Intervento Oria Gargano, Be Free

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Via via più nominato, il cliente è attualmente sempre più al centro dei ragionamenti intorno alla prostituzione, e intorno a questo argomento esiste una vastissima gamma di atteggiamenti e giudizi, che si raggruppano intorno ad un tema ancora più vasto: la liceità del ricorso maschile all’acquisto di servizi di sottomissione sessuale, al di là che quella prostituzione sia forzata o meno, e la legittimità dell’esercizio della prostituzione stessa, laddove non esistono coercizioni ad esercitarla, fino alla richiesta di salvaguardia dei diritti dei sex-workers. Indubbiamente, la molteplicipità dei pareri si allarga a macchia d’olio a partire da questi due atteggiamenti-tipo, e non a caso le opinioni non si aggregano intorno a specifici orientamenti politici ed elettorali. Indubbiamente, la percezione personale di questi temi ed il parere con il quale ci si schiera non prescindono dal vissuto, dalla scala di valori, dalle convinzioni, dai percorsi attraverso il sociale e dallo “stile di vita” di ciascuno. Ma è curioso constatare come non esistano orientamenti condivisi che possano definire un approccio, a grandi linee, di “destra” o di “sinistra”. Questo non significa tuttavia che poli specifici ed opposti raggruppino, come magnetizzandole, posizioni nette ed altrettanto contrastanti. Al contrario, linee di pensiero diverse possono confluire in una stessa direzione. Le multe ai clienti, ad esempio, attuate all’interno di una logica repressiva del fenomeno della prostituzione su strada a fini unicamente di pubblico decoro, possono essere giudicate favorevolmente anche da chi considera la prostituzione un paradigma del’inferiorità femminile. La conseguenza di questa azione – il rafforzamento della prostituzione al chiuso – non trova il medesimo accoglimento “bipartisan”. La prostituzione al chiuso viene considerata risolutoria da chi ritiene lo spettacolo “disdicevole” dei corpi in offerta nel pubblico spazio il problema principale del fenomeno, e anche da ritiene che la prostituzione sia un mestiere qualsiasi, da poter esercitare in forma adeguata a qualsiasi attività di pubblica vendita. Di parere opposto sono invece coloro che vorrebbero analizzare la prostituzione come strumento normativo dei comportamenti sessuati delle donne e come cristallizzazione di dispari poteri ed opportunità tra i due generi, e anche da coloro che conoscono la realtà della prostituzione su strada, e che temono che la situazione “indoor” finisca con il penalizzare ulteriormente le vittime di traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale, che rappresentano la grande parte delle persone immigrate prostituite su strada. Proibire, tollerare o legalizzare la prostituzione significa sostenere modelli specifici sul piano della convivenza tra uomini e donne. Separare il discorso sul traffico di esseri umani da quello sulla prostituzione (atteggiamento molto in voga nei dibattiti nostrani) significa ignorare la connessione inevitabile tra le due cose. Prendiamo Amsterdam, il più grande mercato delle donne in Europa.


