HELP WOMEN'S CENTER

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Stazioni


HELP WOMEN’S CENTER Per un’accoglienza di genere negli Help Center di stazione In collaborazione con WeWorld A cura di: ONDS – Osservatorio Nazionale sul disagio e la solidarietà nelle stazioni Editor: Gianni Petiti Prefazione di Fabrizio Torella, Ferrovie dello Stato Italiane Introduzione di Marco Chiesara, Presidente WeWorld Conclusioni di Alessandro Radicchi, Direttore ONDS Hanno collaborato gli Help Center delle stazioni di: Napoli Centrale Roma Termini Grafica e impaginazione: Vito Reina per Europe Consulting 2016 EC edizioni - www.ecedizioni.it Europe Consulting scs Onlus Viale dell’Università, 11 – 00185, Roma La pubblicazione è disponibile on line su: www.onds.it www.weworld.it ONDS è un progetto realizzato da Ferrovie dello Stato Italiane in collaborazione con ANCI sotto la Direzione tecnica ed operativa della cooperativa sociale Europe Consulting Onlus.


HELP WOMEN’S CENTER Per un’accoglienza di genere negli Help Center di stazione


INDICE

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PREFAZIONE INTRODUZIONE WEWORLD Con i bambini. Con le donne. Per il loro diritti. Il progetto Help Women’s Center L’esperienza di ROMA I contenuti della formazione Impatto e risultati L’esperienza di NAPOLI I contenuti della formazione Impatto e risultati CONCLUSIONI Un’esperienza da moltiplicare


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PREFAZIONE L’ATTENZIONE DI FS AL MONDO FEMMINILE

Il tema dell’intervento sociale in un’ottica di genere si inserisce in un quadro consolidato di attenzione specifica che Ferrovie dello Stato Italiane riserva al mondo femminile. Il nostro impegno si articola in vari modi sia all’interno che all’esterno dell’impresa. Penso ad esempio al forte impegno del Gruppo FS sul tema della diversity & inclusion per assicurare la parità di genere e pari opportunità tra i dipendenti, o a iniziative come il Frecciarosa, la campagna di prevenzione contro il tumore al seno che da diversi anni organizziamo in ottobre insieme all’Associazione IncontraDonna Onlus.

La Rete ONDS L’Osservatorio Nazionale sul disagio e la solidarietà nelle stazioni è un progetto di Ferrovie dello Stato Italiane, realizzato in partenariato con l’ANCI e la Cooperativa Sociale Europe Consulting Onlus, che ne cura la direzione tecnica ed operativa. Nato per tentare di affrontare il fenomeno dell’emarginazione sociale e delle povertà estreme nelle aree ferroviarie, l’ONDS ha sviluppato studi e metodologie di intervento insieme agli Help Center, sportelli di orientamento e accoglienza oggi presenti nelle stazioni di Roma, Milano, Chivasso, Genova, Bologna, Firenze, Pescara, Foggia, Napoli, Catania, Bari, Messina, Torino, Melfi, Reggio Calabria e Trieste. Con il consolidamento di relazioni territoriali locali e di partenariati trasversali, questo laboratorio sperimentale si è consolidato tanto da essere oggi un occhio sempre più attento all’evolversi e all’emergere delle problematiche sociali, specialmente all’interno delle stazioni, portando la propria esperienza a servizio degli Enti locali, del Ministero e, attraverso numerosi progetti europei, anche fuori dai confini nazionali, partecipando al dibattito UE sul tema dell’homelessness. Con Anthology, il suo database per la condivisione degli interventi sociali, oggi usato anche da Roma Capitale e dal Comune di Napoli, l’ONDS ha aperto la strada all’applicazione del potenziale dell’IT nel campo della povertà estrema.

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Il progetto “Help Women’s Center”, invece, individua come beneficiarie finali tutte quelle donne in difficoltà che si ritrovano nelle stazioni ferroviarie e che hanno bisogno di un aiuto specifico, per far emergere fragilità e ferite spesso celate. Si tratta di un pubblico eterogeneo, che va dalle donne senza dimora con una lunga storia di vita in strada alle spalle, a quelle con dipendenza da alcol o da droga, spesso abusate sessualmente, alle immigrate che, con le varie ondate che si susseguono ormai senza sosta, si trovano sole, spesso con bambini molto piccoli, in contesti in cui l’immediatezza dell’intervento è cruciale per impedire che vengano risucchiate in meccanismi di sfruttamento e violenza. Gli Help Center, da quando esistono, hanno rivolto la loro attenzione a questo particolare tipo di utenza, che richiede in effetti un approccio del tutto singolare. Ben prima che gli interventi sociali in stazione venissero strutturati nella rete dell’ONDS, organizzazioni di volontariato come l’ACISJF, presente a Firenze Santa Maria Novella addirittura dal 1902 e attuale gestore dell’Help Center, si sono prodigate verso le ragazze e le donne sole. L’opportunità che si è creata con WeWorld di realizzare un corso di formazione pilota per due tra i principali centri di orientamento sociale nelle stazioni italiane, Roma e Napoli, auspicabilmente da allargare a tutta la rete, è importante per diversi ordini di ragioni. Anzitutto rafforza la qualità dell’offerta in termini di aiuto concreto che negli Help Center di stazione prende corpo. In secondo luogo, fornisce agli operatori nuovi e solidi strumenti per intervenire nei confronti delle donne immigrate che, come tutti gli indicatori internazionali ormai mostrano, lungi dal costituire un fenomeno contingente, sono invece un fattore strutturale del panorama della marginalità sociale con cui dovremo fare i conti per il prossimo decennio almeno. Infine – e mi piace sottolineare questo aspetto – si inserisce in un percorso ampio di interventi formativi che il settore Attività Sociali d’Impresa di FS sta promuovendo anche a livello europeo, insieme alle altre imprese ferroviarie che aderiscono alla rete Gare Européenne et Solidarité. Un esempio è il progetto Train in Stations, finanziato dal Programma Erasmus Plus e appena concluso con i colleghi di SNCF (Francia), CFL (Lussemburgo) e NRIC (Bulgaria), il cui obiettivo è formare gli agenti di stazione ai temi del disagio sociale, fornendo loro le conoscenze necessarie per riconoscere e comprendere le varie forme della marginalità nei contesti ferroviari e per attivare la rete dei servizi sociali deputati alla presa in carico. Il tema dell’accoglienza in un’ottica di genere può a buon diritto trovare posto in questo percorso di cui beneficiano gli stessi ferrovieri ed essere diffuso come buona pratica a livello internazionale. Fabrizio Torella Responsabile Attività Sociali d’Impresa Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A.

