Acque Irrigue

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Luigi Cirimbelli

La gestione delle risorse idriche e le tecniche di irrigazione nella campagna lenese dal Medioevo al Novecento attraverso l’inventario e l’analisi dei documenti conservati

ACQUE irrigue Comune di Leno


Vaso Rino Striaga.


Il Capirolo a poche centinaia di metri dalla sorgente.


Acque irrigue


Il vaso Capirolo che travasa in Cal Grande (Lavaculo).


Luigi Cirimbelli

Acque irrigue Comune di Leno


Sponsor Studio tecnico Orsini geom. Roberto

Fotografie di Angelo Boffelli Progetto grafico e coordinamento editoriale di Andrea Barretta Realizzazione CGS - Bagnolo Mella (BS)

Stampa: Graficasette srl - Bagnolo Mella (BS) Printed in Italy Prima edizione: dicembre 2007

Foto di copertina: Naviglio. 6


Vaso irriguo Uggera in prossimitĂ del cascinale Cereto.


Il Palazzo Comunale di Leno.


Presentazione Una risorsa inestimabile per tutta la comunità È davvero con grande soddisfazione che scriviamo a quattro mani queste righe di presentazione dell’ultimo lavoro del nostro storico locale Luigi Cirimbelli riguardante le acque irrigue. Una soddisfazione che nasce dalla consapevolezza di mettere la propria firma su un’opera che ci riguarda da vicino, che parla dell’operosità e dell’intelligenza della nostra gente, nel gestire una risorsa tanto importante per le nostre famiglie e per le nostre aziende. Una soddisfazione che nasce dall’orgoglio di poter continuare a cercare di difendere in prima persona un bene che negli anni è destinato a diventare sempre più prezioso e che a nostro avviso deve continuare ad essere gestito dal “Pubblico” per poter essere al servizio di tutti. Leggendo queste pagine sono sicuro che ognuno di voi avrà una emozione autentica, legata ad un ricordo particolare, come è successo a noi. Ritroverà nella sua memoria uno scorcio, un racconto, un’immagine legata alla nostra campagna, legato ai nostri “fossi” e immediatamente si renderà conto di quanto le cose siano cambiate in così poco tempo e di quanto ci manchi un rapporto più diretto con la nostra terra. Abbiamo, grazie ai nostri avi e alle loro fatiche, per tanti anni goduto di una condizione davvero fortunata, quella di nascere in una terra fertile e ricca di acqua, ora tocca a noi preservare questa fortuna, cercando di lasciarla con quanta più cura possiamo in buone condizioni ai nostri figli e nipoti. È proprio con lo scopo di rendere consapevoli tutti i lenesi, e più in generale tutti gli abitanti della Bassa Bresciana, della ricchezza della quale siamo temporaneamente possessori, che nasce lo sforzo di Luigi Cirimbelli al quale va il nostro più sentito grazie non solo per il prodotto che consegna alla storia, ma per l’esempio che ci dà di amore verso il suo paese e di ricerca appassionata e infaticabile. Ci pare importante sottolineare l’apporto fondamentale che è stato dato a questo libro dalle informazioni provenienti dall’archivio storico del Comune di Leno e reperite grazie al lavoro del Servizio Archivistico Comunale. A tutti gli operatori che in questi anni si sono succeduti nelle varie fasi di riordino e salvaguardia di tale patrimonio collettivo e in particolare a Giuseppina Pelucchi và il nostro più sentito grazie non solo in qualità di Amministratori ma prima di tutto di cittadini. Questo lavoro ancora in corso, comincia finalmente a dimostrare i suoi brillanti frutti, del resto da sempre noi crediamo che solo attraverso una autentica valorizzazione del nostro glorioso passato potremo aver sempre più chiaro il percorso da fare per costruire insieme il nostro futuro. Non ci resta che augurarvi buona lettura e oseremmo dire buona visione, perché le immagini che Angelo Boffelli ci ha regalato attraverso i suoi scatti sono davvero pregevoli. Siamo sicuri che attraverso la visione della bellezza, delle forme e dei colori dei nostri corsi d’acqua, sarà per tutti noi più facile comprendere le ragioni della necessità di un nostro impegno volto alla loro tutela e salvaguardia e allo stesso tempo riscoprire il senso più profondo del nostro essere una comunità. Il Sindaco Dott. Pietro Bisinella

L’Assessore all’ambiente ed ecologia Dott.ssa Rossella De Pietro 9


Acque convogliate nel fosso di presa per l’irrigazione a spaglio - Cascina Madonna della Stalla.

Ringraziamenti dell’autore Sono lieto di cogliere l’occasione per ringraziare coloro che mi hanno aiutato nella preparazione del libro: l’Amministrazione comunale presieduta dal Sindaco dott. Pietro Bisinella. I geometri Eligio Rossini, Elena Visini e l’arch. Laura Alberico. Il personale dell’Ufficio Tecnico Comunale e il signor Pierangelo Dada. Il prof. Pierfranco Blesio, segretario dell’Ateneo di Scienze Lettere ed Arti di Brescia per la sua disponibilità e l’aiuto ricevuto. Angelo Boffelli che alla fotografia ha unito sensibilità e proficua collaborazione. I signori Giancarlo e Massimiliano Cabra della CGS per l’impegno nella realizzazione. Con commossa riconoscenza ringrazio il carissimo signor Andrea Barretta la cui specifica valentia ha ordinato queste pagine.

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L’acqua come sorgente di vita È un orgoglio sincero l’aver contribuito (con la collaborazione dell’amico Franco Inangetti) alla stampa di questo volume. In primo luogo perché essendo lenese sono da sempre curioso ed attento a tutto ciò che riguarda il nostro territorio, sia dal punto di vista storico che sociale ed economico. Ma c’è un altro motivo che mi ha portato alla decisione di supportare il lavoro di Luigi Cirimbelli, ed è la profonda interazione tra i ricordi giovanili - miei e di tanti altri ragazzi e l’essenza di una campagna che ci ha visto correre e giocare tra fontanili e rogge. Il gioco ma anche la scoperta, l’avventura a mo’ di emuli delle mirabolanti gesta di Tom Sawyer e Huckleberry Finn, uscite dalla penna dello scrittore Mark Twain, per cui il Mella, la Santa Giovanna, il Molone e tanti altri fossi diventavano il nostro Mississippi, cui affidare le nostre speranze, la nostra fantasia e la gioia di vivere. Ora da adulto l’approccio è ovviamente diverso e nel valutare l’importanza economico-sociale dell’acqua come “sorgente di vita”, mi sono calato in una realtà sociale, come quella della campagna lenese, che è dipesa e tuttora dipende dall’esistenza di queste acque. Vorrei inoltre sottolineare l’importanza che la gestione delle acque ha per la collettività e vorrei esprimere la mia preoccupazione per quanto si vorrebbe, da alcuni ambiti, avvenisse, cioè far diventare l’acqua un fatto privato e non pubblico, tendendo a mercificare - purtroppo sempre di più - il “prodotto” acqua potabile sottoponendolo a leggi di mercato che ben poco hanno a che vedere con l’acqua intesa come bene primario e necessariamente universale. Concludendo, infine, vorrei accennare allo spreco dell’acqua che sta diventando uno dei più grossi ed evidenti problemi del neonato millennio, e non ci rendiamo conto che senz’acqua, pulita e accessibile, la vita sul nostro semidisperato pianeta diventa impossibile e comunque peggiore. Non per ultimo ho ritenuto dare un aiuto a Luigi Cirimbelli che, oramai ultra ottantenne, trova con un entusiasmo simile a quello di un giovincello la forza, le energie, le competenze di una vita passata in larga parte tra archivi alla ricerca di documenti ma senza tralasciare il contatto diretto con la gente, facendo tesoro di racconti e di memorie da riportare nelle pagine dei suoi libri. Un volume, questo sulle acque irrigue nel lenese, da tenere con soddisfazione e piacere nelle nostre librerie, ma soprattutto nelle nostre case. l’Amministratore di Karman Service Roberto Orsini

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La gestione delle risorse idriche e le tecniche di irrigazione nella campagna lenese dal Medioevo al Novecento attraverso l’inventario e l’analisi dei documenti conservati

Fonti archivistiche Archivio Storico Comune di Leno ASC Leno - Parte antica ASC Leno - Sezione sec. XIX ASC Leno - Sezione sec. XX ASC Leno - Sezione Acque ASAA = Archivio Storico Azienda Acque


Tutte le acque di irrigazione appartenenti o in concessione al Comune costituiscono un patrimonio unico denominato come nelle antiche scritture Universitas delle acque del Comune di Leno.

da parte di privati e dei Comuni limitrofi, di diverse azioni turbative di possesso in danno al patrimonio comunale. È bene mettere in luce che nel periodo 1800-1950 l’archivio civico è stato mutilato di un gran numero di atti, corografie, relazioni riguardanti la vendita enfiteutica delle campagne comunali. Tra questi i lavori dell’ing. Pietro Dander, progetti di bonifica dell’ing. Emilio Lazzari, tecnico comunale, degli ing. Capitanio, ing. Achille Marangoni, ing. Ferruccio Bernori e del geom. Remo Bislenghi.

Ho già avuto occasione di esporre in precedenti pubblicazioni alcune note sull’idrografia, la bonificazione e le irrigazioni delle terre del nostro territorio, tuttavia l’importanza dell’argomento, la disponibilità di nuove fonti inedite, custodite nell’archivio storico comunale, dal 1800 fino alla metà del secolo XIX (1956) – sezione acque – di recente riordinamento e catalogazione, ci ha aperto un vasto campo vivo d’interessi per un progetto di ricerca, reso possibile anche dalla costanza della responsabile del Servizio Archivistico del Comune di Leno rag. Giuseppina Pelucchi nel credere in questa iniziativa editoriale, che è stata sostenuta e incoraggiata con disponibilità anche dall’archivista dr.ssa Giuseppina Caldera, che ha messo la sua professionalità al servizio della cultura e della storia locale.

Tuttavia, al fine di non disperdere forze in tali controversie, l’amministrazione – coadiuvata da tecnici ma soprattutto dalla capacità del cancelliere – proseguì con oculata vigilanza il suo indirizzo operoso nella conduzione dell’azienda acque, non trascurando la manutenzione e la conservazione con opere di espurgo dei vecchi vasi. Altresì si procedette all’esecuzione di nuovi canali e scavo di fontanili a beneficio degli utenti, in previsione della grande bonifica di fine secolo XIX, per incrementare i mezzi della produzione agricola e la prosperità della popolazione.

È documentato che la Vicinia e le antiche amministrazioni del Comune di Leno fecero ogni sacrificio, ogni pratica per accumulare nella comunità ogni sorta di diritto per riattivare cavi esistenti, per scavarne di nuovi, per derivarne la maggior quantità possibile di acqua, specie dai terreni siti superiormente al nostro territorio.

Data la vastità della pregevole raccolta di questo patrimonio culturale, mi ci sono avvicinato con apprensione, e... con coraggiosa vanità. Per questo mi si vorrà perdonare se il lavoro è riduttivo; altri lo completeranno con adeguata competenza.

Disgraziatamente al fervore con cui i nostri uomini compirono veri miracoli di zelo, non corrisposero in seguito sufficienti cure per il buon governo e per la conservazione dei preziosi acquisti fatti. I tentativi saltuari di nuovi ordinamenti, il succedersi delle amministrazioni e dei tecnici preposti alle acque, i giochi di influenza personali, hanno indubbiamente facilitato il manifestarsi,

L’autore

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Canale S. Giovanna nei pressi della cascina Atalia.



Indice

Presentazione 9 Una risorsa inestimabile per tutta la comunità di Pietro Bisinella e Rossella De Pietro Introduzione 21 L’acqua: un bene prezioso di Andrea Barretta

Il Fontanile con argini e fondali in cemento precompresso in territorio cascina Scovola.

Capitolo primo 29 Lineamenti del paesaggio lenese nei secoli passati 29 Dove sorgeva un’antica abbazia 30 Privilegi dell’abbazia 30 Fare memoria Capitolo secondo 34 Dall’età comunale al dominio veneto 34 Per riaffermare i diritti di proprietà del Comune 39 L’abbazia verso la Commenda 42 La Commenda

Capitolo terzo 46 Acquisti - Permute Diritto di rivalsa 51 Documenti Capitolo quarto 56 Premessa 57 Classificazione degli utenti 60 Come era praticata l’irrigazione 60 Compartita 1822 61 La situazione a Leno durante il periodo bellico 63 Situazione inizi 1900 64 Orario di tutti i vasi comunali 1894-1901 67 Progetto e relazione tecnica 71 Tabella marcentazione jemale 1962


71 Vasi irrigui: 1965-1970/71 72 Taglie delle acque 1983 72 Gestione acque: incarico geom. R. Bellini 73 Sintesi progetti di gestione 88 Reticolo idrico minore del territorio comunale Capitolo quinto 92 Vendite e affitti Capitolo sesto 96 I fontanili Capitolo settimo 102 L’acqua fonte di abusi

Capitolo ottavo 114 Il catasto del 1641 Capitolo nono 118 Progetto che riguarda l’alienazione ereditaria delle acque di proprietà del Comune di Leno Capitolo decimo 150 Sconfitto il dominio delle acque Capitolo undicesimo 160 L’opera dei privati

Capitolo dodicesimo 170 Relazione comparativa sulle portate dei vasi irrigui di proprietà del Comune Capitolo tredicesimo 190 Il camparo d’acqua Capitolo quattordicesimo 198 Relazione tecnica sul progetto di massima delle opere immediate che intende ottenere il “Consorzio speciale di esecuzione delle opere di bonifica Agro bresciano fra Mella e Chiese” Capitolo quindicesimo 210 Progetto di sistemazione del Cavo Frezule e di derivazione del Cavo Littorio Capitolo sedicesimo 216 Opere di conservazione del patrimonio acqueo Capitolo diciassettesimo 230 Centro urbano Capitolo diciottesimo 236 Molini ad acqua Capitolo diciannovesimo 248 Ex comuni di Milzanello e di Porzano 260 Glossario


Vaso Uggera (paesaggio invernale).



Scolo d’acqua. 20


Introduzione di Andrea Barretta

L’acqua: un bene prezioso Per chi di campagna mastica poco o nulla, a parlare di fossi d’acqua si sa dove andare a parare seppur marginalmente. Anche senza addentrarsi nei campi ognuno di noi li vede tutti i giorni percorrendo le strade e spesso li temiamo soprattutto nelle manovre in retromarcia, giacché il rischio è di slittarvi dentro. Sono lì a costeggiare strade asfaltate e viottoli alberati, spesso in parte ricoperti o circondati da una fitta vegetazione. Ad essi diamo un’occhiata continua e distratta perché ci seguono per lunghi tratti e, per alcuni, solo se riusciamo a soffermarci in una passeggiata, ne ammiriamo la bellezza. Poi, tutto finisce qui. Ci ha pensato lo storico Luigi Cirimbelli a rompere una idilliaca visione agreste con questo suo libro che ci porta tra le molteplici relazioni di questi “fossi” con l’agricoltura, ad iniziare proprio con il distinguerne i termini letterari ad essi riferiti nella storia culturale delle nostre tradizioni. Ecco, allora, che quelli da noi definiti soltanto semplici “fossi” diventano più appropriatamente canali, rogge e vasi irrigui che si addentrano - in queste pagine - nelle campagne del Comune di Leno e attestano una buona gestione delle risorse idriche. Non solo. E’ una precisa ricerca che s’inoltra anche nelle tecniche d’irrigazione dal Medioevo al Novecento del XX secolo, attraverso l’inventario e l’analisi dei documenti conservati. Il territorio preso in esame in questo libro fa parte, dunque, della pianura a sud di Brescia, in quella zona denominata Bassa Bresciana, all’incrocio di due importanti arterie stradali provinciali, la Lonato-Orzinuovi e la Bagnolo-Seniga. Una zona in cui Cirimbelli si era già addentrato con un suo precedente libro, sempre edito dal Comune di Leno, dal titolo La via delle cascine, che ha rappresentato una novità perché coglieva l’anima antica e moderna di Leno e delle sue campagne con un approccio culturale e paesaggistico. Per uno storico del mondo rurale qual è Luigi Cirimbelli, la dimora contadina è stata un pretesto per costituire - scrivevo nella presentazione - “un modo per affrontare la storia dell’agricoltura” e “per raccontare la formazione di un’aggregazione intorno ad un nucleo abitativo e le rispettive implicazioni sociali”. E già in Cirimbelli si ravvisava - in questo ma in molti altri suoi scritti - la passione per la terra, il legame con la natura e le sue sfide temporali. Davanti ai nostri occhi - aiutati anche da una ricca e importante iconografia che censisce molti di questi “fossi” - si presenta in questa nuova opera di Luigi Cirimbelli tutta una fitta ragnatela di vasi irrigui di cui scopriamo che hanno anche nomi specifici, come: Benone, Seriolaza, Pozzola, Gambarella. Inoltre veniamo a conoscere i sistemi della produzione e diffusione dell’acqua riguardo all’assetto idrico nel territorio lenese, e sapremo di torrenti, pozze, zone risorgive, di canali di portata moderata d’origine medievale spesso utilizzati, oltre che per l’irrigazione, anche per alimentare le ruote dei mulini ad acqua e di canali artificiali, alvei a pelo libero in parte opera dell’uomo già studiati nell’utilizzo da Leonardo. Infine, leggeremo di compensazione e regolazione del flusso delle acque. L’acqua è un bene essenziale, e l’affermarlo sembra una banalità, ma non è così. Le nostre risorse idriche, da sempre considerate illimitate, oggi non lo sono più, e solo in questi ultimi anni ne abbiamo preso coscienza. La parola “risparmio” è sempre più riferita pure all’acqua, ad iniziare dall’uso che ne facciamo per una doccia o per lavarci i denti, con tutti i vari consigli che ci sono dati da diverse campagne di sensibilizzazione. Ma per restare nell’ambito di cui stiamo trattando possiamo 21


Uggerina prima di congiungersi con il fontanile Uggera. 22


Vaso irriguo Lussignolo prima della cura, sullo sfondo la cascina Baitone.

affermare che anche in agricoltura spesso si è incorsi in un uso smodato di questa importante risorsa. Da cicale ci siamo accorti di dover essere formiche se vogliamo che la nostra agricoltura sopravviva. Forse Cirimbelli dimostra che secoli addietro tenevano più in buon conto l’uso dell’acqua e solo in seguito siamo diventati cicale, a cominciare - se posso azzardare un’ipotesi - dal boom economico, il miracolo italiano del dopoguerra che ha trasformato il nostro modo di vivere, inseriti in una società moderna e creativa. Un “miracolo” che non si è più ripetuto e che ci fa vivere oggi in una crisi economica mondiale che tocca tutti gli ambiti produttivi, e l’acqua, lo ripetiamo, ne è un bene primario. A confermarcelo è il capitolo in cui il nostro autore ci dipinge una giornata dell’adacquarolo, immerso in un luogo - la campagna - unico e pieno di magie. Da queste poetiche righe traspare tutto il rimpianto di un tempo che fu e che difficilmente ritornerà e che sintetizziamo con alcuni versi di Tagore, in cui il poeta racconta di aver viaggiato molto e “a grande prezzo”, e di “aver visto alte montagne e oceani”, ma poi si sofferma a pensare che non ha visto “dallo scalino” della sua porta “la goccia di rugiada scintillante sulla spiga di grano”. L’adacquarolo, come scriveva il Benedini, nel suo volume dedicato agli Usi e costumi dei contadini bresciani nell’Ottocento, era “scelto fra i contadini più seri ed autorevoli; s’impegnavano per contratto ad evitare sbornie, poiché, se fosse sembrato anche solo un poco alterato dal vino, avrebbe potuto essere immediatamente privato delle sue funzioni e ridotto a semplice bifolco. L’adacquarolo riceve sia in denaro che in derrate qualche cosa più dei bifolchi; ovvero, se ha l’egual corrispettivo viene pagato per ogni notte di sorveglianza per l’irrigazione con una mercede pari alla giornata dei braccianti”. L’adacquarolo era una figura consapevole dei propri doveri nel controllo dei campi a lui affidati. L’uomo, dunque, ha una gran responsabilità, quella di proteggere e migliorare l’ambiente per le generazioni presenti e future ma pochi sanno, ad esempio, (e consentitemi di allargare di qualche riga il nostro discorso), che un semplice campo da golf possa creare forti impatti ambientali, eppure un’area da diciotto buche richiede seimilacinquecento metri cubici d’acqua il giorno, una quantità che potrebbe soddisfare i bisogni di sessantamila persone. Inoltre il mantenimento di questa “bella” area verde richiede l’uso di grandi quantità di prodotti chimici che inquinano e portano rischi per la salute. Non solo. Vi siete mai chiesti quanta acqua occorre per mantenere le piscine negli alberghi? Basti sapere che ogni stanza d’albergo consuma circa cinquecento litri d’acqua il giorno: con una doccia di tre minuti si consumano tra i trentacinque e cinquanta litri d’acqua, con un bagno in vasca tra i centoventi e i centosessanta litri. Certo di passi in avanti, rispetto alla prima civiltà irrigua nata in Mesopotamia, andavano fatti, e se nel Medioevo, dopo una diffusione dell’irrigazione in Spagna e in Sicilia grazie agli Arabi, proprio la nostra pianura padana è stata protagonista di un vasto uso delle tecniche irrigue poi arenate nel XX secolo. Altresì dobbiamo accreditare che qualche problema sia derivato anche da una forte crescita demografica. Non basta. Dobbiamo riferirci pure al notevole assorbimento di risorse idriche per le città, le nuove metropoli e le industrie, soprattutto in una provincia, 23


Modifiche recenti sulla roggia Catilina.

come quella bresciana, molto industrializzata. E qui non possiamo tacere, dandone almeno un cenno, al possibile degrado delle acque di superficie e freatiche dovuto al diffuso inquinamento operato proprio dagli insediamenti urbani e dalle attività industriali, che rende sempre più complesso l’uso dell’acqua a fini irrigui, e introdurrebbe ad un altro discorso - che non toccheremo - sulla qualità delle acque e sui nitrati e fitofarmaci, sul rischio di un uso di acque inquinate originate dall’immissione nei corpi idrici o dalla percolazione e dispersione verso gli acquiferi di reflui civili non depurati. Le valutazioni sull’impatto che queste esercitano sui suoli e sulle stesse produzioni agricole andrebbero, dunque, continuamente effettuate visto anche l’effetto agente sul terreno o sulle colture che provocano una diminuzione della produzione vegetale agraria. Fermo restando, dunque, che fra l’acqua e l’agricoltura c’è un difficile rapporto, resta il fatto che nel mondo c’è un’emergenza idrica che non s’affronta con la stessa determinazione con cui si progetta la distribuzione dell’acqua su un campo da golf in quelle riservate oasi per turisti di lusso, e cresce la tragedia di dieci milioni di persone senz’acqua di cui la metà sono bambini. Nel 1998, a Valencia in Spagna, il Comitato internazionale per il Contratto mondiale sull’acqua ha scritto il Manifesto dell’acqua affermando il principio - che, ancora, a molti potrebbe sembrare ovvio, ma non è così - che l’acqua è un bene comune appartenente a tutti gli esseri umani e a tutte le specie viventi del Pianeta. Perciò l’accesso a questa risorsa, nella quantità e qualità sufficiente alla vita, deve essere riconosciuto come diritto umano universale e la sua proprietà e la sua gestione devono essere pubbliche. La gestione dell’acqua deve garantire il rispetto degli ecosistemi e deve essere finanziata interamente tramite imposte locali, nazionali e mondiali, sia sui redditi, sia sul consumo, per disincentivarne gli sprechi. Michel Camdessus - consigliere per l’acqua del segretario generale dell’Onu - da anni continua a ribadire “che quello dell’acqua è un problema cruciale per il futuro del mondo. (...) La mancanza d’acqua significa malattia e morte. L’acqua è vita. Non riesco ad accettare, in quest’inizio di XXI secolo, la sofferenza di uomini, donne e bambini senz’acqua. (...) Un miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile, e due miliardi e mezzo non hanno strumenti di potabilizzazione”. Sul problema acqua sta intervenendo la Comunità economica europea con iniziative legislative che supportano alcune leggi emanate in campo nazionale. Parafrasando quanto ha detto Alex Langer, già deputato al Parlamento europeo, potremmo affermare che il progresso è compatibile con l’ambiente solo “a dosi omeopatiche”, ed è essenziale evitare di essere “un irritante, pedante e dannoso grillo parlante” senza trovare soluzioni concrete. Secondo il rapporto 2005 dell’Unicef, infatti, quattrocento milioni di bambini non dispongono di fonti d’acqua sicura. E notizie confortanti non arrivano neanche andando a leggere quanto emerge ogni anno per la Giornata mondiale dell’ambiente (World Environment Day), istituita dall’Onu e nata proprio per stimolare la coscienza mondiale sulle condizioni ambientali della Terra. Indicativi e drammatici i titoli dati alle “giornate” di questi ultimi anni. Nel 2002, Dare alla Terra un’opportunità, mentre nel 2003 in concomitanza con la Giornata in oggetto dedicata proprio all’acqua, il Wwf indice un concorso nelle scuole che già nel titolo 24


Fosso irriguo alla cascina Tre Colori.

dice tutto: “La Terra fa acqua da tutte le parti”. Oggi la produzione agricola mondiale è pari al diciassette per cento della superficie, e su duecentosessanta milioni di ettari sono impiegati, ogni anno, oltre tremila chilometri cubici d’acqua. Una cifra enorme che corrisponde ad oltre il settanta per cento delle disponibilità mondiali. Ma forniamo anche un dato più alla nostra portata: dieci tonnellate di cereali chiedono l’uso di diecimila tonnellate d’acqua. Per fortuna, almeno nelle realtà locali, una buona amministrazione dell’acqua d’irrigazione, come per la campagna lenese, è fonte di precise considerazioni non solo come bisogno delle colture ma come elemento di produzione con un costo-ricavo nella gestione della distribuzione e da un costo-ricavo ai fini del prodotto agricolo derivato dal suo impiego. Il tutto finalizzato all’incremento della produttività di un terreno tramite la determinazione dell’acqua necessaria e resa disponibile per le colture stesse. Questo comporta e comporterà di rapportarsi al consumo acqua irrigua codificandolo nelle diverse colture in modo da ridurre gli sprechi, mentre è compito di chi distribuisce l’acqua mantenere un giusto livello idrico all’interno dei vasi irrigui. Sono preoccupanti, scrive Cirimbelli, i segnali di degrado, e le cause sono molte. Soprattutto l’inquinamento, le bonifiche senza un piano concordato e congegnato, “la siccità provocata dall’abbassamento delle falde idriche, la distruzione delle boscaglie e dei saliceti perialveali. Ma se gran parte dei biotopi si sono alterati nel tempo ed alcuni addirittura distrutti, questo deve solo portare a una riflessione e ad un recupero di quanto si rischia di perdere definitivamente. Occorre, subito, un’inversione di tendenza - continua Cirimbelli - per difendere un patrimonio di tutti, che appartiene all’umanità e che ci consentirà di vivere”. Il Comune di Leno vanta un patrimonio idrico non indifferente, con acque in buon equilibrio con la flora e la fauna, e questa ricognizione storica e culturale dei corsi d’acqua nella sua campagna contribuisce, tra l’altro, alla tutela del patrimonio ambientale. I vasi irrigui presenti da molti secoli ed altri canali, costruiti dai bonificatori della campagna lenese (un ruolo decisivo che ha impresso una svolta positiva sull’equilibrio idrologico) consentono un maggiore rendimento soprattutto nei periodi di alta idroesigenza, cui fa seguito il modo d’utilizzo dell’acqua: distribuzione a pioggia, per infiltrazione da solchi o a scorrimento, tenendo conto della promiscuità delle canalizzazioni. Il futuro dell’acqua per irrigare è nelle nostre mani e servono innovazioni in grado di sostenere il comparto per l’irrigazione agricola con un risparmio sia in termini economici che ecologici, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza operativa senza dilatare i costi d’esercizio. Progettare, dunque, armonizzare piani e competenze, e investire risorse ed energie vista la straordinaria importanza che l’agricoltura riveste per il futuro dell’umanità. Il Comune di Leno con questo volume dimostra di essere sensibile a tutto quanto fin qui rilevato. E’ un impegno di civiltà e di controllo del territorio e un esempio di sviluppo sostenibile che è alla base del nostro vivere. E’ un buon segno. Andrea Barretta 25


Una bocca di irrigazione libera.


Capitolo primo Lineamenti del paesaggio lenese nei secoli passati Dove sorgeva un’antica abbazia Privilegi dell’abbazia di Leno



Lineamenti del paesaggio lenese nei secoli passati “Ricostruire il quadro del paesaggio pre-agricolo di cui nulla si conosce per scienza diretta è compito assai arduo, mentre l’archeologo può ricostruire quegli ambienti attraverso la scoperta di vari reperti, il botanico incontrando alcune specie di piante ha rilevato elementi per capire l’evoluzione della vegetazione”1. “Tralasciando le grandi trasformazioni indotte dal tempo, dal clima e da altri eventi naturali nel complesso si può immaginare che la pianura”, quando agli albori dell’agricoltura era occupata dal “bosco atlantico”, allignava sotto un clima di impronta caldo-umida tendente ad una riduzione della disponibilità termica ed idrica. La natura del bosco atlantico era piuttosto complessa: vi dominavano le querce caducifoglie associate a faggio, all’abete bianco ed all’abete rosso”2. Aggiungerei altre specie arboree attenendomi allo studio del prof. Emanuele Süss dove annota “fitti boschi di ontani, querce e castagni, vegetazione spontanea che oggi si può trovare solo attorno ai fiumi, alle poche terre soggette a inondazioni. Qui la vegetazione, boschiva o cespugliosa di pioppi, salici, arbusti e erbe di sottobosco. Anche le piante spontaneizzatesi negli ultimi secoli in tutta la pianura padana come l’Oenothera biennis, l’Erigeron canadense, la Solidago serotina, l’Helianthemum rigidum, la Rudbeckia laciniata, la Bidens bipinata, la Galinsega parviflora, vi sono largamente rappresentate”2. Se vogliamo trovare una flora spontanea, continua il prof. Süss, più vicina a quella che caratterizzava un tempo la zona, dobbiamo fare ricerche nei pochi tratti rispettati dalle bonifiche, come quelle delle “lame” nel nostro comune, in quelli di di Torbole e Lograto. Lo Zanotti, riferendosi alla natura del bosco, scrive che si era mantenuto abbastanza inalterato per millenni ma, la trasformazione, una volta indotta, è stata repentina. Il Cattaneo, nei suoi scritti annota che “la campagna uliginosa era abitata da folte torme di cervi, d’uri e d’alci che pascolavano la pianura lungo i placidi stagni ai quali il castoro lasciò il nome di Bevera e Beverara”. Nel sottobosco trovarono ospitalità animali selvatici, accanto alle paludi, nei

pantani il cinghiale, branchi di maiali dalla vita selvatica assai dannosi all’agricoltura; nella boscaglia, nelle siepi vi stanno nascoste durante il giorno la donnola e la faina che escono la notte in cerca di nutrimento (e chissà quali altre forme di vita). Numerosa la selvaggina stanziale e di passo che popolava la nostra zona come quella delle regioni padane. Una natura quindi selvaggia e desolata, sentieri impraticabili fra boscaglia e canneti, buon ricettacolo di animali selvatici alle fiere e ai malandrini. Qualche tenda qua e là disseminate sulle sponde dei grandi canali, sui rilievi di terreno, sugli spazi e le macchie verdeggianti dove – probabilmente – sorgevano tempietti dedicati alle divinità pagane. Ed anche se non conosciamo tutto, siamo in grado di ubicare così i primi insediamenti abitativi, ed era questo il paesaggio.

Dove sorgeva un’antica abbazia L’abbazia di Leno, di fondazione regia (758), fu voluta dall’ultimo re longobardo Desiderio. Esso aveva numerosi possedimenti e grandissimi beni nella pianura bresciana compreso il territorio di Leno. Dopo tale fondazione, il monastero allargava ancor di più i suoi possedimenti che subiranno, nei corsi dei secoli, variazioni, permute per acquisti e vendite. Queste terre verranno affidate direttamente ai coloni, ovvero agli abati, che le investiranno a nome dei loro fedeli capitani. Accanto alle investiture frequenti non mancheranno le usurpazioni dei potenti signori e le immancabili rivendicazioni. 29

Veduta aerea di Villa Peri e Villa Badia. Nella foto della pagina di sinistra un’immagine dei tempi andati.


Privilegi dell’abbazia di Leno Tralasciando l’elenco dei vasti possedimenti dell’abbazia più volte citati, passiamo a considerare tutti quei privilegi a lei concessi dagli imperatori e dai pontefici nel campo temporale. Benedetto VIII dichiarò che la Badia di Leno doveva intendersi direttamente suddita al Papa e al re d’Italia, somma libertà di azione e di governo, vero feudo ecclesiastico. Sulle terre investite, l’abate non perde la sua autorità e continua a ricevere obbedienza; manda ad esigere per sé e per il monastero canoni e decime. Parte di queste decime venivano la-

sciate alle località principali, perchè le provvedessero ai loro bisogni e al mantenimento della loro chiesa e dei loro ufficiali, mentre il resto andava alla Badia per l’esercizio della sua missione civile e politica e specialmente religiosa ed economica a sollievo dei poveri e dei bisognosi, e anche le decime di Leno appartenevano tutte al monastero. Senza il beneplacito dell’abate nessun beneficiato può procedere all’alienazione dei beni abbaziali e può disporre a suo piacimento tanto meno esimersi dal contributo imposto in denaro o in natura3. Nessuno poi può procedere alla costruzione e restaurazione di edifici, di molini, di mura, di ponti e di castelli senza il permesso dell’abate. Nessuna persona indipendente o soggetta può ingerirsi nel governo delle case entro i confini abbaziali. Il diploma di Federico II alla Badia, se da una parte riconferma tutti i privilegi, dall’altra dispone che ritorni all’assoluta obbedienza al mona-

stero chiunque se ne sia sottratto nel corso dei secoli passati. A ciò si aggiunga il particolare privilegio di rivalsa dei beni in grazia del quale il monastero può richiedere la restituzione dei suoi averi sino a cento anni dall’usurpazione, mentre per il monastero basteranno quarant’anni per riconoscergli il definitivo possesso e per premunirlo contro qualsiasi rivalsa. Al monastero viene concesso di avere dei servi, che vengono citati anche come manenti o massari; uomini che per loro capacità e onestà venivano spesso messi in libertà, pur continuando a vivere sotto la tutela del padrone al quale pagavano annuale pensione. Nei vari atti, costoro vengono indicati coi nomi di liberi, liberti, più spesso commendatari o aldioni. Fare memoria Mentre laici e monaci attendono all’attività produttiva della grande azienda abbaziale, altri monaci coltivano le scienze in ogni campo dell’attività intellettuale. Certamente anche il nostro cenobio era dotato di una scriptoria, strumento indispensabile per una produzione di codici, antifonari, graduali, testi manoscritti di musica sacra, di testi classici, di arte monastica e di una cronaca domestica. Tutto è scomparso!... dalla biblioteca, all’archivio storico del cenobio, alle suppellettili sacre, reliquari, ecc. Ricordiamo due cimeli superstiti: a Padova il brevissimo Compendio cronologico a partire dalla fine della dominazione longobarda, in un primo momento attribuito ad un monaco bresciano di Leno, in seguito ci è stata tolta anche questa paternità. Dell’ex prestigiosa biblioteca ci rimane una Bibbia di fine secolo XI custodita presso la Biblioteca Queriniana. Infine la traslazione da Leno a Brescia dell’insigne reliquia di S. Benedetto. Restringendo il campo si desidera dedicare alcuni cenni storici all’opera di molti laici accorsi al monastero con le loro famiglie che si mettevano al servizio delle imprese agrarie del medesimo. Con le loro fatiche dissodano le terre, regolano i corsi delle acque con opportune arginature, asciugano paludi conquistando palmo a palmo il terreno alla coltura, estendendo così, lentamente, attorno al monastero, la buona terra che dà il grano ed altri cereali, alimentando la popolazione. 30


I componenti di tali nuclei qui residenti erano classificati Antichi Originari, detti anche patrizi del Comune, i quali vanteranno poi diritti di promiscua proprietà su alcune acque comunali. La grande disponibilità di acque esige la costruzione di canali, acque da sfruttare quale forza motrice atta ad animare il primo molino idraulico a palmenti. Questa benefica istituzione, disponendo di larghe possessioni apre strade, costruisce ponti, una fornace in comproprietà con il Comune di Leno, sorgono nuove abitazioni e cascine favorendo il mercato e il commercio; l’industria artigianale, istituisce xenodochi, ospedali per l’assistenza ai viandanti e ai pellegrini, si prende cura dei poveri prodigando at-

torno a sé, l’istruzione ai bambini. All’interno del cenobio troviamo laboratori per la costruzione di attrezzi utili all’agricoltura, laboratorio di erboristeria, la speciaria (lo speziale), la sartoria, ecc.