Un articolo del 20061 ci racconta perché le autorità cittadine abbiano deciso la chiusura di quasi un terzo delle “vetrine”. “ Le autorità cittadine e la polizia stanno incrementando le indagini sui reati interconnessi con il sex business, ed in particolare riciclaggio di danaro sporco e traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale. Secondo alcune stime, circa 3.500 donne sono trafficate in Olanda ogni anno dall’Europa dell’Est e dall’Asia e costrette ad esercitare in condizioni di degrado sconvolgenti.” In Svezia, al contrario, fin dal 1999 il governo ha deciso di combattere il traffico e la prostituzione attraverso una combinazione di misure punitive per gli acquirenti di servizi sessuali, di sistemi di sostegno e supporto per le donne prostituite, e di campagne comunicative sul danno della prostituzione. In cinque anni, secondo il governo svedese, la prostituzione in strada è diminuita del 30-50%, e l’introduzione di straniere da prostituire si è sostanziamente bloccata. Il numero dei clienti sarebbe diminuito del 75-80 per cento. Negli stessi anni, però, la prostituzione su strada nella vicina Danimarca è aumentata tra il 250 ed il 400%. Gunilla Ekberg, già Ministro Svedese dell’Industria, del Lavoro e della comunicazione, definì la legge: “Una pietra miliare nella creazione di una società democratica e moderna, nella quale la piana eguaglianza di genere sia una norma, e sia riconosciuto il diritto all’uguale partecipazione della donne e degli uomini, delle ragazze e dei ragazzi in tutte le aree della società”. E Boriana Jönnson, dell’associazione femminista di Stoccolma Kvinna til Kvinna Foundation, dice “ La legge dimostra l’attitudine etica e politica dello Stato verso la prostituzione e l’eguaglianza di genere in generale. Dal punto di vista dei diritti umani, non può esistere una parodia di relazione in cui un uomo può comprare e possedere un corpo di donna come un qualsiasi bene di consumo. Dunque, la prostituzione è considerata in Svezia come un crimine di violenza e sfruttamento sessuale del quale le donne sono vittime.2” Le misure repressive funzionano dunque? Molto probabilmente sì, ma soprattutto nel loro intervenire sull’immaginario collettivo, cercando di correggere gli squilibri esistenti tra uomini e donne nella società. Una consapevolezza, questa, che si sta affermando anche in Stati che noi consideriamo erroneamente più lontani di noi dal riconoscimento dei diritti. In Corea, ad esempio, dove già da alcuni anni iniziative, campagne e leggi stanno cercando di intervenire sull’immenso fenomeno della prostituzione, esiste un dibattito di alto spessore. S. Castle TRAFFICKING FORCES CLAMPDOWN IN AMSTERDAM'S RED-LIGHT AREA, The Indipendent, Londono, 2-12-2006 1

By Brenda Zurita, Prostitution is Not a Profession, 12/14/2005 http://www.cwfa.org/articles/9691/BLI/family/index.htm 2


Come dice la coreana Hilary Sunghee Seo, counsellor di Coalition Against Trafficking in Women (CATW) a New York City, “ La prostituzione è dannosa non solo per gli individui che sono prostituiti, ma per la società che la ammette e che vi prende parte. La prostituzione non può essere legittimata come lavoro. Non dà empowerment alle donne. (…) Anche gli uomini sono poveri, ma non sono prostituiti in così grande numero. Altre cose influiscono, e sono l’ineguaglianza di genere e la discriminazione che sottomette le donne le ragazze e le bambine, e le rende una classe, e la domanda di prostituzione che fa da carburante al traffico di corpi di donne.3 La soluzione più adeguata sarebbe dunque quella di “decostruire la domanda di servizi sessuali”. Al di là delle varie impostazioni culturali ed ideologiche, che hanno del cliente visioni talvolta agli antipodi, è indubitabile che nel mercato creato dal traffico di esseri umani l'acquirente abbia un ruolo decisivo, e che quasi mai venga preso in considerazione nei ragionamenti che si fanno sulla prostituzione e sulla tratta. In realtà, il cliente è “faceless and nameless”, secondo la felice definizione della docente e saggista Donna Hughes: senza faccia e senza nome. Molte centinaia di colloqui con le ragazze ex vittime di tratta che ho seguito e seguo mi hanno fatto capire che il rapporto sessuale con il cliente, per modalità di contratto, tempo, tipo di richiesta, è quasi sempre estremamente spersonalizzato, brutale, frettoloso, non di rado violento, e che molto raramente il cliente può definirsi una “risorsa”. Il fatto che milioni di uomini acquistino queste prestazioni indica, a mio parere, l'esistenza di un problema grave nella relazione tra uomini e donne in questo Paese, ed un malessere molto forte circa l'identità sessuale maschile, l'autorappresentazione, la percezione della relazione tra i sessi, oltre ad una impostazione culturale che nega nella sostanza la parità tra i sessi. Secondo una ricerca sui clienti di Danimarca. Italia, Thailandia e India realizzata per l'OIM)4 gli uomini sanno perfettamente che molte prostitute sono in realtà vittime di tratta, e le preferiscono perchè le trovano più arrendevoli e sottomesse. Personalmente sono sempre stata contraria alle multe, perchè creano un clima proibizionistico, ed il proibizionismo ha sempre creato più problemi di quanti intendesse risolvere. Mi piace invece molto l'idea dei seminari formativi obbligatori, che vengono realizzati in diversi Paesi, e che, sembra, diano risultati eccellenti. Negli Stati Uniti e in Canada esistono molte “John Schools”, scuole di educazione per i compratori di servizi sessuali (“John” è il nomignolo che comunemente si dà al cliente, perché fa riferimento al nome maschile americano più diffuso, a significare che tutti gli Hilary Sunghee Seo, Prostitution: Reality Versus Myth, The Korea Times November 17, 2004 3

