

14

Eredità del canonico Alessandrano

15

Censo Sorge

16

Eredità Castorina

1836 - 1839

17

Elenco di canonici

1696

18

Alti enfiteutici fratelli Sinatra

1587 - 1680

19

Eredità Longo Motta

1869 - 1873

20

Rendita Valdittari per celebrazione di messe

1613 - 1673

21

Eredità Riccioli

1684 - 1696

22

Eredità Gullo

1561 - 1643

23

Fondazione Farruggio

1602-1639

24

Rendita Anzalone Ramondetta

1559 - 1743

25

Censo Aiello barone di Sangiuliano

1599 - 1641

26

Censo Marchese Casalotto

1698 - 1842

27

Censo Pag!iaro, Lombardo e Ursino

1731 - 1745

28

"Subiugazione" Di Mauro

1578 - 1637

29

Eredità Toscano

1803

1825


412

Grazia SpanlJJÙ1ato

n.d. fase.

n.p.

30

Descrizione contenuto

Data

Vendita botteghe in contrada "foro lunare"

1635-1655

56

46

53 fascicoli di carte sciolte contenenti possedimenti di case, teITeni, botteghe, vigne, apoche. Preminenza della Collegiata

1480 - 1857

57

45

Carte sciolte comprendenti: privilegio ed editto vescovile del vicario generale De Flore sui monasteri. Canone al monastero di San Placido, San Benedetto, Sant' Agata, San Nicola e Santa Maria di Licodia, San Giuliano. Canone e censi da pagare per vigne terreni e case in territorio di Adernò, Paternò, Trecastagni, Pedara, Mompilieri, San Gregorio, San Giovanni Galermo, Gravina. Testamento Guglielmino. Fondazione messa Sanginisi. Lascito Gravagno contro il "figlio ingrato". Censo perpetuo Calderone e Gravina. Testamento Turrisi e Pisano. Pagamento censi. Canone Cutore. Case in porta di Aci. Facoltà di confessione del sacerdote Sciacca. Case in Sant'Orsola e Santa Maria di Tutte le Grazie. Contratti tra la Collegiata e la parrocchia Santa Marina. Canone Vivacito e Coltraro

1578 - 1875


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d. fase. 58

n.p. 40

Descrizione contenuto Carte sciolte comprendenti: ereditĂ , fondazioni di messe, vendite di case e terreni, pagamento di

4I3

Data 1592-1830

canoni, censi su case e vigne, con-

cessioni di terre. Alcune carte non hanno relazione con la Collegiata 59

Raccolta di scritture legate riguardanti il patrimonio della Collegiata. Contiene, anche, appunti riguardanti il Capitolo (statuto, elenchi, feste, contratti, relazioni e descrizioni della chiesa)

60

Annotazioni del canonico Toscano sui documenti esistenti nell'archivio della chiesa Collegiata

61

Annotazioni del canonico Toscano sui docun1enti esistenti nell'archi-

vio della chiesa Collegiata

62

Elenco delle rendite, dei censi. dei canoni dovuti alla chiesa Collegiata

1500 - 1954


414

Grazia Spampinato

IV. CONTAB!L!TA'

n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

Mandati di pagamento

1827

2

Mandati di pagamento

1828

3

Mandati di pagamento

1829

4

Mandati di pagamento

1830

5

Mandati di pagamento

1831

6

Mandati di pagamento

1833

7

Mandati di pagamento

1834

8

Mandati di pagamento

1835

9

Mandati di pagamento

1836

IO

Mandati di pagamento

1837

11

Mandati di pagamento

1838

12

Mandati di pagamento

1839

13

Mandati di pagamento

1840

14

Mandati di pagamento

1841

15

Mandati di pagamento

1842

16

Mandati di pagamento

1843

17

Mandati di pagamento

1844

18

Mandati di pagamento

1845


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

415

Data

19

Mandati di pagamento

1846

20

Mandati di pagamento

1847

21

Mandati di pagamento

1348

22

Mandati di pagamento

1849

23

Mandati di pagamento

1850

24

Mandati di pagamento

1851

25

Mandati di pagamento

1852

26

Mandati di pagamento

1853

27

Mandati di pagamento

1854

28

Mandati di pagamento

1855

29

Mandati di pagamento

1856

30

Mandati di pagamento

1857

31

Mandati di pagamento

1858

32

Mandati di pagamento

1859

33

Mandati di pagamento

1860

34

Mandati di pagamento

1861

35

Mandati di pagamento

1862

36

Mandati di pagamento

1863

37

Mandati di pagamento

1864


416 n.d. fase.

Grazia Spampinato n.p.

Descrizione contenuto

Data

38

Mandati di pagamento

1865

39

Mandati di pagamento

1866

40

Mandati di pagamento

1867

41

Mandati di pagamento

1868

42

Mandati di pagamento

1869

43

Mandati di pagamento

1870

44

Mandati di pagamento

1871

45

Mandati di pagamento (gennaio - settembre)

1872

46

Mandati di pagamento (ottobre - dicembre)

1872

47

Ricevute di pagamento (introito) In chiusura del volume: indice

48

Mandati di pagamento

l873

49

Mandati di pagamento

1874

50

Mandati di pagamento

1875

51

Mandati di pagamento

1876

52

Mandati di pagamento

1877

53

Ricevute di pagamento (introito)

1877

54

Mandati di pagamento

1878

55

Ricevute di pagamento (introito)

1878

1872-1876


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

417

Data

56

Mandati di pagamento

1878

57

Mandati di pagamento

1878-1879

58

Ricevute di pagamento (introito)

1878 - 1879

59

Mandati di pagamento

60

Ricevute di pagamento (introito)

61

Mandati di pagamento

62

Mandati di pagamento

1879 - 1880

63

Ricevute di pagamento (introito)

1880 - 1881

64

Mandati di pagamento

1880 - 1881

65

Mandati di pagamento

1880

66

Ricevute di pagamento (introito)

1881

67

Mandati di pagamento (esito)

1881

68

Mandati di pagamento

1881 - 1882

69

Ricevute di pagamento (introito)

1881 - 1883

70

Mandati di pagamento

71

Mandati di pagamento

72

Mandati di pagamento

73

Ricevute di pagamento (introito)

1879 1879 - 1880 1879

1882 I 882 - I 883 1883 1883 - 1884


418 n.d. fase.

Grazia Spampinato

n.p.

Descrizione contenuto

Data 1883 - 1884

74

Mandati dĂŹ pagamento

75

Mandati di pagamento

76

Ricevute di pagamento (introito)

1884 - 1885

77

Mandati dĂŹ pagamento

1884 - 1885

78

Mandati di pagamento

79

Mandati di pagamento

80

Mandati di pagamento

81

Ricevute di pagamento (introito)

82

Mandati di pagamento (esito)

83

Ricevute di pagamento (introito)

1887 - 1888

84

Mandati di pagamento

1888 - 1889

85

Mandati di pagamento

1888-1889

86

Ricevute di pagamento (introito)

1888 - 1889

87

Ricevute di pagamento (introito)

1889- 1890

88

1889 - 1890 Mandati di pagamento. In apertura del volume: fascicolo di rendiconto di introito ed esito del gennaio-luglio 1889

89

Ricevute di pagamento (esito)

90

Ricevute di pagamento (esito)

1884

1885 1885 - 1886 1886 1885 - 1887 1887

1889 - 1891 1891


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

419 ---

Data

91

Ricevute di pagamento (introito)

1891 - 1892

92

Ricevute di pagamento (esito)

93

Ricevute di pagamento (introito)

94

Ricevute di pagamento (esito)

1893

95

Ricevute di pagamento (esito)

1894

96

Ricevute di pagamento (introito)

1894-1895

97

Ricevute di pagamento (esito)

1895 - 1896

98

Ricevute di pagamento (introito)

I 895 - 1896

99

Ricevute di pagamento (esito)

1892 1892 - I 893

1896

!00

Ricevute di pagamento (introito)

1896- 1897

IO!

Mandati di pagamento

!02

Ricevute di pagamento (esito)

103

Ricevute di pagamento (introito)

1897

!04

Ricevute di pagamento (introito)

I 897 - I 898

105

Ricevute di pagamento (esito)

1897 - 1899

106

Ricevute di pagamento (introito)

1898 - 1899

107

Ricevute di pagamento (introito)

1899

108

Ricevute di pagamento (esito)

1899

1897 1896- 1897


420 n.d. fase.

Grazia Spampinato n.p.

Descrizione contenuto

Data

109

Ricevute di pagamento (introito)

1899 - 1900

110

Ricevute di pagamento (esito)

1900-1901

111

Ricevute di pagamento (introito)

1900 - 1901

112

Ricevute di pagamento (esito)

113

Ricevute di pagamento (introito)

1901 - 1902

114

Ricevute di pagamento (introito)

1902

115

Ricevute di pagamento (introito)

1902 - 1903

116

Ricevute di pagamento (esito)

117

Ricevute di pagamento (introito)

1903 - 1904

118

Ricevute di pagamento (introito)

1904

119

Mandati di pagamento (esito)

1904

120

Ricevute di pagamento (introito)

1904- 1905

121

Ricevute di pagamento (introito)

1905

122

Mandati di pagamento (esito)

1905

123

Ricevute di pagamento (introito)

124

Ricevute di pagamento (esito)

125

Ricevute di pagamento (introito)

1906 - 1907

126

Ricevute di pagamento (introito)

1907

1902

1903

1905 - 1906 1906


L'archivio storico -della collegiata di Catania: inventario ---------------

---

n.d. fase.

421

Descrizione contenuto

Data

127

Ricevute di pagamento (esito)

1907

128

Ricevute di pagamento (introito)

1907

129

Ricevnte di pagamento (introito)

1907 - 1908

130

Ricevute di pagamento (esito)

131

Ricevute di pagamento (introito)

132

Ricevute di pagamento (esito)

1909

133

Ricevute di pagamento (introito)

1910

134

Ricevute di pagamento (esito)

1910

135

Ricevute di pagamento (esito)

1911

136

Ricevute di pagamento (introito)

1911

137

Ricevute di pagamento (esito)

1912

138

Ricevute di pagamento (introito)

1912

139

Ricevute di pagamento (introito)

1912-1913

140

Ricevute di pagamento (esito)

141

Ricevute di pagamento (introito)

142

Ricevute di pagamento (esito)

1914

143

Ricevute di pagamento (esito)

1915

144

Ricevute di pagamento (introito)

1915

n.p.

1908 1908 - 1909

1913 1913 - 1914


422

n.d. fase.

Grazia Span11J첫1ato --------

------

n.p.

Descrizione contenuto

-----

Data

145

Ricevute di pagamento (esito)

1916

146

Ricevute di pagamento (introito)

1916

147

Ricevute di pagamento (esito) In chiusura di volume: bilancio

1917

148

Ricevute di pagamento (introito)

1917-1918

149

Ricevute cli pagamento (esito)

ISO

Ricevute di pagamento (introito)

151

Ricevute di pagamento (esito) In chiusura di volume: bilancio

1919

152

Ricevute di pagamento (introito)

I 9 l9 - 1920

Ricevute di pagamento (esito)

1920 - 1921

153

1918 1918-1919

In chiusura di volu1ne: bilancio 154

Ricevute di pagamento (introito)

155

Ricevute di pagamento (esito)

1920 - 1921 1921

In chiusura di volun1e: bilancio 156 157

Ricevute di pagamento (introito) Ricevute cli pagamento (esito)

1921 1922 - 1923

In chiusura di volun1e: bilancio 158

Ricevute di pagamento (esito) ln chiusura di volume: bilancio

1923

159

Ricevute di pagamento (introito)

1922 - 1924


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario

---

n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

423

Data

160

Ricevute di pagamento (esito) In chiusura di volume: bilancio

J 924

161

Ricevute di pagamento (introito)

1924. 1925

162

Ricevute di pagamento (esito) In chiusura di volume: bilancio

1925

163

Ricevute di pagamento (introito)

1925. 1926

164

Ricevute di pagamento (esito) In chiusura di volume: bilancio

1926

165

Ricevute di pagamento (introito)

1926. 1927

166

Ricevute di pagamento (esito) In chiusura di volume: bilancio

1927

167

Ricevute di pagamento (introito)

1927. 1929

168

Ricevute di pagamento (esito) In apertura di voluma: bilancio

1928

169

Ricevute di pagamento (esito) In apertura di volume: bilancio

1929

170

Ricevute di pagamento (introito)

171

Ricevute di pagamento (esito) In chiusura di volume: bilancio

172

Ricevute di pagamento (introito)

173

Ricevute di pagamento (esito) In apertura di volume: bilancio

1929. 1930 1930

1930. 1931 1931


424

Grazia Spampinato ···---·

n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

·--·

Data

174

Ricevute di pagamento (introito)

1931 - 1932

175

Ricevute di pagamento (esito) In apertura di volume: bilancio

176

Ricevute di pagamento (introito)

177

Ricevute di pagamento (esito) In apertura di volume: bilancio

178

Ricevute di pagamento (introito)

179

Ricevute di pagamento (esito) In apertura di volume: bilancio

1934

180

Ricevute di pagamento (introito)

1934

181

Ricevute di pagamento (esito) In apertura di volume: bilancio

1935

182

Ricevute di pagamento (introito)

1935

183

Ricevute di pagamento (introito)

1935 - 1936

184

Ricevute di pagamento (esito) In apertura di volume: bilancio

185

Ricevute di pagamento (introito)

186

Ricevute di pagamento (esito) In apertura di volume: bilancio

1937

187

Ricevute di pagamento (introito)

1937

188

Ricevute di pagamento (introito)

1937-1938

1932

1932-1933 1933

1933 - 1934

1936

1936 - 1937


[_,'archivio storico della coll!}gia~a d! Catania~'J!!_~Jenta_rio ___ 425

n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

189

Ricevute di pagamento (introito)

1938

190

Ricevute di pagamento (esito)

1938

In apertura di volume: bilancio

191

Ricevute di pagamento (introito)

1938 - 1939

192

Ricevute di pagamento (introito)

1939

193

Ricevute di pagamento (esito)

1939

In apertura di volume: bilancio

194

Ricevute di pagamento (introito)

195

Ricevute di pagamento (esito) In apertura di volume: bilancio

1939-1940 1940

In chiusura: relazione e conto

dei lavori di restauro eseguiti nell'anno 1939 in sacrestia, nell'aula capitolare e negli ambienti annessi

196

Ricevute di pagamento (introito)

1940

197

Ricevute di pagamento (introito)

1941

198

Ricevute di pagamento (introito)

1941 - 1942

199

Ricevute di pagamento (esito) In ape1tura di volume: bilancio

1941 - 1942

200

Ricevute di pagamento (introito)

1942

201

Ricevute di pagamento (introito)

1942


Grazia Spampinato

426 n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

202

Ricevute di pagamento (introito)

1942 - 1944

203

Ricevute di pagamento (esito)

1942 - 1944

In chiusura ed in ape1tura di volume: bilancio 204

Ricevute di pagamento (introito)

1944-1945

205

Ricevute di pagamento (introito)

1945 - 1946

206

Ricevute di pagamento (esito)

1945 - 1946

In chiusura di volume: bilancio 207

Ricevute di pagamento (introito)

208

Ricevute di pagamento (esito)

1947 1947- 1948

In apertura di volume: bilancio 209

Ricevute di pagamento (introito)

1948

210

Ricevute di pagamento (introito)

1948 - 1949

211

Ricevute di pagamento (esito)

1949 - 1951

In apertura di volume: bilancio 212

Ricevute di pagamento (introito)

1950

213

Ricevute di pagamento (introito)

1951 - 1952

214

Ricevute di pagamento (esito)

1952 - 1954

In apertura di volume: bilancio 215

Ricevute di pagamento (introito)

1953 - 1955


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d. fase.

n.p.

427

Descrizione contenuto

Data

216

Ricevute di pagamento (esito)

1955 - 1960

217

Registro dei mandati di pagamento

1832

218

Registro dei mandati di pagamento

1838 - 1840

219

Registro dei mandati di pagamento

1841 - 1843

220

Registro del mandati di

pagan1ento

1844 - 1846

221

Registro dei mandati di pagamento

1848 - 1850

222

Registro dei mandati di pagamento

1851 - 1854

223

Registro dei mandati di pagamento

1855 - 1859

224

Registro dei mandati di pagamento

1860 - 1868

225

Libro dei conti correnti

226

Quaderno di introiti

1827 - 1829

227

Libro "mastro" per le rendite ed i beni annuali

1827-1833

228

Libro cassa

1833 - 1857

229

Libro cassa

1855 - 1857

230

Libro "mastro" per le rendite ed i beni annuali

1857 - 1868

230 bis

Indice del libro "mastro" per le rendite ed i beni annuali

1857 - 1868

1814


428 n.d. fase.

Grazia Spampinato n.p.

Descrizione contenuto

Data

231

Libro patrimoniale

1868

231 bis

Indice del libro patrimoniale

1868

232

Giornale di cassa

1870 - 1872

233

Giornale di cassa

1870-1872

234

Libro cassa

1872 - 1875

235

Libro dei pagamenti

1877 - 1892

236

Prontuario di tutte le partite di reddito

1897 -1901

237

Fascicolo di carte sciolte comprendenti bilanci, rendiconti, elenchi di debitori, relazioni dei liquidatori

1854 - 1900

238

Libro "mastro" dei pagamenti

1893 - 1919

Libro dei debitori, dei censi

1900 - 1922

239

e dei canoni

240

Libro cassa

1930 - 1944

241

Libro dei debitori, dei censi e dei canoni

1902 - 1922

242

Libro cassa

1850 - 1878

243

Rivelo di tutte le prebende, cappelle, distribuzioni capitolari, di tutte le messe e del patrimonio della chiesa

1819


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d. fase.

n.p.

429

Descrizione contenuto

Data

244

Conti finanziari. Quietanze. Indice di rendite, spese. Distribuzione del frnmento. Distribuzioni per il mandato del GiovedĂŹ Santo. Ricevute

1650- 1940

245

Scadenzario dei pagamenti

1862 - 1878

246

Scadenzario dei pagamenti

1876 - 1888

247

Elenco del patrimonio ÂŤun tempo posseduto dalla chiesa Collegiata di Catania oggi diviso tra la chiesa il demanio dello Stato ed il Fondo CultoÂť

248

Scadanzario dei pagamenti

1889 - 1921

249

Scadenzario dei pagamenti

1925 - 1942

250

Indice alfabetico dei censualisti

251

Scadenzario dei pagamenti

252

Indice dei titoli giudiziari

253

Certificati di rendita e libretti bancari

254

Indice alfabetico delle denuncie

1889

1930 1938-1947

1899- 1916


Grazia Spcunpinato - - - - - -

430

V. REGISTI<! CANONICI E CULTO

n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

Libro dei battezzali

1632-1640

2

Libro dei battezzati

1640-1647

3

libro dei battezzati (mancano 165 l - 1692 i fascicoli relativi agli anni 1662-1669)

4

Libro dei battezzali

1693 - 1723

5

Libro dei battezzati

1724 - 1742

6

Libro dei battezzati (mancano . i fascicoli relativi agli anni 1744-1745, 1746-1747)

1743 - 1795

7

Libro dei battezzati

1745 - 1829

8

Libro dei battezzati (1nancano i fascicoli relativi agli anni 1840-1843, 1852-1883, 1885-1893)

1830 - 1903

9

Libro dei battezzati

1903 - 1911

IO

Libro dei battezzati

1912-1917

I1

Libro dei battezzati

1918 - 1927

12

Libro dei battezzati

1928 - 1932

13

Libro dei battezzati

1933 - 1935

14

Libro dei battezzati

1936 - 1938

15

Libro dei battezzati

1948 - 195 l


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario ··------

n.d. fase.

n.p.

431

----···

Descrizione contenuto

Data

16

Libro dei battezzati

1952 - 1955

17

Libro dei battezzati

1958 - 1959

18

Fedi ed attestazioni matrimoniali

1699 - 1891

19

Libro delle celebrazioni delle messe

1858 - 1863

20

Libro delle celebrazioni delle messe

1860

21

Libro delle celebrazioni delle messe

1861 - 1865

22

Libro delle celebrazioni delle messe

1864 - 1866

23

Libro delle celebrazioni delle messe

1865 - 1867

24

Libro delle celebrazioni delle messe

1867 - 1870

25

Libro delle celebrazioni delle messe

1873 - 1876

26

Libro delle celebrazioni delle messe

1879 - 1880

27

Libro delle celebrazioni delle messe

1881

28

Libro delle celebrazioni delle messe

1885

29

Libro delle celebrazioni delle messe

1887

30

Libro delle celebrazioni delle messe

1898 - 1908

31

Libro delle celebrazioni delle messe

1908 - 1911

32

Libro delle celebrazioni delle messe

1908 - 1917

33

Libro delle celebrazioni delle messe

1912-1914

34

Libro delle celebrazioni delle messe

1915 - 1916


432 ------

n.d. fase.

n.p.

Grazia Spampinato

Descrizione contenuto

Data

35

Libro delle celebrazioni delle messe

1919-1921

36

Registro dei sacerdoti celebranti

1922 - 1924

37

Registro dei sacerdoti celebranti

1930 - 1931

38

Registro dei sacerdoti celebranti

1932- 1933

39

Registro dei sacerdoti celebranti

1936 - 1939

40

Registro delle assegnazioni delle messe

1938-1948

41

Registro dei sacerdoti celebranti

1940- 1941

42

Registro dei sacerdoti celebranti

1952 - 1953

43

Libro delle celebrazioni delle messe

1942 - 1943


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario_

433

VJ. EREDITÀ DEL CANONICO COLTRARO

n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

Eredità del canonico Coltraro e fondazione della Pia Opera Coltraro

1815- l9 I 2

2

Rendite, censi e amministrazione dell'eredità Coltraro

1830 - 1946

3

Libro delle presenze

4

Libro mastro

1845 - 1887

5

Libro di introito ed esito

1851 - 1853

6

Registro di lettere

1851 - 1853

7

Libro mastro

1853 - 1884

Conti n1ateriali, conti 1norali,

1876 - 1882

8

1900

conti consuntivi

9

Registro di protocollo

1896 - 1907

IO

Libro mastro

1898

11

Libro mastro

1903

12

Libro mastro

1904

13

Libro mastro

1905

14

Conto finanziario

1902

15

Conto finanziario

1903

16

Conto finanziario

1904

17

Conto finanziario

1906


434

-------------

n.d. fase.

n.p.

Grazia Spampinato Descrizione contenuto

Data

18

Conto finanziario

1907

19

Conto finanziario e bilancio

1908

20

Conto finanziario e bilancio

1909

21

Conto finanziario. Bilancio. Protocollo. Mandati di pagamento

1911

22

Conto finanziario. Bilancio. Mandati di pagamento. Bollettario

1912

23

Giornale di cassa

24

Conto finanziario e bollettario

1913

25

Conto finanziario. Bilancio. Mandati di pagamento

1914

26

Bilanci. Mandati di pagamento. Stato dei capitoli. Conti sommari e distribuzione del frnmento

1838 - 1899

27

Esercizio finanziario

1900- 1946

28

Conti. Lettere. Quietanze. Estratti di deliberazioni e relazioni morali

1853 - 1952

1909 - 1913


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario --.

·--

435

VII. MISCELLANEA

n.d.

fase.

n.p.

Descrizione contenuto

Data

47

Storia ed origine della chiesa Collegiata. Elargizioni di re Filippo

1446-1653

2

54

Supplica al vescovo per l'editto contro la Collegiata. Difesa a stampa e manoscritta delle ragioni della Collegiata contro la Cattedrale. Reclamo per l'uso della mozzetta. Restauro della Collegiata. Disegno di una candelora. Cappella di Santa Maria della Candelora. "Discarico" della Collegiata

1607 - 1898

3

34

Organo, campane, olii santi, elezione del sacrestano. Grafico della sistemazione della chiesa. Vespasiano

1774 - 1819

4

Chiesa e confraternita dello Spirito Santo

1819-1889

5

Ingiunzioni di pagamento. Paga1nenti dì canoni. Rendite. Lista della collezione di fossili esistenti al museo zoologico dell'Università di Catania. Cause civili

1649 - 1950

6

30

Opera Pia Marletta l'ondata dal testamento del canonico Giuseppe Solis

1822 - 1938

7

37

Transazioni. Rivelo dell 'effetti della prebenda fatta dal preposto don Andrea Buglio. Rivelo

1636-1900


436 n.d. fase.

Grazia Spampinato n.p.

Descrizione contenuto

Data

dell'università di Paternò, Belpasso, Tremestieri e Viagrande. Rivelo fatto da don Girolamo Lombardo Calabrò. Rapporti del ricevitore del demanio. Elenco dei fondi enfiteutici

8

9

40

Atti di soggiogazione. Canoni da pagare alla Collegiata. Ricorso della Cattedrale contro il titolo di Regia Cappella erroneamente riconosciuto dal visitatore De Ciocchis. Atto di certificazione dei servitori del barone Sigona. Certificazione di laurea del canonico Pellegrino. Carte sciolte non decifrabili

1400 - 1607

Indice di atti. Documenti della confraternita del Santissimo Sacramento, del culto della Madonna delle Grazie e S. Agata. Atti di esecutorie di privilegi concessi alla Collegiata. Scelta della chiesa Collegiata come luogo dove tenere le prediche quaresimali. Prestito al Senato di Catania, da parte della Collegiata, di 16 travi per la costruzione del molo e del porto. Atto di reclamo del Capitolo della Collegiata per la restituzione delle travi. Culto di S. Giovanni Nepomucenio. Carte sciolte di appunti

1599 - 1858


L'archivio storico della collegiata di Catania: inventario n.d. fase.

n.p.

Descrizione contenuto

IO

Rassegna stampa sulla chiesa Collegiata. Documenti e appunti sull'origine della chiesa e sul centenario e bicentenario della fondazione

11

Indice alfabetico relativo a un volun1e non ritrovato

12

Indice alfabetico relativo a un volume non ritrovato

437

Data 1776 - 1993



Synaxis XIII/2 (1995) 439-502

LE RELAZIONI "AD L!MINA" DELLA DIOCESI DI CATANIA ( 1844-1856)

ADOLFO LONGHITANO'

I. La diocesi di Catania nel periodo napoleonico e della

restaurazione I. I Il governo del vescovo Corrado Maria Deodata (17731813 )1 coincise con un momento di grandi fermenti in Europa e in Sicilia: per Napoleone iniziava la fase discendente della sua egemonia; dopo la sua scomparsa dalla scena politica, i grandi al congresso di Vienna ritennero di poter ripristinare l'ordine turbato riproponendo lo status quo; i barboni pensarono di riprendere in mano la difficile situazione creatasi nei Regni di Napoli e di Sicilia dando un nuovo ordinamento allo Stato (il Regno delle due Sicilie), che finì per affrettare la fine del loro dominio'. Nel loro progetto politico un posto di rilievo era riservato ad un rinnovato rapporto con il papa. Si spiegano, pertanto, il concordato del 1818 stipulato fra Ferdinando I e Pio VIP

* Professore di Diritto canonico ncl!o Studio Teologico S. Paolo di Catania. 1 Sulla sua figura vedi A. LONGHITANO, Le relazioni "ad /ùnina" della diocesi di Catania (1779-1807), in Sy11axis 12 (1994) 351-436. 2 R. ROMEO, li riso.rgùnento in Sicilia, Laterza, Bari 1989 2; G. C!NGARI, Gli 11/tin1i barboni, in Storia def/a Sicilia, VIII, Società editrice Storia di Napoli e della Sicilia, Palenno 1967, 1-83; G. GIARRIZZO, la Sicilia dal Cinquecento a//'1111ità d'Italia, in Storia d'Italia, XVI, UTET, Torino 1989, 97-793: 65!~783. 1 · W. MATURI, Il concordato del 1818 tra la Santa Sede e le due Sicilie, Le Monnier, Firenze 1929; A. FLICHE - V. MARTIN, Storia della Chiesa, tr. it., XXI/2, SAJE, Torino 599-600; H. JEDIN, Storia della Chiesa, Lr. it., VIII/I, Jaca Book, Milano

1977, 142-143.