In alto: vaso Pavona e santella della Sacra Famiglia nelle vicinanze della cascina Scariona. 31

E. Zanotti, Flora e vegetazione, in “La Natura”, Venezia, 1999, pp. 12-41. 2 C. Andreis, Il paesaggio bresciano: trasformazioni e problemi, in “Atti del convegno di studi 25-28 settembre 1990”, Brescia, 1991, p. 53 ss. E. Süss, Flora e fauna nella Provincia di Brescia, in Brescia e Pronvicia, 1957, pp. 145-146. 3 Sentenza del 2 ottobre 1466 emessa in Brescia dal capitano Donato Barbàro il quale condanna Tonino de Soldo di Brescia, abitante a Leno, affittuario dell’abbazia, al pagamento di una multa di L. 60 per aver abbattuto capi di bestiame senza effettuare il dovuto pagamento del dazio delle carni e alla confisca delle carni medesime (ASC Leno, Parte antica, filza A, f. 4). 1


Fontanile Capofonte Benone soffocato dalla vegetazione.


Capitolo secondo Dall’età comunale al dominio veneto Per riaffermare i diritti di proprietà del Comune L’abbazia verso la commenda La commenda


Dall’età comunale al dominio veneto Il periodo che intercorre dall’incoronazione di Federico di Svevia o di Hohenstaufen, detto poi il Barbarossa, al declino dell’impero svevo, è denso di eventi politici e militari: la nascita dei Comuni, il progetto imperiale di combattere la loro autonomia e di riaffermare la supremazia dell’impero sul papato. La formazione di ogni singolo Comune sia cittadino che rurale, costituisce un caso a sé; per Leno il Comune rurale è nato sotto la protezione del monastero che divenne nel XII-XIII secolo, garante di autonomia, difesa dai soprusi feudatari. Nel documento più antico dell’archivio storico del Comune di Leno, datato 5 maggio 1224, sono elencati 535 capi famiglia che formano la Vicinia, per trattare affari di interesse comune accettando la giurisdizione dell’abate che amministra il territorio ed esercita anche funzioni giurisdizionali. Ancor prima del periodo qui studiato, accanto al castello è già sorto il borgo imposto dallo sviluppo demografico e dall’infittirsi di nuove costruzioni che debordano dal castello dando origine ad un nuovo agglomerato che si va dilatando nella pianura e contornato da piccoli appezzamenti di terra coltivati ad orto e poco lontano sta la chiesa battesimale di san Giovanni con accanto il cimitero1. Il borgo si riempie di case e di botteghe artigiane e gli abitanti vanno assumendo maggiore indipendenza specie nei momenti di difficoltà del monastero e dell’incapacità dell’abate ad amministrare le proprie prerogative. Tempi difficili quindi attendono l’abbazia, il vescovo di Brescia Giovanni da Fiumicello durante la reggenza dell’abate Gonterio, inizia nel XIII sec. la controversia per la giurisdizione su alcune chiese abbaziali della Bassa bresciana. Età comunale Mentre aumentano le precarie condizioni del monastero alla fine del XIII secolo, il Comune tenta di gestire autonomamente la propria vita sociale con la difesa di privilegi, l’accaparramento di beni e acque con interlocutori di rilievo, pubblici e privati: l’abbazia, i comuni limitrofi, le famiglie facoltose. Ma l’autorità dell’abate è presente, basta esaminare le condizioni imposte da una sentenza arbitrale avvenuta nel 1297, il 10 di gennaio fra l’abate Pietro Baiardi, par-

mense ed il Comune di Leno. I giudici stabiliscono che l’abate debba essere considerato Signore e Conte degli uomini e del Comune di Leno, di tutti i suoi beni, delle acque e dei mulini, che non potranno essere costruiti senza il permesso dell’abate. Seguono alcune concessioni di terre boschive e lamive, diritti di pascolo; l’abate inoltre deve investire gli uomini di Leno delle terre appartenenti ai loro predecessori senza richiedere alcun tributo per l’investitura2. L’abate deve porre fine alle pretese avanzate nei confronti degli uomini di Leno per l’affitto e le decime dei tempi passati; gli uomini però fanno piena sottomissione all’abate al quale vengono riconosciute tutte le altre giurisdizioni. La dominazione veneta (1426-1797) Nonostante i tentativi da parte degli Sforza e del Piccinin di riprendere la città, essa rimane alla Repubblica Veneta, facendo atto di sudditanza e giuramento di fedeltà. Gli Sforza riaccendono le ostilità per il possesso del territorio bresciano: nel 1452 Leno, Quinzano, Gottolengo, Montichiari, sono assediati per breve tempo. Un periodo di relativa tranquillità si avrà dopo la pace di Lodi nel 1454. Il territorio bresciano passa successivamente in mano agli spagnoli. Nel 1516 ritorna il dominio di Venezia. La nostra provincia è governata direttamente da rettori veneti e la nostra comunità si sente protetta; in compenso dei sacrifici sopportati, dei danni subiti dalle truppe di passaggio è favorita da alcuni privilegi che Venezia concede e concederà specie in occasione delle frequenti contese e convenzioni nei confronti degli abati di Leno, dei Comuni confinanti e di privati. Nell’ordinamento veneto, Leno non assume una posizione di rilievo: è sottoposto alla Quadra di Ghedi con Offlaga, Milzanello e Montirone3. Per riaffermare i diritti di proprietà del Comune Nel 1342, il 29 febbraio da Brescia i giudici arbitri di una sentenza decretano il diritto del Comune di Leno allo sfruttamento dei pascoli e all’uso dell’acqua delle rogge, nulla è dovuto per questo all’abbazia e inoltre il diritto alla riscossione della decima, obbligando però il versamento di un compenso annuale a det34

Fossadaccio oppure Vaso Rodella (Cascina Cucchetta).

Privilegi Ducale 1462 aprile 8. Venezia Pasquale Malipiero, doge, comunica a Davide Contarini, podestà, e ad Angelo Gradenigo, capitano, rettori di Brescia, la conferma dei privilegi del 23 febbraio 1455 di cui gode il Comune di Leno ,riguardo la limitazione del dazio, secondo i quali la somma dovuta ogni anno alla camera Ducale di Brescia è stabilita in lire 400 imperiali4. Sententia 1464 agosto 29. Brescia, “in camera ducali”. Leonardo Duodo, podestà, e Girolamo Pisani, capitano, rettori di Brescia, in esecuzione dei privilegi concessi confermati nel 1462, sentenziano che la Comunità di Leno al pari di quella di Ghedi sia esentata dal sostenere angarie per gli alloggiamenti militari per un periodo di 15 anni5.


ta abbazia. L’11 settembre del medesimo anno, il Comune consegna all’abbazia, in esecuzione della sunnominata sentenza, some 5 di frumento e 3 di spelta in pagamento della decima per l’anno 1342. Probabilmente il Comune non ottempera – per circa ottanta anni – all’obbligo della decima poiché il 6 novembre1424, in Brescia, Marino de Prandonibus arcidiacono della diocesi di Brescia, Giovanni Luzzago, dottore in legge, emettono sentenza d’appello a conferma della sentenza arbitrale del 1342 tra le due parti per diritto di pascolo, d’acque, di decima6. Seguirà altra sentenza nel 1442 finché il 28 febbraio 1466 abbiamo l’instrumentum nel quale Tonino de Soldo, affittuario del monastero confessa di ricevere dal Comune, some 5 di frumento e 3 di spelta in ragione delle decime dovute annualmente al monastero7. 1424 6 novembre. Sentenza arbitrale tra il Comune e l’abbazia di Leno. “Sentenza tra il Comune di Leno, rappresentato dai sindaci Marchesio Piroli e Rescacino Rescaci, e l’abate Antonio di Rozoaglio. I giudici Martino Prandoni e Giovanni Luzago riconfermano la sentenza del 28 febbraio 1342 emessa da Pietro, preposito della chiesa di san Giovanni de Foris, Bonfadino di Gazago, Ottobono di Asola e Giovanni da Serle, i quali avevano composto la lite tra l’abate Pietro

Pagati e Bettino Bruno, Fachino figlio di Perselino e Girardo Tempoli, sindaci del Comune di Leno. La sentenza stabilisce che il diritto di riscuotere le decime spetta all’abate; questi investe il Comune di tale diritto in cambio di tre some di spelta e di cinque di frumento. I giudici assegnano il diritto di pascolo all’abate, che percepirà un tributo da chi condurrà le proprie bestie a pascolare in territorio lenese; se costoro si fermeranno a Leno, per i successivi nove anni saranno sottoposti alle imposte e agli offici del Comune; dopodichè saranno liberi. Agli uomini di Leno è concesso di condurre al pascolo le proprie bestie purché non causino danni alle terre incolte dell’abbazia. Per quanto riguarda i beni di coloro che muoiono senza lasciare un erede designato o legittimo, gli arbitri dicono che essi sono di proprietà dell’abate, il quale però non può avanzare alcuna pretesa per quanto avvenuto in passato. Gli arbitri affermano che l’abate può avere quattro manentes, un gastaldo e uno o più campari per custodire le terre dell’abbazia, purché siano forestieri; costoro non sono sottomessi agli aggravi del Comune, tranne nel caso acquistino beni immobili per lavorarli o per farli lavorare. Allo stesso modo i giudici confermano alla comunità lenese il diritto di nominare, sostituire e destituire consoli, massari, vicari, campari e altri ufficiali e il diritto di stabilire e modificare gli statuti e le provvisioni, purché ciò non avvenga a scapito del monastero. Agli uomini di Leno sono riconosciuti anche i diritti di pesca, caccia e uccellagione, su tutto il territorio di Leno e il diritto di vendere alla macelleria buoi e porci, senza l’obbligo di doverne dare una parte al monastero. Inoltre è concesso loro di usufruire di qualsiasi giurisdizione e di essere liberi dalla giurisdizione dell’abate nel territorio di Leno. L’abate e il monastero però possono intervenire in ogni atto di vendita – in territorio lenese – chiedendo quattro soldi per ciascuna lira del valore trattato. La sentenza stabilisce che il fossato attorno al castello, quello del borgo, il fossato detto vicinale e le terre che stanno attorno ad essi, sono proprietà dell’abbazia; come proprietà dell’abbazia devono considerarsi i portici attorno alla chiesa di san Pietro. Per quanto riguarda i boschi, i giudici 35

Seriola Rovertorta.


arbitri dispongono che le parti possono usare liberamente dei boschi esistenti nel territorio di Leno; chi farà commercio di questa legna con i forestieri pagherà al massaro dodici soldi planetti per ogni carro di legna asportato. Il Comune e l’abate quindi devono eleggere uno o più campari per la custodia dei boschi. Tutto quanto è stato stabilito per i boschi deve considerarsi valido anche per la campagna, i ronchi e le regone, tranne che per la Selvadonica, che è proprietà del monastero. Richiamata la sentenza del 1343, Martino Prandoni e Giovanni Luzago invitano le parti a rinunciare a qualsiasi altra loro istanza contenuta nel compromesso raggiunto il 26 ottobre 1424. Dispongono poi che il Comune di Leno debba ricoprire a proprie spese il corpo centrale della chiesa abbaziale, in risarcimento dei danni subiti dal monastero in materia di pascolo, erbatico, boscatico, per le vendite fatte nel passato dagli uomini di Leno e per tutto ciò che il Comune deve al monastero”. L’abate però deve fornire il legname per i lavori e rinunciare alle pretese circa le vendite fatte in passato dagli uomini di Leno; inoltre i giudici impongono al Comune di dare 480 soldi planetti all’abate per le decime non pagate nel passato. I giudici assolvono infine le parti da qualsiasi altra richiesta e invitano il Comune di Leno e l’abate ad osservare la sentenza resa pubblica il 6 novembre 1424. Atto rogato dal notaio Virtus de Bayguerüs8. 1442 14 luglio. Sentenza arbitrale tra il Comune e l’abbazia di Leno. “Sentenza dei giudici arbitri Francesco di Piacenza, arciprete di Ghedi e Antonio de Capitanei di Manerbio, chiamati a comporre la lite tra il Comune, rappresentato dai sindaci Bartolomeo Bonetti e Bartolomeo Premoli, e l’abate benedettino Ottobono di Mirabello. I giudici stabiliscono il diritto per la comunità di Leno di levare le decime prima spettanti al detto abate, salvo il diritto di pascolo riservato per nove anni a quest’ultimo. Il diritto alla stessa comunità di nominare, sostituire, destituire a piacere massari, fattori, campari ecc.; il diritto di stabilire, modificare gli statuti di provvigione.

Il diritto di pesca in tutte le acque del territorio di Leno purché non si facciano chiuse; il diritto di vendere alla macelleria porci e bovi senza l’obbligo di dare al monastero ne lombi ne petti; il diritto d’acquistare pezze di terra o altri immobili di ragione del monastero pagando 4 soldi pro lira. Il diritto comune al monastero, alla comunità e a qualunque terrazzano che pagasse i tributi, di servirsi dei boschi e della legna dei medesimi a volontà con l’obbligo però di pagare 12 soldi planetti da dividersi tra l’abate e il Comune per ogni carro di legna asportata. Il diritto di pascolo, di erbatico esclusivo dell’abate e dei suoi successori, salvo per il Comune il diritto sul fieno e sulle stramaglie; l’obbligo di costruire una fornace di mattoni con spese e proventi in comune. La sentenza prevede che l’abate possa avere quattro mezzadri, un gastaldo e uno o più campari per custodire le terre del monastero; costoro – che devono essere forestieri – non sottostanno agli oneri del Comune, tranne nel caso essi acquistino beni immobili nel territorio di Leno. È fatto obbligo al Comune di Leno (per l’esistenza di due mulini, uno del Comune a Bogalei in tener di Porzano, l’altro del monastero in tener di Leno) di condurre l’acqua cadente al mulino comunale nella seriola del mulino del monastero e di costruire in comune con l’abate una casa con quattro ruote per macinare, in contrada Campagnola; l’obbligo per il Comune di Leno di costruire i nuovi ponti sulla seriola e di contribuire per metà con l’abate, alla spesa di manutenzione e curazione del vaso. È fatto divieto ad entrambi di costruire nuovi mulini senza il reciproco consenso. È concesso al Comune il diritto di arare, dissodare, lavorare una pezza di terra, fino a 1200 piò, e che in contraccambio delle decime spettanti all’abate sulla detta pezza di terra, il Comune deve cedere al monastero 100 piò di terra boschiva in contrada Squadretto, 15 a Sobagno e altri 30 in contrada san Michele a confine con la seriola del monastero; infine l’obbligo per il Comune di cedere all’abate 200 piò di terra chiamata Prato Ottolino in cambio di altra terra boschiva detta Selvadonega. Atto rogato da Venturino Luci di Cigole su commissione di Luigi Capitani”9. 36

Particolare del Fontanile Fola.



1445 17 gennaio. Compromesso tra il Comune e l’abbazia benedettina di Leno. Sorte alcune divergenze nell’applicazione di quanto era stato stabilito nella sentenza del 16 luglio 1442, il Comune di Leno e Ottobono di Mirabello, abate del cenobio benedettino, si affidano all’arbitrato di Francesco di Piacenza, arciprete di Ghedi, Antonio de Capitanei di Manerbio e Giovanni Boisi di Ghedi. La sentenza citata condannava il Comune ad incanalare le acque del Molone ad una roggia, che gli uomini di Leno dovevano scavare per l’abate, e a costruire un mulino sul territorio dell’abbazia, ma stabiliva la comune proprietà tra le parti in causa del mulino e riconosceva la possibilità per gli uomini di Leno e i coloni dell’abate di utilizzare quell’ acqua per l’irrigazione. L’abate chiede pertanto che i giudici impongano al Comune di rispettare le decisioni prese dagli stessi giudici nella precedente sentenza. Tomaso Locadelli, sindaco del Comune dice che, essendo nata una lite con gli uomini di Porzano e con Marchexium Occanoni in particolare a causa di quell’acqua che avrebbero dovuto deviare dal Molone, gli uomini di Leno hanno acquistato una stessa quantità di acqua, con minore spesa e con più garanzie, da Giacomo Occanoni e da Giacomo Advocati. Tomaso Locadelli, chiede perciò che il Comune possa utilizzare le acque acquistate in sostituzione dell’acqua del Molone per adempiere ciò che stabiliva la sentenza del 1442 e soddisfare in tal modo le richieste di Ottobono. Poiché l’abate ritiene utile anche per il monastero la proposta avanzata dal sindaco, i giudici, richiamate le parti all’osservanza delle decisioni prese sotto pena di cento ducati d’oro, dichiarano che si debba fare come è gradito ai contendenti. Venturino Luci di Cigole roga l’atto per Luigi Capitani di Manerbio. 1452 23 agosto. Privilegi del Comune. Il doge Foscari riceve una Commissione del Comune di Leno. “...chiedono di essere della prelibata Signoria Serenissima e non sottoposti ad alcun abate, di essere considerati alla stregua degli uomini di Ghedi come solevano essere avanti che la predetta Ill.ma Signoria li concedesse all’abate di Leno”.

Chiedono inoltre: “...con la Terra di Ghedi sopportar le angherie et fattioni occorrendo et usar et gaudere di tutte le immunità, privilegi et concessioni quali usano li detti di Ghedi”. Ricevuta conferma dal provveditore dell’esercito veneto Giacomo Loredan, che anche quelli di Leno eran stati fedelissimi, il doge accoglie la domanda concedendo che tornassero quemadmodum erant huius p(raese)ntis guerrae. Inutili risulteranno i tentativi dell’abate di ritornare in possesso del diritto di giurisdizione sugli uomini di Leno, perché Venezia, con una successiva lettera ducale, in data 23 febbraio, sancirà, per gli uomini di Leno, la nuova condizione di sudditi privilegiati, liberandoli definitivamente dalla giurisdizione abbaziale e concedendo loro numerosi privilegi. Inglobato nel dominio veneto, il territorio di Leno perde quelle caratteristiche che lo differenziano dall’ambiente circostante10. 1455 23 febbraio. Lettera Ducale a favore del Comune di Leno. Il Comune è nuovamente assoggettato all’abate, con semplici lettere del serenissimo Dominio. “Con molto dispiacere degli abitanti e con danno del pubblico interesse, il Principe di Venezia comanda e ordina che il Comune sia sottoposto unicamente al Veneto Dominio e sia libero da qualunque pretesa e predominio dell’abate”. Alle preghiere fervorose dei lenesi, il Senato prescrive che il Comune deve versare alla Camera Ducale, per la tassa della Limitazione, 400 lire in moneta di Brescia, che corrispondono a 800 lire venete, con l’esenzione da qualunque dazio da pagarsi alla Cassa Pubblica di Brescia11. 1466 6 maggio. Il Comune di Leno e l’abate B. Averoldi da una parte ed i fratelli Capirola dall’altra convengono che tutte le acque provenienti da Bagnolo, Ghedi e dai confini di Porzano introdotte nei fondi Capirola debbano essere in quattro parti, tre delle quali del Comune e dell’abate di Leno ed una appartenente ai predetti fratelli Capirola12. L’abbazia verso la decadenza Fino a che l’abbazia adoperò la sua forza per la difesa degli oppressi, per la protezione dei poveri e dei deboli, essa 38


trovò mani salde anche nella tutela del suo potere temporale, ma quando si compromise di fronte al popolo, passando dalla lotta difensiva a quella offensiva e di conquista, anche la regola fondamentale di san Benedetto venne meno, Dio non benedisse più la loro opera e lasciò che sulla gloria mondana avessero ragione le circostanze e gli uomini. Due sono le forze disgregatici che agirono sull’abbazia. Una esterna: il superamento dell’età feudale nei suoi vari aspetti col sorgere dei liberi Comuni o con l’organizzazione della giurisdizione vescovile diocesana. Una interna: il venir meno della forza morale dell’abate e della disciplina dell’Ordine nei suoi motivi religiosi ed economici, politici e morali. Infine, in seguito, ai confini ed entro i confini abbaziali vennero a stanziarsi nobili famiglie che ottengono feudi e possessioni quali: i Martinengo, i Gambara, i Pomelli, poi i Lavellongo, i Poncarali. Accanto a questi feudatari potenti che, quali alleati dell’abbazia ne costituiscono quasi una cerchia protettiva e qualora nemici diventano un grave pericolo per l’unità e l’indipendenza del potere abbaziale, si aggiungono le sistematiche usurpazioni dei territori già assegnati da Desiderio ai monasteri dell’alta Italia. Sotto poi il dominio della Serenissima, sembra che l’abbazia di Leno fosse stata privata della sua giurisdizione temporale sin dal 1429. L’abbazia verso la Commenda “Dopo il 1306 – annota il Tagliabue13 – nessun cenno alla presenza di monaci nella documentazione edita dallo Zaccaria né un pur minimo riferimento alla comunità viene fatto nel documento del 1471 in occasione della proposta unione a S. Giustina. Dopo l’abate Uberto (1307) seguirono altri quattro abati regolari. Comunque, anche se i chiostri erano deserti fu nominato nel 1434 l’abate Ottobono dei Conti di Langosco e di Mirabello il quale, pur facendo lunga residenza, con i fratelli Giovanni e Francesco nella sua casa privata di Castenedolo (...), vantava diritti e privilegi sulla Badia. Infatti il 7 giugno 1441, il Consiglio dei Pregadi in Venezia concedeva al nuovo abate la giurisdizione sul territorio di Leno, salve però le concessioni già fatte al Comune di Leno e successivamente furono consegnate le chiavi del castello. I privilegi

non bastano all’abate; avanza diritti su diverse terre. Già il 27 novembre 1434, con arbitri eletti dal Comune si raggiunse una convenzione a conclusione di una lite, il Comune viene investito di tutti i diritti su dette terre e si obbliga altresì a cedere all’abbazia due terre di piò 200, una in località Prato Ottolino e l’altra in contrada Viganovo14. Altra Sententia in data 1437, giugno 4, emessa in Brescia sfavorevole all’abate Ottobono che accampava diritti di pascolo, coltura, legna ed altro su terreni del Comune di Leno15. L’abate commendatario sarà comunque sempre presente, attraverso i suoi campari ed agenti. Testimonianze che troviamo nella raccolta documentaria presso l’Archivio Storico del Comune. “Che la convivenza tra i due enti fu segnata da aspetti contrastanti per il possesso di beni e di diritti e tra questi i diritti di decima, di onoranze, di utilizzo delle acque sorgive e discorrenti sul territorio”. Altra documentazione riguarda le cause svolte tra il secolo XIII e XV tra il Comune e diverse famiglie aristocratiche o solo facoltose del territorio, cause

con il Comune di Bagnolo Mella, il vescovo di Brescia che possedeva beni nel Comune limitrofo di Bagnolo, con l’Università del Naviglio di Brescia. Tra le famiglie si ricordano i Conti Gambara e Martinengo, gli Arici, gli Albrici, Scovolo, Cazzago, Pedrocca, Albini, Rosa, Lodi, Riva de Argentis16. 39

Ponte vecchio origine adacquatoria dei 40 piò - Scovola.


Strolaga piccola (Colymbus septentrionalis) e il suo nido. Da “Gli uccelli� di Luigi Figuier, F.lli Treves Editori, Milano 1881.



La Commenda Nel 1471 troviamo una significativa testimonianza nello Zaccaria quando scrive che l’abate ancora in carica Bartolomeo Averoldi “trattò l’aggregazione alla celebratissima Congregazione di S. Giustina di Padova del suo monastero” ma non se ne fece nulla. Per cui l’Averoldi “grande imprenditore” prosegue lo storico gesuita, “sortì un nuovo trattato che gli riuscì felicemente”. Non accettò quindi le nuove condizioni promosse dalla riforma monastica del patrizio veneto Lodovico Barbo all’inizio del secolo XV. Pertanto con l’acquisizione del seggio arcivescovile dalmata, l’Averoldi cedette l’abbazia con tutto il suo patrimonio, adiacenze e privilegi. In tal modo Leno finì in Commenda nel 14791. Gli abati commendatari susseguitesi furono 18, compreso il Foscari e risultano tutti alti prelati dell’aristocrazia veneziana che stanno lontani dalla sede per tre secoli, ne godono le rendite e il monastero vivrà una vita effimera. Nella nota 36, il Tagliabue, riferisce che “in mancanza di studi specifici, non saprei valutare la reale tenuta di tale patrimonio, né a quanto effettivamente ammontasse la sua rendita beneficiale complessiva”. (...) Nel periodo qui considerato ho reperito una nota delle proprietà in Leno soggette all’abbazia: “Una pezza di terra in contrada Striaga (nei confini di Leno, Porzano, Ghedi), esser campagna, sive pascolo di piò 600 circa. Item in contrada del Viganovo (zona nord della Costa) di piò 600 circa. Item in detta contrada di piò 20. Item in contrada Mezul di piò 10. Item in contrada Scanaloch-Lama, soleva essere pascolo di piò 1000 circa. Item detta i Ronchi, parte boschi e parte pascolo di piò 2000 circa. Item detta in Pizo de Grom di piò 25 circa. Altra in detta contrada di piò 280 circa. Una pezza di terra ove si dice Squadreto soleva essere bosco di piò 600 circa. Pezza di terra-pascolo vicina al fiume Molone di piò 200 circa. Più pezze di terra che solevano esser pascolo in contrada Brai (Breda) del Latte appresso la Striaga di piò 60 circa. Totale piò 5395 circa. Molte pezze di terra, boschive e pascolive si tralasciano per non sapere li confini”. Quanto sia stata estremamente funesta questa istituzione lo dichiarano pure i contemporanei reggenti la nostra

Comunità: “Avanti la commenda l’abbate e i monaci abitavano il monastero con le famiglie dei coltivatori e se partivano per qualche tempo lasciavano li loro fattori ad attendere alli affari delle loro possessioni, che non si recasse alcun danno e pregiudizio al monastero stesso”. Questo istituto quindi non ha più la forza di imporsi al Comune per conservare ancora i suoi antichi diritti su pascoli, campagne, boschi, ecc. “(...) La Terra di Leno, è testimoniato, è moltiplicata di famiglie in maggior numero, cosicché per vivere si occupano abusivamente campagne e pascoli, si tagliano boschi di proprietà del monastero; continua la bonifica di terreni paludosi, con drenaggi e costruzioni di seriole e roggie estendendo l’irrigazione”. Delle terre elencate molte sono “ridotte a coltura e si semina ogni anno, come quelle in contrada della Striaga, Mezul, Viganovo, Dosso, Masagho, Saltello, Rotino, Ronchi et altri luoghi”. Le terre di Squadreto “avanti la guerra di Nicolò Picinin (1438) erano ridotte a coltura, et divise tra le particolari persone del Commun” 2. 1 2

M. Tagliabue, op. cit. p. 225 n. 35. L. Cirimbelli, Leno. Dodici secoli, cit. vol. I, p. 88 ss. - ASC Leno, Parte antica, filza III, f. 16.

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Rampe che permettono l’ingresso nell’alveo di trattori per la pulizia del Capirolo.


Oltre alla breve rassegna riportiamo due esempi di vertenza. Il commendatario Francesco Vitturi rivendica diritti di possesso su campagne e pascoli aprendo una vertenza nel 1483-1491 contro alcuni privati per il mancato pagamento di soldi 4 per lira sui trasferimenti di beni mobili in Leno. Segue la sentenza di Tristano de Valgulio di Brescia, giureconsulto eletto, il quale annulla le pretese del Vitturi17. La più significativa è l’altra vertenza del 17 febbraio 1507 nella quale il Vitturi pretende addirittura la nullità di varie convenzioni seguite tra gli abati suoi predecessori e il Comune sin dal 1297. I procuratori di Venezia udite e ponderate le parti assolvono il Comune dalle pretese e molestie del Vitturi18. Il 5 maggio 1357 il podestà di Brescia, ad istanza della comunità di Leno, vieta agli abitanti del territorio di Ghedi di far pascolar le proprie bestie e di tagliare l’erba nelle campagne di Striaga e di Viganovo. Le due comunità ebbero frequenti contrasti per i confini del territorio. Per porre fine alle numerose liti sorte tra il Comune ed i cardinali abati Dal Monte e Girolamo Martinengo da Roma giungono ad una transazione emessa il 14 ottobre 1541 (v.) con la quale stabiliscono clausole circa la regolamentazione delle acque, l’uso dei mulini e la coltiva-

zione dei terreni nel territorio di Leno19. Mentre, unico esempio di solidarietà è quello di Giovanni Francesco Morosini, abate Commendatario che rinuncia a qualunque querela fatta a suo nome contro il Comune di Leno e altri processi formati per il taglio di alberi praticato dal Comune ai danni dell’abbazia20. Comunque nei secoli XIV-XV è documentato che gli agenti del monastero confessano di ricevere dai Reggenti del Comune di Leno, some cinque di formento e some tre di spelta per ragioni di decime dovute a detto monastero. Questi obblighi saranno estinti con l’ultimo abate Marcantonio Lombardi, poiché il Querini (penultimo commendatario) riceve, come attesta un documento del 1749, in cui i fratelli Pietro e Gaetano Dander, avendo acquistato dal Comune le due possessioni dette la Colombara e la Selvadonica, si assumono l’obbligo di versare al canonico Geronimo Suzio, agente per nome del card. Querini, la somma di lire 2213 di planetti per estinzione di capitale dovuto all’abbazia21. Il 1796 è l’ultimo della veneta Signoria; le terre del Bresciano sono ancora divise in Quadre e sono venticinque, fra le quali la Quadra di Ghedi, governata da un vicario ed è un Distretto di cinque Comuni con settemila persone circa. Ghedi giace tra il Naviglio e la seriola Gambara. È capo di Quadra con Leno, Malpaga, Milzanello e Montirone. (Porzano appartiene alla Quadra di Manerbio che ne è capo di Quadra con Cignano e Offlaga). Dopo tante lettere ducali il paese potrà godere in pace alcuni suoi privilegi. Si pose fine al potere civile dell’abate in modo che tutte le ragioni di acqua e molini, campagna, boschi, pascoli, ecc. passarono in libero possesso del Comune. Nel marzo 1801, il governo cisalpino scioglie le vicinie e ne incamera i beni. I secoli XVII e XVIII, malgrado lunghi e difficili anni di guerre, di carestie e di epidemie, segnano anche per Leno un periodo di lento rinnovamento economico; la Comunità civile prende il posto della scomparsa abbazia; strutture ed istituzioni vanno mutando la propria fisionomia, sotto l’incalzare degli avvenimenti generali della storia di Brescia e d’Italia.

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L. Cirimbelli, Miscellanea leonense, Bagnolo Mella, 2004, p.14. L. Cirimbelli, Leno. Dodici secoli nel cuore della bassa. Il territorio, gli eventi, i personaggi, Bagnolo Mella, 1993, p. 54 vol. I, p. 55. Cfr. A. Fappani, Enciclopedia bresciana, Brescia, 1987, vol. VII, pp. 142. 2 Cfr. L. Cirimbelli, Leno. Dodici secoli..., cit., vol. I, pp. 66-67. 3 L. Cirimbelli, Leno. Dodici secoli..., op. cit. vol. I p. 77. 4 ASC Leno, Parte antica, filza A, f. 3. 5 ASC Leno, Parte antica, filza A, f. 3 III. 6 ASC Leno, Parte antica, filza I, f. 15. 7 Ibidem, filza II, f. 14. 8 L. Cirimbelli, Dodici secoli, op. cit., pp. 74-75. 9 Ibidem, pp. 81-82. 10 Ibidem, p. 84. 11 Ibidem, p. 84. 12 Ibidem, p. 85-86. 13 L’argomento è trattato in modo encomiabile da: M. Tagliabue: Leno in Commenda. Un caso di mancata unione a S. Giustina (1471-1479), in “Brixia Sacra”, Brescia, gennaio-giugno 2002, pp. da 215 a 228. 14 ASC Leno, Parte antica, filza I, foglio 18 scheda 43. 15 ASC Leno, Parte antica, filza I, foglio 20 scheda 44. 16 ASC Leno, Inventario archivio, Milano 1990, p. 131. 17 ASC Leno, Parte antica, 17 dicembre 1491, in filza II, f. 53. 18 ASC Leno, Parte antica, filza III, f. 16. 19 ASC Leno, Parte antica, filza III, f. 40. 20 ASC Leno, Parte antica, Instrumentum di rinuncia, filza IV, f. 5. 21 ASC Leno, Parte antica, filza V, f. 41. 1


Vaso irriguo Benone Rescatto.


Capitolo terzo Acquisti Permute Diritto di rivalsa


Acquisti Permute Diritto di rivalsa Alla luce di questa rassegna, il Comune, oltre a gestire la propria Azienda Acque, con acquisti da privati, ha continuato con cura l’opera di manutenzione dei vasi irrigui costruendo ponti, manufatti, paratoie per l’uso corretto delle acque indispensabili al miglioramento e alla conservazione di questo prezioso patrimonio. Diamo di seguito alcuni accenni di documenti che attestano una continua attività in tal senso.

Secolo XV 1434, giugno 24 - Il signor Antonio Manerba e altri della stessa famiglia pretendono l’esenzione dal pagamento di imposta del colonato, il Comune, in seguito a sentenza, si rifiuta di affittare loro l’acqua della seriola Salvasecca1.

Fontanile e tubi Norton del Canal Grande/Lavaculo Scovola.

1445, aprile 26, Brescia - Giacomo de Advocatis fu Achille di Brescia, nobile, vende ai reggenti del Comune di Leno i diritti d’acqua di una sorgiva in Bagnolo, contrada Godhi, con facoltà da parte del suddetto Comune di scavare vasi per l’incanalamento delle acque medesime e l’impegno di averne cura, al prezzo di ducati 702. Nel 1445, il nob. Giacomo di Achille Avogadro vende tutti i suoi diritti d’acqua dei Godi e delle Lame al Comune di Leno, altrettanto fece il vescovo per la sua quota parte. (P. Guerrini) 1446, agosto 16, Brescia - Il Comune di Leno e Pietro e Marchesio, fratelli de Occanonibus, di Brescia, abitanti a Porzano, in seguito ad una lite sui diritti d’acqua di una seriola che scorre in Porzano, contrade Saltello e Prato Gidino, giungono ad una transazione con la quale il Comune si impegna a costruire una chiavica che aperta durante la settimana potrà essere abbassata dal tramonto del sabato all’alba del lunedì, cosicché i de Occanonibus possono usufruire delle acque3. Il 25 novembre 1446, Giacomo de Advocatis fu Achille, riceve dai sindaci del Comune 9 ducati per il completo pagamento dei ducati 70, prezzo dei diritti d’acqua del 14454. Nel 1460, Giovanni Scalvini e suo genero nob. Antonio di Scovolo, proprietari della Castella e della Scovola, vendono altre acque delle Lame e del Lavaculo a Pietro Capirola di Leno e allo stesso Comune che viene quindi ad acquistare tutte le acque sorgive della testata delle Lame e i fondi del Rino e del Naviglio delle Lame, divenuti in seguito oggetto di controversie varie giudiziarie. (P. Guerrini) 1462, 1° aprile. Un certo Avogadro aveva venduto al Comune di Leno, e ad un certo Mariotto Sanseverino da Monte alcune acque provenienti dal territorio di Bagnolo.

