Il Serrano n. 138

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Marzo 2016 • N. 138

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Organo dell’Associazione Serra International Italia

Pasqua di misericordia e di riconciliazione Verso il Congresso Nazionale di Matera

Manuel Costa presidente eletto di Serra Italia

Giornata delle vocazioni Il messaggio del Papa

Giornata delle vocazioni Il commento di Dal Molin


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PERIODICO TRIMESTRALE N. 138 ASSOCIAZIONE SERRA INTERNATIONAL ITALIA

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sommario

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I trim. - marzo 2016 (XL) Pasqua di misericordia e di riconciliazione

editoriale ® 3 Il sacerdote, ponte della misericordia e della Pasqua di Massimo Milone

vita della chiesa ® 4 Sulla via della misericordia di Giuseppe Gabriele

® 6 La storia e il futuro ® 10 La crocifissione epilogo della vita terrena di Cristo di Cosimo Lasorsa

vita del serra ® 12 Muove sfide per l’umanesimo del III millennio di Maria Luisa Coppola

® 14 Manuel Costa nuovo Presidente eletto di Serra Italia

Registrato presso il Tribunale di Palermo n. 1/2005 del 14 gennaio 2005 Iscrizione al Roc n. 21819 del 16/01/2012 Spedizione Abbonamento Postale Gr. IV Pubblicità inferiore 50%

Direttore responsabile Mimmo Muolo Redazione Renato Vadalà Via Principe di Belmonte, 78 - 90139 Palermo E-mail: ilserrano@serraclubitalia.it Comitato di Direzione Maria Luisa Coppola, Presidente del CNIS Emanuele Costa, V. Presidente del C.N.I.S. Riccardo Bastianelli, V. Presidente del C.N.I.S. Mario Di Bella, V. Presidente del C.N.I.S. Renato Vadalà , V. Presidente del C.N.I.S. Trustee italiani di Serra International Redattori distrettuali (si veda il «Bellringers»)

di Antonio Ciacci

® 16 Viene a trovarci un amico di Viviana Normando

vocazioni ® 18 Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale vocazionale ® 20 Don Nico Dal Molin “la chiamata germoglio di Chiesa” di Stefania Careddu

® 22 Sacerdoti di domani santi oggi

cultura e dibattiti ® 24 Dai lavori forzati all’incontro con Francesco di Angelo Massafra

® 26 L’ecclesiologia di Papa Francesco di Mimmo Muolo

Hanno inoltre collaborato a questo numero: Sergio Borrelli Antonio Serpico Francesco Baratta Rosa Santi

Maria Silvestrini Stella Laudadio Antonio Ciacci Margherita Lopergolo

Norme essenziali per redattori e collaboratori 1. Inviare il materiale per la stampa entro e non oltre il 31 maggio 2016. 2. Inviare i contributi all’e-mail sotto indicata. 3. Inviare foto molto chiare con soggetti inquadrati da vicino. I redattori distrettuali, i collaboratori ed i Vice Presidenti di Club responsabili delle comunicazioni sono pregati di attivarsi per l’inoltro di brevi cronache relative alle attività svolte dai Club e dai Distretti alla Segreteria di redazione E-mail: ilserrano@serraclubitalia.it

dai club e distretti ® 28 Notizie ed iniziative

in dialogo

Gli articoli pubblicati esprimono il pensiero dei rispettivi autori e non rispecchiano necessariamente la linea editoriale della testata. La Direzione si riserva di pubblicare in tutto o in parte le foto, gli articoli e i servizi pervenuti, secondo le esigenze di spazio. Il materiale, anche se non pubblicato, non sarà restituito.

® 35 Lettere al Direttore

In copertina: Lo storico abbraccio fra Papa Francesco e Kjrill, Patriarca di Russia

Stampa Luxograph s.r.l. - Palermo tel. fax 091 546543 (e-mail: info@luxograph.it)


editoriale

Il sacerdote, ponte della misericordia e della Pasqua di Massimo Milone*

n quel confessionale, l’incontro della Misericordia, del Padre. L’immagine di Papa Francesco che si inginocchia e si confessa ha fatto il giro del mondo. Come sempre. Ed ha avuto un duplice significato. Ribadire, con la forza dell’esempio, che nel confessionale “tutti andiamo a trovare un padre che ci aiuti a cambiare la vita, un padre che ci perdoni in nome di Dio”. Riaffermare il servizio ma anche la responsabilità del sacerdote che deve essere “mite, benevolo e misericordioso” perché “è precisamente un cuore di Padre che noi vogliamo incontrare quando andiamo nel confessionale”. Dunque, un sacerdote. Non uno psicologo, non un sociologo, non un operatore sociale, non un comunicatore. Un sacerdote. Ossia, il tramite con quel Dio che “sappia seminare speranza nei cuori” come ha più volte detto Papa Francesco. Ribadendo con forza, giorni fa, tempo di Quaresima: “Dio ci ama sempre nonostante i nostri peccati”. Nel cuore del Giubileo, la riflessione sul ruolo del sacerdote, nella Chiesa cattolica appare fondamentale. Nonostante la crisi vocazionale, peraltro sottolineata, con dolore, dallo stesso Pontefice. Ricordo una sintetica e felice espressione usata, anni fa, in un forum sulla crisi delle vocazioni. “La società dello zapping – fu scritto – non facilita scelte definitive”. È più che mai vero. Fedeltà, sacrificio, rinuncia, valori antichi? Ma la “rivoluzione spirituale” di Papa Francesco, ferma e dolce al tempo stesso, siamo sicuri porterà consapevolezze nuove . Lo abbiamo visto già al Sinodo dei vescovi quando il Pontefice ha detto: “la grazia di Dio non alza la voce”. Identificando una Chiesa “casa aperta, lontana da grandezze esteriori, accogliente nello stile sobrio dei suoi membri e proprio per questo accessibile alla speranza di pace che c’è dentro ogni uomo compresi quanti, provati dalla vita, hanno il cuore ferito e sofferente. E che ad un sacerdote, in quel confessionale, chiedono ascolto, compassione, giustizia. A quel sacerdote servitore del Signore così grande ma spesso così fragile, bisognoso egli stesso di sostegno spirituale. Ricordo Madre Teresa Casini, fondatrice delle suore Oblate, beata. Fu la prima suora a rivolgere attenzione alle difficoltà che vivono i preti. La sua vita fu sostegno ai sacerdoti. Così oggi, nel mondo, le sue “figlie”. Un grande servizio alla Chiesa. Da ricordare e da sottolineare quando si parla di vocazioni. Sempre più grande il fardello dei ministri del Signore. Per Francesco “non bisogna diventare però ministri della rigidità. Il Signore ci chiede misericordia”. In questa Pasqua un monito da raccogliere. Dentro e fuori la Chiesa. Con una certezza. Se il cuore è duro, la misericordia di Dio non può entrare. Ricordiamolo. Tenendo però ben presente la dimensione ecclesiale del sacramento della confessione che scaturisce, direttamente, dal mistero pasquale. E che ha nel sacerdote, più che mai, il perno insostituibile.

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* Direttore di Rai Vaticano


Primo bilancio del Giubileo

Sullaviadella Misericordia di Giuseppe Gabriele

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opo tre mesi si può tracciare un primo bilancio del Giubileo straordinario della misericordia? La risposta sta nei fatti. L’Anno Santo voluto dal Papa sta progressivamente conquistando i cuori di tanti fedeli, sta tracimando oltre i confini soliti delle nostre comunità ecclesiali, in una parola sta tracciando nuove strade per quella che il Pontefice chiama “Chiesa in uscita”. Si prenda ad esempio l’evento che finora ha maggiormente richiamato l’attenzione dei media: la traslazione a Roma dei resti mortali di due grandi santi confessori: padre Pio e padre Leopoldo Mandic. Mezzo milione di persone hanno fatto ala, durante tutta la settimana, all’esposizione in San Pietro. Uno spettacolo impressionante di fede, di religiosità popolare, di autentica devozione che qualcuno ha bollato come “medioevo” e che invece acquista la forza di una modernissima testimonianza della misericordia in un mondo spesso incline all’egoismo, all’odio e alla violenza. La vera forza che muove il Papa e la Chiesa in questo frangente è infatti proprio la Divina Misericordia. L’immagine cioè di un Dio dal volto di padre e di madre che non giudica e non condanna, ma accoglie, che non scaglia fulmini, ma cura le ferite, che va incontro al figliol prodigo e uccide il vitello grasso per fare festa al suo ritorno. Papa Francesco ci sta insegnando tutto questo. E perciò ha 4

Porta Santa Basilica San Pietro

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vita della chiesa voluto che le Porte Sante della Misericordia fossero a portata di tutti. Una, anzi più di una, in ogni diocesi. Oltre San Pietro, oltre Roma, c’è una geografia del perdono e della riconciliazione che ha migliaia di epicentri in tutto il mondo. A partire da quell’umile Cattedrale di Bangui, in Centrafrica, la prima porta in assoluto ad essere aperta. Insieme alle tante porte sante, i Missionari della Misericordia sono l’altra grande novità di questo Giubileo. Il loro invio e la possibilità di perdonare anche i peccati più gravi aggiungono ampiezza alla geografia dell’amore di Dio. Infine, in questo primo sommario bilancio non si può dimenticare l’evento forse più epocale di tutti. Lo storico incontro tra il patriarca ortodosso russo, Kirill, e il Papa, prologo del viaggio in Messico, terra assolutamente bisognosa di riconciliazione, pace, perdono. A rigore non si tratta di un evento giubilare, ma è significativo che – per un disegno della Provvidenza – avvenga

adesso. Quasi che Francesco, oltre alle parole, abbia voluto dare l’esempio. Nell’anno della Misericordia l’incontro atteso da secoli per la riconciliazione con Mosca. Alla luce di questo incontro possiamo dirlo forte: è stato un grande inizio. Adesso ci attendono Pasqua, la Gmg di Cracovia e tanti altri appuntamenti importanti. Continuiamo sulla via dell’amore. Continuiamo sulla via del Vangelo.

Porta Santa Cattedrale Bangui

Marzo 2016

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vita della chiesa Pubblichiamo qui di seguito il testo della Dichiarazione comune di Papa Francesco e del Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Russia, firmata lo scorso 12 febbraio a L’avana. Si tratta del primo incontro tra un Papa e un Patriarca russo dopo lo scisma del 1054. L’eccezionalità dell’evento ci ha convinto a dedicare a questo documento gran parte dello spazio riservato alla vita della Chiesa.

L’incontro tra il Papa e il Patriarca russo

La storia e il futuro 1.

Per volontà di Dio Padre dal quale viene ogni dono, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, e con l’aiuto dello Spirito Santo Consolatore, noi, Papa Francesco e Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, ci siamo incontrati oggi a L’Avana. Rendiamo grazie a Dio, glorificato nella Trinità, per questo incontro, il primo nella storia. Con gioia ci siamo ritrovati come fratelli nella fede cristiana che si incontrano per «parlare a viva voce» (2 Gv 12), da cuore a cuore, e discutere dei rapporti reciproci tra le Chiese, dei problemi essenziali dei nostri fedeli e delle prospettive di sviluppo della civiltà umana.  2. Il nostro incontro fraterno ha avuto luogo a Cuba, all’incrocio tra Nord e Sud, tra Est e Ovest. Da questa isola, simbolo delle speranze del “Nuovo Mondo” e degli eventi drammatici della storia del XX secolo, rivolgiamo la nostra parola a tutti i popoli dell’America Latina e degli altri Continenti. Ci rallegriamo che la fede cristiana stia crescendo qui in modo dinamico. Il potente potenziale religioso dell’America Latina, la sua secolare tradizione cristiana, realizzata nell’esperienza personale di milioni di persone, sono la garanzia di un grande futuro per questa regione.  3. Incontrandoci lontano dalle antiche contese del “Vecchio Mondo”, sentiamo con particolare forza la necessità di un lavoro comune tra cattolici e ortodossi, chiamati, con dolcezza e rispetto, a rendere conto al mondo della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3, 15).  4. Rendiamo grazie a Dio per i doni ricevuti dalla venuta nel mondo del suo unico Figlio. Condividiamo la comune Tradizione spirituale del primo millennio del cristianesimo. I testimoni di questa Tradizione sono la Santissima Madre di Dio, la Vergine Maria, e i Santi che veneriamo. Tra loro ci sono innumerevoli martiri che hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo e sono diventati “seme di cristiani”.  5. Nonostante questa Tradizione comune dei primi dieci secoli, cattolici e ortodossi, da quasi mille anni, sono privati della comunione nell’Eucaristia. Siamo divisi da ferite causate da conflitti di un passato 6

lontano o recente, da divergenze, ereditate dai nostri antenati, nella comprensione e l’esplicitazione della nostra fede in Dio, uno in tre Persone – Padre, Figlio e Spirito Santo. Deploriamo la perdita dell’unità, conseguenza della debolezza umana e del peccato, accaduta nonostante la Preghiera sacerdotale di Cristo Salvatore: «Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola» (Gv 17, 21).  6. Consapevoli della permanenza di numerosi ostacoli, ci auguriamo che il nostro incontro possa contribuire al ristabilimento di questa unità voluta da Dio,


vita della chiesa per la quale Cristo ha pregato. Possa il nostro incontro ispirare i cristiani di tutto il mondo a pregare il Signore con rinnovato fervore per la piena unità di tutti i suoi discepoli. In un mondo che attende da noi non solo parole ma gesti concreti, possa questo incontro essere un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà!  7. Nella nostra determinazione a compiere tutto ciò che è necessario per superare le divergenze storiche che abbiamo ereditato, vogliamo unire i nostri sforzi per testimoniare il Vangelo di Cristo e il patrimonio comune della Chiesa del primo millennio, rispondendo insieme alle sfide del mondo contemporaneo. Ortodossi e cattolici devono imparare a dare una concorde testimonianza alla verità in ambiti in cui questo è possibile e necessario. La civiltà umana è entrata in un periodo di cambiamento epocale. La nostra coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a restare inerti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune.  8. Il nostro sguardo si rivolge in primo luogo verso le regioni del mondo dove i cristiani sono vittime di persecuzione. In molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per famiglie, villaggi e città intere. Le loro chiese sono devastate e saccheggiate barbaramente, i loro oggetti sacri profanati, i loro monumenti distrutti. In Siria, in Iraq e in altri paesi del Medio Oriente, constatiamo con dolore l’esodo massiccio dei cristiani dalla terra dalla quale cominciò a diffondersi la nostra fede

