Il sovraccarico di lavoro familiare delle donne

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Sul versante delle madri straniere la situazione occupazionale è ancora più allarmante. Infatti per le straniere l’esperienza della maternità appare come un fattore di forte inconciliabilità con il lavoro. In particolare, le madri straniere 25-49enni hanno un tasso di occupazione (45,2 per cento) di gran lunga inferiore non solo a quello delle madri italiane (56,8 per cento), ma anche alle donne straniere non madri che vivono sole (79,9 per cento) o in coppia (53,8 per cento). In sintesi il part time è aumentato rispetto al 2008, quando riguardava il 29,3 per cento delle occupate, e anche rispetto al 2004, quando riguardava il 26,1 per cento ma contemporaneamente è molto cresciuta anche la componente involontaria. Inoltre sono aumentate del 60,6 per cento in confronto a cinque anni prima, le madri in cerca di lavoro.

5.3 Il sovraccarico di lavoro familiare delle donne L’Italia è un Paese caratterizzato da un’asimmetria di genere nella divisione dei ruoli nelle coppie evidente in tutte le zone del Paese e trasversale ai vari strati della società. Per una donna avere un lavoro e dei figli si traduce in un elevato sovraccarico di lavoro di cura, che permane per tutto il corso della vita; per gli uomini, invece, l’ingresso nel variegato mondo del lavoro familiare continua ad essere lento. Tuttavia, dalla fine degli anni ’80 si sono registrati dei progressivi segnali di cambiamento nell’asimmetria dei ruoli di genere, dovuti in larga parte alla riduzione operata dalle donne nei tempi di lavoro domestico, ma anche al contributo positivo dato da alcuni segmenti della popolazione maschile. Nel 2008-2009, prendendo in considerazione le coppie di occupati con donna tra 25 e 49 anni, il divario di genere nei tempi di lavoro totale, cioè la somma del tempo dedicato al lavoro retribuito e di quello dedicato al lavoro familiare è ancora importante: in un giorno medio settimanale, cioè tenendo conto anche del sabato e della domenica, la donna lavora circa un’ora in più del suo partner (9h08’ di lavoro totale Figura 5.3 - Durata del lavoro totale in un giorno medio settimanale (a) nelle coppie di occupati con donna di 25-49 anni per presenza di figli - Anni 2002-2003 e 2008-2009

Fonte: Istat Indagine Multiscopo “Uso del tempo” (a) Il giorno medio settimanale è un giorno teorico calcolato su base annua come media dei tipi di giorni feriale (lunedì-venerdì), prefestivo (sabato) e festivo (domenica).

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In presenza di figli il divario nelle ore di lavoro totale cresce (+1h10’): le madri occupate complessivamente vi dedicano 9h23’ a fronte delle 8h13’ dei padri. Persino le madri non occupate lavorano più dei loro partner (8h13’ contro 7h45’). L’aggravio di lavoro totale per le madri lavoratrici e la condizione di svantaggio rispetto ai loro partner, sono particolarmente evidenti tra le residenti nelle regioni del Mezzogiorno, che arrivano a dedicare al lavoro totale 1h37’ in più dei loro partner (9h36’ a fronte di 7h59’). Tavola 5.2 - Uso del tempo degli occupati che vivono in coppia con donna di 25-49 anni per tipologia della coppia, sesso e tipo di attività - Anni 2002-2003 e 2008-2009 (durata media generica, durata media specifica in ore e minuti e frequenza di partecipazione in percentuale) (a)

79,8

81,2

99,4

98,9

78,7

79,0

98,8

98,5

M.g.

0:49

0:53

3:30

3:16

%

60,0

64,0

98,7

97,2

M.s.

1:21

1:22

3:32

3:21

60,7

64,0

98,1

97,0

M.g.

0:34

0:38

1:13

1:18

%

44,8

46,5

63,2

66,2

M.s.