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conto del prezzo di ducati 150 delle acque da lei vendute al Comune9.

Viene redatta una apposita convenzione nella quale è stabilito che tutte le acque predette debbano restare di proprietà del Comune di Leno. Queste acque che formano la roggia Naviglio, in origine erano di promiscua proprietà fra il Comune e l’Abate di S.Benedetto di Leno5. 1466, maggio 6 - Il Comune e l’Abate Averoldi da una parte e i fratelli Capirola dall’altra convengono che tutte le acque provenienti da Bagnolo, Ghedi e dai confini di Porzano introdotte nei fondi Capirola debbano essere divise in quattro parti; tre delle quali di spettanza del Comune e dell’Abate ed una appartenente ai predetti fratelli Capirola.

1478, gennaio 28 - Brescia. Flora di Leno vedova di Pietro de Capirolis agente a nome del figlio Vincenzo, confessa di ricevere da Domenico Tamburini a nome del Comune di Leno, ducati 27 d’oro a conto del prezzo di ducati 150 delle acque da lei vendute al Comune10.

Cascina Cereto Rigagnolo (fosadèl) scorre in direzione (nord) opposta alla seriola Uggera.

1469, gennaio 7 - Brescia in contrada S. Agata. Il Comune rinuncia a favore di Pietro de Capirolis di Leno, alla condizione del contratto stipulato dall’Abate, dal predetto de Capirolis e dallo stesso Comune in rapporto ad alcuni diritti sulle acque della seriola Scovola6.

1478, gennaio 28 - Brescia, in contrada Mercati. Nicolò de Capitaneis, di Venezia, rinuncia ai diritti d’acqua della roggia Lavaculo a favore di Flora di Leno, vedova di Pietro de Capirolis, agente a nome del figlio Vincenzo, a condizione che gli vengano versati ducati 27 d’oro11. 1480, dicembre 2 - Brescia. Domenico Tamburini, Benvenuto Cani e Comino Zenucchini a nome del Comune consegnano a Giovanna, vedova di Giovanni de Capirolis, tutrice dei figli Ercole, Annibale e Marcantonio lire 480 soldi 10 di planetti a saldo del prezzo dell’acqua acquistata dal Comune nel 1477 e ne ricevono liberazione12.

1470, febbraio 7 - Andrea Leon, podestà di Brescia, emette sentenza d’appello parte a conferma parte a riforma di precedente sentenza 2 dicembre 1468, nella causa vertente tra il Comune di Leno e quello di Gottolengo, per diritti sulle acque del fiume Redone, della seriola Bassina, Isola, Isolana, Salvadonega e quelle derivanti dallo scolmatore del Prato Ottolino7.

1486, gennaio 23 - Leno. Bertolino de Zenuchinis di Comino, Lorenzo de Canis fu Benvenuto, entrambi di Leno, rinunciano ai diritti loro spettanti sulle acque della seriola Lavaculo a favore del Comune, acquistati dai rispettivi padri dagli eredi di Pietro de Capirolis13.

1477, ottobre 27 - Flora, vedova di Pietro de Capirolis, tutrice del figlio Vincenzo, vende a Domenico Tamburini e a Comino Zenucchini la metà di tutte le acque sgolizie e ragioni d’acqua delle seriole Lavaculo, Riolo, Bonaga, de Bosij Rosi, Giovanardi, Mignanini, nascenti e discorrenti nel territorio di Ghedi, Bagnolo, Porzano e sopra varie possessioni private con tutti i fossati ed acquedotti e con le facoltà di poter costruire altri fossati ed acquedotti fino ai confini di Leno e Ghedi al prezzo di ducati 150; Flora confessa di ricevere subito ducati 50 a saldo parziale del debito8.

1486, febbraio 20 - Leno. Domenico Tamburini di Leno, rinuncia ai diritti di acqua della seriola Lavaculo acquistati insieme a Benvenuto Cani e Comino Zenucchini, per conto del Comune dagli eredi di Pietro de Capirolis a favore del Comune di Leno14. Dopo la morte della madre di Vincenzo Capirola, signora Flora, con atto notarile del 27 marzo 1489, rogato in Brescia contrada S. Agata, il notaio Andrea de Archeriis nomina tutore di Vincenzo, Stefano de Cavacis da Soncino, orefice in Brescia, il quale dichiara di ricevere dal Comune di Leno 200 lire di planetti a saldo di un debito per l’acquisto di diritti d’acqua15.

1477, dicembre 16 - Brescia. Flora di Leno, vedova di Pietro de Capirolis, a nome anche del figlio Vincenzo, confessa di ricevere da Domenico Tamburini e Comino Zenucchini di Leno, agenti a nome del Comune, ducati 15 d’oro a

1494, giugno 25 - Contrada Squadretti. Il Comune procede nei lavori di manutenzione di un vaso d’acqua transi47


terreno per scavar un vaso di seriola di larghezza di braccia 4 situati in contrada di Squadretto (...) e ciò al prezzo di lire 40 di planetti, in pagamento dei quali promette il Comune di assegnar tante acque in affitto. Il Comune si obbliga di costruire i ponti necessari su detta seriola, cosicché tutte le acque provenienti dalle possessioni Gobbi scarichino nella seriola comunale detta Mombella22.

tante nelle proprietà degli eredi di Gerolamo de Gobbis, di Leno16. Nel medesimo anno si procede all’escavazione di una nuova roggia per invasare e distribuire nella campagna di Leno l’acqua che scorre nei possedimenti de Posis (ndt, ver. nome) sul territorio di Bagnolo. 1496, aprile 19 - Leno in contrata Molendini. Gerolamo de Cucchis fu Sandrone di Brescia e abitante a Porzano, affitta al Comune di Leno, per il periodo di tre anni, l’uso delle acque della seriola Cucca, concordando le condizioni17. Secolo XVI 1500, aprile 9. Il Comune acquista da certo Marchesio del fu Pecino de Garuffis da Leno qui abitante: il diritto di tutte le acque sorgive e sgolature esistenti attorno le possessioni di detto Marchesio in contrada della Striaga, con la facoltà al Comune di poter “curar, cavar et fondar” essi fossi. E ciò per soldi 55 di planetti. La possessione è situata a mattina della strada pubblica che porta al Fenil Breda del Latte e, verso mezzodì, alla Breda di Pescetti18.

Capirolo - Noce salto del Gatto passaggio canalizzato del Rino in superficie.

1508, ottobre 6. Il Comune, a seguito delle sentenze emesse dai podestà di Brescia, favorevoli al Comune, nella vertenza tra lo stesso Vincenzo de Albricis per diritti d’acqua della seriola Lavaculo e di quella in contrada Striaga, prende possesso delle suddette acque23. 1514, aprile 1 - Brescia. Il Comune e Vincenzo de Albricis di Brescia, a nome anche dei fratelli a composizione di vertenze per diritti d’acque nascenti nei possedimenti dei fratelli de Albricis, in Bagnolo, contrada Godi, giungono ad una transazione con la quale si stabilisce che il Comune abbia il possesso di dette acque di ragione dei de Albricis, paghi entro il 1515 lire 300 di planetti e proceda alla cura e manutenzione dei fossi24.

1502, gennaio 23. Domenico de Peronis fu Pietro e Antonio Roste e Tomaso de Baltheis di Pralboino, tutti abitanti in Leno, vendono al Comune di Leno i diritti di un fossato e delle acque da esso nascenti in Leno in contrada dell’Olmo al prezzo di lire 8 di planetti19.

1545, maggio 30. In Brescia. Simone Locatelli, vicario del podestà di Brescia, emette sentenza favorevole al Comune nella vertenza tra detto Comune e gli eredi di Giacomo de Rotingo di Brescia per la pretesa proprietà di una seriola25.

1502, ottobre 4. Acquisto. Il Comune acquista da Agnolin da Capriano, abitante in Leno un fosso sgolatorio in contrada delle Lame e questo è fatto dal Comune per condurre le acque sortive et altre che scorrono verso la strada di Gottolengo al molin del Comune in contrada dei Dossi, per lire 4 di planetti20.

1563, febbraio 12. La difesa dei diritti, da parte del Comune di Bagnolo Mella, sulle Lame e sulle acque del Garza e numerose fontane pubbliche, conduce ad aprire vertenze giudiziarie col vescovo Domenico Bollani, col Comune di Leno, i nobili Albricci, Moro, Cazzago e Avogadro, stipulando una transazione a conclusione di liti, con atti di ratificazione dell’accordo di ciascuna parte26.

1503, aprile 22. Giovanni de Ferrariis fu Zanello e Benedetto de Ferrariis fu Antonio, entrambi di Ghedi, vendono a Scipione di Provaglio di Brescia e ai Reggenti del Comune di Leno i diritti delle acque nascenti e derivanti dal territorio di Ghedi in contrada Pasotella e invaso per condurre tali acque, al prezzo di lire 125 di planetti21.

1573, marzo 26 - Leno. Il Comune vende a G.B. de Pilottis fu Urbano di Brescia, ore 20 d’acqua della Bocca Cicogna ogni 8 giorni al prezzo di lire 500 di planetti con la clausola che il Comune possa, nel termine di tre anni, riacquistare dette ore di acqua27.

1507, maggio 19. Acquisto del Comune et uomini di Leno dalle famiglie Gobbi, d’un vaso di seriola sive tanto

1574, marzo 31. Il Comune vende a 48


contrada Salvasecca, al prezzo di lire 322 e soldi 10 di planetti che i reggenti del Comune promettono di pagare entro Natale33.

Scipione de Manerva fu Taddeo e a Mario de Trussis fu Vittorio, entrambi di Brescia, ore 70 d’acqua della seriola Selvasecca ogni 15 giorni, al prezzo di lire 1500 di planetti con la clausola che il Comune possa riacquistare dette ore d’acqua in qualsiasi momento e con l’obbligo per i suddetti di macinare i loro raccolti ai mulini di proprietà comunale finché useranno tale acqua28. 1580. Ha luogo una vertenza tra il Comune e Bernardino e fratelli, figli di Scipione Bettoncelli per la restituzione dei diritti di 45 ore ogni 15 giorni sulle acque della seriola Pavona; segue l’accordo tra le parti secondo il quale i fratelli Bettoncelli acquistano il suddetto diritto di lire 750 di planetti con patto di restituzione29.

1607, dicembre 11. Il Comune versa a G.B. de Pilottis di Brescia, tutore di Giacomo de Pilottis fu Orazio (…) lire 300 di planetti per il recupero di alcune ore d’acqua precedentemente vendute al suddetto Giovanni Battista con atto del 6 marzo 1573 al prezzo di lire 500 di planetti34. Una paratoia sulla Seriolazza (Cascina Costa).

1586, novembre 19. Vertenza tra il Comune da una parte, Tito e Vespasiano Luzzago, eredi e rappresentanti di Ortensia e Veronica Garbelli dall’altra, per la restituzione del diritto d’uso di, 14 ore, dell’acqua della seriola Salvasecca: vendita del Comune ad Ortensia e Veronica Garbelli del suddetto diritto al prezzo di lire 370 di planetti con patto di restituzione30.

1608, gennaio 25 - Brescia. Il Comune versa ad Antonia vedova di Giacomo de Bonfadinis, tutrice del figlio Giovanni Battista di Brescia, lire 200 di planetti per il recupero di alcune ore d’acqua precedentemente vendute a Antonia e al figlio Giovanni Battista suoi eredi35. 1614. Il Comune e Scipione de Stroppis di Leno, pongono fine alla sentenza che li oppone per i diritti di proprietà e di sfruttamento delle seriole Lavaculo, Riolo, Bonaga con la presente transazione per la quale si riconosce ogni diritto di proprietà al Comune di Leno. Concede alcune ore d’acqua allo Stroppis ogni lunedì nei mesi di dicembre e di gennaio pagando al Comune lire 10 di planetti ogni volta che tali ore saranno abusivamente superate e soldi 10 di planetti per la ricognizione della concessione che il Comune è tenuto a fare annualmente36.

1588, aprile 2 - Brescia. Ludovico Martinengo e Camillo Albini, eletti arbitri nella vertenza per i diritti d’utilizzo dell’acqua tra il Comune e Alessandro Albini di Brescia, proprietario di terreni a Leno, confermano i diritti d’acqua e sui vasi per condurla a detto Albini, che è tenuto a pagare al Comune le ore d’acqua utilizzate tanto quanto gli altri contadini, mentre il Comune è tenuto a fare costruire un ponte nella proprietà degli eredi di Agostino di Masseri oltre il guado della seriola Gambarella a Leno31.

1617, gennaio 31 - Pavone. Il Comune di Pavone nomina alcuni procuratori per stipulare con il Comune di Leno un contratto di affittanza della seriola Gambarella con facoltà di costruire fossati, chiuse, canali37. 1676, novembre 1. Affittanza dell’acqua della seriola Selvasecca concessa dal consiglio speciale del Comune di Leno al Comune di Pavone38.

1593, gennaio 20 - Brescia. Il Comune versa lire 1107 di planetti ai fratelli Nicolò e Taddeo de Manerbis, per il recupero di 70 ore di acqua della seriola Selvasecca di Leno, precedentemente vendute a Scipione de Manerbis e Mario de Trussis, entrambi di Brescia, al prezzo di lire 1550 di planetti32.

1686, giugno 11 - Leno. Il nobile Giovanni Battista Conforti fu Ludovico, di Brescia, vende al Comune di Leno i diritti sulle acque del vaso Naviglio nel tratto scorrente sul territorio di Leno con tutte le acque nascenti e sgolizie da detto vaso al prezzo di lire 300 di planetti, stabilendo patti per la cura e l’utilizzo delle acque39.

Secolo XVII 1600, maggio 2. Leno. Aloisio de Trussis fu Ludovico di Brescia, vende al Comune diritti d’acqua del fossato costruito nelle proprietà del detto Aloisio,

1687, agosto 21 - Leno, nel Castello. 49


Agostino Terzi fu G. Battista, di Brescia, vende al Comune una pezza di terra arativa di piò 2 e tavole 70 a Leno, contrada Mazzago, al prezzo di lire 207 soldi 8 di planetti, a conto delle quali il Comune compensa alcuni diritti di taglie di Agostino, versando subito il residuo di lire 65 di planetti allo stesso Agostino40. 1696, giugno 7 - Leno. Agostino Terzi, abitante a Leno, vende al Comune di Leno, agente a nome della Scuola della Beata Vergine del Mazzago, una terra prativa ed adacquata di piò 2 e tavole 82 e once 8 a Leno con diritti d’acqua della seriola Bassina al prezzo di lire 231 di planetti e soldi 7, di cui i reggenti del Comune consegnano subito lire 100 di planetti e per il residuo cedono ad Agostino il diritto di esigere un credito da Pietro Rossini, debitore del Comune41. 1696, novembre 23 - Leno, “in contrata del Castello, presso il ponte del Castello”. Agostino Terzi, fu Giovanni Battista, cittadino di Brescia, vende al comune di Leno una terra di piò 6 a Leno, contrada Mazzago, con i diritti d’acqua della seriola Bassina al prezzo di lire 418 soldi 4 di planetti, di cui lire 101 soldi 8 piccole sono subito versate, lire 200 di planetti saranno versate alla scuola del Castelletto di Leno, mentre il residuo sarà consegnato entro 15 giorni42. 1698, novembre 4 - Leno. Scrittura privata. In esecuzione delle leggi, dovendo il Consorzio dei Poveri di Leno, vendere le due possessioni, l’una detta la Colombara e l’altra la Selvadonega; i reggenti la Comunità ponderano essere bene fare l’acquisto delle medesime perché nelle loro vicinanze vi sono sorgenti di acque Comunali. Le due possessioni vengono cedute al prezzo di lire 19.000 con patto d’affrancazione nel termine di anni venti, nel frattempo la Comunità è tenuta a pagare il 3 per cento all’anno43.

Fontanile in proprietà Cascina Formola. ASC Leno - Parte antica, b 16, Mazzo XIII, n° 8 - contiene estratti di liberazione della General Vicinia del Comune di Leno, mandati di comparizione, ordini e sentenze del vicario pretorio e dei Rettori di Brescia, istrumentita. 2 ASC Leno - Parte antica, Instrumentum venditionis, filza I, f. 28. 3 ASC Leno - Parte antica, Instrumentum transationis, filza I, f. 29. 4 ASC Leno - Parte antica, Instrumentum solutionis et liberationis, filza I, f. 30. 5 ASC Leno - Parte antica, Instrumentum transationis, notaio de Scovolis, filza II, f. 5. 6 ASC Leno - Parte antica, Instrumentum renuntianis, notaio Francesco Codagnellus di Brescia, filza II, f. 22. 7 ASC Leno - Parte antica, Sententia 2 copie semplici cart., cc. 4, filza II, f. 23. 8 ASC Leno - Parte antica, Instrumentum (v)enditionis, notaio Andrea de Archeriis di Brescia, filza II, f. 29. 9 ASC Leno - Parte antica, Instrumentum confessioni set liberationis, notaio Andrea de Archeriis di Brescia, filza II, f. 30. 10 ASC Leno - Parte antica, Instrumentum confessioni set liberationis, notaio Andrea de Archeriis di Brescia, filza II, f. 33. 11 ASC Leno - Parte antica, Instrumentum renuntiationis, filza II, f. 32. 12 ASC Leno - Parte antica, Instrumentum solutionis et liberationis, Filza II, f. 34. 13 ASC Leno - Parte antica, Instrumentum renuntiationis, notaio Pietro de Moris. Filza II, f. 38-39. 14 ASC Leno - Parte antica - Instrumentum renuntiationis, notaio Pietro de Moris. Filza II, f. 40. 15 ASC Leno - Parte antica - Instrumentum confessioni set liberationis, notaio Andrea de Archeriis. Filza II, f. 48. 16 ASC Leno - Parte antica - Instrumentum tenute possessionis, filza II, f. 60. 17 ASC Leno - Parte antica - Instrumentum locationis, notaio Bertolino de Zenuchinis, filza II, f. 62. 18 ASC Leno - Parte antica - Sommario cit. F. 40 p. 35 - Filza III f. 2, Instrumentum in solutum dationis. 19 ASC Leno - Parte antica, Filza III, f. 5. 1

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ASC Leno - Parte antica - Sommario cit. p. 36, E 44. 21 ASC Leno - Parte antica - Instrumentum venditionis. Filza III, f. 10. 22 ASC Leno - Parte antica - Sommario cit. p. 36 bis a 37, E 46 - Cfr. ASC Leno, Parte antica, Filza III, f. 17. 23 ASC Leno - Parte antica, Filza III, f. 19. 24 ASC Leno - Parte antica - Instrumentum transationis, Filza III, f. 24. 25 ASC Leno - Parte antica, Filza III, f. 41. 26 ASC Leno - Parte antica - Instrumentum transationis. Filza III, f. 52. 27 ASC Leno - Parte antica, Filza III, f. 68. 28 ASC Leno - Parte antica, Filza III, f. 69. 29 ASC Leno - Parte antica, b. 15, mazzo XII, n° 20. 30 ASC Leno - Parte antica, b. 15, mazzo XII, n° 19. 31 ASC Leno - Parte antica, Filza III, f. 82. 32 ASC Leno - Parte antica, Filza III, f. 86, altri versamenti seguirono nei mesi di marzo e giugno. 33 ASC Leno - Parte antica - Instrumentum venditionis. Filza IV, f. 1. 34 ASC Leno - Parte antica - Instrumentum solutionis retrodati. Filza IV, f. 7. 35 ASC Leno - Parte antica - Instrumentum solutionis. Filza IV, f. 8. 36 ASC Leno - Parte antica - Instumentum transationis. Filza IV, f. 9. 37 ASC Leno - Parte antica - Instrumentum constitutionis procuratorum. Filza IV, f. 11. 38 ASC Leno - Parte antica - Affittanza acqua. b.15. Mazzo XII, n° 23. 39 ASC Leno - Parte antica - Istrumento di vendita. Filza IV, f. 86. 40 ASC Leno - Parte antica - Istrumento di vendita. Filza IV, f. 86-II. 41 ASC Leno - Parte antica - Istrumento di vendita. Filza IV, f. 99. 42 ASC Leno - Parte antica - Istrumento di vendita. Filza IV, f. 101. 43 ASC Leno - Parte antica - Sommario cit. b. 93, D 68. 20


Appendice

Documenti Aprile. Il card. de Montibus, per l’abbazia di Leno ebbe avviso “la signoria aver sequestrato le sue entrate” e prega “cussì come la ge à dato il possesso, cussì vog lassar scuoder le entrade” [queste sono le preghiere fervorose]5.

L’11 agosto 1490 si apre la vertenza e querela tra l’abate dell’abbazia, Francesco Vitturi, e il Comune di Leno, motivazione: “...per lo sprofondamento e l’allargamento della seriola Lavaculo nelle contrade di Mezulis e Viganovo continuando in contrada Striaga, compiuto dal Comune al fine di bonificare terre circostanti, renderle coltivabili e fruttare le acque per l’irrigazione, recando danno ai molini della Costa e del Dosso de Lupi (molino dei Dossi) azionati dalle acque di detta seriola”1. Da Brescia, il 5 luglio 1493, Giacomo da Mosto, podestà di Brescia, annulla la precedente condanna nei confronti del Comune di Leno su querela dell’abate di S. Benedetto di Leno (Francesco Vitturi) per la costruzione di un vaso su una terra lamiva e pascoliva in Leno, contrada Striaga detta la Lama, sulla quale il Comune di Leno secondo l’abate vantava soltanto diritto di pascolo2. Il 7 maggio 1495, l’abate Francesco Vitturi commendatario dell’abbazia, concede la licenza e facoltà al Comune di Leno di poter costruire un vaso per condurre acqua sui terreni di ragione di detta abbazia, sopra il territorio di Leno in contrada di Squadretto3. Ho compiuto l’estratto di quel che riguarda Leno nei 58 volumoni “Diari” del Sanudo. Poca roba in tutto, ma almeno si può dir compiuta la visione di una fonte tanto autorevole, e tanto poco nota ai bresciani. Lo sfogliare il Sanudo è motivo di curiosità e anche di venerazione per quell’uomo che consumò inchiostro e carta quanto nessun altro (circa

Uno scorcio del Lavaculo.

40 mila pagine di stampa fitta) e che sedette in collegio, a quanto si vede, anche le feste (notando con qual vestito il doge andasse a messa); tutti i giorni da matina e anche da poi disnar. Nelle ultime righe non v’è nulla che lasci pensare finito il suo compito. E proprio nelle ultime righe non nomina Leno ma quel cardinal che ne godeva l’abazia. 26 febbraio 1517. “Da Roma, l’orator [ambasciatore] nostro sier Marin Zorzi dotor, scrive, come justa le letere scritoli, fo dal cardinal Montibus al quale dete le letere di la Signoria in materia de aver dato il possesso di l’Abatia di Leno, in la promission fata a quelli di chà Vituri, pregando volesse cussi far etc. Soa signoria ringratia la Signoria dicendo non si pensava altamente la dovesse far, essendo justa, et che vol mantenir quello [che] ha promesso, licet [benché, nonostante] quelli da chà Vituri li hanno fato gran guera; et aspeta il zentilhomo stato a Venecia il quale ha parlato con tutti do Vituri et zonto el sia etc. ridomandandosi molto a la Signoria” 4. 51

Aprile. Nella restaurazione del potere veneto sul bresciano, la Comunità comprò da Charles Chaumont d’Amboise [gran Maestro di Francia, morto nel 1511] “tre lochi: Gedi Leno e Malpaga” i veneziani ora dicono “la vendeda volemo sia anulada e le rason resti a la Signoria nostra” 6. 22 luglio. “Da Roma, l’orator scrive del cardinal Montibus, qual per l’abatia di Leno, mò za terzo zorno si ha dolto [doluto] il Patriarca nostro per causa di la mità di fruti [che] promesse dar a li Vituri, havia fato far certo processo e sospenderli l’intrade; ma con colera esso cardinal havia dito voler parlar al Papa etc., unde lui orator fo da lui a parlarli per questo, scusando il Patriarca; sicché lo acquietoe et concluse [che il cardinal] per amor di la Signoria è contento servar [serbar] la promessa di la mità de l’intrada” 7. 4 agosto, da Roma: “L’altra letera zircha i Vituri per l’abatia di Leno, di parlar al cardinal de Montibus; non è qui ma si manderà la letera a sua Signoria” 8. 1 settembre. “Da Roma, l’orator nostro [letta il 15 sett.] dito orator parlò al cardinal Montibus zercha li Vituri per l’abazia di Leno, disse alcune parole ut in litteris...” 9. 1518 27 ottobre. “...Mercore in Vene-


zia, fo ordinato andar contra el rev.mo cardenal Santa Praxede de Montibus, [i signori veneziani gli vanno incontro in barca, con tre dotori e il vice doge vestito di veludo cremisin] (...) et veneno per Canal grando con le trombe et pifari sonando. Questo cardenal è di anni 58, episcopo di Pavia et di Novara; à de intrada ducati 5 milia, stato auditor in Rota; è homo optimo canonista e di fazon; è toscano di un loco vicino ad Arezo. Fu dato cardenal a tempo di Julio [II°]. Non voleva esser onorato ma venir secrete, pur dimostra aver a grato chi lo onora. Questo havia certa diferentia con li Vituri intervenendo l’abatia di Leno; al presente si hanno acordato: è contento dar a essi Vituri la mità de l’entrata per pension etc. Et per questo, eri sier Beneto Vituri [che] fo camerlengo di comun, quondam sier Zuane, vene in rialto vestito da negro con becheto di veluto negro per alegreza e tutti si meravigliava perché non si usa portar becheti di veluto nuovo adesso se non con vesta de color” 10. 1520 9 novembre. “Vene il legato del Papa episcopo di Puola per benefici particolar, intervenendo li Veturi per l’abatia di Leno” 11. 1522 26 febbraio. Ducali scritte all’ambasciatore veneto in Roma. “Ad istanza del Rev. Card. Del Monte, per certe sue pretese contro il Comune, sono stati citati alla Corte di Roma i Reggenti di Leno, cosicché sentendosi aggravati si rivolgono alla Signoria Veneta. Il Principe ordina e prescrive che dette cause laiche debbano essere

1530 15 ottobre. L’abate commendatario Girolamo Martinengo promuove varie contese contro il Comune, rinnovando antiche controversie riguardanti pretese sui diritti di acque, mulini, decime, livelli e campagne. In seguito a convenzione e sentenze tra le parti e specialmente la sentenza del 1442, i rettori di Brescia dichiarano: che gli edifici e i mulini siano di promiscua proprietà purché l’abate risarcisca il Comune della metà delle spese fatte e concorra al loro mantenimento. Zolle sotto la coltre nevosa pane...

portate innanzi ai giudici della città di Brescia”12. 1523 19 gennaio. “(...) L’Amministrazione del Monte delle Biade di Brescia viene affidata di biennio in biennio ad un Massaro idoneus ac fidelis, eletto dal Consiglio, obbligato a giuramento, a dar garanzia ed a rendere i conti. Percepisce un salario di 5 lire planet al mese, pagate dal comune di Brescia e deve mantenere a sue spese un servo fisso. Il primo Massaro del Monte è ser Gerolamo da Leno. Con deliberazione del Consiglio Generale si stabilisce il seguente Calmiere: frumento L. 6 a soma; formentada L. 5; segala L. 4,10; miglio L. 4”13. 8 giugno. Ducale di Andrea Gritti, scritta al rettore Antonio Sanudo e Lorenzo Bragadin capitano di Brescia, sulla vertenza in Rota per certi pascoli trasformati a coltura, acque e altre cose che l’abate Antonio card. Del Monte pretende ricuperare all’abbazia. La causa verrà “agitata avanti li judici competenti (...) in Venezia”. 52

1532* “Da poi disnar fo ordinato Collegio per aldir [udire] li Vituri con quel da Martinengo per la Abatia di Leno. Et li Vituri non poteno haver il suo avocato et però li Consieri non si reduseno” 14. *(Nda), Nell’Indice risulta che Vitturi è una casata patrizia di Venezia: un Giovanni fu Proveditor nell’esercito, un Girolamo è nobile di Galea, un Matteo è capo del Consiglio dei Dieci e, un Nicolò è capo dei Quaranta. 1553 3 gennaio. Anche nel nostro Comune sono stati usurpati, venduti e divisi tra molte persone, circa tremila campi, di proprietà comunale, contro la forma delle leggi e gli ordini della città. 27 novembre. Le affittanze dei beni del Comune devono essere deliberate al pubblico incanto sotto pena, ai contraffattori, di lire 25 cadauno e d’invalidità per quanto fosse operato contrariamente. 1555 28 gennaio. Accordo Comune-


abbazia, testimoni: Nicolò Moranti del fu Bartolomeo da Leno e Giò. Francesco dall’Olmo, cittadino di Brescia, affittuale dell’abbazia dal 1541 al 1552. L’esaminatore della sentenza è il rev. don Gerolamo Ceruti, monaco di S. Eufemia e fattore dell’abbazia. Richiamandosi a precedenti transazioni si dichiara che: a) è in evidentissima utilità dell’abbazia l’aver accettato le 200 lire di censo annuo che il Comune versa all’abate in vece dei 200 piò di campagna, perché il reddito annuale sarebbe inferiore alle duecento lire; b) essere vero che il Comune concesse all’abate la possessione in contrada dei Dossi di piò 96 circa con sei ore di acqua di irrigazione, valutata in lire 6.000 in cambio dei diritti di pascolo sul territorio di Leno la cui valutazione attuale supera le ottomila lire e che volendola affittare se ne ricaverebbero 300 lire annuali. 1557 18 gennaio. La S. Sede approva la transazione del 14 ottobre 1541, insorta tra la comunità nostra e l’abate, seguita dall’Ecc.mo Senato in data 24 maggio. 1516 Antonio Del Monte cardinale del titolo di S. Prassede è nominato abate commendatario di Leno. Durante il suo governo non cessano le ostilità con i Vitturi15.

dinal Montibus la impetrò dal Papa et ha auto tre sententie in Rota conformi, et il Papa scrive li sia dà per il possesso [segue discussione] e perché sier Veneto Vituri vol essere aldito et è a Roma, la Signoria terminò aspetarlo” 16. 1517 15 gennaio. “Fo posto per li Consieri, dar il possesso di l’abatia di San Veneto di Leno a domino Hironimo Gaiardo dotor da Siena, nonzio del rev.mo cardinal [di] S.ta Praxede, et questo per tre sententie aute in Rota contro domino... Vituri [che] era abate di dita abatia, con certe condition. Dito rev.mo cardinal ha scrito non si voler dimenticar dil dito domino... et di sier Vetor et sier Zuan Vituri per la pension [che] haveano. Ave 15 di no e fu presa” 17.

4 ottobre. “La mattina sono [i consiglieri] sopra certa materia di l’Abatia di Leno [che] so di domino Francesco Vituri, qual ave un suo nipote domino... Vituri so di sier Alvise, et per lite con sier Renato Vituri so cuxin a Roma, il car53

Veduta aerea dell’insieme dell’ex proprietà abbaziale: il palazzo a nord e la cascina a sud.

ASC Leno, Parte antica, b. 3, mazzo III n° 3. ASC Leno, Parte antica, Filza II, f. 55. 3 ASC Leno, Parte antica - Pergamena, Filza II, f. 61. 4 M. Sanudo, I Diarii, Tomo 23 col. 553. 5 Ibidem, T°. 24, col. 145. 6 Ibidem, col. 191. 7 Ibidem, col. 509. 8 Ibidem, col. 560. 9 Ibidem, col. 669. 10 Ibidem, Tomo 26, col. 147-148. 11 Ibidem, T°. 28, col. 381. 12 ASC Leno, Parte antica, Filza III, f. 30. Altra copia in Libro D, f. 10. 13 C. Pasero, Notizie sul Sacro Monte delle Biade di Brescia e sugli Istituti di Beneficenza bresciani durante il sec XVI, in “Atti e memorie del terzo Congresso storico Lombardo, Cremona, 29-30-31 maggio 1938”, Milano 1939, pag. 385 e segg. 14 Ibidem, T°. 56, col. 623. 15 F. A. Zaccaria, Dell’Antichissima..., cit. pag. 50. 16 M. Sanudo, cit. T°. 23, col. 14. 17 Ibidem, col. 478. 1 2


Le paline.


Capitolo quarto Cenni storici L’irrigazione Classificazione degli utenti Come era praticata l’irrigazione Compartita 1822 Situazione inizi 1900 Orario di tutti i vasi comunali 1894-1901 Progetto e relazione tecnica Tabella marcentazione jemale 1962 Vasi irrigui: 1965-1970/71 Taglie delle acque 1983 Conclusione Gestione acque: incarico geom. R. Bellini Sintesi progetti di gestione


Premessa Dopo l’esame delle condizioni dei terreni e delle bonifiche e le rapide annotazioni sugli acquisti delle fonti d’acqua e diritti d’uso su altri cavi da parte del Comune, possiamo affermare che, questa naturale disponibilità idrica, richiede un complesso di opere atte ad assicurare il beneficio della somministrazione d’acqua di irrigazione alle nostre campagne, trasformandole in terre produttive, a beneficio della nostra popolazione. Per eliminare i danni delle acque stagnanti, è naturale che, nel corso ordinario delle cose e dei tempi, i canali di scolo delle acque precedettero quelli d’irrigazione. Gli scoli naturali si distinguono a prima vista dagli artificiali perché quelli hanno corso serpeggiante e questi rettilinei. Pertanto anche per i primi fossati d’irrigazione si utilizzarono naturali avvallamenti e alvei antichi e tortuosi, con qualche scavo artificiale, costruendo argini, aprendo nuove bocche diramantesi in minori fossati o canali per giungere alle varie utenze. Tali opere, fondamentali per una bonifica idraulica, esigono determinati requisiti costruttivi per mantenere una relativa costanza della portata d’acqua in condizioni sia di magra che di piena. Per un miglior utilizzo delle acque, fondamentale è la livellazione del suolo irrigabile che deve essere curata per favorire il flusso d’acqua ottimale; così, all’inizio della stagione estiva le curazioni dei dugali, le palafitte a sostegno delle ripe dei fontanili mentre, per le singole bocche di derivazione, che sono parte della proprietà privata, spetta la manutenzione ordinaria per favorire lo scorrimento delle acque. “Il frutto di questi sapienti sforzi del-

A sinistra: Serioletta. A destra: Benone.

le generazioni succedutesi, porta la pratica irrigatoria ad un grado altissimo di estensione e di perfezione tecnica, la quale rappresenta per l’agricoltura il fattore determinante dell’elasticità e complessità degli ordinamenti produttivi, nonché l’aspetto più prestigioso”1. Irrigare e risanare sono le due operazioni che possono più facilmente far progredire l’agricoltura ed arricchire il coltivatore. (Pareto) Il Comune di Leno è proprietario dei cavi e delle acque che servono per l’irrigazione della parte del territorio comunale situata a levante del Colatore pubblico denominato fiume Molone. Tutti i detti cavi hanno origine da coli provenienti dai superiori territori di Bagnolo Mella, Porzano, Montirone e Ghedi e da sorgenti scavate in detti territori e anche nei terreni più elevati del Comune di Leno. Il diritto di usare quei coli pervenne al Comune di Leno per effetto di acquisti risultanti regolari, e le sorgenti vennero aperte ad opera del Comune solo od in unione con l’Abate di Leno, il quale poi cedette al Comune i propri diritti di comproprietà, riservandosi l’uso delle acque in determinati orari sopra le terre di sua spettanza. Dalla prima origine dei cavi irrigui comunali, e cioè dal 1400 circa, il Comune ebbe sempre la disponibilità, l’amministrazione esclusiva, salvo la temporanea convenzione con l’Abate sopra citata. Tutte le questioni sorte sulla derivazione e sull’uso delle acque delle rogge vennero sempre sostenute dal Comune di Leno come unico proprietario. Pertanto le concedeva

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in affitto ai proprietari terrieri che annualmente ne facevano domanda e, nell’archivio comunale, si rinvengono ancora numerosi elenchi annuali per determinati orari d’acqua, sotto la denominazione di Compartite delle acque, variabili d’anno in anno, secondo del periodo di irrigazione e l’estensione delle singole proprietà inscritte. Tali compartite servivano poi, alla compilazione degli Scodiroli, quinternetti d’esazione del canone d’affitto fin d’allora e cioè anteriormente al 1800, commisurato sul numero delle ore usate. Trovansi poi, nell’archivio, più recenti domande d’assegno di ore d’acqua disponibili; ciò lascia supporre che, in progresso di tempo, si venissero man mano commissionando le annuali iscrizioni in modo che, tacitamente, si confermavano le iscrizioni precedenti, e così gradualmente per consuetudine si venne ad adottare l’orario. Che tale orario infatti non sia stato studiato direttamente ma sia stato istituito dalla consuetudine precedente delle vecchie domande lo prova il fatto che la distribuzione delle acque alle diverse utenze, a parità di condizioni altimetriche dei fondi, non avviene mai proporzionalmente all’estensione dei terreni, ed è frequente il caso di due fondi attigui di cui il più esteso sia dotato di minor copia di acqua che non il meno esteso. Ecco come le acque di proprietà comunale vennero, per lunga e secolare consuetudine, ad essere vincolate alle proprietà private in modo che la disponibilità loro venne limitata all’irrigazione delle proprietà stesse.