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e il riordino delle diocesi siciliane con l'erezione di Nicosia e Piazza Annerina ( 1817), Caltagirone ( 1818), Noto, Caltanissetta, Trapani e Acireale ( 1844) e l'ampliamento della diocesi di Patti'. Il clima generale di restaurazione e l'atteggiamento di accondiscendenza manifestato da Ferdinando I verso la Chiesa non impedirono l'attuazione delle riforme iniziate nel secolo precedente e continuate dopo il periodo napoleonico. La societas christiana, creata dai nor1nanni e accettata per tanti secoli non senza contrasti nelle sue grandi linee, fu progressivamente svuotata di contenuto; la Chiesa cominciò a rendersi conto che non poteva far valere molti privilegi goduti in passato e che doveva lrovare un ruolo diverso nella società siciliana 5 • La diocesi di Catania subì in questo periodo un notevole ridi111ensionan1ento; il suo antico territorio fu in gran parte smembrato per costituire le diocesi di Piazza Annerina, Nicosia e Caltagirone. L'opposizione dei vescovi di Catania e Messina all'erezione della diocesi di Acireale ritardò il distacco dei comuni assegnati alla sua circo-

4 Sul riordino delle circoscrizioni diocesane in Sicilia vedi: S. GIOCO, Nicosia diocesi, Musu1neci editore, Catania 1972, 119-274; F. PULCI, LaFori slflla storia eccll!siastica di Ca!ta11isset10, Edizioni dcl Sen1inario, Caltanissetta 1977, 37-68; V. RACJTI ROJV1EO, Cronistoria del/a istituzione del vesco1 ato di Acireale, in 111e111orie del/'Accade111ù1 degli Zelanti, Serie IV, 3 (1931-1933) 1-112; G. CONTARINO, Le origini della thoccsi di Acireale e il prùno 11esco\101 Accade1nia degli Zelanti, Acireale 1973; G. ZITO, La nascita dello diocesi di Ca!ranh·sef!a, in Religione e società nel Nisseno nel Selll!cento e nel pri1110 Ottoce1110. Atti del Convegno di studio, Ca!Lanissetta, I l -12 novernbre 1994 (di prossi1na pubblicazione)~ lo., Nascita di una diocesi: Noto ( 1778-1844), in Clero e popolo nella diocesi di Noto. 150 011111 di az)one pastorale e di storia sociale ( 1844-1994). Convegno dì studi, Nolo 17-20 ottobre 1994 (cli prossin1a pubblicazione). 5 A proposito dell'osservazione di L. Blanch, scrittore napoletano di parte 1nuratoriann, che considera la Sicilia «una conquista postuma» di Napoleone, Cingari scrive: «In effetLi le leggi del!'! J ottobre 1817 (sul!'an11ninistrazione), dcl 29 1naggìo 1817 (sull'ordinan1cnto giudiziario), cui fanno seguito nel 1819 i nuovi codici, costituiscono una chiara rotlura col passato» (G. CJNGAR!, op. cii., 8). Si vcdn i! progressivo decadin1enlo delle cosiddette "in1111unità ecclesiastiche" (privilegio dcl foro, diritto di asilo, esenzioni, ccnsurn dei libri ... ) che raggiungerà il suo apice con l'unitii d'Italia (F. SC1\DUTO, Stato e Chiesa nelle due Sicilie, Edizioni della Regione Sciliana, Palern10 !969, ad i11dice111; M. CONDORELLI, k!o111enti de! r(/on11is1110 ecclesiastico nella Sicilia borbonica (1767-1850), Ed. Parallelo 38, Reggio Calabria 1971. 1


Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania (1844-1856) 441 scrizione. Infatti, se la bolla di erezione porta la data 27 giugno 1844, la sua esecuzione si avrà il 3 giugno 18726 • Poiché l'erezione delle nuove diocesi siciliane non obbedì ad un progetto unitario, ma fu il frutto di provvedimenti attuati nell'arco di circa trent'anni, i confini delle diocesi interessate subirono frequenti mutamenti; alcuni comuni furono trasferiti da una diocesi all'altra per creare un certo equilibrio fra le diverse circoscrizioni e per far cessare le proteste suscitate dai cambiamenti 7 • li 4 settembre 1859, con un decreto della Congregazione Concistoriale, Catania fu elevata a sede arcivescovile senza suffraganei e all'arcivescovo fu concesso il pallio".

l .2. Per documentare i fermenti e i cambiamenti che si ebbero m questo periodo nella diocesi di Catania le relazioni ad limina ci danno un modesto contributo. Infatti, dopo l'ultima presentata dal vescovo Corrado Maria Deodato ( 1807), dobbiamo attendere fino al 1844 per leggere la prima del vescovo Felice Regano. Questa lacuna di circa quarant'anni solo in parte si spiega con il breve periodo di governo di alcuni successori del Deodato: a distanza di tre anni dalla sua morte, nel 1816 fu nominato il benedettino Gabriele M. Gravina, che nel 1818 rinunziò alla sede di Catania per accettare la nomina di cappellano maggiore a Palermo9 ; nello stesso anno fu nominato Salva-

6 G. CONTARINO, op. cii., 41-58; 73-93. 7 Al ten1po dcl vescovo Regano non facevano più parte delle diocesi di Catania i seguenti con1uni: Piazza, Enna, Agira, Assoro, Aidone, Leonforte, Pielraperzia, Barrafranca, Valguarncra, Mirabella, Nissoria, Vil!arosa. Durante il suo governo, in una rellifica dei confini territoriali furono ceduti ad allre diocesi i cornuni cli Centuripe, Regalbuto, Catenanuova e Ran1acca e furono assegnati alla diocesi di Catania Bronte e Ma!etto. Fino al 1872 continueranno a far parte della diocesi di Catania i con1uni assegnati nel 1844 alla circoscrizione della diocesi di Acireale e cioè: Acireale, Aci Castello, Aci Catena, Aci Sani' Antonio, Aci Bonaccorsi, Valverde. H R. RJTZLER - P. SEFRJN, Hierarchia catholica n1edii et recentioris aevi, VII, Il Messaggero di S. Antonio, Patavii 1968, 142. 9 Berengario Gravina, figlio di Giovanni e di Eleonora Napoli, era nato a Montevago (AG) il 30 giugno 1763 (ARCHIVIO SEGRETO VATICANO, Processus Datariae j:;:;;PD] 164, f. l37r). All'età cli nove anni era stato accolto nell'abbazia benedettina di Monreale, dove a 16 anni ernisc i voti. Dopo aver con1pletato gli studi nell'abbazia si trasferì a Ro1na, dove studiò teologia e diritto canonico (ibùl., f. !50r-v). Fu ordinato


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tare Ferro Berardi, che morì l'anno successivo 10 ; dopo quattro anni di sede vacante fu nominato il minore conventuale Domenico Orlando, che governò la diocesi per sedici anni (1823-1839) 11 • Di questi tre vescovi nell'archivio della Congregazione del Concilio troviamo sola-

sacerdote a Ro1na il 6 aprile 1776 (PD 164, f. l38r). Rientrato a Monreale insegnò filosofia, teologia e diritto canonico e nel 1787 fu nominato decano. Chian1ato dal vescovo di Agrigento a svolgere l'ufficio di vicario generale (21 gennaio 1789), fu quindi eletto vescovo titolare di Flavianopoli il 26 settembre 1791 e consacrato a Palermo il 13 novembre (R. RJTZLER -P. SEFRIN, op. cit., VI, 217). Dopo la morte dcl vescovo di Agrigento (1792) fece ritorno nella sua abbazia. Quando la diocesi di Monreale fu separata da quella di Palermo ( 1802), la resse come vicario (PD 178, l50v). Fu poi no1ninato cantore (prin1a dignità) dcl capitolo cattedrale di Palenno e durante il periodo di sede vacante per la in orte dell'arcivescovo Morn1ile ( 1813-1816) fu nominato vicario capitolare (PD 178, 149r-150v). Eletto vescovo di Catania il 23 sette1nbrc 1816, si ditnise il 24 noven1bre 1817 e il 16 1narzo 1818 fu notninato vescovo titolare della sede 1netropolitana di Melitene. Cappellano maggiore del re a Palermo, n1orì il 18 aprile 1840 (R. RITZLER - P. SEFRIN, op. cù., VII, 142 e 261). 10 Salvatore Ferro Berardi era nato a Trapani da Giuseppe e da Isabella Riccio il 9 aprile 1767. Studiò teologia e ricevette la fonnazione al sacerdozio presso i padri dell'associazione missionari di S. Francesco di Sales (PD 180, 170r-v). Non aveva titoli accademici (ibid., 166r). Dopo aver ricevuto il diaconato, il 25 1narzo 1790 fu nominato canonico soprannu1nerario nella collegiata San Pietro di Trapani (ibid., 173r-v e 192r). Il 23 aprile ricevette !'ordinazione sacerdotale (ibid., !71r) e nel 1ninistero si dedicò soprattutto alla predicazione. Il 18 marzo 1797 fu no1ninato canonico della stessa collegiata (ibid., 174r-v e l9lr) e il 3 dicembre 1801 decano con la responsabilità della cura d'animc (ibid., 175r-v e 190r). Il 16 settembre 1804 ebbe la no1nina di vicario foraneo (ibid., l 76r). Il 20 1naggio 1806, ricevendo la nomina di cantore, pri1na dignità dcl capitolo cattedrale, si trasferì a Mazara (ibid.,177r-v e 188r), dove dal 1 maggio 1807 svolse l'ufficio di pro vicario e pro visitatore generale (ibid., 179r-v) e dal 15 gennaio 1812 quello di vicario capitolare (ibid., 182r-183r). Fu presentato dal re alla sede di Catania il 17 novc1nbre 1817 (ibid., 168r), no1ninato da Pio VII il 16 1narzo 1818, fu consacrato a Roma dal card. Bartolon1co Pacca il 23 1narzo 1818. Morì il 18 diccn1bre 1819 (R. RITZLER - P. SEFRIN, op. cit., VII, 142). 11 Santo Francesco Orlando, figlio di Do1ncnico e di Anna, era nato a Prizzi il 1 novembre 1756 (PD 187, 163r). Entrato nell'ordine dci n1inori conventuali vi emise i voti all'età dì 16 anni (ibid., 168r). Dal suo provinciale, '<expleto litteraru1n curricuio et examinatis ad tenorem lJrbanarutn constitutionum eius requisitis», fu insignito della laurea in teologia (ibid., l 67r). Ordinato sacerdote il 18 sette1nbrc 1779 (ibid., l64r), si distinse per il n1inistero della predicazione che svolse in tutta la Sicilia per circa 17 anni. All'interno del suo ordine fu per diversi anni guardiano, definitore provinciale, procuratore generale della provincia, 1naestro dei novizi, co1nmissario provinciale cd esaminatore dci candidati agli ordini sacri (ibid., 168r). Presentato dal re per la sede di Catania il 13 agosto 1823 (ibid., 170r), fu nominato da Leone XII il 24 novembre l 823. Morì il 21 aprile 1839 (R. RITZLER - P. SEFRlN, op. cit., VII, 142).


Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania ( 1844-1856) 443 niente alcuni documenti relativi a Salvatore Ferro 12 ; poi c'è uno strano silenzio che si protrae per circa vent'anni: né i vescovi presentarono la relazione né da Roma ricevettero solleciti o una qualsiasi forma di corrispondenza sull'argomento.

2. ll vescovo Felice Regano (1839-1861) 2. I Personalità, nomina vescovile e progetto pastorale 2.1.1 Il nostro vescovo nacque ad Andria (BA) il S giugno 1786 da Riccardo Regano e Antonia Maranco; fu battezzato il giorno successivo e, dopo aver compiuto gli studi classici a Napoli, ricevette l'ordinazione presbiterale dal vescovo di Andria Salvatore Lombardi il 16 giugno 1810, all'età di 24 anni. Fin dai primi anni del suo ministero fu chiamato ad insegnare teologia morale e diritto canonico nel se1ninario vescovile; fu poi nominato esan1inatore prosinodale e canonico della cattedrale. Dal 1830 al 1832 - durante il periodo di sede vacante per la morte del vescovo Bolognese - resse la diocesi di Andria co1ne vicario capitolareu. Non risulta che abbia svolto ministero parrocchiale". Il 25 giugno 1839, pochi giorni prima della nomina

12 Sono indicali in nota alla prima relazione dcl vescovo Regano che si pubblica in appendice. 1'PD201,f.116. 14 Nelle poche notizie biografiche date da alcuni scrittori di storia ecclesiastica catanese si affcnna che il Regano abbia interrotto la carriera 1nililare per avviarsi a quella ecclesiastica. (G. CONSOLI - G. AMADIO, Santi ed eroi di carità in Catania, Catania 1950, 200-201; T. LECCISOTTI, I! cardinale D11sn1et, OVE, Cntania 1962, 167-168). Questa circostanza non trova confcnna negli atti ùe! processo ìnfornullivo per la non1ina vescovile e nei profili biografici scritti dopo la sua n1ortc. Solainentc in un libello dcl 1848, con1posto da un anonin10 detrattore, si legge: «È una verità da per tullo che il nostro calabro prelato è stato un gendanne, che cusito al suo 1naestro !"Francesco Saverio Del Carretto] per le inaudite straggi pri1na del 1837 nelle Calabrie, in preinio eglino salirono uno a 1ninistro d'alta polizia e l'altro 1nal augurato vescovo ùi Catania» (Cantata anacreontica siciliana con a1111otazio11i teologiche e politiche i11 sostegno dell'opuscolo dato alle sta111pe nel 26 Jebbraro 1848 portante per titolo «L'al/011ta11an1ento d'ogni regio voto del popolo catanese» [Catania) 1848, 15). La notizia se1nbra destituita ùi fonda1nento. lnfalli le stragi alle quali il libello fa riferi1ncnto avvennero durante i 1noti rivoluzionari siciliani, quando


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vescovile, Gregorio XVI gli conferì la laurea in teologia in riconoscimento dell'attività di docente svolta per tanti anni nel seminario di Andria". La sua nomina a vescovo di Catania deve considerarsi il frutto della mutata politica dei barboni nei confronti della Sicilia. Se in passato, per sottolineare la distinzione fra il Regno di Sicilia e il Regno di Napoli, era stata osservata la regola di nominare siciliani agli uffici pubblici, con la costituzione del Regno delle due Sicilie era prevalso il principio di integrare le due parti dell'unico Regno e furono frequenti le nomine di uomini delle regioni continentali negli uffici della Sicilia. Ma Ferdinando II aveva un secondo motivo politico nella presentazione del Regano al papa per la sede di Catania: nel 1837 si era avuta a Catania una sanguinosa insurrezione verso i borboni 16 ; il re pensava che un vescovo delle regioni continentali potesse costituire una maggiore garanzia per il mantenimento dell'ordine pubblico e per scoraggiare ulteriori iniziative rivoluzionarie. La bolla di nomina porta la data dell' 11 luglio 1839 e la firma di Gregorio XVl1 7 • Mentre il papa fa riferimento al concordato del 1818, nel quale il diritto di presentazione dei vescovi era considerato una concessione ecclesiastica, nel regio exequatur si sottolinea che si tratta di un diritto nativo dei re di Sicilia 18 • Il nuovo vescovo, dopo essere stato informato della sua nomina, inviò da Napoli una lettera al clero della diocesi in lingua latina, nella quale ricordava la dignità il Regano era già cinquantenne e da oltre venticinque anni sacerdote; per gli stessi 1notivì non è possibile far riferi1nento alla lotta contro il brigantaggio, che 1neritò al Del Carretto prin1a la no1nina di capo della gendarmeria borbonica (1826) e poi di 1ninistro della polizia (1831) (S. DE MAJO, Del Carrello Francesco Saverio, in Dizionario biografico degli italiani, 36, Trcccani, Ro1na 1988, 348-350); infatti alle date citate il Regano era già sacerdote da oltre quindici anni e insegnante in sc1ninario, 15 PD 201, 118. 16 C. GEMMELLJ\RO, Avvenùnenti notabili successi a Catania nel 1837, in Archivio Storico per la Sicilia Orientale (=Asso) 20 (1924) 84-192 e la nota illustrativa ùi V. Finocchi aro pre1nessa al documento; C. NASELLI,// rnoto rivoluzionario catanese del 1837 e Salvatore Barbagallo Pittà, in Asso 32-33 (19361937) 75-116; R. ROMEO, op. cit., 256-316. 17 CATANIA. ARCHIVIO DELLA CURIA ARCIVESCOVILE, Tutt'Atti (=TA) 18391844, lr-3v. 18 lbid., 9v-12v.


Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania (1844-1856) 445 dell'ufficio sacerdotale e richiamava alle responsabilità che esso implica sul piano del comportamento. Non accennò al suo programma pastorale, ma fece capire implicitamente che considerava prioritaria la sua attenzione ai problemi del clero 19 • Il Regano, ottenuto il regio exequatur della sua nomina, prese possesso della sede per procura I' 11 agosto, tramite il vicario capitolare can. Silvestro Platania, 20 che incaricò di reggere la diocesi come pro vicario generalc 21 • Il nuovo vescovo fu consacrato a Roma il 1° settembre 1839 dal card. Emanuele De Gregorio" e fece il suo ingresso a Catania il 12 novembreB I fedeli e il clero di Catania probabilmente non erano rimasti favorevolmente impressionati alla notizia della nomina del Regano; ma ancor meno lo saranno stati dopo il primo incontro con il loro vescovo. Il ricordo della tragica repressione dei moti del 1837 era ancora molto vivo nella loro memoria e un vescovo proveniente dalle regioni continentali veniva considerato corne un ulteriore rafforzamento dell'apparato repressivo borbonico. D'altra parte laspetto esteriore e il carattere del vescovo, invece di aiutare il clero e il popolo

19 La lettera pastorale non ha titolo, né viene indicalo il luogo di stainpa. Inizia con le parole: «Fclix Rcgano, Dei et Apostolicae Sedis Gratia, Episcopus Catancnsis, venerabilibus in Chrislo fratribus, dilcctisque filiis clero et populo salute1n in Domino». 20 TA 1839-1844, 12r-!6r. Da correggere la data dcll'l 1 luglio indicata da Leccisotti. La cronaca dell'avvcni1nento si può leggere in B. CRJSTOADORO, Storia di Catania dal 1807 al 1893, 11 agosto 1839, 1nanoscritto conservato nella Biblioteca Regionale di Catania. 21 Il Platania finnava gli atti del suo governo con1c pro vicario generale. Ricevette la no1nina di vicario generale il 14 agosto 1843 (TA 1839-1844, 75v-76r); fu sostituito ncll'ufricio dal can. Raffaele Coppola i! 2 1naggio 1853; 1norì il 20 aprile 1854 (TA 1850-1860, IOr-v-; CATANIA. ARCHIVIO DEL CAPITOLO CATTEDRALE, Necrologio, alla data indicata). 22 R. RITZLER - P. SEFRJN, op. cit., VII, 142. 23 CATANIA. ARCHJVIO DELLA CURIA ARCIVESCOVILE, t.'piscopati, Episcopato Regano, «Manifesto» del pro vicario generale Platania dell' l l novc1nbre; carte sciolte. Il Rcgano era giunto in città il sabato 9 novembre (ibid., leuera circolare del pro vicario generale «Ai cappellani e prefetti delle chiese di Catania») ed era stato alloggiato nel 111onastcro benedettino di San Nicola, da dove il 12 n1ossc la solenne processione che accompagnò il nuovo vescovo in cattedrale (B. CRISTOADORO, op. cii., 2-12 novembre 1839).


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a vincere la prima naturale diffidenza, contribuivano ad accrescerla. Le testimonianze concordano nel descrivere il Regano come un uomo austero, burbero e testardo, di non facile rapporto con gli altri, che conduceva una vita ritirata e frugale, senza dare eccessiva importanza alle forme e al suo abbigliamento. Tuttavia dietro questo aspetto poco appariscente nascondeva una grande attenzione e generosità per i poveri e per coloro che avevano subìto ingiustizie.

2.1.2 Dalle aspre critiche mosse al vescovo in alcuni libelli anonimi apparsi durante gli anni del suo governo e dagli apprezzamenti alle sue scelte pastorali, fatti da chi volle difenderlo o si prefisse di dare un quadro obiettivo del suo operato, non è difficile tracciare per grandi linee la sua personalità e il suo progetto pastorale. Nella documentazione raccolta sul nostro vescovo risultano: due libelli anonimi a sta1npa) con una serie di accuse violente 2·1, e un foglio manoscritto dal tono più pacato 25 ; una risposta, pure anoni1na, al prin10 libello"; un elogio funebre in lingua latina, scritto da Benedetto Guglielmino e stampato subito dopo la morte del Regano 27 ; l'elogio funebre ufficiale pronunziato il 3 aprile 1861 nella cattedrale dal quaresimalista, il sacerdote vicentino Francesco Disconzi 28 ; il poemetto Riganeide in versi siciliani, nel quale il religioso Vincenzo Bondice fa la sua apologia"; la cronaca di B. Cristoadoro che, scrivendo della sua

24 l'a/fontana111ento di ogni regio voto del pubblico catanese, Catania 1848; Cantata, cii. 25 CATANIA. ARClll\110 DELLA CURIA ARCIVESCOVILE, Episcopati, Mons. Felice Regano, carte private, fogli sciolti. 26 RiJposta ad 1111 libercolo calunnioso a carico del 11escovo attuale di Catania ed avente per titolo ((L'allo11tanan1e11!0 di ogni regio Foto del pubblico catanese», Catania 1848. 27 B. GUGLJELMJNO, Felici Regano pont{fici catanensi ja111 extincto elogiu111, ex typis Regalis Ospitii, Catanae, pridic calcndas aprilis 1861. 28 F. DISCONZI, Elogio di Monsignor Felice Regano, arcivescopo di Catania, letto il giorno 3 aprile 1861 per {e sue esequie solenni nella cattedrale, Tip. del grande Ospizio di Beneficenza, Catania 1861. 29 V. BONDICE, La Riganeide ossia la vita, la 111orte e ijì111era/i di Monsignor /Jon Felice Regano, arcivescovo di Catania/ ... /, 1nanoscritto F 2 della Biblioteca Ursino Recupero di Catania. L'autore segue questo schema: la carità (canto I), il


Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania (I 844-1856) 44 7 morte e dei suoi funerali, formula qualche giudizio sulla sua persona e sugli anni del suo ministero pastorale a Catania311 • Il primo dei libelli apparve il 26 febbraio del 1848 nel pieno della rivoluzione. Non si è trovato l'originale, ma è possibile ricostruire il suo contenuto dalle citazioni riportate nella risposta apparsa nei giorni successivi. L'anonimo denigratore formula le sue accuse con un linguaggio allo stesso tempo violento e gratuito, che fa intuire le sue reali intenzioni: più che avviare un discorso sereno e credibile per convincere i suoi interlocutori egli vuol dare sfogo al suo risentimento per qualche torto ricevuto. Lo stile dello scritto è fin troppo clericale per non indurre gli ambienti vicini ali' episcopio o alla curia ad attribuirlo a «qualche briccone sacerdote o frate giustamente dal vescovo punito» 31 • Il secondo libello era stato già preannunziato nel primo. L'autore prometteva la pubblicazione «di un'operetta più ragionata, più filosofica sulle stravaganze del Regano» 12 , che fu stampata a Catania - sempre anonima - il 10 agosto dello stesso anno. Lo stile di questo secondo libello è differente: i versi siciliani conferiscono al discorso un tono più ironico e 1neno aggressivo; tuttavia rautore in alcune note in prosa mette da parte lo stile "anacreontico" per riprendere il suo consueto linguaggio. Il terzo documento è un manoscritto senza data, che inizia con le parole: «Viene attaccato Monsignor D. Felice Regano d'Andria, vescovo di Catania». A tergo si legge la nota: «Reclamo contro me stesso» 33 . Si tratta probabilmente di uno scritto inviato alla curia ro1nana e tras1nesso per conoscenza al vescovo, che lo conservò fra le sue carte. L'anonimo accusatore non sen1bra spinto da risenti1nento personale e adopera uno stile più pacato; i suoi rilievi riguardano soprattutto la personalità del Regano e le sue scelte pastorali. disinteresse (canto Il), la scienza (canto III), l'arte a ben governare (canto IV), la morte e i funerali nella casa vescovile (canto V), il trasporto del cadavere (canto VI), i funerali in chiesa (canto VII). 30 B. CRISTOADORO, op. cii., 1-3 aprile 1861. 31 Risposta, cit., 7. 32 Jbid., 17.


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Adolfo Langhirano

La risposta al primo libello, anch'essa anonima, fu stesa e stampata «a cura ed a spese dei sennati sacerdoti, religiosi e laici catanesi»34. In essa si ribattono punto per punto le accusa formulate dall'anonimo calunniatore facendo ricorso ad uno stile altrettanto aspro e pungente. Non ci è molto utile l'elogio del Guglielmina perché lautore, per tessere le lodi del Regano, più che una trattazione discorsiva preferisce un stile conciso in una forbita lingua latina, che lo obbliga a limitarsi ad affermazioni generali. Molto più interessante è l'elogio ufficiale del Disconzi. Al di là delle espressioni auliche e di circostanza, richieste da questo tipico genere letterario, si nota lo sforzo di delineare un quadro obiettivo tenendo conto anche di alcuni aspetti meno condivisibili della personalità del Regano. Assume un significato particolare il poemetto Riganeide: lo stile è chiaramente apologetico, ma ci fornisce notizie e giudizi interessanti sulla vita e l'azione pastorale del nostro vescovo.

2. l .3 Le accuse che gli venivano rivolte nei libelli denigratori riguardavano il carattere e il comportamento, il rapporto con le autorità civili, le scelte pastorali. Il Regano agli occhi dei suoi detrattori è descritto come un misantropo, sciatto e indolente che con il suo modo di comportarsi e di vestire aveva interrotto la gloriosa tradizione dei vescovi catanesi: «Nell'andamento doincstico si taccia che riceve ogni ceto di persone con berrettino bicorneo in testa, senza croce con pianelle e mal andato soprabito, coi quali ahila. Zappa in 1nano prende nel parterra del palazzo che n1ettc alla pubblica 1narina, ove lavora la terra con a1n1nirazione del popolo e forastieri. Nell'andarncnto esterno è tacciato per ridicolo legno con cui va alle funzioni cd a trottare, facendosi vedere anche su vile giurncnto. Nelle funzioni è svoglialo, incntrc i vescovi predecessori solevano una volta la sctti1nana visitare le quarantore, egli non vi si è 1nai accostato, né 1nai vi assiste quando si n1ette alla cattedrale, andando più tosto in can1pagna. Nel giorno della Concczzionc del 1840, festa pri1naria in Sicilia, an7,iché andare alla chiesa si portò in can1pagna nel legno, ove si don1ano i cavalli, che al ritorno si ruppe innanzi al piano fra le risa dcl popolo curioso. Nei giorni feriali lralascia le 33 34

Mons. Felice Rcgano, carte private, cit., 2v. Risposta, cit., 19.


Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania (1844-1856) 449 messe e fugge le funzioni anche le più solenni. Si stranisce quando sente che vi è funzione. Nctnico di trattenersi nella chiesa a fare la visita, cscla1na: 'perché tanti altari, tanlc i1n1nagini, tanti crocifissi? Basterebbe uno solo!'»:t 5 •

Tuttavia il comportamento del Regano, che dall'anonimo censore veniva giudicato come segno della mancanza di carattere, potrebbe invece rivelare una personalità forte, propria di chi, avendo scelto una vita austera e di1nessa, rinunzia volontariamente a tutto ciò che considera superfluo per attenersi solamente al necessario. Anche i rilievi sulla sua asserita indolenza e disaffezione nei confronti delle funzioni religiose possono essere letti diversamente. Il Regano poteva anche non condividere una religiosità di tipo devozionale per tendere ad una forma di culto che mirasse all'essenziale, secondo il modello fatto proprio dai cattolici illuminati alla fine dcl secolo precedente". Questa ipotesi trova fondamento in un altro rilievo che gli si muove nello stesso foglio: «Nen1ico dc' regolari dice che se dipendesse da lui li n1anderebbe tutli a spasso e per perdersene la 1ne1noria chiuderebbe anche le chiese»:n.

Un'accusa che ci richian1a il «promen1oria riguardante la riforma dei regolari» del sinodo di Pistoia 38 .

2.1.4 Il giudizio formulato sui rapporti del Regano con le autorità civili risente delle n1otivazioni che avevano spinto il re a sceglierlo come vescovo di Catania e dà per scontato che egli sì fosse

35 Mons. Felice Regano, cit., Jr. 36 Sui cattolici illurninati vedi: A. FLICJ-IE - V. MARTIN, Storia della Chiesa,

XIX/I,

SAIE,

Torino 1974, 60-69; XIX/2, Torino 1975. I 058-1061, I 081-1094; M.