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INTRODUZIONE

La violenza contro le donne nel nostro Paese ha numeri allarmanti, eppure quando sentiamo le notizie riguardanti questo fenomeno siamo portati a pensare che non capiterà mai a noi o alle persone che conosciamo. Non è così. In Italia 1 donna su 3 è vittima di violenza, fisica o sessuale, ma solo poco più dell’11% delle vittime denuncia il proprio aggressore (indagine ISTAT 2014). WeWorld ha promosso e continua a promuovere diverse campagne di sensibilizzazione per la prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne. Tra i nostri principali alleati, Ferrovie dello Stato Italiane, che ci ha permesso di raggiungere e sensibilizzare un vasto pubblico, tra cui anche le donne che subiscono violenza e pensano di non avere via d’uscita perché vivono spesso isolate e rassegnate. Come è successo in occasione dell’ultimo 8 marzo (2016) quando con l’hasthag #potreiessereio – simbolo della campagna – abbiamo voluto trasmettere il messaggio che la violenza è molto più vicina di quanto si pensi. Grazie a Ferrovie dello Stato, RAI e tante altre imprese abbiamo fatto conoscere le voci di donne che ce l’hanno fatta e le testimonianze delle nostre operatrici. Ciò ha spinto molte donne a reagire e chiedere aiuto. Ai nostri centralini, infatti, e a quelli dei progetti, sono arrivate decine e decine di telefonate di chi aveva bisogno di aiuto e di chi si offriva per darne. Segno questo che l’attenzione deve rimanere alta. Tutti i giorni. Le campagne per dire basta alla violenza sulle donne, ci permettono di riportare sotto i riflettori dei media e all’attenzione di un vasto pubblico una questione per WeWorld – e per il nostro Paese – prioritaria. L’opinione pubblica, le istituzioni, i media e la società civile prestano oggi maggiore attenzione al tema. Tuttavia non è sufficiente, la violenza è l’effetto di un problema profondo: la mancanza di parità tra uomini e donne e il permanere di pregiudizi e stereotipi. Attraverso le nostre indagini (Rosa Shocking 1 e 2) abbiamo rilevato quanto gli stereotipi siano radicati in profondità nella nostra società. I dati più allarmanti ci raccontano che soprattutto i giovani (18-29 anni) ritengono ancora oggi che la violenza degli uomini sulle donne sia giustificata e legittimata da troppo amore, il che conferma non solo la sedimentazione di pregiudizi e stereotipi come elementi caratterizzanti la nostra cultura, ma rilevano che le generazioni più giovani recepiscono meno le sollecitazioni che arrivano dal pubblico e privato sociale. C’è ancora tanto da fare e va fatto tutti i giorni, per questo ben vengano le collaborazioni tra primarie aziende nazionali ed attori del terzo settore. Ferrovie dello Stato Italiane in questo percorso è al nostro fianco e l’apertura di punti di ascolto per le donne presso gli Help Center delle stazioni di Roma e Napoli, primo progetto sperimentale che ha raggiunto risultati notevoli, è un segnale importante di come l’azione di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne può e deve essere pervasiva. 8


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Attualmente gli Help Center, presenti in modo capillare su tutto il territorio nazionale, sono 16 e costituiscono una vera rete di supporto alla lotta al disagio sociale coordinata dall’Osservatorio nazionale sul disagio e la solidarietà nelle stazioni – ONDS. WeWorld ha iniziato a formare gli operatori e le operatrici degli Help Center di stazione, per poter sviluppare una metodologia di accoglienza in un’ottica di genere. Offrire strumenti per gestire il disagio nelle stazioni in modo attento alle differenze di genere, ci consente infatti di intercettare il fenomeno in maniera ancora più ampia e profonda e ci consente di stare al fianco delle donne, di accompagnarle in un percorso di tutela dei loro diritti e garantisce risposte e progetti individuali più adeguati per le donne vittime di violenza e tratta. In particolare il progetto ha consentito alle donne che si recano agli sportelli di trovarvi persone capaci di cogliere i segnali della violenza, indirizzando la risposta verso gli attori delle reti territoriali che si occupano in modo specifico del fenomeno (come gli sportelli SOStegno Donna che gestiamo in tre ospedali italiani – a Roma, al San Camillo-Forlanini - in collaborazione con lo staff di Pronto Soccorso e personale specializzato delle reti antiviolenza). WeWorld è convinta che solo un’azione multidimensionale, capace di tenere unite tanto la sensibilizzazione dell’opinione pubblica quanto la risposta concreta ai bisogni, può veramente contribuire a ridurre la violenza contro le donne. Non facciamoci illusioni ci vorrà del tempo, ma è un piccolo motivo di soddisfazione vedere che Ferrovie dello Stato è al nostro fianco, insieme alla rete degli Sportelli ONDS. Questo è un modo per rendere il nostro paese un posto migliore, in cui tutte le forme di esclusione verso le donne, a cominciare dalla violenza, siano contrastate e affrontate. Marco Chiesara Presidente WeWorld

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WEWORLD Con i bambini. Con le donne. Per il loro diritti.

Crediamo che per migliorare la vita di un bambino sia necessario al tempo stesso cambiare le condizioni di vita di una donna. WeWorld è un’organizzazione non governativa italiana di cooperazione allo sviluppo, indipendente riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri. WeWorld è presente in Italia, Asia, Africa e America Latina a supporto dell’infanzia, delle donne e delle comunità locali nella lotta alla povertà e alle disuguaglianze per uno sviluppo sostenibile. I bambini e le donne sono i protagonisti dei progetti e delle campagne di WeWorld in cinque aree di intervento strategico: istruzione, salute, parità di genere e diritti delle donne, protezione e partecipazione. Grazie alle donazioni di 40 mila sostenitori, sono oltre 800 mila i beneficiari diretti e indiretti dei progetti di WeWorld nel Mondo. WeWorld ha avviato un programma in Italia per contrastare la violenza contro le donne che punta a prevenzione e sensibilizzazione come strumenti essenziali per contrastare questa problematica che nel nostro Paese ha numeri allarmanti. In Italia solo l’11% delle donne che subiscono violenza denuncia l’accaduto, di queste quasi il 20% addirittura non parla con nessuno di quello che ha subito, in tutta la sua vita. Dobbiamo spezzare questo silenzio. Per farlo abbiamo scelto di intervenire su due livelli per essere presenti laddove è possibile intercettare chi ne ha più bisogno: con il progetto SOStegno Donna, che garantisce gli sportelli dedicati alle vittime aperti tutto l’anno 24 ore su 24 nei Pronto Soccorso dei maggiori ospedali italiani, e con gli Spazi Donna WeWorld attivi nei quartieri più a rischio di violenza a Palermo, Napoli e Roma. Qui sono attive anche aree di child care per permettere alle donne-mamme di partecipare alle attività e contemporaneamente favorire uno spazio di osservazione in cui operatrici esperte possano rilevare situazioni di disagio grave, se non addirittura casi di violenza assistita e subita. In un anno assistiamo più di 1.000 donne vittime di violenza all’interno dei Pronto Soccorso e accogliamo 900 donne negli Spazi Donna WeWorld. Per promuovere i diritti delle donne e le pari opportunità affianchiamo all’azione sul territorio attività di indagine e sensibilizzazione.