Settembre 1980. Palificazione del vaso Oriolo Nuovo. A destra: paratoie sulla Seriola Pavona a letto asciutto.

scia, abitante a Leno, lo sfruttamento delle acque di un fosso proveniente dalla seriola Gambarella per l’irrigazione di terreni di sua proprietà in Leno, contrada Ronchi Vecchi, a patto che tutte le acque sorgive e sgolatizie nascenti nei beni del Britanicus restino di proprietà del Comune, che costruisca ponti e chiuse sulla seriola Bassina in contrada S. Nazaro. (...)2 Già nel XVII secolo era in uso inoltrare domanda per ottenere l’acqua, come recita la seguente lettera di Giovanni Battista Terzi inviata ai reggenti del Comune con la richiesta di poter usufruire dell’acqua della seriola Bassina di ragione del Comune per l’irrigazione di una possessione acquistata dal Terzi in contrada Madonna del Massago. (...)3 Classificazione degli utenti Per completare questo argomento è opportuno dare uno sguardo di sintesi alle consuetudini del passato. A conclusione della lunga sentenza del 1297, si stabilisce una speciale destinazione delle campagne agli Originari che per tradizione – previo l’incanto – veniva ripartito fra questi ogni quattordici anni in porzioni spezzate sotto un’annua corresponsione – dai possessori al Comune – in ragione di sette soldi di planetti per ogni piò di terra. Con l’aumento demografico, i nuovi immigrati residenti sono considerati Forestieri ma, ben presto avanzano diritti, ricorsi; ne scaturiscono liti e controversie, specie quella relativa all’affitto delle acque comunali, ma non riuscirono ad eliminare tali privilegi fino alla prima metà dell’anno 1700. Ancora nella transazione del 1723, per il godimento delle acque viene stabi-

In data 18 maggio 1523: Il Comune di Leno concede a Dario Britanicus di Bre57


lita l’antica pratica che sia affittata dalla Comunità e suoi Reggenti e che la pensione annuale, ossia l’imposta, sia ridotta per ogni ora a determinata somma e distinta in tre ordini, aggravando del prezzo infimo i beni posseduti dagli Originari, i contribuenti col Comune, del prezzo medio i beni posseduti dai Forestieri ma contribuenti col Comune e del sommo prezzo i beni posseduti dai contribuenti con la città. Si sanciva così un rilevante privilegio per i possidenti originari di Leno, ma questo privilegio non procedeva già da pretesa comproprietà degli Originari sulle acque del Comune ma dalla prepotenza degli Originari stessi che, nel periodo qui considerato tendevano a riservarsi speciali vantaggi in confronto dei Forestieri. Nonostante la sunnominata disparità di canone, non venne meno negli Originari il carattere di semplici affittuali.

Percorso irriguo intubato sorpassa il corso del Rino Est. A destra: Oriolo Nuovo.

Utenze privilegiate Con la soppressione dell’abbazia di Leno (1783) e con le commende vacanti, la Repubblica di Venezia incamerò i beni e li mise in vendita a privati. Essi consistevano in casamenti da massari, cascine. Le terre coprivano una superficie totale di 1332 piò bresciani. Una parte di essi era formata da terre lamive-pascolive sparse, con una superficie di 35 piò, mentre la più estesa, era di 200 piò, sempre sita in Leno al cui estremo nord era ubicato il molino della Costa. Altri confinanti le “Lame” del Comune di Leno e vari privati. Tutti fondi che entrano nell’elenco delle terre da bonificare. Dopo il 5 giugno 1783, data ufficiale della soppressione dell’abbazia, furono venduti e messi all’asta case e terreni con 58

annessi diritti d’acqua di irrigazione, come recita la seguente clausola: “Non sarà tenuto il compratore a pagare alcuna summa per li Daci Gramatici, e acque poiché la vendita vien fatta libera, ed esente dall’aggravio de ‘ medesimi”. 1784, 28 settembre. Primo acquisto col nome di Giuseppe Pandini fu Paolo. Sono nove pezze di terra facenti parte delle possessioni il Palazzo, Costa e Breda al Pero, con altra porzione di 50 piò della campagna pascoliva-lamiva, per complessivi piò 131 e tav. 64. A questi terreni restano assegnate ore 24 d’acqua della Serioletta. 1785, 11 maggio. Secondo acquisto col nome di Giambattista Chiaramonti fu Carlo di Brescia. Acquisto di tre case in Brescia in contrada delle Tre Spade ossia di San Benedetto (…) escluso il solo Oratorio di San Benedetto coll’antica sacrestia. 1785, 15 luglio. Terzo acquisto, col nome di Angelo Ventura di Leno, di casa dominicale con più corpi, con scuderia e case ad uso braccianti in contrada dell’abbazia, altra casa ad uso del fattore e dei massari. Inoltre una buona parte della possessione il Palazzo per un totale di piò 85 e tav. 7. Sono loro assegnate ore 15 di acqua alla settimana della seriola Serioletta (diritto acquisito già il 14 ottobre 1541). 1786, 2 ottobre. Quarto acquisto col nome di Bernardino Fedreghini. Acquisto di Breda D’Ale di piò 62 e tav. 18; Breda D’Ale di là del Molone di piò 53,41; Fenil Novo di piò 87,15 e 45 piò della campagna pascoliva-lamiva per un totale di 347 piò e tav. 74. Non è citato il diritto alle acque di irrigazione. 1786, 18 dicembre. Quinto acquisto col nome di Gio. Battista Galante. Le


due rimanenti pezze di terra della possessione il Palazzo di 30 piò e 59 tav., casa del massaro, altri piò 69,59 della possessione Costa e Breda al Pero. A questi beni furono assegnate ore 45 di acqua settimanali. Il Galante acquista inoltre l’intera possessione Cigogne con la ragione di ore 10 di acqua del Rino e della Bocca Cigogna e, infine, 35 piò che sono parte dei 213 della campagna per una superficie totale di piò 367 e tav. 96. 1788, 30 settembre. Sesto acquisto col nome di Gio. Maria Agliardi. Possessione con casa in contrada di Breda Vico, superficie di piò 96,18; parte della campagna sita in contrà della Costa di piò 30; omissis, non si fa cenno al diritto d’acqua4.

A sinistra: Daquaröl all’opera per orientare il flusso irriguo. A destra: paesaggio con irrigazione.

Da Venezia, per abolire privilegi Il Sovrano Decreto del 7 di settembre 1764 stabilisce che, tutti i sudditi, siano essi Originari o denominati Forestieri godano la perfetta uguaglianza, così sul punto delle acque che non siano fatti arbitrari prezzi e che tutti gli abitanti e contribuenti siano trattati con prezzo uguale e non diminuita però la quantità del ricavato, anzi migliorata. Infine per togliere qualunque dubbio sull’esclusivo diritto del Comune a poter disporre liberamente di dette acque (come delle campagne incolte, che pure erano state usurpate alla collettività municipale), venne il decreto vicereale italico 25 novembre 1806 che rivendicò al Comune tutti quei beni che non furono ritenuti particolare proprietà degli Originari, secondo gli estremi portati dal decreto stesso. Avendo gli Originari in proposito sollevata contestazione, la questione venne definita dall’autorità 59

giudiziaria a favore del Comune. Ottenuta la sentenza definitiva, l’autorità comunale domandò il pareggio del canone d’acqua per tutti i contribuenti e l’I.R. Governo, nel luglio 1887, n° 226, stabilì le seguenti norme: 1. Parificazione della tassa d’acqua senza riguardo di persona o di fondo, in una somma unica ed uniforme. 2. Dovute e giuste riserve per quei privati (successori dell’Abate di Leno) che per titoli inconcussi avevano diritto ad esenzione di tassa o a riduzione, escludendo però espressamente la qualifica di antico originario. 3. Riservato al Comune il diritto di modificare la tassa medesima ogni qualvolta lo avesse trovato opportuno al suo interesse. Lo scrivente non ha potuto rinvenire il citato Decreto del Governo austriaco ma ne ha presa notizia in una elaborata relazione dell’ing. Emilio Lazzari ripresa dal Dossi (10-7-1845), quando egli era presidente dell’Amministrazione del Comune di Leno. “Non sarà difficile trovare in altro Archivio, il Decreto stesso che tanta importanza ha nella documentazione della proprietà delle acque comunali di Leno. Del diritto sancito nel decreto stesso, ad ogni modo, si vale il Comune con la deliberazione Consigliare 28 novembre 1869, portando il canone d’irrigazione da £ 1,21 a £ 2, all’ora. I cenni premessi hanno lo scopo d’informare che le acque dei cavi comunali di Leno, sono e furono sempre di esclusiva proprietà del Comune, il quale in origine, comperò i diritti di colatura dei fondi superiori e scavò a proprie spese, o a spese comuni con l’abate, – ac-


quistandone in seguito le ragioni –, le sorgenti tributarie dei cavi stessi. Come risulta dai cenni stessi, i cavi in parola non rappresentano derivazioni da fiumi o da stagni e non sono nemmeno colatori naturali perché hanno forma a tratti resi irregolari da prolungata trascuratezza nella manutenzione, per cui, data la forte pendenza della plaga, si indussero frane, le quali, funzionando da repellente cagionarono tortuosità, che tuttavia si andavano man mano correggendo. Ne è a dire, per la loro natura essenzialmente irrigua, il regime loro, tenere conto delle precipitazioni atmosferiche e dai coli dei singoli bacini. La raccolta delle acque di pioggia rappresenta per quei cavi cagione di danni, non di vantaggi, quantunque la funzione loro in tal senso sia assai limitata in confronto ai grandi colatori della zona, quali il Naviglio d’Isorella, il Rodone e successivo Gambara, il Molone, i quali sono veramente collocati nelle linee di maggior depressione della pianura fra Ghedi e Manerbio” (da, osservazioni dell’ing. Lazzari).

A sinistra: canalette con bocche per irrigazione. Presa da Seriola Uggera Cascina Colombere Bozano. A destra: fosso irrigatore che porta acqua del Capirolo in territorio Scovola.

to per i prati artificiali perenni, detti prati marcitori o marcite; i soli trattati col sistema dello scorrimento continuo di un tenue velo d’acqua sull’intera superficie, onde impedirne il congelamento. L’acqua di marcentazione viene concessa dal Comune, su domanda scritta presentata dagli utenti in termini fissati e, la quota jemale varia di anno in anno nell’importo a norma delle domande e relative concessioni. Il massaro o massarolo (da, esattore) aveva l’incarico dell’esazione del canone. Al ritardato pagamento l’utente doveva corrispondere gli interessi moratori (mora). Compartite delle acque del Comune. 1822 Inizio delle irrigazioni, 5 maggio con le seguenti seriole: Salvasecca, Scanalocco, Sorradore Costa, l’Antoniola, la Nicletta, la Cicogna, seriola Rassica, il Viganovo, la Striaga, la Gambaresa, l’Onizzetto, la Serioletta doppia, Seriola semplice Mazzola, Seriola semplice Pilatti, la Pozzola, la Bassina, la Bassinetta. “Il territorio del Comune di Leno è irrigatorio per quattro quinti circa. Le acque con le quali si irriga, appartengono, per la massima parte al Comune che le ritrae dai Comuni di Bagnolo, Montirone o Ghedi. Queste acque sono per indole scadentissime. Quanto al metodo della distribuzione il comune proprietario le affitta contro una pattuita corresponsione”. (Memoria di G. Mompiani, 1885).

Come era praticata l’irrigazione L’uso dell’acqua estiva comincia dalla Madonna di marzo (25 marzo) e termina a quella di settembre (8 settembre); l’irrigazione jemale ha principio alla Madonna di settembre e continua fino al 25 marzo. Altre fonti riferiscono: per la solennità del solstizio d’estate o nel giorno di S. Giovanni (24 giugno), inizio delle rogazioni. Pertanto la maggior parte degli impieghi è relativo ai mesi tra aprile e settembre poiché nei rimanenti mesi, tra ottobre e marzo, questi si effettuano soltan60


1940-1945, l’Italia entra in guerra a fianco della Germania

La situazione a Leno durante il periodo bellico

In pieno periodo bellico, il 15 febbraio 1944, su invito scritto, si convoca nell’ufficio del Podestà la Commissione per esaminare l’attuale situazione di fatto dell’Ufficio comunale acque e di promuovere la sua riorganizzazione. Dopo lunga discussione alla quale prendono parte tutti i presenti, la Commissione premette che il Comune di Leno oltre che essere un grande centro agricolo è proprietario di un ingentissimo patrimonio di acque di irrigazione, patrimonio che dovrebbe dare al Comune il più importante cespite per far fronte alle necessità della civica azienda, che per la formazione di detto patrimonio e per la soluzione delle innumerevoli vertenze sorte con le varie proprietà del luogo, si è resa indispensabile la prestazione continua di un ingegnere; che con la definizione delle ultime tre cause si è chiuso il periodo formativo ed ha avuto inizio e pratica attuazione il periodo di normale amministrazione del patrimonio così accumulato. Constatato che il Segretario, catastaro, tolte pochissime eccezioni, essendo troppo facilmente trasferibile non ha mai avuto la possibilità materiale di impossessarsi con precisa e consapevole cognizione dell’Ufficio acque e dei complessi diritti inerenti le stesse; che di conseguenza la gestione è passata sotto la completa direzione del tecnico e, per esso, del capo-adacquarolo per tutte le mansioni che non richiedano la prestazione personale dell’ingegnere; che il capo-adacquarolo, cui pressoché tutto è affidato praticamente, pur prestandosi con zelo, non ha la capacità intellettuale per risolvere un così importante compito, per cui l’Ufficio è venuto a trovarsi in deplorevoli condizioni e mancando del catasto e persino dell’archivio non dà più alcuna garanzia neanche per la conservazione delle proprietà acquistate dopo tante lotte ed a costo di gravi sacrifici finanziari. (Si nota partico-

Sembrerebbe improprio uscire dalla nostra tesi e riferire della grave crisi che il periodo bellico impose alla nostra popolazione. È un dovere ricordare che si stabilisce in paese un presidio tedesco. I locali delle scuole elementari, l’asilo, l’ex casa del fascio sono requisiti per l’accantonamento dei militari, le ville dagli ufficiali e dal comando. Le madri devono consegnare le fedi nuziali alla Patria, inizia la raccolta del rame in ogni famiglia, ferro e tutta la ferramenta disponibile; requisizione di pneumatici di ogni genere, disciplina del raccolto cerealicolo, precettazione di fieno da parte della Sepal (Sezione provinciale alimentazione) presso le aziende agricole, requisiti gran parte dei cavalli, a disposizione del comando germanico locale, eliminati i trattori aggravando il problema dei lavori agricoli per mancanza di bestiame da lavoro e da traino, di conseguenza mancherà il pane. È in atto il coprifuoco; in paese, nelle cascine, nei cimiteri è obbligatorio l’oscuramento: buio e silenzio. Il controllo viene eseguito dai militi della Dicat (Difesa italiana contro aerea territoriale), le linee telefoniche con servizio di sorveglianza ininterrotto, a disposizione dei tedeschi. La chiusura degli esercizi pubblici, per ordini superiori viene stabilita alle ore 21, sospese tutte le manifestazioni pubbliche, vietati gli assembramenti. Dall’inizio della guerra sono in distribuzione le carte annonarie per l’acquisto “dosato” di generi alimentari. Donare un po’ di farina da polenta od un cucchiaio di sale al vicino di casa è un atto d’umanità. Così il razionamento, la macellazione clandestina, favoriscono il mercato nero, taluni arricchiscono, il povero soffre la fame. La situazione è inoltre caratterizzata da continui furti di biciclette, vestiario, legna, radio, ecc. Alle famiglie povere si distribuisce il pacco della befana fascista, mentre da Brescia inviano pacchi con le divise del P.N.F. e la parola d’ordine è: “Popolo italiano corri alle armi”; reclutamento dei nostri giovani, dei padri di famiglia a combattere sui fronti della morte in terra straniera. Mamme e spose attendono il ritorno dei loro cari in una speranza angosciosa e la moglie rimasta vedova, con tenerezza stringe al suo cuore straziato il bimbo che non conoscerà il papà. 61


larmente con vero stupore la sparizione avvenuta nel 1943 dell’antico catasto dell’ing. Barbera, documento di importanza basilare ed insostituibile, composto di ben cinque volumi!). Constatato altresì con appositi sopraluoghi che i fontanili di proprietà del Comune sono in pietose condizioni di conservazione e manutenzione e dimostrano come, da anni si trovino nel più completo stato di abbandono per cui, oltre al grave danno derivante dalla mancanza d’acqua, il Comune dovrà forzatamente sostenere subito una ingentissima spesa straordinaria per riattivarli se non vedere sfumare l’intero suo patrimonio; ravvisata quindi l’urgente necessità di riorganizzare l’Azienda acque su nuove basi e ciò nell’interesse del Comune e dell’agricoltura in generale. Tutto ciò premesso e constatato, la Commissione, all’unanimità di voti formula la seguente proposta. Invitare il Podestà a studiare e deliberare con ogni urgenza il completo riordinamento dell’Azienda acque del Comune, tenendo presente: 1. che il posto di Ingegnere comunale, così come è previsto dal Regolamento acque e dal Capitolato per il servizio Tecnico, pur rappresentando per il Comune un grave onere, ha dato prova, specie negli ultimi anni, assolutamente negativa come è dimostrato dalla tenuta dell’Ufficio e dei vasi comunali per cui si ravvisa l’improrogabile necessità della sua soppressione 2. che il posto di cui sopra potrebbe essere sostituito, ad esempio, con quello di Applicato-Tecnico, già in atto, con piena soddisfazione. Si giungerebbe così

Vaso Uggera prima del sottopasso della SS668.

A) una notevole economia di spesa da impiegarsi nei modi di cui al punto 3° (adacquaroli); B) una sicura garanzia circa la tenuta degli altri Uffici e dell’Archivio; C) l’eliminazione del pericolo che la mancanza di una persona provochi un rallentamento del funzionamento dell’Ufficio in quanto non si verificherà mai il caso del cambio simultaneo del Segretario Catastaro e dell’Applicato Tecnico; D) una reale dipendenza gerarchica del tecnico con il Segretario Capo Catastaro; E) la continua presenza in comune di un funzionario per il disbrigo delle pratiche normali e contingenti dell’Ufficio acque. Per progetti e vertenze di eccezionale portata il Comune potrà valersi, come fa ed ha sempre fatto e quindi senza alcun aggravio di spesa, delle prestazioni di un Tecnico libero professionista particolarmente adatto, designandolo di volta in volta. 3. che un maggior servizio di adacquaroli durante l’intero anno potrebbe essere di grande utilità per il Comune ed apporterebbe: A. una notevole economia delle spese di espurgo; B. l’eliminazione della vegetazione dalle scarpate dei cavi; C. una maggior regolarità nei riparti delle acque con la soppressione degli abusi da parte di alcuni utenti. Letto, confermato e sottoscritto:

1

ASC Leno, Parte Antica, Sezione sec. XX, Servizi e Regolamenti, b. 20.

62

Gatti Giuseppe, Mottinelli Giacomo, Severini Primo, Lanti Carlo, Gastaldi Luigi, Bresciani Mario, Facchini Enrico


Situazione inizi del 1900

Tabella riassuntiva delle superfici irrigate Itinerario delle cascine (dati riferiti agli anni 2000-2002) Seminativo irriguo

Ettari

1053,62

Seminativo erborato

Ettari

1063,79

Prato irriguo

Ettari

418,90

Prato arborato

Ettari

31,60

Prato a marcita

Ettari

24,83

Totale

Ettari 2591,54

Comprensorio Naviglio

Ettari

239,30

Comprensorio Rassica e Bassinetta

Ettari

294,98

Comprensorio Benvenuta

Ettari

186,48

Comprensorio Seriolazza

Ettari

1292,21

Totale

Tale estensione rappresenta le utenze nel nostro territorio stabilite dall’Amministrazione comunale con relativi turni d’orario e canone di affitto d’acqua ben distinto dalle ordinarie spese d’irrigazione.

Ettari 1973,27 63


1894-1904 Orario di tutti i vasi comunali con indicazioni circa il turno, il modo di irrigazione, pagamenti ed esenzione di canone. Una analisi attraverso alcuni documenti che qui riportiamo e indicati nello specifico in nota.

1° Comprensorio - Vaso Seriolazza Comprende le seguenti utenze: 1. Pozzola. La prima ruota d’irrigazione incomincia nel sabato che succede il 15 aprile; termina l’ultima ruota nel sabato che succede il 14 settembre. La roggia predetta mantiene un deflusso perenne; ciascuna ruota si compie di sette in sette giorni. In ciascuna ruota irriga per ore 84 continue, ossia giorni 3 e !/2, dalle ore 4 pomeridiane del sabato alle ore 4 antimeridiane del mercoledì. Le altre ore 84 a compimento dei sette giorni, dalle 4 antimeridiane del mercoledì alle 4 pomeridiane del sabato, sono devolute all’irrigazione dei terreni posseduti dai sigg. Fenaroli Uggeri-Sangervasi e Cigola posti in terreni di Milzanello esenti di canone per acquisto fattone dal Comune di Leno colla Convenzione 3 gennaio 1570. Il godimento dell’acqua rispetto agli utenti sul territorio di Milzanello è anche immune da qualsiasi corrispettivo canone, onere inerente alla manutenzione ed alla condotta dell’acqua medesima. 2. Salvasecca. Mantiene un deflusso perenne. La ruota d’irrigazione si compie in otto giorni. La prima ruota incomincia nel 14 di aprile, alle ore 4 pomeridiane e termina nel 22 aprile alla stessa ora. L’ultimo turno termina nel 13 settembre alle ore 4 pomeridiane. Le ore assegnate ai singoli terreni si chiamano doppie e sono valutate con doppio canone. Le acque jemali sono affit-

tate al Comune di Pavone contro il corrispettivo canone perpetuo di £ 103,45, pari a italiane lire 89,40, esente da qualsiasi ulteriore spesa che riguarda l’annuo espurgo dei cavi e manutenzione degli edifici inservienti alla condotta dell’acqua stessa. 3. Striaga. La Roggia Striaga mantiene un deflusso perenne compiendo la ruota d’irrigazione di otto in otto giorni. Il primo turno incomincia nel 23 aprile alle ore 4 antimeridiane e termina nel 1° maggio alla stessa ora. L’ultimo turno finisce nel 14 settembre alle ore 4 antimeridiane. Le ultime colatizie cadono nella Roggia Pozzola. 4. Onizzetto. La Roggia Onizzetto mantiene un deflusso perenne compiendosi la ruota di irrigazione di sette in sette giorni. Il primo turno incomincia nella domenica che precede al 15 aprile alle ore 8 antimeridiane e termina l’ultimo turno nella domenica che succede il 14 settembre alla stessa ora. Le prime ore trentasei di ciascun turno, dalle 8 antimeridiane della domenica alle ore 8 pomeridiane del lunedì, sono assegnate ai terreni detti Breda del Latte, in contrada Striaga, un tempo posseduti da Calcagno Bartolomeo, detti anche terreni Calcagno, ora posseduti da varie ditte. Le predette ore trentasei sono immuni da qualsiasi affitto e dalle spese inerenti alla manutenzione ed alla condotta dell’acqua. 5. Serioletta. La Roggia Serioletta mantiene un deflusso perenne, compiendo la ruota d’irrigazione di sette in sette giorni. Incomincia la prima ruota nel mercoledì che succede al 15 aprile alle ore 8 antimeridiane e termina l’ultima ruota nel mercoledì che succede al 14 settembre. Le prime ore 84 costituenti giorni tre e mezzo sono soggette a canone; queste, in parte sono doppie a roggia piena pagando il doppio affitto ed, in parte, sono semplici a metà roggia, pagando l’affitto semplice. Le ultime ore 84 a roggia piena di giorni 3 !/2, dalle 4 antimeridiane del sabato alle 4 antimeridiane del mercoledì, sono esenti di canone e da qualsiasi spesa inerente alla manutenzione dell’acqua, siccome in origine devolute ai terreni posseduti dai vari proprietari. 6. Sorador Costa. Si apre in ogni settimana alle ore 8 pomeridiane della domenica e si mantiene aperto per ore 8 consecutive fino alle ore 4 antimeridia64

Irrigazione a getto.


ne del lunedì e così mantiene il turno costante di sette in sette giorni. La prima ruota incomincia nella domenica che succede il 15 aprile e l’ultima ruota termina nel lunedì che succede al 14 settembre. La paratoia che chiude il bocchetto Sorador Costa nell’orario comprendente si mantiene elevata, in modo da gettarvi una sufficiente quantità d’acqua e nell’orario medesimo decorrono tuttavia le altre bocche inferiori. 7. Bocchetta Costa. Mantiene la ruota costante di sette in sette giorni. Si apre nel giorno di domenica per l’irrigazione che si effettua di bocchetto in bocchetto senza limitazione di orario alla occorrenza del bisogno. L’acqua che viene erogata dalla Seriolazza per la predetta irrigazione è computata ore 17, tutte soggette a canone. Durante l’irrigazione del menzionato bocchetto viene tolta la paratoia che chiude la luce. L’irrigazione comincia nella prima domenica che succede al 14 aprile e termina nella domenica che succede al 15 settembre. Nell’orario comprendente al Bocchetto Costa decorrono, tuttavia, le altre bocche inferiori. 8. Scanalocco. Bocca continuamente aperta la cui paratoia si mantiene elevata once 4 sulla soglia. Il turno d’irrigazione si compie di 8 in 8 giorni. Incomincia la prima ruota nel 14 aprile alle ore 4 antimeridiane e termina nel 24 aprile alla stessa ora. L’ultimo turno finisce il 23 settembre alle ore 4 antimeridiane. Le ore 192 delle quali si compone il turno d’irrigazione sono tutte soggette a canone. 9. Felice. Incomincia la prima ruota in turno di otto giorni nel giorno 7 maggio alle ore 10 pomeridiane fino al 10 maggio alle ore 8 pomeridiane. L’ultima ruota finisce nel 23 settembre alle ore 8 pomeridiane e nell’orario che compete alla predetta utenza si mantiene elevata dalle oncie bresciane 4 alle 5, la paratoia che chiude la bocca. Fra le ore 70 che competono alla Bocca Felice, 8 sono esenti di canone. 10. Antoniola. Incomincia la prima ruota in turno di otto giorni nel giorno 10 maggio alle ore 8 pomeridiane, dopo il Felice, continuando fino all’11 maggio alle 12 pomeridiane. L’ultima ruota finisce nel 14 settembre alle ore 12 pomeridiane. 11. Tremiselvi. Incomincia la prima ruota in turno di otto giorni, alle ore 12 pomeridiane del giorno 11 maggio, dopo la Bocca Antoniola, fino al 16 mag-

gio alle ore 7 antimeridiane. Durante il deflusso del Tremiselvi si mantiene levata oncie 4 la paratoia che ne richiude la bocca. Tutte le ore, 103, sono soggette a canone. 12. Sorador Dossi. Defluisce ore 98 continue in ruota di giorni 8, incomincia la prima nel giorno 14 maggio alle 7 antimeridiane, dopo il Tremiselvi, fino al 20 maggio alle ore 9 antimeridiane. L’ultima ruota finisce nel 17 settembre alle ore 9 antimeridiane. 13. Bocchetta Gorna. Scolpito in fregio alla Roggia Molina, presso al Molino dei Dossi. Defluisce ore 29 continue in ruota di giorni otto. Incomincia la prima ruota nel 20 maggio alle ore 9 antimeridiane scendendo alla Bocca Sorador Dossi fino al 21 maggio alle ore 2 pomeridiane. L’ultima ruota termina nel 28 settembre alle ore 2 pomeridiane. Fra le accennate ore 29 nelle quali fluisce il Bocchetto Gorna, sei sono esenti da canone. 14. Roggia Molina. La Roggia Molina abbraccia tutte le colatizie della Serioletta in seguito alla caduta del Mulino dei Dossi. Prosegue nel territorio di Pralboino e si devolve all’irrigazione di una determinata quantità di terreni, per il che il Comune di Pralboino paga un canone annuo al Comune di Leno di it. Lire 529,99. 2° Comprensorio - Vaso Naviglio Comprende le seguenti utenze: 1. Sangervasa. Con deflusso perenne decorre in ruota di otto giorni. Incomincia la prima ruota nel 14 aprile alle ore 4 pomeridiane e termina nel 24 aprile alle ore 4 pomeridiane. L’ultima ruota termina nel 15 settembre alle ore 4 pomeridiane. Tutte le ore, 192, di cui si compone il turno sono soggette a canone. La bocca della Sangervasa porta una metà dell’acqua del Naviglio. 2. Nicla. Decorre in ruota di otto giorni; incomincia la prima ruota nel 17 aprile alle ore una antimeridiane e, dopo le ore nove doppie della Sangervasa, termina nel 19 aprile alle ore due pomeridiane, continuando il deflusso per ore 61. L’ultima ruota termina nel 10 settembre alle ore due. Nell’orario competente alla bocca Nicla rimane chiusa sotto il Canale Naviglio e, per tal modo essa bocca apporta l’altra metà dell’acqua che vi continua. 3. Nicletta. Decorre in turno di otto giorni. La prima ruota incomincia nel 65

Diffusione sulla marcita.


19 aprile alle ore 2 pomeridiane e dopo le ore 61 della Nicla, e termina nel 20 aprile alle ore 11 antimeridiane. L’ultima ruota termina nell’11 settembre alle ore 11 antimeridiane e nell’accennato orario rimane aperto il Canale del Naviglio e la metà dell’acqua che sorpassa la bocca Sangervasa viene assorbita dalla bocca Nicletta. 4. Cicogna. Decorre in turno di otto giorni. Incomincia la prima ruota nel 20 aprile alle ore 4 pomeridiane e dopo le ore 21 della Nicletta, e termina nel 24 aprile alle ore 4 pomeridiane, con deflusso per ore 101. Termina l’ultima ruota nel 15 settembre alle ore 4 pomeridiane. Nell’accennato orario si mantiene chiuso il Canale del Naviglio e la bocca predetta; assorbe metà dell’acqua che sorpassa la prima bocca Sangervasa, continuamente aperta. Delle predette ore 101, ore 17 sono esenti di affitto, siccome devolute ai terreni altra volta posseduti dall’abate di Leno. 5. Camponuovo, ossia Badetto. Si compone delle colatizie delle bocche Sangervasa, Nicla e Nicletta e di alcune sorgenti che provengono dai terreni superiori. L’irrigazione si effettua per turno di bocchetto in bocchetto senza orario. Le predette colatizie sono valutate per ore 27 !/2. 6. Rassica. È costituita dalle colatizie che provengono pel Canale del Naviglio. L’irrigazione viene effettuata per turno senza orario nel giorno di domenica di ogni settimana. La prima ruota incomincia nella domenica successiva nel 15 aprile, e termina l’ultima ruota nella domenica che succede al 14 settembre. Le colatizie suddette sono destinate all’irrigazione di orti nell’interno del paese e sono valutate ore 5, tutte soggette a canone. 3° Comprensorio - Vaso Benvenuta Comprende le seguenti utenze: 1. Viganovo. La prima ruota d’irrigazione incomincia nel 23 aprile alle ore 2 antimeridiane e termina nel 29 aprile alle ore 5 pomeridiane. L’ultima ruota termina nel 30 settembre alle ore 5 pomeridiane. La bocca predetta irriga per 159 ore continue nel turno di 9 giorni dopo i quali chiude e si apre la bocca Formola fino alla concorrenza del turno suesposto. 2. Formola. Decorre in turno di nove giorni, irrigando ore 57 continue ad ogni ruota, succedendo sempre al Viga-

novo. Nella prima ruota incomincia ad irrigare nel 29 aprile alle ore 5 pomeridiane e termina il 2 maggio, alle ore 2 antimeridiane in cui ripiglia la ruota col deflusso del Viganovo. L’ultima ruota termina nel 23 settembre alle ore 2 antimeridiane nel deflusso della bocca Formola. Le ultime ore 28 di ciascuna ruota sono devolute all’irrigazione dello stabile Formola ed esenti di canone. 3. Gambaresa o Gambaresca. Decorre in turno di nove giorni, irrigando 216 ore, abbracciando la decorrenza unita delle due bocche Viganovo e Formola. La prima ruota incomincia nel 24 aprile alle ore 4 antimeridiane e termina nel 13 maggio alla medesima ora. L’ultima ruota finisce nel 15 settembre. La bocca Gambaresa sta continuamente aperta. 4° Comprensorio - Vaso Bassina Comprende le seguenti utenze: 1. Bassina. La prima ruota d’irrigazione incomincia nel mercoledì che succede al 15 aprile; termina l’ultima ruota nel mercoledì che succede al 14 settembre. Ciascuna ruota si compie di sette in sette giorni incominciando alle ore 12 meridiane del mercoledì e termina alle ore 8 pomeridiane del sabato, col deflusso di ore 80 nel suindicato orario, tutta l’acqua defluisce nel canale della Bassina. Spirate le predette ore 80 si chiude la bocca della Bassina e tutta l’acqua è obbligata a scaricarsi nel canale della Bassinetta fino alle ore 12 meridiane del mercoledì, in cui si riprende la nuova ruota col deflusso della Bassina. 2. Bassinetta. La prima ruota d’irrigazione incomincia nel sabato che succede al 15 aprile e termina nel mercoledì che succede al 14 settembre. Ciascuna ruota si compie in sette giorni attuandosi la bocca della Bassinetta alle ore 8 meridiane del sabato, dopo la Bassina, sino alle 12 meridiane del mercoledì col mantenendo chiusa la bocca della Bassina fino alle ore 12 meridiane del mercoledì alla cui ora ripiglia il turno della Bassina stessa, di modo che il deflusso separato delle due acque Bassina e Bassinetta abbraccia l’intero turno settimanale. Per la bocca Bassina, tutta l’acqua del canale superiore è obbligata a scaricarsi nella bocca Bassinetta che irriga ore 88 continue. Le acque della Bassinetta sono anche aumentate dalla confluenza della roggia Sorda, di ragione 66

Girasoli in prima fioritura.


comunale, eccettuate le prime ore 10, devolute all’irrigazione di una spiaggia (sic) di terreni la cui bocca è superiore alla confluenza della roggia Sorda predetta. Per sentenza arbitramentale, 30 dicembre 1887, viene ordinata la cessione al Comune di Leno di ore 60 del fontanile Orbi, lungo il margine di mattina della strada comunale delle Gandine, acqua da immettersi durante il detto orario e limitatamente alla stagione estiva, nonché i dì nella stagione invernale, nel vaso Bassina al punto e nei modi in detta sentenza determinati5. 1931 - Progetto e relazione tecnica A ben trent’anni di distanza dalle opere di bonificazione, le terre prosciugate e redente, hanno a loro volta necessità di acqua d’irrigazione e di estenderla a nuove terre dato lo sviluppo agricolo in espansione. Tale problema esige un progetto – che disponiamo – a firma dell’esperto ingegnere Achille Marangoni, in data 30 agosto 1931, con le modifiche ed aggiunte 30 giugno 1932. La relazione tecnica allegata ci fornisce dati particolareggiati sulle opere di sistemazione e completamento che riguarda il gruppo di terreni formanti i comprensori irrigati dai cavi di bonifica Viganovo, Gambaresa, Cavo superiore, Cavo inferiore. Si auspica di estendere tali cavi a nuove terre, a vantaggio dello sviluppo agricolo in atto. Nel periodo da noi studiato, questo territorio è così suddiviso: Denominazione Portata l/” Ea irrigati Cavo inferiore 140 70,8175 Cavo Viganovo 15 69,6499 Cavo Gambaresa 25 60,2970 Cavo superiore 90 86,9690 Totale 270 287.75.54

Cioè, complessivamente, per Ea 287.75.54, questa zona ha a sua disposizione litri 270 al sec, cioè litri 0,76 per Ea, quantità assolutamente insufficiente, dati i bisogni di quella zona, anche a prescindere dalla sperequazione per i vari cavi. Tralasciando la descrizione tecnica della prima parte, l’ing. Marangoni, presenta il progetto modificato voluto dall’amministrazione comunale.

