Intervento Carmen Bertolazzi, giornalista, presidente dell’ass. Ora d’Aria

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Tratta e prostituzione, due realtà che inevitabilmente vengono presentate congiuntamente, ma sarebbe più corretto vederle come due linee che si intersecano. Non sempre e non è stato sempre così e anche oggi le linee in parte corrono parallele. A voler dare uno spessore a queste due realtà, la tratta - ossia la riduzione in schiavitù e lo sfruttamento sessuale conseguente - stravince rispetto alla prostituzione senza costrizione e senza cessione ad altri dei guadagni. Così si dice, ma senza alcuna scientificità. Non esistono dati certi, anche perché spesso le due realtà sono connesse. E il conteggio, comunque impossibile. Non c’è sola la strada – dove è più facile fare delle proiezioni ma che è quasi interamente in mano alle mafie degli sfruttatori-, ci sono gli appartamenti, le ville, i club, i siti internet, le chat telefoniche, la prestazione a domicilio del cliente e via dicendo. E il fenomeno nelle sue ubicazioni territoriali è in continuo cambiamento. E comunque sia, la percentuale è indifferente. Se si parla di diritti da tutelare, non si tratta mai di numeri. Anzi, proprio se il numero delle persone da tutelare è esiguo, maggiore deve essere l’impegno per ottenere le dovute tutele. Sulla tratta non c’è dibattito, accordo unanime. Si tratta di persone da difendere, da proteggere, da tutelare, da preservare nella loro vita attuale e da sostenere nella difficile ricostruzione di quella futura. Il problema è che oggi non esistono sufficienti strumenti, sufficienti risorse, sufficiente attenzione da parte della politica e delle istituzioni. Il tema, che tanto coinvolge a livello emotivo, non trova sufficiente attenzione dal punto di vista dell’attenzione del legislatore per eventuali modifiche migliorative, i fondi non sono sufficienti e accorerebbe che le Amministrazioni locali mettessero a sistema un impegno di cui si conoscono bene punti di forza e criticità. Altrimenti il rischio è di vanificare un capillare lavoro di quasi un ventennio di interventi di protezione sociale per le vittime che hanno prodotto esperienze e competenze in passato portate come esempio a livello europeo. Non siamo più in sintonia quando affrontiamo il tema della prostituzione, quella definita e che si definisce libera, e che chiede delle precise tutele e quindi un riconoscimento ben preciso, come si intende dall’autodefinizione, “sex workers” . Esistono persone – donne e uomini - che decidono attraverso il proprio corpo di vendere la merce del sesso. L’idea fa inorridire, sconvolge il solo pensiero? Perché no, siamo nel campo della libertà di pensiero, ma personalmente non credo che in questa fase sia prioritario dibattere se prostituirsi sia giusto o no, se sia morale o no, se faccia male a un pensiero, a una rappresentazione, a una coscienza o altro. Elaborare giudizi e opinioni è altro da garantire tutele e diritti. Particolarmente se sono scomodi: è un po’ come la storia del garantismo, è facile esserlo verso gli amici, più arduo verso i nemici. Io non venderei mai il mio corpo, e spero di non aver mai dovuto vendere il mio cervello (e mi pare che su questo tema il dibattito langue), ma la mia scelta esiste perché esiste il diritto di scelta. In Italia prostituirsi non è reato, anche se lo può diventare facilmente e se vogliamo anche paradossalmente, ad esempio se più persone, magari per la propria sicurezza, si mettono insieme in un appartamento. Perché si vende il proprio corpo? Per costrizione economica spesso e purtroppo, ma anche per calcolo, per esercizio di potere, per scarsa autostima o per eccessiva autostima, per pigrizia rispetto alla fatica nel percorrere altre strade, per divertimento e via dicendo. Ossia, è complicato offrire una spiegazione, e forse sarebbe bene evitare banali letture delle complesse realtà umane.