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Attraverso le campagne di sensibilizzazione vogliamo restituire la voce a tutte le donne a cui una mano violenta ha strappato la possibilità di chiedere aiuto. Purtroppo sappiamo quanto la violenza contro le donne sia un fenomeno molto più diffuso e le vittime siano molto più vicine di quanto si creda: spesso sono coinvolte le persone che frequentiamo, che incontriamo, a cui vogliamo bene, persone che però sono imprigionate in una spirale di silenzio. Un silenzio che WeWorld ogni giorno cerca di spezzare: lavorando con le donne, coinvolgendo le istituzioni e sensibilizzando per far partire il cambiamento culturale di cui abbiamo bisogno. In questa direzione va anche l’ultima campagna di sensibilizzazione caratterizzata dall’hashtag #potreiessereio, che rappresenta il senso profondo del messaggio che vogliamo lanciare: tutti noi dobbiamo prenderci la responsabilità di quanto sta accadendo nel nostro Paese, solo così potremo cambiarlo. Attraverso le indagini acquisiamo dati e informazioni che ci permettono di orientare l’attività di Advocacy e i progetti sul campo. Nel 2013 abbiamo realizzato “Quanto costa il silenzio?”, prima indagine nazionale sui costi economici e sociali della violenza sulle donne, si è tenuto un tour nazionale “LE PAROLE NON BASTANO PIU’” che ha toccato 14 Regioni Italiane tra febbraio e marzo 2014, nel corso del quale sono stati incontrati circa 800 operatori tra Istituzioni, associazioni e reti antiviolenza territoriali. I risultati del tour sono stati presentati in Senato a metà maggio 2014, alla presenza di parlamentari ed esperti/e. Nel biennio 2014-15 sono state realizzate e presentate in sedi istituzionali altre 3 indagini: Rosa Shocking (2014) e Rosa Shocking 2 (2015), sui pregiudizi e gli stereotipi di genere presenti nella nostra società, rilevati attraverso un sondaggio d’opinione (realizzato in collaborazione con IPSOS), e sugli investimenti della società civile per prevenire il fenomeno e Diritti contro la violenza, un’indagine comparativa sulle leggi regionali contro la violenza di genere per prevenire il fenomeno e contrastarlo. MISSION WeWorld promuove e difende i diritti dei bambini e delle donne in Italia e nel Mondo. WeWorld aiuta in modo concreto i bambini, le donne e le loro comunità favorendo il cambiamento e l’inclusione sociale. VISION I diritti di ogni bambino e di ogni donna riconosciuti e garantiti in tutto il Mondo.

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IL PROGETTO HELP WOMEN’S CENTER

Il progetto “Help Women’s Center” è un’iniziativa promossa da WeWorld Onlus che ha coinvolto, a partire da novembre 2015 per nove mesi, l’ONDS-Osservatorio Nazionale sul disagio e la solidarietà nelle stazioni di Ferrovie dello Stato Italiane, con l’obiettivo di fornire agli operatori degli Help Center di stazione gli strumenti necessari per sviluppare un’accoglienza gender-oriented. L’idea progettuale nasce dal ruolo di catalizzatori di risorse che gli Help Center di stazione hanno sviluppato negli anni, che li ha fatti diventare, al di là dei servizi sociali che erogano, promotori di nuove progettualità che rispondono ai bisogni che man mano emergono dall’attività quotidiana a contatto con le persone senza dimora e in stato di marginalità. Proprio in quest’ottica di sviluppo di connessioni sistematiche di partnership territoriale e di aggregazione di risorse ed expertise, si situa la proposta progettuale di WeWorld, con un focus specifico di genere: fornire un ciclo formativo per operatori e operatrici degli Help Center per garantire risposte e progetti individuali più adeguati per le donne vittime di violenza e tratta e con forte disagio sociale che accedono agli sportelli, facilitando un orientamento specifico ai servizi di base della città. Il progetto ha tenuto conto dei dati contenuti nel Rapporto ONDS 2014, da cui emerge che, sebbene la componente di donne sul totale degli utenti dei centri sia minoritaria, in generale gli Help Center hanno registrato tra il 2013 e il 2014 un aumento di utenti donne di 5 punti percentuali. Questo aumento ha prodotto una riflessione sull’opportunità di adottare un approccio genderoriented, in modo da garantire una risposta attenta ai bisogni delle utenti, tale da prevenire ovvero far emergere il fenomeno della violenza di genere e della tratta, contribuendo a rendere le donne più consapevoli in un’ottica di empowerment di genere. In effetti, un dato interessante circa gli utenti degli Help Center, che emerge dallo stesso Rapporto 2014, è che i centri che registrano la maggiore presenza femminile sono quelli di Bologna e soprattutto Firenze, dove a gestire lo sportello in stazione è l’ACISJF – Protezione della Giovane, vocazionalmente orientata alle donne in difficoltà. Accompagnare gli operatori e le operatrici degli Help Center in un percorso formativo, per dotarli di strumenti per una nuova lente di ingrandimento sul disagio femminile, potrebbe favorire l’aumento delle richieste di donne, che si sentirebbero così riconosciute in un percorso di assistenza e presa in carico che tenga conto delle loro specifiche esigenze. 12


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WeWorld ha dunque deciso di un intervenire con un progetto pilota finalizzato a migliorare la conoscenza delle metodologie di accoglienza per donne, italiane e migranti, che vivono situazioni di forte disagio sociale, economico e personale, con uno sguardo attento sui casi di vittime di violenza e tratta. Per questa iniziativa pilota sono stati selezionati gli Help Center delle stazioni di Roma Termini e di Napoli Centrale, che operano in due città dove WeWorld ha già sviluppato degli interventi sistematici sul tema della violenza di genere, in modo da capitalizzare una rete di esperienze e di conoscenze già attive in questo campo. Il ciclo formativo che è stato organizzato con questo progetto si è dunque configurato come un arricchimento alla metodologia già consolidata degli operatori e delle operatrici degli Help Center di Roma e Napoli, con interessanti risvolti per ciascuno dei due contesti coinvolti, molto diversi per organizzazione, utenza e rete. Non solo: in fase di stesura, il progetto si è posto l’obiettivo di aumentare del 10% l’accesso delle donne agli Help Center interessati e le relative prese in carico. Un obiettivo ambizioso, che in corso d’opera è stato ricalibrato da un punto di vista qualitativo, a causa di nuove opportunità di cui l’organizzazione della formazione ha saputo approfittare, mettendo in risalto un fattore chiave come il lavoro di rete, che ancora di più con l’utenza target di questo progetto si dimostra fondamentale per la buona riuscita dell’intervento.

Dal rapporto ONDS 2014: “Il sistema ONDS, attraverso gli Help Center di stazione nella loro funzione di presidi territoriali di servizio pubblico, ha definito un percorso operativo ben preciso. Partendo da criticità prevalemntemente sociali, rilevate in ambito ferroviario, attiva percorsi concertativi che si innervano nella rete comunitaria e cittadina, sviluppando connessioni sistematiche di partnership territoriale strategica e aggregando risorse (umane, professionali, istituzionali, sociali, economiche, infrastrutturali) utili alla loro soluzione. […] Ogni Help Center in stazione, dunque, agisce su due piani: 1. come catalizzatore di risorse, per rispondere alle necessità riscontrate 2. promuovendo la generazione di valore aggiunto grazie allo sviluppo delle risorse aggregate, anche in funzione di progettualità successive.”