Bridget Anderson and Julia O’Connell Davidson, “Is Trafficking in Human Beings Demand Driven? A MultiCountry Pilot Study,” International Organization for Migration, Dicembre 2003 4


uomini sono o possono esserlo). Poichè la prostituzione è illegale in quasi tutti gli stati, i corsi sono comminati dal tribunale. Questo fa sì che siano disponibili dati certi circa il recidivismo. Basandosi sulle cifre, pare che gli uomini che frequentano i corsi acquistino effettivamente consapevolezza del meccanismo della prostituzione forzata, e consapevolezza di sè, ottenendone concreti benefici. I programmi psicoeducazionali differiscono parecchio tra di loro, ma sono sempre realizzati con il sostegno di strutture pubbliche (Governo, Enti locali, Ospedali...) in collaborazione con l'associazionismo specializzato. Alcuni sono realizzati da associazioni di donne ed hanno una forte impostazione di genere, altri sono più focalizzati sui temi sanitari, ed altri sono gestiti da religiosi. Oltre ad essere obbligatori, vengono pagati dai clienti stessi, ed i proventi sono devoluti ai progetti di assistenza alle vittime della tratta. Quello che qui vorrei brevemente ricordare è ciò che si evince dalla sterminata raccolta di documentazione il cui corpus è rappresentato dai questionari e dai colloqui con gli uomini-clienti, e che gettano luce su una costruzione delle identità sessuali maschili e femminili davvero impressionanti. In estrema sintesi, i clienti raccontano di un ricorso all’acquisto di sesso motivato dal rifiuto di ogni possibile coinvolgimento emotivo o sentimentale, dichiarano di preferire donne che sembrano essere “sole al mondo”, perché più “vulnerabili”. Comprare sesso è visto come un fattore normativo del comportamento maschile. Gli intervistati spesso comparano le donne nella prostituzione a degli oggetti, le donne cessano di essere individui e diventano prodotti che possono essere acquistati ed usati. Molti usano metafore che hanno a che vedere con il cibo, rinforzando la concezione delle prostitute come bene di consumo, e facendo trapelare la percezione che le donne siano disponibili per tutti, come l’acqua e gli altri prodotti della natura Meno della metà (40%) pensano che le donne prostituite siano diverse da quelle che non lo sono, la maggioranza ritiene che tutte le donne sono prostitute e possono essere comprate. Quindi, non è dannoso comprare una prostituta perché tutte le donne in realtà sono in vendita. L’unica differenza percepita è che con una non-prostituta il pagamento per ottenere sesso avviene offrendo cene o facendo regali. Alcuni intervistati sono profondamente convinti che l’essere nati maschi dà il diritto di comprare sesso. Alla domanda “Perché compri sesso?”, spesso rispondono: “Perchè posso!”. Secondo il ricercatore Sven – Axel Mansson5 alcuni uomini che pagano per il sesso non hanno di loro stessi un'immagine sessuale positiva. Riconoscere a se stesso e agli altri che si sente il bisogno di andare alla ricerca di prostitute può essere percepito come un disvalore rispetto alle norme sessuali. Ma è ugualmente vero l'inverso. Ogni sentimento di vergogna può essere superato dall'altro principio della dominazione maschile che richiede molteplici esperienze sessuali.

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Sven – Axel Mansson I comportamenti degli uomini clienti della prostituzione: indicazioni e orientamenti per il lavoro sociale


Tutto questo, assieme a moltissimi altri dati ed evidenze che non è possibile elencare per non “sforare” il tempo concesso ad ogni intervento, ci pongono problemi di chiara decodifica e difficile risoluzione, ci rendono chiara la necessità di affrontare la costruzione delle identità maschili (e femminili) fin dalla prima infanzia, ci invitano a creare moduli formativi specifici ed adeguati a segnare un cambiamento, e comunque a predisporlo, agendo laddove una sciatta educazione costruisce e diffonde una cultura di negazione dei diritti e del rispetto, e, parallelamente, produce disagio. Giacciono in parlamento due proposte di legge che mettono a tema proprio questo problema, e propongono soluzioni: quella della vice presidente del Senato sen. Valeria Fedeli e quella della deputata Celeste Costantino. Il nostro invito è di lavorarci su, subito e con convinzione. Grazie.

Oria Gargano


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