E perché si compra un corpo altrui? Sui clienti si cominciano solo ora a indagare e a scrivere, ma sicuramente produrremmo in tempi brevi una ampia e forse anche noiosa letteratura. Ma anche qui è bene che non fermarsi alla rappresentazione che piace: tutti perversi e patologici. Non è cosi, la sessualità è ben più complessa. gli uomini comprano sesso per noia, per curiosità , per solitudine, per trasgressione, per incapacità a relazionarsi con l’altro e anche con il proprio sesso e via dicendo. Riguarda la sfera comunicativa, affettiva e sessuale di tanti, e per analizzarla occorre partire dall’infanzia, per continuare con l’adolescenza e poi addentrarsi nella vita adulta, e anche quella matura. Occorre guardare i modelli culturali ed educativi nel nostro paese, e se facessimo una comparazione potremmo coniugare sessualità a realtà dell’esistente, antica o moderna che sia. Si parte dalla prostituzione, ma inevitabilmente si finisce a parlare di sessualità, di affettività, di modelli e stili di vita, di cultura delle relazioni, del proprio io e del proprio ego. Non solo delle prostitute, non solo dei clienti, ma di tutti noi. E allora ammettiamo che questa discussione – e non le donne che vendono il proprio corpo e gli uomini che lo comprano – porta al cuore della discussione e al grande tabù. Pensiamo solo che quando si propone di parlare di educazione sessuale nelle scuole – e non parlo di temi lgtb – di affettività, amore e sessualità nel senso più ampio, succede il finimondo e sono anche gli stessi genitori, madri e padri e dunque uomini e donne, ad opporsi. E pare sempre con successo. E questo sì che è riprovevole. Ci sono molte proposte di legge sul tema della prostituzione non schiavizzata e sfruttata, molte diverse fra di loro. Alcune punitive verso ambedue le parti, alcune in particolare verso i clienti, altre vittimizzando tutte le donne senza nemmeno ipotizzare la possibilità di una scelta, soltanto perché non è condivisa. Una proposta trasversale è stata presentata recentemente, e sicuramente è importante che vi sia una discussione parlamentare. Quello che è certo è che l’attuale legge va modificata, allineata con i tempi, e veda il riconoscimento di garanzie per donne e uomini che chiedono di essere riconosciuti come sex workers. Un consiglio sul percorso: ascoltiamo tutte le parti, le associazioni di prostitute, le persone che in questi decenni si sono occupate seriamente e professionalmente del tema. Credo che le norme da introdurre debbano essere leggere, flessibili. Non rischiamo di fare una legge che pretenda di normare ogni aspetto, risultando alla fine inapplicabile. Si chiede di pagare le tasse sugli introiti ottenuti con prestazioni sessuali? L’Agenzia delle Entrate già si è presentata a riscuotere il giusto dovuto, ma da lavoratrici e lavoratori che non vengono riconosciuti come tali. Non è un paradosso? Si chiedono garanzie sanitarie? Perché no, purchè siano veramente utili per la loro salute e quella della collettività. Si chiede di lavorare in sicurezza? Dobbiamo augurarci omicidi, ferimenti e stupri solo perché lavorano con il proprio corpo? Si chiede di garantire la privacy perché sono proprio loro a mettere in conto di cambiare mestiere un giorno. Perché no? Non è forse un diritto per tutte e tutti? Ascoltiamo, non isoliamo, non stigmatizziamo, non rendiamole più clandestine di quello che già sono. E soprattutto non confondiamole con chi è costretto, schiavizzato, sfruttato. Ai quali occorre prestare maggiore attenzione in un’ottica di lotta globale contro le mafie.


E facciamo sì che le istituzioni offrano a donne e uomini sin dall’infanzia tutti gli strumenti educativi e informativi per amare se stessi, corpo compreso, e per rispettare quello degli altri.

Carmen Bertolazzi, giornalista, presidente dell’ass. Ora d’Aria, impegnata in progetti antitratta


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