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ROMA

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L’ESPERIENZA DI ROMA

A Roma il progetto Help Women’s Center è stato declinato in modo da tenere conto della realtà dei servizi sociali erogati alla stazione Termini, in particolare della rete che ha il suo fulcro nell’Help Center, gestito dalla Cooperativa Sociale Europe Consulting Onlus. Il centro, attivo dal 2002 in locali concessi in comodato d’uso gratuito da Ferrovie dello Stato Italiane al binario 1 della stazione e finanziato da Roma Capitale, ha come mission l’orientamento delle persone senza dimora, o in condizione di marginalità sociale, verso i servizi della città. Per andare incontro a questo obiettivo, la Europe Consulting Onlus ha dato vita, a partire dal 2006, a Binario 95, un centro di accoglienza diurno e notturno poco lontano dall’Help Center, a via Marsala, per offrire alle persone in difficoltà uno spazio in cui poter essere accompagnate, con un progetto individuale, lungo un percorso di inclusione sociale che parte dal presupposto del distacco dalla stazione per riprendere il viaggio e abbandonare un’esistenza vissuta ai margini. L’azione di orientamento condotta dalla Europe Consulting Onlus si completa con la presenza di operatori specializzati presso l’Ufficio Immigrazione di Roma Capitale, altro punto nodale per la gestione del grande tema dei migranti, che costituiscono la grande maggioranza delle persone che cercano aiuto in stazione e che, soprattutto negli ultimissimi anni, contano molte donne che hanno subito e subiscono varie forme di violenza. 16

Del legame tra Help Center, Binario 95 e Ufficio Immigrazione si è tenuto conto durante la composizione dell’aula per la formazione, estendendola agli operatori e alle operatrici dei tre servizi (10 in tutto, 6 uomini e 4 donne, proporzionalmente al genere delle risorse umane impiegate su queste attività). L’Help Center, infatti, è un punto di partenza, che lavora in strettissima connessione con le altre istituzioni sociali, in particolare quelle citate, dove l’accoglienza gender oriented si approfondisce e si sviluppa nell’elaborazione di una progettualità individuale. Il lavoro dell’Help Center si basa appunto su colloqui di orientamento che non sempre danno agli operatori la possibilità di approfondire le questioni più delicate, che stanno dietro al bisogno espresso nell’immediatezza. Il collegamento con Binario 95 e con l’Ufficio Immigrazione, che offrono setting specificamente studiati per costruire una relazione più profonda con l’utente, è quindi fondamentale per far emergere da parte delle donne i vissuti più nascosti, che nei primi colloqui possono essere solo intuiti. D’altra parte, gli operatori e le operatrici dell’Help Center svolgono anche un’importante azione di outreach, di monitoraggio quotidiano dell’area di stazione e hanno dunque l’opportunità di avvicinare donne che vivono in strada e che non si rivolgono spontaneamente ai servizi sociali, ma che possono trovare in questa unità di strada, se opportunamente


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formati, degli interlocutori preparati a cogliere natura dei contenuti, ma risponde piuttosto ad un’esigenza organizzativa interna, per i segnali di problematiche di genere. minimizzare l’impatto del distacco degli Con questa formazione allargata, si è quindi operatori dai loro servizi. voluto creare un’equipe multidisciplinare di La formazione è stata affidata alla operatori e operatrici che – potendo ruotare sui diversi servizi, come da organizzazione del Cooperativa sociale BeFree, una realtà lavoro interna alla Europe Consulting Onlus – romana con una solida esperienza nel sappiano applicare i principi e gli strumenti sostegno e nella tutela delle donne vittime di di un’accoglienza di genere alle funzioni violenza e tratta, che ha strutturato il corso in modo da affrontare il tema da diversi punti di specifiche in cui si trovano ad agire. vista: dal quadro epistemologico agli aspetti Vediamo ora nel dettaglio come è stato giuridici, dalle modalità di accoglienza alle pianificato il corso. I moduli sono stati forme di violenza legate all’immigrazione, concentrati in quattro giornate di sei ore senza dimenticare il lavoro di rete, ormai una ciascuna. La scelta di somministrare il corso costante del metodo di intervento nei servizi in maniera intensiva non dipende dalla alla persona.

La Cooperativa sociale BeFree BeFree Cooperativa sociale contro tratta, violenza e discriminazioni nasce nel 2007 con la volontà di mettere al centro del proprio lavoro il tema della violenza contro le donne, della tratta di esseri umani e delle discriminazioni, partendo da due presupposti: che le vittime di questi reati non debbono essere espulse dal contesto delle persone “rispettabili”, ma coinvolte in modelli di accoglienza non giudicanti e orientati all’integrazione e che tutta la società debba essere coinvolta nella costruzione di relazioni rispettose, non potendosi nessuno sottrarre al valore civile di sentirsi coinvolto nelle problematiche altrui. Per perseguire questo obiettivo, in quasi 10 anni di attività BeFree ha partecipato a molti bandi, ottenendo l’affidamento di vari servizi e realizzando molte attività di formazione, sensibilizzazione, comunicazione. Tra esse il Servizio Antiviolenza SOS DONNA H24 di Roma Capitale, lo sportello di consulenza socio legale e psicologica a favore di donne vittime di tratta trattenute nel CIE Ponte Galeria e - in partnership con WeWorld - lo Sportello SOStegno Donna al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Camillo-Forlanini e lo Spazio Donna nel quartiere San Basilio.

www.befreecooperativa.org

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I CONTENUTI DELLA FORMAZIONE

I contenuti del corso di formazione a Roma sono stati suddivisi in quattro giornate, ciascuna delle quali dedicata ad una macroarea del tema dell’accoglienza gender oriented. Durante il primo incontro, le formatrici della Cooperativa sociale BeFree hanno introdotto la questione della violenza di genere in senso lato, descrivendo cioè tutte le diverse dimensioni interessate e che non si limitano all’attacco fisico in senso stretto, ma comprendono anche abusi sessuali, violenza psicologica ed economica. Sono stati presentati gli atteggiamenti abituali che si associano a queste forme di maltrattamento, gli indicatori di pericolo e gli elementi che portano al rischio di recidiva. Alla descrizione delle diverse forme di violenza è stata affiancata la presentazione del quadro normativo nazionale che disciplina diritti e doveri, reati e sanzioni legati alla violenza di genere. Le formatrici hanno diviso la trattazione in due moduli, dedicati rispettivamente al diritto civile e al diritto penale. Nel primo modulo sono stati trattati i procedimenti di separazione e divorzio nei casi di violenza intrafamiliare; le misure contro la violenza nelle relazioni familiari; le rispettive competenze del Tribunale civile e del Tribunale per i minorenni e, circa le misure di accompagnamento alle vittime, le modalità d’incontro della donna con i servizi sociali, gli incontri protetti e le consulenze tecniche d’ufficio. Nel secondo modulo, quello penale, si è invece scesi nel dettaglio della fattispecie dei reati sessuali, i maltrattamenti verso familiari e conviventi e gli atti persecutori, per esaminare poi il tema della procedibilità dei reati, la distinzione tra i delitti perseguibili a querela e quelli d’ufficio e le relative misure cautelari. Un focus finale è stato dedicato alle nuove misure della cosiddetta legge sul femminicidio, la L. 119/2013. Al tema della presa in carico delle donne vittime di violenza è stata dedicata la seconda giornata, durante la quale le formatrici hanno analizzato con gli operatori e le operatrici la metodologia dell’accoglienza. Oltre a trattare le questioni relative alle dinamiche della violenza, ai meccanismi di sottomissione, agli indicatori della violenza subita e ai suoi effetti sulle donne, si è dato ampio spazio alla strutturazione del colloquio, che è poi l’elemento chiave dell’azione dell’Help Center: il momento fondamentale in cui è possibile trasmettere alla donna quel senso di fiducia che le consentirà di affidarsi al servizio per l’avvio della presa in carico. In particolare, è stato approfondito l’approccio collaborativo, rispetto a quello cosiddetto tradizionale, che si basa su un sistema di alleanze mutualmente benefiche, costruite sulla fiducia e sul rispetto reciproco, il cui obiettivo è produrre conoscenze utili. Si è insistito molto anche sul concetto di empowerment, che si concentra sulle potenzialità, invece che sui deficit, stimolando le persone 18