RoSJ\, Politica e religione nel '700 europeo, Sansoni, Firenze 1974; ID., Introduzione a!l'A1!fkliir1111g ca!folica in Italia, in AA. Vv., Ca110/icesilno e !toni nel '700 itafiano, Herder, Ro1n<1 1981, l-47; D. MENOZZJ, «J\11.fkldrung» delle Chiese cristiane e

«chrétiens éclairé.1·». In 111argi11e ai lavori della terz(I sezione del Congresso C.l.!l.E.C. di Va1:1·avia, in Critica storica 16 (1979) 150-161; M. BATLLOIH, L'i!!ia11i11i.nno e la Chiesa, in AA. Vv., Prob/e1ni di storia della Chiesa nei secoli XVll-XV!ll, Dehoniane, Napoli 191-202. 17 Mons. Felice Regano, cit., 1v. 38 Alli e decreti del concilio diocesano di Pistoia dell'anno 1786, Bracali sla1npatore vescovile, Pistoia 1788, 235-239.


450

Adolfo Longhitano

adeguato al ruolo di "informatore" assegnatogli da Ferdinando II. L'autore del primo libello a stampa, volendo sfruttare il clima di euforia creato dalla capitolazione delle trnppe borboniche, inizia il suo attacco al Regano con una nota politica, nella quale fa notare che «la rivoluzione dì Sicilia e la confederazione italiana dcl '48, perché assistila dallo elcrnento religioso, è riuscita gloriosa e co1npiuta» e «raccomanda di non discostarcene, se non Vogliaino esperin1entarc i tristi cffelli che ne risentì la Francia, l'Inghilterra, la Prussia, la Sassonia e la Polonia che lo hanno lrascurato e vilipeso» 39 .

In questo quadro così promettente per il futuro della città e della Sicilia, il vescovo Regano deve essere considerato un elemento di disturbo: «Venuto dalla sede dei delitti a co1npierc le più atroci calamità pubbliche, ad aggiungere a tanti inali, che nel '37 ci desolarono, J'ulti1na piaga atrocissi1na di toglierci sinanco il bene di respirare. Eletto egli tra rnille a governare una vasta cd illutninata diocesi non poteva piacere ad un crnpio re, se ernpio egli non era e scel !crato» 40 •

Ma per i difensori del Rcgano non era difficile rispondere ad accuse così gratuite e prive di fondamento: «Che logica è 1nai questa? Perché eletto il Regano da un e1npio re, deve essere a forza ernpio e scellerato; dunque tulli i giudici, tulli i presidenti, Lulli gl'in1riegati in sornn1a eletLi da Ferdinando, tulti senza eccezione, esser cleggiono necessariainente en1pi e scellerali. Ma tu dici ch'egli è venuto dalla sede dei delilli, e chi te lo ha dello che Andria sia la sede dci delitti?» 41 •

Tuttavia, se erano chiare le intenzioni del re, non era scontato l'atteggiamento che il nuovo vescovo intendeva assuinere nei confronti delle autorità politiche. Il Rcgano si sarà reso subito conto dei preconcetti che i catanesi avevano sulla sua persona e si sarà affrettato a smentirli. Su questo argomento sono unanimi le testimonianze che troviamo negli scritti in difesa del vescovo. In particolare si fa riferimento ad una sua risposta data al n1inistro Del Carretto che gli chiedeva informazioni politiche su persone della diocesi di Catania:

39

Risposta, cit., 4.

' 10 L. c. 11 ' !bid.,

5.


Le relazioni "ad li mina" della diocesi di Catania (I 844-1856) 45 I «L'iniquo Del Carretto, è già alquanto ten1po scorso, con una tninisteriale lo invilava a dargli notizie di quello che si pensava in Catania in fatto di politica, in breve vuole farne del Vescovo una spia. E che cosa gli rispose il nostro ben degno prelato? Che la sua inissione era quella di badare al suo gregge e nulla pili. L'infa1nc 1ninistro 1nontato allora in furia fc' a sapergli dì 1noderare l'audacia e !a tracotanza dcl suo segretario, ché in quella guisa credeva egli avergli risposto. Ma fu allora che il vescovo gli annunziò che non usò dcl segretario, che quella prirna risposta eragli data da lui, e che non intendeva affatto accettare incarico siffatto» 42 ,

Ma l'argomento più eloquente, che smentisce l'accusa di connivenza del Regano al regime poliziesco instaurato dai borboni, è costituito dalla sua convinta partecipazione ai moti del '48, che avremo modo di considerare in seguito.

2.1.5 Fra le critiche più aspre troviamo quelle riguardanti il suo rigore nella selezione dei candidati al sacerdozio. Uno dei punti qualificanti del suo progetto pastorale riguardava la formazione del clero. Sapeva che il problema della eccessiva proliferazione dei sacerdoti da tempo aspettava una soluzione adeguata''. l vescovi, per assicurare un rettore alle nun1erose chiese o un cappellano ai inonasteri e alle confraternite e per soddisfare le richieste di tipo cultuale e devozionale dei fedeli, erano indotti ad accogliere tutti coloro che chiedevano di ricevere gli ordini sacri, mostrandosi più sensibili a risolvere il problema della quantità, non quello della qualità. Il Regano, fin dai primi anni del suo ministero episcopale a Catania, manifestò la volontà di seguire l'indirizzo contrario e si propose di esercitare un controllo

42

DISCONZI, op. cit., 14. I barboni nel concordato del 1741 avevano stabilito nonne severe per contenere le ordinazioni. Tuttavia i risultati non furono univoci, anche se nel lungo periodo si può constatare una di1ninuzionc del clero nelle regioni n1eridionali. Sul terna vedi in particolare: G. ZITO, La cura pastorale a Catania negli anni dell'episcopato D11s111e! ( 1867-1894), Galatea, Acireale 1987, 149-153; X. TOSCANI, li recluta111e11!0 del clero (secoli XVJ-XJX}, in AA. Vv., La Chiesa e il potere politico, a cura di G. Chittolini e G. I\1iccoli, Storia d'Italia. Annali 9, Einaudi, Torino 1986, 573-628; G. GRECO, Fra disciplina e sacerdozio: il clero secolare nella società italiana dal Cinquecento al Settecento, in AA. Yv., Clero e società nell'Italia 111oderna, a cura di M. Rosa, Laterza, Bari 1992, 45-113. ·0

L. c. L'episodio è ricordato anche da F.


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personale al momento dell'accettazione dei candidati e durante la loro formazione. In uno dei pochi decreti che troviamo agli atti della curia egli fa conoscere i principi ai quali intende ispirarsi per la vita del seminario 44 . Nulla dì originale o di nuovo nel suo pensiero; sì nota,

41 ' «Essendo i! Vescovi] Sctninario il luogo dal Sacro Concilio di Trento slabilito a dirigere lo spirito ed il cuore di quelli che esser debbono i ininistcri della Chiesa di Gesù Cristo cd i cooperatori dcl nostro episcopale 1ninìstero nella cultura spirituale dci popoli, d'ondc origin ripele la eterna salule di questi nonché il bene sociale, sin da che piacque alla Provvidenza elevarci al subli1ne ministero

dcll'cpiscopalo abbia1no sempre rivolto la nostra attenzione al miglionnnento di questo ccclcsiaslico sc1ninario, pro1nettcndoci da esso i più felici risultaincnti, perché secondo la rnente dcl Sscro Concilio fosse arricchito lo spirito dei nostri chierici di quella profonda e sana scienza, senza della quale il sacro rninìstro è un cieco che al altro cieco serve di guida e forn1ato il loro cuore in quello spirito di vera e soda pietà voluta dal!e alte funzioni a cui sono chian1ati. A conseguire questo doppio scopo non cesseranno le nostre cure e sollecitudini. Noi tutta porre1no l'opera noslra cd il nostro in1pcgno perché fossero con ogni prernura le lettere e le scien7,c coltivale in questo sacro educandario ed i n1etodi all'uopo pili adatti saranno adoperati e quei mezzi che l'esperienza ha mostrato più l27v] efficaci ad eccitare l'attivilà dei giovani all'apprcndirnenlo di esse. Conoscendo essere un grande ostacolo alla conservazione d'una esatta disciplina 1nornle, che a preferenza di ogni altra cosa dcc con tu!la cura in un Ve.scovi! Serninario 1nantenersi, l'a1n1ncttere in esso qualunque giov<1nc che si presenta e risuonandoci all'udito le parole dcl grande Arcivescovo di Milano, il quale parlando dci Vcscovil Sc1ninarii chia1na la nostra episcopale sollecitudine a ben ponderare l'ideale e la condolla di quei giovani che ricercano di esservi a1n111cssi "1naxi1na cautio adhibenda est in co praecipue ut idonei clerici recipiantur, ncque solu111 ingeniu1n et habilitas ad studia literaru111 sed ad disciplina1n ratio habeatur" uniforina1nente a questo avviso dcl glorioso S. Carlo Borron1eo, non riponendo noi l'onore e la gloria dcl nostro Seminario nel nurnero dci giovani che accoglie, rna nella disciplina, ncl!a n1orale e negli studii, crediamo necessario avvertire tutti coloro che pensassero di voler collocare qualche giovane in questo sacro educandario che ahneno un inese prin1a della novclh1 apertura di esso ne facessero al rettore pervenire f28r] din1anda per esservi accettato esprirnendo in essa il non1e e cogno1ne ciel giovane e ciel genitore, la p(Jtria, l'elà e se abbia cli1noralo in qualche collegio. L'npertura dc! Sc1ninario resta fissata pel giorno 31 dcl prossi1no ottobre ed in1rnancabil111cnte tutti i giovani che vorranno esservi a1nn1essi vi si dovranno trovar radunati ai 3 di noven1bre poiché l'accellazionc in te1npi diversi potrebbe cagionare disturbo e ritardo nelle scuole. Riconoscendo inoltre con1e uno dei pili gravi disordini eia evitarsi in tulti gli stabìlin1erlli di pubblica educazione quello cli" ri1nandarc gli alunni nelle proprie case nel te1npo autunnale, noi porremo tutto l'i1npegno perché nel venturo anno andassero tutti in connine a fare la villeggiatura in luogo conveniente ne'contorni di questa città, nel quale caso, oltre della solita prestazione alin1cntaria pagheranno altre onze 2. Dichiariatno infine che nessuno dei nostri diocesani sarà an1rnesso alla sacra ordinazione se non avrà dato sollo gli occhi nostri lunghe prove di otti1na 1norale e di sufficiente dollrina. Dal nostro palazzo vescovile, oggi lì 7 settcn1brc J 845. Felice,


Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania ( 1844-1856) 45 3 tuttavia, la volontà di collegarsi alla migliore tradizione ecclesiastica e di attuare un indirizzo ignorato da altri vescovi. Ma se ci poniamo in questa prospettiva i rilievi fatti al suo progetto pastorale più che un biasimo possono essere considerati un elogio per il Regano. Per chi rimaneva ancorato al modello tradizionale di Chiesa, chiamata ad assicurare un servizio "religioso", cioè una risposta alle innumerevoli richieste devozionali dei fedeli o un culto inteso come cerimoniale fastoso, era importante poter disporre di un clero numeroso; pertanto era condannabile un vescovo che attuava una rigorosa selezione dei candidati al sacerdozio. Si comprendono perciò i rilievi del libello manoscritto: «Nel dicembre 1839 in quattro sole ordinazioni ha ordinato soli undici individui, 1nentrc in Catania sono n1orti 67 preti. Da ciò è avvenuto che in 1noltc chiese non si sono potuto fare le fun;>;ioni della Seltimana Santa e 1nolte sono chiuse nelle feste per 1nancanza di chi vi cclcbri» 45.

Chi invece mirava ad una Chiesa più attenta alla sua missione evangelizzatrice e profetica auspicava un clero più preparato ai difficili compiti che richiedevano i radicali cambiamenti in atto nella società e quindi meno numeroso. Pertanto nella risposta al primo libello a stampa era facife far rilevare: «Diasi uno sguardo alla differenza che havvi tra il clero alluale e quello di un decennio addietro. Non si _vedono più nel piano del Duo1no passeggiare a folla una 111oltitudine cli prcli sin dal far dcl giorno, cd aspettare ivi, con1c i 1nurifabbri, la 1ncssa a discapito della dignità dcl sacerdozio. È stata questa opera ciel Vescovo attuale [ ... ]. S'accorse il Vescovo sin dai prin1i dì dcl suo apostolato in Catania, che c'era un gregge di sacerdoti ignoranti, e quel che è peggio eranvi dei cattivi. Epperò venne nel saviissi1no divisa1ncnto di clin1inuire il nuinero delle ordinazioni, e di farne degni quei giovani, che fossero spcrin1entati della loro dottrina e della loro 1norale nel scininario dci chierici, con1e vuole i! Concilio [cli Trento]»'16 •

Vescovo di Catania. Antonino Russo, 1nastro notaro e cancelliere» (CATANIA. ARCHIVIO DELLA CURIA ARCIVESCOVILE, Editti 1838 1845, 27r-28r). 45 Mons. Felice Regano, carte private, ciL., f. 1v del docun1ento. '1 6 Risposta, eit., 7 e 15.


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2. I .6 Un'altra conseguenza, che il rigore morale del Regano aveva sui problemi del clero, riguardava il pericolo al quale riteneva fossero esposti i giovani sacerdoti nella celebrazione dcl sacra1nento della penitenza. Se consideriamo il modello del seminario - concepito come luogo chiuso e separato da ogni influsso del mondo esterno -, la carente educazione sessuale e la giovane età in cui veniva conferita l'ordinazione sacerdotale, si può capire la preoccupazione del Regano: per un giovane sacerdote appena uscito dal se1ninario sarebbe stato traumatico ascoltare le confessioni cd affrontare le complesse problematiche connesse con questo ministero. Tenendo conto di queste considerazioni, il vescovo aveva stabilito che intendeva concedere la facoltà cli confessare sola1nente ai sacerdoti che avevano co1npiuto quarant'anni. Da ciò il rilievo negativo dei suoi detrattori: «Ha tolto la fncoltà di confessare a' preti che non avevano quarant'anni; Quindi j] Provinciale de' Minoriti non può più confessare. Nella chiesa del Cannine frequentatissirna vi sono tre soli confessori. Nelle chiese dc' don1enicani e n1inoritclli vi è un sol confessore. La truppa non si ha potuto fare !a con1unionc generale dopo gl'esercizi ina ha preso Pasqua a picciole riprese. Altrettanto è avvenuto a parrochi che non possono soddisfare a' bisogni del popolo. Pregato a recedere da questo sisle1na risponde che {ci sono] tanti confessori. Chi non si confessa oggi si confesserà dornani o poi>>17 •

2.1.7 L.a rigiditù del vescovo aveva conseguenze più dra1n1natiche per coloro che chiedevano la dispensa dall'impedimento di consanguineità, nei gradi previsti dall'ordina1nento canonico, per celebrare il matrimonio. II Rcgano non intendeva cedere su questo punto, anche se i contraenti ricorrevano all'antico espediente della fuga consensuale e adducevano con1e n1oti vo della richiesta una gravidanza in atto o la necessitù cli legittin1arc la prole già nata48 . In un periodo in cui il inatri1nonio religioso costituiva l'unica possibilità per dar vita ad una farniglia legittin1a, la negazione della dispensa obbligava una coppia o a ri1nanere per se1npre in una situazione irregolare, con tutte

17

Mons. Felice Regano, carte private, cit., lv. Sulla prassi secolare della fuga consensuale in Sicilia si veda il dossier di Sy11uxis 13 (1995) 7-98. 4

~


Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania (1844-1856) 455 le conseguenze prevedibili sul piano religioso, sociale e patrimoniale, o a trasferirsi in altra diocesi, dove poteva sperare in una maggiore co1nprensione: «Ha castigato e perseguitato con pubbliche pene un privato delitto, ha spinto a necessit8 varie fan1iglie di fcnnare domicilio altrove, a contrarre nozze; quasi fosse uno scandalo nella sua diocesi; ha pennesso che molti dimorassero in peccato, perché incapaci alle spese del viaggiare per altre diocesi» 49 .

2.1.8 Questi aspetti discutibili del suo programma pastorale venivano bilanciati da una grande disponibilità e apertura verso i poveri. Tradizionalmente parte degli introiti della mensa vescovile veniva destinata alle distribuzioni quotidiane di frumento o di pane per i poveri"'· Sembra che il Regano abbia accresciuto questa quota risparmiando sulle spese personali o su quelle di manutenzione degli immobili ritenute non necessarie o differibili. Nel suo elogio funebre leggiamo su questo argomento: «Il Regano adùollrinato dal Vangelo ch'è il libro della carità i! quale coinanda di spartire agl'inopi ciò che è di avan?;o (Matt. 21) teneva per 1nassima, che il soverchio degli averi dell'Arcivescovato non era suo, 1na dci bisogni. Con questa 1nassi1na ineglio che nella 1ncntc scolpita nel cuore quasi tc1ncssc di rubare agl'indigenli, lui vivere a sotlile 1ncnsa ed a poveri cibi; lui lasciare disadorno il suo pala?;ZO senza 1nai spendervi dentro contentìssi1no, anziché coprirne a seta e ad oro Je- pareti, che fossero coperti di buoni panni i suoi poveretti; lui portare di sotto e dentro la stanzn vesti rattoppate e quasi stracciate per avere di più da dare ai 1ncndicanli» 51 •

Queste affermazioni non possono essere considerate come uno dei tanti sfoggi oratori degli elogi funebri, perché le ritroviamo nei libelli anonimi fatti circolare durante il suo governo pastorale". Solo

19

Risposta, cit., 6. Sul teina vedi I 'opuscolelto di C. Dc MARCO, S'ulfa cotidiana distribuzione del pane ai poveri nell'atrio del palazzo vescovile di Catania, P. Giuntini, Catania 1844. 51 P. DlSCONZr, op. cit., 15-16. 52 «Cosa egli ha fatto della dovi?;iosissima a?;ienda di quella cota assegnata alla chiesa e in ristoro dei sacri arredi; avete vedute inai cappelle 1ninacciarc rovina e '

50


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che i suoi accusatori si dicevano convinti che tanta parsi1nonia non fosse finalizzata ad accantonare som1ne per i poveri, ma ad arricchire la propria fan1iglia 5J.

2.1.9 Tuttavia la sua carità verso i poveri fu appannata dall'assenza dalla città durante il colera del 1854. In alcune lettere riservate, inviategli dalla Segreteria di Stato presso il Luogotenente generale di Palermo, troviamo critiche severe al suo con1portan1cnto e richian1i autorevoli al suo senso di responsabilità in un momento così difficile per il clero e il popolo 51 . Il Regano forse non diede eccessiva eia esso lui esitarsi una tenue son1nu1 per ristonirlc? Neppure ha i1npiegato un obolo per farne un nuovo fiore, od un cainice per veslirnc egli stesso» (Cantata, cit., 5). S:' «[ ... ] E rerché tanta ccono1nia sino all'estre1na 111iseria! perché il denaro deve andare in Napoli cd in Andria per soddisfare ai bisogni esteri dcllu farniglia, e cli Lanli altri personaggi, a cui è obbligato» (ibid .. 10). «Non soddisfa i pesi inerenti alla n1ensa per accun1ularc denaro in favore dcl fratello e rnanclarlo in Andria» (Mons. Felice Regano, cnrle privnle, ciL, 2r) . .'i-I «111.1110 e Rcv.1no Signore. Grande 1neraviglia e stupore reconuni l'avviso, testé pervenuto, di nvere V. E. llL1na e Rcv.rna, quasi cli sua apostolica n1issionc clin1e11tica, lasciando Catania, abbandonato la precipua parte del proprio gregge, nel pili nllo 1norncnto e di n1aggior bisogno dcl pascolo spirituale, che dee essergli dal suo Pnslor apprestato. Se fia biasn10 ad uon1 privato il fuggire vil1nente, nelle pubbliche calarnità, la sua patria, dallo cgois1no consiglisto, pcssi1no di tulti i vizi, è per fenno inco1nportabile, con1e un delitto, che pur fugga chi dalla provviclenzn del Governo rivesta un ufficio pubblico; e lo è 1naggiorn1entc in un Vescovo, il quale aver non dee che un sol dovere, un solo affare, un sol desiderio a con1piere, quello non già di aver cura di sua sa- 11 v] lutc corponile e passeggera, 111a della salvezza delle ani1ne che gli sono state da Dio con11ncssc. Ella, che dottore è in sacre carte, ben conosce il divino precetlo: "Bonus P<1stor anin1ain sua1n eia! pro ovibus suis. Merccnarius autc1n fugiL .. quia non perline! ad cu1n dc ovibus" (lo. X). Fondati su questo altissi1no dovere ì zelanti e buoni Vescovi d'ogni lcn1po, quando han visto svcnturatainente svolgere delle contaggiose inalnllie, non solo hanno abborrito la viltà di abbandonare il rroprio seggio, n1a sonosi rcrsonalinente cic::iti a soccorrere i 1niseri inenni, loro apprestando gli es1re111i conforti di religione, e, secondo lor [2r_l posse, anco te1nporali sussidi. E per taccnni di n1o!ti, bastan1i, per gli andati secoli, ra1n1nenlare un Co1rlo Borrorneo in Milnno, uo1110 vera1nente apostolico; un Giannettino Dorin in Pnlcrn10: e ne' Le111pi che corrono l'Arcivescovo di Napoli, cd i Vescovi francesi, i qun!i lungo il periodo che il n1ale ha infestato le rispettive contrade han dato splcndiclissin10 ese1npio di coraggio, di zelo, di carità. Mi pennella Ella, che franca1nente le dica, che, scndo io per innanzi stato un sincero nn1rnirntore della fennezza, della virLl1, e dello zelo Pastorale di V. S. lll.n1a e Rev.1nn, non nttendea1ni la inostrata dcbolezzn, 1na pili presti che seguito avesse l'esempio di tanti illustri Prcl<1ti: il che fa pcnsanni che sia stata n1ossn ad abbandonar, nel pili urgente bisogno, Catania, o da n1alatlia, che ignoravasi, o, con1e è più pro- [2v] babilc, da


Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania (1844-1856) 457 importanza al richiamo e non si preoccupò neppure di rispondere, tanto che il suo interlocutore inviò altre due lettere dello stesso tenore. L'assenza del vescovo durante il colera avrà lasciato un'ombra nella sua memoria, se il Disconzi nell'elogio funebre sentì la necessità di dedicarvi un cenno quasi per tentare una giustificazione posttn11a: «Egli è poco più che un lustro, che un 1norbo 111istcrioso uscito dall'arsc steppe dell'Asia spaventcvoln1cntc dislcndcndosi per tulle le contrade cli Europa[_ ... ] a queste nostre spiagge pur giunse[ ... ]. Che avresti fatto o Catania 111ia senza la carità dcl tuo Vescovo? [... ] Quantunque lontano, perché non gli dava l'ani1110 di vedere sì densi nH1li, quasi fosse presente spargeva quivi e in altri luoghi dell'arcidiocesi le sue ricche lin1osine a co1nune salvan1ento11 55 .

2.1.1 O Per delineare la personalità del Regano si è cercato di leggere fra le contrastanti testi1nonianze dei suoi conte1nporanei. Non prendendo in considerazione alcune critiche mosse da chi probabilmente aveva subìto qualche severo richia1no o non condivideva la sua visione di Chiesa, altre testimonianze ci consentono di giungere a delle conclusioni obiettive sulla sua persona e sul suo progetto pastorale. In definitiva il giudizio co1nplessivo sui quasi ventidue anni dì governo del Regano a Catania non può non essere che positivo: in uno dei insidioso consiglio di qualche suo aderente. Da questo trissirno ese1npio però è derivato, che il clero secolare catanese abbia già disertato la Chiesa, onde la n1iscra gente si n1uore senza gli estrerni spirituali soccorsi: cosa vituperevole e deturpante i! sacerdotale n1inislero, e che accresce, nei dolorosi 1no1nenli di bisogno, la confusione cd il disordine. Mal potendo il Governo comportare Lanta infrazione dei pili sacri doveri del sacerdozio, e tanto pubblico scandalo, pregar debbo vivaincnte V. S. lll.n1a e Rev.n1a, perché, fatto n1igliorc senno, si co1npinccia i1n1nnntinente restituirsi alla sua residenza: 1na se pur gravi 1notivi di salute ne la in1- [3rJ pediscono, che dia tosto tutte le facoltà a! suo Vicario Generale, perché i religiosi sncercloti di ciascun ordine in Catania, tranne i notoriarnente indegni, sian 1nuniti della facolt~1 di confessare pro te111pore, finché duri l'asiatica n1alattia: di tal che, l:l seconda è stato pratticato in questa Capitale, ogni fainig!ia religiosa 1nandi giornaln1entc alla rispettiva parrocchia od a quell'altra, che ne risenta la necessità, a giudizio dei Monsignor Vicario, di uccordo col Superiore claustrale, un co1npctentc nu1nero di sacerdoti regolari, che stiino sotto la dipenclenzu e disposizione ciel Pievnno, per provvedere al diuturno bisogno dei fedeli parrocchiani. La prevengo, che con questa data vado a scrivere al di Lei Vicario Gencn1Je, nella opinione ch'egli sia fornito (corne il dovrebbe nelle attuali contingenze) delle delte facoltà, [3v] e dare subito le analoghe provvidenze» (Mons. Felice Rcgano, cnrle private, cit.). 55 F. DISCONZJ, op. ca., 17-l 8.


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momenti più difficili che attraversò la città e la diocesi (ridimensionan1ento dei confini territoriali, rivoluzioni, epidemie, inalesseri sociali .. .) il vescovo dimostrò di avere un progetto pastorale valido, di volerlo attuare con fermezza, e di venire incontro alle necessità dei suoi fedeli con una certa sensibilità e generosità. Riteniamo equilibrato il giudizio formulato dal Disconzi nel]' elogio funebre: «Il Regano per quanto era da sé nascondeva le opere sue e in tale n1aniera ruvida, per poco non dissi, e disdegnosa, che a inolti i quali giudicano gli uo1nini dalla corteccia e non dalla 1nidolla dentro egli pareva tutt'altro da quello che era vcran1cntc. Ma sotto a quella corteccia tali tesori si celavano di virtù da non n1eravigliare, che quale sventura publica sia tenuta la sua morte. li che è gloria soinrna di lui, che fece il bene per coscienza e non per altro; di lui, che di quel hene godevasi fra se solo aspettandone il guiderdone non dagli uo1nini, 1na da Dio» 56 .

Al giudizio del Disconzi possiamo accostare la valutazione sul Regano data dal Cristoadoro dopo aver descritto la sua morte e 1 su01 funerali: «Fu co1npianto dai poveri per le grandi ele1nosine che faceva, ma era di una testa n1olto dura; non faceva nulla per protezione, 1na pingendosi una cosa in avanle era inutile; dato un passo, non lo ritrattava più ad onta che avrebbe conosciuto che era dato cattivo, non ammelteva via di mezzo, era impossibile più farlo recedere da quella data disposizione e se cangiò fu qualche volta ma scarsainente, sì sono puochi e scarsi; 1na nel tutto fu buono>> 57 •

2.1. I I Non si hanno elementi sufficienti per stabilire lapporto dato dal Regano alla congregazione generale dei vescovi siciliani, che

56 57

Ibid., 6.

B. CRJSTOADORO, op. cit., 3 aprile 1861. Egli, dopo aver considerato «Otti1na e veritiera» l'orazione funebre ùel Disconzi ed aver forn1ulato un giudizio sostanzialn1ente positivo sul vescovo, non rnanca di riferire le dicerie su asseriti tesori conservati in molte casse, che egli aveva fatto spedire ad Andria da un suo fido ca1neriere, dimostrando in tal modo di 1neritare il giudizio di cronista pettegolo e poco attendibile forn1ulato dagli storici (G. CONGIU MARCHESE, Cristoadoro {Antonino, Benedetto e Antoni110], in Enciclopedia di Catania, diretta da V. Consoli, I, 229-

230).


Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania (/ 844-1856) 45 9 tenne a Palermo dal 2 al 24 giugno 1850. Se in una lettera all'arcivescovo card. Pignatelli dell'8 giugno I 850 manifestò il suo «sommo con1piacin1ento dietro la fausta notizia di essersi dato principio alJa congregazione dei vescovi meritevolmente da lei presieduta» e si schierò con i vescovi riforn1atori 58 , quando si trattò di partecipare alla congregazione preferì dare la delega al vescovo di Caltagirone Benedetto Denti 59 • s1

2.2 Il rapporto con i barboni e la partecipazione ai moti del '48 Il Regano, nonostante i pregiudizi sulla sua persona derivanti dalla sua origine "continentale" e dalla presentazione fatta da Ferdinando 11 per la sede di Catania, aveva din1ostrato di non essere un "informatore" di polizia e di sentirsi libero nei confronti delle autorità civili. Fu soprattutto durante i moti del '48 che egli si schierò apertamente dalla parte dei rivoltosi contro i barboni. Nella cronaca degli avvenimenti, che determinarono la sconfitta delle truppe borboniche, viene sempre messo in rilievo la partecipazione corale delle diverse co1nponenti la società catanese ai moti rivoluzionari 60 . Fra i 1ne1nbri

58

A.