Superficie complessiva dei territori interessati ai lavori progettati Sono interessati alle opere i comprensori dei vasi: Bada Sollevata Ea. 66,5133 Cavo superiore e Gambaresa “ 110,9245 Cavo inferiore ed Oriolo “ 124,2007 Cavo Felice “ 122,6660 Bocchetto Costa-Scanalocco ed Antoniola “ 158,4960 Cavo Benone-Bocca Gorna e Soradore Dossi “ 220,6092 Cavo Pavona-Frezule “ 402,5325 Cavo Milzanella “ 345,1200 Totale Ea. 1551.06.22

Portata complessiva dei cavi da sistemare prima dei lavori Come detto sopra, essa può così riassumersi: Cavo inferiore Cavo Viganovo Gambaresa Cavo superiore Seriolazza intera Benone Pavona Milzanella Frezule Totale Da dare alla Molina di Pralboino Restano a netto disponibili

67

l./sec. “ “ “ “ “ “ “ “ l./sec.

90 15 25 90 350 200 250 300 100 1420

l./sec.

50

l./sec.

1370

Pescaggio con idrovore meccaniche - turbina.


Sistema meccanico di irrigazione.

Portata complessiva dei cavi dopo la loro sistemazione Cavo inferiore ed Oriolo Cavo superiore e Gambaresa Bada Sollevata Seriolazza-Oriolo Benone-Pavona Milzanella e Frezule Totale Da dare alla Molina di Pralboino Restano a netto disponibili

l./sec.

100

“ “ “

150 200 350

“ 1150 l./sec. 1950 l./sec.

50

l./sec. 1900

Dotazione idrica attuale per ettaro Come si è detto più sopra, il compito da risolvere impostoci col progetto in esame, non è soltanto di trovare nuova acqua per nuove terre, ora asciutte, da irrigare ma, soprattutto, quello di perequare la distribuzione dell’acqua ai vari territori a norma del bisogno, togliendo le gravi disparità esistenti. Come si è visto più sopra, da cavo a cavo, varia assai la disposizione e usufruibilità di acqua. Abbiamo così: Cavo inferiore l./ettaro 1,28; Viganovo l./ettaro 0,15; Gambaresa l./ettaro 0,41; Cavo superiore l./ettaro 1,04; Seriolazza, Bocca Felice Bocchetto Costa l./ettaro 0,96; Scanalocco e Antoniola l./ettaro 0,74; Bocca Gorna e Soradore Dossi l./ettaro 0,84; Benone l./ettaro 1,33; Pavona l./ettaro 0,86; Milzanella l./ettaro 0,92; Frezule l./ettaro 2,80.

Dotazione idrica per ettaro dopo i lavori Come si è ampiamente spiegato più sopra, data la natura dei terreni del sistema Bada - Sollevata - Cavo inferiore - Oriolo - Cavo superiore - Gambaresa essi avranno una dotazione di litri 1,50 per ettaro, la quale si ritiene sufficiente per una buona irrigazione. Infatti questo gruppo di cavi dovranno irrigare Ea 301.63.85 invece dei 287.73.74 che prima irrigavano, essendo stati aggiunti Ea 13.90.51, prima asciutti, con litri 450. Il sistema Seriolazza colle bocche Felice - Costa - Scanalocco ed Antoniola avrà per Ea 281.16.20, litri 350 di acqua, cioè litri 1,25 per ettaro, sufficienti data la composizione del terreno. Il sistema Benone - Gorna - Dossi - Pavona - Milzanella e Frezule per gli ettari 968.26.17 da irrigare, essendo qui stati aggiunti Ea 95.27.00, ora asciutti, avrà a sua disposizione litri 110 al secondo, cioè litri 1,14 per ettaro, che si ritengono sufficienti, data la composizione del terreno, prevalentemente argilloso. In totale la somma da ricavare per esercizio di opere compiute annualmente dai terreni irrigati coi cavi in esame ammonta a £ 128.913. Infine ci è parso importante considerare un aspetto inedito in questo studio, cioè: La convenienza economico-agricola dell’opera “È ben difficile tradurre in cifre con esattezza quello che potrà essere la maggior resa di uno stabile che è asciutto, lasciando stare il semi-irriguo perché ve ne 68


possono essere di tutti i gradi, dato che tanto vario è il prezzo dei terreni. Non solo ma anche vario è il prezzo dei prodotti agricoli; ciò che è utile oggi può diventare economicamente non utile domani, mentre anche l’utile stesso può raddoppiarsi in un solo anno quando come in quest’anno il fieno sale da un prezzo di £ 30 al quintale, a £ 70. Nel caso in esame, che vi sia una forte convenienza non vi ha dubbio alcuno per il semplice fatto che non trattasi di terreni asciutti, mancanti perciò dei fabbricati necessari e dei vasi distributori per una coltivazione intensiva e foraggiera, quale può istituirsi con acqua a sufficienza, e che richiedono nel cambiamento da asciutti ad irrigui una fortissima spesa di capitale per fabbricati colonici, stalle e porticati, e per canali distributori coi relativi manufatti, ma bensì di terreni che, per essere sia pure parzialmente irrigui, hanno già e fabbricati e manufatti e canali distributori. Sono cioè terreni già pronti a ricevere il beneficio dell’acqua di irrigazione ed a dare il frutto immediato della spesa nello stesso anno in cui si dà loro l’acqua. In quanto a citare l’aumento di produzione di una azienda agraria media, diremo che nella zona, la media ampiezza delle aziende agrarie è di 100 piò bresciani, pari ad Ea 33, circa. Tali aziende sono normalmente, dai proprietari dei fondi, affittate a conduttori che sono i veri industriali terrieri. Il prezzo di affitto corrente in questo enorme periodo di depressione sul mercato per aziende medie e per fondi asciutti, non supera mai £ 125 (centoventicinque) al piò bresciano, pari a £ 375 all’ettaro. Le aziende medie irrigue, invece, pagano un affitto oscillante da L. 600 all’ettaro a L. 750. Questo dato da solo può dare un’ idea esatta della maggior resa che potranno dare i fondi se irrigati al completo. Nell’azienda asciutta noi possiamo ricavare in media q.li 7 di frumento per piò bresciano (mq. 3255,33), q.li 5 di granoturco e, nei prati da vicenda fare la prima e forse la terza falciata, ma con una resa che si aggirerà al massimo sui q.li 15 di fieno, dato che anche lo stallatico è assai scarso per la impossibilità di mantenere sullo stabile sufficiente bestiame stabulante, riducendosi questo il più delle volte ad 1 capo per ogni tre ettari. Nell’azienda agraria irrigua invece noi

abbiamo tosto abbondanza di bestiame, che sale normalmente intorno ai 35/40 capi ogni 100 piò e, di conseguenza, abbiamo subito maggiore quantità di letame, mentre anche la concimazione artificiale può essere aumentata, con qualche beneficio, non solo per il prato ma anche per il frumento e per il granoturco, è facile immaginare. Vi è poi la possibilità di mantenere sullo stabile vacche da latte per uso industriale che è oggi uno dei prodotti più stabili, remunerativi e continuo per tutta l’annata, ciò che permette al conduttore di usufruire di questo prodotto nel suo bilancio. Il prodotto del frumento nelle aziende irrigue sale perciò subito ad una media di 10 q.li per piò ed anche di 12, mentre il granoturco può salire comodamente ai 12 q.li al piò. Il fieno poi, è quello che più ne risente, perché sono assicurati tre buoni tagli, che complessivamente danno, in via normale q.li 27 per piò bresciano. Vi è poi un altro vantaggio non indifferente, la maggior produzione in lettimi, canne da granoturco e paglia, e quella in mangimi sotto forma di stoppie di novelli che, venendo irrigati, sono sempre assai ricche di erbe e raggiungono spesso il 50% di novello; di secondi prodotti, come melichetti di granoturco, segale ed avena da falciare, colza ed altro, che permettono di mantenere piene le stalle di allievi e di manzi per carne da macello, mentre l’ottimo fieno è riservato alle vaccine da latte, ed è anche, in parte venduto. Riassumendo mentre il sottoscritto non si sente di tradurre in cifre che abbiano un preciso fondamento coll’esame dei prodotti il bilancio dell’azienda agricola asciutta ed irrigua, ritiene però globalmente che il prodotto lordo può superare nelle terre irrigue le L. 1.000 al piò bresciano, mentre nelle asciutte difficilmente salirà alle 600 e l’utile netto può comodamente calcolarsi in non meno di 1200 al piò bresciano. Non si può qui esattamente dire l’utile economico che apporteranno le opere data tutta la gamma dei terreni investiti rispetto alla loro irrigazione ma si ritiene però di aver data la certezza che l’opera riuscirà altamente redditizia per i proprietari non solo, ma anche per l’economia nazionale, anzi più per questa che per i primi dato che cresce il prodotto lordo in misura assai più alta che non l’utile netto”6. 69

L’adacquarolo al lavoro.



Marcentazione jemale 1962, aprile Denomin. Piò Piò In vaso richiesti accertati contestaz. Vaso Bada 6,50 10,75 0,50 Felice 6,00 4,75 0,75 Scanalocco 9,50 11,50 0,50 Seriolazza 3,00 5,00 – Bassina 2,00 3,50 – Cavo superiore 11,00 15,25 3,50 Cavo inferiore 15,50 19,75 5,50 Striaga 18,00 23,50 1,00 Onizzetto 12,00 15,25 2,25 Serioletta 7,00 14,00 2,00 Oriolo 3,00 3,00 – Cicogna e Nicla 13,00 14,00 0,25 Sangervasa 15,00 21,00 1,50 Benone 17,50 29,00 1,00 Littorio 7,50 12,00 2,00 Milzanella 18,00 19,75 – Totale piò 164,00 222,50 20,75

Nel 1965, il comune irriga con le proprie acque e, in concessione, le seguenti superfici, distintamente con i vasi di cui all’allegato a) Ea 2.194.23.66 pari a piò bresciani 6741. Con acque in concessione Bada l./sec. 60 Ea. 74.78.25 Lavaculo “ 200 “ 637.00.00 Bassina “ 45 “ 196.00.00 Gambarella “ 60 “ 15.00.00 Fossadaccio “ 30 “ 50.00.00 Frezule “ 400 “ 350.00.00 Somma Con acque proprie Tornano

795

“ 1322.78.25

“ 1793 “ 2588

“ 871.45.41 “ 2194.23.66

Con acque proprie il Comune integra l’irrigazione dei terreni dotati di acqua in concessione, la cui quantità non corrisponde a quella esposta in decreto, anzi è molto inferiore. Con acqua dei privati vengono irrigati i rimanenti ettari 3.427,1383, pari a piò bresciani 10.527. I vasi privati più importanti, che interessano anche terreni compresi nel territorio di comuni limitrofi, hanno una portata di l/sec. 215 su Ea 1.240.

Rino Nuovo con sorgive al Capofonte.

Vasi irrigui, 1970/71 Vaso Cavo Bada Bassina Coli Benone Relongo Benone Rescatto Benone a Mezzodì Benone S. Nazzaro Camponovo-Coli Camponovo S. Gervasa S. Gervasa doppia S. Gervasa semplice Cicogna Cavo inferiore Cavo superiore Felice Littorio Fontanello Littorio Onizzetto nuovo Onizzetto dopo bocchetto Onizzetto Calcagni Onizzetto vecchio Scanalocco Seriolazza Serioletta orti Serioletta con Formola Serioletta Lanti-Prandini Serioletta semplice Formola sola Striaga Striaga e Rino Pozzola Viganovo Oriolo Fossadaccio Cavo Noce Gambarella Milzanella consorzio Fontana Bravi

71

Trib. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36

Nella foto a sinistra: irrigazione a pioggia con irrigatori a grande gettata per la coltivazione delle patate.


Taglie delle acque di irrigazione relative agli anni 1983 e susseguenti N° Nome vasi 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Pozzo Bada Cavo Bada Bassina Coli Benone Relongo Benone Rescatto Benone a mezzodì Benone S. Nazzaro S. Gervasa doppia S. Gervasa semplice Cicogna

taglie portate £/min. l./sec. 567,00 220 432,00 160 102,00 30 278,00 100 200,00 100 278,00 100 261,00 100 864,00 280 432,00 140 432,00 140

11 12 13 14 15 16 17 18 19 20

Cavo inferiore Cavo superiore Felice con pozzo Felice senza pozzo Littorio Fontanello Littorio Onizzetto nuovo Onizzetto dopo bocchetto Onizzetto Calcagni Onizzetto vecchio

468,00 347,00 440,00 288,00 555,00 159,00 345,00 260,00 144,00 960,00

190 130 180 80 180 60 160 130 80 60

21 22 23 24 25 26 27 28 29 30

Scanalocco con pozzo Scanalocco senza pozzo Seriolazza Serioletta orti Serioletta con Formola Serioletta semplice Serioletta Formola sola Striaga Striaga e Rino Pozzola

405,00 264,00 870,00 324,00 759,00 432,00 432,00 255,00 900,00 432,00

180 80 360 115 290 130 100 100 400 220

31 32 33 34 35 36 37 38

Viganovo Oriolo Fossadaccio Cavo Noce Gambarella Consorzio milzanella Fontana Bravi Canone invernale Orti nel centro urbano

44,00 36,00 432,00 72,00 3763,590 190,080 231,360 2000,00

20 30 160

Gestione azienda acque Incarico provvisorio di tecnico al geom. Roberto Bellini Il 17 gennaio 1967, la Giunta municipale, appreso che, con deliberazione consiliare, munita del visto prefettizio, è stato nominato un Comitato promotore della costituzione di un Consorzio, cui affidare l’amministrazione della gestione speciale delle acque irrigue, attualmente tenuta dal Comune; - che tale Consorzio esonerebbe il Comune dall’amministrazione, una gestione non prevista fra i suoi compiti d’istituto; - che l’accennato Comitato ha eletto nel suo seno una Deputazione con il compito di amministrare ad interim l’ordinaria gestione delle acque irrigue fino alla legale costituzione del Consorzio - che tale Deputazione, con suo verbale, ha fra l’altro stabilito di conferire un incarico provvisorio, senza dar luogo ad alcun rapporto d’impiego continuativo di ruolo, al geom. Roberto Bellini, dietro compenso forfettario7, per l’espletamento delle seguenti mansioni: 1. Tenere a disposizione degli utenti un apposito ufficio, possibilmente in centro di Leno, con orario fisso al martedì e domenica e, a richiesta, negli altri giorni con spesa a totale suo carico. 2. Assistere, in qualità di segretario, alle sedute del Comitato e della Deputazione e redigere i relativi verbali. 3. Controllare i vasi di persona, redigere lo stato di consistenza e stendere gli eventuali progetti di lavoro di manutenzione e di riparazione, e relative relazioni. 4. Dirigere, controllare ed ispezionare il lavoro degli adacquaroli. 5. Promuovere tutte quelle iniziative che si rendono necessarie per il migliore ed efficiente funzionamento dell’Azienda acque. 6. Curare diligentemente la pratica 72

Canaletta con bocche di irrigazione.


burocratica intesa ad ottenere la costituzione del Consorzio (seguono norme amministrative). Ad unanimità di voti, delibera di approvare l’incarico tecnico al geom. Roberto Bellini8. L’incarico ebbe termine nell’ottobre 1978. Sintesi dei progetti di gestione dell’Azienda Acque Dal 1978 alla fine del 1994 è in carico diretto al Comune. Tecnico responsabile geom. Eligio Rossini. Nell’anno 1995 è in gestione del Consorzio di bonifica Mella e Chiese. Dal 1996 al 1998, gestione Consorzio Università delle acque irrigue di tutto il patrimonio acque del Comune. Dal giugno 1998 la gestione dell’U.A.I. del Comune di Leno viene suddivisa tra Consorzio Mella e Chiese per quanto riguarda il Consorzio Milzanella-Pavona; il rimanente è gestito dal Consorzio di Gestione dell’U.A.I. del Comune di Leno.

Si riporta lo “schema” di convenzione per l’affidamento in gestione dell’Azienda acque di irrigazione appartenenti o in concessione al Comune di Leno al Consorzio di irrigazione dell’università delle acque di Leno

Sole, aria, acqua e verde quanto serve per una gradevole passeggiata.

Qui di seguito si indicano i vasi più importanti che interessano anche terreni compresi nei territori di comuni limitrofi. Denominazione

Portata l./sec. Bedoletto 90 Catilina 300 Cucca 200 Cucchetta 130 Conforta 180 Fontanile Bravi 80 Fontanile Baroschi 100 Fontanile Borsa 70 Fontanile Scovoletta 150 Cavallina 210 Cavalletta 130 Botta 300 Rosignolo 220 Totale 2150

Superficie irrig. Ea. 50,0000 225,0000 80,0000 60,0000 50,0000 40,0000 90,0000 30,0000 230,0000 65,0000 30,0000 150,0000 140,0000 1240,00009

Premesso che il Comune di Leno è proprietario e concessionario di fontanili e acque che nascono nel suo territorio, destinate all’irrigazione, suddivise come segue: Bada Benone Mezzodì Benone Relongo Benone Rescatto Benone S. Nazzaro Cavo inferiore Cavo superiore Cicogna Felice Littorio Onizzetto nuovo Onizzetto vecchio S. Gervasa Scanalocco Serioletta e Bersaglio Striaga Oriolo vecchio Bassina Serioletta Molino Semplice Serioletta Formola Gambarella Fossadaccio Il Consorzio si impegna alla gestione delle seguenti paratoie: • scaricatore Calvero, presso cascina Pollino • Vaso Benone in via XXV aprile (di fronte alla Scuola Materna) • Serioletta (Molino Dagani e Pioppi) • Costa Al rilascio delle autorizzazioni da parte del Consorzio delle opere che vanno ad interessare i vasi e gli scaricatori in gestione. - che il Comune di Leno è interessato al raggiungimento dei seguenti scopi: a) custodia e governo (espurgo, pulizia sponde, manutenzione ordinaria dei capifonte, rinforzo degli argini, delle acque e dei vasi) sia nel periodo estivo che invernale; b) custodia ed aggiornamento dei registri e dell’archivio degli atti del Patri-

La superficie produttiva della cascina Casella-Seccamani è irrigata dal Bedoletto; il signor Antonioli c’informa che il vaso ha origine presso la Cava delle sette fontane di Castelletto, scavato nel 1890 circa dai proprietari SeccamaniLocatelli-Sartori. A titolo di cronaca facciamo notare che il vaso Bedoletto è indicato nella tavola della possessione Casella, ex proprietà abbazia, rilevata nel 178010. 73


monio Acque con decorrenza dalla data di sottoscrizione del presente atto; c) aggiornamento orari; d) compilazione ruoli annuali; e) apertura e chiusura delle paratoie sopraindicate sia per la gestione ordinaria che nelle situazioni di emergenza come indicato nel punto precedente; e che, per il perseguimento degli stessi affida al “Consorzio di irrigazione dell’università delle acque di Leno” tutto ciò premesso ritenuta la suesposta narrativa far parte integrante del presente atto, e richiamata la deliberazione consiliare n° 64 del 29.11.2001, fra le parti si conviene e stipula quanto segue: Art. 1 - Il Comune di Leno affida in gestione al “Consorzio di irrigazione dell’università delle acque di Leno” le acque di irrigazione dei vasi sopra richiamati alle modalità e per i fini stabiliti nel presente atto. Si precisa che tutte le suddette acque in proprietà o concessione, costituiscono parte del patrimonio unico comunale denominato come nelle antiche scritture “Università delle acque del Comune di Leno”. I fontanili, i cavi, le opere di distribuzione e le bocche di somministrazione alle proprietà irrigue con i relativi meccanismi di manovra sono e restano di esclusiva proprietà dell’Amministrazione Comunale, la quale provvede a governarle attraverso la concessione di cui alla presente scrittura. Eventuali interventi di manutenzione straordinaria dovranno essere espressamente e preventivamente autorizzati dall’Amministrazione Comunale. Le manutenzioni ordinarie dovranno essere comunicate. Art. 2 - La durata dell’affidamento della gestione è sino al 31.12.2005. Qualora il Consorzio non rispetti gli obblighi previsti dalla presente convenzione, il Comune si riserva la facoltà di recesso con preavviso di mesi sei. Art. 3 - Su questioni di particolare importanza o gravità attinenti all’attività del Consorzio, il presidente deve chiedere parere consultivo al Comune. Il parere deve essere comunicato entro venti giorni dalla data di ricevimento della richiesta. Al Comune di Leno do-

vranno essere trasmesse a cura del segretario le deliberazioni degli organi del Consorzio, nonché eventuali provvedimenti del Presidente, entro dieci giorni dalla loro adozione. Art. 4 - Sarà cura del Consorzio procedere alla riscossione delle taglie, che dovranno essere formulate sulla scorta delle spese preventivate e consuntivate, decurtate degli introiti realizzati e realizzandi ed in ragione dei benefici effettivamente conseguiti. Art. 5 - A garanzia degli obblighi assunti con la presente, il Consorzio, in sede di stipula deve: • presentare idonea fideiussione bancaria o assicurativa per la somma di Euro (.......), a beneficio del Comune. • presentare copia di idonea polizza R.C. verso terzi con massimale di Euro (.......), entro tre anni dalla firma del presente accordo la polizza sarà portata ad Euro (.......). Si precisa inoltre che verranno applicate le seguenti penalità: • penale di Euro (.......) giornaliere per inadempimento degli obblighi di cui al punto e) delle premesse e il mancato rispetto dell’art. 1 (manutenzioni straordinarie) • penale di Euro (.......) giornaliere per inadempimento degli obblighi di cui ai punti a), b), c), d) delle premesse ed il mancato rispetto dell’art. 1 (manutenzioni ordinarie). Art. 6 - Il Consorzio garantisce la gestione dello scarico dei canali anche nel periodo invernale. Per la gestione della pulizia invernale dei vasi sopra esposti, il Comune si impegna a versare la somma a corpo di Euro (........) per la durata della convenzione. Il Comune si impegna a mettere a disposizione del Consorzio un recapito al martedì dalle ore 11.30 alle ore 12.30. Il Comune, su segnalazione della Protezione Civile per calamità avverse, si impegna ad avvisare i responsabili della gestione delle acque, i cui nominativi dovranno essere comunicati contestualmente alla firma della presente, con apposito atto scritto separato. Per quanto non espressamente previsto, si richiama la vigente normativa in materia. Per qualsiasi controversia inerente al presente atto, è competente il Tribunale di Brescia.

74

Acqua vita per le coltivazioni.

L. Cirimbelli, Milzanello e la nobile famiglia Uggeri, Leno 1980, p. 38. 2 ASC Leno, Parte antica. Convertitionis, Filza III, f. 31. 3 ASC Leno, Parte antica. b. 19, mazzo XIV, n° 31. 4 L. Cirimbelli, La soppressione dell’abbazia di Leno, Soc. Ed. Vannini, Brescia 1975. 5 1894-1904, Serie di Regolamenti, in ASC Leno, Sezione secolo XX, b 20/2. 6 ASC Leno, Sezione Sec. XX, Azienda acque. Documenti non catalogati (Ing. A. Marangoni). 7 ASAA - Dattiloscritto - non catalogato. 8 Verbale di deliberazione della Giunta municipale. Copia n° 29. 9 29.11.2001. Verbale di Deliberazione di Consiglio Comunale, n° 64. 10 Cfr. L. Cirimbelli, La soppressione dell’abbazia di Leno, Brescia, 1975, pag. 57. 1


N° 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44

Denominazione Cascina

Denominazione Vaso irriguo

Disciplina Favorita Favorita 2 Gadaldi Tre colori Serena Damonte Costantina S. Antonio Sera Zerbio Pollino Benone Villanuova Miranda Bada di Sopra Bada di Sotto Bersaglio di Sotto Cesira Serioletta di Sotto Serioletta di Sopra Bersaglio di Sopra Giuliana Martinengo da Barco Levante Littorio Scovola

Noce e Fontana Noce e Fontana

Speranza Mortaio Fontanone Formola Laffranchi L. Bonetti f.lli Santella Atalia Martinenga Costa Villa Piera Matilde San Giuseppe Campagna Seccamani Garuffo San Antonio Mattina Villa Donati Albarotto Albarotto di Sotto

Striaga (der. dal Rino) Cicogna, ramo Nicla Sangervasa e Nicla Ora assente Nicla e Sangervasa Sangervasa Sangervasa e Nicla (dal Cicogna) Sangervasa e Cicogna Onizzetto Nuovo Onizzetto Vecchio e Nuovo America-Pilati Pozzo Bada Pozzo Bada Pozzo Bada Bada e Cavo Superiore Vaso Bada Vaso Bada Vaso Bada Vaso Bada Cavo Bada Cavo Onizzetto e America-Pilati Cavo Bada e Pozzo Bada Capirolo, Seriolazza, Fontana, Scovoletta, fontana America-Pilati, Onizzetto Vecchio, Bada Pozzo Bada Pozzo Bada Pozzo Bada Cavo Superiore-Fontana Noce Cavo Superiore Cavo Superiore e Inferiore Cavo Superiore Cavo Superiore e Inferiore Vaso Seriolazza Vaso Scanalocco Cavo Superiore Cavo Superiore Cavo Superiore e Inferiore Cavo Superiore Cavo Superiore e Inferiore Cavo Superiore Cavo Bada e Pozzo Bada Seriolazza Gambarella prov.te Costa

75

Superf. piò 62 116 83 28 35 14 – 13 13 39 33 45 95 40 52 23 36 42 1 45 2 20 100 60 27 814 27 6 18 135 2 34 25 103 40 25 57 37 35 80 35 60 90 100 16


Denominazione Cascina

Denominazione Vaso irriguo

Superf. piò

45 46 47 48 49 50 51 52 53 54

Albarotto di Sopra Risorta Seccamani Risorta Nuova Paolina Teresina Colombere Girelli Capirola Barone di Sotto Barone di Sopra Pluda

Cavo Superiore Scanalocco Scanalocco e Cavo Inferiore Cavo Felice Cavo Felice Fontanello e Seriolazza Fontanello e Seriolazza Scanalocco, Benone Rescatto Scanalocco, Benone, Felice Fontana Gatti, Vaso Felice Bosco delle Gardene Fontana Gatti Cavo Capirola, S. Giovanna Fontana Gatti Rodone Cava Cava Cava Vaso Redone Fontana Gatti Cavo Benone Cavo Benone Cavo Vedetti Scanalocco Seriolazza Scanalocco e Benone Benone, Scanalocco Seriolazza, Gambarella Benone e Gambarella Benone e Gambarella Sangervasa Sangervasa e Molina Sangervasa Sangervasa e Cicogna Sangervasa e Cicogna Sangervasa Molone Molina e Catilina Sangervasa Vaso Benone e Sangervasa Molina Molina Catilina Molina Lussignolo Catilina e Lussignolo

10 115 20 1,5 1,5 230 – 70 75

55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88

San Nazaro Salvadonega Poiane Pluda Teresa Giardino di Sotto Giardino di Sopra Santa Maria Grassi Enrica Rosetta Malleier Civaglietta Pica Belvedere Ronchi Davo Attilio Rescatto Colombetto e Fenile Zü Angelina Bogalei Ermengarda Rosa Camponuovo Sotto Camponuovo Sopra Pinarda Nuova Pinarda Lumachina Villa Pineta Torchio Mirabella Zappaglia Mirabella Rampino Finiletto Bozano Aquila

76

276 36 59 245 250 7 12 3 75 24 60 27 75 62 12 6 40 180 – 30 155 22 7 150 2 12 38 19 6 18 70 315 9 28 150


N° 89 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 100 101 102 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 119 120 121 122 123 124 125 126 127 128 129 130 131 132 133 134

Denominazione Cascina

Denominazione Vaso irriguo

Chizzole Sudore Lame Arciprete Lame Locatelli Risparmio Bariane Rimedio Boschetti Finiletto di Sopra Finiletto Villa Giusy Finiletto di Mezzo La Quaglia Finiletto di Sotto S. Giovanna Toninelli Scariona Anna La Quercia Bredavico Sopra Bredavico Sotto Olmo Pozzolo Torchio-Pozzolo Pero Morandino Bonifica Tomba Squadretto Eusebia Lena Palazzina Castelvecchio Torri Torri Olmo Cucchetta Cucca Laura Pasino Nuovo Pasino Fenilnuovo-Alfen Marionette Ronchi Palma Barba Castel Guelfo Comune

Uggera e Lussignolo Serioletta Serioletta e Formola Serioletta e Fontanile Serioletta Vaso Benone Serioletta Serioletta Benone e Benone Mezzodì Benone Relongo Benone Relongo Benone Relongo Benone Relongo, Mezzodì Benone Relongo Serioletta Formola Serioletta Formola Milzanella Serioletta Serioletta, Pavona Serioletta, Pavona Pavona, Milzanella, Cavo Nuovo Frezule, Milzanella Frezule, Milzanella Serioletta Milzanella Milzanella Milzanella Littorio Molina Littorio e Rio (c/o casc. Rimedio) Littorio Littorio Vaso Pavona Vaso Pavona Vaso Benone Gambarella e Benone Benone Rescatto e S. Nazzaro Benone,Tempini, Bedoletto, Molina Benone S. Nazzaro e Rescatto Benone S. Nazzaro Benone S. Nazzaro e Gambarella Benone S. Nazzaro Benone S. Nazzaro Benone S. Nazzaro Fontana Baroschi e Rovertorta Benone Mezzodì 77

Superf. piò 40 14 80 62 2 100 – – 65 – – – 38 11 135 – 15 – – 250 120 150 – – 30 2 70 40 25 48 27 – 60 6 30 53 80 180 63 54 18 69 8 16 128 25


N° 135 136 137 138 139 140 141 142 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 161 162 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 174 175 176 177 178

Denominazione Cascina

Denominazione Vaso irriguo

Molino Dossi Dossi Comeni Gaidano di Sotto Gaidano di Sopra Boarini Salvasecca Pavona Sorgente Alba Motella Massaga Terzo Lanina Morosine Casella Seccamani Palazzo Fenarola Fenarola Piceni Biolcheria Fenarola Scuderia Cortivo Fabbrica Scanzi Molone Breda D’Ale Fabbrica Nuova Maglio Cereto Cereto Dossello Fontana Bagatta Rinascente Sobagno Fornace Quadri Fornace Locatelli Bruna Fattoria Giulia Capolupo Colombere Fenaroli La Rocca Filippini Az. Agr. Ambra Bellomi Villetta Naviglio

– Vaso Benone Vasi Benone e Rescatto Benone S. Nazzaro Benone Rescatto e Benone S. Nazzaro Benone S. Nazzaro e Vedetti Vaso Vedetti Vaso Vedetti Vaso Vedetti Vaso Pavona Pozzo privato Vaso Rovertorta Fontanile Baroschi Fontanile Baroschi Fontanile Baroschi Vaso Bedoletto Vaso Milzanella e Molina Vaso Milzanella, Molina, Vedetti Vaso Milzanella e Molina Vaso Molina e Milzanella Molina, Milzanella, Vedetti Molina, Milzanella Molina Molina Molina Uggera – Uggera Uggera e Milzanella – Milzanella Milzanella – Pavona Ora assente Pavona Milzanella e Pavona Milzanella e Vedetti Conforta Cucca, Molina, Catilina Conforta e Cucca Pavona e altri Rino Super., Cucca, Fontana nuova –

179 Ulivi 180 Massini

– Naviglio

Superf. piò – 63 100 120 70 75 112 8 11 3,5 14 59 – – – 80 180 100 23 20 79 90 200 100 80 180 1 296 18 – 60 90 – – – 7 38 20 7 7 130 – 50 2

– 5 78


Fontanello Bersaglio.

181 182 183 184 185 186 187 188 189 190 191 192 193 194 195 196 197 198 199 200 201

Denominazione Cascina

Denominazione Vaso irriguo

Rapallo Mirandolina Noce Caselle Bianco Linon Pedronchina Pedronca Fornasetta Fenile Nuovo Bozano Uggera Madonna della Stalla Colombere Bozano Mortaro Bellomi Molino del Maglio Pometo Perseghera Bellina Tenuta Tesa Baitone Solat

Fontana Nuova Striaga, Fontana Nuova, Rino Capirolo e Lamoni Conforta e Cucca Cucca – Canal Grande Cucca e Conforta (Molina) Molone, Botta e Cavallina Botta, Catilina, Fola, Molone Catilina Catilina, Lussignolo, Molina Conforta, Molina Conforta (Molina) Cava Fontanello deriv. del Botta Fontanello deriv. del Botta Botta – Botta Pavona 79

Superf. piò

40 180 106 42 – 2 100 98 133 118 180 145 96 18 14 167 – 63 – 92 8



Traccia attuale riassuntiva dei vasi irrigui Relazione del geom. Eligio Rossini, responsabile dei LL.PP. e del signor Pierangelo Dada, responsabile dei Servizi Culturali.

La roggia Seriolazza Inizia il suo corso nel territorio del comune di Bagnolo Mella e scende a sud delimitando i confini dei territori di Ghedi e di Leno a nord della cascina Scovola. In prossimità del Vecchio Oriolo, sul lato destro, esiste la presa dell’Onizzetto Vecchio; proseguendo verso est la Seriolazza diventa tributaria dell’Oriolo Nuovo (realizzato a fine ottocento circa). Poco prima della “Volta” per Ghedi entra il cavo Bada, dopo aver irrigato i terreni delle cascine Bada, Speranza e Villa Donati fino al Bersaglio; pochi metri più a valle esiste un partitore a livelli che dà origine al Vaso Serioletta (vulgo “La Storta”). La Seriolazza prosegue il suo corso verso mezzogiorno fino alla cascina Costa. Nell’Azienda acque comunale era denominata “Seriolazza intera” per l’utilizzo irriguo di alcuni fondi con tutta la portata disponibile. Alla Costa, la Seriolazza sovrapassa in un “canalone” in pietra la Santa Giovanna. Nel breve tratto che segue, prima di alimentare il “Molino nuovo” della cascina Costa, l’acqua jemale viene scaricata nella Santa Giovanna per mezzo di un canale scaricatore in cemento. Costeggia quindi per un tratto la strada della Costa e dà origine, verso sud, ai canali “Felice” e “Scanalocco” irrigando l’agro Scanalocco, Albarotto e proprietà Reghenzi. Confluisce ancora in Santa Giovanna appena prima del ponte sulla strada consortile del Viganovo-Costa.