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marginalizzate – in questo caso le vittime – ad avere voce nel processo di intervento che le riguarda. Questi elementi sono utili per costruire un colloquio che tenga conto dello stato psicofisiologico della donna vittima di violenza, delle sue reazioni alle domande che le vengono poste e all’offerta di aiuto e dei suoi limiti nel comunicare. Un approccio relazionale strutturato è stato indicato come la sintesi degli elementi trattati, che gli operatori e le operatrici hanno poi testato attraverso esercizi di simulazione di accoglienza, ascolto e aiuto. Il terzo incontro è stato dedicato interamente al fenomeno migratorio e alla tratta degli esseri umani, partendo da un’analisi sociopolitica della globalizzazione e dell’immigrazione in un’ottica post-coloniale. Si sono distinte le varie categorie di migranti, da quelli economici ai rifugiati politici, analizzando caso per caso i dispositivi di accoglienza specifici, le forme di protezione sussidiaria, il funzionamento del circuito SPRAR. Ampio spazio è stato dato al tema della tratta, con una attenta disamina del quadro normativo internazionale, da sistema delle Nazioni Unite a quello dell’Unione Europea, fino alla legislazione nazionale. Si è poi andati oltre nell’illustrare l’approccio con le vittime, analizzando anche i maggiori rischi per l’operatore o l’operatrice che svolge il colloquio: il trauma secondario, l’identificazione con la vittima, l’assuefazione al dolore. L’ultima giornata è stata incentrata sulla rete di intervento che consente una presa in carico quanto più efficace della donna vittima di violenza che si può presentare all’Help Center. Le formatrici hanno anzitutto illustrato alcune tecniche per la costruzione di sinergie, per poi entrare nel dettaglio dei soggetti che si occupano istituzionalmente di tematiche di genere: i Centri antiviolenza, le organizzazioni anti tratta, la Sala Operativa Sociale di Roma Capitale (di cui l’Help Center della stazione Termini è un presidio fisso), il circuito SPRAR e le Forze dell’Ordine. L’esperienza formativa ha contribuito a delineare un quadro conoscitivo esaustivo riguardo un fenomeno piuttosto complesso, tenuto conto della specificità dell’Help Center di stazione come polo sociale di prossimità e puntando molto sulla sua funzione di orientamento e di raccordo con la rete dei servizi dedicati.

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IMPATTO E RISULTATI

Per determinare il gradimento del corso e l’impatto sul lavoro quotidiano delle operatrici e degli operatori dell’Help Center di Roma Termini, del Binario 95 e dell’Ufficio Immigrazione che hanno partecipato alla formazione, si è scelto di utilizzare un questionario anonimo di valutazione, che è stato somministrato dopo due mesi dalla fine del corso, soprattutto per far emergere le ricadute sull’approccio nei confronti dell’utenza di sesso femminile. Il questionario era composto da alcune domande chiuse, cui i/le partecipanti potevano rispondere indicando un punteggio da 0 (molto negativo) a 5 (molto positivo), e da altre domande aperte, da cui sono emersi alcuni elementi che sono stati approfonditi in due interviste campione.

Pietro, operatore dell’Help Center Qual è la tua impressione generale sul corso? Molto positiva, soprattutto per la competenza delle formatrici e la loro ottima capacità di coinvolgere noi partecipanti. Cosa pensi dei contenuti e delle modalità con cui vi sono stati trasmessi? Avrei forse voluto approfondire un po’ di più, magari a discapito della parte legislativa, l’aspetto della rete per la presa in carico, che è, per il nostro lavoro all’Help Center, quello più significativo. Ho trovato le modalità formative sempre adeguate al tipo di contenuto. Ti è servito il corso nel tuo lavoro quotidiano? Da quando abbiamo finito il corso, all’Help Center non si sono presentati casi di rilievo dal punto di vista dell’accoglienza di genere. Hai cambiato il tuo approccio verso le utenti donne? Soprattutto ho potuto riconsiderare, alla luce delle competenze che abbiamo acquisito, alcuni atteggiamenti o affermazioni di utenti donne, sulle quali ero passato un po’ inconsapevolmente. Mi sono reso conto, ad esempio, che si ripropongono alcune storie ricorrenti, quasi come un copione già scritto, che hanno in sé un significato sottaciuto e che sono probabilmente delle “lezioni” fatte imparare alle donne, principalmente alle prostitute africane, dai loro aguzzini per non dire la verità sulla loro condizione.

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Alla prima domanda sull’impressione generale suscitata dal corso, i/le partecipanti hanno risposto all’unanimità con un giudizio positivo (4/5), che trova un parallelo nella richiesta circa l’opportunità di consigliare questo tipo di formazione alle operatrici e agli operatori degli altri Help Center e, in generale, di servizi di prossimità rivolti alla marginalità estrema, che ha ottenuto lo stesso punteggio Molto positivo anche il giudizio sulla preparazione delle docenti, nella fattispecie le formatrici della Cooperativa Sociale BeFree, cui è stato attribuito in media il punteggio di 4.5/5. Per quanto riguarda gli aspetti relativi al livello di approfondimento dei contenuti e alla loro somministrazione, la media delle risposte mostra un consenso generale (3.9/5), con un leggero calo rispetto al primo tema, a dimostrazione del fatto che, come esplicitato nelle domande aperte, alcuni argomenti avrebbero meritato maggiore spazio. Soprattutto la questione della tratta, infatti, in particolare quella che riguarda le donne africane, ricorre in quasi tutti i questionari come area da approfondire ulteriormente. Certamente il fatto che tra i/le partecipanti al corso ci siano anche le operatrici e gli operatori dell’Ufficio Immigrazione, dove le donne vittime di tratta sono numerose, può avere influito su questo punto, che assume un particolare rilievo anche nelle attività degli Help Center, in special modo in quelli del Sud, più esposti all’accoglienza di migranti in transito. Leggermente inferiore (3.6/5) il livello di applicazione delle competenze acquisite nel lavoro quotidiano. Per spiegare questo dato, giova ricordare la situazione particolare che ha vissuto l’Help Center del binario 1 di Roma Termini nel periodo trascorso dalla fine del corso, in aprile, al mese di giugno, quando è stata condotta la valutazione. Le nuove misure di sicurezza messe in atto alla stazione Termini, con la conseguente chiusura dell’accesso ai binari alle persone sprovviste di biglietto, hanno determinato una riduzione degli utenti dello sportello di orientamento sociale. L’Help Center, infatti, si è spostato dall’inizio di giugno in nuovi locali esterni al perimetro dell’accesso limitato, ma i numeri dell’utenza non sono stati tali da poter mettere in pratica in maniera statisticamente rilevante le conoscenze acquisite.

Giulia, operatrice dell’Ufficio Immigrazione Qual è la tua impressione generale sul corso? Molto molto buona, direi, sia per l’interesse dei contenuti che per la professionalità delle formatrici di BeFree, che già conoscevo. Credo che sia stata molto utile la loro visione del tema dell’accoglienza di genere, sempre lucida ed approfondita e mai estrema. Cosa pensi dei contenuti e delle modalità con cui vi sono stati trasmessi? I contenuti sono stati trattati in maniera coerente e con le giuste modalità, alternando lezioni frontali, indispensabili ad esempio per le questioni legislative, a momenti di discussione, scambi e giochi di ruolo, che ho particolarmente apprezzato. Ti è servito il corso nel tuo lavoro quotidiano? Per il nostro lavoro all’Ufficio Immigrazione questi temi sono fondamentali. Personalmente avevo già approfondito la questione e il corso è stato una conferma di quanto sia utile essere preparati per l’accoglienza in un’ottica di genere. Hai cambiato il tuo approccio verso le utenti donne? Direi che il corso abbia affinato un meccanismo che era già stato impostato. Soprattutto per quanto riguarda le donne vittime di tratta, credo di avere rafforzato il mio bagaglio di competenze, sia dal punto di vista normativo che comportamentale.