GAMBASIN,

Religiosa 111ag11Uice11z.a e plebi in Sicilia nel XIX secolo,

Ed.

di Storia e Letteratura, Ro1na 1979, 88 e 96. 59 !bid., 98. 60 «f ... l I loro duci prescelti fra prin1ati d'ogni classe, fin dalla classe dci sacerdoti cli Cristo, presentano in pria le loro bandiere al Con1itato generale e quindi frn i canti di un popolo vittorioso sono condotte colle schiere ai rispettivi acquartieran1enti, e quei aspertano intrepidi l'ora di n1isurarsi per la causa santissi1na a cui Sicilia li chiaina [ ... ]>) (L 'a111ico del popolo. Giornale politico della Sicilia, 30 gennaio 1848, 10). Sulla rivoluzione dc! '48 a Catania vedi in particolare: C. GEMMELLARO, Cenni storici di la riF0!11zio11i siciliana l'a111111 MDCC"'CXLV!ll, in Asso 44 (1948), fase. 3 e la prefazione di C. Naselli; C. CAR!STIA, Teoria e prassi politica nella rivoluzione siciliana del '48, in Asso 45-46 (1949-1950) 5-37; M. GAUDIOSO, Essenza della rivol11z.io11e siciliana del 1848-49, ibid., 39-92; O. CONDORELL!, Il se11tù11e11to nazionale nella rivoluzio11e Sicilia del 1848, ibid., 93-104; C. NASEL-Ll,

Il Quarantotto a Catania: la preparazione, gli rn'l'e11ii11e11ti, ibid., 105-145;

R.

ROMEO, op. cii., 316-345; M. CONDORELL!, Stato e Chiesa nella ril'oluzione siciliana del 1848, Bonanno editore, Catania 1965.


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____!lriolfo Longhitano

del comitato generale che assunse il governo del «valle di Catania», troviamo ai primi posti il vicario generale can. Silvestro Platania61 . Negli elenchi delle «spontanee contribuzioni» per la causa della rivoluzione spiccano le laute offerte del vescovo e dei principali istituti religiosi della città62 , segno evidente di un indirizzo unitario dato dalle autorità ecclesiastiche. Quando, poi, si trattò di festeggiare la vittoria del movimento rivoluzionario, la cerimonia ufficiale fu tenuta in cattedrale: dopo un breve discorso di un canonico, il vescovo benedisse il vessillo tricolore, intonò il Te Deum e congedò la folla con la benedizione63. Il 25 marzo non mancò di prendere parte al parlamento generale convocato a Palermo «per adattare ai tempi la costituzione del 1812 e provvedere a tutti i bisogni della Sicilia»"'. Il Regano non fu il solo fra i vescovi a partecipare ai moti del '48. Da parte ecclesiastica si percepì con chiarezza che la fine del regime borbonico era segnata. Solo scendendo in piazza assieme ai ri-

61

L'a111ico del popofo, cit., 5.

62

«Monastero dci PP. Cassinesi, onze 300. Monastero S. Benedetto onze

150. Monastero S. Giuliano onze 100. Monastero S. Chiara onzc 40. Monastero S. Placido onzc 74. Monastero della Trinità, onze 40. Convento S. Francesco onzc I 00. Convento S. M. dell'Indirizzo onze 10. Convento S. Agostino onzc 10. Capitolo della cattedrale onzc 60. Capitolo della collegiata onzc 20 [ ... l» (ibid., 11). «Monsignor il Vescovo di Catania D. Felice Rcgano onzc 100. Convento dcl Cannine onze 40 f... J» (ibid., 45). 63 «Il giorno 17 febbraro in Catania fu giorno di festa, di nazional entusiusmo. Vinte le regie soldatesche, occupate le loro posizioni e soprattutto piantato lo stendardo tricolore nelle 1nura feudali del castello Ursino [... J non avea Catania altri ncinici da co1nbatlerc, cd era tempo di rendere grazie all'Altissi1no del valore ispirato ai nostri prodi, del soccorso divino concesso alla causa della siciliana libertà [ ... J. Alle due a.m. i 1nc1nbri del Coinitato generale, i cotnponenti dei co1nitati parziali, i loro segretari precedevano in corteggio coi capi delle 1nilizie e le 1nilizie istesse dal palazzo dell'Università alla chiesa Cattedrale, ove riunivansi ai Vice Consoli delle estere nazioni [... _I e vi erano ricevuli dul Capitolo, dal Vescovo, dal clero e dai capi regolari I_ ••• ]. La voce degli apostoli suonava per la bocca dcl prestante cittadino can. Mario Torrisi, che dal pergamo fe' ricordo dci rnodi meravigliosi onde Sicilia è risorta, e per noi rese grazie alla vergine S. Agata special protettrice di questo popolo, esortandoci nel nuovo politico anda1nento ad amare la libertà non la licenza, e preseguire nelle vie della pietà e di n1oderazione, confern1ar sen1pre più il carattere 1noralc della siciliana rivoluzione [... ]. Per le n1ani dcl Vescovo fu poi benedetto quel vessilo ed intonato l'inno d' A1nbrosio fu elargita al nobile convegno la benedizione di Dio [... ]» (ibid., 58). "Ibid., 70.


Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania ( 1844-1856) 461 ·---

voltasi era possibile dare al nuovo assetto dello Stato un indirizzo "morale" e "religioso", evitando che si ripetesse in Sicilia quanto era successo in altre rivoluzioni a partire da quella francese"'·

2.3 La morte del Regano li vescovo Regano può essere giustamente considerato allo stesso tempo testimone e protagonista dei cambiamenti della società catanese nella metà dell'Ottocento. Durante i ventidue anni di governo pastorale fu obbligato ad affrontare i problemi sorti dopo la rivoluzione del 1837, si misurò con quella del '48 e con la repressione dell'aprile del 1849, visse in tempo per assistere all'annessione della Sicilia all'Italia, dopo lo sbarco di Garibaldi a Marsala e la capitolazione dei barboni. li venerdì santo (29 marzo 1861), mentre in cattedrale si celebravano le funzioni della passione e «si diceva "inclinato capite", così Monsignore spirò» 66 . Il 1° aprile la salma fu esposta in episcopio per dare al clero e ai fedeli la possibilità di dare l'ultimo saluto 67 ; il 3 furono celebrati i funerali e 1'8 si procedette alla inumazione nella cattedrale 68 . Mentre in un primo 1non1ento alcuni canonici avevano proposto di scrivere sulla lapide «Primus archiepiscopus», alla fine si optò per l'espressione «Hic pater pauperum»: si temeva ancora che riconoscendo il Regano come primo arcivescovo si potesse met-

65 Per corr1prendcrc lo stato d'animo con cui il clero partecipò ai 1noti rivoluzionari ciel '48 è utile leggere un arlicolo apparso su L'a111ico del popolo dal titolo «Il sacerdozio siciliano al popolo» in cui si applica al nuovo assetto sociale derivalo dalla rivoluzione l'allegoria dcl corpo inistico cli Cristo che nella lcltera ai Corinzi S. Paolo applica, invece, alla Chiesa (ihid., 47). Nel 1nomento in cui si vuol dare un nuovo assetto politico alla società si propone il 1noclello tnai cli1nenticato della re.1· puhlica christiana. 66 B. CRISTOADORO, op. cit., 29 marzo 1861. (,J Solo da morto il Regano indossò per la pri1na volta il pallio, conferitogli due anni pritna dalla Congregazione Concistoriale: «non pote' nlettcrsi vivo perché il nunzio apostolico di Napoli eleuo nella bolla pontificia non avea delegato per fare la funzione di metterlo» (ibid., I aprile). 68 Un'ampia cronaca degli avveni1nenti è faua da V. BoNDICE, op. cit., canti V-Vll del poc1nctto e da B. Cristoadoro nei giorni 1-3 aprile, che riassun1e anche il tesLan1ento del Rcgano (8 aprile).


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tere in dubbio la legittimità della rivendicazione secolare della Chiesa di Catania di essere riconosciuta sede metropolitana e non suffraganea di Monreale 69 • In attesa della nomina del nuovo arcivescovo il governo della diocesi fu affidato al priore del capitolo Gaetano Asmundo"'.

3.

!~e

relaz;oni "ad lùnina" t!el vescovo Re gana

Le tre relazioni, che pubblichiamo in appendice, coprono l'intero arco del governo pastorale del Regano 7 '. La prima porta la data del 1844 ed è inviata dal vescovo a distanza di cinque anni dal suo ingresso in diocesi, dopo aver fatto per due volte la visita pastorale 72 ; perciò si trovava nelle condizioni di dare un quadro compiuto della vita diocesana. La Congregazione non la ritenne esauriente, perché il vescovo non aveva tenuto conto dello 'schema proposto dalla istruzione di Benedetto XIV. La seconda fu inviata nel 1850 e può essere considerata una integrazione della prima, perché il Regano dà le notizie richieste dalla Congregazione. La terza, molto breve, è del 1856. li vescovo, dopo aver dato una risposta a due quesiti posti dalla Congregazione, disse di non aver nulla da aggiungere ai dati contenuti nelle altre. La morte lo colse quando aveva chiesto la proroga per inviare una quarta relazione. I dati che ci offrono i tre docun1enti sono interessanti ma non eccezionali, perché il vescovo e la Congregazione si dimostrano attenti all'ordinamento interno della diocesi di Catania e non prestano sufficiente attenzione agli avvenimenti esterni in cui la Chiesa è coinvolta. Vista la situazione anon1ala in cui veniva esercitata la cura delle anime

69 V. M. AMICO, Cata11a i/!11strata, II, ex typographia S. Trento, Catanae 1971, 55; P. GAUCHAT, Hierarchia catholica 111edii et recentioris aevi, IV, Il Messaggero di S. Antonio, Patavii 1967, 141. 70 Mons. Felice Regano, carte private, cit., verbale della elezione. 71 ARCHfVIO SEGRETO VATICANO, Relazioni "ad !i111i11a ", Catania B, l 63r-230r. 72 Gli alti delle visite pustorali del vescovo Regano si trovano in CATANJA. ARCHIVIO DELLA CURIA ARCIVESCOVILE, Atti visite.


Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania ( 1844-1856) 463 nella diocesi di CataniaB, la Congregazione chiese al vescovo di offrire sull'argomento dati esaurienti. Così nella seconda relazione il vescovo diede una descrizione dettagliata delle diverse collegiate esistenti in diocesi e delle persone alle guaii competeva l'esercizio della cura delle anime nei diversi capitoli (rel. 1850, 20lr-205v). Questa può essere considerata la parte più interessante delle relazioni del Regano, perché ci offre un quadro esauriente sul!' ordinamento della cura delle anime nella diocesi di Catania alla vigilia dell'unità d'Italia, quando le leggi eversive provocheranno un cambiamento radicale. Nei suoi ri1ievi la Congregazione invitò il vescovo a trasfonnare in parroci perpetui i cappellani sacramentali amovibili ad nutum, seguendo l'esempio della diocesi di Gallipoli (rcl. 1844, 187v; 1850, 214r); ma la risposta del Regano fu molto franca: «Ora devo dare una risposta al suggcri1nento di no1ninarc parroci perpetui coloro che esercitano la cura delle anin1e. Tutto questo è cert<nnentc conforn1e alle norme canoniche e alle prescrizioni delle autorità ecclesiastiche. Tuttavia bisogncr8 vedere se ci sarà qualcuno disposto a partecipare al concorso e a vincerlo per guadagnare quattro o cinque once di rendita co1ne congruo sostentamento. A volte sono costretto a far ricorso alle esortazioni e ni consigli per affidare questo 1ninistero ai sacerdoti più preparati, che accettano solo perché spinti dall'an1ore per il prossi1no e non dalla speranza di acquisire una rendila, per altro necessaria alla loro esistenza. In queste condizioni obbligarli a celebrare la 1nessa per il popolo credo sia slieno da ogni fonna di cquit~1. Si Lenga per nitro presente che nelln diocesi di Catania non esistono parroci; unico parroco di Lutta la diocesi è il vescovo, a cui compete l'obbligo di celebrare la 1nessa per i suoi fedeli. Per questi e per altri 1notivi analoghi i tniei predecessori hanno preferito lasciare i1nmutata la situazione esistente»

(rei. 1856, 224r-v).

Alla Congregazione non rimase altra scelta che prendere atto della situazione senza sbocco in cui il vescovo si trovava (rel. 1856, 229r-230r).

73 Per questo problema vedi A. LONGH!TANO, La parrocchia ne/fa diocesi di Catania prùna e dopo il Concilio di Trenro, Istituto Superiore di Scienze Religiose, Palenno 1977; ID., Evoluzione sociale e politica delle parrocchie, in AA. Vv., La Chiesa di Sicilia dal Concilio Varicano I al \laricano Il, I, Sciascia editore, Caltanissetla - Ro1na 1994, 405-482.


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Sono anche rilevanti le notizie che ci dà sul seminario. Nel 184 7 i borboni avevano requisito il grande edificio del seminario, costrnito dal vescovo Andrea Riggio in piazza Duomo, per farne una caserma inilitare. Il vescovo si trovò in difficoltà a trovare una sede

alternativa. In un primo momento sembra che non fosse in grado di alloggiare gli alunni ma di assicurare solamente le aule per le lezioni (rei. 1850, 206v). Solo a distanza di alcuni anni riuscì ad adattare i locali che si trovavano a nord della porta Uzeda (rei. 1856, 224v), che costituiranno la sede definitiva del seminario fino al 1943. Sul suo ordinamento interno il vescovo sottolinea che esan1inava personal-

mente i seminaristi per rendersi conto della loro idoneità (rei. 1844, l 78v); informa che la retta era di 72 ducati per i diocesani e di 78 per gli estradiocesani (rei. 1850, 202v). Nonostante il rigore con cui avveniva la selezione dei candidati, nel 1856 il seminario accoglieva 120 alunni (rei. 1856, 224v) 7". Il vescovo, inoltre, informa la Congregazione: che a Catania c'erano «sc110le pubbliche sul modello lanchasteriano e molte scuole private» (rei. 1844, J 78r) 75 ; che non esistevano le prebende del teologo e del penitenziere nel capitolo della cattedrale ed in quello della collegiata (rei. 1850, 20lr), che non era riuscito a celebrare il sinodo diocesano (rei. 1850, 203r), che non venivano più esigile le pene pecuniarie (rei. 1850, 203r), che il clero non si riuniva per i casi morali e liturgici (rei. J 850, 205v). Ai cambiamenti che si erano verificati in seguito ali' abolizione della feudalità ( 18 I 2) e alle leggi borboniche il vescovo accenna quasi di sfuggita: le rendite della mensa vescovile erano diminuite notevolmente al punto che spesso i debiti superavano gli introiti; non venivano più percepite le decime domenicali e sacramentali (rei. 1844, l 78r); molte confraternite e luoghi pii erano soggetti alla giurisdi-

74

Sulla vita ciel se1ninario cli Catania in queslo periodo storico si veda G. ZITO, (Jrdinan1ento e sconosciuta vitalità de/fa Jonnazione culturale nel se111i11ario di Catania nella prilna 111età del sec. XIX, in Synaxis 2 (1984) 473-526. 75 Il (c1na è affrontato in particolare da A. CRJMI, Teoria educativa e .scuola popolare in Sic;/ia nel te111po dei barboni, Accaden1ia degli Zelanti, Acireale 1978; G. BONETTA, Istruzione e società nella Sicilia de//'()ttocento, Scllcrio, Palenno 1981.


Le relazioni "ad limina" della diocesi di Catania (1844-1856) 465 zione laicale (rei. I 850, 206v). Per tanti altri problemi che non riusciva a risolvere il Regano si giustifica con una espressione ricorrente nelle relazioni ad limina di questo periodo: «le difficili condizioni dei nostri tempi» (rei. I 850, 203r). Sulla religiosità del popolo non dà un giudizio positivo: «i costumi del popolo sono decaduti soprattutto a causa della negligenza nell'ascolto della parola di Dio» (rei. 1856, 206v). Più benevolo il giudizio espresso sulla moralità del clero: «generalmente i costu1ni del clero sono buoni, ma a volle succedono scandali, che vengono riparati nel miglior modo possibile» (rei. 1856, 205v-206r). Non c'è alcun cenno ai moti del 1848 e alla parte che il vescovo e gli ecclesiastici vi avevano avuto. Solo quando scrive di avere osservato la nonna della residenza, accenna a due eccezioni dovute a cause di natura "politica": nel marzo del 1848 si era recato a Palermo per partecipare al parlamento convocato «dai ribelli» e nel giugno successivo .si era recato a Napoli dal re, al quale era stato inviato con1c nunzio (rei. 1850, 202v).



XXXIX

1844 - Relazione scritta il 22 dicc1nbrc 1844 dal vescovo Felice Rcgano e presentata a Ro1na dal procuratore cm1. Egidio Maroni 1 •

1 Prì1na dcl testo di questa relazione si trovano gli atti della visita ad /ùnina dcl vescovo Salvatore Ferro Berardi, fatta 1ncntre si trovava a Ro1na, dopo la consacrazione; I) u11'1 lellera alla Congregazione del Concilio: «E1nincntissin1i e Rcvcrcndisis1ni Signori. li novello vescovo di Catania Salvatore di Ferro avendo con1pito alla visita de' sacri Jiinini dc' Santi Apostoli Pietro e Paolo, con1e costa dagli ingiunli docu1nenti, supplica l'EE. VV. Rev.1ne onde ne venga rilasciato !'attestato di questa Sagra Congregazione in ade1npi1ncnto tanto de' trascorsi trienni che corrente. Supplicando ancora che le venga accordala una proroga per la trasn1issione della relazione di stato di sua diocesi. Che, etc.» (l57r); sul dorso si legge la nota: «Die 8 aprilis 1818. Datur attcstatio pro praeteritis cr currenli 78 tricnniis cuin ohligaLione infra currcns» (160v); due attestati della visila alle basiliche ro1nane rilasciati in data 16 e 19 111arzo 1818 (l58r; 159r); 2) una seconda lettera al papa Pio VII: «Beatissi1no Padre, Salvatore vescovo di Catania, oratore u1nilissi1no della Santità Vostra, con profondo ossequio la supplica a degnarsi, anca in vista dei forti incon1odi di salule cui il supplicante rin1ane soggetto, di accordargli la nuova proroga di un anno a lrasrnellere lo stato di sua Chiesa e Diocesi. Che, ecc.»; (16lr) sul dorso si legge la nota: «Dic 18 sctle1nhris 1819. Ad aliud annunl» (l62v). 2) Gli atti delle visite ad litnina del vescovo Felice Regano: due attestali della visita alle basiliche ro1nane rilasciati in data 30 agosto e 6 sette1nbrc 1839 ( l 63r; l 64r); cinque richieste di proroga dal 1840 al 1844 (166v-174v); una lettera al papa: «Bcatissi1no Padre. Il vescovo dì Catania non potendo recarsi in Ron1a per la visita dc' Snnli Lin1ini tanto per il psssato 86 che per il presente 87 triennio ha deputato il suo procuratore il canonico D. Egidio Maroni, a cui ha tras1nesso ancora la relazione dello stato della Chiesa; supplica la Santità Vostra ad arnn1ettere il detto procuratore. Che, ccc.» (175r); sul dorso si leggono le nole: «Ex auclicntia Sanctissirni 26 fcbruarii 1845. Sanctissi1nus annuit tain pro praterito quarn pro 87 lrienniìs»; «Dnta l'uit alleslalio tani pro praetcrito 86 quain pro currcnti 87 triennio, die 20 decc111bris 1846 cxpiraturo» (176v); una lettera dcl vescovo al can. Egidio Maroni con il confcrin1cnto dell'incarico (176r); due attestali della visita alle basiliche roinanc rilasciati in data 8 e 14 gennaio 1845 (18lr; l82r).


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[177r] Eminentissimo Signore Poiché il vescovo da antichissima tradizione, dalle norme dei pontefici e dal giuramento prestato, è obbligato nei tempi stabiliti a visitare le tombe degli apostoli e a rendere conto di ciò che attiene alla cura delle anime e all'amministrazione dei beni della Chiesa a lui affidata, per non dare l'impressione di trascurare a lungo questo compito così i1nportante, essendo trascorsi cinque anni dalla inia consacrazione e trovando1ni in questo 1nomento legittirna1nente i1npedito,

affido ad un altro l'esecuzione di questo mio particolare dovere e rendo noto all'Eminenza Vostra tutto ciò che è giusto far conoscere, perché a sua volta lo riferisca al Santo Padre, i cui piedi, anche se assente, profondamente prostrato bacio e abbraccio con ogni riverenza e ossequio. Catania, città antichissima sulla costa orientale della Sicilia, è illustre non solo per il numero e per la nobiltà dei suoi abitanti, ma anche per il martirio di S. Agata; felicemente soggetta alla giurisdizione del!'agustissimo Re Ferdinando II, conta una popolazione di 54.000 abitanti. Nel 44 d. C. questa città ebbe come primo vescovo S. Berillo, consacrato dall'apostolo Pietro; egli come un buon pastore portò la luce dcl Vangelo e guidò il suo gregge ai pascoli salutari. Non pochi furono i vescovi che dopo di lui brillarono per la fama della santità; fra di loro si possono numerare: Everio, Serapione, Severino, Giacotno, Sabino, Leone e Severo. Guidata da vescovi così 1neritevoli, la

Chiesa di Catania annovera molti martiri: Euplio, Stefano, Ponziano, Attalo, Fabiano, Cornelio [177v], Sesto, Floro, Quinziano, Minervino e Se1npliciano, i cui nomi si trovano nel martirologio romano. La chiesa cattedrale, resa illustre dalla santità dei vescovi e dal sangue dei 1nartiri, ricostruita dalle fondan1enta dal vescovo Andrea

Riggio dopo il terremoto ciel 1693, adornata dalla munificenza degli altri vescovi e consacrata dal vescovo Domenico Orlando, per la celebrazione dei divini uffici ha 5 dignità (il priore, il cantore, il decano, il tesoriere e l'arcidiacono), 12 canonici, altrettanti secondari e 6 beneficiali; questi ultimi assieme a tutti gli altri assistono a giorni alterni al


Le relazioni «Ad Limina» della Diocesi di Catania (1844-1856) 469 coro; le prebende canonicali sono pagate dalla mensa capitolare, le distribuzioni da quella vescovile. Inoltre ha 4 cappellani ed altri ministri inferiori. In detta chiesa nelle domeniche e nei giorni di festa, dopo la recita del vespro, si tiene una predica per listruzione del popolo; lo stesso si fa nei giorni di quaresima, ad accezione del sabato. Oltre ai paramenti sacerdotali ed ai vasi sacri, la predetta chiesa possiede le seguenti reliquie: il corpo e il velo di S. Agata, due braccia di martiri (S. Sebastiano e S. Giorgio), la testa di S. Margherita vergine e martire, parte della testa di S. Cataldo vescovo, parte del legno della Santa Croce, tre spine della corona di nostro Signore Gesù Cristo, un pezzo della veste di S. Giuseppe ed un altro del velo della B. Vergine Maria, un frammento di osso di S. Euplio, cittadino di Catania e martire, parte del dito di S. Lucia vergine e martire e frammenti di reliquie di altri santi. li palazzo vescovile con l'archivio e la curia è congiunto alla cattedrale [I 78r] come il seminario dei chierici, che è fornito di un sufficiente patrimonio.

La mensa vescovile, riccamente dotata dalla munificenza del conte Ruggero, è oberata di oneri a tal punto che a volte, secondo il mutare delle circostanze, i debiti superano le rendite; infine è anche tenuta a pagare il così detto terzo pensionabile. li diritto di percepire le decime don1inicali e sacra1nentali, a torto ritenuto un abuso, di recente è stato abrogato;, pertanto da circa tre anni non ne usufruisco con grave danno dei poveri e della Chiesa. Spero quanto prima di riaverlo. Poiché il vescovo è unico parroco di tutta la città, per I' amministrazione dei sacramenti vi sono 13 chiese filiali o sacramentali; ognuna di esse ha il suo cappellano amovibile con il coadiutore, che ricevono dalla mensa vescovile il proprio sostentamento e le somme necessarie per il culto e la manutenzione delle fabbriche'.

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Il brano è evidenziato con un segno verticale al margine sinistro.


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A Catania c'è un insigne capitolo di canonici nella chiesa Santa Maria dell'Elemosina, eretto motu proprio in collegiata da Eugenio IV e soggetto alla giurisdizione e alla visita del vescovo. Nella città sorgono 15 istituti religiosi maschili e 6 femminili, associazione di chierici secolari, 61 associazioni laicali, 7 luoghi pii o reclusori e molte chiese, che complessivamente raggiungono il numero di 84. li culto nelle chiese si svolge in modo decoroso; la vita delle monache è conforme alle regole; il clero osserva i propri doveri di pietà. Infine a Catania sorgono: la regia università degli studi, le scuole pubbliche sul modello lanchasteriano e molte scuole private [178v]. Trovando1ni a svolgere l'ufficio di vescovo di questa citfil, per provvedere con sollecitudine al ministero pastorale e allontanare i pericoli per le anime, ho scelto come mio vicario generale il cantore cli qucsla santa chiesa cattedrale, che era già stato vicario capitolare; e per quanto è dipeso da 1ne non 1ni sono rispanniato nel lavoro; infatti nei giorni festivi ho preso parte alla 1nessa conventuale, nelle solennità ho celebrato le messe pontificali e, per quanto era nelle mie possibilità, ho insegnato ai fedeli le vie del Signore. Ho esaminato personalmente gli ordinandi e nei tempi stabiliti ho tenuto le ordinazioni; ho amministrato spesso il sacramento della cresin1a e ho portato a tennine per la seconda volta la visita pastorale di tutta diocesi, secondo le indicazioni del Concilio di Trento. Ho visitato infatti le città di Acireale, Paternò e Adrano, nelle quali si hanno chiese collegiate, inonasteri, coilegi di ragazze, reclusori e chiese ben provviste del necessario per il culto. Ho pure visitato la città di Regalbuto, che ha un collegio di ra· gazze e tre monasteri, il secondo dei quali è dedicato ai Santi Angeli e soggetto all'autorità dei padri agostiniani; anche se è il più ricco, ha così sofferto per la cattiva amministrazione dei beni che oggi le monache n1ancano dcl necessario. Perché non anelasse lutto in rovina è intervenuta la regia autorità, su richiesta dell'attuale ab badessa. Ritengo che il solo rimedio utile è di sottrarlo alla potestà dei regolari.


Le relazioni «Ad Limina» della Diocesi di Catania (I 844-1856) 4 71 Ho pure visitato i comuni di Viagrande, Trecastagni, Centuripe e Biancavilla, ognuno dei quali ha una chiesa collegiata e un collegio di ragazze. Ho visitato i comuni di Nicolosi, Aci Catena, Aci San Filippo, Aci Santa Lucia e Belpasso, le cui chiese sono insignite di un collegio di canonici [l79r]. Infine ho sottoposto a visita Ramacca, Catenanuova, Aci Sant' Antonio, Aci Bonaccorsi, Mascalucia, Gravina, San Pietro, Torre del Grifo, San Giovanni Galermo, Camporotondo, Pedara, San Giovanni la Punta, Sant' Agata li Battiati, Trappeto, San Gregorio, Valverde, in cui sorge un convento di agostiniani scalzi ai quali è affidata la cura delle anime, Aci Castello, Motta Sant' Anastasia e Misterbianco, in cui c'è un collegio fondato con la regola del card. Corradini; come pure i villaggi Tremestieri, Acitrezza, Borrello, Mompileri, Mangano, Pisano, Bongiardo, Linera, Santa Venerina, Zafferana, Viscalori, Maugeri, Aci Platani, Licodia e Gabella, la maggior parte dei quali ha chiese dotate di rendite poverissime. In lutti questi centri non manca nei giorni di festa la predicazione e l'istruzione dei bambini e delle bambine. Oggi per il cambiamento dei confini della diocesi son venuti meno i comuni di Regalbuto, Centuripe, Ramacca, Gabella e Catenanuova; sono stati aggiunti i comuni di Bronte e Maletto. Sottometto quest'analisi della diocesi al giudizio dell'eminenza Vostra, perché mi faccia conoscere sincera1nente tutto quello che riterrà necessario correggere, certo della mia obbedienza e venerazione per la sede apostolica. Catania, 22 dicembre 1844. Felice, vescovo di Catania


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*** 807,z.e predisposte dall'officiale della Congregazione per la risposta al vescovo'.

f185r] Catania, 10 marzo 1845. Mons. Felice ( ... ) 4 fatto vescovo di Catania in Sicilia nel ( ... )S ha mandato la sua !" relazione il 22 dicembre I 844, la quale è stata ammessa tanto per il triennio 86 quanto per il susseguente 87, spirato il 20 dicembre 1846. Per la visita dei Santi Limini è in regola. § 1 pertinens ad statu1n b'cclesiae n1aterialenz

I. S. Berillo ordinato da S. Pietro fu il primo vescovo di quella diocesi celebre per tanti Santi prnsuli e martiri. V. La chiesa cattedrale fu fabricata dopo il terremoto dal vescovo Andrea Riggio nel l 623. Il capitolo della cattedrale ha 6 dignitari, cioè: il priore, cantore, decano, tesoriere ed arcidiacono, 12 canonici cd altrettanti di second'ordine, con1e ancora 6 beneficiati. Le prebende canonicali sono pagate dalla 1nensa capitolare, le distribuzioni però dalla mensa vescovile. Si numerano 4 cappellani ed altri 1ninislri inferiori. VI. Non fa alcuna menzione del numero delle collegiate; nornma soltanto quella di Santa Maria dc Elemosina in Catania [I 85v], eretta da Eugenio IV, non aggiungendo altro. Nei luoghi che cita co1ne visitati canonica1nentc, parla delle città di Via Magna, Triu1n Caslanearum dove il numero delle collegiate di questi luoghi ascende a I 3. VII. Non parla del numero delle parrocchie affatto; ricorda soltanto che il vescovo è il parroco della città, che per l'an1n1inislrazione dci sagrainenti vi sono 13 chiese filiali alle qnali è preposto un

-' Il docu1nento della Congregazione inviato nl vescovo è riportalo in ;_1ppcnclicc al lesto originale della relazione. ~ Lacuna nel leslo. 5 Lacuna nel resto.