e dove essi hanno vissuto, fin dai tempi degli apostoli, insieme ad altre comunità religiose.  9. Chiediamo alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l’ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente. Nell’elevare la voce in difesa dei cristiani perseguitati, desideriamo esprimere la nostra compassione per le sofferenze subite dai fedeli di altre tradizioni religiose diventati anch’essi vittime della guerra civile, del caos e della violenza terroristica.  10. In Siria e in Iraq la violenza ha già causato migliaia di vittime, lasciando milioni di persone senza tetto né risorse. Esortiamo la comunità internazionale ad unirsi per porre fine alla violenza e al terrorismo e, nello stesso tempo, a contribuire attraverso il dialogo ad un rapido ristabilimento della pace civile. È essenziale assicurare un aiuto umanitario su larga scala alle popolazioni martoriate e ai tanti rifugiati nei paesi confinanti. Chiediamo a tutti coloro che possono influire sul destino delle persone rapite, fra cui i Metropoliti di Aleppo, Paolo e Giovanni Ibrahim, sequestrati nel mese di aprile del 2013, di fare tutto ciò che è necessario per la loro rapida liberazione.  11. Eleviamo le nostre preghiere a Cristo, il Salvatore del mondo, per il ristabilimento della pace in Medio Oriente che è “il frutto della giustizia” (cfr Is 32, 17), affinché si rafforzi la convivenza fraterna tra le varie popolazioni, le Chiese e le religioni che vi sono presenti, per il ritorno dei rifugiati nelle loro case, la guarigione dei feriti e il riposo dell’anima degli innocenti uccisi. Ci rivolgiamo, con un fervido appello, a tutte le parti che possono essere coinvolte nei conflitti perché mostrino buona volontà e siedano al tavolo dei negoziati. Al contempo, è necessario che la comunità internazionale faccia ogni sforzo possibile per porre fine al terrorismo con l’aiuto di azioni comuni, congiunte e coordinate. Facciamo appello a tutti i paesi coinvolti nella lotta contro il terrorismo, affinché agiscano in maniera responsabile e prudente. Esortiamo tutti i cristiani e tutti i credenti in Dio a pregare con fervore il provvidente Creatore del mondo perché protegga il suo creato dalla distruzione e non permetta una nuova guerra mondiale. Affinché la pace sia durevole ed affidabile, sono necessari specifici sforzi volti a riscoprire i valori comuni che ci uniscono, fondati sul Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo.  12. Ci inchiniamo davanti al martirio di coloro che, a costo della propria vita, testimoniano la verità del Vangelo, preferendo la morte all’apostasia di Cristo. Crediamo che questi martiri del nostro tempo, appartenenti a varie Chiese, ma uniti da una comune sofferenza, sono un pegno dell’unità dei cristiani. È a voi, che soffrite per Cristo, che si rivolge la parola dell’apostolo: «Carissimi, … nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della Sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare» (1 Pt 4, 12-13).  13. In quest’epoca inquietante, il dialogo interreligioso è indispensabile. Le differenze nella comprensione 7


vita della chiesa delle verità religiose non devono impedire alle persone di fedi diverse di vivere nella pace e nell’armonia. Nelle circostanze attuali, i leader religiosi hanno la responsabilità particolare di educare i loro fedeli in uno spirito rispettoso delle convinzioni di coloro che appartengono ad altre tradizioni religiose. Sono assolutamente inaccettabili i tentativi di giustificare azioni criminali con slogan religiosi. Nessun crimine può essere commesso in nome di Dio, «perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace» (1 Cor 14, 33).  14. Nell’affermare l’alto valore della libertà religiosa, rendiamo grazie a Dio per il rinnovamento senza precedenti della fede cristiana che sta accadendo ora in Russia e in molti paesi dell’Europa orientale, dove i regimi atei hanno dominato per decenni. Oggi le catene dell’ateismo militante sono spezzate e in tanti luoghi i cristiani possono liberamente professare la loro fede. In un quarto di secolo, vi sono state costruite decine di migliaia di nuove chiese, e aperti centinaia di monasteri e scuole teologiche. Le comunità cristiane portano avanti un’importante attività caritativa e sociale, fornendo un’assistenza diversificata ai bisognosi. Ortodossi e cattolici spesso lavorano fianco a fianco. Essi attestano l’esistenza dei fondamenti spirituali comuni della convivenza umana, testimoniando i valori del Vangelo.  15. Allo stesso tempo, siamo preoccupati per la situazione in tanti paesi in cui i cristiani si scontrano sempre più frequentemente con una restrizione della libertà religiosa, del diritto di testimoniare le proprie convinzioni e la possibilità di vivere conformemente ad esse. In particolare, constatiamo che la trasformazione di alcuni paesi in società secolarizzate, estranee ad ogni riferimento a Dio ed alla sua verità, costituisce una grave minaccia per la libertà religiosa. È per noi fonte di inquietudine l’attuale limitazione dei diritti dei cristiani, se non addirittura la loro discriminazione, quando alcune forze politiche, guidate dall’ideologia di un secolarismo tante volte assai aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica.  16. Il processo di integrazione europea, iniziato dopo secoli di sanguinosi conflitti, è stato accolto da molti con speranza, come una garanzia di pace e di sicurezza. Tuttavia, invitiamo a rimanere vigili contro un’integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose. Pur rimanendo aperti al contributo di altre religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane. Chiediamo ai cristiani dell’Europa orientale e occidentale di unirsi per testimoniare insieme Cristo e il Vangelo, in modo che l’Europa conservi la sua anima formata da duemila anni di tradizione cristiana.  17. Il nostro sguardo si rivolge alle persone che si trovano in situazioni di grande difficoltà, che vivono in condizioni di estremo bisogno e di povertà mentre crescono le ricchezze materiali dell’umanità. Non possiamo rimanere indifferenti alla sorte di milioni di migranti e di rifugiati che bussano alla porta dei paesi ricchi. Il consumo sfrenato, come si vede in alcuni paesi più sviluppati, sta esaurendo gradualmente le risorse del 8

nostro pianeta. La crescente disuguaglianza nella distribuzione dei beni terreni aumenta il sentimento d’ingiustizia nei confronti del sistema di relazioni internazionali che si è stabilito.  18. Le Chiese cristiane sono chiamate a difendere le esigenze della giustizia, il rispetto per le tradizioni dei popoli e un’autentica solidarietà con tutti coloro che soffrono. Noi, cristiani, non dobbiamo dimenticare che «Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio» (1 Cor 1, 27-29).  19. La famiglia è il centro naturale della vita umana e della società. Siamo preoccupati dalla crisi della famiglia in molti paesi. Ortodossi e cattolici condividono la stessa concezione della famiglia e sono chiamati a testimoniare che essa è un cammino di santità, che testimonia la fedeltà degli sposi nelle loro relazioni reciproche, la loro apertura alla procreazione e all’educazione dei figli, la solidarietà tra le generazioni e il rispetto per i più deboli.  20. La famiglia si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna. È l’amore che sigilla la loro unione ed insegna loro ad accogliersi reciprocamente come dono. Il matrimonio è una scuola di amore e di fedeltà. Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica.  21. Chiediamo a tutti di rispettare il diritto inalienil serrano n. 138


vita della chiesa abile alla vita. Milioni di bambini sono privati della possibilità stessa di nascere nel mondo. La voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio (cfr Gen 4, 10). Lo sviluppo della cosiddetta eutanasia fa sì che le persone anziane e gli infermi inizino a sentirsi un peso eccessivo per le loro famiglie e la società in generale. Siamo anche preoccupati dallo sviluppo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, perché la manipolazione della vita umana è un attacco ai fondamenti dell’esistenza dell’uomo, creato ad immagine di Dio. Riteniamo che sia nostro dovere ricordare l’immutabilità dei principi morali cristiani, basati sul rispetto della dignità dell’uomo chiamato alla vita, secondo il disegno del Creatore.  22. Oggi, desideriamo rivolgerci in modo particolare ai giovani cristiani. Voi, giovani, avete come compito di non nascondere il talento sotto terra (cfr Mt 25, 25), ma di utilizzare tutte le capacità che Dio vi ha dato per confermare nel mondo le verità di Cristo, per incarnare nella vostra vita i comandamenti evangelici dell’amore di Dio e del prossimo. Non abbiate paura di andare controcorrente, difendendo la verità di Dio, alla quale odierne norme secolari sono lontane dal conformarsi sempre.  23. Dio vi ama e aspetta da ciascuno di voi che siate Suoi discepoli e apostoli. Siate la luce del mondo affinché coloro che vi circondano, vedendo le vostre opere buone, rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli (cfr Mt 5, 14, 16). Educate i vostri figli nella fede cristiana, trasmettete loro la perla preziosa della fede (cfr Mt 13, 46) che avete ricevuta dai vostri genitori ed antenati. Ricordate che «siete stati comprati a caro prezzo» (1 Cor 6, 20), al costo della morte in croce dell’Uomo-Dio Gesù Cristo.  24. Ortodossi e cattolici sono uniti non solo dalla comune Tradizione della Chiesa del primo millennio, ma anche dalla missione di predicare il Vangelo di Cristo nel mondo di oggi. Questa missione comporta il rispetto reciproco per i membri delle comunità cristiane ed esclude qualsiasi forma di proselitismo. Non siamo concorrenti ma fratelli, e da questo concetto devono essere guidate tutte le nostre azioni reciproche e verso il mondo esterno. Esortiamo i cattolici e gli ortodossi di tutti i paesi ad imparare a vivere insieme nella pace e nell’amore, e ad avere «gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti» (Rm 15, 5). Non si può quindi accettare l’uso di mezzi sleali per incitare i credenti a passare da una Chiesa ad un’altra, negando la loro libertà religiosa o le loro tradizioni. Siamo chiamati a mettere in pratica il precetto dell’apostolo Paolo: «Mi sono fatto un punto di onore di non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui» (Rm 15, 20).  25. Speriamo che il nostro incontro possa anche contribuire alla riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi. Oggi è chiaro che il metodo dell’“uniatismo” del passato, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità. Tuttavia, le comunità ecclesiali apparse in queste Marzo 2016

circostanze storiche hanno il diritto di esistere e di intraprendere tutto ciò che è necessario per soddisfare le esigenze spirituali dei loro fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere in pace con i loro vicini. Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e di trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili.  26. Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime, innumerevoli ferite ad abitanti pacifici e gettato la società in una grave crisi economica ed umanitaria. Invitiamo tutte le parti del conflitto alla prudenza, alla solidarietà sociale e all’azione per costruire la pace. Invitiamo le nostre Chiese in Ucraina a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto.  27. Auspichiamo che lo scisma tra i fedeli ortodossi in Ucraina possa essere superato sulla base delle norme canoniche esistenti, che tutti i cristiani ortodossi dell’Ucraina vivano nella pace e nell’armonia, e che le comunità cattoliche del Paese vi contribuiscano, in modo da far vedere sempre di più la nostra fratellanza cristiana.  28. Nel mondo contemporaneo, multiforme eppure unito da un comune destino, cattolici e ortodossi sono chiamati a collaborare fraternamente nell’annuncio della Buona Novella della salvezza, a testimoniare insieme la dignità morale e la libertà autentica della persona, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21). Questo mondo, in cui scompaiono progressivamente i pilastri spirituali dell’esistenza umana, aspetta da noi una forte testimonianza cristiana in tutti gli ambiti della vita personale e sociale. Dalla nostra capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili dipende in gran parte il futuro dell’umanità.  29. In questa ardita testimonianza della verità di Dio e della Buona Novella salvifica, ci sostenga l’Uomo-Dio Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, che ci fortifica spiritualmente con la sua infallibile promessa: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno» (Lc 12, 32)! Cristo è fonte di gioia e di speranza. La fede in Lui trasfigura la vita umana, la riempie di significato. Di ciò si sono potuti convincere, attraverso la loro esperienza, tutti coloro a cui si possono applicare le parole dell’apostolo Pietro: «Voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia» (1 Pt 2, 10).  30. Pieni di gratitudine per il dono della comprensione reciproca espresso durante il nostro incontro, guardiamo con speranza alla Santissima Madre di Dio, invocandola con le parole di questa antica preghiera: “Sotto il riparo della tua misericordia, ci rifugiamo, Santa Madre di Dio”. Che la Beata Vergine Maria, con la sua intercessione, incoraggi alla fraternità coloro che la venerano, perché siano riuniti, al tempo stabilito da Dio, nella pace e nell’armonia in un solo popolo di Dio, per la gloria della Santissima e indivisibile Trinità! 9


vita della chiesa

La crocifissione: epilogo della vita terrena di Cristo di Cosimo Lasorsa

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i tempi di Gesù la pena della crocifissione era già in uso nel giudaismo palestinese, poiché importata dai Romani, ma pur sempre limitata a pochi reati considerati assai gravi. Gli stessi Romani, che avevano appreso questo metodo di esecuzione dai Fenici, adottavano la pena della crocifissione in casi molto limitati e per crimini di peculiare crudeltà. Pena, peraltro, inflitta soltanto agli schiavi e non al cittadino romano che era esentato da questo tipo di punizione perché ritenuto particolarmente infamante. Per la legge giudaica, la pena per il reato di bestemmia del quale era stato imputato Gesù nel Sinedrio, era la lapidazione, eppure gli accusatori invocarono a gran voce quella della crocifissione, che fu loro concessa. La procedura, dopo la condanna alla crocifissione, prevedeva l’individuazione del luogo della esecuzione, scelto normalmente tra quelli bene in vista o particolarmente frequentati, proprio per dare la possibilità di assistere a una grande moltitudine di gente. Nel posto prescelto era conficcato nel terreno un palo verticale, detto “stipes”, che sarebbe servito da base per quello orizzontale chiamato “patibulum”. La crocifissione era preceduta dalla flagellazione, che era inflitta prima e, a volte, durante il percorso verso il luogo dell’esecuzione, con l’inasprimento del peso del braccio trasversale della croce portato sulle spalle in modo da rendere particolarmente doloroso il cammino verso la morte. Il condannato procedeva verso il luogo della esecuzione scortato da quattro soldati agli ordini di un centurione, denominato “exactor mortis” perché incaricato anche di accertare la morte del crocifisso, e preceduto da un servo di giustizia che esponeva una