1:16

1:21

1:55

1:57

36,6

36,6

51,6

51,9

77,4

77,5

65,4

66,6

76,6

77,3

66,0

67,6

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

100,0

97,5

97,1

94,7

94,2

97,8

97,3

95,2

94,8

di cui: Lavoro domestico

SPOSTAMENTI 97,5

96,5

94,7

93,9

97,4

96,7

94,9

94,5

5,8

5,0

8,1

6,4

6,2

4,5

8,2

5,8

Fonte: Istat Indagine Multiscopo “Uso del tempo” (a) La durata media generica (M.g.) misura il tempo medio impiegato nello svolgere determinate attività dall’insieme della popolazione oggetto di studio, considerando sia le persone che hanno svolto l’attività sia le persone che non l’hanno svolta. La frequenza di partecipazione ( per cento) misura la percentuale di popolazione che mediamente, in un determinato tipo di giorno (in questa tavola il giorno medio), svolge una certa attività. La durata media specifica (M.s.) misura il tempo medio impiegato nello svolgere determinate attività solo dal collettivo che le svolge effettivamente. Per alcune attività, come quelle fisiologiche, che hanno una frequenza di partecipazione vicina o pari al 100 per cento, perché sono svolte nel corso della giornata da tutti gli intervistati, la durata media generica e la durata media specifica coincidono (o quasi). Con riferimento alle attività che vengono svolte da un esiguo numero di individui del collettivo considerato (frequenza di partecipazione bassa), la durata media generica e specifica possono differire anche di molto. Le durate medie generiche relative alle differenti attività possono essere sommate e la loro somma dà le 24 ore, perché sono medie calcolate sulla stessa popolazione; al contrario le durate medie specifiche relative a diverse attività non possono essere sommate, perché sono medie calcolate su sottoinsiemi differenti del collettivo analizzato (per esempio gli uomini che hanno svolto lavoro di cura dei figli sono diversi da quelli che hanno svolto lavoro retribuito).


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A farne le spese è il tempo libero delle occupate che nel giorno medio settimanale si attesta a 2h39’ contro le 3h38’ dei loro partner: in altre parole per gli uomini dopo il lavoro retribuito, che assorbe una parte importante del loro giorno medio (6h21’), viene il tempo da dedicare a sé e ai propri interessi personali (3h38’), mentre il tempo da dedicare al lavoro familiare appare decisamente residuale (1h45’); per le donne, al contrario, dopo il lavoro retribuito, che rispetto ai loro partner ha una dimensione più contenuta (4h27’), viene il lavoro familiare (4h41’) e solo quel che resta, da ultimo, è riservato al tempo libero (2h39’). Appare, quindi, evidente che al sovraccarico di lavoro per le donne si affianca un’elevata asimmetria dei ruoli nella coppia (Tavola 5.3). Tavola 5.3 - Indice di asimmetria (a) del lavoro familiare nelle coppie di occupati con donna di 25-49 anni per tipologia della coppia e alcune caratteristiche della coppia - Anni 2002-2003 e 2008-2009 (indice di asimmetria in percentuale)

Totale

73,0

70,7

72,5

70,2

76,9

73,4

75,3

74,3

79,7

76,9

79,6

76,4

72,3

71,3

72,3

71,3

73,4

69,6

73,4

69,6

75,6

72,9

75,6

72,9

75,5

74,2

75,5

74,2

79,7

76,3

79,7

76,3

73,1

69,7

71,8

68,0

74,6

72,5

73,9

72,6

78,0

75,1

77,3

75,2

78,2

78,4

78,1

77,7

72,8

69,4

71,7

68,0

73,2

71,2

72,3

72,1

81,8

76,6

81,3

76,8

75,5

72,7

74,7

72,4

Fonte: Istat Indagine Multiscopo “Uso del tempo” (a) Tale indice assume valore 100 nei casi in cui il lavoro familiare ricada esclusivamente sulla donna, è pari a 50 in caso di perfetta condivisione dei carichi di lavoro familiare; i valori compresi tra 0 e 49 e quelli compresi tra 51 e 99 indicano un carico di lavoro, progressivamente più sbilanciato, rispettivamente sull’uomo o sulla donna.