Le relazioni «Ad Limino» della Diocesi di Catania (1844-1856) 4 7 3 cappellano e un coadiutore ammovibili ambedue, e ricevono il loro onorario dalla mensa vescovile, essendo il vescovo altresì obbligato alla manutenzione delle chiese. VIII. 15 cenobi conta la città, 6 monasteri di vergini, una congregazione di laici, 7 luoghi pii e molte chiese, che formano in tutto il numero di 84. Ma - aggiunge il vescovo relatore - che il culto dei tempi è decente, la vita delle monache regolare e la pietà del clero religiosa. IX. Vi è un se1ninario presso la chiesa cattedrale; è dotato con

rendite sufficienti. X. Si trova nella città un ginnasio rcggio, scuole Lancasteriane ed altri luoghi di privata istruzione [186r].

li Il pertinens ad ipsum Episcopum II. Pare che abbia visitato la maggior parte della sua diocesi ed enumera largamente 32 città, delle quali 3 hanno chiese ben ornate; 14 paesi, le chiese dei quali sono proviste di rendite scarsissime, e dice che restano ancora 6 luoghi da visitarsi 6 .

III e ss. Il vescovo crede di aver soddisfatto al suo dovere creando un vicario generale, assistendo alle 1nesse conventuali nei giorni

festivi, celebrando in pontificalibus qualche volta, istruendo i fedeli, presiedendo agli esami degli ordinandi, ed amministrando i S. Ordini nei tempi prefissi e spesso la S. Cresima. § IV et V pertinentes ad clerum regularem et moniales Nel numerare le città da lui visitate parla di diverse che sono ben provedute con monasteri di uomini e di donne. Della città, che chiama Rayalbuthi urbcm, dice che vi è un conservatorio di vergini e 3 monasteri, dei quali uno sotto il titolo dei Santi Angeli è soggetto ai regolari di S. Agostino; n1a che è così 1nale an1ministrato che le 111onache

6

L'officiale della Congregazione scn1bra che non abbia cnpito il testo della

relazione:

1ncntre

il Regano scrive che, in seguito all'ulli111a rettifica dei confini, la

diocesi ha perduto alcuni con1uni, l'officiale capisce che al cornplctmnento della

visita pastorale 1nancano ancora sci cornuni.


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mancano delle cose più necessarie. L'abbadessa ha ricorso al Re. Secondo l'opinione di Mons. Vescovo [186v] non vi è altro rimedio per il bene del monastero, che liberarlo dalla soggezione dei regolari'. Nella città di Valle Verde nomina un convento di Scalzi di S. Agostino. Quindi in Monasterio Albo fa menzione di un collegio sotto la regola del Card. Corradino.

*** Tutte le altre cose trattate nella relazione di Mons. Vescovo sono espresse con poche parole. I. II numero degli abitanti è di 54.000. 2. Ogni domenica e giorno di festa vi è la predica nella cattedrale; nella quaresima però si predica ogni giorno eccetto il sabato. 3. La chiesa cattedrale possiede molte reliquie (e ne fa esattissima enumerazione) oltre i sacri paramenti e vasi. 4. II vescovo ha un palazzo proprio coll'archivio e Ja curia. 5. La mensa vescovile è ricchissima per la munificenza del conte Ruggero ma ha molti pesi, i quali alle volte sono maggiori delle rendite; oltre ciò paga il tertium sic dictum pensionabile. Da tre anni non ritira più i proventi delle decime padronali e sagramentali, il quale dritto fu erroneamente creduto usurpazione; ma spera Mons. Vescovo di riacquistarlo. 6. Non è trascurata nelle altre chiese l'istrnzione morale. La relazione è mancante delle cose le più essenziali. R. M. Lichnonski

7

Al 1nargine con altra grafia si legge la nota: «Un separato quesito alla S. Congregazione de' Vescovi e Regolari».


Le relazioni «Ad Lùnina» della Diocesi di Catania (1844-J 856) 4 7 5

*** [21 I r] Catania. Progetto di minuta. La S. Congregazione del Concilio ha ricevuto con piacere la relazione del vescovo di Catania e l'ha ammessa non solo per il triennio spirato lì 20 dicembre 1846, ma ancora per gli antecedenti. Nell'esaminarla, poi, gli Em.mi Padri hanno avuto ragione di congratularsi col medesimo per lo zelo, che adopra nel disimpegno del vescovi! ministero. Egli ha sortito un campo amplissimo, dove esercitare le sue cure; imperoché la diocesi di Catania nobilissima si deve tenere non solo perché riconosce per primo vescovo un discepolo di S. Paolo 8 , conta una serie di pastori cospicui per santità e possiede reliquie insignissi1ne di santi, ma ancora perché è fornita di n1oltissimi pii istituti, mediante i quali i fedeli alla di lui cura commessi possono avere mezzi abbondevolissimi e stimoli efficacissimi per sempre meglio incamrnimusi alla perfezione cristiana. Per scendere, poi, ai particolari della relazione stessa gl' Ern.mi Padri stimano supernuo d'inculcare a mons. vescovo ad adoprarsi con lutto l'impegno perché possa rivendicare il dritto di esigger le decime, usando tutti quei mezzi di attività e prudenza che richiede il bisogno. Riposano poi fidatissimi sulla nota vigilanza del vescovo perché i cappellani, a' quali ad nutum commette la cura delle anime di Catania, la quale in1mediatamente co1npete al vescovo stesso, siano pren1u-

rosi e diligenti nell'adempiere tutte [21 lv] e singoli parti dell'officio parrochiale. La S. Congregazione richiama l'attenzione di monsignore sull'oggetto di vedere se possano esserci mezzi opportuni e necessari per sostituire a questo sistema di parrochi amovibili quello di parrochi perpetui, come con lode di questa S. Congregazione han fatto altri ve-

8

Si dovrebbe scrivere «S. Pietro».


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scovi, i quali trovavansi nel medesimo caso (S. Congregazione (del Concilio}, in Gallipoi. Parrochiarum, 7 augusti 1841). Rapporto al monastero de' Santi Angeli non tardi ad avanzare i suoi reclami alla S. Congregazione dei Vescovi e Regolari, la quale provvederà secondo richiede il bisogno. Del resto la S. Congregazione avrebbe bramato essere informata di tante altre particolarità, che riguardano lo stato materiale e formale della diocesi di Catania. Ella non sta a descriverle in dettaglio, giacché monsignore può trovarle ne' rispettivi quesiti, i quali si fanno nell'istruzione Benedettina, che trovasi nel Concilio Romano del 1725, nel bollario di Benedetto XIV e nella di lui opera De synodo dioecesana in fine. La S. Congregazione l'esorta pertanto ché nella prossima relazione si attenga strettamente all'istruzione medesima sull'esempio di tutti quasi i vescovi d'Italia e fu or d'Italia, sicura che troverà sempre maggiori argomenti da congratularsi con lui. In fine non dubita la S. Congregazione che monsignore nel suo ben conosciuto zelo sarà per rinnovare la visita della diocesi a forma del Concilio Tridentino (sess. 24, cap. 3), che invigilerà sulla condotta degli ecclesiastici, specialmente sui parrochi (onde siano diligenti nell'adempi- [212r] mento de' parrochiali doveri) non che de' chierici, i quali son chiamati nella sorte del Signore e che formano la speranza della Chiesa, che al popolo ed alla gioventù non manchi il pane vangelico della predicazione e della dottrina cristiana.


Le relazioni «Ad Lùnina» della Diocesi di Catania (1844-1856) 477

XL

1850 - Relazione scritta il 1'8 dicen1brc 1850 dal vescovo Felice Regano e presentata a Ro1na dal procuratore sac. Ferdinando Reccl1ia 9 •

[20 I r] Eminentissimo Signore Per non venir meno a un mio precipuo impegno mi affretto a presentare la seconda relazione della mia Chiesa aggiungendo i dati mancanti alla pri1na. Avrei dovuto farla pervenire lo scorso anno; ma con il permesso della Sacra Congregazione, concesso l' 11 dicembre, ne ho differito fino ad oggi la spedizione. 1. Nella cattedrale manca il teologo e il penitenziere'"; ma ho osservato fedelmente la disposizione testamentaria del mio predecessore Corrado Maria Deodato de Moncada, che ha lasciato una somma di trenta ducati da consegnare ogni anno a chi tiene in cattedrale la catechesi ai fedeli. Nella collegiata di Catania e in quelle delle altre chiese della diocesi non esiste la prebenda teologale". Le collegiate complessivamente sono 12 e sorgono nelle seguenti città: Catania, Acireale, Paternò, Adernò, Belpasso, Biancavilla,

9 Al testo della relazione sono acclusi i seguenti docu1nenti: I) quattro richieste di proroga dal 1847 al 1850 (190r-198r); una lettera al papa: «Beatissitno Padre. Il vescovo di Catania non potendo recarsi a Roma oer visitare i Santi Li1nini e presentare la relazione per il passato triennio 88 e corrente 89 ha deputato in suo procuratore il rev.do sacerdote Ferdinando Recchia. Supplica la Santità Vostra ad a1ncttere il detto procuratore. Che, ecc.» (198r) sul dorso si leggono le note: «Ex audientia Sanctissin1i 13 ianuarii 1851. Sanctissirnus annuit ta1n pro 88 qua1n pro currenti trienniis»; «Data fuit attestatio tam pro practerito 88 quam pro currenti trienniis. Dic 20 decetnbris 1852 cxpiraturo» (198v); una lettera dcl vescovo al sacerdote Ferdinando Rccchia con il conferi1nento dell'incarico (199r); due attestati della visita alle basiliche ro1nanc rilasciati in data 8 gennaio 1851 (209r; 210r). 10 Il brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel n1arginc sinistro. 11 Il brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel margine sinistro.


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Acicatena, Santa Lucia, Aci San Filippo [20lv], Viagrande, Trecastagni e Nicolosi. La collegiata di Catania ha 4 dignità (prevosto, tesoriere, cantore e decano), 18 canonici e 12 mansionari che partecipano al coro. Quella di Acireale è costituita da 3 dignità (prevosto, cantore e tesoriere), da 12 canonici e IO mansionari, che partecipano al coro con pari diritto.

Quella di Paternò è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano), da 12 canonici, 8 mansionari e altri 4 canonici, detti "dell'eredità di Paraci", con proprie rendite, che amministrano personalmente e partecipano al coro con gli altri. Quella di Adernò è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, decano e tesoriere), 12 canonici e 8 mansionari che partecipano al coro. Quella di Belpasso è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano), 12 canonici e 6 mansionari, che partecipano al coro [202r]. Quella di Biancavilla è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano), 8 canonici e 8 mansionari, che partecipano al coro.

Quella di Aci Catena è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano) 11 canonici e 6 mansionari, che partecipano al coro.

Quella di Santa Lucia è costituita da 3 dignità (prevosto, cantore e tesoriere), 9 canonici e 4 mansionari, che partecipano al coro. Quella di Aci San Filippo è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano), 9 canonici e 4 1nansionari, che partecipano al coro. Quella di Viagrande è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere de decano), 12 canonici e 6 mansionari, che partecipano al coro.


Le relazioni «Ad Lùnina» della Diocesi di Catania (1844-1856) 479 Quella di Trecastagni è costituita da 4 dignità (prevosto, cantore, tesoriere e decano), 8 canonici e 4 mansionari, che partecipano al coro. Quella di Nicolosi è costituita da 3 dignità (prevosto, cantore e tesoriere) IO canonici e 6 mansionari [202v], che partecipano al coro. C'è il seminario, ma i suoi locali da tre anni sono occupati dai soldati 12 ; la retta per gli alunni diocesani è di 72 ducati, per gli estradiocesani 78; molti benefici sono stati uniti al seminario, che dispone complessivamente di una rendita di 2.899 ducati, libera da oneri. Inoltre nella diocesi di Catania sorgono: 2 ospedali (San Marco e Santa Marta) amministrati dai laici, I collegio di donne retto dalle regole del card. Corradini, I ospizio per accogliere e nutrire gli anziani dei due sessi, I conservatorio per accogliere e nutrire le bambine nate da ignoti genitori, 1 collegio di nobili, un orfanotrofio, un oratorio di S. Filippo Neri. 2. Ho osservato l'obbligo della residenza stabilito dai sacri canoni, dal Concilio di Trento e dalla costituzione di papa Urbano; nello scorso anno sono stato assente dalla diocesi dal 22 marzo fino al 26 aprile, perché chiamato a Palermo dai ribelli, e nel mese di giugno perché inviato a Napoli come nunzio al Re. Ho portato a compimento ogni due anni la visita pastorale, ad eccezione del 1849 per i motivi già notiu Ho tenuto personalmente [203r) le ordinazioni e ho amministrato il sacramento della cresima. Non ho riunito il sinodo diocesano''· Ho annunziato personalmente la parola di Dio. Non esiste alcun deposito di somme provenienti da pene e multe, perché non se ne esigono più. Nella cancelleria della curia si osserva fedelmente la tassa innocenziana. Nessuno impedisce o crea ostacoli nell'esercizio del ministero vescovile e della giurisdizione ecclesiastica. Non ho potuto realizzare particolari iniziative per il bene della chiesa, del clero e del popolo per le difficili condizioni dei nostri tempi.

12 Il brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel rnargine sinistro. n Il brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel margine sinistro. 14 Il brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel inargine sinistro.


3. Le 5 dignità, i 12 canonici della cattedrale, i 12 mansionari e 6 così detti beneficiali partecipano ogni giorno al coro, ma alternativamente; quotidianamente si celebra la messa conventuale, applicata per i benefattori. Le dignità, i canonici e i mansionari della chiesa collegiata Santa Maria dell'Elemosina di Catania partecipano al coro nei giorni festivi, anche in quelli abrogati; ma ogni giorno durante l'avvento e la quaresima; negli stessi giorni celebrano la messa conventuale, che applicano per i benefattori, ad eccezione del prevosto [203v], che nei giorni festivi celebra per il popolo; la cura delle anime spetta al prevosto e ai 2 cappellani. Ad Acireale i canonici partecipano al coro nei giorni festivi, anche in quelli abrogati, nelle ottave di Natale, Pasqua, Pentecoste e Corpus Domini; negli stessi giorni viene celebrata a turno la messa conventuale, che è applicata per i benefattori; la cura delle anime spetta so1a1nente ai canonici e ai 6 mansionari, che la esercitano a turno. A Paternò i canonici partecipano al coro nei giorni festivi, anche quelli abrogati, nel giorno delle ceneri, nei venerdì di marzo, nel triduo della settimana santa e nell'ottava del Corpus Domini; negli stessi giorni si celebra la messa conventuale ed è applicata per i benefattori; le rendite della collegiata sono distinte da quella della chiesa, che sono amministrate separatamente; la cura delle anime spetta alle 4 dignità, che la esercitano con i 4 cappellani 15 • 111

Ad Adernò partecipano al coro nei giorni festivi, anche in quelli abrogati, celebrano a turno la messa conventuale e la applicano per i benefattori; la cura delle anime spetta al prevosto e a 2 cappellani [204r]. A Belpasso partecipano al coro nelle domeniche, nella settimana santa, nelle feste abrogate, nel mercoledì delle ceneri, nei venerdì e nei sabati di quaresima e nella novena di Natale; la messa conventuale è celebrata a turno nei giorni predetti dai canonici e dalle dignità ed

15

I brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel 1narginc sinistro.


Le relazioni «Ad Lùnina» della Diocesi di Catania (1844-1856) 481 applicata per i benefattori, ad eccezione del prevosto, che nelle feste celebra per il popolo; la cura delle anime spetta al prevosto e a 2 cappellani. A Biancavilla partecipano al coro in tutti i giorni festivi, anche in quelli abrogati, nell'ottava del Corpus Domini, in tutti i sabati e le vigilie; la messa conventuale per i benefattori è celebrata nelle domeniche e nelle feste, il lunedì e il martedì di Pasqua, nell'ottava del Corpus Domini e nel secondo e nel terzo giorno successivi al Natale; la cura delle anime spetta al capitolo, che la esercita a turno 16 • Ad Aci Catena partecipano al coro nei giorni festivi, anche in quelli abrogati, nelle ottave di Pasqua, del Corpus Domini, di Natale, nella settimana santa, nella festa di Santa Maria della Catena, come titolare, in tutti i giorni di quaresima, nei giorni delle rogazioni e di S. Marco [204v]; la messa conventuale è celebrata a turno dai canonici nei giorni suddetti ed è applicata per i benefattori; la cura delle aniine spetta al prevosto e ai 6 n1ansionari. A Santa Lucia partecipano al coro nei giorni festivi, anche in quelli abrogati, nelle ottave di Pasqua e del Corpus Domini, nel giorno di S. Lucia e nei giorni delle rogazioni e di S. Marco; la messa conventuale è ceJebrata dai canonici per turno nei giorni predetti ed è applicata per i benefattori; la cura delle anime spetta al prevosto e ai 4 inansionari. Ad Aci San Filippo partecipano al coro nei giorni festivi, anche 111 quelli abrogati, nelle ottave di Pasqua, del Corpus Domini e di S. Filippo, come titolare, durante la settimana santa, in tutti i sabati, nelle ferie delle rogazioni e di S. Marco e nella novena di Natale; la incssa conventuale è celebrata a turno dai canonici nei giorni predetti ed è applicata per i benefattori; la cura delle anime spetta al prevosto e ai 4 mansionari [205r].

A Viagrande partecipano al coro nelle do1neniche e nei giorni di festa, anche in quelli abrogati; negli stessi giorni è celebrata a turno

16 Il bruno è evidenzialo con un piccolo segno verticale nel 1narginc sinistro.


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la messa conventuale, che viene applicata per i benefattori; la cura delle anime spetta ai 4 cappellani". A Trecastagni partecipano al coro nelle domeniche e nei giorni di festa, anche in quelli abrogati, e nelle feste della Madonna; negli stessi giorni si celebra a turno la messa conventuale ed è applicata per i benefattori; la cura delle anime spetta al prevosto arciprete e ai 4 cappellani. A Nicolosi partecipano al coro nelle domeniche e nei giorni festivi, anche soppressi, nei venerdì di marzo, nell'ottava di Pasqua e del Corpus Domini; negli stessi giorni si celebra a turno la messa conventuale, che è applicata per i benefattori; la cma delle anime spetta al prevosto e ai 4 mansionari cappellani. Le suddette chiese sono fornite di sacre suppellettili; nessuna di esse possiede rendite per la manutenzione della fabbrica, ad eccezione della chiesa cattedrale e della collegiata di Paternò [205v]. Tutti coloro che esercitano la cura delle anime, sia in questa città sia negli altri centri della diocesi, risiedono nelle loro chiese parrocchiali, hanno i propri registri di matrimonio, di battesimo e dei defunti, nelle domeniche e nelle feste solenni istruiscono i fedeli affidati alle loro cura con la predicazione e insegnano il catechismo ai bambini e a coloro che ne hanno bisogno; nessun fra i cappellani o fra coloro che esercitano la cura delle anime applica la messa per il popolo nelle domeniche e nei giorni di precetto, ad eccezione dei prevosti di Catania e di Belpasso 18 • Pri1na di conferire la tonsura, gli ordini 1n1nor1 e 1naggiorì sottopongo i canditati all'esame; coloro che sono approvati prima del1' ordinazione fanno gli esercizi spirituali per otto giorni in se1ninario, come accade più spesso, o in qualche casa religiosa 19 ; tutti indossano la veste clericale; non viene più osservato il privilegio del foro; non si

17

Il brano è evidenziato con un piccolo segno verticale ne! 1narginc sinisrro. Il brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel inargine sinistro. 19 li brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel 1nargine sinistro. 18


Le relazioni «Ad Limina» della Diocesi di Catania (1844-1856) 483 tengono le riunioni per i casi di coscienza e per i riti liturgici 20 ; generalmente i costumi del clero sono buoni [206r], ma a volte succedono scandali, che vengono riparati nel miglior modo possibile. 4. A Valverde esercitano la cura delle anime gli agostiniani scalzi, che sono soggetti alla giurisdizione e alla visita del vescovo in tutto ciò che concerne la cura pastorale e l'a1nministrazione dei sacramenti. Riferirò in modo più dettagliato le notizie riguardanti i religiosi nella relazione che dovrò inviare alla Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, dopo la visita apostolica fatta di recente.

S. Tutte le monache osservano la clausura; oltre ai confessori ordinari hanno diversi confessori straordinari; per quanto riguarda questi ullimi, che sono perpetui, per antica consuetudine o forse per abuso, non viene osservata la prescrizione del Concilio di Trento; in alcuni inonasteri le rendite non sono amministrate fedelmente, tuttavia non per intenzione dolosa ma per la mancanza di polso delle donne; questo danno in parte è stato riparato, in parte lo sarà se Dio ci darà la pazienza e la forza necessari; in questo n1omento in lutta la diocesi non esistono monasteri soggetti alla giurisdizione dei regolari [206v]. 6. Per i 1notivi suesposti non ci sono alunni in serninario; tuttavia I giovani candidati al sacerdozio in edifici apposita1nente predisposti si impegnano negli studi, secondo la loro età e la capacità di apprendimento, e fanno progressi nella teologia dogmatica e morale, nel diritto canonico, nella filosofia e nella matematica, nell'eloquenza, nelle scienze u1nanistiche, nella lingua greca, latina e volgare, sotto la guida e la vigilanza del rettore; nei giorni festivi prestano il loro servizio in alcune chiese, soprattutto nella cattedrale; per la vigilanza sul buon governo del seminario sono stati no1ninati tre canonici 21 • 7. Diverse chiese, confraternite e luoghi pii sono soggetti alla potestà dei laici; in essi con1c vice rettore c'è il vescovo o il vicario generale; da un incaricato ecclesiastico da lui nominato ha il rendi-

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Il brano è evidenziato con un riccolo segno verticale nel n1argine sinistro. Il brano è evidenziato con un riccolo segno verticale nel rnarginc sinistro.


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conto degli oneri di messe celebrate, degli anniversari e della retta amministrazione delle rendite che riguardano il culto divino. I costumi del popolo sono decaduti soprattutto a causa della negligenza nell'ascolto della parola di Dio. Infine diverse cause, in particolare la povertĂ delle chiese, impediscono il cambiamento dei cappellani amovibili ad nutum in parroci perpetui 22 [207r]. Catania, 8 dicembre I 850. All'Eminentissimo Prefetto della S. Congregazione per l'interpretazione del Concilio di Trento. Roma. U n1ilissi1no ed osscrvantissin10

Felice, vescovo di Catania23

22

23

Il brano è evidenzialo con un piccolo segno verticale nel 1nargine sinistro. La risposta della Congregazione inviata al vescovo e riportata in appendice

al testo originale della relazione.


Le relazioni «Ad Lùnina» della Diocesi di Catania (1844-1856) 485

XLI

1856 - Relazione scritta il 1 dicembre 1856 dal vescovo Felice Regano e presentata Roma dal procuratore can. Francesco T!luminaLi 24 .

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[224r] Eminentissimo Signore Non ho nulla da aggiungere alla mia ultima relazione inviata a cotesta S. Congregazione 1'8 dicembre 1851. Tuttavia poiché l'Eminenza Vostra a nome dei suoi colleghi mi invitò a non 01nettere alcune indicazioni, darò conto di tutto, tenendo conto delle norme canoniche vigenti, della situazione esistente in diocesi, dei diritti delle collegiate e della povertà delle chiese. L'Etninenza Vostra mi ha esortato a non far mancare la prebenda del teologo e del penitenziere nelle collegiate delle città principali, che hanno un clero numeroso. Ma da dove prendere il patrimonio? Alle dignità e ai canonici - ad eccezione della collegiata cli Paternò - da parte delle chiese viene data una rendita così misera da potersi sostentare solo per alcuni mesi. C'è da aggiungere che nella provisione delle prebende tutte le collegiate sono soggette al diritto di patronato: o presentando i nomi di tre persone idonee, o eleggendo una sola persona. Non credo che accetterebbero volentieri un can1biamento della discipli11a vigente; probabilmente prenderebbero lo spunto da ciò per dare inizio a discordie e a liti. Ho ritenuto di non riunire il sinodo diocesano per la difficoltà dei tempi presenti e per la riunione di tutti i vescovi tenuta cinque anni fa, nella quale furono promulgati alcune norme molto utili. Se ci sarà

14 Al testo della relazione sono acclusi i seguenti docurncnli: 1) tre richieste di proroga dal 1855 al 1858 (218r-221r); sul dorso dcll'ultin1a si legge la nota: «Data fuit attestatio sive pro pratcrilo 90 quocl oricurrcnti 91 tricnniis. Die 20 dece1nbris 1858 cxpiraturo»; una lcllera del vescovo al can. Francesco Illuininati con il confcri1nento dell'incarico (222r-223v); due attestati della visita alle basiliche ro1nanc rilasciati in data I 1narzo e 26 aprile l 857 (226r-227r).


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qualcosa per caso.

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contrario cercherò di trovare il rimedio opportuno caso

Ora devo dare una risposta al suggerimento di non1inare parroci perpetui coloro che esercitano la cura delle anime. Tutto questo è certamente conforme alle nor1ne canoniche e alle prescrizioni delle autorità ecclesiastiche. Tuttavia bisognerà vedere se ci sarà qualcuno disposto a partecipare al concorso e a vincerlo per guadagnare quattro o cinque once di rendita come congrno sostentamento [224v ]. A volte sono costretto a far ricorso alle esortazioni e ai consigli per affidare questo 111inistero ai sacerdoti più preparati, che accettano solo perché spinti dall'an1ore per il prossi1no e non dalla speranza di acquisire una rendita, per altro necessaria alla loro esistenza. ln queste condizioni obbligarli a celebrare la messa per il popolo credo sia alieno da ogni forma di equità. Si tenga per altro presente che nella diocesi di Catania non esistono parroci; unico parroco di tutta la diocesi è il vescovo, a cui compete l'obbligo di celebrare la messa per i suoi fedeli. Per questi e per altri n1otivi analoghi i n1iei predecessori hanno preferito lasciare in1mutata la situazione esistente 25 . Per quanto attiene alla esortazione sugli esercizi spirituali degli ordinandi, devo dire che per consuetudine in11nemorabile sono tenuti in seininario e non in istituti religiosi. In alcuni luoghi sono stati già istituite le riunioni di clero per trattare i casi di coscienza. I monasteri fe1n1ninili non danno inotivo di la1nentarsi sia ri-

guardo alle cose spirituali sia riguardo alle cose 1nateriali. Anche se in passato si sono avute delle carenze, a poco a poco tutto è stato ricondotto nell) ambito previslo dalle nor1ne canoniche. Non si hanno confessori straordinari, secondo le prescrizioni del Concilio di Trento, perché ne erano stati non1inati diversi per ogni n1onastero che, assieme al confessore ordinario, ricevevano le confessioni delle monache; non credo sia possibile eliminare del tutto questo abuso. Per n1antenerc la pace ho ritenuto più conveniente non can1biare la situazione attuale, e

25

Il brano è evidenziato con un piccolo segno verticale nel rnarginc sinistro.