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NAPOLI

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L’ESPERIENZA DI NAPOLI

A Napoli il progetto ha avuto una configurazione diversa rispetto alla Capitale, a causa di una diversa strutturazione dell’Help Center che opera presso la stazione centrale. Il servizio, gestito dall’Associazione Centro La Tenda Onlus, rappresenta l’unico presidio sociale in stazione, mentre a Roma l’Help Center opera in stretta sinergia con altre strutture presenti presso lo scalo ferroviario e gestite dalla stessa organizzazione. Sono molti i servizi di accoglienza e di assistenza sanitaria che fanno capo all’Associazione Centro La Tenda Onlus, ma nessuno di essi si trova in stazione, come è il caso, invece, di Binario 95 a Roma Termini. All’Help Center di Napoli, quindi, ruota un numero ridotto di operatori e di operatrici, elemento che ha reso necessario prendere in considerazione un allargamento del gruppo target da coinvolgere nel percorso formativo. Tenuto conto del fatto che lo sportello di Napoli Centrale deve fare riferimento, per svolgere il proprio compito istituzionale di orientamento sociale, ad una vasta rete di soggetti attivi nel settore, si è deciso di allargare anche a loro l’opportunità di formarsi sul tema dell’accoglienza di genere, rappresentando essi, così come per Roma, un ulteriore livello di accoglienza delle persone avvicinate in prima istanza in stazione. Da questo processo di coinvolgimento della rete si è giunti a formare, dunque, un’aula di 17 partecipanti, appartenenti a numerosi servizi del territorio. Oltre all’Associazione Centro La Tenda Onlus:

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•  l’Unità di strada Zona 2-Centro di Coordinamento S.Buttiglione •  l’Unità di strada Zona 3-Centro di Coordinamento S.Buttiglione •  il Centro di prima accoglienza del Comune di Napoli •  l’Unità di strada Zona 1-Consorzio Gesco •  il Comune di Napoli •  la Fondazione M. Leone •  il Binario della Solidarietà •  l’Istituto Sant’Antonio La Palma (Centro di Accoglienza Notturno) •  l’Associazione Napoli Insieme. In questo caso, la presenza di operatrici ha prevalso nettamente: ben 13 su 17 partecipanti. La formazione è stata affidata all’Istituto Giuseppe Toniolo, presente in città da oltre 25 anni, con l’obiettivo di accompagnare gli operatori e le operatrici nella costruzione di una metodologia di accoglienza in un’ottica di genere, come da progetto. L’Istituto ha proposto di trattare i seguenti argomenti: •  i vari tipi di colloqui (tempi, modalità, luoghi) •  i punti di rete, le collaborazioni •  la comunicazione per costruire relazioni di fiducia •  modalità di invio ad altri servizi •  l’accesso alle risorse del territorio •  la progettazione partecipata nelle situazioni multiproblematiche •  la gestione degli incontri d’equipe •  le emozioni degli operatori e delle


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operatrici: distanza/vicinanza dalle persone prese in carico •  la resilienza dei destinatari, degli operatori e delle operatrici: “partire dalle risorse per affrontare le fragilità”.

di tre ore ciascuno, per ovviare alla difficoltà di sottrarre risorse ai servizi coinvolti per una giornata intera. Una sessione finale di valutazione, a cura dell’Istituto Toniolo, si è tenuta alla conclusione del ciclo formativo.

Anche nel caso di Napoli, è stata lasciata totale libertà alle formatrici riguardo alla metodologia da applicare, che esse hanno voluto sviluppare di volta in volta in accordo con i discenti, in un’ottica partecipativa e funzionale anche alla loro provenienza variegata: alle lezioni frontali si sono alternati video, simulate, giochi di ruolo, esercitazioni e lavori di gruppo, con un approccio decisamente informale e fortemente incentrato sul coinvolgimento emotivo e sul pensiero riflessivo.

Al di là di qualche sforzo aggiuntivo nella fase iniziale dell’organizzazione, per tenere conto delle esigenze di un gruppo così eterogeneo, a Napoli il corso di formazione ha rappresentato un momento importante per il consolidamento della rete dei servizi cui fa riferimento l’Help Center, producendo così un risultato non previsto in fase progettuale, ma altamente significativo per la presa in carico partecipata degli e delle utenti finali, ome si vedrà più approfonditamente nella sezione dedicata alla valutazione.

Diversamente da Roma, a causa della varia provenienza dei discenti, è stata decisa una distribuzione del corso su sei appuntamenti

L’Istituto Giuseppe Toniolo La storia dell’Istituto Giuseppe Toniolo è strettamente legata all’Università Cattolica del Sacro Cuore, di cui promuove i valori fondanti: un’istruzione superiore adeguata e un’educazione informata ai principi del cristianesimo, nel rispetto dell’autonomia propria di ogni forma del sapere e secondo una concezione della scienza posta al servizio della persona umana e della convivenza civile. Dopo la creazione di un consultorio familiare presso l’Ospedale Gemelli di Roma, nel 1990 l’Istituto ha avviato un secondo Consultorio Familiare a Napoli che, pur ispirato – nella sua costituzione, organizzazione e modalità di lavoro – all’esperienza capitolina, è andato differenziandosene per tenere conto delle caratteristiche e dei bisogni del capoluogo campano. Il Consultorio di Napoli riceve richieste per interventi relativi a problematiche sociali, psicologiche, sanitarie e relazionali che spesso si intrecciano e si sovrappongono e che hanno dato origine allo sviluppo di una fitta rete di relazioni collaborative con i servizi pubblici e del Terzo Settore. Un tratto tipico dell’Istituto Toniolo sono i percorsi formativi rivolti ad operatori di consultori familiari, sia pubblici che privati, che sono attivati ogni anno a Roma e a Napoli, in collaborazione con l’Alta Scuola di Psicologia Agostino Gemelli.

www.istitutotoniolo.it

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I CONTENUTI DELLA FORMAZIONE