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tavoletta, “tabulus”, dove era riportato il motivo della condanna, “titulus crucis”, a meno che detta tavoletta non fosse appesa al collo del condannato. Spogliato delle vesti, il condannato era disteso sul palo orizzontale che aveva portato sulle spalle e inchiodato nelle mani, quindi issato sul palo verticale e inchiodato nei piedi che erano poggiati su una pedana detta “suppedaneum”. In questa posizione il condannato attendeva la morte rimanendo in croce fino alla decomposizione del suo cadavere. Nel caso specifico di Gesù, che seguì il percorso verso la morte con le procedure sopra descritte, l’area scelta per la crocifissione fu un luogo distante circa 600 metri dal tribunale dove era stato giudicato colpevole. Posto poco fuori le mura della città di Gerusalemme, era collocato su una modesta collina, denominata “Calvario”, che significa “luogo del cranio” perché a forma di un cranio calvo. La località era conosciuta anche come “Golgota”. Quando iniziò il cammino verso il Calvario, Gesù era già stato flagellato ed era estremamente debole, eppure fu costretto a portare a spalla la trave della croce sulla quale sarebbe stato crocifisso e sul capo una corona di spine. La tavoletta che indicava il motivo della condanna di Gesù, che fu poi posta sulla croce, riportava in latino, in greco e in aramaico “Gesù di Nazareth, re dei giudei”. Questa dicitura, scritta direttamente da Pilato, non incontrò il favore dalle autorità ebraiche che avevano voluto la condanna di Gesù, contrarie a riconoscergli il titolo di re ma, nonostante le loro proteste, Pilato confermò la locuzione sostenendo che rientrava nel capo di imputazione per il quale era stato condannato. Contrariamente a quanto accadeva in queste circostanze, che vedeva il serrano n. 138


vita della chiesa sbeffeggiato e deriso il condannato nel suo percorso verso la crocifissione, Gesù incontrò anche un gruppo di donne che, mosse a compassione, non riuscirono a trattenere le lacrime. Debilitato dalla flagellazione, Gesù cadde più volte. Anche in questo caso il capo dei soldati che lo scortavano, preso a compassione, diede ordine a Simone di Cirene, che si trovava vicino, di aiutare Gesù a portare la croce fino al Calvario. La procedura della crocifissione di Gesù ebbe inizio subito dopo l’arrivo. Legato dapprima alla trave che aveva portato a spalla fu inchiodato nelle mani alla stessa trave. Issato, poi, sul palo verticale a formare una croce, fu fissato al legno con un solo chiodo, sufficientemente lungo in modo da forare entrambi i piedi, e posto tra due ladroni. L’agonia di Gesù fu lunga e sofferente, durante la quale vide dall’alto della croce sua madre con l’apostolo Giovanni e le pie donne, udì i soldati che disputavano tra loro per spartirsi le sue vesti, soffrì la sete che il capo delle guardie tentò di calmare con una spugna imbevuta di vino, perdonò il buon ladrone accogliendolo con sé in Paradiso e, dopo il grido dell’abbandono, rese l’anima a Dio per risorgere tre giorni dopo. Molto si è discusso sul fenomeno dell’oscuramento del sole per tre ore nel giorno della crocifissione di Gesù: “da mezzogiorno alla tre si fece buio su tutta la terra” (Vangelo di Matteo). Anche Marco riporta, come Matteo: “venuto mezzogiorno si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio”. Soltanto Luca accenna a una forma di eclissi: ”era mezzogiorno quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio”. Questa diversità del Vangelo di Luca ha fatto supporre che il buio nel giorno della crocifissione di Gesù fosse da attribuire a un eclissi solare. È una tesi non sostenibile perché quando Gesù fu crocifisso era Pasqua, e cioè in pieno plenilunio, mentre l’eclissi solare avviene soltanto con il novilunio. Inoltre, l’eclissi solare ha una durata massima di otto minuti, mentre l’oscuramento durò ben tre ore. Anche i manoscritti più antichi non parlano di eclissi ma riportano: “il sole mancò” e. negli stessi “Atti di Pilato” si legge: “il buio sopraggiunse a mezzogiorno e si protrasse fino alla tre”. Senza dimenticare anche l’altra coincidenza alquanto indefinibile che la morte di Gesù avvenne il venerdì 7 aprile dell’anno 30 d.c. proprio alle ore tre dopo mezzogiorno. L’avvenimento è quindi inspiegabile, e come tale rimane, a meno che non Marzo 2016

si voglia attribuire al fenomeno il significato sovrannaturale di un messaggio divino. Ugualmente misterioso rimane il caso dello squarcio del velo del Tempio dopo il terremoto: “ed ecco che il velo del Tempio si squarciò in due, dall’alto in basso, e la terra si scosse e le pietre si spezzarono (Vangelo di Matteo). Su questo secondo avvenimento si trovano concordi anche Marco: “e il velo del tempio si squarciò in due dall’alto in basso “ e Luca: “e il velo del tempio si squarciò nel mezzo”. Si tratta di un drappo molto grande, alto 20 metri e spesso 10 centimetri, oltre che molto pesante, che si trovava nella zona del Tempio riservata ai sacerdoti, il cui squarcio non poteva essere attribuito al terremoto che può provocare la frantumazione di oggetti rigidi ma non la lacerazione di un tendaggio. Anche in questo caso l’avvenimento rimane inspiegabile a meno che non si voglia attribuire ancora una volta un significato trascendente. A ben rifletterci tutto nella morte di Gesù fu anomalo e aberrante: dall’arresto su tradimento di un suo apostolo, alla rapidità del processo con l’accusa di bestemmia svoltosi nel Sinedrio anziché nel Tempio, alla richiesta della condanna alla pena capitale della crocifissione anziché della lapidazione, fino alla crocifissione stessa, considerata la più infamante a quei tempi. Ma grazie a Cristo, la morte ha avuto un significato positivo che si è riversato nella Pasqua della resurrezione. È un messaggio divino della visione cristiana della morte, sulla quale la Chiesa si è espressa in modo impareggiabile nella sua Liturgia: “Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo”. 11


vita del serra A Matera il XV Congresso nazionale di Serra International Italia

«Nuove

sfide

per l’umanesimo del III millennio: il

Serra Italia progetta il suo futuro» di Maria Luisa Coppola

i

l tema intende delineare nuovi percorsi nel contesto di questa epoca di cambiamenti culturali, in merito alla Famiglia, alla Vocazione, all’Educazione ed alla Comunicazione, che sono i cardini su cui si fonda l’azione dei laici serrani. Illustri relatori sono stati invitati a prospettare le direttrici su cui si muove la Chiesa universale nel pontificato di Papa Francesco, che ha affidato ai laici la missione di essere lievito nella società odierna marcatamente relativistica ed apparentemente indifferente al sentimento religioso. Il Convegno ecclesiale di Firenze 2015 ha sottolineato la necessità di costruire un nuovo Umanesimo, una rinnovata fiducia nelle capacità dell’uomo-persona che, tra tante preoccupazioni economiche e sociali, rischia di smarrire la sua vera identità di cristiano, nel contempo fedele alla sua scelta di vita. Le suggestioni antropologiche al relativismo di massa ci pongono spesso in crisi ed in dialettica antinomia tra il passato, pur ricco di storia, ed il divenire verso il quale non può mancare la nostra attenzione. Le sfide del terzo millennio ci impongono una seria disamina anche del nostro Movimento, che tarda ad andare al passo dei tempi, per una certa nostalgia delle sue origini, quando le aggregazioni laicali non si confrontavano con i problemi lavorativi in ordine di orari e di possibilità di incontro e la formazione cattolica era affidata ai testimoni della fede da ascoltare in conferenze “de visu”. Oggi che la tecnologia ha preso il sopravvento e la comunicazione è affidata ai social network più che ai colloqui personali, come 12

risulta evidente in politica, nella Chiesa ed in ogni ambito sociale, quale dinamica relazionale significativa scegliere? E la famiglia, assediata da nuove configurazioni derivanti da prassi già consolidate, è oggi un valore inalienabile? La fede la trasmettono

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vita del serra ancora i genitori, è un bene prezioso per le comunità? Dall’educazione alla formazione permanente dell’individuo l’iter è lungo, siamo ancora in grado di scegliere consapevolmente chi debba provvedere alle future generazioni perché siano in grado di esprimere idee anche controcorrente ma improntate ad un sano concetto di libertà critica? Di questo ed altro si discuterà al congresso di Matera, che vuole essere un forum dialogante con i presenti, per delineare la prossima stagione di Serra Italia che mi auguro feconda. Perché a Matera? Senza dubbio la sua storia e la sua ricchezza archeologica sono affascinanti, tanto da essere scelta capitale della cultura dall’Unesco, soprattutto per le sue chiese in pietra, i famosi Sassi per i quali fu denominata ‘la seconda Betlemme’ ove fu girata la celeberrima Passione di Cristo, il film interpretato da Mel Gibson. La Cattedrale romanica, di nuovo riaperta al culto il 5 marzo di quest’anno, con la solenne celebrazione eucaristica presieduta da S. Em. Parolin, segretario di Stato Vaticano, è un gioiello d’arte che merita di essere visitato: difatti qui il 12 giugno sarà celebrata la S.Messa. Tutta la città di Matera è meta di turi-

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smo mondiale: potevamo noi non esserci e non sentirci protagonisti della Cultura? L’invito che rivolgo a tutti gli amici serrani ed ai loro familiari è dunque di partecipare al Congresso per vari motivi: è l’occasione per ritrovarci insieme a considerare il futuro del nostro Movimento, il cui carisma particolare è stato ampiamente sottolineato da Papa Francesco che ha elevato agli onori dell’altare San Junipero promotore dell’evangelizzazione, nella solenne cerimonia avvenuta a Washington il 23 settembre 2015, da S. Em. il card. Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero il 21 novembre 2015 nell’omelia pronunciata a Roma in San Pietro, giorno memorabile per tutto il Serra Italia, di cui abbiamo fresca memoria. Rispondiamo a questo stato di grazia, confermando la nostra volontà di qualificare al meglio il nostro apostolato laico, configurando nel futuro la validità delle nostre scelte. Avremo l’opportunità di dialogare con illustri relatori, che hanno accettato prontamente di intervenire, a conferma della stima verso il Serra Italia che resta l’unico movimento laico a sostegno delle vocazioni sacerdotali e della vita consacrata. Non mancheranno le testimonianze a conforto della Bellezza della vocazione come i momenti di confronto tra i responsabili delle strutture serrane. Da rimarcare il passaggio di consegne al nuovo presidente nazionale, dott. Costa, al quale donerò il distintivo di cui sono stata orgogliosa in questo biennio. Come mancare a quest’appuntamento cosÏ importante per la vita del Serra Italia? La risposta la considero implicita ed il direttore del congresso, dott. Viti, già past presidente nazionale, aspetta le vostre prenotazioni, assicurando un soggiorno altamente confortevole ed una visita alla città di Matera particolarmente suggestiva! Matera, città dell’arte paleolitica, ci ospita con fervore: il Sindaco e l’amministrazione comunale, il Vescovo di recente nomina, i Dirigenti degli istituti scolastici che partecipano al Concorso scolastico ci saranno vicini, graditi ospiti-ospitanti, gentili nell’accoglienza e contenti del nostro arrivo da ogni parte d’Italia. Il congresso nazionale è biennale, chiude una fase rilevante della progettualità serrana e ne apre un’altra: un’emozione non da poco! Seguendo il motto di San Junipero, ‘Alegria, siempre adelante’, con gioia ed entusiasmo viviamo la Bellezza di incontrarci a Matera, dal 10 al 12 giugno 2016 e vi ringrazio fin d’ora della vostra solidale amicizia! 13


vita del serra

Manuel Costa Presidente eletto di Serra Italia

di 14

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urante la riunione del Cnis del 22-23 gennaio 2016 a Roma, presso Casa La Salle, il Cnis ha eletto Presidente Nazionale, per il biennio 01/07/16 – 30/06/18 il Dott. Emanuele Costa (per tutti Manuel) del Serra Club di Lugano, Distretto 70, designato dalla Commissione nomine nel corso della riunione del Cnis del 16-1718 ottobre 2015 a Firenze. A Matera, in occasione del prossimo Congresso Nazionale del 10-11 e 12 giugno 2016, riceverà il distintivo dalla attuale magnifica Presidente Maria Luisa Coppola. Vale la pena, allora, che tutti conosciamo un po’ meglio il nostro prossimo timoniere. Manuel nasce a Rapallo il 10/08/1944, sesto di nove figli; cresce a Genova dove frequenta l’Istituto Arecco dei Padri Gesuiti fino alla licenza liceale conseguita a soli 17 anni; a 21 si laurea in Economia e Commercio. Prestato il servizio militare in aereonautica inizia a lavorare nella prestigiosa azienda di famiglia come responsabile del settore navi da carico, dunque con un ruolo di grande

Antonio Ciacci il serrano n. 138


vita del serra responsabilità. I “Costa”, armatori navali famosi in tutto il mondo, indissolubilmente legati alla città di Genova, sono un grande gruppo industriale di fondamentale importanza nell’Italia della rinascita post bellica, molto legati alla Chiesa genovese: Manuel ha raccontato più volte che il Cardinale Siri, primo grande sostenitore del Serra in Italia, ne frequentava spesso l’abitazione e che i suoi accompagnatori, giovani Sacerdoti o seminaristi, si intrattenevano a giocare con i numerosi ragazzini, Manuel compreso, che scorrazzavano intorno. Nel 1970 il matrimonio con Maria Beatrice Mosca (per tutti Bice) e tre figli, Maddalena, Benedetto e Marta, poi il trasferimento di tutta la famiglia negli Stati Uniti, a New York, dove Manuel lavora prima nel settore navale turistico, poi in una società di investimenti. Rientrato in Europa si stabilisce a Lugano, continuando l’attività intrapresa negli Usa, dove oggi vivono e lavorano i suoi tre figli e dove crescono i quattro nipotini. Lungamente Presidente del Serra Club di Lugano,

MANUEL COSTA Nato a Rapallo, provincia di Genova, il 10 Agosto 1944. Sesto di nove figli. Cresciuto a Genova, frequenta l’Istituto Arecco dei Padri Gesuiti fino al diploma liceale classico nel 1961. Nel 1965 si laurea in Economia e Commercio. Dal 1965 al 1966 presta servizio militare presso l’Aereonautica Italiana a Milano. Nel 1966 entra a lavorare nella società di famiglia come responsabile del settore navi da carico. Sposa nel 1970 Maria Beatrice Mosca, da cui ha tre figli, Maddalena (1971), Benedetto (1973), e Marta (1979). Dal 1976 al 1995 vive a New York dove lavora dapprima nel campo navale/turistico, ed in seguito in una società di investimenti in aziende. Nel 1994 si trasferisce a Lugano dove continua l’attività iniziata negli Stati Uniti. Più volte membro del Consiglio Pastorale della Diocesi di Lugano. Membro della Commissione Finanziaria della Facoltà di Teologia di Lugano. Da1998 al 2008 presidente del Serra Club di Lugano. Governatore del Distretto 70 di Serra International Italia per il biennio 2012-2014. Vice Presidente ai Programmi di Serra International Italia per il biennio 2014-2016. Membro del Nominating Commettee di Serra International per il biennio 2014-2016.

poi Governatore del Distretto 70, infine, oggi, Vice Presidente ai programmi nel Cnis e componente della Commissione nomine presso il Board di Serra International. Più volte è stato membro del Consiglio Pastorale nella Diocesi di Lugano e della Commissione Finanziaria della Facoltà di Teologia nell’Università del capoluogo ticinese. Manuel è una persona di grande cuore, uno che lavora con metodo e lungimiranza, innamorato del Serra che, siamo convinti, condurrà con mano esperta in questi momenti difficili. Noi tutti gli saremo vicini, pregheremo per lui e il nostro Santo ispiratore, Junipero, avrà certamente un occhio di riguardo. Siamo, infine, molto vicini alla moglie di Manuel; quando si accettano certi incarichi la famiglia viene un po’ sacrificata e dietro ad un grande uomo ci deve essere sempre una grande donna (e viceversa): conoscendo Bice possiamo stare tranquilli. Auguri! Marzo 2016