Le relazioni «Ad Lùnùw» della Diocesi di Catania (1844-1856) 487 di non sostitnire i confessori esistenti dopo la loro morte. Su questa linea oggi è stata risolta ogni discussione. Anche se la parte del seminario occupata dai soldati non è stata ancora restituita, sono stati predisposti altri edifici per accogliere e preparare gli alunni in 1nodo così conveniente che oggi vi risiedono più di 120 giovani. Se Dio vorrà concedermi le energie necessarie e altri anni di vita, spero di impegnarmi ancora per conseguire buoni risultati dalla mia attività pastorale. Catania, I dicembre 1856. All'illustrissimo e reverendissimo Prefetto della Sacra Congregazione interprete del Concilio di Trento. Roma. Umilissimo ed obbedientissimo Felice, vescovo di Catania20.

26 La risposta della Congregazione inviala al vescovo e riportata in appendice al testo originale della relazione.



XXXIX

[177r] Etnincntissirne Do1ninc Quonia1n ex pcrvctustis n1oribus et ponlificun1 sanctionibu.s necnon iurc{iu}rando episcopus tenelur, ad constitutum Le1npus, apostoloru1n lin1ina visitare

el de rebus ad ani1naru1n curain spcctantibus ne etiarn dc ad1ninisln1tione et usu bonoru1n Ecclesiae sĂŹbi con1111issae ratione1n rcddere, ne diu vidcar huic praecipuo 1nuneri deessc, cxaclo iam quinto a consecratione anno, lcgiti1ne i1npeditus, hanc partcn1 n1ei officii alteri con1n1itto et quac scitu digna E1ninentiac Vcstrae aperio ut ea dignetur ad Sanclissimu1n rcfcrrc, cuius pedes, quainvis absens, 01nni rcvcrcnlia cl obsequio profundissime inclinatus dcosculor et ainplector. Catana, urbs antiqua ad orienlalcrn Siciliae plagan1, non solu1n nu1nero ac sanguine civiu1n, sed eliarn <lctu et 1narlyrio divae Agathac clarissin1a habctur, diLioni augusLissin1i Regis Fcrdinandi Secundi fcliciler subiicitur; ciusque populi census quinquaginta qu<:iluor n1i11ibus hon1inun1 l'enne constat. Anno Domini quadragcsin10 quarto hacc civitas pri1nun1 episcopun1 a divo Petro apostolo ordinatu1n S. Byrillu1n agnovit, qui ut bonus pastor Evangelii luce1n intuii[ el gregern suun1 in saluLaria pascua induxit. Non p8uci praesules inde clarucrc sanctitate conspicui, inter quos Everius, Serapion, Severinus, l8cobus, Sabinus, Leo atque Severus. lndc Ecclesia catancnsis sub tantis praesulibus 1nultos nun1erat n1a1tyrcs: Eupliurn, Stcphm1u1n, Pontianuin, Aualun1, Fabianun1, Corneliu1n I 177v], Sextum, Florun1, Quinclianu1n, Minervirnnn et Si1nplicianu1n, quoruin non1ina sunt in 1nartyrologio rornano conscripta. Calhedralis autcn1 ecclesia, ponlificurn sancti1nonia et n1artyru1n sanguine illustrat<1, ab episcopo Andrea Riggio post terrae1notu1n anni 1693 n fundan1cntis erecta, a bcncficentia alioru1n cpiscoponnn ornata et ab antistiti Dominico Orlando dedic<:lta, pro celebrationc divinoru1n officionl!n quinquc habet clignitates, ncn1pe: priore1n, cantorem, clecanun1, thesaurarium et archidiaconuin, ile1n duoclecirn canonicos et lotide1n sccundarios ac etian1 sex beneficiatos qui una cun1 pracdictis alternatirn choro quotidic intcrsunt; pracbcndae canonicalcs a 1nensa capitulari,


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distributiones ab episcopali solvuntur. Habet insupcr qualuor capellanos aliosquc infcriorcs 1ninistros. In dieta ecclesia singulis don1inicis et fcstis dicbus, peracLis horis vesperlinis, habetur concio ad populum et in quadragesima per omnes dies, sabato exccpto. Praeter sacerdotalia indu1nenta et sacra vasa cadc1n ccclcsia sequentes ctiam possidet sanctoru1n rcliquias, videlicet: divac Agathae virginis et inartyris corpus et velurn; duo brachia 1nartyrum: alterurn S. Scbastiani, alterum S. Georgii; caput S. Margaritae virginis et martyris; partem capitis S. Cataldi episcopi; parun1 ligni S. Crucis et trcs spinas coronae Domini nostri Icsu Christi; particulam ex veste S. Iosephi et aliam ex velo B. Mariae Virginis; frustum ex ossibus S. Euplii civis catanensis et martyris; partc1n digiti S. Luciae virginis et martyris, ncc non aliorun1 sanctorum reliquiarum fragmenta. Adest palatiuin episcopale, quod una cum archivio et curia acdificio ca- [_178rJ thedralis adhaerel et clericon11n se1ninariun1 cidc1n ccc!esiae contiguu1n ac sufficientibus reditibus pracditun1. Episcopalis inensa, a munificentia co1nitis Rogerii perquan1 dotata, inulta sustinet onera, quac intcrdum pro tcmporun1 varietate reditus excedunt et nunc demu1n solvit tertium sic dictum pensionabile. Exactionis vero deci1narum dominicaliun1 et sacrainentalium ius, ex abusu profectu1n erronee creditu1n, nupcr fuit abrogatu1n, quo tribus abhinc annis non amplius utor, sumtno cun1 damno pauperum et Ecclesiae. Sed confido quamprimum recuperaturun1. Cum unus episcopus sit parochus totius civitalis extant pro administratione sacra1nentorum tredecim ecclesiae filiales seu sacraincntalcs et unaquaequc caru1n suun1 habet capcllanu1n et coadiutorcn1 ainovibiles, qui a mensa episcopali accipiunt sua honoraria et sumptus in divinum cultum peragendun1 et ccclesiarun1 fabricas scrvandas. Insignis est Catanae canonicorum ecclesia S. Mariac dc Eleen1osyna, ab Eugenio IV n1otu proprio in collegialem erecta atque episcopo iurisdictioni et visitationi subiecta. Exstant item in tota urbe quindecirn cenobia, sex virginum monasteria, alter clcricoru1n saecularium cactus, scxaginta cl una laicorum sodalitatcs, septcm loca pia seu reclusoria et inultae ecclesiae, quae omnes numcru1n octoginta quatuor constituunt, scd templorum cultus decens est. Monia!ium vita regularis et cleri pictas religiosa. Extant demu1n regiu1n universitatis gyn1nasium, publicae lanchestenariaru1n scholae 1nultique privati literarun1 ludi fl78v]. Ego autem, qui eiusde1n urbis nunc fungor ponlificalu, ut animarum periculis et ncgotiis spiritualibus sedulo incumbcre passim, cantore1n huius sanctac cathcdralis ecclcsiac, qui vicarius fucrat capitularis, meu1n vicarium generalc1n clcgi et quantum in me fuit laboribus non peperei; dicbus cnim fcstivis missis conventualibus intcrfui, solemnibus vero n1issas pontificalcs celebravi et vias Domini pro 1neis viribus


Le relazioni ÂŤAd LiminaÂť della Diocesi di Catania (1844-1856) 491 fidclcs elocui. Exan1ini ordinandorum pracrui, atquc ordinationcs slalutis ten1poribus habui, sacra1nentu1n confirmationis saepe adininistravi et sacrain totius dioecesis

visitationen1 iteru1n iuxta Conciliun1 Tridentinu111 peregi. Invisi nan1que civitates Acis Rcgalis, Paternionis et Hadrani, in quibus adsunl ccclcsiae collcgiatae, monastcria, virginu1n collegia, rcclusoria ac tcn1pla bene

ornata. Invisi etia1n Raghalbuti urben1, quac unun1 collcgium virginu1n et tria n1onastcria tenet, quorun1 a!teru1n Sanctis Angelis dicatu111 et regularibus S. Augustini subiectu111, quarnvis ditius, ita laboravit inala ad1ninistrationc bononnn ut tnoniales rebus 1nodo egeant nccessariis. Ne 01nnia in pracceps ruercnt nunc tande1n, per suppliccs praeces hodiernae abbatissac, regia potestas inLercessir. Solu1n aute1n rcn1ediun1 ut opinor con1parandu1n a favenda iis potestali non an1plius 1nancndi in subiectionc regulariu1n. Visitavi iLen1 oppida Viae Magnac, Triu1n Castancarun1, Centuripanun et A!bae Vi!!ae, quorun1 unu1nquodque ecc!esiam habct col!cgiatain virginurnque collegiuin. Oppida ite1n invisi Nicolosoru1n, Acis Catenac, Acis Sancii Philippi, Acis Sanctae Luciac, et Pulcripassus, quon1111 singula ctiaTn canonicoru111 collegio sunt decorata ! l 79r]. Visitavi dcn111111 Ra1nacca1n, Catenn1n Nova111, Acirn S. Antonii, Acirn Bonaccursorun1, !\1ascalucia111, Gravinarn, Sanctun1 Petru1n, Turrin1 Griphi, Sanctu1n loannne1n de Galcnno, Can1pu1n Rotundum, Pidarain, Sancturn Joanncn1 la Punta, Sanctain Agatha1n li Battiati, Trappetun1, Sanctum Gregoriu1n, Vallem Viridc1n, in quo est conventus discalciatorurn S. Augustini quibus co1n1nittitur anin1aru1n cura, Castnun Acis, Mocta111 Sanctatn AnasLasin1n et Monasteriun1 Albun1, ubi aclcst collegiurn sub rcgu!a cardinalis Corradini, nccnon pagos Triu111 Mystcrioru1n, Acis la Trccza, Borrclli, Monlis Pilcrii, Mangani, Pisani, Bongiardi, Linierac, Sanclae Vcncrac, Zafaranae, Viscalorun1, Mauccroru111, Acis a Plalaneis, Licodiae et Gabcllac, quorun1 maior pars habet ecclcsias paucissin1is reditibus dotaLas. In 01nnibus non deest dicbus fcstis praeclicatio et instructio pueroru1n et puellarun1. Nunc de1nun1 ob ultiinnn1 circun1scriptionem desunt oppida Rcga!huthi, Centuripiense, Rainaccae cu1n Gabella et Catcnanovae, adiunctis oppidis Bronte et Ma!etto. Hacc fidelitcr Eminetiae Vcslrae subinitto et quae corrigenda videantur hun1anissi1ne patefnciat, secura de inca in Apostolicain Seclen1 cxi111ia observantia el vcneratione1n. Datuin Catanae, dic 22 1nensis dccc1nbris nnni l 844. Felix, cpiscopus Catancnsis.


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87r] Ill.n10 ac Rcv.rno D.no Felici, Episcopo Calancnsi. Die 25 septen1bris

1848. Accepil Sacra hacc Congrcgatio Tridcntinaru1n sanctionu1n intcrpres Amplitudinis Tuac litteras quibus dc episcopalis muneris a Te gesti ratione ac de slatu dioeccsis refcrs, Tibiquc ex animo gralulatur, quod 01nnes sacri ministcrii partes in cxe1npl um explcveris. Enirn vero a1nplun1 nactus es campus in quo pastorale1n virtutern cxerceas Catanicnsis quippe Ecclcsia non co solum nomine insignis habenda est, quod a S. Pauli 1 discipulo instituta fuerit et pluri1nis glorietur pastori bus sanctimoniae laude conspicuis; veru1n etiam quod piis institutis abundet, quorum ape fideles in christiann vitae disciplina proficiant. Supervacancum porro EnLn1i Patres existimant Te pastorali studio incensu1n horLari, ut ius percipicndi deciinas vindicandum [187v] curcs, nec dubitant quin cappellani ad nutun1, quibus animan1111 curan1 con11nittis, gravissiini inuneris partibus naviter ac studiose fungantur. Illud vero quan1 1naximc Sacra hacc Congregatio velit diligentius sci!icet inquiras, nun1 opportunac rationcs praesto sint ut parochis, qui ad nutum amovibiles in praescns existunt, perpctuos parochos sufficias, quemadrnodun1 alii sacri antistitcs cun1 laude praestiterunt, quippc quae huiusinodi inethodus 1nagis consona est praescriptìonibus Tridentinae Synodi, sess. 24, cap. 13, dc reform, et huius Sacrae Congregationis disciplinac uti videre est in Gallipolitana Parochiarum clic 7 augusti 1841. Ad 1nonasteriu1n quod attinet Sanctonnn Angeloru1n, expostulationcs tuas dcfcrendas cures ad Sacram Congrcgatione1n Episcoporu1n et Regularium negotiis praepositan1, quae eiusde1n monasterii nccessitatibus opportune providcbit. Ceterum, ut uberior ac distintior existat tuae dioecesis rclatio, velint Em.1ni Patrcs ea1n in [ l 88r] posten1n1 conficias ad norma1n lnstructionis Benedictinae, quae prostal ad calcen1 Concilii Rornani habiti anno 1725, nec non in opere Bcnedicti XIV, De synodo dioecesana. Nec vero a1nbigio, quin pro vigilantia tua pastorali dioeccsis visitatione1n, ad praescriptu1n Concilii Tridentini, sess. XXIV, cap. 3, sis instaurarurus ac sedulo advigiles ur parochi officium suun1 strenue lueantur ac pracsertin1 divini verbi pabu!o christiana1n plebcm enuntiant, denique ut iuventus vocata in sortem Domini sic virtuti sacrisque praesertiin doctrinis addicta sit, ut 1nagnum inde praesidiu1n atque orna1nentuin Ecclesia ista sibi possit polliceri.

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Si dovrebbe scrivere «S. Petri».


Le relazioni «Ad Lùnùw» della Diocesi di Catania (1844-1856) 493 1-lacc a n1e rescribenda 1nihi crant Em.n1oru1n Patru111 nomine. Quod est reliquum omnia mea propensa voluntatis officia libcntcr defero A1nplitudini Tuae, cui fausta

omnia ac !acta prccor a Domino.


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[201r] E1ninentissin1c Do1nine Relationcm alteran1 Ecclcsiae 1neae, quan1 anno praeterilo 1nittcrc tenebar et venia Sacrac Congregationis distuli Ro1nac data clie 11 deccrnbris, nunc cxibere satago ne huic praecipuo 1nuneri decssc videar nonnullis additis quae in priina clefuere, scilicet: 1. In calhcdrali neque lhcologu1n 8clesse ncquc poenitentiariun1; solum cx tcstainento pracdecessoris n1ci do1nini Conradi Mariae Deodato dc Moncada su1n1narn triginta ducatoru1n colligi dandain cathechistae singulis annis, quod fidcliter agiLur. In llac collegiata et on1nibus dioecesis crccta111 non esse praebenda1n theologalen1. Collegiatas aute1n esse duodeci1n, videlicel: Catanac, Acis Rcgalis, Paternionis, Adernionis, Pulchripassus, Albaevillae, Acis Catenae, Sanctae Luciac, Acis Sancti [201vj Philippi, Viacmagnae, Triurncastanearun1 et Nicolosis. CaLinac qualuor dignitatibus: pracposito, thcsaurario, cantore et decano constare, necnon duodeviginti canonicis et duodeciin rnansionariis, qui choro inlersunt. Acis Regalis constare tribus dignitatibus: pr<1cposito, cantore et Lhe.".aurario, nccnon duodeci1n canonicis et decen1 1nansionariis, qui paritcr choro intersunt. Patcrnionis constare qualuor dignitatibus, vidclicel: praeposito, cantore, thcsaurario et decano, duodeci1n canonicis, octo rnansionariis et quatuor aliis canonicis dictis hacrcdĂŹtatis Faracis, qui habent propria bona a seipsis separatiin ad1ninistrala et choro intersunt una cu1n supradictis. Adernionis constare quatuor dignitatibus, vide!iccl: praeposito, cantore, decano et thcsaurario, duodecirn canonicis et oeto n1ansionariis, qui choro intersunt. Pulchripassus constare quatuor dignitatibus, ncrnpe: praeposito, cantore, thcsaurario el decano, duodeci1n canonicis et sex 1nansionarii.o,, qui choro intersunt [202r]. Albaevillae constare quatuor clignitalibus, videlicet: praeposito, cantore, thcsaurario et decano, oclo canonicis et octo 1nansionariis, qui choro intersunt. Acis Catenac constare quatuor dignitalibus, ne1npe: praeposito, cantore, thcsaurario et decano, undeci1n canonicis el sex rnansionariis, qui choro intersunt. Sanctae Luciac constnre tribus dignitatibus, vidclicet: praeposito, cantore el Lhesaurario, novern canonicis et quatuor niansionariis, qui choro intersunt.


Le relazioni «Ad Lùnina» della Diocesi di Catania (1844-1856) 49 5 Acis Sancti Philippi constare quatuor dignitatibus, nempe: praeposito, cantore, thesaurario et decano, novcn1 canonicis et quatuor 1nm1sionariis, qui choro inlersunt. Viae1nagnac constare quatuor dignitatibus, videlicet: praeposito, cantore, thesaurario et decano, duodecirn cnnonicis et sex mansionariis, qui choro intersunr. Triun1castanearum constare quatuor dignitatibus, ne1npc: praeposito, cantore, thcsaurario et decano, octo canonicis et quatuor n1ansionariis, qui choro intcrsunt.

Nicolosis constare tribus dignitatibus, ncmpe: praeposito, cantore et thcsaurario, decem canonicis el sex 1nansionariis, qui [202v_] choro intersunt.

Aclest clcricorun1 sen1inariu1n tribus abhinc annis a militibus occupalurn; taxa1n stalutam dioecesanis esse ducatoru1n 72; cxlradioecesanis ducalorun1 78; plura beneficia esse eidem unit<t e1 su1nrnain redi!uu1n esse ducatoru1n circiter 2.899 ab 01nnibus libera1n. Duo esse xenodochia Sancti Marci et Sanctac Marthae a laìcis administrata; unu1n collegiuin 1nulierun1 sub regula cardinalis Corradini; unuin hospitiu1n rccipicndis et alcndis senibus utriusque scxus; unum conservatoriu1n recipienclis et alendis puellis incertis patribus ortis; unum nobiliu1n collegiun1; unun1 orphanonnn sc1ninariun1; unun1 oratorium Sancti Philìppi Ncrii. 2. Me autc1n pracccptun1 residentiae cx sacris canonibus, Concilio Tridentino, constitutione Urbani praescriptuin adi1nplevisse; solum praeterito anno abruisse a dic 22 mensis martii usquc ad dien1 26 aprilis scquentis Panonnu1n vocaturn a rcbe!libus, et 1ncnsc iunii missun1 Neapoli1n ad Rege1n nuntiun1; visitationctn cxplevisse 01nni biennio excepto 1849 ob notas causas; ordinaliones cxplcvis- [203r] se per 1ne et sacran1entum confinnationis eliarn per 1nc administrassc: nullu1n synodu1n dioecesanun1 coegisse; verbu1n Dci per nle ipsutn praedicavisse; nullu1n haberc poenarum et 1nultaru1n pecuniaru1n dcposilarium, quia nullae exiguntur; taxa1n innocentianain in hac conccllaria ada1nussi1n observari; nihil habere quocl 1nihi obstet circa excrcitiu111 episcopalis officii et ecclesiasticac iurisdictionis, neque ullun1 opus pcrcgisse pro Ecclesia, populo aut clero tcrnporun1 acerbitatc. 3. Quinque dignitatcs et 12 canonico.s cathedralis ncc non 12 1nan.sionarios et sex dictos bcneficiatos alternatin1 quotidie choro interesse, quolibet die cclebrari 1nissa111 conventualc111, cuiusque applicari pro benefactoribus. Dignitatcs, canonicos et 111ansionarios huius collegiatae ccclesiae sub noinine Sanctae Mariae Elee1nosynac choro interesse singulis diebus festis etia111 abrogatìs, ternpore autc1n adventus Dornini et quadragesi111ac singulis dicbus, sed altcrnati1n; 01nnibus his dicbus celebrari 1nissam conventualcn1, ea1nquc applicari pro bcncfactoribus, excepto praeposito, qui dicbus festis cclcbrat pro populo; cura111 ani1narum esse penes prae- l203v] positum et duos capellanos.


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Adolfo Longhitano

Acis Regalis choro interesse 01nnibus fcstis dicbus duplicis pracccpti, et ctia1n festis abrogaLis, octavis Nativitatis Domini, PaschaLis Resurrectionis Domini, Pcntccostes et SS. Corporis Christi; missa1n convcntualcin per turnu1n celebrari 01nnibus diebus anlea dictis cl applicari pro benefactoribus; curarn animarun1 esse penes canonicos et sex tantu1n 1nansionarios, qui can1 per turnu1n cxcrccnt. Paternionis choro interesse 01nnibus festis diebus etiarn abrogatis, die cinerurn, fcriis scxtis 1nartii, triduo maioris hcbdo1nadac et octava SS. Corporis Christi, quibus diebus celebrari missam conventuale1n et pro benefactoribus applicari; reditus collegiatae esse divisos a rcditibus ccclesiac, qui separatitn ad1nìnistrantur; curam ani1naru1n esse penes 4 dignitates, qui nlternati111 ea1n exercent eun1 4 capellanis. Adernionis ehoro interesse on1nibus dicbus festis clian1 abrogatis, quibus dicbus rnissa1n conventualcin per turnuin cclebrari, cainquc applicari pro benefactoribus; curan1 anin1an1n1 esse penes praepositu1n el duos capc!!anos [204r]. Pulchripassus ehoro interesse don1inieis diebus, hcbdoinada n1aiori, festis abrogatis, feria 4 einennn, fcriis scxtis et sabbatis quadragesirnae et in novenario Nativit<His Do1nini; 111issa1n conventualein per turnu1n a dignitatibus et canonieis celcbrari 01nnibus dichus anteadictìs, cainquc applicari pro benefactoribus, exccpto praeposilo, qui celebrai diebus festis pro populo; eura1n anirnaruin esse penes pracpositu1n et duos capel!anos. Albacvillac choro interesse singulis diebus festis, elian1 abrogatìs et oclavario SS. Corporis ChrisLi, cl 01nnìbus sabbatis et vigiliis; n1issan1 conventuale1n pro bcnefactoribus eelebrari 0111nibus diebus don1inicis et fcstis et feriis 2 et 3 Paschatis, octavario SS. Corporis Christi et diebus 2 et 3 posL Nativitatc1n Dornini; cura111 aniinanun esse penes eapitulun1, ea1nque per turnu1n excrccri. Acis Catcnae choro interesse singulis diebus festis, etian1 abrogatis, octavis Paschatis Rcsurrectionis, SS. Corporis Christì, Nativitatis Dornini, hebdornada 111aiori et festo SS. Mariae Virginis de Calenae uti titularis, ncc non tota quadragcsirna, feriis rogationun1 et S. Marci [204vj; 1nissan1 conventualc1n per turnu1n a canonieis ce!cbrari supradictis dicbus et pro bcncfactoribus applicari; curarn anin1aru111 esse pcnes praepositurn et sex n1ansionarios. Sanctae Lueiae choro interesse singulis festis diebus, eliain abrogatis, octavis Paschatis Resurrectionis et SS. Corporis Christi, dic S. Luciae, ncc non feriis rogaLionu1n et S. Marci; 1nissan1 eonventuale111 a canonieis per Lurnun1 celebrari 01nnibus diebus antea dictis, ean1que applicari pro benefactoribus; curain ani1naru1n esse penes pracpositu1n et 4 n1ansionarios. Acis Saneti Philippi choro interesse singulis diebus festis, etiarn abrogatis, octavis Paschatis Resurrectionis, SS. Corporis Christi, N<ltivitatis Do1nini et S.


Le relazioni «Ad Limina» della Diocesi di Catania (1844-1856) 497 Philippi uti titularis, nec non hebdornada 1naiori, 01nnibus sabbatis, feriis rogationu1n et S. Marci, ac novenario Nativitntis Dornini; tnissain convcntuale1n celcbrari a canonicis per turnun1 ùicbus supradictis et applicari pro bcncfactoribus; curain anirnarurn esse penes praepositum et 4 1nansionarios [205r]. Viaen1agnae choro interesse singulis cliebus do1ninicis et fcstis ctian1 abrogatis; 1nissa111 convcntualcrn per turnu1n celebrari supradictis diebus, ea1nque applicari pro benefactoribus; cura1n ani1naru1n esse penes 4 capcllanos. Triu1ncastanean1n1 choro interesse singulis do1ninicis et dicbus fcstis ctiarn abrogatis, nccnon fcstis B. Mariac Virginis; 1nissain conventua!cn1 per lurnun1 celebrari 0111nibus c!iebus anten c!ictis, earnque applicari pro benefactoribus; curnrn ani111annn esse pcncs pracpositu111 archiprcsbyteruin et 4 capellanos. Nicolosis choro ìnteresse singulis clo1ninìcis diebus et festìs etian1 abrogalis, feriis sextis 1nartii, oclavis Paschatis Resurrectionis et SS. Corporis Chrisli, quibus dicbus 1nissa1n convcntualern per turnun1 cclcbrari, ea1nquc applicari pro benefacloribus; cura1n ani1naru1n esse penes praepositun1 et 4 1nansionarios capellanos. 01nnes an!ea dictas ecc!esias sacris supelleclilibus praeditas esse, nu!la1nque redilus habcre pro f<ibrica assignatos, praeter ccclcsias huius catheclralis et collegiatae Paternionis [205v]. Omncs curain agcntcs tain in hac urbe quan1 in aliis clioecesis resiclere in suis ecc!esiis pnrochialibus, habere libros 1nalri1nonii, baptizatorun1 et dcfuncton11n; per seipsos, in1pcditosque per coadiutorcs, sacra1ncnla populo adn1inistnirc, dicbus do1ninicis et feslis sole1n11ibus plebes sibi co1nn1issas pascere salutaribus verbis ac etia1n rudi1nenla ridei docere pueros, aliosque hoc adiutorio indigenles; nullu111 capcl!anu1n ncque alios curain ani1nannn cxcrccntes applicari 1nissa1n pro populo cliebus clon1inicis el festis de praecepto, exceplis praepositis Calinae el Pu!chripassus. Ante pri1na111 lonsuran1, ininorcs ordincs cl sacros haberi exan1en, approbatosque antea ordinatione1n spiritrn1libus excrciliis per octo dies vacari, sivc in seininario, quod saepius evenit cx consuetudine, sive in aliqua do1no religiosa; 01nnes vcstcs clcricalcs dcfcrre; nullu1n an1plius esse fori

privilegiuin; non habcri

conferentias casuu1n conscienliae ncque sacrorun1 rituun1; generatin1 inores cleri saecularis bonos esse, ac [206r] inlerdu1n cxtari scandala, quae rncliori n1odo reparantur. 4. In opp!do Vallis Viridis esse regularcs sub titu!o crcn1itaru1n discalceatorun1 S. Augustini, qui solur11 cura1n ani1narurn exerccnt cl episcopali iurisdictioni, visilalioni et correctioni subsunt in iis quae ad cura1n perlinenl el acl1ninistratione sacrainentoru1n. Cactcru1n, quac ad regularcs pcrtincnt dislinctius et uberius dicain in relntione 1niltencla ad Sacrmn Congregalione1n super negotiis Epìscoporu1n et Regulariu1n post visitationc1n apostolican1 nuperrin1c factain.


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5. Moniales 01nnes clausurain custodire; practcr ordinarios habcrc plures confcssorcs cxtraordinarios; et circa extraordinarios, qui sunl perpetui, non servari Concilii Tridenlini pracscriptu1n ex antiquis n1oribus, ve! potius abusibus; reditus non fideliter in aliquibus monastcriis administrari non dolo inalo, secl polius i1nbecillitate 1nulicnun, quod da1nnu1n partim reparatu1n, parti1n reparandun1, si muneru1n Datar patientia1n et robur largiatur; nunc in tota dioeccsi nullum esse 1nonasteriun1 praclato rcgulari subiectun1 l206v]. 6. Ob rationcn1 supradictam in scnlinario non esse alumnos, vacari ta1ncn iuvcntuten1 studiis pro aetatc et captu et n1agno profcctu Lheologiae dogmaticae et 1noralis, iuris canonici, philosopbiae ac 1nathcsis, eloquentiae, humanitatis, linguac grccac, Jatinae et vulgaris in aedibus ad id apposita conductis, sub cura et vigilantia rectoris; inservirc nonnullis ccclesiis diebus fcstivis, praecipuc cathedrali; pro recto rcgin1ine adhiberi tres canonicos deputalos. 7. Plures ecclesias, confratenitatcs ac loca pia esse sub potestate Jaicorun1, quibus ul vice praeses praecst episcopus aut vicarius gcncralis et per dcputatun1 ecc!csiasticurn a se clectun1 habct ratione1n oneruin 1nissanun adimpletaru1n eL anniversarioru111, rediluurn et usu1n earunden1 qui lanlu1n ad divinun1 cultu1n pertincnt. Populi 1norcs esse dcgeneres, praecipuc ob negligentia1n audiendi vcrbun1 Dci. De1nun1 plures causas obstarc, et praesertiin ecclesiaru1n pauperlatcn1, ne capcllani ad nulun1 mnovi- !207r] biles perpetui parochi cvad;:int. Catanae, 8 dcccinbris 1850. Enlincn1issi1no doinino Praefccto S. Congregalionis pro interprctatione Concilii Tridentini. Ron1mn. Addilissin1us, observantissi1nus

Fclix, episcopus Catanensis.