del tempo dedicato da entrambi i partner al lavoro domestico, di cura e di acquisti di registrato nel complesso delle coppie con lei tra i 25 e i 49 anni è ancora a carico delle donne, valore poco più basso di quello del 2002-2003 (78,1 per cento). Considerando le coppie con entrambi i partner occupati l’asimmetria scende di circa due punti percentuali rispetto a sei anni prima, grazie al calo registrato nelle coppie con figli, per le quali l’indice passa dal 75,5 al 72,7 per cento (-2,8 punti percentuali), a fronte della stabilità dell’indicatore per le coppie senza figli, fermo al 71,2 per cento.


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Nelle coppie di genitori entrambi occupati, le situazioni più asimmetriche si osservano tra le coppie residenti nel Mezzogiorno (76,9 per cento), con un partner di professione dirigente, imprenditore o libero professionista (78,4 per cento). Si rileva, invece, una maggior condivisione dei carichi di lavoro familiare nelle coppie con figli, residenti nel Nord in presenza di figli di 3-5 anni, soprattutto se il padre è laureato (68,4 per cento), nelle coppie con un partner di professione direttivo, quadro, insegnante o impiegato (quindi con orari di lavoro meno pesanti e più flessibili) e quando la donna possiede un titolo di studio elevato, almeno la laurea. La presenza di segmenti di popolazione tra i quali l’indicatore di asimmetria scende al di sotto del 70 per cento è di estremo interesse e segnala che, nonostante l’asimmetria dei ruoli continui a essere marcata in tutte le zone del Paese, qualcosa si sta muovendo soprattutto al Nord, tra i padri giovani di più alto titolo di studio e con figli piccoli. Nell’arco dei venti anni analizzabili attraverso le indagini Uso del tempo, l’asimmetria dei ruoli è diminuita, anche se i cambiamenti hanno riguardato più il tempo delle donne che quello degli uomini. Tra il 1988-1989 e il 2002-2003, infatti, le donne hanno ridotto il tempo di lavoro familiare operandone una redistribuzione, da un lato riducendo il tempo dedicato al lavoro domestico e, dall’altro, a vantaggio del tempo di cura dei figli da parte delle madri. Contestualmente, si sono verificati cambiamenti nell’universo maschile: seppur lievemente, il coinvolgimento degli uomini nel lavoro familiare è cresciuto in termini tanto di partecipazione quanto di tempo investito. La significativa riduzione del tempo di lavoro familiare delle donne e l’incremento contenuto del contributo maschile hanno, così, ridotto il gap di genere, pur persistendo un’elevata asimmetria nella divisione del lavoro familiare. Nei sei anni che separano le ultime due rilevazioni sull’uso del tempo, la durata del lavoro familiare delle donne scende di altri 13 minuti (arrivando a 6h06’), poiché è proseguita la strategia di contenimento di quest’ultimo da parte delle donne. Tale tendenza non riguarda, però, tutte le donne, ma si concentra sulle madri e, in particolare, sulle madri lavoratrici, per le quali il tempo di lavoro familiare scende da 5h20’ a 5h05’. Anche negli ultimi sei anni, d’altra parte, la riduzione del tempo dedicato al lavoro familiare si associa ad una redistribuzione delle attività che ricadono al suo interno: cala di 14’ il tempo delle madri occupate per il lavoro domestico e aumenta leggermente il tempo per la cura dei bambini fino a 13 anni. Nello stesso periodo, il tempo dedicato dagli uomini al lavoro familiare rimane stabile (1h42’), mentre diminuisce il numero di quanti, in un giorno medio, svolgono almeno un’attività di lavoro familiare (dal 75,6 al 74,6 per cento). Solo in presenza di figli e di una partner occupata si rileva un incremento di 8’ da parte dei padri (da 1h46’ a 1h54’), a cui corrisponde un aumento di 1,4 punti percentuali nella frequenza di partecipazione (dal 79,8 per cento all’81,2 per cento). La quota dei padri con partner occupata coinvolti nel lavoro domestico cresce di quattro punti percentuali (dal 60 al 64 per cento), senza che ciò si traduca in un aumento significativo del tempo ad esso dedicato. Scendendo nel dettaglio delle attività che compongono il lavoro domestico, si nota che l’impegno delle donne spazia indifferentemente tra tutti i tipi di attività: dalla preparazione dei pasti, alla pulizia della casa e della biancheria, mentre il contributo maschile è più selettivo. Considerando l’indice di asimmetria, nelle coppie di occupati resta a carico della donna il 77,7 per cento del tempo destinato dalla coppia al lavoro domestico in senso stretto (Tavola 5.4). Lo squilibrio all’interno della coppia è massimo per le attività del lavare e stirare, che gravano completamente sulle spalle