Vaso Lussignolo. “La cüra” manutenzione e ripristino del letto. Nella foto a sinistra: fontanello Bersaglio nasce sotto la cascina Levante e sfocia nella Serioletta (la Stôrta) presso la cascina Bersaglio passaggio a mattina cascina Martinengo Da Barco.

Il vaso Serioletta Ha origine dal livello della Seriolazza lungo la strada comunale per Ghedi, in prossimità della cascina Littorio. Scendendo verso sud costeggia in modo tortuoso (da qui il nome “La Storta”), sul lato ovest, la strada comunale LenoGhedi, poi sottopassa, a valle della cascina Santa Maria, la rotatoria di fronte alla strada di accesso alla cascina Bersaglio, dove riceve le acque della Fontana 81

Bersaglio. Prosegue poi sempre in direzione sud, sottopassando parte dell’area della CO.BO. e Via Viganovo, fino al Molino Nuovo dove, nei periodi invernali e di piena viene scaricata verso mattina nella Santa Giovanna. Di fronte alla paratoia di questo scaricatore, un’altra piccola derivazione manda l’acqua verso sera, per irrigare gli orti del quartiere Gere, per poi finire nel Benone in Via Marconi. Appena dopo la ruota del molino, riceve invece le acque della Fontana Formola, il cui capofonte si trova a Nord dell’omonima cascina, prendendo così il nome di Serioletta con Formola. Prosegue poi a mattina della Villa Badia costeggiando a est il Vaso Benone, separato da una boschina, l’oratorio parrocchiale fino a Via Albarotto e da qui viene ripartita, con il classico partitore a livelli, nei rami Serioletta Semplice e Serioletta Lanti-Prandini. Nel tratto di livellamento è presente un ulteriore deviazione di piena che indirizza l’acqua verso un vaso scaricatore della Santa Giovanna che sottopassa Via Quattro Novembre, Via Matteotti, l’area dell’Ospedale terminando nel Vaso Frezule. Dagli anni 60, con la costruzione dei quartieri a sud dell’abitato di Leno, un buon tratto dei due rami è interrato. Essi percorrono parallelamente un tratto di Via Legnazzi, poi la Serioletta LantiPrandini devia verso ovest e, dopo aver sottopassato Via Badia, costeggia il lato sud della ex Cascina Lanti e si immette nell’agro irrigando i terreni tra la Strada dell’Olmo e la Via Milzanello. La Serioletta Semplice scende invece ancora per un tratto e sottopassa Via Badia in prossimità della segheria Capofer-


ri. Prosegue verso sud fino al Cimitero dove si divide in due rami: una parte d’acqua arriva ai terreni in prossimità della cascina Bredavico, l’altra parte irriga i terreni circostanti le cascine Sudore e Lame Arciprete. Nel periodo invernale veniva utilizzata anche per la formazione delle marcite (irrigazione jemale).

Cascina Fornace Locatelli. Manufatto su deviatore della Pavona. A sinistra: Seriola Pavona località Tram crocevia in direzione Milzanello. Nella foto a destra: primavera sul vaso Benone nell’abitato di Leno.

Vasi Milzanella-Pavona Dobbiamo partire dal territorio di Bagnolo Mella dove nascono la Seriola Capirolo (nei pressi della cascina Lame Febrari), le fontane Lamoni, Noce e Canal grande (nei terreni della Scovola). I quattro canali si uniscono, a valle della strada vicinale Noce-Scovola, formando il Vaso Lavaculo, che scende verso mezzodì attraversando la campagna. Lungo il percorso è degno di nota un tipico guazzo (sguasarina) nelle vicinanze della cascina Favorita. All’altezza della cascina Pollino inizia a costeggiare, sul lato est, la S.P. VII Bagnolo Mella - Seniga, fin all’incrocio con Via XXV Aprile, nel centro abitato di Leno. Qui diventa tributario del vaso Rassica che ha il capofonte di fronte alla strada vicinale della Striaga di Sopra e, dopo aver costeggiato sul lato ovest la S.P. VII fino alla Villa Seccamani, sottopassa Via Garibaldi e confluisce, appunto, nel Lavaculo. I due vasi uniti prendono il nome di Vaso Pozzola che inizia il suo percorso lungo Via XXV Aprile dove, in caso di piena, raccoglie le acque del Vaso Beno-

ne provenienti dalla paratoia posta di fronte all’ingresso del vecchio Asilo. Prosegue poi in Via Repubblica fino ai “Chiaviconi” di Piazza C. Battisti, dove si divide in due tronconi. Un ramo della Pozzola, che diventa il principale scaricatore del centro abitato di Leno, prosegue verso ovest-sud-ovest sottopassando l’ex casa Sozzi, Via Garibaldi, Via Capirola, Via Ermengarda (vulgo osteria e tabachì del pont), Via Zannini, l’area dell’Ospedale, e finisce il suo corso scaricandosi nel vaso Frezule nel tratto in cui quest’ultimo corre parallelo a Via Italia. L’atro ramo della Pozzola si dirige verso sud sottopassando i giardini pubblici, parte di Via Marconi, e un buon tratto di Via Badia, restando sul lato ovest fino all’altezza di Via Matteotti. Qui attraversa Via Badia e passa sul lato est, percorre circa 100 metri e poi attraversa nuovamente e viene diviso in due tronconi dalle paratoie che si trovano all’inizio di Via Beccalossi. Il ramo che va verso sud prende il nome di Vaso Pavona mentre verso ovest prende il nome di Vaso Milzanella. La Pavona irriga i terreni delle cascine Bredavico, Olmo e Selvasecca. La Milzanella irriga i terreni a nordest di Milzanello. La quantità d’acqua di quest’ultima è regolata dai livelli situati nei pressi della cascina Pero. Il Frezule Ha il suo capofonte lungo il lato a nord del muro di cinta della Villa Seccamani, ex Rio del Sottino. Originariamente, per favorire le sorgenti era stata scavata una conca (vulgo basia) che, agli inizi degli anni novanta, è stata interrata ed intubato il primo tratto del canale. Prosegue poi verso mezzodì sottopassando le Vie Marchetti, attraversando Via Mazzini, Via Frezule, Via Ermengarda, e scendendo fino alla zona delle “Morti del Letone”. Prosegue il suo percorso oltre la Cascina Pozzuolo fino a scaricare nel Vaso Molone. Vaso Littorio Il vaso Littorio è stato scavato nel 1934 per irrigare i terreni a ovest dell’abitato Castelletto. Non avendo un proprio capofonte, raccoglie le acque del Vaso Frezule a monte della Cascina Pozzuolo grazie alla presenza di un partitore che, dal 10 marzo al 15 settembre, periodo irriguo, ne devia le acque.

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Il Littorio inizia con un tratto in calcestruzzo, poi scorre intubato e sotterraneo per un altro tratto, esce in corrispondenza della strada per il Morandino, prosegue verso sud poi, a monte della cascina Tomba, devia verso est fino alla “Santella” sulla strada dell’Olmo. Qui gira ancora verso sud e costeggia la strada comunale dell’Olmo, gira a est verso la cascina Bredavico di Sotto, la costeggia sempre a est, svolta verso sud, sottopassa la S. P. VII Bagnolo Mella-Seniga, costeggia a nord-est la cascina Torri Olmo, sottopassa la comunale che collega Castelletto con Milzanello, giunge a Castelvecchio dove irriga la zona sud fino al confine del territorio dal Comune di Pavone del Mella.

Spartitore e canali vaso Capirolo Noce e Striaga-Rino.

668, e sempre verso sud va ad irrigare tutta la zona del Viganovo a nord della S. Giovanna. Onizzetto nuovo Nasce ai margini della Strada della Scovola, in prossimità della cascina Bada Sotto, scende in linea retta verso sud parallelamente al Vaso Serioletta e alla comunale per Ghedi; giunge alla Villanuova e si dirama per irrigare i terreni della cascina a est della Villanova e a ovest della Cascina Benone. Onizzetto Vecchio Nasce da una presa continua (o bocchetto) della Seriolazza in corrispondenza dell’asilo della Scovola. Prosegue verso sud poi devia a ovest sovrapassando l’Onizzetto Nuovo e irrigando i terreni circostanti la Cascina Villanuova; poi verso sud irriga i campi a ovest dell’Onizzetto Nuovo e della Cascina Miranda fino alla località Bruciata.

Cavo Superiore Nasce a est della cascina Speranza in territorio del Comune di Ghedi, percorre un breve tratto fino alla cascina Villa Donati, poco dopo sovrapassa la Seriolazza e inizia ad irrigare i terreni delle cascine S. Antonio mattina, Garuffo, Campagna, Seccamani Mazzoli e dell’Atalia.

Vaso Striaga Nasce dal Rino Superiore al confine con il Comune di Bagnolo Mella nei pressi della località Fate. Scende verso sud-est, irriga una parte dei terreni della cascina Mirandolina e attraversa i terreni nella zona delle cascine Noce, Scovola e Favorita, fino a in-

Cavo Inferiore Nasce a nord-est della Cascina Villa Donati, scende verso sud e, dopo aver sottopassato la Seriolazza, prosegue verso la cascina Garuffo, sottopassa la S.P. 84


contrare in lato ovest la Strada della Striaga, che fiancheggia per un buon tratto, irrigando l’agro circostante. Scende fino alla cascina Gian Luigi, e scarica le residue acque di colo nel Lavaculo, in prossimità dell’incrocio tra le Ss.Pp. VII e 668.

La Pozzola (Posöla) insenatura a lato del Molone.

Scanalocco e Felice Nascono dopo il Molino della Costa da due distinti partitori della Seriolazza, dirigendosi a sud. Il primo, lo Scanalocco, si stacca a pochi metri dalla cascina sul lato nordovest, irriga i terreni circostanti le cascine Capirola e Pica, la zona a mezzodì del Pluda e una parte di terreni a sud della cascina Martinengo. Il secondo, il Felice, si stacca poco più a sera, prosegue verso ovest e per un tratto irriga tutti i terreni a sud della strada consortile della Costa, prosegue ancora verso sud irrigando la zona del Pica indi i terreni a sud delle cascine Bonfadina, Rescatto e Barone fin contro la S. Giovanna che costeggia, in questo tratto, la S.P. VIII. Rino superiore e inferiore Sono due fontanili che dopo aver percorso un breve tratto separati si uniscono formando il Naviglio. Il Rino superiore ha il suo capo fonte nel territorio del Comune di Bagnolo

Mella, in angolo est della cascina Coccolina; scende verso sud-ovest ed entra nel territorio del Comune di Leno nei pressi della località Fate, dove diviene tributario del Vaso Striaga. Finisce nel Naviglio a nord dell’omonima cascina (vulgo: èl goi del mèi). Il Rino inferiore ha il suo capo fonte sul fianco ed a pochi metri dal Rino superiore, di fronte al partitore che dà origine al Vaso Striaga. Scende verso sud, costeggia i terreni della cascina Rapallo, e si immette nel Naviglio poco più a sud dell’incrocio per Porzano sulla S.P. VII. Il Naviglio, che trae origine dalle acque di colo dei terreni di Bagnolo Mella e dalla confluenza dei due Vasi Rino, scende costeggiando sul lato est la S.P. VII fino alla cascina Pollino, sottopassa la provinciale e forma un invaso a livello. Da questo invaso esce, tramite una paratoia di piena, lo scaricatore Calvero e prendono origine i Vasi Cicogna e Santa Gervasa che vanno ad irrigare l’agro delle cascine Tre Colori, S. Antonio, Damonte, Serena, Zerbio, Rosa, Teresina, Camponuovo sotto, fino a alle cascine Angelina e, più a sud, Ermengarda. Vaso Benone Ha il capo fonte, prolungato di circa 800 metri nella seconda metà degli anni cinquanta, in località Bruciata, nei pres-

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si della cascina Villa Nuova e, nel suo percorso si divide in quattro utenze: B. Relongo, B. Rescatto, B. Mezzodì e B. San Nazaro. Dopo il capofonte si dirige verso mezzodì costeggiando la cascina Benone, sottopassa la S.P. 668, attraversa la zona artigianale, prosegue fiancheggiando a est via Subiaco, sottopassa Via F.lli De Giuli, fino ai partitori di Via Venticinque Aprile, di fronte al vecchio Asilo. Guardando a Nord, la paratoia di sinistra conduce l’acqua nel sottopasso in Via Repubblica e funge da scaricatore, mentre sul lato destro scorre nel sottopasso a nord dell’asilo, prosegue sotto i giardini di Via Marconi, prosegue verso mattina tra l’ex villa Zanini e Villa Badia, esce allo scoperto costeggiando la muraglia a nord della Villa Badia, gira ad angolo verso sud, costeggia l’oratorio, attraversa il Quartiere “La Famiglia”, sbocca alla strada per Calvisano, indi si dirige a mattina costeggiandola. Giunto alla cascina Barone sottopassa la strada e, poco dopo la cascina Barone di Sotto dà origine al Benone Relongo che prosegue il suo corso attraversando ed irrigando l’agro fino alla cascina Bariane. Sottopassa poi la S.P. VIII, la costeggia per un buon tratto irrigando tutti i terreni a nord e a ovest dell’abitato di Castelletto posti tra la S.P. e la Roggia Santa Giovanna, fino contro il Vaso Vedetti nei pressi della cascina Castelvecchio. Il ramo principale del Benone sottopassa nuovamente la strada per Calvisano e prosegue costeggiandola. In corrispondenza della strada per i Ronchi Davo e la cascina Bonfadina si stacca, sottopassando ancora la strada, il ramo che, verso sud, dà origine al Benone Mezzodì, Benone Rescatto e Benone San Nazzaro. Poco sotto la cascina Pica infatti, tramite un partitore a livelli, il Benone si ripartisce verso sud nel Mezzodì e verso est nel ramo che, poco più avanti, si divide in Benone Rescatto e Benone San Nazzaro. I tre rami irrigano tutti i terreni che si trovano a nord e ad est dell’abitato di Castelletto a partire a nord dalla cascina Bonfadina fino alla località Massaga a sud, e dalla Pieve di San Nazzaro fino alla cascina Castelguelfo a est. Il ramo originario del Benone, dopo aver superato la cascina Pica, muore fornendo acqua, tramite un livello a stramazzo, alla roggia Molina di Pralboino, in virtù di antico diritto di presa. 86


Livello del Lavaculo (stazione di servizio AGIP).

“Lo sviluppo dell’irrigazione trasforma le campagne, specie quelle con terreni sciolti, carenti di umidità, dando loro una sistemazione regolare, livellata e squadrata secondo le pendenze necessarie allo scorrimento razionale e proficuo delle acque, sistemazione che investe persino la singola particella; ad esempio, con la baulatura permanente ricavata con un riporto di terra verso il centro, tale da consentire, con il raccordo di scoline o cavedagne, lo sgrondo laterale. Uno sviluppo che si riflette, con il profitto economico, nel valore dei terreni. In questa congiunzione tra terra e capitale, la terra – il classico fattore produttivo dell’agricoltura – svolge un ruolo sempre più subalterno di fronte alle varie forme di investimento che pel loro insieme costituiscono il fattore “capitale” in senso stretto. Muta cioè il rapporto tra terra e capitale a vantaggio di quest’ultimo e con esso la tradizionale fisionomia dell’azienda agricola, nella quale il processo produttivo si accosta più al principio della specializzazione che a quello della policolturalità. Sempre più applicato pertanto, è il principio del cosiddetto “rischio crescente”: vale a dire aumenta il rischio che i risultati della gestione non rispondano ad un congruo compenso per i capitali immessi nell’azienda”11. Seriola Rovertorta, scorre a mattina della cascina Castelguelfo. 87

11

G. Bonati, Il paesaggio agrario, in Il Paese di Lombardia, op. cit. p. 44.


Tutela del territorio e “reticolo idrico minore” La “fotografia” della consistenza e dell’andamento del reticolo idrico minore, formato dai corsi d’acqua presenti sul territorio comunale, si traduce anche in documenti amministrativi. E qui sfioriamo soltanto un capitolo importante che riguarda l’attualità ed in un certo senso anche il futuro del nostro territorio. Il Comune di Leno infatti con delibera di G.C. 133 in data 30 maggio 2006 ha affidato al dott. Leonardo Bellini, dello Studio Professione Ambiente, l’incarico per l’analisi

e la raccolta di tutte le informazioni riguardanti il reticolo idrico minore. Di seguito, dunque, si offre la relazione informativa circa gli studi propedeutici in corso e, nella cartografia, la rilevazione attuale delle seriole. Il futuro della salvaguardia del patrimonio idrografico di Leno è affidato alla parte normativa e regolamentare che accompagnerà questi documenti e che è ancora in fase di definizione. Sarà un capitolo importante per il ruolo che il Comune vorrà assumere nella tutela dell’assetto idraulico e nel piano di governo del territorio.

bilito i criteri di attuazione per la determinazione del reticolo idrico principale, il trasferimento delle funzioni relative alla polizia idraulica concernenti il reticolo idrico minore ai sensi della L.R. 1/2000 e la determinazione dei canoni regionali di polizia idraulica. La “polizia idraulica” è intesa come attività di controllo degli interventi di gestione e trasformazione del demanio idrico e del suolo in fregio ai corpi idrici. La L.R. 1/2000 suddivide, infatti, il reticolo idrico regionale in due categorie (principale e minore) e stabilisce che: “è di competenza regionale l’individuazione delle acque che costituiscono il reticolo principale sul quale la Regione stessa esercita le funzioni di polizia idraulica” (art. 3, comma 108, punto i) e che “ai comuni sono trasferite le funzioni relative all’adozione dei provvedimenti di polizia idraulica concernenti il reticolo minore” (art. 3, comma 114). Come definito dalla normativa di riferimento, l’elaborato tecnico di studio e definizione del reticolo idrico minore del territorio comunale di Leno sarà costituito da una parte cartografica (con l’indicazione del reticolo idrico e delle relative fasce di rispetto) e da una parte normativa (regolamento con l’indicazione delle attività vietate o soggette ad autorizzazione all’interno

COMUNE DI LENO Provincia di Brescia RETICOLO IDRICO MINORE DEL TERRITORIO COMUNALE Studi propedeutici alla definizione del reticolo Rev 01: Novembre 2007

L’Amministrazione Comunale di Leno, nell’intento di favorire lo sviluppo del territorio secondo criteri di tutela ambientale del territorio e in attuazione delle disposizioni regionali recepenti i contenuti dell’art. 3 comma 114 della L.R. 1/2000, ha provveduto affinché il Comune di Leno si dotasse di uno strumento idoneo all’individuazione del reticolo idrico compreso nel territorio comunale e, in particolare, alla regolamentazione di tale materia di competenza, a cui sono associate le funzioni di polizia idraulica. Con l’emanazione della D.G.R. n. VII/7868 del 25/1/2002, integrata e corretta dalla D.G.R. n. VII/13950 del 1/8/2003, la Regione Lombardia ha sta88


La cartografia qui citata si trova alla fine del volume in allegato alla terza di copertina.

che, in relazione all’approfondita conoscenza del territorio, hanno contribuito attivamente a fornire ulteriori riferimenti utili all’individuazione del reticolo. La fase di restituzione cartografica allegata alla presente è stata opportunamente preceduta da sopralluoghi e rilievi diretti in campo - in coadiuvazione con gli stessi tecnici del Comune di Leno - finalizzati a definire nel dettaglio la situazione di fatto della rete idrografica esistente. Le successive attività comprenderanno la definizione finale del reticolo idrico minore, la classificazione dei diversi tratti in funzione dell’ente competente (Comune, Consorzi, Regione), l’attribuzione delle fasce di rispetto dei corsi d’acqua in corrispondenza delle quali troveranno applicazione le norme di polizia idraulica ricomprese nella parte normativa (regolamento) dell’elaborato tecnico finale.

delle fasce di rispetto individuate). La cartografia presentata in allegato è frutto delle attività di indagine propedeutiche alla definizione finale del reticolo idrico minore. Le prime informazioni acquisite sono emerse dall’analisi delle mappe del Cessato Catasto Terreni, attraverso le quali si sono recepiti utili elementi in merito alla demanialità dei corsi d’acqua. Si è quindi formulata una prima determinazione del reticolo idrico minore, su cui basare le successive fasi di analisi. A seguito dell’acquisizione di ulteriori elementi dalle cartografie ufficiali (IGM, CTR), esclusivamente al fine di individuare gli effettivi attuali percorsi dei corsi d’acqua costituenti il reticolo individuato in prima formulazione, si sono considerate ulteriori fonti cartografiche: le mappe del Nuovo Catasto Terreni, le cartografie rese disponibili dal Consorzio di Bonifica “Fra Mella e Chiese”, la restituzione cartografica dell’aerofotogrammetrico di supporto alla zonizzazione dello strumento urbanistico del Comune di Leno. La verifica dei percorsi dei corpi idrici è stata supportata anche dagli elementi di indagine forniti dall’Ufficio Tecnico del Comune di Leno, nelle persone del geom. Eligio Rossini e dell’Arch. Laura Alberico

Brescia, 9 novembre 2007

“Professione Ambiente” Studio Associato Ing. Roberto Bellini Dott. Leonardo Bellini 89


Riflessi nel vaso Cucca.


Capitolo quinto Vendite e affitti


Premessa La grande crisi, quella che il Romano definì la “cesura secolare”, tra il XVI e il XVII secolo e che, anche per il bresciano è documentata dal memoriale del Baitelli (1648), sia pure anticipata dalla pre-crisi del 1609-1613, si verificò più tardi in Italia ed in Europa dal 1619 in poi, resa in seguito particolarmente rovinosa a Brescia e nel suo territorio dalla pestilenza del 1630 che determinò pure, tra l’altro, il progressivo ed inarrestabile dissesto del bilancio Comunale, causa non ultima dei moti sociali successivi1. Anche alla nostra amministrazione non mancano difficoltà in bilancio, dovute a molteplici cause: il succedersi di pestilenze, danni recati dalle masnade di passaggio, non mancano le carestie che decimarono la popolazione, incrementando così maggiori spese di gestione. Per sopperire a tali difficoltà, l’amministrazione è costretta a vendere alcuni beni, a chiedere prestiti presso alcune famiglie benestanti. Nel 1500 il Comune rimborsa a G. Francesco Gambara, in più rate, lire 600 di planetti di cui il Comune era debitore, nel 1621 vende a Gerolamo de Armannis un fienile con aia contigua al Palazzo e ortaglia nonché alcune pezze di terra site in Leno con relativi diritti d’acqua al prezzo globale di lire 10.980 e soldi 4 di planetti. Il 31 maggio 1608 il Comune vende a Carlo Cimbinelli fu Martino di Leno, la proprietà detta dei santi Nazaro e Celso a Leno, contrada Ronchi Selvadonega, al prezzo di lire 5000 di planetti, fatti salvi il diritto di giuspatronato della chiesa dei SS. Nazaro e Celso ed il diritto di riscuotere il livello annuo e perpetuo di lire 2 soldi 3 di planetti sui beni di questa proprietà, chiamato “affitto dei Ronchi”2. Nel 1629, il 4 gennaio in Brescia si stende l’Instrumentum in cui il Comune vende ad Alessandro de Albinis fu Albino di Leno, una pezza di terra arativa vitata e parte prativa ed adacquata di piò 20, tavole 29, piedi 6, once 5 a Leno contrada Albarotto al prezzo di lire 5276 soldi 16 di planetti ed un’altra pezza di terra detta le Taine, prativa ed adacquata di 3 piò, tavole 30, piedi 10, once 2, nella stessa contrada al prezzo di lire 479 soldi 12 di planetti3. Il 18 febbraio 1673, il Comune di Leno consegna a Giovanni Roselli, agente

della parrocchia di S. Giorgio di Brescia, lire 2255, più i livelli maturati, ad estinzione di un debito censuario, ricevendone liberazione. Altra soluzione di debito verso Pietro Farioni chirurgo di Brescia, di 6000 lire di planetti per estinzione, ricevendone liberazione. In Brescia, il 20 febbraio 1673. 1678, luglio 4. Il Comune ed il nobile Mario Pontevico di Brescia, a composizione della lite sorta per diritti ed utilizzo di acque, giungono ad una transazione secondo la quale, il Pontevico può usufruire delle acque della seriola del Molino dei Dossi in Leno, senza però recare nessun danno a terre di ragione comunale durante la escavazione di vasi d’acqua4. Infine il 4 giugno 1698, con Instrumento di soluzione, il Comune consegna alle monache di Santa Maria della Pace, di Brescia, lire 5000 di capitale e lire 471 soldi 13 di planetti per livelli maturati a saldo di estinzione di un debito censuario e ne riceve liberazione5. 92

Calvero - Bogalei. Alveo in espansione. A destra: Vaso Lussignolo.


Documenti e cronache Instrumentum venditionis 1570, gennaio 3. Brescia in contrada Sancti Joannis Parvi. Il Comune di Leno vende ad Antonio Maria de Ugeriis fu Antonio Maria, a Gerolamo de Ugeriis fu Gerolamo, a Ludovico de Aste (Asti) di Brescia, tre quadretti dell’acqua della seriola Pozzola di ragione del Comune, scorrenti dal territorio di Leno verso i beni dei suddetti compratori nel territorio di Milzanello, stabilendo patti e condizioni per l’utilizzo del vaso, al prezzo di lire 7000 di planetti ogni quadretto, affinché gli acquirenti possano utilizzare l’acqua soltanto tre giorni e mezzo la settimana; il prezzo complessivo di vendita a lire 10.500 di planetti di cui lire 4500 di planetti entro cinque anni, le rimanenti lire 3000 di planetti nei successivi tre anni e mezzo con livello annuo del 5%, più altre lire 1000 di planetti all’anno6. Affittanze Il 1°dicembre 1658, stipulato un accordo tra il Comune di Leno ed il Comune di Pavone mediante il quale il Comune di Leno affitta l’acqua della seriola Salvasecca o Pavona al Comune di Pavone con deliberazione del Consiglio Speciale del Comune di Leno7. Vendite Dopo il 1800 le guerre recarono grande pregiudizio al patrimonio del Comune costretto a vendere campagne e molini per mantenere diversi giorni l’armata napoleonica. Da allora però, l’amministrazione comunale attese al miglioramento delle irrigazioni, tanto che nel 1935 circa, due terzi del territorio comunale gode di questo inestimabile beneficio da parte del Comune. C. Pasero, Prefazione al Catartico di G. da Lezze, ediz. Anastatica. Brescia MCMLXIX, vol I, p. 49. 2 ASC Leno, Parte antica, Filza IV, f. 107. 3 ASC Leno, Parte antica, Filza IV, f. 29. 4 ASC Leno, Parte antica, Filza IV, f. 72. 5 ASC Leno, Parte antica, Istrumento di soluzione. Filza IV, f. 108. 6 L. Cirimbelli, Milzanello e la nobile famiglia Uggeri. Leno 1980, p. 40 ss. 7 ASC Leno, Parte antica, Trattato per affittanza in b. 15, mazzo XII, n° 21. 1

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CARATTERISTICHE DEL FONTANILE

Sezione canale X-Y

Da “La bonifica nella fascia dei fontanili in sponda sinistra del fiume Oglio”, di Ermete Giacomelli, 2003.

A = Testa di fonte B = Asta di fontanile C = Canale drenante. In gergo: “riflesso” D = Fontana E = Tubi Norton F = Punte e assi di robinia o di ontano


Capitolo sesto I fontanili


I fontanili A grande scala riportiamo dallo studio del Benati (...)1: “...la Bassa, dove il drenaggio superficiale è difficoltoso o impedito, con plaghe – le “regone” –, la cui quota è sotto il livello dei fiumi vicini e, per di più, soggette alle acque dei terreni a monte. Tra le due pianure giustapposte, il contatto tra i due ammassi d’accumulo diversamente permeabili, determina in superficie l’affioramento delle falde idriche sottostanti le ghiaie a monte, lungo una fascia da tre o quattro a ventisette chilometri circa: è la zona intermedia delle risorgenze (detta anche dei “fontanili” o “fascia delle risorgive”), il cui limite superiore corre, nella nostra regione, da Magenta a Rho, Monza, Treviglio, Martinengo, Bagnolo, Ghedi, Goito, con interruzioni all’altezza dei maggiori alvei fluviali”. Uno sguardo particolare al “fontanile”. Sul fondo di un fosso si suol fare uno scavo a forma di pera che si chiama “testa di fontanile”, profonda quanto basta per mettere allo scoperto le polle od “occhi di fontana”. Ad impedire che questi abbiano ad ostruirsi s’investono, con una botte di legno cerchiata di ferro che viene incassata nel terreno e si lascia emergere dal livello delle acque col lembo superiore, per pochi centimetri. In questo, dalla parte a valle, si pratica un’apertura che lasci libero lo zampillo della sorgente. Le acque, così raccolte, si avviano in un canale che

chiamasi “asta di fontanile”. A Leno vennero poi sostituite da tubi di ghisa lunghi 4 metri col diametro di 6 centimetri che hanno, nella parte superiore un gomito a cassetta dal quale sgorga l’acqua. La bocca della cassetta è larga centimetri 30 e alta 3: nella parte superiore ha uno spiraglio. La cassetta è 50 centimetri sopra il fondo del fosso. I fontanili hanno la direzione nord-sud e tributano acqua in quantità variabilissima. Alle volte bastano tre o quattro per formare una “gora” mentre altre sono alimentate da infinite piccole sorgenti. Nel tempo dell’irrigazione la sezione media dell’acqua nelle gore può calcolarsi larga tre metri e alta 50 centimetri. I canali provenienti direttamente da fontanili che trovansi specialmente nel mandamento di Leno, non sono tutti forniti di cateratte e questo inconveniente è causa di una grande dispersione dell’acqua nel tempo dell’irrigazione. Occorrerebbero dunque cateratte in buon numero2. Nel nostro territorio abbiamo i seguenti fontanili: Fontana Bravi, Fontana Baroschi, Fontana Borsa. Al Pluda: Lovatella, Lanetta che formano il Cavo Nuovo (1885). I fontanili nella zona Scovola: Scovoletta, Baschetta; a mattina della stessa: la Fontana Noce, la Trusa, l’Oriolo, Capirolo con una portata complessiva di 105 litri-secondo continui. Altri fontanili vivi o asciutti: Fontanello Formola, Fontanone Bersaglio, Fontanone Onizzetto, Fon96

La zona dei fontanili nella pianura lombarda. Da: M. Romani, Un secolo di vita agricola in Lombardia, Milano 1963, p. 105.


tana Lamoni, Fontana Americhe Pilati, Fontanile Benone. Senza soffermarci a lungo sulla descrizione idrologica e storica delle risorgive, del loro sfruttamento agronomico, nonché della loro evoluzione vegetazionale, del resto ampiamente reperibile su numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative, è utile qui ricordare che, nonostante la loro progressiva scomparsa per prosciugamento od abbandono, possiamo visitare fontanili ben conservati in diversi comuni del bresciano come a Rudiano, Roccafranca, Orzinuovi, Comezzano, Trenzano, nell’area compresa tra Lograto, Roncadelle, S. Zeno, Bagnolo Mella3. Alcune notizie. Dal 15 al 20 ottobre 1953 piove di continuo in tutta la provincia causando allagamenti e frane, gravi danni ai vasi di irrigazione come ci conferma la Relazione allegata al Progetto per la sistemazione ed il riatto di fontanili di proprietà del Comune a firma del geom. Remo Bislenghi, tecnico comunale. Leno 25 novembre 1953. Il Comune di Leno è proprietario di una vasta rete di fontanili che servono a garantire acqua per irrigazione di circa i 2/3 dell’intera superficie del suo territorio. Le recenti alluvioni dello scorso ottobre hanno causato gravissimi danni ai fontanili stessi per franamenti di sponde, intasamenti, danni che, per essere riparati, necessitano di una ingente spesa, 97

Le irrigazioni in Lombardia. Da: R. Pracchi, Lombardia. A sinistra: il caratteristico “tino”, un tempo usato nei Fontanili. Da: G. Benati, Il paesaggio agrario in Lombardia tra settecento e ottocento, AA.VV. Il paese di Lombardia, Milano, 1978, pag. 22. Nel disegno a sinistra: il “tino” misurava dai due ai tre metri d’altezza, 1,20 metri alla base e un metro all’imboccatura. Lo spessore è di cinque centimetri.


Testa di fonte della fontana Formola.

senz’altro non sopportabile dal bilancio comunale, e di un rilevante impiego di manodopera. La riparazione, che riveste carattere di urgenza perché i danni non subiscano un ulteriore aggravamento e non sia compromessa la marcentazione in atto di vaste zone ed in seguito la produzione agricola per insufficienza di acqua di irrigazione, è stata presa nella dovuta considerazione dell’Amministrazione che all’uopo ha fatto redigere il progetto allegato per i lavori necessari al riatto dei fontanili danneggiati. Il danno rilevato, specie nel capofonte dei fontanili, consiste come sopra detto nell’intasamento delle risorgive dovuto a materia trasportata dalle acque di piena e così per il riatto è stato considerato lo spalamento del materiale giacente nell’alveo sulle sponde. Inoltre lunghi tratti delle scarpate sono franati nel fontanile e pertanto è stato previsto il loro ripristino secondo modine. Molti fontanili scavati a profondità di 3, 4 metri dal piano di campagna necessitano, a seconda di tale profondità, di uno, due, tre sbracci per portare il materiale sulle sponde. È prevista l’infissione di palafitte con posa di sottassi per il contenimento del

materiale e la costruzione di due piccoli manufatti in calcestruzzo di cemento per lo scarico delle acque che provengono dai lati. Per l’esecuzione dei lavori elencati nell’unito preventivo necessita una spesa di complessive L. 10.000.000, così suddivise: • per lavori L. 8.956.000 • per somme a disposizione della Amministrazione per progetto imprevisti, ecc. L. 1.043.600 Tornano L. 10.000.0004

In alto: Part. Mappa (1934) Capofonte del fontanile in proprietà della Cascina Formola. 98


Capofonte del fontanile Benone. A sinistra: fontanile con tubi Norton (pumpine o fontanei). Capofonte a ridosso delle chiaviche di deviazione del Rino. Dopo poche centinaia di metri sfocia nel Naviglio (tra Cascina Villetta e il ponte della Mirandolina).

Benati, Il paesaggio agrario in Lombardia, op. cit., pp. 21-22. 2 C. Erra, Monografia, Il circondario di Verolanuova, pubblicato nel bollettino parrocchiale “L’angelo di Verolanuova”, dal febbraio 1986, a cura di mons. Luigi Corrini che sentitamente ringrazio. 3 E. Zanotti, Flora e vegetazione, in La Pianura, Venezia, 1999, p. 24. 4 ASAA - Archivio Storico Azienda Acque. Fra i dieci fascicoli componenti il Progetto, è assente il 2° riferito alla Corografia. 1

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Il vaso 50 Litri alimenta il terzo ramo in Capofonte del vaso Uggerina solo nei tempi di non utilizzo adacquario.