[2 I 3r] Episcopo Catanicnsi. Ron1ac 12 iulii 1852. Littcrac ab A1nplitudine Tua die 8 dece1nbris anni 1850 de statu Catanensis Ecclesiac conscriptae gratae fuerunt Eni.inis Patribus Tridentino Concilio interpretando praepositis, quippe quac satis ostendunt Te nihil studii ac solliciludinis in tuo grege tucndo post initun1 cpiscopatun1 01nisisse. Accipe rnodo quae iisdc1n singillati1n 1neoru1n collcgarun1 non1ine rescribcnda suscipio. 01nni ope curare non practcrmilles ut collegialae in oppidis insignibus [213vJ cleroque nu1neroso praeditis institulac thcologali si1nul ac pocnitiaria praebcnda non careant, ceu caulun1 est in cap. I, sess. V, de rcf., et consl. Pastorafis Bcnedicti XIII.


Le relazioni «Ad Lùnina» della Diocesi di Catania (1844-1856) 499 Quod biennio quolibet sacrain visitatione1n explere soleas, opti111e se res habel. On1ne1n dabis operan1 ut synoùu1n dioecesanain pri1no quoque te1npore indicas. lntcri1n vero iis consulito rationibus quas innuit Bcncdictus XIV, /)e synodo dioecesana, L 1, c. 2, n. 5., praesertin1 spiritualibus exerciLiis, ad quae on1nes de clero viros, in prin1is parochos 12!4rJ et confcssarios, quotannis invitabis.

Quocl praeleritis litteris A1nplitulinis Tuac co1n1ncnùavcrunt En1.n1i Patrcs, ut

qui anin1annn curac pracsunt stabili pcrpctuoquc titolo istud munus adipiscanlur, iùipsu1n pro rei gn:1vitate bisce eliain liLteris repetunl, tibique auctorcs sunt ut scrio cogites qua ratione huic necessitati opportune consulas. Illud vero prorsus non fcrcndun1 quod rcfcrs ne1nine1n, duobus exceptis, sacrificiu1n pro populo offerre diebus feslis aliisque fcstonnn alho !214vl dcspunctis. Praeccpto quippe divino de1nandatu1n esse ul ani1narun1 curatorcs pro suis ovibus sacrificiu1n offeranl disertissin1c tradit Tridentina Synodus, scss. 23 c. 1, de rer., cl proindc ctiarn vicarios a1novibiles ac Le1nporarios hac legc lcncri dcclaravit hacc sanctae 1ne1noriac Bcncdict11,s XIV in const. ('11111 se111per oblatas. llaque tuae curae co1111nittunt cosdc1n co1nrnonefacere ut circa praetcrilun1 tc1npus absolutioncin ab hac Sacra Congregatione postulcnt, post hac vero adan111ssi1n gravissin10 huic officio sati- 1215rl sfnciant. Conscntanu1n esl S1nnn1on1n1 Ponlificun1 sanctionibus ul, qui sacris ordinibus initiandi sunt, per decen1 dies in aliqua on1nino religiosa do1no spiritualia peraganl cxcrciLi<:L Tuun1 erit illud efficerc ul saccrdotalcs dc re n1orali ac liturgica coetus in ista dioecesi insliluanlur; cl hac in re nonna1n arripics a Benedicto XIV in !nstitutiones Ecc!esiasticae, 32, 102 ac 103. Quod pcrtincl ad confessariu1n extraordinariun1, qui n1onia- [215v] libus lribucndus esl, ea diligcnlcr servanda sunt quac Conciliurn Tridentinun1 et const. Pasroralis cura a Bcncdicto XIV edita praescribunt. Quin in1n10 lui 111uneris eril ul ca ornnia quae ab ecclesiasticis lcgibus pro rcclo coenobioru1n 1nuliebriu1n rcgiinine provisa sunl, nulla cx parte ncgligantur. Potissimurn vero invigilandun1 est ut corun1dc1n bona rcctc fideliterque adrninistrentur. ìv1olcsturn est te referente cognoscere, quod aecles se1ninario acldicla sta- [2 ! 6r] tariis 1nilitu1n copiis occupentur. Licei vero ea nos spcs certa leneat casùc1n acdcs suo pristino usui per haec lcn1pora rcslilulas fuissc, nihilo1ninus faecrc non possurnus quin, si alilcr se rcs habcat, tua studia ad hanc rcrn asscqucndarn cxcitcinus. Postre1no loco univcrsi1n Tibi co1nn1cndannis ul, quac SS.inus D.nus nostcr in suis evangelicis !ittcris dici 8 dcccn1bris 1849 ad cpiscopis ltaliae praescripsit, pro opportunitate ritc cxcquencla provideas [216v]. Haec habui de En1.n1orun1 Palntn1 scnlcnlia. Ad 111c quod atLinct on1nc n1cu1n slucliurn profiteor An1plilulini Tuac, cui fausta ornnia ac salutaria prccor a Do1nino.


Adolfo Longhitano

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XLI [224r] Eminentissime Don1inc, Nihil habco quod 1neae proxin1ae relationi addain istuc n1issac dic octava dccc1nbris 1851. Ar quoniarn suorun1 collcgaru1n non1ine plura in hac dioecesi non

01nittenda rescripsit En1inentia Vestra, de on1nibus satisfaciarn, habila rationc <lisciplinac, rcrun1 status, collcgiatarurn iurium cl ecclesiarun1 pauperlatis.

Monuit ipsa ul collegiatae in oppidis insignibus, cleroquc nu1ncroso praeditis, inslilutae Lhco!ogali si1nu! ac poenitentiaria pniebenda non careanl. 1--Iae unde

sun1anlur? Dignitalibus et canonicis, exceplis illis Palernionis, vix clatur ab ecclesiis quo cibi c1nantur per aliquos 1ncnscs. Addendu1n quoù in provisionibus ulunlur on1nes iure patronalus, sive tres idoneos praesentsndo, sivc unuin cligcndo. Quidcrn desciscere ab antiquis 1noribus aegre ferrent ac forsan cliscordiannn et litiu111 causan1 arriperent. Synodu1n dioecesanan1 existin1arern non indicendu1n propter acerbitnte111 Lc1nrorun1 et ob convcntu1n quinquc abhinc annis on1niun1 cpiscoporun1, in quo p!ura utilia slatuta reperiuntur. Si quid contra tenlabitur pro re nata con1ponetur. Deinde ul qui ani1narun1 curae praesunl stabili perpeluoque tilulo islucl n1unus adipiscantur. l-loc sane iuri congruit et pracscriptionibus. Vidcndu1n an rcpcriantur qui sistant se concursui accepturi, vieto agone, qustuor aut sex uncias in congrusn1 portìof224v] nern. ExorLaLionibus interdun1 se n1onilis adigor ad hoc rnunus vacare sacerdotes caeteris praeslantiores, qui charilale, non spe lucri, alioquin ad vitn1n ncccssarii, alliciantur, quos cogcrc ad cclcbrandas inissas pro populo, ni fal!or, equitate alienurn videtur. Scilo vero dignun1 est in clìoecesi Catanensi nullos extare parochos, totiusquc diocccsis unun1 cpiscopu1n agnosci, cui onus offerendi sacrificiun1. His aliisque dc causis pracdcccssorcs 1nci rcrn sicul anlca reliquerunl. Quocl aulen1 circa spirituali exercitia coinmcndnt ordinandorurn, adainussin1 cx in11ne1norabili consuetudine in se1ninario peragitur, non in religiosa do1no. Aliquibus in Jocis ian1 instituti rcpcriuntur de re 1norali sacerclotales coetus. Sacrataru1n Dco virginu1n cocnobia quoad spirilualia el Len1poralia bene se habcnt, et si antca in aliquo dcficicbant, paulatin1 ad iuris tran1ites revocata. Non dantur exlraordinarii, ut praecipit Synodus Tridentina, quonian1 plures iain erant cuique tributi qui cu1n ordinario 1nonialiu1n confessiones excipiebant, ncquc datu1n abusu1n radici!us cxtirparc. Ad concordian1 servandani prosequi ratus ul 1norlc istoru1n supervenienle, nullus postea sufTiceretur. 1-Jac sana 1ncthodo nunc res pene con1posita invcnitur. Licei pars sen1inarii, quarn antca occupabsnt 1nilitcs adhuc ab his Lenealur, ob acdcs alteri parli adiunclas, salis co1nparatu1n est !ld alurnnos rccipicndos, ila ul 1nodo plus quarn ccntu1n viginti iuvcncs in eo con11norentur.


Le relazioni «Ad Limina» della Diocesi di Catania (1844-1856) 5O1 Si vires et anni suppetant 01nnia, Dea auxiliantc, ad 1nelioren1 frugc1n redigere

opcnl!n dabo. Catanae, die pri1na decembris 1856. Ill.1110 et Ernincntissin10 Praefecto Sacrae Congregationis pro interpretatione Concilìi Tridentini. Rornae. Addictissi1nus observantissimus

Felix, Episcopus Calanensis.

*** [228r] Episcopo Catanien. Romac 11 decembris 1857 ExpcndiL haec Sncra Congrcgatio Tridentini iuris intcrprcs ac vindex literas J\111plitudinis Tuac, dic prima dece1nbris anni 1856, de Catancnsis Ecclcsiae statu conscriplas. Itaque gratun1 est, Te ipso renunciantc, cognoscere quod 01nnia istic Deo auxilianle ad n1eliore111 stalu1n redigere studeas quac praeteritis An1plitudini Tuae litcris proponebanlur. Interi1n non inutile pulan1us aliqua subiicere. In prirnis dc praebendae poenitentlariae et theo- [228v] logalis ercctione perficicnda (quod iuxta Concilii Tridentini el const. Bencdicti Xllf incip. Pastorafis intclligendun1 de utraque in cathedrali, de theologali tantun1 in collegiatis oppidonnn insigniun1) quando rc1ncdia Tibi praesto non sunt in ca constitulione assignata, salte1n experiendu1n est an aliquis a patronis conscnsu1n praebeat ut praebenda patronatu affecta in poenitcntiariac vcl theologalis' usu1n [229r] erigntur, rcscrvato eide1n patrono no1ninadi iure ad instar parochialiun1 laicali patronatui subiectan11n. De diocccsi in parochiis dividcnda si nulla datur id cfficiendi via, Tu videris, quippe qui loei reiquc circun1stantias eora1n inspicis. ldipsurn dìc dc 1nissa pro populo a vicariis curatis offercnda, cu1n praesertin1 ca obligatio fortasse non habeat locum quando unus est tilulus universae diocccscos, quae una1n f229v] dun1taxat sub episcopo parochia1n efforrnct. Quod pertinet ad confcssarios extraordinarios non patet A1nplitutine1n Tua1n ex praeccplo Concilii Tridentini el constitutionis Pastora!is a Benedicto Xlii edita cautu1n esse ut saltc1n bis in anno eonfessarius extraordinarius offeratur, cui singulac sancli1noniales eide1n scsc sistere debcnt, Jicct peccata sua confileri non teneantur. ltaquc vides buie sanctioni 01nnino inhaerendun1 esse; id eni1n si praestelur quaelibet exulabunt incom1noda quac hactenus inoleverant, et fieri certe non potest quin [230r] huiusce disciplinae observantia spiritualcs, quas ubique fcrrc solet utilitales, istie ctia1n non e!iciaL.


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Haec habc no1ninc S. Congrcgationis; ego vero singulariler 01nnc n1cun1 stucliun1 in1pense profiteor Ainplitudini Tuac, cui fausta quacquc ac s81Ut<lria a Do1nino prccor.


Presentazioni

Synaxis XIIl/2 (1995) 503-5 l 4

S. LATORA, Mario e Luigi Sturzo. Per una rinascita culturale del cattolicesimo, ed. Greco, Catania J 991, pp. 359.

L'idea di fondo di questo ricco studio del Latora è che c'è stato uno sviluppo parallelo e complementare fra il pensiero filosofico di mons. Mario Sturzo e quello sociologico e politico del fratello don Luigi, di dieci anni più giovane. Certo fra i due ci fu, oltre l'affetto, un'ammirevole intensità di rapporti intellettuali, documentati anche da un fitto carteggio protrattosi dal 1924, !'anno del!' esilio politico dall'Italia di don Luigi, al 1940 (mons. Mario morì nel 1941). Discutevano di misticismo, di estetica, di poesia religiosa, del concetto di sacro e soprattutto di filosofia. Le osservazioni di Luigi (del 1926) su un lavoro filosofico ancora in manoscritto del fratello sono particolareggiate e penetranti. Luigi addirittura stende, mentre è a Londra, nel 1930, per una rivista di Dublino, una limpida esposizione del Neo-sintetismo, come ebbe a chiamarsi il sistema filosofico di Mario. Nei rapporti con la Chiesa il destino dei due fratelli fu amaramente simile. Don Luigi ricevette dalla S. Sede il "consiglio dell'esilio" nel 1924; si allontanò dalla patria (dove sarebbe ritornato solo nel 1946), senza una parola, forse nemmeno in privato, di rifiuto, di polemica; eppure, nel fondatore del Partito Popolare Italiano continuavano e continueranno l'interesse e la passione politica. Mons. Mario, che fu vescovo della diocesi di Piazza Armerina per quasi un


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Luigi Giusso -----

quarantennio, ricevette nel 1931 un richiamo dal Sant'Ufficio per essersi allontanato dalle prescrizioni della Aeterni Patris di Leone XIII in tema di elaborazione, e di insegnamento nei seminari, della filosofia; e "ritrattò" pubblicamente: anzi, pur impegnato vitalmente con1'era nella ricerca filosofica, addirittura rinunciò "per sempre" a questa fondamentale esplicazione del suo spirito, con parole di una u1nilt~t superiore: «Se il Santo Padre mi ha richiamato, ciò significa che non è questa [la filosofia] la via del mio apostolato; da oggi in poi la valvola della filosofia è chiusa per sempre». (E al prof. Faggiotto di Padova, che gli esprin1cva accorata solidarietà per una vicenda così dolorosa, rispose con un semplice biglietto da visita, in segno di ricevi1nento. 11 prof. Faggiotto gli aveva scritto che dell'opera sua «nulla di quanto essa rappresenta conquista del pensiero, a giustificazione e interpretazione della Fede, andrà perduto»). In 1nons. Mario era profonda la coscienza della necessità dello studio della filosofia nei seminari, per le esigenze delle stesse discipline religiose cd ecclesiastiche, «altrimenti non si avrebbe studio scientifico ma catechismo e di cattivo stampo» (cfr. p. 18); ma altrettanto netta era la sua concezione del sacerdozio: «O sacerdoti interi, o lasciare ogni desiderio di sacerdozio» (i.e.). Don Luigi, con1c studioso, in aggiunta ai saggi storico-politici, si occupò di sociologia con 1nolteplici lavori tra i quali prin1eggia, scritto nel 1937 e pubblicato per la prima volta nel 1943, La vera vita. Sociologia llel soprannaturale, Ja cui singolarità di ispirazione è rivelala già dal titolo. Per la innovatività delle sue posizioni politiche non gli mancarono, insie1ne ai riconoscin1enti cli intellettuali acuti con1c il Gobetti, misconoscimenti dettati da 1niopia; un egregio studioso, per esempio, lo Jemolo, ricordato dal Latora, lo giudicò, negativamente, "eversore dello Stato" risorgimentale. Per testimonianza di M. Pennisi (cfr. Prospettive del 16 aprile 1995), a causa dcl suo (previggcnte) antistalalis1no econon1ico degli anni 50, Giorgio La Pira ebbe l'acredine di definirlo «un retrivo rincretinito dal soggiorno in An1crica». Di 1nons. Mario, senza trascurarne altri aspetti, più stretta1nente legati con l'attività pastorale - dalla pedagogia religiosa alla pro1nozione del convegno diocesano sulla "parrocchialità" svoltosi


Presentazioni

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ad Enna nel 1937 -, il Latora ricostruisce con particolare impegno - e nota maestria - il pensiero filosofico. Ne emerge una personalità originale di credente, fedelissimo alla Chiesa, e insieme pensatore personalissimo, e addirittura "audace", come pensò di lui anche il fratello Luigi. La finalità fondamentale, infatti, veramente coraggiosa, del suo filosofare, dedicato principalmente alla teoria della conoscenza, fu di combinare i principi della scolastica, e segnatamente del neo-tomismo, a cui l'enciclica !\eterni Patris di Leone XIII del 1879 attribuiva il valore di "filosofia perenne", con un'operazione, con1e dice il Latora, di «assimilazione e trasvalutazione in senso cattolico» del pensiero moderno, che agli occhi di mons. Sturzo si identificava, nella parte più significativa, con I' idealisn10 o storicisino di Benedetto Croce. Questo fu il suo modo di interpretare la formula prospettala nella Aetemi Patris. «Vetera novis augendo et perficiendo»; e purtroppo gli costò la condanna della Chiesa (che dura tuttora?). Commosso il sonetto che mons. Mario dedica al Croce, del cui immanentis1no non può darsi pace; vigoroso l'altro intitolato a s. Tommaso d'Aquino, in cui stig1natizza chi, come «servo infingardo», «i1n1noto stassi» dove il pensiero di s. Tommaso giunse, ~<senz'altro elaborare»; proprio il contrario di quel che "audacemente" tentò di fare il vescovo filosofo. Una spiccata sensibilità letteraria portò n1ons. Mario a significative produzioni poetiche di cui sono riportate nel volume dcl Latora i ricordati sonetti dedicati al Croce e ali' Aquinate e altri egualmente "filosofici" come quelli intitolati a Kant e al Gentile. Il volume comprende un'interessante documentazione inedita: oltre le già ricordate osservazioni di Luigi a un lavoro filosofico ciel fratello e la versione italiana dcl suo saggio del 1930 sul Neosintetismo, il carteggio di contenuto filosofico di Mario con il prof. Agostino Faggiotto. L opera dci due amn1irevo1i fratelli, pur diversa e anzi proprio perché diversa, davvero corrispose - non solo per l'epoca - a un'esigenza come suona il sottotitolo dello studio del Latora, di rinascita culturale llel cattolicesùno. 1

Luigi Giusso



F. VENTORINO. Moralità e felicità. Appunti di etica, Tools, Faenza 1995, pp. 208.

Il problema del senso è uno dei temi più rilevanti che caratterizzano la ricerca speculativa della filosofia contemporanea. L'ultimo contributo del prof. Ventorino si innesta in questo iter speculativo: dare alla vita umana un senso. L'Autore con questi

"appunti" di etica offre al lettore le condizioni ma anche i contenuti per inserirsi nella esigente e complessa problematica della moralità. Il saggio, nato "da un appassionato dibattito" con gli alunni dello Studio Teologico S. Paolo di Catania, articolato in tre parti e due appendici, pone il discorso etico nell'ambito del pensiero metafisico dentro cui trova il suo alveo naturale: Dio è il fondamento dell'ordine etico, il che vuol dire essenzialmente che Dio è il senso della vita, la piena realizzazione dell'umana esistenza, in una parola la felicità. La prima parte prende in esa1ne seria1nente "la fondazione metafisica dell'etica", problema che guida e attraversa l'intero percorso del testo. Dalla puntuale lettura di alcuni autori che sono al la base della filosofia laica moderna (Hume, Kant) emerge l'impossibilità per quest'ultima di dare alla morale un fondamento, questo «in un 1nomento in cui non si fa altro che porre e riproporre la

questione morale come centrale per la vita del singolo e della società, la morale laica non riesce a trovare un fondamento adeguato della stessa obbligazione morale. Né l'empirismo, che nel tempo è divenuto positivisn10, cioè scienza dei fenomeni rnorali, né l'apriorisn10 razionalistico sono in grado di fondare un'obbligazione inorale

assoluta, perché ambedue queste prospettive sono incapaci di cogliere un fondamento metafisico dell'agire morale» (p. 13). L'illu111inis1no che si è affern1ato nella storia per aver n1esso in luce il principio di una fondamentale emancipazione dell'uomo, un uon10 adulto che esce dallo stato di minorità, «ha dato luogo ad una


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nnova teoria filosofica che va sotto il nome di emotivismo» (p. 24 ). Il prof. Ventorino, facendo riferimento al filosofo scozzese A!asdair Maclntyre, mette in particolare evidenza, appunto, questa nuova teoria filosofica, l'emotìvìsmo etico come esito del fallimento del!'illurnìnìsrno stesso. In questo clima speculativo è Kant l'autore che più dì altri ha voluto fondare una morale prescindendo dall'affermazione di Dio e quindi dalla creaturalità dell'uomo, senza per questo giungere alla «negazione di Dio, anzi è proprio l'esperienza del dovere morale che conduce l'uomo a postularne lesistenza; ma l'imperativo morale ha il suo fondamento nell'autonomia della ragione pratica etsi Deus non daretur. È questo il motivo che ha dato origine alla formazione di una morale laica che si imporrebbe per la razionalità dei suoi principi e delle sue norme, per cui non ci sarebbe più bisogno di Dio per essere buoni» (pp. 2223). Il fondamento della morale viene scorto dal!' Autore nella storia del pensiero filosofico in quei pensatori che hanno compreso l'uomo in una prospettiva finalistica: c'è un fine dell'agire morale che è il bene. Un Bene a cui si dà il proprio assenso e da cui si è scelti e liberati da ogni schiavitù istintuale nel momento in cui lo si sceglie. Da Platone ad Aristotele fino a Tommaso d'Aquino, è questo, secondo il prof. Ventorino, il percorso verso la fondazione metafisica della morale per cui il fondamento metafisico della morale è posto in Dio. Nel pensiero di san Tommaso l'uomo stesso senza Dio perderebbe di identità, l'uomo senza Dio non sarebbe uomo. Dal pensiero di s. Tommaso, inoltre, emerge una provocazione per il cristiano del nostro tempo sempre più chiamato ad orientare e a vi vere secondo la vita e l'insegnamento di Gesù Cristo destino e compimento dell'uomo. La seconda parte prende in esame un terna non facile e sempre arduo da trattare: "la questione del male". L'Autore considera questo problema nelle grandi linee e attraverso degli autori significativi come s. Agostino, s. Tommaso d'Aquino. Il problema del male è visto soprattutto in quella dimensione antropologica in cui l'uomo capisce sempre più se stesso e si realizza come uomo nella prospettiva del bene, cioè nella relazione fondamentale con Dio. Il


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pensiero filosofico conte1nporaneo muovendosi tra esaltazione e annichilimento della coscienza e postulando la negazione di Dio (Feuerbach, Marx, Nietzsche), giunge alla negazione dell'uomo ma nel momento in cui questo pensiero conte111poraneo cerca di ridare dignità all'uomo stesso non può non affermare una relazione con lassoluto per la comprensione de li 'uomo stesso, della sua libertà, della sua coscienza. Da questa relazione scaturisce per la coscienza il riconoscimento di una dipendenza essenziale da Dio: «in questa dipendenza, che deriva dall'appartenenza ontologica dell'uomo a Dio, è tutta la grandezza della coscienza, cioè la sua capacità di verità e quindi di indicare il Bene, che non sia valido soltanto soggettivamente, ma anche oggettivamente e universalmente» (p. 138). A partire da questa affermazione si coglie tutta la portata dell'evento cristiano: l'incontro di un Altro che guida e illumina la coscienza. Per cui «Se la coscienza dell'uomo non è il luogo in cui si avverte la direttiva di un Altro, cui si appartiene, essa necessarian1ente viene ad erigersi con1e assoluto e insie111e relativo, criterio dell'azione morale, con conseguenze incalcolabili e giustificate violenze nei rapporti tra uomo e uomo, uomo e società e Stato e società» (p. 8). La terza parte prende di mira alcuni temi di etica sociale: "la legge morale e il diritto", "la funzione dello Stato", "l'uomo e il lavoro", "1' etica dei rapporti familiari"? La vita della società si alimenta di alcuni momenti significativi che se 111essi in discussione minerebbero la natura della società stessa. Un punto di riferimento essenziale per la convivenza sociale è la legge morale inscritta nel cuore stesso dell'uomo, quella legge che ordina l'uomo al suo fine. La legge che scaturisce dal riconoscimento della condizione creaturale del! 'uomo è una legge eterna. Essa «è presente in tutte le cose, poiché da essa sono tutte regolate e misurate, in modo particolare essa si trova nella creatura ragionevole, che è chiamata a provvedere a se stessa e agli altri» (p. 142). Riconoscere la legge naturale significa in fondo riconoscere un rapporto più fondamentale come presupposto e regola dei rapporti tra uo1no e uo1110, tra uomo e società e Stato e società. La creaturalità viene posta, dunque, come principio per una fondazione della


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convivenza sociale e per un reale riconoscimento della dignità della persona umana.

L'appendice I, "nota sul pudore sessuale", è un testo tratto interamente da Amore e responsabilità di K. Wojtyla in cui il pudore è compreso nella sfera del rapporto sessuale finalizzato all'unione d'amore per cui «la volontà del soggetto amante tende al bene della persona amata, al suo bene integrale e assoluto, che si identifica con la felicità» (p. 187). L'appendice II è uno studio sulle passioni dell'anima di Cartesio. Questo ultimo studio che cerca di capire più da vicino il rapporto tra passione e libertà approda ad una conclusione che ci sembra opportuno sottolineare: «l'assoluta libertà di Dio è la gratuita origine della radicale assolutezza della libertà dell'uomo» (p. 203). Il prof. Ventorino con questi "appunti" ci offre una riflessione su con1e poter uscire da una sorta di relativismo elico, dentro cui sembra dibattersi la cultura dell'occidente, e che diventa il criterio di ogni scelta, la regola stessa dell'agire. La ricerca di una fondazione metafisica del letica offre, invece, un serio appoggio per le concrete e anche drammatiche scelte di cui ogni uomo vi ve.

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A. MINISSALE, La versione greca del Siracide. C011fronto con il testo ebraico alla luce dell'attività midrascica e del metodo targumico, ("Analecta Biblica", 133), Editrice Pontificio Istitnto Biblico, Roma 1995, pp. 332.