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vita del serra

Viene a trovarci un amico di Viviana Normando

È

il momento in cui durante il Cnis un amico incontra il consiglio del Serra italia. In questi due anni ho invitato tante personalità che sono venute a presentare la loro esperienza di studio, di volontariato, di comunità, consentendoci un ampio orizzonte di riflessione sulle realtà ecclesiali che sono parte integrante della vita della Chiesa. Con loro si è costituita una rete di condivisione di cammini ecclesiali o semplicemente di fraternità, per dimostrare che “insieme si può”! Nel recente CNIS svoltosi a Roma, a gennaio, presso Casa La Salle, sono venuti Marco e Paola Bartoli, i coniugi responsabili per l’Italia e per l’estero della Comunità di Sant’Egidio che si preoccupa dell’ accoglienza e dell’ospitalità di tante persone venute dall’Africa o dall’Asia in Italia scappando da Paesi in guerra, dilaniate da molte sofferenze e da un’ estrema condizione di povertà. Ha raccontato Marco: “La Comunità di Sant’Egidio è una famiglia di S. Ecc. Jorge Carlos Patron Wong comunità radicata in differenti Chiese locali. Il termine “comunità” rispecchia, tra l’altro, un’esigenza di fraternità, tanto più sentita in quanto i membri della Comunità vivono appieno nel mondo, nella dispersione della vita delle grandi città moderne. L’amicizia è, così, tratto caratteristico di Sant’Egidio, sia all’interno, sia come attitudine di simpatia e attenzione verso il mondo e altre esperienze ecclesiali. Riferimenti spirituali della Comunità sono dagli inizi la prima comunità cristiana degli Atti degli Apostoli, l’amore preferenziale della Chiesa per i poveri, il primato della preghiera. Un senso marcato della misericordia di Dio per i malati e per i peccatori, la commozione di Gesù per le folle, il suo invito ad annunciare il Vangelo del Regno e a guarire ogni sorta di infermità, si fanno normalmente alimento della vita e della spiritualità personale attraverso l’ascolto quotidiano della Parola di Dio e l’assiduità nella preghiera, personale e comunitaria. Il carattere laicale e la collocazione in grandi città ha portato a sviluppare una spiritualità più propriamente “urbana”, che ricompone la normale dispersione della vita quotidiana e le proprie responsabilità (familiari, professionali, civili) attorno al primato dell’evangelizzazione e del servizio. Un passaggio decisivo in questa ricomposizione è la preghiera comune serale, aperta a tutti coloro che vogliano parteciparvi.” Inoltre, una ventina di giovani sono in cammino vocazionale, studiano nelle facoltà teologiche di Roma e sono sostenuti dalla comunità. Il Seminario di Sant’Egidio è seguito da S. Ecc. Jorge Carlos Patron Wong, segretario per i Seminari della Congregazione per il Clero, che presenzia in molte occasioni agli incontri di preghiera o presiede la Celebrazione eucaristica. Questi giovani si preparano a diventare sacerdoti pastorali, avendo un’attitudine spiccata ad essere tra i poveri, tra gli ultimi, nelle vie del mondo dove è più forte la presenza di Cristo, il primo degli umiliati e degli offesi. I giovani seminaristi, oltre alla preparazione teologica, fanno esperienza pastorale quotidiana, praticano

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vita del serra il Vangelo della Misericordia e del perdono, senza pregiudizi né estraneità, confidando nella preghiera che è la forza della loro azione. Il legame tra il Serra Italia e la Comunità di Sant’Egidio è nell’aver cura della formazione dei seminaristi, nel sostegno morale ed economico a chi coltiva il “sogno di Dio”, nella disposizione del cuore ad essere amici dei sacerdoti che sempre più sono chiamati ad essere guida di un popolo in cammino, attraverso le tante avventure umane di persone che per la loro sofferenza sono gradite agli occhi di Dio. Papa Francesco ci ammonisce e ci esorta ad essere “chiesa in uscita”, a saper cogliere nelle diversità le affinità, ad intensificare il dialogo, a non alzare muri di intollerante noncuranza, a favorire la pace fra i popoli, a vivere quella chiesa tanto cara a don Tonino Bello, aperta ed accogliente, in cui ciascuno “sporcandosi le mani” raccoglie l’eredità di Gesù: “beati i misericordiosi , perché troveranno misericordia” . L’incontro con Marco e Paola non è un gioco del caso, ma credo un intervento della Provvidenza che ha voluto la conoscenza reciproca con questi amici che ora conoscono bene il carisma del Serra International e lo stimano: insieme abbiamo fatto esperienza di carità! Vicendevolmente siamo più ricchi per aver appreso l’uno dell’altro, per aver compreso come tutti noi che abbiamo scelto un servizio alla Chiesa siamo su binari forti, nella stessa direzione; e non è detto che le nostre strade non si possano incrociare con vantaggio reciproco, aiutando anche i giovani seminaristi della Comunità di sant’Egidio, dove fra l’altro fanno esperienza pastorale i seminaristi del Maggiore di Roma. Una bella squadra di operatori del bene, che si incontrano per essere “pietra viva” del Vangelo! Così il tema nazionale “Non v’è misericordia senza Amore: esempi di carità” trova piena adempienza nella testimonianza accompagnata da gesti di carità, quelli che ci fanno vivere appieno l’Anno Santo della Misericordia.

La Presidente di Serra Italia, Maria Luisa Coppola accoglie al CNIS Paolo e Marco Bartoli

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vocazioni

Messaggio del Santo Padre Francesco a Giornata per la

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Mondiale di Preghiera per le Vocazioni Cari fratelli e sorelle, come vorrei che, nel corso del Giubileo Straordinario della Misericordia, tutti i battezzati potessero sperimentare la gioia di appartenere alla Chiesa! E potessero riscoprire che la vocazione cristiana, così come le vocazioni particolari, nascono in seno al popolo di Dio e sono doni della divina misericordia. La Chiesa è la casa della misericordia, ed è la “terra” dove la vocazione germoglia, cresce e porta frutto. Per questo motivo invito tutti voi, in occasione di questa 53ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, a contemplare la comunità apostolica, e a ringraziare per il ruolo della comunità nel cammino vocazionale di ciascuno. Nella Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia ho ricordato le parole di san Beda il Venerabile, riferite alla vocazione di san Matteo: «Miserando atque eligendo» (Misericordiae Vultus, 8). L’azione misericordiosa del Signore perdona i nostri peccati e ci apre alla vita nuova che si concretizza nella chiamata alla sequela e alla missione. Ogni vocazione nella Chiesa ha la sua origine nello sguardo compassionevole di Gesù. La conversione e la vocazione sono come due facce della stessa medaglia e si richiamano continuamente in tutta la vita del discepolo missionario. Il beato Paolo VI, nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, ha descritto i passi del processo dell’evangelizzazione. Uno di essi è l’adesione alla comunità cristiana (cfr n. 23), quella comunità da cui ha ricevuto la testimonianza della fede e la proclamazione esplicita della misericordia del Signore. Questa incorporazione comunitaria comprende tutta la ricchezza della vita ecclesiale, particolarmente i 18

Sacramenti. E la Chiesa non è solo un luogo in cui si crede, ma è anche oggetto della nostra fede; per questo nel Credo diciamo: «Credo la Chiesa». La chiamata di Dio avviene attraverso la mediazione comunitaria. Dio ci chiama a far parte della Chiesa e, dopo una certa maturazione in essa, ci dona una vocazione specifica. Il cammino vocazionale si fa insieme ai fratelli e alle sorelle che il Signore ci dona: è una con-vocazione. Il dinamismo ecclesiale della chiamata è un antidoto all’indifferenza e all’individualismo. Stabilisce quella comunione nella quale l’indifferenza è stata vinta dall’amore, perché esige che noi usciamo da noi stessi ponendo la nostra esistenza al servizio del disegno di Dio e facendo nostra la situazione storica del suo popolo santo. In questa Giornata, dedicata alla preghiera per le vocazioni, desidero esortare tutti i fedeli ad assumersi le loro responsabilità nella cura e nel discernimento vocazionale. Quando gli apostoli cercavano uno che prendesse il posto di Giuda Iscariota, san Pietro radunò centoventi fratelli (cfr At 1,15); e per la scelta dei sette diaconi, fu convocato il gruppo dei discepoli (cfr At 6,2). San Paolo dà a Tito criteri specifici per la scelta dei presbiteri (Tt 1,5-9). Anche oggi, la comunità cristiana è sempre presente nel germogliare delle vocazioni, nella loro formazione e nella loro perseveranza (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 107). La vocazione nasce nella Chiesa. Fin dal sorgere di una vocazione è necessario un adeguato “senso” della Chiesa. Nessuno è chiamato esclusivamente per una determinata regione, né per un gruppo o movimento ecclesiale, ma per la Chiesa e per il mondo. «Un chiaro segno dell’autenticità di un carisma è la sua ecclesialità, la sua capacità di integrarsi il serrano n. 138


vocazioni armonicamente nella vita del Popolo santo di Dio per il bene di tutti» (ibid.,130). Rispondendo alla chiamata di Dio, il giovane vede espandersi il proprio orizzonte ecclesiale, può considerare i molteplici carismi e compiere così un discernimento più obiettivo. La comunità diventa, in questo modo, la casa e la famiglia dove nasce la vocazione. Il candidato contempla grato questa mediazione comunitaria come elemento irrinunciabile per il suo futuro. Impara a conoscere e amare fratelli e sorelle che percorrono cammini diversi dal suo; e questi vincoli rafforzano in tutti la comunione. La vocazione cresce nella Chiesa. Durante il processo di formazione, i candidati alle diverse vocazioni hanno bisogno di conoscere sempre meglio la comunità ecclesiale, superando la visione limitata che tutti abbiamo all’inizio. A tale scopo è opportuno fare qualche esperienza apostolica insieme ad altri membri della comunità, per esempio: accanto ad un buon catechista comunicare il messaggio cristiano; sperimentare l’evangelizzazione delle periferie insieme ad una comunità religiosa; scoprire il tesoro della contemplazione condividendo la vita di clausura; conoscere meglio la missione ad gentes a contatto con i missionari; e con i preti diocesani approfondire l’esperienza della pastorale nella parrocchia e nella diocesi. Per quelli che sono già in formazione, la comunità ecclesiale rimane sempre l’ambito educativo fondamentale, verso cui si sente gratitudine. La vocazione è sostenuta dalla Chiesa. Dopo l’impegno definitivo, il cammino vocazionale nella Chiesa non finisce, ma continua nella disponibilità al servizio, nella perseveranza, nella formazione permanente. Chi ha consacrato la propria vita al Signore è disposto a servire la Chiesa dove essa ne abbia bisogno. La missione di Paolo e Barnaba è un esempio di questa disponibilità ecclesiale. Inviati in

missione dallo Spirito Santo e dalla comunità di Antiochia (cfr At 13,1-4), ritornarono alla stessa comunità e raccontarono quello che il Signore aveva fatto per mezzo loro (cfr At 14,27). I missionari sono accompagnati e sostenuti dalla comunità cristiana, che rimane un riferimento vitale, come la patria visibile che offre sicurezza a quelli che compiono il pellegrinaggio verso la vita eterna. Tra gli operatori pastorali rivestono una particolare importanza i sacerdoti. Mediante il loro ministero si fa presente la parola di Gesù, che ha detto: «Io sono la porta delle pecore […] Io sono il buon pastore» (Gv 10,7.11). La cura pastorale delle vocazioni è una parte fondamentale del loro ministero pastorale. I sacerdoti accompagnano coloro che sono alla ricerca della propria vocazione, come pure quanti già hanno offerto la vita al servizio di Dio e della comunità. Tutti i fedeli sono chiamati a rendersi consapevoli del dinamismo ecclesiale della vocazione, perché le comunità di fede possano diventare, sull’esempio della Vergine Maria, seno materno che accoglie il dono dello Spirito Santo (cfr Lc 1,35-38). La maternità della Chiesa si esprime mediante la preghiera perseverante per le vocazioni e con l’azione educativa e di accompagnamento per quanti percepiscono la chiamata di Dio. Lo fa anche mediante un’accurata selezione dei candidati al ministero ordinato e alla vita consacrata. Infine, è madre delle vocazioni nel continuo sostegno di coloro che hanno consacrato la vita al servizio degli altri. Chiediamo al Signore di concedere a tutte le persone che stanno compiendo un cammino vocazionale una profonda adesione alla Chiesa; e che lo Spirito Santo rafforzi nei Pastori e in tutti i fedeli la comunione, il discernimento e la paternità e maternità spirituale. Padre di misericordia, che hai donato il tuo Figlio per la nostra salvezza e sempre ci sostieni con i doni del tuo Spirito, concedici comunità cristiane vive, ferventi e gioiose, che siano fonti di vita fraterna e suscitino fra i giovani il desiderio di consacrarsi a Te e all’evangelizzazione. Sostienile nel loro impegno di proporre una adeguata catechesi vocazionale e cammini di speciale consacrazione. Dona sapienza per il necessario discernimento vocazionale, così che in tutto risplenda la grandezza del tuo amore misericordioso. Maria, Madre ed educatrice di Gesù, interceda per ogni comunità cristiana, affinché, resa feconda dallo Spirito Santo, sia fonte di genuine vocazioni al servizio del popolo santo di Dio. 19


vocazioni

Don Nico Dal Molin “la chiamata germoglio di Chiesa” di Stefania Careddu

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iportare “la vocazione nell’alveo della comunità cristiana” e “riscoprire la dimensione relazionale”. Per monsignor Domenico Dal Molin, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni della Cei, è questa la sfida certamente non facile, ma affascinante, che Papa Francesco lancia alla Chiesa nel Messaggio per la 53° Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che si celebrerà in tutte le diocesi il 17 aprile.

gente, diventano comunità vocazionali. L’annuncio dovrebbe cioè ritrovare il soggetto nella comunità cristiana, anche se questa è ancora solo un’ipotesi di lavoro. Il Papa insiste molto sul tema della maternità e non a caso il titolo del Messaggio è proprio “La Chiesa, madre di vocazioni”. Cosa significa? Va letto in quella chiave affettiva usata spesso da Papa Francesco: basta pensare al tema della tene-