delle donne (indice di asimmetria pari al 97,7 per cento). Anche le attività di pulizia e riordino della casa e quelle riguardanti la preparazione dei pasti sono di competenza quasi esclusivamente femminile (con un indice di asimmetria pari rispettivamente all’83 e all’80,8 per cento), nonostante le tendenze al miglioramento osservate. L’asimmetria nel lavoro di cura dei bambini fino a 13 anni risulta invece più contenuta (67,4 per cento), segno della maggiore partecipazione dei padri a tali attività. L’attività in cui si registra la maggiore condivisione dei carichi è quella relativa all’acquisto di beni e servizi, in cui l’indice di asimmetria scende al 58,2 per cento. Tavola 5.4 - Indice di asimmetria delle attività di lavoro domestico, di cura di bambini 0-13 e di acquisto di beni e servizi nelle coppie di occupati con donna di 25-49 anni per tipologia della coppia e attività - Anni 2002-2003 e 2008-2009 (indice di asimmetria in percentuale)

Fonte: Istat Indagine Multiscopo “Uso del tempo”

Negli ultimi sei anni i cambiamenti nei tempi del lavoro familiare si sono dunque concentrati nelle coppie con donna occupata e con figli, ovvero nelle situazioni in cui l’onerosità del carico di lavoro complessivo che ricade sulle donne è più elevata. Anche in queste situazioni più gravose i mutamenti dei comportamenti maschili restano però ancora lenti. Emergono segnali importanti nei padri con figli piccoli con alto titolo di studio e negli uomini con minor carico di ore di lavoro extradomestico e donna con titolo di studio elevato. Sono, comunque, sempre più le donne a determinare l’ulteriore lenta diminuzione dell’asimmetria, realizzata attraverso tagli al tempo dedicato al lavoro domestico.

5.4 Aumentano le interruzioni del lavoro alla nascita dei figli L’interazione maternità-lavoro è uno dei momenti più delicati nella vita di una donna. La nascita di un bambino comporta, infatti, una profonda riorganizzazione della vita sia sul piano personale e familiare che su quello lavorativo. Confrontando quanto rilevato nell’edizione del 20052 dell’indagine sulle nascite e in quella del 2012 3, è possibile delineare i diversi profili delle donne con riferimento al loro status occupazionale prima e dopo la gravidanza4 (Tavola 5.5)5. Nel 2012 il 62,8 per cento delle neo-madri era occupato al momento della gravidanza (erano il 63,2 per cento nel 2005), mentre al momento dell’intervista risulta 2

L’Edizione del 2005 ha come universo di riferimento gli Iscritti in Anagrafe per nascita nel 2003. L’Edizione del 2012 ha come universo di riferimento gli Iscritti in Anagrafe per nascita nel 2009/2010. 4 Si noti che rientrano in questa categoria non solo le donne che hanno la stessa occupazione in gravidanza e all’intervista ma anche quelle che hanno cambiato datore di lavoro o attività svolta. 5 Per approfondimenti vedere Istat (2014i) “Avere figli in Italia negli anni 2000. Approfondimenti dalle Indagini Campionarie sulle Nascite e sulle Madri” e Istat (2007) “Essere madri in Italia. Anno 2005. Statistiche in breve”. 3

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