In una recentissima intervista al Corriere della Sera (8 novembre 1995, p. 7) George Steiner afferma che «scherzando [ ... ] la miglior immagine di un ebreo è quella di un uomo o una donna che legge un libro con una matita in mano, pensando che può scriverne uno migliore». La suggestiva immagine dell'autore di After Babel - pur con tutto il suo carico di anacronismi - mi si è presentata sùbito alla mente nel rileggere il "Prologo" del Siracide, ove il nipote di Ben Sira, tra l'altro, dichiara l'impegno posto nella traduzione del testo del nonno ed accenna alle «molte veglie» e alla «tanta scienza» - pollèn agrypnìan kai epistèmen: anche la letteratura alessandrina pagana presenta n1otivi analoghi - che erano state necessarie all'i1npresa. Della traduzione del Siracide si occupa ora lampia monografia di Antonino Minissale, professore nell'Istituto Teologico S. Paolo di Catania, che riproduce in buona sostanza la tesi di Dottorato in Scienze Bibliche difesa dallo studioso, il 25 maggio 1992, al Pontificio Istituto Biblico di Roma. Diciamo sùbito che si tratta dell'autentico Lebenswerk di M., cui egli ha dedicato fatiche ed impegno costanti a partire dagli anni '60, concretatisi, anche, in una pregevole traduzione commentata del testo (Nuovissima Versione della Bibbia dai testi originali, 23, Edizioni Paoline, Roma 1980) e nel saggio Siracide. Le radici della tradizione (Queriniana, Brescia 1988). La ricerca di M. va ad inserirsi in un quadro di studi - quello relativo alla teoria e alla tecnica (o, meglio, alle tecniche) di traduzione - di estrema attualità. Non soltanto saggi, articoli, riviste intere (Testo a fronte), convegni e dibattiti ne ripropongono di continuo e ne agitano le varie problematiche sotto molteplici angolature, ma è sotto


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gli occhi di tutti l'enorme sviluppo della letteratura di traduzione, compresa quella relativa ai "classici" greci e latini ed ai testi 111 antiche lingue dell'Oriente. Fin quasi alla fine del secolo scorso, il Siracide era conosciuto soltanto in traduzione greca (=G). Una serie assai fortunata di scoperte, che dal 1896 si prolungano praticamente fino ai nostri giorni, ha permesso di recuperare poco più dei due terzi dell'originale ebraico (=H). Dinnanzi ad una tradizione manoscritta così congegnata, la ricerca filologica, a partire da R. Smend, si è soprattutto impegnata, come mostra M. (pp. 20-26) ripercorrendo l'iter degli studi, nel confronto minuzioso tra G e (i testimoni di) H, allo scopo pri1nario di accertare, sulla base appunto di G, eventuali corruzioni di

H. Una utilizzazione puramente strumentale di G, dunque, attenta solo al suo ruolo di teste di una tradizione co1nplessa, n1a sostanzialinente

incurante della sua fisionomia concreta e delle tendenze ch'esso manifesta. Si comprende, a questo punto, la novità della prospettiva con cui M. guarda a G. Quest'ultimo non è tanto e soltanto il latore di lezioni in grado di emendare eventuali corruttele di H, ma è soprattutto il testin1one di un'epoca e di un ambiente la cui cultura è profondamente segnata dall'ermeneutica midrascica, e cioè da quel complesso vasto e sfuggente, nelle sue origini, di tradizioni esegetiche che «concepisce la Bibbia come rivelazione di Dio animata da un'armonia interna che impregna tutte le sue parole, al punto che da ognuna di esse si può attingere luce nelle nuove situazioni in cui la comunità d'Israele viene a trovarsi» (pp. 13 s.). Lo studioso dedica molle delle dense ma leggibilissime pagine della «Introduzione» (pp. 1-30) alla caratterizzazione di questo metodo midrascico di lettura: esso è la fonte, spesso, di una molteplicità di tradizioni testuali, da intendersi non coine corruttele vere e proprie, 1na con1e esplicitazioni di significati ancora latenti ne!Ja Scrittura e, in quanto tali, con1e arricchi1nenti di "sensoH. Poiché si riscontra nel Targu1n

l'applicazione del principio ermeneutico del midrash, appare legittimo parlare di metodo midrascico-targnmico. E che il nipote di Ben Sira, nel!' Alessandria della seconda metà del II scc. a C., dovesse esserne non solo edotto, ma addirittura "imbevuto" (p. 29), appare non un


Presentazioni

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semplice postulato metodologico della ricerca, ma una certezza, tenuto conto dei numerosi ed autorevoli contributi, citati da M., che hanno rilevato la presenza dell'ermeneutica midrascica fin nello stesso AT e nella letteratura intertestamentaria cd individuato l'influsso di detto metodo sui LXX. L'intelaiatura del libro appare perfettamente funzionale alla prospettiva individuata ed in grado di svolgere con adeguatezza il programma di M.: «mettere in valore lo stile letterario e le concezioni teologiche del traduttore» (p. 26), assumendo come coordinate tutti quei fattori, ideologici e stilistici, esterni ed interni, che poterono dettare o comunque condizionare le scelte che in lui appaiono operanti. La Parte I, "Studio di dieci pericopi scelte" (pp. 3 l - l 50), prende in esame I) 4,20-6,4; 2) 6,18-37; 3) 10,19-11,6; 4) 31,2532,13; 5) 32,14-33,6; 6) 37,16-31; 7) 41,14-42,8; 8) 42,15-25; 9) 44,1-15; 10) 51,13-30. Ad ognuna delle pericopi è dedicato un capitolo. Si tratta di passi che ci sono noti da più di un ms. ebraico, la qual cosa fornisce una base testuale più sicura alla discussione

filologica che M., per ogni singolo brano, fa seguire alla presentazione del testo ricostituito di H ed alla relativa traduzione italiana. Di ognuna delle dieci pericopi M. presenta l'Analisi della versione greca, suddivisa in sei distinte rubriche le quali danno conto delle divergenze della versione greca rispetto al testo di partenza: A) corruzione interna di G; B) lettura diversa di H da parte di G; C) variazioni descrittive; D) variazioni ten1atiche; E) tecnica di traduzione; F) aggiunte ed

omissioni di G. Nella Parte II, "Tabelle sintetiche" (pp. 151-258), vengono presentati i risultati dell'analisi cui M., utilizzando le mcdesi1ne sei categorie di cui sopra, ha sottoposto l'intero Siracide. L'articolazione della fittissima rete predisposta dallo studioso si mostra in grado di "catturare" e di proporre all'attenzione del lettore una serie di dettagli, talora anche 1ninin1i, 1na con1unque tali da restituirci piena1nente la facies autentica del traduttore, le sue opzioni ideologiche e teologiche (si veda, ad es., il punto D, pp. l 98-238) e i suoi gusti letterari (si vedano, ad es., i punti C, pp. 185-198 ed E, pp. 238-253) in rapporto al testo di partenza.


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Nella Conclusione (pp. 259-261 ), inter alia, M. può a buon diritto affermare: «l due testi H e G devono essere letti parallelamente, rispettando la loro autonomia. In questo modo l'opera di Ben Sira viene raggiunta nel testo ebraico e insieme nel nuovo spessore che essa riceve con la traduzione che ne fa il nipote in greco. Perciò il testo greco si presenta qualitativamente, in quanto traduzione piuttosto libera, come una nuova forma testuale rispetto a H» (p. 261 ). Almeno due dati vanno a questo punto sottolineati: che, anzitutto, il carattere di traduzione "comunicativa" di G, quale emerge dalla dettagliatissima analisi di M., ne giustifica pienamente quello statuto autonomo che lo .studioso gli assegna; e che, in secondo luogo, riconoscere codesta fisiono1nia "originale') di G significa inserirlo, finahnente, nelle coordinate spaziali e temporali di quel diuturno e secolare lavorìo di ri-lettura che è stato condotto sul Libro. È con maggiore consapevolezza storica che, dopo la ricerca di M., ci si potrà d'ora in poi accostare alla versione greca del Siracide: Ji questa maggiore consapevolezza dobbiamo essere grati ad uno studioso che, pur nelle indagini minute, non ha comunque perduto di vista il significato storico-culturale della propria ricerca filologica. Il voi., oltre il consuelo apparato di "Sigle ed abbreviazioni" (pp. 263-267) e "Bibliografia" (pp. 269-286), presenta copiosi indici (''Indice delle citazioni bibliche", pp. 287-312, "Indice analitico" pp. 313-316, "Indice filologico", p. 317, "Indice degli autori citali", pp. 318-321). Car111elo Crùni


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Synaxis XIII/2 (1995) 515-523

M. E. MAZZA, Lettere ai direttori spirituali, Benedictina Editrice, Roma 1993, pp. LV-782.

li volume raccoglie le lettere con le quali M. E. Mazza (nata a Martinengo (BG) il 21-1-1886, morta a Bergamo il 29-8-1950) ha intrattenuto relazione epistolare con cinque direttori spirituali

nell'arco di 47 anni (1903-1950). Si tratta di 555 lettere, però se si tiene presente che di queste ben 528 sono indirizzate a don Luigi Sonzogni, ci si rende conto facilmente che è con lui che la Mazza ha intrattenuto un rapporto prolungato e intenso anche se, co1ne vedremo, in certi momenti problematico. C'è da dire comunque, come fa notare Luigi Crippa OSB, che ha curato il volume e ha premesso alle lettere un'ottima introduzione e un fascicolo "sintesi-guida" delle lettere, che è don Bernardino Gavazzeni, al quale sono indirizzate solo poche lettere, che ha influito in modo determinante nella vita della Mazza, intuendone la vocazione all'insegnamento e sapendo leggere, all'interno della sua persistente attrattiva a11a vita religiosa, una speciale e specifica chian1ata, che si concretizzerà nella fondazione di una nuova e

originale congregazione religiosa: le "Piccole Apostole della Scuola Cristiana".

A questa "saggia e provvidenziale" direzione spirituale la Mazza farà ricorso se1npre nei n1omenti decisionali e delicati della sua


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vita, anche se a partire dal 1913 si affida alla direzione spirituale di don Luigi Sonzogni, il quale resterà sua guida per tutta la vita. La presente opera va certamente salutata con entusiasmo, perché viene a confermare l'affermazione del card. J. H. Newman che la vera vita di una persona la si recupera attraverso il suo epistolario. E, in effetti, il complesso delle lettere, può essere considerato una specie di autobiografia per la meticolosità con cui l'Autrice annota avvenimenti, circostanze, notizie che per1nettono di ricomporre non solo la storia delle singole vicende ma anche il suo vissuto interiore. In particolare, al di là delle molteplici attività narrate, l'epistolario lascia trasparire, e a volte evidenzia csplicitan1ente, la ricerca di

Dio sottesa alle varie vicende affrontate e vissute come luogo teologico. «Sento che Gesù mi possiede totalmente e io non guardo che a Lui; lo vedo pur senza vederlo, lo sento anche senza sentirlo, lo amo anche se non sento la dolcezza dell'amore» (lettera 547 dell' 8-4-'50) scriveva la Mazza qualche tnese prima di n1orire; e percorrendo

l'epistolario si evince che ciò che dice è il compimento di un desiderio che ha impegnato tutte le energie della sua vita, è il compimento del desiderio di una mistica sponsale, espresso in una lunga lettera al Sonzogni già nel 1915 (lettera 30). Si ha l'impressione, quindi, che ogni pagina dell'epistolario si muove all'interno di questa polarità del desiderio e del compimento, e che ogni evento raccontato non è altro che descrizione dei dina1nismi attivati per lasciarsi coinvolgere in questa vita d'unione: «Il Giovedì Santo ne11a Santa Co1nunione Gesù mi disse quasi distintamente: Lasciati portare! [ ... ] Vede, Padre? Io

non capisco bene che cosa voglia dire Gesù con questo» (lettera 23). Pur non comprendendo, la Mazza sempre dirà con la vita il suo fiat. Per attivare questi dinamismi la Mazza sente il bisogno del confronto con una guida spirituale. Essa è convinta che l'essere

accompagnati nel discernimento per scoprire il progetto di Dio è "grazia" (lettera 88) per cui resterà sempre riconoscente al Sonzogni «per il bene che le ha fatto» (lettere 174. 547). Però è significativo che essa non cede alla tentazione della dipendenza dal direttore spirituale. Si accosta a lui con atteggiamento di fede ma con grande libertà interiore. Nel momento in cui il Sonzogni, esercitando la funzione di


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direttore spirituale e di religioso canonico della nuova istitnzione a cui la Mazza ha dato vita, vorrebbe dare all'istituto un indirizzo più a struttura conventuale, ella passa da una obbedienza passiva (cieca) ad una più attiva, responsabile: «Ho pregato tanto e mi sono anche consigliata, mi pare d'essere obbligata a dire sempre il mio parere anche se questo è discorde dal suo» (lettera 464) gli scrive nel 1934. E, qualche anno dopo, rivendicando il suo ruolo istituzionale, per salvaguardare, custodire e difendere ad ogni costo "l'impronta caratteristica" dell'istituzione, ribadisce con coraggio e franchezza: «Ho pregato, ho supplicato, ho riflettuto e sono venuta in questa determinazione: Se Ella sente che la sua missione presso l'Istituzione nostra sia finita e vuol determinarsi, come accenna, ad un ritiro, io non vi oppongo la minima resistenza. [ ... ] Quanto a lasciarsi assorbire da una o dall'altra Comunità o Istituzione, finché avrò fiato non mi persuaderò mai, perché sento davanti a Dio che la inia responsabilità è grave, ma non possa cederla se non a chi voglia conservare all'opera di Dio la sua impronta caratteristica» (lettera 502). Il volume è certamente fonte-documento prezioso di spiritualità della prima metà del nostro secolo e si impone ali' attenzione di chi di essa intende cogliere le peculiarità. La lettura va suggerita anche a chi indaga sulle tipologie della vita religiosa per l'impronta nuova che la Mazza ha dato al suo istituto e per la tenacia con cui l'ha difesa. L'epistolario, infine, proprio perché narrazione di un itinerario umano e cristiano offre motivi creativi-ispirativi a chi al suo vissuto vuol dare in modo consapevole, oggi, una valenza cristiana.

Alberto Neglia



AA. Vv., Sulle frontiere de/l'educazione. Maddalena Morano in Sicilia (I 881-1908 ), a cura di Maria Luisa Mazzarello, LAS, Roma 1995, pp. 224.

Tra le note caratteristiche della Storia della Chiesa del sec. XIX indubbiamente è da annoverare l'esplosione della vita religiosa femminile, con la nascita di numerosi istituti di vita consacrata attiva (per il passato la modalità prevalente era la vita contemplativa), e l'imporsi di alcune figure emblematiche di religiose per la loro spiritualità e per la loro incidenza nella pastorale socio-educativa. Tra queste possiamo ora includere con certezza anche Maddalena Morano, Figlia di Maria Ausiliatrice. Nata a Chieri nel 1847, consegue il diploma di maestra ed emette la professione religiosa nel 1879. Nel J 881 viene inviata a fondare la comunità FMA a Trecastagni (Catania) e rimane in Sicilia fino alla sua morte (1908). Negli anni della sua permanenza in Sicilia apre il noviziato ad Alì Terme (Messina) e fonda altre 16 case in diversi comuni dell'Isola: per 22 anni è la visitatrice dellè salesiane. Nella diocesi di Catania le viene affidata pure la direzione delle scuole femminili di catechismo. In occasione della visita pastorale alla Chiesa di Catania, il 5 novembre 1994, Giovanni Paolo Il l'ha proclamata beata. Rilevare l'attenzione educativo-apostolica di Maddalena Morano, attraverso una serie di ricerche e di incontri, è stata la finalità che si è proposta la Pontificia Facoltà di Scienze dell'Educazione "Auxilium'', in collaborazione con le Ispettorie sicule di Catania e di Palermo. Così, il volume che di recente è stato edito - come scrive nella presentazione la preside della Facoltà suor Enrica Rosanna vuole essere «segno della gratitudine della nostra Istituzione "Auxilium", a un'educatrice che ha saputo inculturare con fedeltà creativa il Sistema Preventivo, che ha vissuto in prima persona lo


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sforzo di ritagliare anche per la donna il diritto di essere presente sulle frontiere dove si elabora la cultura» (p. 7). Già altri hanno tracciato il percorso umano e religioso della Morano, esaltandone lesemplarità di vita. E di recente, in occasione della beatificazione della stessa, in modo particolare Teresio Bosco ha curato la edizione di testi che la facessero conoscere al grande pubblico. Il volume che qui presentiamo, tuttavia, si differenzia per la sua i1npostazione. I saggi che lo compongono sono fondati prevalentemente su docun1entazione archivistica inedita, e tendono ad una puntuale contestualizzazione della Morano nella storia socio-religiosa dell'Isola, e della diocesi di Catania in special modo, a cavallo tra '800 e '900. Per co1npletezza di documentazione, la curatrice del volu1ne ha voluto inserire in Appendice (pp. 199-218) lomelia pronunziata da Giovanni Paolo II a Catania, e quelle dei cardinali Pio Laghi e Giovanni Saldarini, e di don Giovanni Fedrigotti (consigliere generale SDB) pronunziate in altrettante celebrazioni per la beatificazione. Nel primo saggio, La Sicilia ai tempi di Maddalena IV!arano, con particolare riguardo alla condizione .femminile (pp. 17-27), Angelo Sindoni, docente di Storia moderna ali' Università di Messina, colloca l'.:HTivo della Morano nel 11101nento in cui l'Isola era «al culrninc di un periodo di disagio, di scon1piglio (dal punto di vista sociale, econon1ico e, in particolare n1isura, anche religioso) per il suo difficile cornpaginarsi nel processo di unificazione italiana» (p. 17). Il carattere "sociale" della santità della Morano, religiosa educatrice, si affianca ad un «elevato nun1ero di personaggi in faina di santità» (p. 25) operanti in Sicilia tra la fine dcl scc. XIX e gli inizi del XX, cd csprin1e il nuovo rapporto Chiesa-società in un tempo in cui si richiedevano n1odelli inediti di in1pegno cristiano nel sociale. Gaetano Zito, docente di Storia della Chiesa allo Studio Teologico S. Paolo di C:atania, ha csa1ninato la presenza di Macldalena Morano nella diocesi {/i Catania fra Dusn1et e Francica Nava (pp. 2977). Il saggio, elaborato su documentazione archivistica, soprattutto su un gruppo di lettere inedite inviate dalla Morano a Dusn1et e an~ ch'esse pubblicate in Appendice, ricostruisce il contesto socio-ecclesiale dell'arrivo e dell'attività della Morano nella diocesi catanese.


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Mentre gli anni dell'episcopato di Giuseppe Benedetto Dusmet ( 18671894) si caratterizzano per un impegno prevalentemente religioso e caritativo; con Giuseppe Francica Nava (1895-1928) si sviluppa in particolare l'attività più propriamente sociale e quella catechistica. Da ambedue i vescovi, comunque, il modello salesiano, maschile e femminile, venne considerato rispondente ai tempi: e se Dusmel volle a tutti i costi che don Bosco mandasse anche a Catania sacerdoti e suore della nuova "Società", Francica Nava dedicò una lettera pastorale all'"oratorio", auspicando che «non ci sia parrocchia che ne rimanga priva». Dopo aver brevemente ricordato la condizione socio-religiosa di Trecastagni, dove è inviata la Morano nel 1881, viene ricostruita la vicenda di questa fondazione in un preesistente "Conservatorio delle vergini". Fu tale l'inserimento delle salesiane e l'intelligente gestione del!' istituto da parte della Morano che ben presto gli stessi abitanti del paese furono indotti «a superare le remore, i pettegolezzi e l'osti I ità ideologica di chi guardava con sospetto queste donne piemontesi con la loro forma di consacrazione religiosa femminile, e di coloro che volevano trasformare il Conservatorio in istituto maschile» (p. 43). Le lettere inviate a Dusmet permettono di rilevare, inoltre, alcuni tratti dello stile e della spiritualità della Morano, tra essi: rendere accoglienti e funzionali gli ambienti dell'istituto come espressione di attenzione alle ragazze; procedere con gradualità e intelligenza nel!' inculturazione; considerare «l'attività educativa come pro1nozione della persona e "luogo" di santificazione per sé e per le educande» (p. 50). Il saggio di Giovanni Cravatta, docente di Catechetica Fondamentale all'Istituto Teologico S. Tommaso di Messina, tematizza l'ampia opera educativa della Morano: Maddalena Morano: l'impegno educativo a .fàvore della donna (pp. 79-139). «L'ipotesi generale che dirige lo studio - scrive l'autore - è che Maddalena Morano, donna del suo tempo, religiosa delle Figlie di Maria Ansiliatrice, è stata essenzialn1ente una forn1atrice di educatrici, con un chiaro progeHo educativo: la promozione culturale, sociale, morale delle giovani generazioni» (p. 80).


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A tal fine il saggio, elaborato con l'utilizzo soprattutto del Summariwn Historicum Addictiona!e, viene diviso in quattro punti. Nei primi due viene esaminato il percorso di formazione e di maturazione della Morano, i valori a cui è stata educata, e la condizione culturale delle ragazze nella seconda metà dell'Ottocento, soprattutto in Sicilia. Tra i valori emergono con forza quelli della gratitudine, della pazienza, del!' umiltà, del!' ottimismo, della capacità di ascolto e di dialogo. Valori che permisero alla Morano di entrare nella vita delle ragazze e aiutare «a maturare in sé l'altissima dignità di figlia di Dio, e come tale vivere il quotidiano nei vari ruoli che la vita loro riserverà» (p. 114). Nel terzo e quarto punto il saggio intende rispondere ad una domanda: per la Morano che cosa significa educare? «La Morano non parla di progetto educativo o di teorie della personalità, termini tecnici invalsi ora nell'uso, ma di carattere e di cuore: «Dobbiamo formare il loro carattere e il loro cuore, continua a dire alle educatrici» (p. 115). E in tal senso propone una serie di valori imprescindibili nell'iter educativo: la verità, il lavoro solidale, la trascendenza, la rinunzia e la gioia. Nel relazionarsi con le ragazze si lasciava guidare, ed educava le educatrici a lasciarsi guidare dal concetto di maestra come madre, dalla amorevolezza, dalla ragionevolezza, dalla condivisione in "cortile", dal coordinamento tra le educatrici stesse. Dall'ampia documentazione a cui si fa riferimento risulta co1ne razione educativa della Morano «è intrisa di buon senso umano, di calcolo ragionato e di sapienza evangelica. Alla base delle sue convinzioni è la coscienza dell'alta dignità della persona umana» (p. 137). L'ultimo saggio (pp. 141-195) è di Maria Luisa Mazzarello, docente di Metodologia catechistica all"'Auxilium", su L'azione catechistica di Maddalena Morano nella diocesi di Catania (I 8811908). La scelta di approfondire quest'aspetto della attività della Morano è dettato dal ruolo da lei avuto in diocesi, nei primi anni del nuovo secolo, proprio nel campo della catechesi. Uno degli aspetti peculiari dell'episcopato Francica Nava, come già ricordato, è stato proprio il rilancio dell'attività catechistica. Ma tale opzione aveva in diocesi una significativa tradizione, ben sintetizzata nella prima parte del


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saggio, dall'episcopato Ventimiglia (I 757-1772) ali' episcopato Dusmet. Proprio alla Morano Francica Nava affida la direzione delle scuole parrocchiali femminili di catechismo, apprezzando la validità della sua esperienza nella catechesi parrocchiale, accumulata lungo gli anni della giovinezza in Piemonte e durante l'episcopato Dusmet. Le testimonianze raccolte per la causa di beatificazione, come i resoconti periodici pubblicati sul Bollettino Ecclesiastico di Catania permettono di conoscere l'intensa e capillare opera svolta dalla Morano per impiantare in ogni parrocchia, grazie alla collaborazione delle sue suore e del laicato femminile, le scuole catechistiche. Dalle identiche fonti si desume pure la capacità organizzativa, l'abilità nel coinvolgere le collaboratrici, la sollecitudine per la loro formazione. L'arcivescovo, nel 1905, riconosceva la validità dell'opera svolta dalla Morano e dalle sue consorelle e ne lodava l'impegno e lo zelo: «Da parecchi anni - scriveva - ho affidato anche a loro la direzione dell'insegnamento catechistico per le fanciulle nelle parrocchie di questa città, ed esse hanno dato mostra di zelo costante e disinteressato apportando moltissin10 aiuto in un'opera così irnportantc, in modo che il f1utto di anno in anno si è reso più copioso, e ho n1otivo che in un non lontano avvenire l'istruzione religiosa delle fanciulle si estenderà in tutte le famiglie» (p. 179). Il volume si presenta dunque come un contributo meritevole di attenzione per la conoscenza della storia di una famiglia religiosa femminile, quella delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e di una diocesi, quella di Catania, attraverso la vicenda umana e l'esemplarità di vita di una donna: Maddalena Morano. Al contempo, è un valido apporto per chi si occupa di storia della pedagogia e della catechesi, ma anche per chi è impegnato nel campo dell'educazione e della pastorale. Anche il dibattito, sempre attuale, sui diritti e sul ruolo della donna nella società e nella Chiesa può ricevere utili spunti di riflessione e di confronto riferendosi al modello offerto dalla Morano, grazie proprio alla sua consapevolezza di ciò che comporta "essere donna" nel proprio tempo. Maria Trigila



Synaxis XIII/2 (I 995) 525-528

NOTIZIARIO DELLO STUDIO TEOLOGICO S. PAOLO

1. Rinnovo del/' aggregazione

La Congregazione per l'Educazione Cattolica, a compimento del prescritto iter, in data I 5 luglio I 995 ha rinnovato l'aggregazione dello Studio Teologico S. Paolo alla Facoltà Teologica di Sicilia per un ulteriore quinquennio.

2. Inaugurazione dell'anno accademico Il 20 ottobre 1995 è stato inaugurato il nuovo anno accademico 1995-96. Dopo la celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo di Acireale, Giuseppe Malandrino, il saluto del moderatore, Luigi Bommarito, e la relazione del preside, Salvatore Consoli, la prolusione accademica è stata tenuta dal prof. Giuseppe Schillaci, dello Studio S. Paolo, sul terna: Volto un1ano e res1>011sabilità etica in Lévinas.

3. Nonzùza di docenti incaricati

Con il nulla osta dei rispettivi ordinari, il benestare del moderatore e l'unanime parere favorevole del collegio dei docenti, in data 27 ottobre 1995 il preside ha nominato docenti incaricati i proff. Giuseppe Alberto Neglia o. carm., e Giuseppe Schillaci della diocesi di Catania.


Notiziario dello Studio S. Paolo

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4. Licenziato in Teologia Morale nella sessione autunnale dell'anno accademico 1994-95

J.-M. KITUMAINI KASIGWA, Pour un engagement socio-politique de l'Eglise en Afrique. La genese historique de l'action sociopolitique de l'Eglise catholique du Zaire ( 1965-1994) (relatore prof. G. Ruggieri)

5. Baccellieri in Teologia nell'anno accademico 1994-95 *nella sessione estiva: C. ARENA, L'uomo occidentale nella situazione del mondo conten1poraneo (relatore prof. P. Buscemi)

G. LA GIUSA, ÂŤBisogna che un solo uo1no n1uoia JJer il popoloÂť. Il tema dell'"unico uomo" in Cv 11,50 (relatore prof. A. Gangcmi) S. SCHIFANO, Simone Weil e il problema religioso: centrale o 111.arginale?

(relatore prof. G. Caponnetto)

* nella sessione autunnale: itinerario catechetico-teologico nella liturgia della parola di Dio delle Domeniche di Pasqua (relatore prof. A. Gangemi) A. BONANNO,

G. CACCIAGUERRA, Commento iconografico-biblico della scena

dei Magi di Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova (relatore prof. A. Gangemi) L. CORCIULO, L'uomo e il dolore: un appello al trascendersi (relatore prof. G. Schillaci)


Notiziario dello Studio S. Paolo A. GALV AGNO,

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Una comunità e il suo pastore: Maletto e

Mariano Palermo (relatore prof. G. Zito)

Divisioni e riconciliazione dell'uomo. Lettura dei documenti preparatori al Sinodo dei Vescovi del 1983 (relatore prof. S. Consoli) S. GARRO,

V. G. KERKETTA, Prefigurazione di Gesù Cristo ed elementi

cristiani nella tradizione degli adivasi del Chotanagpur - India (relatore prof. M. Pennisi) V. LEONARDI, Adolescenti e giovani alla ricerca di sacro e di modelli. Orientamenti per la pastorale (relatore prof. S. Consoli) S. MAGRÌ, Elementi costitutivi del sacramento della confer111azione: niagistero - liturgia - teologia (relatore prof. G. B. Rapisarda)

P. A. RUGGIERO, La nozione di diritto e di Chiesa nel Codice di

Diritto Canonico (relatore prof. A. Longhitano) S. SPARATORE,

Rapporti fra Chiesa e fascismo nell'Arcidiocesi di

Siracu.sa

(relatore prof. G. Zito) P. J. TOPPO, Gandhi's concept of non-violence interpreted in the light of teaching of Francis of Assisi (relatore prof. M. Aliotta)


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Nothiario dello Studio S. Paolo

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6. "Lectio conununis" del I senzestre e "Disputatio"

Anche per il I semestre di questo nuovo anno accademico ogni corso ha programmato la Lectio communis: al I propedeutico su Magia e/o preghiera: inquietudine dell'uomo; al II propedeutico su Essere, verità e libertà nella "Veritatis Splendor"; al Triennio teologico su La responsabilità dell'uomo alla luce del mistero della Trinità. È già stata avviata pure l'annuale Disputatio. Il tema su cui Professori e alunni sono invitati a lavorare è Significato teologicoecclesiale della territorialità. Il momento conclusivo prevede la relazione del prof. Gianfranco Ghirlanda, della Pontificia Università Gregoriana.

7. Sen1inario interlliscijJlinare

Il 1 dicembre l 995 si è tenuto il secondo incontro seminariale su Vangelo, religione civile e mafia. Ognuno degli invitati ha presentato uno schema del lavoro che sta compiendo. La discussione comune ha permesso di centrare meglio la tematica globale e di apportare le correzioni opportune per una migliore armonizzazione tra i vari contributi. Se ne prevede la pubblicazione su Synaxis XIV/I, a giugno 1996.


Finito di s1ain1_wn路 Diceni!Jrt' l 99S dalla 'l'ipolitogn1fin CalH11'n di Caetano i\laug1路ri

Ar.ireHlc



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