Una parola chiave di questo Messaggio è certamente “comunità”… Sì, e questa è una costante di Papa Francesco. Molte volte la vocazione viene vissuta come fatto privato, tanto che nel linguaggio comune si è soliti dire ‘io ho la vocazione’. Nel Messaggio ritornano termini come ‘comunità’ e ‘Chiesa’ con una sottolineatura del fatto che la vocazione nasce, cresce ed è sostenuta dalla Chiesa, dove per Chiesa non si intende un’entità istituzionale e generica, ma la realtà delle comunità cristiane. È dunque un richiamo alla responsabilità delle comunità che negli ultimi tempi hanno vissuto la delega dell’annuncio vocazionale e dell’accompagnamento a chi aveva una maggiore sensibilità, mentre invece sono chiamate a farsi carico delle vocazioni con un impegno nella catechesi, nella preghiera, nella lectio, nei cammini di discernimento. È dunque un appello a ripensare la pastorale? Vuol dire innanzitutto rivalutare il senso stesso della vocazione. Nel Messaggio, il Papa usa la parola “con-vocazione” perché la vocazione è una chiamata della Chiesa alla quale la persona, sorretta da un attento discernimento, risponde. E poi significa ripensare la pastorale, che ha bisogno di un colpo d’ala: è dimostrato che le comunità che propongono un cammino pastorale ordinario più vivace, più coinvol20

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Ghirlandaio, Vocazione dei primi apostoli

rezza o della stessa misericordia che nell’etimologia greca fa riferimento all’utero, al grembo, indicando la maternità nel senso più bello del donare la vita. In quest’ottica, è un invito a mostrare il volto più dolce, più tenero, che non vuol dire accondiscendente perché una madre sa pure guidare con fermezza. Credo che il richiamare la Chiesa ad una modalità relazionale profonda sia la sfida più grande, al di là delle diverse iniziative. Il Papa definisce la Chiesa “terra” dove la vocazione germoglia. Quali sono le strategie da mettere in atto per rendere fertile quella terra? Non ci sono ricette preconfezionate, ma occorre rivitalizzare una quotidianità che si è spenta, ripensando in termini sinodali come ci ha chiesto il Papa al Convegno ecclesiale di Firenze. Una prima via però è certamente la preghiera: bisogna rilanciare i momenti di adorazione eucaristica mensile, magari rivedendo come idearli e proporli, per recuperare spazi di silenzio orante. Un’altra via è poi quella Marzo 2016

che riguarda la cura delle liturgie e dell’omiletica: bisogna dare alle nostre liturgie il risvolto della gioia, una significatività per tutti perché sia un momento di incontro con il Signore e non un dovere. Abbiamo tanti begli esempi di liturgie partecipate che andrebbero fatti conoscere: si tratta infatti di una via vocazionale un po’ trascurata, a partire da noi addetti ai lavori. C’è poi una cura vocazionale che tocca direttamente i sacerdoti e che si esplicita nella disponibilità al sacramento della riconciliazione e nella direzione spirituale, entrambi modi per mostrare il volto materno e accogliente della Chiesa. In vista della Giornata del 17 aprile l’Ufficio Cei per la pastorale delle vocazioni ha preparato dei sussidi. Di cosa si tratta? L’idea che accompagna i sussidi è quella di offrire piste di lavoro concrete, opportunità di utilizzo di materiali, senza schemi rigidi. “Grazie perché”, che sta avendo un ottimo riscontro nelle librerie cattoliche, è pensato per gli adolescenti e i giovani, mentre un altro itinerario è rivolto ai catechisti e alle catechiste impegnati nell’iniziazione cristiana. Infine abbiamo pensato a un sussidio dedicato alle comunità cristiane per sensibilizzare e prepararsi alla Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. La chiave è dunque quella di tenere desta l’attenzione verso la tematica vocazionale in senso ampio, ma anche specifico a seconda del target a cui ci si rivolge. 21


vocazioni Pubblichiamo qui di seguito il discorso che Papa Francesco ha rivolto lo scorso 26 gennaio ai Seminaristi del Pontificio Seminario Lombardo in Roma. Un’occasione per riflettere sull’identità di coloro che si preparano al sacerdozio.

Sacerdoti di domani

santi già da oggi Cari fratelli e sorelle, vi saluto con affetto e ringrazio il Cardinale Scola per le sue cortesi parole. Sono lieto di incontrarvi in occasione del cinquantesimo anniversario di questa sede: nell’Anno Santo della Misericordia voi celebrate, dunque, anche un giubileo di ringraziamento a Dio, roccia su cui fondare la vita, perché «la sua fedeltà dura per sempre» (cfr Sal 117,2). Non dimenticate questo: Dio è il Fedele. Il beato Paolo VI benedisse il Seminario Lombardo l’11 novembre 1965, in modo che questa nuova casa fosse abitata al culmine del Concilio Vaticano II, nel quale i Padri percepirono fortemente che, «abbattute le muraglie che per troppo tempo avevano chiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata, era giunto il tempo di annunciare il Vangelo in modo nuovo» (Misericordiae Vultus, 4). Così, negli “anni romani”, che non sono solo di studio, ma di vera e propria formazione sacerdotale, anche voi vi preparate a dare seguito a quell’impulso dello Spirito, per essere “futuro della Chiesa” secondo il cuore di Dio; non secondo le preferenze di ciascuno o le mode del momento, ma come l’annuncio del Vangelo richiede. Per prepararsi bene occorre un lavoro approfondito, ma soprattutto una conversione interiore, che quotidianamente radichi il ministero nella prima chiamata di Gesù e lo ravvivi nel rapporto personale con Lui, come faceva l’apostolo Paolo, di cui oggi ricordiamo proprio la conversione. Vorrei in proposito attirare la vostra attenzione verso un modello che già ben conoscete: san Carlo Borromeo. Il padre de Certeau ha presentato la sua vita come un costante «movimento di conversione», proteso a riflettere l’immagine del Pastore: «Egli s’identificò con questa immagine, la nutrì con la sua vita, sapendo che il discorso passa nel reale a prez22

zo del sangue: sanguinis ministri, erano per lui i veri preti. Egli realizzò dunque l’immagine perdendovisi. Mise tutta la sua “passione” a riprodurla» (Dizionario biografico degli italiani, XX, 1977, p. 263). Così, la grande opera dei teologi del tempo, culminata nella celebrazione del Concilio di Trento, fu attuata da il serrano n. 138


vocazioni Pastori santi come il Borromeo. Cari amici, siete eredi e testimoni di una grande storia di santità, che affonda le radici nei vostri patroni, i Vescovi Ambrogio e Carlo, e in tempi più recenti ha visto, pure tra gli alunni, tre Beati e tre Servi di Dio. È questa la meta a cui tendere! Spesso, però, appare sul cammino una tentazione da respingere: quella della normalità, di un Pastore a cui basta una vita “normale”. Allora questo sacerdote comincia ad accontentarsi di qualche attenzione da ricevere, giudica il ministero in base ai suoi successi e si adagia nella ricerca di ciò che gli piace, diven-

tando tiepido e senza vero interesse per gli altri. La “normalità” per noi è invece la santità pastorale, il dono della vita. Se un sacerdote sceglie di essere solo una persona normale, sarà un sacerdote mediocre, o peggio. San Carlo desiderava Pastori che fossero servi di Dio e padri per la gente, soprattutto per i poveri. Ma – ci fa sempre bene ricordarlo – può annunciare parole di vita solo chi fa della propria vita un dialogo costante con la Parola di Dio, o, meglio, con Dio che ci parla. In questi anni vi è affidata la missione di allenarvi in questo dialogo di vita: la conoscenza delle varie discipline che studiate non è fine a se stessa, ma va concretizzata nel colloquio della preghiera e nell’incontro reale con le persone. Non giova formarsi “a compartimenti stagni”: preghiera, cultura e pastorale sono pietre portanti di un unico edificio: devono stare sempre saldamente unite per sostenersi a vicenda, ben cementate tra loro, perché i sacerdoti di oggi e domani siano uomini spirituali e pastori misericordiosi, interiormente unificati dall’amore del Signore e capaci di diffondere la gioia del Vangelo nella semplicità della vita. L’evangelizzazione, oggi, sembra chiamata a dover nuovamente percorrere proprio la via della semplicità. Semplicità di vita, che eviti ogni forma di doppiezza e mondanità, a cui basti la comunione genuina con il Signore e con i fratelli; semplicità di linguaggio: non predicatori di complesse dottrine, ma annunciatori di Cristo, morto e risorto per noi. Un altro aspetto essenziale che vorrei sottolineare è la necessità, per essere un buon sacerdote, del contatto e della vicinanza con il Vescovo. La caratteristica del sacerdote diocesano è precisamente la diocesanità, e la diocesanità ha la sua pietra angolare nella relazione frequente con il Vescovo, nel dialogo e nel discernimento con lui. Un sacerdote che non ha un rapporto assiduo con il suo Vescovo lentamente si isola dal corpo diocesano e la sua fecondità diminuisce, proprio perché non esercita il dialogo con il Padre della Diocesi. Infine vorrei dirvi che mi rallegro non solo per il vostro proficuo impegno negli studi, ma anche per la dimensione mondiale della vostra comunità: provenite da varie regioni d’Italia, dall’Africa, dall’America Latina, dall’Asia e da altri Paesi europei. Vi auguro di coltivare la bellezza dell’amicizia e l’arte di stabilire relazioni, per creare una fraternità sacerdotale più forte delle diversità particolari. Così renderete sempre accogliente e arricchente questa casa! D’ora in poi, quando verrò alla Basilica di Santa Maria Maggiore, penserò a questo incontro e mi ricorderò di voi davanti alla Vergine Madre. Ma anche voi, mi raccomando, fate lo stesso per me! Grazie. Marzo 2016

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cultura e dibattiti Il 15 marzo scorso è uscito in libreria il nuovo libro del nostro direttore, Mimmo Muolo. Si intitola “Don Ernest Simoni, dai lavori forzati all’incontro con Francesco” (Edizioni Paoline) e narra la storia di uno straordinario sacerdote albanese, per 28 anni ai lavori forzati, il quale il 21 settembre 2014, durante il viaggio di papa Francesco a Tirana, raccontò la sua vicenda al Pontefice, facendolo commuovere fino alle lacrime. Riportiamo qui di seguito un brano della prefazione di monsignor Angelo Massafra, arcivescovo di Scutari-Pult e presidente della Conferenza Episcopale Albanese.

Don Ernest Simoni L’ultimo testimone del martirio albanese di Angelo Massafra

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uesto libro giunge particolarmente opportuno perché, tra l’altro, don Ernest è l’unico sacerdote testimone della persecuzione comunista ancora vivente. (…) Dunque, in certo qual modo, egli è una figura unica, una ricchezza immensa e un dono di inestimabile valore per la Chiesa di Albania e, in particolare, per la diocesi di Scutari-Pult. Alla sua persona, inoltre, sono legato anche da motivi personali (come si racconta nelle pagine che seguono) Don Ernest è nato a Troshan (Lezhë) dove io sono stato parroco, quando nell’agosto del 1993, il Ministro provinciale della Provincia, cui appartengono le mie origini di religioso dell’Ordine dei Minori, mi inviò come missionario in Albania. In un certo senso – anche se l’epoca e il contesto erano profondamente diversi – ho ripercorso le sue orme, ho respirato il clima della sua primissima formazione umana e familiare, sono entrato nei luoghi e negli ambienti a lui più

cari. Questo fatto lo avvicina ancor di più al mio cuore di vescovo e di pastore. In quel periodo, infatti, ho avuto modo di conoscere e condividere la fraternità con altri due religiosi francescani, padre Leon Kabashi e padre Konrad Gjolaj (l’uno è stato in carcere, l’altro ai lavori forzati) e ho vissuto con loro quattro anni. Anche mettersi a servizio di questi fratelli, curarli e aiutarli è stata un’esperienza di grande intensità spirituale e umana. Posso dire, perciò, di aver vissuto, in un certo senso, con i martiri e questo per me è un dono di inestimabile valore di cui rendo grazie ogni giorno a Dio. Oggi la situazione in Albania è profondamente cambiata. In occasione della visita del Papa c’è stata una grande collaborazione, anche a livello economico, con gli organi dello Stato, con il sindaco di Tirana e la municipalità. E anche molti imprenditori e tanti semplici fedeli hanno offerto il proprio contributo. Ma don Ernesto ci aiuta a non dimenticare una pagina che, sebbene risalga a pochi decenni fa, praticamente ieri nel grande libro della storia, rischia di cadere nell’oblio, soprattutto sotto l’incalzare di un certo secolarismo che, viaggiando insieme allo sviluppo economico, comincia ad affacciarsi anche nella società albanese. La memoria dei martiri, invece, è e deve restare per noi la nostra vita, la linfa vivificante del corpo ecclesiale. Il sangue da essi versato è davvero alimento per lo sviluppo della fede e della comunità. Per questo abbiamo accelerato anche i tempi del il serrano n. 138


cultura e dibattiti

lavoro – per quanto dipende da noi, ovviamente – dell’iter del processo di beatificazione e di canonizzazione. A luglio del 2015 abbiamo consegnato la Positio alla Congregazione per le Cause dei Santi: due volumi da 2500 pagine, complessivamente, che presentano il sacrificio estremo di 38 Martiri del periodo comunista (il Servo di Dio Mons. Vincenzo Prennushi e 37 Compagni). Possiamo dire che ormai siamo nella fase finale e speriamo e preghiamo che entro la fine dell’Anno Santo della Misericordia il Signore ci conceda la grazia della loro beatificazione. Il popolo albanese aspetta con trepidazione quel momento, anche se per i nostri fedeli essi sono già Beati. La gente li invoca, li prega per ottenere intercessione e aiuto e si sa che vox populi, vox Dei, ma naturalmente è necessario anche e soprattutto l’imprimatur della Chiesa, che – ne sono certo – non tarderà ad arrivare. La Causa si basa su una solida documentazione, messa insieme con accurate ricerche, anche negli archivi di Stato - finalmente non più secretati -, tra il 2002 e il 2010, quando si è conclusa la fase diocesana. In quella fase abbiamo presentato circa 8000 pagine in albanese, poi tradotte anche in italiano. E per questo non posso non ricordare il granMarzo 2016