Il percorso di formazione con gli operatori dell’Help Center di Napoli, gestito dal Consultorio Familiare dell’Istituto G. Toniolo, è stato caratterizzato da un forte coinvolgimento dei partecipanti sin dalla fase di selezione dei contenuti da trattare. Le formatrici (la psicologa Anna Maria Cirillo e l’assistente sociale Patrizia Ciotola) hanno lavorato per creare un clima di accoglienza e ascolto, che permettesse agli operatori l’approfondimento e lo scambio, su di un piano emotivo e di pensiero riflessivo, sui possibili percorsi di intervento a favore delle donne, vittime di violenza e tratta, e con forte disagio sociale, quali si possono incontrare all’Help Center e negli altri servizi verso cui sono orientate. Secondo quanto concordato con i discenti durante il primo incontro, la formazione si è sviluppata lungo tre percorsi paralleli, risultati dall’applicazione di una metodologia di progettazione partecipata, che prevedeva una risposta alla domanda: “In base alla vostra esperienza e agli obiettivi del progetto, cosa vogliamo affrontare insieme nei prossimi incontri?”. Gli operatori e le operatrici hanno risposto con attenzione e collaborazione alla costruzione del programma. È da rilevare che alcuni di essi si conoscevano, mentre altri si sono incontrati per la prima volta: ciò ha permesso di sperimentare una circolarità di comunicazione attraverso una conoscenza e approfondimento della diversità di intervento sullo stesso oggetto di lavoro (l’accoglienza delle donne e i possibili percorsi di accompagnamento). Non solo: ha consentito agli operatori che lavorano in rete nei diversi servizi di “riconoscersi” e di potersi confrontare in uno spazio neutro rispetto all’attività quotidiana – definito da una delle partecipanti come “spazio di benessere operativo” - approfondendo le reciproche competenze ed opinioni. Il primo percorso è stato rivolto alla costruzione e manutenzione delle reti interne al servizio di appartenenza e a quelle territoriali: un elemento, questo, che ha avuto un immediato riscontro nell’operatività dei servizi, facilitando i contatti e la gestione condivisa dei casi. Il secondo ha analizzato i tipi di approcci e colloqui possibili, in condizioni di precarietà e senza confini, in setting sfavorevoli, come i marciapiedi o la strada. In questo senso, le simulate hanno costituito un veicolo privilegiato per rafforzare gli strumenti a disposizione degli operatori. Il terzo percorso, infine, ha preso in considerazione proprio la figura dell’operatore e dell’operatrice che impatta tanta sofferenza e criticità: “chi sono? dove opero? quale linguaggio uso? come mi sento? come mi tutelo?” sono state le domande che hanno guidato questo percorso di consapevolezza del proprio ruolo e della propria funzione relativamente alle problematiche di genere.

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Sono stati utilizzati strumenti molto informali, come cartelloni, video, canzoni, giochi di ruolo, poesie, materiale fotografico per giungere alla rappresentazione di un concetto, tutti funzionali alla capacità di vivere esperienze sociali di costruzione, che il fatto di formarsi progettando ha alimentato. La formazione e la progettazione dialogica può svilupparsi solo in contesti in cui le diversità tra le persone, tra i ruoli che ricoprono, tra gli apporti che riescono ad offrire, sono percepite come elementi insopprimibili della realtà, che occorre integrare e utilizzare per la loro ricchezza. È interessante come questo aspetto sia stato colto da tutti i/le partecipanti, che si sono detti arricchiti sia professionalmente che umanamente, beneficiando di un effetto secondario che il processo di empowerment, innescato dalla formazione, produce: cioè una forma di prevenzione dal burnout, tipico di chi svolge una professione sociale. La combinazione virtuosa degli aspetti umano e professionale si traduce, nelle professioni di aiuto, nel giusto equilibrio con cui l’operatore si deve porre di fronte al soggetto svantaggiato, senza lasciarsi sovrastare dalla negatività della situazione con cui è confrontato, ma evitando allo stesso tempo che il distacco necessario si trasformi, col tempo e l’abitudine, in indifferenza o disprezzo. Il corso di formazione, riunendo operatori e operatrici attivi nello stesso settore, ma per organizzazioni diverse, e dando loro modo di confrontarsi, sembra avere favorito il senso di appartenenza ad un gruppo che condivide risorse e potenzialità, competenze e capacità propositiva, disinnescando così il senso di frustrazione comune in questo ambito professionale.

Questa formazione mi ha arricchito non solo come operatrice, ma anche come persona

Grazie al corso, nel mio lavoro ho attivato la rete giusta per trovare la soluzione ad un problema concreto

Questo è stato uno spazio importantissimo per la nostra testa: è come se avessimo visto un bel film

“ “

Credo di avere acquisito maggiore consapevolezza sulla gestione delle risorse e sicurezza nell’agire: è proprio qui che si mostra la valenza del corso

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IMPATTO E RISULTATI

Per valutare l’apprezzamento del percorso formativo e il suo impatto sull’operatività nel contesto napoletano, è stato seguito lo stesso approccio creativo ed informale utilizzato per il corso. Attraverso l’uso di immagini evocative estrapolate da un mucchio di riviste messe a disposizione dei partecipanti, i concetti chiave del lavoro sociale, approfonditi nell’esperienza formativa, vale a dire rete, colloquio e resilienza, sono stati rappresentati dai e dalle partecipanti in un’ottica di concretezza operativa in contesti di grave deprivazione psicologica legata alla violenza. Il ricorso ad una simbologia iconografica in grado di sintetizzare il portato emotivo ed esperenziale dei contenuti sviluppati ha avuto il merito di favorire una migliore comprensione dei concetti e di valutarne gli effetti sul piano professionale, prima e dopo la formazione. Sarebbe troppo facile ricorrere agli stereotipi della fantasia e della creatività dei napoletani per descrivere i risultati di questo esercizio, ma ancora una volta non è possibile negarli. Da chi ha scelto la foto di un famoso politico, commentando: “Tutto fumo e niente arrosto” per esprimere la propria idea di rete prima del corso, a quella dell’indistruttibile Raffaella Carrà per rappresentare la resilienza, tutti/e hanno interpretato in maniera molto acuta il proprio percorso di crescita.

LA RETE Continuamente evocata come conditio sine qua non per un intervento sociale efficace, la rete per alcuni resta un concetto teorico che stenta, nella pratica, a concretizzarsi. Ma tra i partecipanti alla formazione, che non sono altri che le maglie della rete che ruota intorno all’Help Center e che può essere attivata anche per una presa in carico in un’ottica di genere, essa esiste e può funzionare. Un gruppo di immagini tra le più significative, da questo punto di vista, mette in sequenza due eserciti avversari, un cane e un gatto che giocano insieme ed un’orchestra. La spiegazione è interessante: nella percezione dell’operatrice che le ha scelte, si è partiti da una condizione di quasi belligeranza, “l’un contro l’altro armati” e, attraverso la condivisione del percorso formativo, si è arrivati ad una situazione di pacifica convivenza, ma l’obiettivo cui tendere è senz’altro l’orchestra, in cui i molti musicisti, suonando ciascuno il proprio strumento e seguendo le indicazioni del direttore, danno vita ad un insieme perfetto. Un proposito difficile, ma non impossibile, che richiede però una grande determinazione personale di tutti gli operatori, che un altro partecipante ha voluto rappresentare scegliendo un’immagine di Supereroi, indicando con molta arguzia cosa significhi oggi essere un operatore sociale. 28


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IL COLLOQUIO Se la rete è fondamentale per la presa in carico, il colloquio lo è per la comprensione della problematica di genere che la persona che si rivolge all’Help Center porta con sé, insieme alla richiesta d’aiuto. La relazione che si stabilisce con il colloquio può essere determinante per la persona vittima di violenza, come ha voluto rappresentare chi ha scelto l’immagine del salvagente, facendola seguire da una donna che guarda l’orizzonte, in una prospettiva di ripresa. Se le tecniche per affrontare il colloquio sono numerose, alcuni principi sono trasversali: qualcuno ha scelto l’immagine di un paio di scarpe, per dire che bisogna entrare in punta di piedi nella vita dell’utente, ricordando – l’immagine della molla – che quello del colloquio è un tempo mobile, che si allarga e si stringe a seconda di come reagisce la persona di fronte a noi, che può essere, come indica un’altra fotografia, sull’orlo di un precipizio. Per questo sono importanti il setting e la pazienza, perché il colloquio è come una gravidanza – lo dice l’immagine di una donna incinta – che porta ad un risultato attraverso una sofferenza che coinvolge anche l’operatore e l’operatrice, che si devono preparare anche ai risvolti più imprevedibili: l’immagine di un’insalata, perché “quando ci immergi la forchetta, non sai mai quale verdura ne verrà fuori”.