Capitolo settimo L’acqua fonte di abusi


L’acqua… fonte di abusi A tutela del patrimonio Comunale, la Vicinia Generale determina i criteri e le norme per la formazione di un Regolamento, atto essenziale per un’efficiente gestione dell’azienda delle acque con facoltà contro l’utenza che contravviene al Regolamento, anche indipendentemente dal danno materiale causato. La facoltà di raccogliere e denunciare inadempienze è data, dalla Vicinia, a quattro campari a servizio nelle campagne e altri due di provata onestà, con il compito di vigilare e far rispettare gli orari della ruota. Quando la vertenza verso gli utenti inadempienti non è di competenza dell’autorità preposta o non giunge ad una composizione tra le parti, i nostri consoli, muniti di testimoni e di mandati di comparizione, si rivolgono all’Autorità Veneta in Brescia: vicari, capitani, consoli di giustizia ecc. A tale proposito facciamo menzione di alcune vertenze sorte tra il Comune e privati per l’usurpazione delle acque, per la costruzione illecita di nuovi vasi, per il mancato curamento delle seriole, mancata manutenzione dei molini, degli argini, dei ponti ecc. Anno 1646. Altre contese di competenza dei Ragionati riguardano gli affittuari della campagna comunale, per il mancato pagamento dei livelli d’acqua; inoltre il Comune si contrappone a piccoli proprietari del contado per liti sorte per il taglio abusivo di alberi, per il mancato pagamento degli affitti, per obblighi di manutenzione di strade, per mancati pagamenti di taglie, per diritti di pascolo. Le contese vanno dalla fine del 400 a metà ‘700. I quattro campari custodi della campagna percepiscono in tutto lire 210, mentre i due addetti alle acque lire 140. Nel novembre 1430, Antonio de Militiis di Padova, giudice dei chiosi e strade, su denuncia dei campari, condanna Bertolino de Ripa e il figlio Marco, al risarcimento dei danni inferti ai beni del Comune1. I giudici di Brescia intimano a Pietro e Cristoforo, fratelli de Augeris di Leno, la costruzione ed il mantenimento di un ponte sul fosso del molino in Leno, contrada Mercato dei Bovi. 1448, 28 giugno2. 1510 maggio 4 - 1510 settembre 18.

Vertenza tra il comune di Leno e il comune di Gottolengo per uso illecito dell’acqua della seriola Bassina praticato dagli uomini del comune di Gottolengo: sentenza del giudice del maleficio a favore del comune di Leno; disposizioni dei testimoni presentati dalle parti in causa. Contiene: un volume rilegato in pergamena, dal titolo “Processo del comun de Leno de laqua via Bassina 1510”3. Una transazione conclusasi in Brescia il 23 marzo 1527: il Comune e Giacomo de Albricis di Brescia nella vertenza per la costruzione e la manutenzione dei fossati esistenti sui beni di ragione degli Albrici, in Bagnolo, contrada Godi, come stabilito nella transazione del 1° aprile 1514, giungono ad una transazione secondo la quale il Comune pagò agli Albrici lire 300 di planetti entro tre anni per danni derivati dalla mancata manutenzione dei fos102


sati e costruì un nuovo fossato4. 8 febbraio, 1529. In Leno. Il Comune vende a Calimerio Tamburinis fu Pasino, abitante in Leno, una terra prativa di piò 4 in Leno, contrada Striaga, al prezzo di lire 132 di planetti con l’obbligo di non poterla rivendere a persone non contribuenti del Comune5. 1542, novembre 17. Vertenza tra il Comune di Leno e Antonio Maria e fratelli Asti per la deviazione dell’acqua del vaso del Rino: mandato di comparizione, disposizioni dei consoli di giustizia dei quartieri di Brescia6. 1560, maggio 6. Vertenza tra il Comune di Leno e Lelio e fratelli Bezana fu Vincenzo, per il rifiuto da parte del Comune di affittare l’acqua7. 1566, giugno 9. Divieto di Pietro Basadonna, cav. cap. di Brescia a Meniamino Tedoldo e al Comune di Ghedi, di

utilizzo dell’acqua della seriola Bassina, di proprietà del Comune di Leno8. 1568. Per la comunità di Leno contro il signor Camillo Avogadro pretendente costruire un vaso sopra il tener di Leno per condur acque massime della seriola Mora al territorio di Gambara a pregiudizio delle ragioni di detta comunità9. 1607, settembre 11. Vertenza tra il Comune di Leno e Terzo Gandini di Camillo, di Ghedi, per il possesso e l’utilizzo delle acque del vaso che va da Ghedi, contrada delle Gandine e del Prato Ottolino, a Leno. Sentenza di Gaspare Cattaneo, vicario pretorio, a favore del Comune10. Il 3 luglio 1616, la nostra autorità amministrativa si rivolge al podestà di Brescia, Girolamo Priuli, per una vertenza contro Giorgio Ricino, affittuario dei beni di Flaminia Emigli, in Leno, contrada Squadretto, per il rifiuto del suddetto Ri103

Aspetto selvaggio sugli argini di una roggia.


Altre immagini dei vasi convergenti Capirolo-Noce e Canale Grande a destra che danno origine al nuovo Lavaculo. A sinistra: Serioletta - Livello e compartitore località passaggio a est dell’Oratorio di Leno.

cino di pagare l’affitto d’acqua della seriola Salvasecca, detta Pavona: allegate fedi giurate e disposizioni del podestà11. Altra vertenza in data 30 aprile 1660, tra il Comune da una parte, Leandro e fratelli Bocchi e gli eredi di Gaspare Bocchi, dall’altra, per diversione di acque delle seriole Bassina, Bassinetta e Gambarella, necessarie per irrigare le proprietà del Prato Ottolino e Prato Fiori. Allegati ordini e sentenze dei Rettori di Brescia e del vicario pretorio12. Per usurpazione d’acqua si apre una vertenza datata 15 marzo 1661 - Comune e Orazio Mercanda per l’uso improprio di acqua (da parte del Mercanda) di ragione del Comune e per debiti di taglie: richiesta di condono presentata dal Mercanda e accettata dal Comune dietro versamento di scudi 1913. 1671, novembre 10. Proclama di Pietro Valier, capitano di Brescia, con cui si vieta la costruzione di seriole per la deviazione delle acque della seriola Bassina e Isola, di proprietà del Comune di Leno14. 1682. I massari della possessione Bredadale dell’abbazia di Leno, si servivano solitamente dell’acqua della seriola Uggera per l’irrigazione di parte dei loro beni, per cortese concessione degli agenti di casa Uggeri; la concessione passò in pretesa. Cosicché, negata loro l’acqua, fu avanzata pretesa dagli agenti dell’abbazia con lettera avogaresca; citati dinnanzi al magistrato, non si trova traccia di prosecuzione della lite. Si presume che gli agenti dell’abbazia vi abbiano rinunciato per aver trovato assenso alle richieste d’acqua dei loro coloni da parte degli

agenti e dei fattori di casa Uggeri. 1718, luglio 11. Vertenza tra il Comune di Leno da una parte, Sigismondo Bocca, Andrea Corbellino e il reverendo G.B. Spagnoleto dall’altra, per l’uso delle acque delle seriole Trusa e Bassina di proprietà del Comune di Leno: disposizione di Marco Antonio Dolfin, avogadore di comun, con cui si vieta ai suddetti Bocca, Corbellino e Spagnoleto di usare l’acqua del comune e di creare nuovi vasi15. Abusi da parte di amministratori Citiamo altri fatti che rivelano il cattivo uso del patrimonio comunale delle acque: nel 1906 il Comune aveva disponibili alcune ore d’acqua del cavo di Bonifica che il tecnico aveva predestinate ad impinguare le utenze della Seriolazza già troppo povera d’acqua per l’estensione di terreno che essa era destinata ad irrigare. Tale provvedimento sarebbe stato ottimo perché non si sarebbe poi verificata la necessità di costruire altri cavi costosissimi per procurare l’indispensabile impinguamento di quella utenza. Invece, in seguito a proposta dell’assessore sopraintendente alle acque e sopra relazione e progetto del tecnico stesso che prima aveva proclamata e sostenuta la necessità di devolvere nella Seriolazza sopravanzanti del cavo di Bonifica, queste ultime con spesa non lieve per costruzione di nuovi canali conduttori e di manufatti, furono condotte ad irrigare nuove terre, che vennero così poste in valore e che appartenevano in gran parte ad amministratori del tempo. Ora, anche qualora si dimostrasse che 104


Fontanile Naviglio nord, morto. A sinistra: uscita direzione Naviglio, Vaso Rino.

il Comune ha avuto vantaggio e nessun danno da quella concessione, ognuno comprenderà che quegli amministratori avrebbero dovuto dimettersi per prevenire conflitti d’interessi. Invece si è indotto il Comune a concedere ai propri amministratori le acque proprie per una data epoca fissa; ma, gli amministratori stessi, non avendo poi potuto all’epoca stabilita consegnare a sé stessi le acque del Comune, hanno chiesto ed ottenuto dal Comune il rimborso dei canoni pagati perché l’amministrazione comunale, cioè essi stessi, non avevano sufficientemente curato l’esecuzione del progetto e delle opere, mentre attuando il primo progetto, predisposto dall’ing. Lazzari, di mettere tali acque nella Seriolazza, si sarebbero risparmiate le spese per nuove opere di conduttura ed il gettito dei canoni sarebbe stato immediato. Il Comune ha poi dovuto provvedere all’impinguamento della Seriolazza mediante la sistemazione del cavo Oriolo Torto, con una spesa fortissima a cui si è provveduto alienando Rendita Pubblica. E poiché siamo in argomento, in questo periodo (1912/1913) da parte del Regio Commissario dott. R. Ganassini, furono sistemate le vertenze fra la nostra amministrazione ed il Comune di Ghedi in merito alle aree occorse per la sistemazione dei vasi Oriolo Torto e Bada. Altro fatto: nella relazione del dicembre 1910, il tecnico asserisce che è stabilito arbitrariamente un bocchetto di derivazione di 60 litri di acqua al secondo dal cavo Pavona o Salvasecca nel-

la località Molini, ed in una deliberazione del 29 novembre 1910 del Consiglio Comunale nella quale si afferma che, quel bocchetto, è stato murato dietro proposta e con l’assistenza del tecnico. Questi, richiesto di una giustificazione, protesta che è falsa la deliberazione consigliare e che egli non ha mai proposto né diretto quell’opera. Viceversa, il sindaco del tempo ha voluto rilasciare una dichiarazione dalla quale si rileva che il tecnico unitamente al sindaco stesso, al cav. Locatelli, al segretario comunale e al capo adacquarolo, ha collaudato il detto bocchetto. Per tale derivazione d’acqua, il cav. Locatelli, riuscì vittorioso in sede possessoria contro i signori Seccamani, Crosti e Borsa. Però, una causa petitoria o di merito non venne mai al riguardo promossa né dagli interessati che presero parte al giudizio possessorio né dal Comune nell’interesse dei suoi utenti. Al Commissario, è presentato un ricorso a firma Seccamani, Sperlari ed altri, che si ritengono danneggiati da quel bocchetto, e che minacciano di non pagare più il canone al Comune se questi non rivendicherà i suoi diritti. Il cav. Locatelli, interpellato ha mostrato buone disposizioni per un amichevole accordo, disposizioni che furono dal Consiglio valutate per evitare liti dispendiose; si giunse così ad una transazione che tutelò convenientemente gli interessi del Comune. Altra questione: si allude ai cavi progettati e diretti dal tecnico che serviva il Comune, nell’interesse dei signori Cro105


sti e Borsa e rag. Emilio Baroschi. Richiesto di giustificazioni al riguardo, l’ing. Lazzari, non più tecnico comunale, dichiarò che egli non poteva rifiutare la propria opera ai privati che ne richiedevano e che i cavi suddetti non arrecano alcun danno al cavo comunale Bassina. Questa affermazione dell’ing. Lazzari però, è contraddetta dal parere di vari tecnici anche tra i più apprezzati della Provincia e dagli utenti della Bassina; dichiarano altresì che il danno esiste ed è rilevantissimo. Questi ultimi si sono anzi rivolti al Comune minacciandolo di una lite per danni subiti in causa alla diminuzione d’acqua della Bassina. Da quanto esposto si comprende come il patrimonio delle acque comunali non è stato in nessun modo salvaguardato e se si continuasse coi vecchi sistemi esso andrebbe sempre più diminuendo disperdendosi, come un fiume che si suddividesse in mille rivoli, per effetto delle continue, lente e subdole usurpazioni dei privati e la mancanza di persone tecniche e volenterose che possano incaricarsi di tutelarlo validamente. Occorre, dunque, porre un freno agli abusi, far un serio esame della consistenza attuale di questo patrimonio e rivendicare, fin dove è possibile, i diritti non ancora interamente perduti. Prima però di fare questo importante lavoro, che da solo basterebbe a rendere benemerita un’ Amministrazione, occorre risolvere radicalmente la questione della disponibilità delle acque comunali.

Acque pubbliche Anche da parte del potere governativo furono indebitamente annoverate fra le acque pubbliche varie rogge di proprietà Comunale, ma date le condizioni di diritto e di fatto si può ampiamente comprovare con documenti e verifiche locali quanto questo abbia delle inesattezze. Eppure, tutte quelle rogge che si raggruppano nelle quattro utenze della Seriolazza, del Naviglio, della Benvenuta e della Bassina, furono comprese nel primo elenco pubblicato il 20 ottobre 1905, in esecuzione della Legge 10 agosto 1884, n° 2544 sotto i progressivi numeri seguenti alle denominazioni: n° 245 = Naviglio n° 246 = Fosso Noce e/o Lavaculo n° 247 = Seriola Benvenuta o Viganovo n° 248 = Seriola Bada n° 251 = Fontana Lunga, Rino, Nassa e Seriolazza n° 208 = Seriola Molina e Seriola Nuova n° 255 = Fontanone e Fossadasso Avvertito che i numeri 246, 248, 251 non sono che altrettanti rami o tratto della Roggia Seriolazza e che il n° 255 è un raccoglitore dei coli della Bassina, il Comune di Leno reclamò, in data 5 gennaio 1905 contro l’iscrizione dei propri cavi nel ruolo delle acque pubbliche il cui uso dovrebbe dipendere da concessione governativa, appunto perché trattasi di acque regolarmente acquistate e create a spese del Comune e sempre dal Comune governate ed amministrate come proprio esclusivo patrimonio senza ingerenza o concorso di nessun potere governativo. E il ricorso sortì esito soltanto parzialmente favorevole perché, mentre venivano eliminati dall’elenco, prima i corsi d’acqua denominati Naviglio, Benvenuta, Fontana Lunga e Molina, venivano nell’elenco definitivo pubblicati il 4 settembre 1913 (approvato col Regio Decreto 19 giugno 1913, n° 207), riportati ancora i cavi seguenti: n° 209 = Fosso Noce e Lavaculo, con sbocco nel Naviglio in Leno, toccante i Comuni di Montirone, Bagnolo Mella, Ghedi e Leno. n° 210 = Seriola Bada con sbocco nella Seriola Benvenuta e Viganovo, toccante i Comuni di Ghedi e Leno. n° 211 = Seriola Bassina spagliante in Leno e toccante i Comuni di Ghedi e Leno. n° 213 = Fontanone o Fossadaccio 106

Nella foto: la Bada entra in Seriolazza. In fondo sotto il ponte inizia la Seriolazza.


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sboccante nel Gambara in parte e toccante Leno e Gottolengo. Il Comune di Leno contro l’arbitraria classificazione non ha ora difesa che il ricorso al Potere Giudiziario. Interessa perciò dare qualche particolare sulle origini e sulle condizioni attuali dei cavi suddetti. N° 1 - Fosso Noce o Lavaculo Le indicazioni date dall’elenco per questo cavo sono assai indeterminate e anche errate. Errata specialmente l’indicazione dello sbocco nel Naviglio, perché non trovasi in Leno nessun confluente del Naviglio, che abbia quel nome e nemmeno l’andamento specificato attraverso i territori di Montirone, Bagnolo, Ghedi e Leno. Il sottoscritto, per poter identificare quel cavo dichiarato pubblico, fece indagini nel locale R. Ufficio del Genio Civile e seppe che, la proposta per la classificazione in Provincia, è stata fatta sulla scorta delle indicazioni date dalla Carta d’Italia ad 1/25.000 edita dall’Istituto Geografico Militare. In questa carta è appunto segnato un Fosso Lavaculo che dalla località Favorita sale lungo il confine territoriale fra Leno e Porzano, indi lungo quello tra Ghedi e Bagnolo spingendosi poi in tenere di Montirone, in direzione nord fino al Naviglio di Isorella, dal quale ha origine. Il fosso così identificato rappresenta un confluente della Roggia Seriolazza, che si collega poi, ad un ramo maggiore detto la Roggia Cerca e poi, più a valle, rappresenta un’arteria irrigua della Seriolazza, denominata appunto Lavaculo, la quale non sbocca affatto nel Naviglio ma dà origine alle due importanti utenze della Roggia Pozzola (Milzanella) e Salvasecca (Pavona). Nelle vicinanze della Cascina Giuseppina in Leno, al confine Leno-Porzano, sopra la strada provinciale da Leno a Brescia, la Roggia Naviglio traversa la strada, portandosi a ponente della medesima ed irrigando tutta la plaga compresa fra tale strada ed il fiume Molone. La Roggia Lavaculo invece, rasenta a levante la strada, scende ad animare il Molino di Sopra, traversa l’abitato di Leno e si suddivide, appena a valle dell’abitato stesso, nelle due bocche Pozzola e Salvasecca, sopra nominate. Ritenendo ad ogni modo così identificato il corso d’acqua elencato al n° 209, interessa seguire il suo andamento e specificare le sue origini.

Il primo tronco del Naviglio di Isorella, fino alla Cascina Castella in territorio di Bagnolo, a circa m. 250 a mezzodì della strada comunale da Bagnolo a Ghedi, si denomina Roggia Scalvina. Essa è derivata dal Naviglio d’Isorella, poco a levante dell’abitato di Montirone, con apposito manufatto indicato nell’unita planimetria con A ora assente, erogante dalla roggia principale un terzo dell’acqua da essa portata. Tale manufatto ed il successivo ponte sotto la strada parmigiana sono di competenza passiva degli interessati che della Roggia Scalvina hanno il primo uso, perché la Scalvina non è di ragione del Comune di Leno se non in quanto ai coli, dopo l’irrigazione dei terreni ex Nazza e Pizzamiglio, in territorio di Bagnolo. Tali coli vennero dal Comune di Leno acquistati in forza della convenzione 15 agosto 1614 stipulata in confronto dei fratelli Occanoni. Il tratto successivo del fosso in esame si denomina Sorgente Castella nella quale cadono i coli di Scalvina traversando la strada Bagnolo-Ghedi mediante ponte a carico dei primi utenti della Sorgente Castella. Perché il Comune di Leno anche di questa sorgente, come di tutte le altre denominate del Quartiere, di Arrigo Volpi, Batoli, del Fenile strappato, Mazza, Mianina, Trusa che confluiscono in essa e nell’altro collettore denominato Cerca, non ha diritto che ai coli, mentre l’uso dell’acqua viva è di spettanza di particolari utenze. Il diritto a tali coli pervenne nel Comune di Leno in forza della convenzione 12 febbraio 1467 con la quale esso ha acquistato dal Comune di Ghedi il godimento di tutte le acque comprese fra le due strade da Porzano a Ghedi e con riserva nei privati di poterle usare per la irrigazione dei propri terreni. Il possesso delle menzionate sorgenti è derivato nello stesso Comune di Leno anche in forza della convenzione 1 aprile 1514 in confronto dei fratelli Albrici. In appoggio alle predette convenzioni, il carico degli spurghi delle su indicate sorgenti è ritenuto esclusivamente nel Comune di Leno; riservata ai privati utenti delle acque vive la competenza passiva dei ponti, dei tombini e delle bocche di erogazione. Il Comune ebbe sempre a compiere, più o meno diligentemente si capisce, gli annuali spurghi e sono purtroppo con108

Fontanile Rassica Capofonte. Fino a qualche decennio fa l’acqua sorgiva fungeva da refrigerante per angurie e meloni.


seguenze di deplorevoli trascuranze l’estensione dell’irrigazione a terreni che in origine non avevano alcun diritto sulle acque vive, la deviazione di alcuni coli, la manomissione di alcune sorgenti. È d’altra parte indubitato che, in passato, quando l’irrigazione dei terreni della plaga, in cui le nominate sorgenti sono scavate, senza essere limitate alle patuzzaie e a pochi prati o risaie permanenti, l’entità dei coli di spettanza del Comune era assai maggiore di oggidì. Ora le acque si impiegano sopra tutte le coltivazioni a cui vennero intensivamente volti i terreni, perciò i coli hanno importanza assai limitata. Si comprende così, come il Comune non abbia più grande interesse a curare scrupolosamente la manutenzione delle sorgenti vincolate ad altri, mentre ha procurato di mettere le sorti dei suoi cavi con l’apertura di nuove sorgenti proprie, come fece recentemente appunto per il fosso in descrizione immettendovi, dopo lo sbocco delle fontane Trusa e Mianina, prima dello sbocco della Cerca, un fontanile nuovo di rilevante portata. Dopo la riduzione delle così dette sorgenti, il cavo designato nell’elenco, assume il nome di Seriolazza e, poco a valle, si divide in due rami di cui il sinistro prosegue in direzione di mattina sotto il nome di Seriolazza ed il destro scende in direzione di mezzodì e assume il nome di Lavaculo che conserva fino alla località ponte Miaro (confine Leno-Porzano), sulla strada provinciale Brescia-Leno. Dalla Roggia Lavaculo si ha una prima derivazione denominata Bocca Cavalletta, segnata nella planimetria con B (ora assente), la quale è destinata ad irrigare i terreni del podere Favorita, già Mompiani, con deflusso dalle 2 alle 8 pomeridiane d’ogni sabato, esente da ogni taglia per privilegi o spettanti ai terreni medesimi. Alla località ponte Miaro, all’incontro della strada provinciale, la Roggia Lavaculo, assume il nome di Pozzola ed, invece di congiungersi al Naviglio, come indica l’elenco delle acque pubbliche, riceve dal Naviglio il tributo di un bocchetto (C) modellato, continuo e prosegue verso mezzodì lambendo la scarpa di mattina della strada provinciale, mentre il lato sera è lambito dalla Roggia Naviglio, come si è detto sopra. All’entrata dell’abitato di Leno, la roggia, va ad animare il Molino di So-

pra, di proprietà del nob. sig. Seccamani Girolamo. In seguito alla caduta del detto molino, la Roggia Pozzola, attraversa l’abitato di Leno in gran parte entro tombe sotto le strade; alla diramazione della strada per Milzanello, si divide in due bocche, la destra denominata ancora Pozzola o Milzanella e la sinistra denominata Salvasecca o Pavona, le quali costituiscono due delle principali utenze delle acque comunali di Leno. N° 2 - Seriola Bada Anche per questo cavo, le indicazioni date dall’elenco non corrispondono alle condizioni di fatto. È dato come sboccante nella Seriola Benvenuta e Viganovo mentre nessun ramo di questo nome ha la Seriola Benvenuta. Sulla carta dell’Istituto Geografico è segnato un Fosso Bada nel luogo ove esiste infatti la Sorgente Bada che sboccò, sempre in passato, nella Roggia Seriolazza proprio in corrispondenza alla deviazione della bocca Serioletta. Si interpretò male la carta ritenendo che la Bada seguisse un tratto del corso di Seriolazza fino all’incontro del Fosso Viganovo e, ritenendo che in quest’ultimo avesse sbocco. Il Fosso Viganovo invece, traversa la Seriolazza con ponte-canale e scende ad irrigare la plaga a mezzodì e sera della Seriolazza. La Bada, come si disse, sboccò sempre liberamente nella Seriolazza fino a che, nel 1904, venne dal Comune di Leno sistemata, derivata a monte della Seriolazza e condotta sopra questa in ponte-canale ad irrigare la zona bonificata detta Serioletta Bersaglio, come risulta dall’unita planimetria (ora assente). 109

Bada - Capofonte insediamento di pescicoltura. La sorgente attrezzata con tubi Norton è arricchita con pozzi per emungizione in profondità.


Effettivamente la Seriola Bada, è costituita da una piccola sorgente che ha origine contro la strada comunale da Ghedi alla Scovola, nella località Pasotella, in tenere di Ghedi e riceve i coli dei terreni superiori. È un fosso sorgentizio che scorre a lato di una vecchia strada campestre, ora abbandonata e impraticabile tanto che, il letto stesso della sorgente serve, nel primo tratto, come via di scarico di un fondo di proprietà Franzini. Scorre, in seguito per un tratto verso sera e indi nuovamente verso mezzodì, in mezzo alle proprietà del Comune di Ghedi, di recente dissodate, e in questi due tratti appunto, nell’anno 1904, il Comune di Leno ebbe ad allargare ed abbassare la sorgente, per aumentarne le scarse acque e condurle ad irrigare la Bonifica Serioletta, dell’estensione di circa ettari 72. Si disse che la Bada riceve i coli dei terreni superiori e le acque serventi a tali terreni, hanno pure origine da sorgenti sulle quali il Comune di Leno acquistò il dominio, in forza della convenzione 22 aprile 1505, fatta in confronto di Scipione Zanello e dei fratelli fu Antonio Ferremi. La Seriola Bada, ad ogni modo, è un corso d’acqua così piccolo che certamente non sarebbe stato assunto all’onore della classificazione se fosse veduto in luogo invece male rilevato sulla carta d’Italia. E la sua portata non raggiunge in magra i 50 litri al secondo ed è insufficiente all’irrigazione della Bonifica Serioletta. N° 3 - Seriola Bassina La Bassina è un piccolissimo cavo irriguo che nasce in territorio di Ghedi, nella località già Lame Bassina e che riceve alcuni coli dai terreni irrigui superiori. È un vaso assai antico, perché trovasi memoria di una sentenza in data 7 febbraio 1470 la quale determina i diritti dei Comuni di Leno e di Gottolengo sui vasi Redone, Bassina e Isola. E in altri tempi deve avere avuto assai maggiore importanza che non oggi, avendo origine in mezzo a paludi naturali e traversando poi, una vastissima zona resa paludosa artificialmente per ricavarne il pagliuzzo da strame. Essa raccoglieva tutte le acque scaturenti nella regione Bassina, assai depressa ed ancora oggidì (1917) sortunosa (sic) per tradurle alla sommersione dei terreni incolti e che man mano venivano ri-

Bada in confluenza nella Seriolazza da sinistra a destra.

dotti a migliore coltivazione. Ma le sorti della Bassina andarono sempre declinando perché le acque di colo venivano sottratte per trattenerle all’irrigazione dei fondi superiori; e anche perché la manutenzione della sorgente principale venne assai trascurata, mentre si andavano scavando superiormente nuove sorgenti che sottraevano alla Bassina le vene ad essa dirette. Tale sorgente venne per una lunghezza di m. 400 dal Comune di Leno di nuovo sistemata discretamente nell’anno 1887, in occasione di una transazione col sig. Ochi nob. Alessandro, il quale si era impossessato di una parte delle acque defluenti in Bassina. Tale convenzione venne registrata a Leno il 12 agosto 1886, n° 24, vol. II, Atti Privati colla tassa di L. 3.60. Sta di fatto che oggidì (1917), la portata d’acqua della Bassina, è ridotta a soli 25 litri al secondo mentre, i terreni ai quali, per secolare consuetudine, il Comune di Leno l’ha vincolata, ha un’ estensione di ben 200 ettari. Si deve presumere che in passato la Bassina avesse portata almeno sestupla dell’attuale. Ciò crede utile di riferire lo scrivente nella convinzione che, se chi proponeva la classificazione della Bassina fra le acque pubbliche, l’avesse almeno veduta, non si sarebbe preso il disturbo né avrebbe disturbato il Comune di Leno. La Bassina fu sempre mantenuta, più o meno diligentemente e amministrata dal Comune di Leno che l’affittò ai privati in base ad annuali domande, in ori110


gine, e poi in base all’orario che si stabilì per consuetudine, che tuttora è vigente. Essa non può ritenersi un colatore naturale perché la zona in cui scorre è appunto il bacino del colatore Redone. È un canale artificiale sorrentizio fin all’origine, che andò per molte cause in continuo deperimento. Nell’unita planimetria (ora assente) è indicato l’andamento del cavo, che eroga la sua acqua parte colla bocca Bassinetta, segnata col n° 1 e parte direttamente in orario alternato, e cioè per ore 88 alla Bassinetta e per ore 80 alla Bassina, in ruota settimanale. N° 4 - Fontanone o Fossadasso Il Fossadasso si compone delle ultime colatizie delle bocche Bassina e Bassinetta, come rilevasi dalla planimetria (tav. 3, ora assente). Mantiene un deflusso perenne con turno settimanale soggetto ad un determinato orario e passa ad irrigare diversi terreni posti in territorio di Gottolengo. Il Comune di Leno da tempo immemorabile percepisce, per l’uso di tali coli, dai singoli possessori (Possessioni Modena-Garelli-Garellini e Zanotti in Gottolengo) il complessivo canone annuo parificato a lire 4168. La tenuità di questo canone dà indi-

zio della trascurabile importanza dei coli del Fossadasso. Conclusione È indebita e sbagliata la classificazione fra le acque pubbliche dei fossi Lavaculo, Bada, Bassina e Fossadasso, i quali non sono derivati da fiumi, laghi o stagni, e non sono nemmeno colatori naturali, ma sono sorgenti scavate artificialmente per l’irrigazione. Essi non sono pervenuti in proprietà del Comune per occupazione arbitraria ma furono regolarmente acquistati e mantenuti sempre senza ingerenza del potere governativo. Fatta eccezione del primo poi hanno importanza così limitata che, se fossero stati conosciuti non sarebbero stati certamente posti in rilievo. Si potrà forse osservare che il Lavaculo deriva dal Naviglio d’Isorella, il quale a sua volta è estratto dal Chiese. Ma se mai la dichiarazione d’acqua pubblica dovrebbe limitarsi al primo tratto, cioè alla Roggia Scalvina, la quale si esaurisce nelle irrigazioni superiormente alla strada comunale da Ghedi a Bagnolo. Brescia, 7 luglio 1917. F.to ing. E. Lazzari16 111

Riflessi a specchio laghetto Molino del Maglio. ASC Leno, Parte antica, Sentenzia. Filza I, f. 17. 2 ASC Leno, Parte antica. Sentenzia. Filza I, f. 31. 3 ASC Leno, Parte antica, b. 16, mazzo XIII, n° 6 bis. 4 ASC Leno, Parte antica, Instrumentum transationis, Filza III, f. 33. 5 ASC Leno, Parte antica, Instrumentum venditionis, Filza III, f. 34. 6 ASC Leno, Parte antica, Vertenza, b. 14, mazzo XII, n° 9. 7 ASC Leno, Parte antica, Vertenza, b. 16, mazzo XIII, n° 9. 8 ASC Leno, Parte antica, b. 16, mazzo XIII, n° 7. 9 ASC Leno, Parte antica, b. 15, mazzo XII, n° 35. 10 ASC Leno, Parte antica, b. 16, mazzo XIII, n° 6. 11 ASC Leno, Parte antica, b. 15, mazzo XII, n° 18. 12 ASC Leno, Parte antica, Lettere e testimonianze, b. 16, mazzo XIII, n° 28. 13 ASC Leno, Parte antica, b. 15, mazzo XII, n° 30. 14 ASC Leno, Parte antica, b. 17, mazzo XIII, n° 29. 15 ASC Leno, Parte antica, b. 17, mazzo XIII, n° 30. 16 Ricorso iscrizione. Vasi irrigui comunali in acque pubbliche b. 21/2. 1


Vaso Solitri. Origine da derivazione vaso Fontanile/Conforta.


Capitolo ottavo Il catasto del 1641


Il catasto del 1641 Ricordiamo che, durante l’Assemblea generale delle famiglie (la Vicinia), solitamente indetta per il giorno di Natale, venivano rinnovate le cariche comunali (consoli, ragionati, sindaci, ecc.) e per tutelare gli interessi della Vicinia venivano eletti, tra i salariati, quattro campari, carica molto antica e che oggi equivale alla guardia campestre, la cui mansione è quella di vigilare alla conservazione del patrimonio comunale, inoltre, per il buon andamento dell’azienda acque si eleggeva un antiano con la responsabilità di far rispettare gli orari imposti dal regolamento. Il nostro territorio venne diviso in vari settori irrigabili; tale metodo si desume da una documentazione conservata nell’Archivio Storico del Comune, segnata b. 19, mazzo XIV, n° 28, formato da 13 quaderni con copertina in cartone (misurano cm. 21 x 31 circa) di carta 154, con numerazione posteriore, dall’anno 1641 al 1673. I ruoli sono scritti in corsivo, l’inchiostro sbiadito rende difficoltosa la lettura. Uno dei quaderni porta il titolo: “Polizza di quelli signori cittadini che hanno debito con Faustino Albino [Albini] come massaro della Comunità di Leno”; altri titoli: “Libro delle consegne delle acque del Comune di Leno”; “Compartita delle acque del Comune di Leno”. Ad ogni singolo quaderno è riportato l’anno dell’esazione, i nominativi delle utenze appartenenti ad ogni vaso o seriola e la relativa somma in lire di planetti (da 2 a 30/40) da pagare al massaro o massarolo. La ruota è così indicata: l’irrigazione inizia il sabato ore 20 (1664); oppure si comincia la seconda settimana il dì 14 maggio (1667), nel 1668, il dì 9 di marzo, ecc. Elenco delle seriole citate nel catasto: Nicla, Nicletta, Cicogna, Serioletta del molino novo (in Viganovo), Pozzola, Bassina, Bassinetta, Scanalocco, Tremisel, Antoniola, Salvasecca, San Gervasa, Onizzetto, Fossadasso, Striaga, Campo dell’Ocha, Camponovo. Altri possidenti residenti in città ma con beni in Leno hanno un proprio massaro per la riscossione degli affitti: e molto probabilmente svolge una funzione importante nella sistemazione dei loro beni.

Alcuni esempi. 1557. Leno Defendi Tolot, massaro di messer Zuan Battista Martinengo; Christofolo lonor, massaro di messer Aris Pater; Raffio cognol massaro di messer Josef da lor; Corsin Falco, massaro di messer Zuan Antonio d’Acco e d’altri; Josef de Lonato, lavora il suo (...); M° Antonio de’ Piceni massaro di messer Ant° Capirola; Ciprian Tamburin, lavora il suo (...); Rocco de’ Murandi, massaro di messer Thadeo Manerba; Vicenzo valgier massaro dell’ Abbattia; Bortholamio Verzotto lavora il suo (...)1. 114

Cardine su manufatto e passatoia antica in legno. A destra: intestazione di un documento del 1759. In alto, a destra: polluzione che versa nel Molone vicino alla sua origine.


Da: AA.VV., Blasonario Bresciano, appunti, Montichiari, 1990, vol. 1°, p. 26. 2 Elenco nominativi nell’estimo, in Cirimbelli, Leno. Dodici secoli nella Bassa, cit. 1993 vol. I pp. 41/42. 1

115

La data della compilazione coincide con l’Estimo generale della città e del territorio, ognuno deve presentare la sua polizza o denuncia dei redditi. In esse leggiamo tante annotazioni, i nomi, le età e gli acciacchi forse un po’ “calcati” per mostrar miseria alla “Vanoni” di allora, un esempio: Virgilio Uggeri, a Leno, dove possiede più di 200 piò, dice che i terreni al Pozzolo non possono essere dati ai massari per essere cattivi: metà si lavora un anno e l’altra metà l’altro anno e che sia vero vi tengo solamente doi para di bovi e una cavalla. I commissari hanno ragione di non credergli, fanno un’inchiesta (perquisizione) e risulta che vi sono 40 vacche! Sommariamente, l’Estimo della Comunità di Leno, è il seguente: i cittadini sono 78, posseggono per una superficie totale di piò 647 e 31 tavole; i contadini proprietari sono 400 con 5.741 piò di terra. Sommano in tutto, piò 10.388 di cui 853 di paludi, patuzzaie e incolti. I contadini sono padroni in proprio, i cittadini rurali sono compresi nell’estimo dei contribuenti di Brescia. Infine diversi vasi e fossati nei territori di Ghedi e di Bagnolo, ivi nascenti, che servono ai nostri vasi o seriole dei mulini: Bassina, Fossadasso, Seriolazza, Rino, ecc.,computando le loro acque sono stimati in tutto £ 47.3152.