de apporto di un francescano molto esemplare della Provincia Minoritica di Bari-Foggia, padre Leonardo Di Pinto, di venerata memoria. Il Signore gli renda merito per quanto ha fatto per la nostra Chiesa e per i nostri martiri. Nell’attesa di poter iscrivere anche ufficialmente i nomi di un primo gruppo di sacerdoti e laici che hanno dato la loro vita per Cristo nel glorioso libro dei Santi e dei Beati, e mentre qui si descrive la storia della vita e della testimonianza cristiana e sacerdotale di don Ernest Simoni, abbiamo celebrato, nel novembre del 2015, la celebrazione del 25° anniversario della prima Messa, che sancì, potremmo dire, l’inizio della fine del regime comunista. Fu quello un momento speciale per la nostra Chiesa e per il popolo albanese: quel 4 novembre 1990, infatti, nel Cimitero cattolico di Scutari, don Simon Jubani con altri organizzatori, sacerdoti e laici, celebrò la santa Messa: c’erano solo poche centinaia di fedeli, perché molti ebbero paura di rappresaglie da parte della polizia. Ma, visto che ne erano usciti indenni da quell’eroico gesto in quel giorno storico (in quanto dal 1967 non si celebrava più in pubblico, perché vietato assolutamente dal regime), la domenica successiva, l’11 novembre accorsero in 50mila per partecipare all’Eucaristia. Su quell’esempio, inoltre, il 16 novembre 1990 anche i musulmani si ripresero la Moschea, cosiddetta “di Piombo”. La storia narrata in questo libro ci aiuta, dunque, a ricostruire tutto questo: il clima di quegli anni bui e anche la rinascita. Don Ernest, esemplare nella sua sofferente fedeltà a Gesù, è una guida sicura per capire ciò che è veramente accaduto. Di lui, il lettore potrà apprezzare l’indefettibile forza di volontà, la capacità di pregare e di essere vicino agli altri, lo straordinario zelo apostolico e l’estrema umiltà. “Io non ho fatto niente. È tutto merito di Dio“, suole ripetere quando ripercorre la sua vita e i “miracoli” che ritiene di aver ricevuto dal Signore. (…) Io, come suo vescovo, spesso gli dico: “Don Ernest, non esagerare, riposati adesso, ne hai passate tante, non sei più un giovanotto“. Ma lui sempre mi risponde: “No, no devo andare, mi aspettano per le confessioni, per la Messa, per benedire le case, la gente ha bisogno, e soprattutto gli infermi attendono una parola di conforto“. Insomma, don Simoni non è capace di stare fermo neanche adesso che si avvicina alla novantina. E questo rende ancora più straordinaria la sua testimonianza. 25


cultura e dibattiti

L’eccesiologia di Papa Francesco di Mimmo Muolo

Lumen Gentium cinquant’anni dopo. Con il suo nuovo libro, il vescovo di Albano, Marcello Semeraro, va dritto al «cuore del Concilio Vaticano II». Così, infatti, fu definita da alcuni la costituzione conciliare oggetto dell’indagine del volume, edito da Marcianum Press (pagine 509, 26 euro). E questo emerge anche dai saggi contenuti nella pubblicazione. Tuttavia, a sfogliarne le pagine, si ha subito la sensazione che non si tratti solo di una indagine storica. Anzi come il sottotitolo avverte e il prefattore Enzo Bianchi evidenzia, «il libro non si limita soltanto» alla stagione di mezzo secolo fa, ma rappresenta «soprattutto un modo di inserirsi nell’oggi ecclesiale, nella Chiesa di papa Francesco». Dunque monsignor Semeraro (sono sempre le parole del priore di Bose), «tende all’attualità, e a mostrare la fecondità, solo in parte già espressa, del Concilio Vaticano II». La spinta in avanti, lo sguardo che si proietta oltre questi cinquant’anni abbondanti (la Lumen Gentium porta la data del 21 novembre 1964) è particolarmente evidente in un saggio come quello intitolato Povertà di Cristo, povertà della Chiesa, dal quale traspare l’ecclesiologia di papa Francesco. Un’ecclesiologia totalmente in sintonia con quella conciliare, ma con alcuni aspetti di sviluppo nella continuità, che l’Autore (molto vicino al Pontefice, che lo ha nominato segretario del gruppo di cardinali incaricati di aiutarlo nella riforma della Curia) non manca di rilevare. Semeraro ricorda innanzitutto che «in una delle omelie di Santa Marta Francesco descrisse la Chiesa come “una storia d’amore (…) tanto lunga nei tempi che ancora non è finita”» e che questo ha un suo preciso radicamento in Lumen 26

Gentium 2. Qui ritroviamo anche «l’idea guida» dei saggi raccolti nel volume, scritti sia quando il vescovo insegnava al Seminario regionale pugliese di Molfetta e alla Pontificia Università Lateranense, sia in tempi più recenti. «Francesco – afferma l’Autore – non ha parteci-

S. Ecc. Mons. Marcello Semeraro

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Veduta laterale della Cattedrale di Albano

pato al Concilio, ma è cresciuto con il Concilio. E ha compreso che il popolo di Dio, non la communio, è l’ecclesiologia del Vaticano II. Con linguaggio ignaziano egli dice sempre “il santo e fedele popolo di Dio”. La communio, prosegue il vescovo di Albano, «è piuttosto un frutto dell’ecclesiologia del Vaticano II». Ed è un frutto «perché è un popolo di Dio radunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Da qui scaturisce una storia di comunione. Il Concilio riprende a tal proposito da san Cipriano la locuzione de unitate, dove il de non è semplice derivazione, ma significa anche configurazione, immagine, a somiglianza di. Come un figlio che nasce assomiglia ai genitori – spiega monsignor Semeraro –, un po’ così è la Chiesa. Al contrario, una communio sganciata dalla realtà del popolo di Dio perde di consistenza storica e rischia di diventare semplice “vogliamoci bene”». Altri elementi dell’ecclesiologia di Francesco sono la sinodalità e il sensus fidei. Quanto a questo secondo aspetto, nel libro l’autore mostra proprio come la Lumen Gentium abbia significato la scoperta e la valorizzazione del sensus fidei o fidelium e del discernimento di fede dei battezzati. C’è infine, come già accennato, il tema della povertà della Chiesa. E anche sotto questo profilo il libro mette in evidenza la continuità tra le istanze presentate al Concilio dal cardinale Giacomo Lercaro, il Marzo 2016

magistero di Paolo VI che le fece proprie (ad esempio quando incontrò i campesinos della Colombia disse loro “voi per me siete Cristo”) e gli insegnamenti di Francesco che, riprendendo con la sua sensibilità Lumen Gentium 8, parla dei poveri come della «carne di Cristo». Su questa continuità, prosegue Semeraro, «il Papa, come vescovo dell’America Latina, aggiunge la scelta preferenziale per i poveri; e come contributo personale la sottolineatura che i poveri ci evangelizzano. Il povero porta l’immagine di Cristo: questo ci fa comprendere che il discorso sui poveri il Papa lo propone non in senso sociologico, ma appunto cristologico». «L’opera di monsignor Semeraro – scrive Bianchi nella prefazione – ci consente di raggiungere un elemento centrale dell’esempio e del magistero di papa Francesco: la centralità dell’umano». La sua difesa dei poveri, infatti, «viene fondata sull’esempio dell’umanità di Gesù di Nazaret, tanto che per il Papa la profezia consiste proprio nel testimoniare “come Gesù è vissuto su questa terra”». Un elemento decisivo anche per smontare l’accusa che «papa Francesco sia senza teologia». «Non si dà – scrive Bianchi – alcun locus theologicus che non situi il credente sotto la misericordia di Dio, che è il cuore dell’affermazione su cui tanto ha meditato monsignor Semeraro. E mi pare dunque che il suo lavoro mostri il solido fondamento teologico dell’agire e del parlare di papa Francesco». 27


dai club e distretti

Genova Nervi 476

Tra “genovesità” e continuità d’impegno

Il nuovo Governatore del Distretto 70, avv. Flavio Fontana, nel richiamare l’esempio luminoso di alcuni grandi Serrani genovesi, ha stimolato i soci del Genova Nervi alla perseveranza del loro impegno, in particolare nella società civile in cui vivono In un clima di fraterna convivialità, anche quest’anno il Serra di Genova Nervi ha voluto iniziare il ciclo di incontri periodici con la gradita visita, il 27 gennaio, del Governatore del Distretto, l’avv. Flavio Fontana, fresco di nomina (e… di anni, che non arrivano al mezzo secolo). Dopo la presentazione e l’indirizzo di saluto del Presidente, avv. Paolo Sommella, il Governatore si è rivolto al nutrito uditorio con una breve, appassionata disamina dei temi e dei valori che qualificano l’impegno del Club. In primo luogo, l’avv. Fontana ha sottolineato che in Italia il Sodalizio è nato a Genova, e ciò costituisce un indubbio motivo di orgoglio per i club liguri. La “genovesità” del Serra, ha rimarcato il relatore, non si esaurisce nelle sue radici, ma è stata alimentata dalle luminose testimonianze di alcune figure storiche, che rappresentano uno stimolo e una guida da seguire tuttora. L’esempio dei grandi serrani liguri può essere di particolare aiuto nel servizio alle vocazioni sacerdotali, cioè l’ambito di specifico impegno del Club. Tra quei padri spirituali, basterà citare il card. Giuseppe Siri, che donò al nostro Paese il Serra, o mons. Luigi Noli, che nel Club svolse la missione forse più importante della sua lunga e indimenticabile vita sacerdotale. O, ancora, il prof. Giorgio De Angelis, che impegnò tutto se stesso per la fondazione del Club di Sanremo, di cui poi fu apprezzato Presidente, prima di diventare Governatore del Distretto 70. Nella sua esposizione, il Governatore ha mostrato un ammirevole entusiasmo, sostenuto dalla ferma determinazione a perseguire, in piena collaborazione con i club del Distretto, il rilancio che tutti desideriamo. E ha sottolineato l’inutilità di alcune “autoflagellazioni”, alle quali a volte siamo tentati di indulgere, ad esempio quando lamentiamo l’innalzamento dell’età media dei soci. Ciò che conta, ha precisato l’avv. Fontana, non sono tanto gli anni delle persone, quanto la loro qualità. La forza del Sodalizio la facciamo noi, con l’impegno che sappiamo esprimere sul territorio. Ed è importante, ha aggiunto il relatore, conoscere bene i club, vero “cuore" del Serra, in modo da riuscire a migliorarne la presenza e il funzionamento sul territorio. È un risultato alla nostra portata, sempre che ci mettiamo la buona volontà di raggiungerlo. Senza mai dimenticare che il vero serrano è tale 24 ore su 24, e non solo negli incontri di club. È serrano nell’anima, nel quotidiano, negli ambienti della società civile che frequenta. Una società, quella dell’Occidente stanco e in grave crisi di valori, dove l’impegno serrano può essere prezioso, se saremo capaci di contribuire a suscitare le vocazioni sacerdotali di cui abbiamo tanto bisogno. Infine, il Governatore ha rivolto a tutti i presenti un pressante invito alla continuità, sottolineando che iniziare un impegno è qualcosa che tentano un po’ tutti, mentre saper perseverare nel bene è una conquista tipica di coloro che diventano santi. È il traguardo, indicato dal fondatore dell’Opus Dei, san Josemaria Escrivà de Balaguer (“cominciare è di tutti; perseverare è dei santi”, Cammino, n. 983), e verso il quale ciascun serrano può e deve tendere. Sergio Borrelli

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Matera 463

I semi della fede

Sono giunti al termine i lavori di selezione degli elaborati del XII Concorso nazionale indetto dal Serra Italia a cui hanno partecipato numerosi ragazzi della provincia di Matera (Diocesi di Matera Irsina e di Tricarico del Club di Matera) Gli studenti della scuola primaria e secondaria di I° grado si sono cimentati nella riflessione sul dono-perdono: “È più bello dare che ricevere,perdonare che essere perdonato. Riporta una tua esperienza personale che possa servire d'esempio agli altri”. Mentre,i ragazzi della scuola secondaria di II° grado si sono impegnati in un'altra prova: “Dare un pezzo di pane è più che fare un discorso(Simon Weil). Facciamo nostro quest'invito e proviamo a modificare l'asse di rotazione della nostra realtà umana e morale collocando l'altro al posto dell'io o il diverso al posto del simile”. Ho avuto il privilegio di far parte della commissione di valutazione degli elaborati presentati al concorso scolastico del Serra club di Matera,insieme ad un team di professionisti dei vari ambiti del sapere. che ci ha visto ragionare sull’importanza dell’evangelizzazione. Una bellissima esperienza e una vera gioia sentire che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo,ovvero la responsabilità di annunciare il messaggio di Gesù, perché la fonte della nostra gioia sta nel desiderio inesauribile di offrire misericordia,frutto dell'esperienza dell'infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva. La gioia il cristiano la rinnova e la attualizza con una chiamata di Gesù : “Andate e annunciate”. In una società dove conta solo ciò che serve a breve termine, l'educazione e l'istruzione sono ormai beni irrilevanti. La scuola pubblica, che è lo spazio fondamentale in cui tali beni prendono formano,e che non può sopravvivere se non sa guardare oltre né praticare valori duraturi, è di conseguenza abbandonata,incompresa, diventa così terreno di politiche sempre subalterne ad altri obiettivi. Eppure è un mondo animato da passioni,frustrazioni,speranze,delusioni,lotte,rinunce di adulti,bambini e adolescenti di un'umanità straordinaria .La stessa che è emersa dai lavori presentati al nostro concorso . Certo i giovani vivono e subiscono le mode, i richiami del conformismo, ma avvertono che tutto ciò non basta,non li riempie, non li soddisfa. Resta un desiderio, una curiosità e percepiscono il valore delle cose più autentiche e durature. In una parola, giovani in crisi di fiducia verso se stessi,gli altri, il mondo. Chi può prendere in mano questa crisi di fiducia?. I genitori molte volte sono figure sbiadite di adulti che si rifugiano nell'assoluzione dei comportamenti dei propri figli per nascondere il proprio smarrimento educativo ; non certo la politica che, mai come ora, appare come un'entità incomprensibile . Allora la scuola mi sembra un meraviglioso serbatoio di nuove energie e nuove speranze di un cambiamento possibile. La fiducia è inseparabile dalla credibilità della persona che ti è di fronte. I giovani cercano disperatamente adulti in cui avere fiducia perché è la risorsa che ti permette di guardare al futuro,di liberare energie positive e creative. Ecco, allora,la necessità di uscire dalle chiese e dalle parrocchie per andare a cercare le persone là dove vivono,dove soffrono,dove sperano. Una chiesa che, come ci hanno insegnato i ragazzi con i loro elaborati, riscaldi il cuore delle persone con la vicinanza e la prossimità. I ragazzi ci hanno mostrato un'umanità che porta ferite profonde. Non ci sono solo le malattie sociali e le persone ferite dalla povertà, dall'esclusione sociale, dalle tante schiavitù del terzo millennio, ma anche il relativismo che ferisce tanto le persone: tutto sembra uguale,tutto sembra lo stesso. Questa umanità, ben delineata dai concorrenti,sembra avere assoluto bisogno di misericordia: poter credere nella possibilità di riscatto, una mano che ti rialza, un abbraccio che ti salva, ti perdona,ti risolleva,ti inonda di un amore infinito, paziente, indulgente. I Ragazzi vanno sorprendentemente oltre tutto ciò : il Signore perdona, ma è importante mettere se stessi di fronte a un sacerdote che impersona Gesù, chiamato a dispensare la misericordia di Dio e la grazia che li raggiunge e li guarisce rendendoli pronti per andare per le vie del mondo. Bisogna entrare nel buio, nella notte che attraversano tanti nostri fratelli e cercare di raggiungere tutti testimoniando la misericordia evitando l'atteggiamento di chi critica e condanna . I nostri giovani ci ricordano che il nostro Dio fa più festa per un peccatore che torna all'ovile che per i giusti che non hanno bisogno di conversione. Il faro che deve guidarci in questo cammino è per i ragazzi il Vangelo,le parabole,che possono rendere attuabile l'Alleanza tra scuola famiglia e società .L'esortazione di Paolo ai Colossesi ci giunge carica del peso di venti secoli durante i quali la promessa del Vangelo è stata mantenuta dalla fedeltà di Dio: “Restate fondati e saldi nella fede e non vi lasciate allontanare dalla speranza promessa nel Vangelo che avete ascoltato,che è stato annunziato a ogni creatura sotto il cielo”. Tutto quanto abbiamo detto dimostra che il Vangelo è insieme,un dono e un compito: il dono, infatti, che Dio ha fatto agli uomini,viene ad essi affidato perché ne vivano.Pertanto,il Vangelo chiama a una realtà creatrice.Ogni volta che i cristiani lo prendono sul serio, esso manifesta potenzialità inesauribili. Il compito a cui vengono chiamati i cristiani è accettare il “rischio” d'impegnarsi nella prospettiva che il Vangelo ci chiede di dire e fare. Come nel romanzo: “L'uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono, il quale aveva il cuore, l'intelligenza e la dedizione necessari per salvarli, custodirli e piantarli, così noi continueremo, con ancora più forza e amore,a piantare i semi della fede. Margherita Lopergolo