LA RESILIENZA La resilienza è un altro dei leitmotiv dell’intervento sociale: senza investire sulla capacità che ciascuno ha di reagire ad una spinta negativa, l’unico risultato che si può ottenere è di restare sempre più invischiati nella situazione da cui vorremmo uscire. Per descrivere la relislienza i partecipanti alla formazione hanno avuto più difficoltà a trovare le immagini giuste. Efficace è stata la scelta dell’immagine di un uncino, con cui si può agganciare l’utente per aiutarlo a risalire, finché possa esplodere con tutta la sua energia, come la fotografia di fuochi d’artificio. Anche l’immagine di Raffaella Carrà – che non se la prenderà a male – spiega bene cosa significhi adattarsi ai cambiamenti, essere disponibili a ricominciare, lasciare tutto senza negare se stessi. Due immagini più poetiche descrivono quello che davvero c’è dietro la nozione di resilienza: riuscire a non spezzarsi quando si è stati piegati, come la ginestra, e rinascere, come una pianta piena di germogli, perché “in fondo, anche nell’utente più scassato, ci può stare la resilienza”. 29


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CONCLUSIONI Un’esperienza da moltiplicare

Sin dalla sua creazione, l’Osservatorio sul disagio e la solidarietà nelle stazioni si è posto l’obiettivo di accrescere le competenze delle operatrici e degli operatori degli Help Center della rete, organizzando seminari e incontri su tematiche specifiche, riguardanti o determinate categorie di utenza, o particolari modalità di intervento. Con il progetto Help Women’s Center è stato fatto un salto di qualità, passando da occasioni episodiche di formazione ad un livello molto più strutturato, di cui si possono mettere in evidenza alcuni elementi di rilievo. Anzitutto il coinvolgimento di Ferrovie dello Stato Italiane, che sta all’origine della partnership con WeWorld e che ha permesso lo sviluppo del progetto. Il Gruppo FS, come ha sottolineato Fabrizio Torella nella sua introduzione, ha mostrato negli anni grande attenzione alle questioni di genere. In questo caso, però, è forse di maggior rilievo l’aver creato e favorito un’opportunità di crescita per gli Help Center, in via sperimentale, ma con la prospettiva di continuare su questo sentiero, che è ancora una volta la dimostrazione del commitment di questa grande impresa pubblica nei confronti dei cittadini più deboli, attraverso la valorizzazione dei servizi sociali di stazione. Per quanto riguarda le ricadute positive proprio sui servizi, è stato detto come non sia stato facile, nel breve intervallo che ha separato la fine del percorso di formazione dal bilancio che questa pubblicazione ha l’ambizione di farne, misurare quanto sia aumentata la capacità degli Help Center di Roma Termini e di Napoli Centrale di accogliere donne in difficoltà perché hanno subito qualche forma di violenza. Ci siamo interrogati e confrontati con le operatrici e gli operatori che hanno partecipato al progetto e quello che emerge è una rinnovata consapevolezza sia delle modalità di approccio, che della possibilità di attivare una rete di soggetti preposti alla presa in carico delle vittime di violenza, utilizzando codici di comunicazione condivisi e, per così dire, interiorizzati nelle modalità di gestione dei servizi in stazione. Si sono verificati alcuni casi in cui gli operatori e le operatrici hanno messo in pratica le competenze acquisite durante il corso: nel solo caso dell’Help Center di Roma Termini, ad esempio, si potrebbe citare un intervento concertato con la Cooperativa sociale BeFree, da cui provengono le formatrici. Il caso riguarda una donna nigeriana, giunta in Italia a gennaio di quest’anno e subito catturata dagli stessi trafficanti che le avevano organizzato il viaggio per costringerla a prostituirsi. Dopo qualche settimana di questa vita, la donna è riuscita a scappare e, grazie all’aiuto di una connazionale, si è rivolta all’Help Center, da dove è partito un intervento che ha coinvolto sia BeFree che la Sala Operativa Sociale di Roma Capitale, provvedendo ad un posto di accoglienza in emergenza. Un classico intervento di rete, come ne sono avvenuti anche a Napoli, dove proprio il consolidamento dei rapporti tra i vari soggetti che possono concorrere 30


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alla presa in carico è stato uno dei risultati non esplicitamente previsti, ma di grande importanza per l’efficacia dell’aiuto che si può offrire tanto alle donne vittime di violenza, quanto a tutte le altre tipologie di utenti degli sportelli di stazione. Alimentare la sinergia tra i servizi cittadini è una delle raccomandazioni contenute nelle Linee di indirizzo per il contrasto della grave emarginazione adulta, emanate di recente dal Ministero del Lavoro, alle quali anche i centri della rete ONDS fanno riferimento. Un altro caso interessante è l’intervento nei confronti di una giovane donna immigrata, programmato dagli Help Center di Reggio Calabria e di Roma. Il passaggio per Roma della ragazza, diretta verso un centro di accoglienza protetta, è stato assistito dagli operatori e dalle operatrici che hanno partecipato alla formazione e che hanno messo in pratica le tecniche di approccio apprese durante il corso. Questo piccolo episodio mostra il valore aggiunto che l’estensione del progetto Help Women’s Center ad altri centri della rete ONDS avrebbe sulla qualità dell’accoglienza in un’ottica di genere, esigenza ormai comune in tutto il Paese, anche se al Sud, per via delle continue ondate migratorie, assume un’urgenza particolare per le donne vittime di tratta. L’auspicio, dunque, è che questo progetto possa continuare ed estendersi agli Help Center esistenti e a quelli di cui, con Ferrovie dello Stato, si sta valutando l’apertura. C’è un’ultima questione su cui è interessante spendere qualche parola e che riguarda direttamente la figura dell’operatore e dell’operatrice sociale di stazione. Dopo oltre dieci anni di attività, il nostro Osservatorio si trova oggi a riflettere non solo sulle caratteristiche del disagio, ma anche su questo profilo professionale: un ruolo che non gode oggi di un riconoscimento formalizzato, ma che unisce, oltre agli skill propri delle varie professioni sociali a cui appartengono, nella stragrande maggioranza dei casi, le persone che lavorano negli Help Center (psicologi, sociologi, assistenti sociali, antropologi, educatori professionali, etc.), alcune competenze specifiche di un contesto complesso come la stazione. I tempi sembrano maturi per identificare con attenzione i tratti del “mestiere” di operatore e operatrice sociale di stazione, che si delineano anche attraverso strumenti come il progetto Help Women’s Center, che contribuisce non solo all’empowerment del personale dei centri ONDS, ma anche ad individuarne ad un tempo competenze e bisogni formativi. Se la riflessione su questo profilo professionale dovesse concretizzarsi in un percorso avviato alla sua formalizzazione, potremmo dire che il progetto promosso con WeWorld ha contribuito a consolidare la tematica dell’accoglienza di genere, che è una delle competenze oggi necessarie per i servizi sociali di stazione. Alessandro Radicchi Direttore ONDS

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finito di stampare nel mese di luglio 2016 Tipografia MULTIPRINT Via Braccio da Montone, 109 - 00176 Roma




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