Fiori gettati al fuoco

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della sua consunzione mentale, a Brugherio, manzoniano luogo ricco di arbusti e flora selvatica (centro in prossimità di Monza in cui si custodiscono persino le preziose falangi ossee appartenute ai Re Magi!). Fiori che si mostrano, di colpo, anche nel resoconto di un suo pranzo in una trattoria veneta, dove su di una tavola bianco-verde essi prepotentemente sporgono, quasi appassiti, da un vaso. Così egli racconta: «…un garofano rosso vivo dal lungo stelo si sbilanciava nell’aria come una specie di tic nervoso, un mazzo di piccoli astri bianchi eran come stelline di un mondo irreale, molluschi fragili, fantasie leggere. Il vaso proiettava sulla tovaglia ombre delicatissime… Non mi stancavo», ricorda, «di guardare e pensare ai tratti che su un foglio bianco avrebbero potuto fissare un po’… della grazia e della melanconia di questi fiori. E mi era venuta voglia di piangere.»5 E di tale ‘grazia’ scriverà nella poesia Mazzo di fiori: «Lo so, è la tua grazia / che vibra nei teneri petali, / ciglia, occhi-ciechi / anima vegetale /che s’offre abbacinata a la luce, / fronte, bocca, mento, ♦[pagina

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