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Aversa 1002

Scuola di Filosofia

PREMESSA. Anche quest’anno scolastico il Liceo Vescovile Paritario “Card. Innico Caracciolo” di Aversa, con il patrocinio del Serra Club diocesano e con la direzione del prof. Antonio Serpico, ha attivato il Progetto didattico-formativo detto “La Scuola di Filosofia”, mettendo in rete sette classi liceali di Istituti locali, perché i loro alunni studino, in spirito di collaborazione e di confronto, il tema attualissimo dell’esodo di milioni di profughi, che colpiti dalla miseria o dalla guerra, lasciano le loro terre d’origine, in cerca di condizioni di vita migliori in Europa. Partecipano al progetto le classi guidate dai professori: – per il Liceo “I. Caracciolo”: Antonio Serpico; – per il Liceo “E. Fermi”: Tommaso Granata; – per il Liceo Scientifico di Trentola Ducenta: Giovanna Antico; – per il Liceo “N. Jommelli”: Lucia Mariniello, Maria Grazia Tempra, Daniela Giuliana e Giuseppina Giuliana; – per il Liceo “G. Siani”: Daniela Baldanza; – per l’I.I.S. di Aversa: Giovanna Antico. Presenziano agli incontri: Sua Ecc. Reverendissima il Vescovo di Aversa, Mons. Angelo Spinillo e la prof. ssa Maria Luisa Coppola, Presidente Nazionale del “Serra Club Italia” e docente di Italiano e Latino presso il Liceo “Innico Caracciolo”. Il tema del progetto è Totalitarismi e dignità umana in HannahArendt , perché gli studi previsti da esso sono effettuati principalmente avvalendosi degli insegnamenti presenti nelle opere della famosa filosofa e storica tedesca, ed in modo particolare nelle seguenti: Le origini del totalitarismo (1951), Vita activa.La condizione umana (1958) e La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme (1963),Pensieri e considerazioni morali (1971). OBIETTIVI. I lavori previsti dal progetto sono finalizzati a far raggiungere agli alunni i seguenti obiettivi: – conoscere, quanto meglio è possibile, i processi storici, economici e culturali che sottendono alla formazione dei regimi totalitari del Novecento, e gli effetti che essi hanno prodotto nella vita sociale, economica e politica dei Paesi in cui si sono instaurati, in modo da porre tutti in condizione di comprendere e combattere tempestivamente i pericoli di degenerazione delle democrazie esistenti; – acquisire la capacità di rendersi sempre più conto di come sia articolabile una riflessione profonda su un determinato argomento; – sviluppare le abilità necessarie: a) per realizzare un approccio di tipo storico, critico e problematico ad un grande tema della filosofia e della sto-

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ria; b) per confrontare e contestualizzare differenti risposte degli studiosi allo stesso problema; c) per imparare ad usare nello studio della filosofia anche risorse informatiche e telematiche; – appropriarsi il più possibile del linguaggio tecnico del discutere filosofico-politico; – acquisire l’abilità di esporre e dibattere argomenti di una certa complessità alla presenza di un folto pubblico costituito non soltanto da studenti di livello pari al proprio, ma anche da docenti di varia provenienza ed, eventualmente, da Autorità religiose, scolastiche e non scolastiche, da Genitori e da chiunque sia interessato al tema; – ed, infine, acquisire l’attitudine alla collaborazione nello studio e nell’elaborazione di testi. TEMPI DI SVOLGIMENTO I lavori, iniziati il 15 dicembre 2015 termineranno entro la fine di marzo del corrente anno e comprendono, tra l’altro: l’ esame delle esperienze di vita e di studi della filosofa tedesca e antologie di brani significativi delle opere prima citati. Così, esaminando le tre parti del testo Le origini del totalitarismo, intitolate rispettivamente: L’antisemitismo; L’imperialismo; ed Il Totalitarismo, gli alunni possono capire: • come questo regime sia nato come frutto dell’intreccio dei primi due movimenti con le caratteristiche della società di massa affermatasi, a poco alla volta, dalla nascita della prima rivoluzione industriale in poi; • come nei regimi totalitari- specialmente quelli instaurati nella Germani hitleriana e nell’U.R.S.S. staliniana - le minoranze etniche siano diventate a poco a poco , agli occhi dei governanti, “superflue”, senza diritti personali e siano state prima isolate in centri di raccolta e poi messe sistematicamente a morte, benché costituite da innocenti di ogni colpa e senza che in loro soccorso ci sia stata alcuna ribellione dei carnefici e della popolazione; • come in teoria e nei fatti, in tali regimi, siano stati negati i “diritti naturali” ai profughi ed agli apolidi. Riflettendo su passi significativi de La banalità del male, invece, gli studenti: 1) si rendono conto di come, in una società come quella nazista, della quale fu, fino alla morte per impiccagione, un esponente assai significativo Adolph Eichmann, si sia giunti a considerare il male praticato continuamente nei campi di concentramento e fuori di essi come azione normale, come fatto “banale” a cui non si dà più peso perché lo si compie senza alcuna riflessione, agendo in condizione di una totale dissociazione dell’intelligenza – e quindi del pensiero - dall’operare, della voce della coscienza dal semplice fare esecutivo. Le ultime letture riguardano pagine desunte dall’opera arendtiana intitolata Pensieri e considerazioni morali. Qui l’Autrice afferma e sviluppa un pensiero essenziale: nonostante il male assoluto compiuto dalla maggioranza degli uomini nei regimi assoluti, esistono anche altri, una ristretta minoranza, che nonostante l’oppressione dei dominanti sono capaci di agire in maniera autonoma quando riescono a dialogare con se stessi e domandarsi, prima di eseguire ordini contrari ai loro sentimenti ed alla loro ragione, cioè alla loro coscienza, se ciò che viene loro richiesto è conciliabile con la loro idea di dignità umana e degli obblighi che tutti dovrebbero sentire di rispettarla in ogni occasione. Al termine dello studio il Serra Club di Aversa rilascerà un attestato di frequenza agli alunni che avranno partecipato al progetto con impegno e buon profitto. Antonio Serpico

Latina 420

Il Giubileo dell’amicizia

Pellegrinare è cercare la presenza di Dio nelle meraviglie della Sua creazione, è aprirsi alle epifanie del Suo Mistero. I Serrani di Latina con la presidente Romana Guerrini, venerdì 19, hanno varcato la Porta Santa del Santuario di S.Maria Goretti alle Ferriere: alla Cascina antica dove la giovane Marietta dodicenne, visse i suoi giovani anni. Don Pasquale Bua ha celebrato l’Eucarestia in un’atmosfera carica di pathos e ha esortato l’assemblea a vivere la dimensione sociale e spirituale della misericordia. Dopo la lettura di Ezechiele che incita il popolo turbolento di Gerusalemme all’osservanza delle leggi, introduce i fedeli commossi alla conoscenza della vita breve e santa della piccola martire e alla sua misericordia che riceviamo dall’alto e dobbiamo indirizzare in senso orizzontale. Ai pensieri di odio dobbiamo contrapporre l’amore di Cristo e vivere la speranza e il perdono. Solo così potremo ricevere l’Eucarestia seguendo il filo d’oro che unisce la breve vita di S.Maria Goretti al suo testamento spirituale. Cinque parole compongono il testamento della martire: 1. Consola la madre per la perdita del padre con l’offerta di sé. 2. Quando farò la prima comunione? 3. Rivolta al fratello Angelo lo invita a non guardare le sue scarpe vecchie perché Dio guarda al cuore. 4. Assalita da Alessandro – col quale dividevano la cascina – esclama: che fai Alessandro? Dio non vuole, solo la Sua misericordia potrà salvarti dall’inferno. 5. Sono le ultime parole rivolte al suo aggressore: ti perdono Alessandro, ti voglio con me in Paradiso. Il suo è stato un sublime spazio di perdono e di speranza, una doppia storia di santità turbinosa e turbolenta la sua, ma non meno turbolenta di quella di Alessandro, salvato dalla pietà e dalla misericordia, conclude don Pasquale. “Marietta non ha neppure 12 anni quando lascia la sua vita su un freddo tavolo operatorio dell’ospedale Orsenigo, a due passi da quel mare che lei tanto ama” (da “Una piccola grande storia italiana” di Rita Calicchia). È seguita la visita al Santuario-Basilica Madonna delle Grazie a Nettuno. Il 24 giugno 1950 S.Maria Goretti è stata solennemente canonizzata da Papa Pio XII in San Pietro in pieno Anno Santo. Stella Laudadio

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Siena 555

Flavio Frignani è Accolito

Domenica 28 febbraio, nella splendida cornice del Duomo di Siena, l’amico Seminarista Flavio Frignani ha ricevuto dalle mani dell’Arcivescovo, Mons. Antonio Buoncristiani, il Ministero dell’Accolitato. Flavio è, come di usa dire, una vocazione adulta, ha 38 anni, è laureato in scienze naturali che insegnava sia in alcune scuole superiori che presso l’Università di Siena; è autore di numerose pubblicazioni scientifiche e di un apprezzato Atlante delle orchidee nella provincia di Siena. Tanti anni fa la “chiamata”, custodita in una lunga maturazione e sbocciata, come uno dei fiori che studia, nel giardino un po’ spoglio del nostro Seminario. Flavio è un senese DOC, contradaiolo dell’Aquila, ed ha uno zio, l’amico Daniele Frignani, nel Serra Club di Siena. Cura, ovviamente, da quando si è trasferito lì, l’ampio parco naturale che fà da corona al Seminario di Montarioso, alle porte della Città. Alla commovente cerimonia erano presenti numerosi Sacerdoti della Diocesi, i Seminaristi da un paio d’anni concentrati a Firenze con i loro formatori, amici e conoscenti ed una folta rappresentanza del Serra che, alla fine della cerimonia, ha festeggiato cordialmente in neo accolito con un piccolo regalo simbolo di amoroso sostegno. Il Presidente del Club, Prof. Giuseppe Marzocca, ne ha manifestato la operosa presenza nel corso della preghiera dei fedeli, significando a tutta la Chiesa locale la vicinanza del Serra alle persone consacrate ed a quelle che si incamminano per l’impegnativa strada del Sacerdozio ministeriale. Ha concelebrato, con gioia, il Rettore del Seminario senese, Mons. Claudio Rosi, Cappellano del nostro Club da poco nominato dall’Arcivescovo in sostituzione del compianto Mons. Lorenzo Bozzi. La scintilla, racconta Flavio sulla sua Vocazione, scoccò il 1° maggio del 1994 quando aveva 17 anni: «Mi trovavo a Pernina (una Chiesa romanica nella nostra bella campagna) e il vescovo Bonicelli, allora a Siena, durante l’omelia parlò del calo delle vocazioni. In quelle sue parole colsi una sorta di invito personale: per la prima volta sentii di essere stato chiamato». Poi il lungo cammino fino all’ingresso in Seminario: “Quando entri in seminario per la prima volta” dice sempre Flavio, “non solo hai la netta sensazione di sentirti già sacerdote, ma hai perfino la pretesa di cambiare il mondo e la Chiesa. Poi però, col tempo, capisci che tutto questo non ha senso. Anzi, sai che cosa ha senso? Il tempo. E quello che viviamo qui in seminario è un tempo propizio. Durante gli anni di seminario infatti non solo hai l’opportunità di scoprire, vivere e sperimentare, la fraternità sacerdotale; ma hai anche l’occasione di guardarti dentro, di scoprire i tuoi punti deboli e di metterti in discussione”. Come Accolito Falvio dovrà essere promotore della vita liturgica, non solo prestando il suo servizio nella celebrazione, in modo che essa risulti veramente un'azione comunitaria e partecipata, significativa dal punto di vista dei diversi servizi che si compiono e pedagogicamente efficace, ma anche prendendosi cura di quanti, in essa, svolgono compiti liturgici: ministranti, cantori, lettori, ecc.. In più, come ministro straordinario della Comunione, si affiancherà al sacerdote nella promozione e nell'animazione della pastorale liturgico eucaristica, portando l'Eucaristia ai malati e curando l'incremento e l'organizzazione del culto eucaristico fuori della Messa. Insomma un passo importante verso la Consacrazione sacerdotale e, per Siena, un motivo d’orgoglio in un tempo contrassegnato da un vistosissimo calo delle Vocazioni. Non vogliamo, però, considerare Flavio, tanto per tornare ai suoi studi, un fiore appartenente ad una specie prossima all’estinzione, ma il seme di una rinascita ed il segno dell’attenzione che la provvidenza ci riserva, quindi, con il Santo Junipero Serra, diciamo insieme “siempre adelante nunca hacia atrás”. Antonio Ciacci

5 maggio 1966

50 anni dopo

Roma 304

Il Serra Club di Roma, il 5 maggio 2016 festeggia i suoi cinquant’anni di attività a partire dalla consegna della charter di incorporazione (5 maggio 1966) nel Serra International, movimento laico nel mondo, a sostegno delle vocazioni sacerdotali e delle vite consacrate. La sua mission laica è centrale nell’ambito del Distretto 72 Lazio e Campania di cui fa parte, uno dei dieci distretti attuali e operanti in tutta Italia, sin dall’istituzione nel 1979 del Consiglio Nazionale Italiano di Serra Italia, aggregato poi alla Pontificia Opera per le Vocazioni Sacerdotali. Secondo Club in Italia dopo Genova, il Serra Club di Roma, oggi guidato dalla Presidente Prof.ssa Rosa Santi, intende perseverare nella sua mission laica a favore delle Vocazioni, facendo sempre meglio, con l’amicizia, la vicinanza, lo spirito fraterno, l’operatività, la praticità, la preghiera, il contributo umano e professionale speso in sinergia con i sacerdoti nel delicato cammino dei futuri Ministri della Chiesa e delle Vite Consacrate e delle rispettive famiglie e comunità. Il Serra Club di Roma desidera trascorrere la sobria e bella celebrazione dei suoi 50 anni con i seminaristi del Pontificio Seminario Romano Maggiore guidato dal suo Rettore don Concetto Occhipinti, in una sola giornata, individuata proprio nel giovedì 5 maggio 2016, con la partecipazione gioiosa anche dei Rettori e di rappresentanze degli altri seminari romani. La mattinata del 5 maggio 2016 sarà fatta di momenti spirituali, attivi e formativi intensi dedicati al percorso giubilare nell’Arcibasilica Papale di San Giovanni in Laterano, alla Santa Messa, ad un Convegno per poi procedere con il pranzo e nel primo pomeriggio a chiudere con un concerto.

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Distretto 73

Nella concretezza dei programmi Si è svolto a Cerignola il secondo Consiglio del Distretto 73. A fare gli onori di casa il presidente ospitante Teodato Pepe ed il governatore Antonio Cardinale. Grande partecipazione dei serrani di tutti i club di Puglia e Basilicata in una atmosfera di proficua collaborazione e sincera amicizia. Nella grande sala di Villa Demetra il cappellano distrettuale Don Domenico Falcicchio ha concelebrato l’Eucarestia insieme al cappellano del club di Cerignola Don Vincenzo Dibartolomeo, rettore del seminario diocesano, primo momento necessario prima di ogni discernimento e riflessione. Quindi il Governatore ha dato inizio ai lavori. Il Consiglio del Distretto non è solo il momento della enunciazione dei programmi, è un momento di crescita per tutto il movimento serrano ed i Presidenti dei clubs non si sono limitati a presentare le attività svolte o quelle in fase di attuazione. Hanno espresso criticità presenti (diminuzione del numero di soci ed età avanzata..), ma anche proposto soluzioni, e portato esperienze risolutive a problemi comuni. L’attenzione è andata particolarmente all’opportunità di svolgere programmi operativi gli unici che nella loro concretezza attirano l’attenzione di fasce di età più giovani. Il Serra è spesso poco conosciuto sul territorio e, se attivare manifestazioni con altre associazioni permette una maggiore visibilità, è l’azione di carità che dà il senso della testimonianza del vivere cristiano. Molti si sono espressi su questa linea anche con l’opzione di limitare i momenti formativi, pur validi, a vantaggio di interventi e progetti per il raggiungimento delle finalità proprie del movimento serra. Molto particolari e significative le iniziative presentate: alcune rivolte ai giovani, altre organizzate per avere occasione di incontrare i seminaristi e poter dialogare con loro .. anche attraverso lo sport, altre di diffusione dei temi della misericordia e del rispetto del creato con catechesi itineranti nelle varie parrocchie. “E’ più bello dare che ricevere, perdonare che essere perdonato. Riporta una tua esperienza personale che possa servire d’esempio agli altri.” Il concorso scolastico è entrato prepotentemente con il suo tema forte, all’interno dei lavori. Una esperienza che va consolidandosi sempre più e a cui il distretto 73 ha partecipato con grandi numeri e molta convinzione. Infine è stato presentato dal past presidente nazionale Dino Viti il programma del prossimo Congresso nazionale a Matera, un momento di grande rilevanza per tutto il Distretto, che darà visibilità e forza alla bellezza della nostra terra e al Serra Nazionale. Concretezza dunque ma anche entusiasmo in questo Consiglio guidato con grande attenzione dal Governatore Antonio Cardinale. Tanti, con gioia, hanno ribadito l’importanza di credere in modo orgoglioso nella bontà del nostro agire di serrani a favore delle vocazioni e della società. Maria Silvestrini

Il programma di massima prevede: Ore 08.00: Appuntamento davanti all’ingresso dell’ArciBasilica di San Giovanni in Laterano. Ore 08.30: Ingresso dalla Porta Giubilare e percorso del Giubileo Straordinario per guadagnare l’indulgenza plenaria sotto la guida di mons. Vittorio Formenti Cappellano del Distretto insieme al Rettore don Concetto Occhipinti. Ore 09.00: Santa Messa nell’Arcibasilica di San Giovanni in Laterano – Altare Papale. Liturgia curata per il Serra dalla Commissione Liturgica di Serra Italia e dal Consigliere alla Liturgia del Serra Club di Roma Salvatore Pignata, tutto su indicazione e in sinergia con il Rettore del Seminario Romano Maggiore. Ore 09.45: Conclusione della Santa Messa e spostamento nel Pontificio Seminario Romano Maggiore in Piazza San Giovanni in Laterano, 4. Ore 10.30-12.30: Convegno presso l’Aula Conferenze del Seminario. In prima fila tra i relatori mons. Vittorio Formenti, sulla situazione delle vocazioni e testimonianza sull’esperienza serrana, già curatore dell’Annuario Pontificio e Officiale della Segreteria di Stato Vaticana. Ore 13.00-13.30: Pranzo a buffet catering insieme ai seminaristi nella Tiberiade del Seminario Romano Maggiore. Ore 13.45: Torta per i 50 anni del Serra Club di Roma. Pausa. A seguire Concerto conclusivo “Sacra in Jazz” presso il Teatro del Pontificio Seminario Romano Maggiore a cura di Mario Mesolella filosofo e seminarista con maestri e musicisti di rilievo. Sono invitati i membri del Consiglio Nazionale Italiano di Serra Italia, con i governatori e i presidenti dei Club d’Italia. Saranno disponibili per alloggio dal 4 maggio alcuni Istituti religiosi a ridosso del Pontificio Seminario Romano Maggiore previa prenotazione e informazioni presso la Segreteria del Serra Club di Roma, Arch. Giuseppe Collura +39 335 5828327, segreteria.serraclubroma@gmail.com. Il progetto del Cinquantennale del Serra Club di Roma è curato dalla Dott.ssa Viviana Normando Vice Presidente alle Comunicazioni del Club insieme ai seminaristi Mario Mesolella e Renato Tarantelli Baccari. Rosa Santi

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Tigullio 526

Incoraggiare e valorizzare le vocazioni con l’entusiamo di sempre “Serra International e Serra Italia hanno partecipato con loro autorevoli rappresentanti alla celebrazione di uno speciale anniversario di Serra Club Tigullio a Chiavari, in Liguria, da trentacinque anni. La manifestazione proposta da un Comitato d’onore con significative figure della Chiesa e del Movimento serrano e organizzata da un Comitato esecutivo composto dai giovani Serrani del Club tigullino, si è svolta all’Auditorium di Chiavari, gremito di oltre 250 partecipanti, una manifestazione celebrativa dell’importante presenza dell’aggregazione cattolica operante in Liguria, in diocesi di Chiavari, al servizio delle vocazioni sacerdotali e religiose della Chiesa cattolica. In uno spazio così ristretto di questo articolo, cercherò più avanti riportare qualche spunto tratto dall’evento e la citazione dei suoi tanti autorevoli protagonisti. Credo proprio che l’evento, peraltro articolato in più momenti nell’arco di due mesi, di cui la giornata è solo una parte, anche se la più significativa, abbia dignità si essere ripercorso con una sorta di atti su questa stessa rivista e su altri mezzi di comunicazione digitale, nuove vie d’informazione e approfondimento a cui ci dovremo abituare anche nel nostro servire serrano le vocazioni. (v. “Segno” di A.C..n.1-2/2016) Tanto per entrare nel vivo dell’avvenimento credo opportuno riportare una sintesi del racconto del cappellano del Club don Andrea Borinato. Don Andrea racconta:“Ho conosciuto il Serra Club Tigullio negli anni del Seminario. Per noi giovanissimi seminaristi era ormai diventata un’abitudine vedere, ogni 15 giorni, quel gruppo di uomini che, dopo aver pregato in Cappella, venivano a cenare nel cosiddetto “Refettorio piccolo” e poi, dopo la cena, si fermavano, guidati dal loro Cappellano, per un incontro formativo. Erano sempre numerosi e fedeli agli incontri o, come dicevano loro, ai meeting. Alcuni li rivedevamo poi durante la settimana: uno per tutti il carissimo Renzo Bresa, solerte collaboratore dei nostri Superiori. Per noi erano semplicemente “quelli del Serra Club”, così li conoscevamo e sapevamo che facevano tanto per il Seminario e per i preti. Cordiali, sorridenti, simpatici, si muovevano tra noi con garbo e riservatezza, sempre attenti al nostro bene. Crescendo, ho imparato a conoscerli più direttamente e personalmente: poi, ne sono diventato Cappellano ed ora condivido con loro l’attività ed il cammino formativo, anche se, in quest’ultimo anno, ho dovuto qualche volta privarli della mia presenza per impegni di ministero. Devo dire che il nostro Serra Club Tigullio è davvero forte: c’è una profonda amicizia tra i soci, un vero desiderio di fraternità e di bene, di custodia delle vocazioni, del Seminario e dei preti. Tanta generosità che si esplicita in servizi continuativi e poco appariscenti ma di grande importanza per i sacerdoti ed il Seminario. In questo trentacinquesimo di fondazione diciamo grazie al Signore per il dono che il Serra Club Tigullio è per la nostra Diocesi. Un auspicio che nasce dal cuore: auguro ai nostri Serrani ed a quelli che si uniranno a loro nei prossimi tempi altri trentacinque anni così.” Alla manifestazione hanno partecipatole autorità civili e militari, il vescovo diocesano monsignor Alberto Tanasini, il vescovo emerito di Brescia già vicario generale della diocesi di Chiavari monsignor Giulio Sanguineti, il presidente eletto di Serra International Dante Vannini, il presidente della Fondazione Italiana Junipero Serra Emilio Artiglieri, il governatore distrettuale di Liguria, Lombardia, Svizzera Flavio Fontana, il presidente del Club sponsor Genova 184 Lorenzo Canestro. Presenti i soci fondatori di Serra Club Tigullio Francesco Baratta, Giiuseppe Boccoleri, Dario Casassa, Angelo Rossignotti, fa fatto gli onori di casa il presidente “in carica” Luigi Squeri. L’evento del 35° anniversario del Serra Club Tigullio si è realizzato in tre momenti, a dicembre in intermeeting con gli altri clus service del territorio con un gesto di carità per le mense dei poveri del Tigullio gestite da sacerdoti, il 13 febbraio con la partecipazione del presidente eletto di Serra International di cui è fatto cenno sopra e ancora e il 29 febbraio con la partecipazione del presidente eletto di Serra Italia Manuel Costa per l’approfondimento dei temi trattati al 5° Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze. I tre momenti saranno raccolti in un libro in corso di stampa dove verranno organizzati e pubblicati i discorsi e i passaggi più significatici. Essendo tutti i temi di interesse fondamentale per le prossime sfide del Serra International in una “Chiesa autentica del nuovo umanesimo” ne daremo spazio nei prossimi numeri di questa rivista e sui canali digitali a disposizione. Francesco Baratta

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in dialogo

Lettere al Direttore • Lettere al Direttore Tecnologia ed evangelizzazione Gentile direttore, vorrei condividere con lei un parere sul film che ha vinto l’Oscar “The spotlight”, che ho visto solo per curiosità. Mi sembra un documentario, piuttosto lungo e noioso, che mette in evidenza i soprusi nei riguardi dei bambini perpetrati da preti pedofili a Boston circa un decennio fa. L’aver premiato questo film le sembra un attacco alla Chiesa o, invece, indirettamente un plauso al Papa Francesco che sta facendo pulizia di questi pessimi esempi di preti dannati? Angelo Rossi Non ho visto il film, ma a lume di naso mi sembra che entrambe le ipotesi siano valide. La pedofilia è un crimine orrendo (e lo diventa ancor più quando a commetterlo è un consacrato). Fa bene Papa Francesco – e prima di lui Benedetto XVI – ad aver dichiarato e applicato una linea di tolleranza zero. Ma dal peccato gravissimo di alcuni non bisogna far discendere l’attacco alla Chiesa intera. E noi fedeli non dobbiamo essere troppo ingenui nel non capire il fine tutt’altro che disinteressato di certe “denunce”. No alla pedofilia, dunque. Grande solidarietà per le vittime. Ma no anche alle malevole intenzioni di chi vuole screditare la Chiesa santa del Signore. Preghiamo per i tanti sacerdoti che ogni giorno si spendono per il Vangelo.

Gentile Direttore, indubbiamente la tecnologia è diventata strumento di evangelizzazione rapida e capillare: si possono consultare sullo smartphone i giornali cattolici, leggere i Vespri e l’ora media, ascoltare il commento al Vangelo di biblisti di chiara fama. Ancora i tweet che sono usati dal Papa e da molti Vescovi. Sono utili o riducono la sacralità dell’argomento a messaggistica commerciale? A tal proposito, ho tanti dubbi: lei che ne pensa? Giovanna Pellegrini Le meraviglie, anche elettroniche, che Dio ci mette a disposizione sono strumenti preziosi. E come tali vanno usati. Cum grano salis, cioè senza esagerazioni, né nella loro “demonizzazione”, né nel loro utilizzo smodato, anche in termini di frequenza e di ore. Proprio il Papa ci dà l’esempio di un corretto uso. I suoi tweet raggiungono milioni di persone, che magari in chiesa non vanno, e portano sul web la parola di Dio. Il Signore può convertire anche attraverso internet.

Gentile Direttore, innanzitutto complimenti per la rivista che leggo con molto piacere! Ho una richiesta da farle: potrebbe introdurre una rubrica di agiografia? Di tanti Santi si sa poco o nulla, mentre tutti dovrebbero conoscere la loro vita e gli esempi di santità che sicuramente farebbero bene a tutti. Ad esempio: San Francesco di Paola aprile 1416- 2016: verrà celebrata in tutt’Italia questa ricorrenza, il suo giornale ne può fare eco? Roberto Sismondi Penso sia una buona idea. Mi consulterò con la redazione e vedrò il da farsi. Si potrebbe in effetti partire da san Francesco da Paola, come lei suggerisce. Siamo nel VI centenario della nascita e la cosa mi trova del tutto d’accordo, dato che san Francesco è anche il patrono della mia città d’origine, Monopoli.

VISITATE IL PORTALE: www.serraclubitalia.it ovvero com Marzo 2016

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ALLA CHIESA CATTOLICA

CEI_ilserrano_210x280_exe.pdf

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24/10/12

10.40

PER LA RIPARTIZIONE DELLE RISORSE: www.8xmille.it

5x1000 alla nostra fondazione beato junipero serra

ti chiediamo di confermare la tua firma anche nel 2014 per sovvenire a necessitĂ di seminari e seminaristi (non dimenticare il codice fiscale della Fondazione qui di seguito riportato)

9 5 0 1 8 8 7 0 1 0 5


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