Cascina Pollino. Dallo spartitore Naviglio ramo direzione sud a destra della SPVII, vaso Cicogna.


Capitolo nono Progetto che riguarda l’alienazione ereditaria delle acque di proprietà del Comune di Leno


Nei primi decenni del 1800, l’Amministrazione Comunale, ritiene ormai che sia giunto il momento di risolvere la questione di cedere definitivamente le acque del Comune in enfiteusi perpetua ai proprietari di terre di Leno che usano delle acque Comunali. Il Comune pertanto, potrebbe cedere l’uso delle acque con un canone ben definito ai Consorzi regolari costituendi. Si formerebbe così una barriera insormontabile e sicura ai vari attentati che, a dette acque, tutti cercano di fare, mentre il Comune verrebbe sollevato da una gestione difficilissima e costosissima e che risente troppo di cambiamenti di indirizzo che, inevitabilmente, avvengono col mutare degli amministratori. Avviate le pratiche, dalla competente autorità fu concessa l’autorizzazione in ordine al Decreto Delegatizio 20 marzo 1840, n° 4441-751, a firma del Consigliere di Governo I.R. Delegato provinciale Breinl di Wallerstern per l’esecuzione di una documentazione qualificata, consigliò l’ing. Barbera nob. Giovanni. Ed ora lo studio dei documenti ci permette di porre in evidenza il lavoro svolto dall’ingegnere. Dal suo manoscritto “Specifico” delle competenze spettanti allo stesso, sappiamo che il 27 ottobre 1844 si trova a Leno, in conferenza nell’Ufficio della Deputazione Comunale e per una consultazione dei documenti d’archivio. Iniziò i lavori di sopralluogo in campagna con la collaborazione del signor Luigi Schinetti, in qualità di “indicatore”1.

Compilazione della mappa generale degli Allegati in scala maggiore e del dettaglio dei manufatti. Compilazione dei sommari dei terreni irrigui e assegno della corrispondente quota di acqua. Compilazione dell’indice alfabetico dei possessori dei terreni irrigui. Per la descrizione del comprensorio delle compartite parziali e del riparto delle spese inerenti al Comprensorio medesimo, compresa la formazione dei relativi partitari. N° 96 giornate di lavoro

Compilazione della mappa generale degl’Allegati in scala superiore, del dettaglio dei manufatti. Compilazione del Sommarione dei terreni irrigui coll’assegno della rispettiva quota di acqua. Compilazione degli indici alfabetici dei possessori dei terreni irrigui. Per la descrizione del Comprensorio e delle parziali compartite (ora assente) compresi il sistema di riparto delle spese inerenti alla formazione degli opportuni prontuari. Giornate di lavoro 29 118


Rassegna dei quattro comprensori Seriolazza Le acque della Roggia Seriolazza erano di promiscua proprietà fra il Comune e l’abate di S. Benedetto di Leno, come risulta dalla convenzione 27 novembre 1434. Si trova conferma in altra del 16 luglio 1442 e successivamente il 14 ottobre 1541 si assegna all’abbazia una determinata quantità d’acqua, esente però da qualsiasi onere inerente alla manutenzione e condotta dell’acqua, contro rinuncia da parte dell’abate a tutti i diritti di comproprietà delle predette acque; in tal modo queste sono divenute di esclusivo possesso del Comune. Il 26 aprile 1445 seguì un’altra convenzione tra: Achille de Avvocati e Francesco Lazarini, sindaco del Comune di Leno, che aveva per oggetto la vendita fatta dal nob. de Avvocati allo stesso rappresentante del Comune, di una bocca d’acqua e di sorgive scaturenti nel territorio di Bagnolo in contrada Godo o Godi, con piena facoltà di derivare le dette acque e gli scoli e di condurle in territorio di Leno. Altro acquisto di colatizie nel territorio di Bagnolo si rileva nella convenzione del 16 agosto 1446, stipulata in confronto dei fratelli Occanoni. Il Comune acquistò sotto la data 12 febbraio 1467, nei territori di Ghedi e Bagnolo, altre sorgenti, le quali contribuirono specialmente a costituire la roggia Seriolazza2. Roggia Naviglio Anche le acque di questa roggia erano in origine di promiscua proprietà fra il Comune e l’abate di S. Benedetto di Leno, come rilevavasi dagli infrascritti documenti. Certo Avogadro aveva venduto al Comune in data 26 aprile 1445, ed a certo Mariotto Sanseverino da Monte alcune acque provenienti dal territorio di Bagnolo Mella. Succede apposita convenzione, nella quale è stato stabilito che tutte le predette acque debbano restare di proprietà del Comune di Leno. 7 maggio 1466. Il Comune e l’abate da una parte ed i fratelli Capirola dall’altra convengono che le acque provenienti da Bagnolo, da Ghedi e dai confini di Porzano, introdotte nei fondi Capirola, debbano essere divise in quattro parti, tre delle quali di spettanza del Comune e dell’abate ed una

appartenente ai predetti Capirola. Il 7 giugno 1466: il Comune e l’abate cedono ad Antonio Scovolo ed a Gio. Scalvino piò 160 di campagna e ricevono in concambio tanta acqua da attivare tre ruote da molino. 12 febbraio 1563. Il Comune da una parte ed il vescovo di Brescia, che aveva possedimenti in Bagnolo, convengono che, tutte le acque nascenti, apparenti e non apparenti e tutte le colatizie che ne derivano e che sono introdotte nei fondi del vescovo, debbano appartenere al Comune, che vanta questi diritti acquisiti da oltre cent’anni e così pure quelle acque che i fratelli Cazzago avevano acquistato dal Comune di Bagnolo Mella. Successivamente le predette acque del Naviglio sono divenute di esclusiva proprietà del Comune di Leno per cessione riportata dall’abate, nel modo e colle riserve che sono indicate nella descrizione del Comprensorio della Roggia Seriolazza. Il Naviglio abbraccia la massima parte delle acque di proprietà del Comune e costituisce un separato Comprensorio generale composto di varie utenze parziali. Il predetto Comprensorio terminava al molino Rassica, già nominato, presso l’abitato del paese. Benvenuta Anche queste acque sono di antica proprietà del Comune per acquisto fattone da certo Pietro Gambara colla convenzione 1° maggio 1371, al quale pare sia stato concesso di “condurre la seriola attraverso il territorio colla condizione che il Comune possa approfittarne delle acque ivi scorrenti”, poiché il 12 marzo 1436 si trovano stabilite le sud119

Mezzi per l’irrigazione in transito sulla carreggiabile Scovola/Ghedi che fiancheggia la Seriolazza.


dette condizioni, videlicet: metà acqua al Comune e metà alla Roggia S. Giovanna. Roggia Bassina Questa roggia ha origine sul territorio di Ghedi nelle località superiori al Fenile Gandine, già Lama Bassina, e termina sul territorio di Leno, presso il confine territoriale di Gottolengo. Se ne trova memoria in una sentenza, in data 7 febbraio 1470, la quale determina i diritti dei Comuni di Leno e di Gottolengo sui vasi Redone, Bassina e Isola. In altri tempi questa roggia deve avere avuto importanza assai maggiore che attualmente, avendo la sua origine in mezzo a paludi naturali e traversando poi una vastissima zona resa paludosa artificialmente per ricavarne il pagliuzzo da strame. Essa raccoglieva tutte le acque scaturenti nella suddetta regione Bassina, assai depressa ed ancora nei primi del 1900 “sortumosa”, per tradurle alla sommersione dei terreni incolti che man mano venivano ridotti a miglior coltivazione. Questa roggia erogava la sua acqua parte con la stessa bocca Bassina che funzionava per 80 ore in ruota di giorni sette, irrigando circa settanta ettari. La portata di questa bocca era subordinata al cosiddetto Fontanello Ochi (dal nome del nob. Alessandro Ochi), il quale si era impossessato di una parte delle acque defluenti in Bassina.

Fioritura anticipata di papaveri eccezionalmente nell’aprile 2007.

“Per la compilazione” della Mappa generale e del dettaglio dei manufatti. Per la compilazione del Sommarione dei terreni irrigui coll’assegno della competente quota di acqua. Per la compilazione dell’indice alfabetico dei possessori dei terreni irrigui. Per la compilazione del comprensorio generale del sistema di riparto delle spese compresa la formazione dei relativi prontuari. Giornate di lavoro 16

Per la compilazione della mappa generale. Compilazione del sommarione dei terreni irrigui e dell’assegno della rispettiva quota di acqua. Per la compilazione dell’indice alfabetico di possessori dei terreni irrigui. Per la descrizione del Comprensorio generale (ora assente) e per la formazione del sistema di riparto delle spese dei relativi prontuari di riparto. 15 le giornate di lavoro 120


Per completare il lavoro, l’ing. Barbera ritorna a Leno e vi rimane saltuariamente dal gennaio a fine ottobre 1847 compiendo 29 giornate di lavoro; sopralluogo in campagna e lavoro di scrittura, compilazione di registri, completamento delle mappe, della Rubrica in due volumi delle ditte iscritte nei quattro comprensori. Nel conto presentato all’Amministrazione Comunale sono indicati i viaggi Brescia-Leno, spese di stampa, di rilegatura dei volumi, ecc. con un totale di L. 1.285,07 cent., da Brescia 20 dicembre 1849.

Comprensorio I della Seriolazza. Utenze figliali Indicazione Pozzola (Roggia) Salvasecca (Roggia) Striaga (Roggia) Unizzetto (Roggia) Serioletta (Roggia) Soradore Costa Bocchetto Costa Scanalocco (Roggia) Felice (Bocca) Antoniola (Roggia) Tremiselvi (Bocca) Soradore Dossi Bocchetto Gorna Mulina (Roggia) Bedoletto (Roggia)

Utenze 56 14 21 53 72 34 10 45 10 5 17 26 2 5 2

Passaggio di livello della Seriolazza.

Comprensorio II del Naviglio

Questo accurato lavoro costituisce il testo che di fatto regola la distribuzione delle acque salvo naturalmente quelle modifiche che si dovranno apportare con deliberazioni consigliari. Disgraziatamente dopo la sua compilazione, tale catasto non fu tenuto aggiornato fino al 1882, anno in cui fu compilato dal segretario signor Pericle Prestini. Altri tentativi di ricostruzione del catasto sono stati intrapresi parecchie volte già nel 1891, ma i lavori furono sempre troncati ancora nella loro fase iniziale, come quello dell’ing, Paolo De Giuli nel 1920, sospeso poco dopo per le opposizioni sollevate; altro lavoro è del 1923 dell’ing. A. Marangoni, giungendo così al ruolo del 1925 (affermazioni del cav. uff. Gulì rag. Ernesto commissario prefettizio reggente il Comune di Leno).

Indicazione Sangervasa (Roggia) Nicla (Bocca) Nicletta (Bocca) Cicogna (Bocca) Campo Nuovo (Roggia) Rassica (Bocca)

Utenze 64 24 8 26 10 8

Comprensorio III della Benvenuta Indicazione Viganovo (Roggia) Formola (Bocca) Gambaresa (Bocca)

Utenze 69 8 66 ASC Leno, Parte antica, Sezione acque, b. 18/3. 2 Per la descrizione delle quattro rogge cfr. L. Cirimbelli, Dove sorgeva un’antica abbazia, Leno, pp. 36-39. 3 ASC Leno, Parte antica, Sec. XIX - Sezione acque. “Libro delle partite dei possessori dei terreni irrigui” abbracciati dal: Comprensorio Seriolazza vol. I, b. 28/3; Comprensorio del Naviglio vol. II, b. 28/4; Comprensorio Benvenuta vol. III, b. 28/5; Comprensorio Bassina vol. IV, b. 25/6. 1

Comprensorio IV della Bassina Indicazione Bassina Bassinetta Sorda (Roggia) Fossadasso (Roggia)

121

Utenze 19 9 7 7


Tabella riassuntiva della compartita generale delle acque N. delle ore d’acqua assegnate Denominazione Utenze Vaso

Se semplici L. 2

Doppie L. 4

– 192

192 – 132 98 di cui esenti 8 – 104 – 98 = L. 196 Colatizio 10 29 – con bocche al di sotto del molino nuovo

Importo canone

Turno giorni

748 384 748 180 208 198,4 58

8 8 8 8 8 8 –

Seriolazza Scanalocco Salvasecca Felice Tremiselvi Soradore Dossi Gorna

32 43 22 8 28 42 2

Serioletta Striaga Onizzetto Pozzola

89 93 82 –

83x2 = 166 192 137,3 100x2 = 200 +

45x4 = 180 – – 7 colatizie

346 384 275 214

Settimanale 8 Settimanale Settimanale

Sangervasa

81

190x2 = 380

10x4 = 40 + colatizie 8 = 16

136

8

Nicla Nicletta Cicogna Campo nuovo Rassica

31 10 4 12 9

130 42 202 102 13

8 8 8 – –

Viganovo

80

394

9

Gambaresca Bassina Bassinetta Soradore Costa Antoniola

85 30 11 9 8

61 = 122 + colatizie 4x2 = 8 21 – 101 – – 25,3 6,3 – altri 12 quale Rio Viganovo sotto alla Formola-225 delle 28h esenti 10-19 216 – 80 = 160 28 colatizie 98 – 25 – 38 –

432 160 196 50 180

9 Settimanale Settimanale – 8


Tavole


274 Libro delle partite dei possessori dei terreni irrigui - Comprensorio I Seriolazza 1849 Partite dei possessori dei terreni irrigui del Comprensorio I Seriolazza - ing. Giovanni Barbera. Tavola A: Mappa generale della Roggia Seriolazza che costituisce il Comprensorio I e dei terreni che ne vengono irrigati (fogli da I a IX) (1). Allegato A: Interno del paese di Leno (fogli da I a III); Interno della contrada Castelletto (sul foglio III) (1). Allegato B: Interno del paese di Leno (foglio unico) (1). Note: (1) - I fogli (mm. 700x52) sono collocati in una cartella a parte. Classificazione: 4.12 Segnatura: Catasto acque - b. 28/3


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Allegato A: Interno del paese di Leno (fogli da I a III); Interno della contrada Castelletto (sul foglio III) (1).


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Allegato B: Interno del paese di Leno (foglio unico) (1).


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275 Libro delle partite dei possessori dei terreni irrigui - Comprensorio II Naviglio 1849 Partite dei possessori dei terreni irrigui del Comprensorio II Naviglio - ing. Giovanni Barbera. Tavola B: Mappa generale della Roggia Naviglio che costituisce il Comprensorio II e dei terreni che ne vengono irrigati (fogli da I a III) (1). Note: (1) - I fogli (mm. 700x52) sono collocati in una cartella a parte. Classificazione: 4.12 Segnatura: Catasto acque - b. 28/4


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276 Libro delle partite dei possessori dei terreni irrigui - Comprensorio III Benvenuta 1849 Partite dei possessori dei terreni irrigui del Comprensorio III Benvenuta - ing. Giovanni Barbera. Tavola C: Mappa generale della Roggia Benvenuta che costituisce il Comprensorio III e dei terreni che ne vengono irrigati (fogli da I a II) (1). Note: (1) - I fogli (mm. 700x52) sono collocati in una cartella a parte. Classificazione: 4.12 Segnatura: Catasto acque - b. 28/5


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Capitolo decimo Sconfitto il dominio delle acque


“La terra non è fatta per rimanere incolta” (Cattaneo)

La natura del suolo e la bonifica Quasi tutto il territorio lenese è posto in piano ed è tributario come bacino imbrifero del fiume Mella che scorre a ponente di esso e delimita i confini a nordovest. Al tempo dei “primi uomini” nella bassa pianura persistevano le acque stagnanti con zone interrotte da regone e da dorsi di bosco con parti asciutte: una situazione ambientale tutt’altro che favorevole. “La prima sistemazione del suolo risale alla colonizzazione romana, quando l’imperatore assegna ai suoi veterani vaste aree dell’agro padano con l’accurata opera di bonifica e appoderamento del territorio prescelto secondo le particolari regole della centuriazione; un reticolo i cui assi portanti erano le vie di grande comunicazione (le strade consolari) tra le varie province quando la pendenza naturale del terreno non consigliava un diverso orientamento per lo scorrimento delle acque. Tracce indelebili dei Limites della centuriazione ne riscontriamo ancora oggi osservando le carte topografiche di alcune zone del mantovano o del bresciano o del cremonese: dall’impianto urbano al sistema viario, all’orientamento delle strade, di corsi di acqua, di filari arborei, e dall’allineamento di paesi e centri urbani lungo grandi direttrici all’addensamento di popolazione in talune aree”1. Altre grandiose opere hanno una loro storia luminosa, basti considerare l’opera intensa, duratura, esplicata dall’Ordine Benedettino, ad esempio nella Valle Padana specialmente a partire dall’XI secolo in poi. E qui vogliamo ricordare come fari luminosi le abbazie di Bobbio, di Leno, di Nonantola, di Pomposa che hanno scritto una grande pagina nella storia della Chiesa. Alle soglie del XX secolo permangono ancora tracce di antiche paludi e degli stagni, una vasta zona di proprietà comunale che si estende dal Viganovo alla Scovola. Sono lame di pagliuzzo per cui “comprimendo col piede la terra ne scaturisce acqua” e sono composte di un discreto strato di terreno formato da residui di radici e pianticelle palustri che fanno pensare alle torbiere che “le bonifiche hanno fatto declinare definitivamente ogni progetto di sfruttamento della torba che, nel 1843, era stata valutata intorno a 81.375 metri cubi su 25 piò, di cui ne era150

Nella foto: la pioggia benefica di fine aprile dà vigore e colore alle colture (tra gli alberi la Cascina Rapallo).

Nelle foto a destra: un vecchio disegno e un vaso irriguo privo di ceppaie e arbusti. Ne deriva debole consistenza degli argini.


no stati scavati 40.687 metri cubi” (Enc. Bres. VII, p. 150). Questi giacimenti sono stati citati anche dal chimico Oreste Rossi che si applicò con ogni sforzo nella ricerca di torba nel bresciano. Negli anni 1852-1857, presentò una memoria presso l’Ateneo di Brescia per l’utilizzazione del gas luminoso facendo esperienze con un piccolo distillatorio, per esplorare la quantità e qualità di gas fornite dalle torbe di Iseo, di Padenghe, di Torbiato e di Leno. Mentre nella torba vergine D’Iseo, come in quella di Padenghe non ebbe dal gas che una fiamma azzurra senza luce, con quella di Torbiato e Leno, la fiamma aveva un po’ di luce sulla sommità. In altra zona si trovano alternati strati di argilla con sabbia o ghiaia abbondanti e, nel sottosuolo vi sussiste, per altro, uno strato impermeabilissimo detto volgarmente gesso, il quale impronta un carattere certo ostile ad ogni principio di vita vegetativa.

Fra le principali cause di abbandono della campagna ricordiamo le violenze cagionate dagli agenti atmosferici, le piogge persistenti, le periodiche gragnole che distrussero i prodotti della vite e dei gelsi; le nevicate eccezionali con gelate da ridurre il paesaggio quasi una tundra. Altri aspetti deleteri, le carestie, i saccheggi e le ruberie da parte di truppe di passaggio. Dai libri anagrafici parrocchiali leggiamo le frequenti epidemie che decimarono le nostre popolazioni. Per non lasciare incolte parte delle proprie terre, il Comune fu costretto ad impiegare mezzi suppletori e precari favorendo l’immigrazione di braccia straniere; i villici delle valli trentine, nel periodo invernale, nella primaveraestate parmensi e piacentini e persino genovesi. Si consideri che, se alla duchessa di Parma piacesse di proibire la temporanea emigrazione dei propri 151


contadini, l’agricoltura rimarrebbe abbandonata. Come furono realizzate le bonifiche (1800-1904) L’ing. Emilio Lazzari, tecnico comunale di Leno e del mandamento fin dal 1890, presenta al Consiglio Comunale di Leno, uno studio sul prosciugamento e l’irrigazione di tutte le campagne comunali che, il 15 luglio 1890, il Consiglio stesso faceva proprio. Nel 1892 avanzava un Progetto di Bonifica del territorio di Leno-Ghedi, consistente nel vendere le terre da bonificarsi per lotti di limitata estensione, riservandosi il Comune l’esecuzione delle opere di prosciugamento, di accesso e di irrigazione, con obbligo agli acquisitori di rifondere per queste, al Comune, in venti rate annuali e, spesa da questi incontrata a questo proposito, si faceva promotore della costituzione di una cooperativa per la vendita a lotti dei terreni di proprietà comunale2.

L’esecuzione dei lavori di bonifica avvenne in tre periodi successivi. Il primo iniziò con la delibera del 16 maggio 1892 e successiva vendita nel 1893 del vasto territorio denominato Onizzetto Moresche di circa 90 ettari suddivisi in 51 lotti; ne furono aggiudicati soltanto 35 a dodici acquirenti, per complessivi 55,35 ettari, mentre i rimanenti 16 furono venduti con trattativa privata a certo sig. Segramora. L’opera fu realizzata con l’apertura di un cavo principale rettilineo (chiamato Onizzetto Nuovo) fluente nel senso della lunghezza della zona da bonificare detta Onizzetto, e con cavo sussidiario (denominato Bersaglio) per raccogliere le acque di una fascia staccata detta Moresche; i due cavi nell’insieme misuravano 21.000 metri. Per l’irrigazione dei terreni bonificati fu usata l’acqua della Roggia Onizzetto Vecchio, derivata dalla Roggia Seriolazza, costruendo un

canale trasversale, alimentato dalla suddetta Roggia Onizzetto, e altri due longitudinali3.

Contribuì alle bonifiche del nostro territorio

Dalla prima bonifica il Comune ricavò la somma di L. 16.717 da cui, dedotte le quote di spesa incombente al Comune, la somma netta da investire in rendita rimase di L. 13.410,88, a restituzione del capitale patrimoniale man mano che dagli acquisitori vennero rimborsate, in ventesimi, le spese di bonifica dal medesimo anticipate in L. 17.362,734.

Emilio Lazzari, nato a Fontanella di Bergamo il 22 giugno 1857, coniugato alla nobildonna Emma Cerioli, cremonese, qui residente. Laureatosi in ingegneria civile, esercitò per oltre trent’anni la libera professione, tecnico comunale a Leno e nei Comuni del Mandamento. Fu promotore di innumerevoli iniziative: Società Operaia di Mutuo Soccorso di LenoMilzanello, primo presidente della Cassa Depositi e Prestiti, linea tranviaria Bassa Bresciana, Ricovero Vecchi, scuola serale. Per meriti acquisiti nelle bonifiche delle nostre campagne, diresse poi le bonifiche nel territorio di Bagnolo. Presidente della Congregazione di Carità di Leno, nel 1893 presentava un abbozzo di locanda sanitaria, presto realizzata. Progettò molti edifici scolastici come quello di Leno, realizzato nel 1912-14. È sepolto nella cappella di famiglia Lazzari-Cerioli in Leno.

Il secondo nel 1896 comprendeva 73 ettari della Campagna Serioletta frazionati in 44 lotti. “Il prosciugamento della zona e il suo colo – attuando il progetto dell’ing. Lazzari – fu ottenuto mediante l’apertura di un cavo principale, con andamento parallelo alla strada per Ghedi e successivamente al Campo di Tiro, percorrente in sei rettifili le linee di massima depressione, con sbocco nella Roggia Serioletta, appena a monte della medesima strada per Ghedi. La bonifica fu completata con altri quattro cavi secondari, mentre per l’irrigazione si utilizzarono le acque di un tronco di un ramo della Roggia Seriolazza, detta Seriola Bada, presso al confine del Comune di Ghedi, dove ha livello così elevato da poter irrigare tutta la Campagna Serioletta”5. “Dalla seconda bonifica il Comune ricavò la somma di L. 17.575, da cui, dedotte le spese incombenti al Comune, la somma netta da investire in rendita rimase di lire 14.828,43 a restituzione come la prima bonifica, anticipata dal Comune L. 22.218,65”6. Il terzo esteso più di 105 ettari completò, nel 1901, il risanamento nelle campagne Codebò, Fontanone a sera e a mattina, Schiavetto, Viganovo, Longura e Bosco, che formavano la plaga situata fra la Roggia Seriolazza e il confine territoriale con il Comune di Ghedi. Fu un progetto di laboriosa preparazione e di difficile esecuzione per l’irregolare dislocazione dei terreni obiettivo della bonifica. “Le campagne Longura e Bosco – staccate dalle altre campagne – furono vendute senza nessuna condizione d’opere. Le campagne Codebò e Fontanone sera furone cedute, con i primi lotti del Fontanone mattina, senza la riserva 152


23 aprile 2007. Sa porta a tecc èl fé mazènch. Sfalcio anticipato di quasi un mese.

di fornire l’acqua irrigua, fermo però per gli acquisitori l’obbligo del prosciugamento della campagna Fontanone sera, da effettuarsi con lo scavo di due fossi paralleli al corso della Seriola Bada. La vendita delle campagne Fontanone mattina, Schiavetto e Viganovo, includeva i lavori di prosciugamento mediante la sistemazione dell’esistente cavo Oriolo, supportato da un altro cavo inferiore. Per l’irrigazione di questa zona si ricorse ad acque derivate dal podere Scovola, di proprietà dei De Giuli, a seguito di una combinazione tra il permesso ai De Giuli, da parte del Comune di Leno, alla costruzione di un fosso parallelo alla Roggia Seriolazza e la facoltà in compenso al Comune di impiegare le acque immesse nello stesso fosso”7. “Dagli ultimi lavori il Comune ricavò la somma di L. 43.020 delle quali come rilevasi dal bilancio 1901, L. 17.302 vennero stanziate dall’art. 67 del predetto bilancio per l’opera di bonifica da rimborsare al Comune in 20 anni, dagli acquisitori delle suddette campagne lire 2.132,61 da investire in rendita del de-

bito pubblico erogando le rimanenti lire 4.389,39 a favore del bilancio dell’anno 1901”. La popolazione agricola è aumentata di oltre 400 persone sparse nei diversi cascinali costruiti nelle terre bonificate. Senza alcun dubbio può dirsi che i risultati ottenuti in seguito alle bonifiche sono più che soddisfacenti. Evidentissimo il miglioramento constatato nelle condizioni sanitarie locali. Nel 1893 col R.D. del 21 luglio, fu bandito dal ministero dell’agricoltura altro concorso per le opere di bonifica. Simultaneamente una speciale commissione giudicatrice presentò le relazioni e le proposte pervenutele al Comitato dell’agricoltura presieduto dal professor Luigi Rava. Il concorso suscitò un grande interesse ed in seguito all’esame dei progetti, i lenesi si distinsero ed ebbero il merito di ricevere cinque diplomi, una medaglia d’oro, tre d’argento e una di bronzo, con l’attribuzione di numerosi premi per una somma complessiva di quattro mila lire. 153

“Terra ghiaiosa e avara irrigata dal diuturno sudor terra che diede né pane né biada bastante alla fame dei figli...”. (D.M. Turoldo)


Tabella riassuntiva delle bonifiche Denominazione dei colonnelli

Ubicazione contrada

Perticato campagna

Valore di stima

Fitto in corso di cad.col.

Bosco

Costa

19,77

2.218,09

101,00

Costa

Costa

80,45

7.583,00

430,00

Canton Costa

Costa

18,72

1,761,98

128,50

Schiavetto

Viganovo

53,59

5.630,75

396,75

Fontan. matt.

Per Ghedi

104,01

7.665,44

856,00

Fontan. sera

Per Ghedi

37,42

2.533,38

290,50

Co de bò

Seriolazza

20,31

1.487371

154,00

Onizzetto

Onizzetto

240,75

16.191,58

1.638,50

Moresche

Onizzetto

37,28

3.442,01

395,00

Serioletta

Serioletta

213,03

16.030,25

1.761,00

Cantonata

Viganovo

20,13

1.377,71

121,50

Viganovo

Viganovo

42,36

2.788,88

300,50

Longura

Per Ghedi

10,98

538,19

81,00

Tot. pert. piò bres. 899,30

Tot. val. di stima austr. L. 69.249,80

Totale pertiche censuarie 2.927,438

Tot. fitto in corso L. 6.654,25


Capofonte Cavo Inferiore tra Cascina Donati e Cascina Schiavetti (Ghedi). A sinistra: Cavo Superiore in transito a Villa Donati. Nasce sotto la Cascina Speranza e sfocia a poche centinaia di metri nella Seriolazza Cascina S. Antonio Mattina.

Il Governo riconobbe queste benemerenze ed assegnò al Comune una medaglia d’oro, quella d’argento al direttore tecnico dei lavori per il Comune, ing. Emilio Lazzari. Della prima bonifica si principiava nel 1896 ad esigere i ventesimi dovuti dagli acquisitori a restituzione delle spese dell’opera di bonifica anticipate dal Comune, conseguentemente a sensi del capitolato si riscuoteva dagli acquisitori quattro annualità, onde far fronte alla spesa sostenuta, e così negli anni a venire. Tralasciando le numerose relazioni dei miglioramenti avvenuti, si può ritenere che le spese effettive per la bonifica agraria, dissodamento, orizzontamento, piantagioni ammontarono a circa 300 lire ogni ettaro. I primi risultati della produzione lorda annua sono ad esempio dopo la bonifica, di 12 q.li di frumento (a lire 20) e relativa paglia, contro i 7 q.li di fieno magro o strame a tre lire il quintale; oppure 25 q.li di granoturco a lire 13, oppure ancora q.li 70 di fieno a lire 4,50; avendo così un aumento di produzione quindici volte superiore cadaun ettaro, produzione sempre in aumento in accordo col procedere dei lavori di sistemazione. Il reddito netto per ettaro era di 10 lire e, nel 1904 non è minore di 150 lire. In occasione della raccolta di documenti a cura del prof. G. Strafforello,

l’ing. Lazzari invia una Relazione sulla situazione del nostro territorio che fu pubblicata sul secondo volume riguardante le province di Bergamo e di Brescia. È una Relazione che rappresenta solo il buono, come colui che coglie la rosa senza spine; infatti così scrive: “Il territorio di questo Comune, capoluogo del Mandamento, si stende nella parte alta del mandamento stesso, in bellissima pianura sulla sinistra del Mella. Leno, capoluogo del Comune, alquanto frazionato, è un grosso borgo di circa 3.550 abitanti serbante tutta l’impronta dei ricchi e pingui centri di produzione e di commercio agrario della Lombardia”. “Il territorio di Leno, intensamente verdeggiante, spicca, fra le non lontane lande paludose di Ghedi ed i brulli colli di Montichiari, come un’oasi fortunata, e vi si producono abbondantemente cereali d’ogni specie, lino, riso, gelsi e foraggi in praterie a marcita ed a vicenda. L’allevamento del bestiame, praticato su vasta scala, e la produzione dei latticini, lavorati razionalmente in quattro caseifici esistenti in luogo, sono le industrie di maggior sussidio all’agricoltura che si abbiano in questo Comune. Le paludi ed i terreni incolti del territorio furono, per iniziativa del Comune e su progetti dell’ing. Lazzari, in questi ultimi anni ridotti a fertilissimi terreni irrigui”9. 155

G. Bonati, Il paesaggio agrario in Lombardia, in AA.VV., Il paese di Lombardia, Milano 1978, pp. 27-32. 2 A. Fappani, Enciclopedia Bresciana, Brescia 1987, vol. VII, p. 95. 3 M. Serpelloni, Dai protocolli di consegna di lame (Ghedi 1857), in AA.VV., Aqua, fontanili, bonifiche, agricoltura, Brescia, 2006, p. 72. 4 L. Cirimbelli, Dove sorgeva un antica abbazia, Leno, 1971, p. 43 e ss. 5 M. Serpelloni, Dai protocolli..., cit. p. 72. 6 L. Cirimbelli, Dove sorgeva, op. cit. p. 50 ss. 7 M. Serpelloni, Dai protocolli, op. cit. p. 74. 8 L. Cirimbelli, Dove sorgeva un’antica abbazia, Leno 1971, p. 47 e ss. 9 G. Strafforello, La Patria, geografia dell’Italia. Province di Bergamo e di Brescia, Torino 1898, vol. II, p. 498. 1




Compartitori per l’irrigazione sul vaso Capirolo.


Capitolo undicesimo L’opera dei privati


Tenuta “La Scovola” I fratelli Camillo, Pietro e Battista De Giuli, provenienti da Morimondo nel milanese, verso il 1870 si trasferirono a Milzanello conducendo in affitto gli stabili del marchese Galeazzo Di Bagno. Nel 1880 comperavano la tenuta Scovola. della complessiva estensione di piò bresciani 1200, allo scopo di provvedere alla sua trasformazione fondiaria. Detta tenuta era allora costituita quasi per intero di paludi dalle quali si raccoglieva lettime. In catasto erano classificate paludi da strame. La tenuta faceva parte di una conca della estensione complessiva di 4000 ha, tutta paludosa. Detta regione era stata classificata fra le bonifiche di prima categoria con la legge sulle bonifiche del 1878 (bonifica tra Mella e Chiese). I fratelli De Giuli, assunta la proprietà della tenuta studiarono immediatamente il progetto di trasformazione fondiaria. Merita una altissima considerazione l’indirizzo tecnico che per primi in Italia essi diedero a quest’opera e che consisteva in uno speciale procedimento. Questa parte della pianura lombarda ha una pendenza generale pressoché uniforme di circa il 3%. Scavando canali per il suo prosciugamento, al cui fondo era da dare una pendenza minore, avviene che, dopo un certo percorso, detti canali possano servire per la irrigazione. Si costituiscono così, una serie di canali, ciascuno dei quali nella sua parte verso monte serve a prosciugare le terre e, nella sua parte a valle, serve ad irrigare. È evidente la magnifica economia che in questo modo si costituisce passando con un unico sistema di opere dalla palude alle terre irrigate. Purtroppo, in quel tempo, la modesta legislazione e la modesta tecnica delle bonificazioni in Italia, resero possibile il fatto che, le competenti autorità (le quali a loro volta avevano predisposto un progetto di semplice prosciugamento di quelle paludi), rifiutassero l’adozione delle direttive tecniche proposte dai fratelli De Giuli. È stata allora una grande fortuna per l’economia agricola della provincia di Brescia che la famiglia De Giuli ebbe il coraggio di rinunciare alle proposte del Genio Civile e di porsi alla bonifica del-

Fontanile Lamoni - Canale irriguo in sospensione sul primo tratto di Capofonte sorgente in estinzione.

la Scovola secondo il proprio programma tecnico. I fratelli De Giuli si assunsero così un enorme sacrificio economico giacché si negò loro l’applicazione delle leggi sulle bonificazioni per cui dovettero provvedere, tutto a loro spese, a tutti i lavori di prosciugamento ed irrigazione. È stata invece una fortuna per la Provincia perché se si fosse eseguito il progetto del Genio Civile, quelle paludi si sarebbero trasformate in sterili brughiere ghiaiose mentre, con il progetto De Giuli, si creò alla Scovola un’oasi di terre irrigate e fertili fra le più produttive della Lombardia. Questo progetto costituì una forza di propulsione attivissima per tutti gli alti proprietari di paludi che circondavano la Scovola. Ed avvenne che, fra l’880 e il ‘900, il Comune di Leno, di Ghedi, di Bagnolo Mella e di Porzano ed altri privati proprietari seguissero l’esempio dei De Giuli e trasformarono 5.000 ha di palude, in magnifiche aziende irrigabili e fertili. Oltre a sistemare e a riconvertire le terre, le opere dei De Giuli valsero ad utilizzare in modo completo ed accrescendole, dove era possibile, le portate delle sorgenti che davano origine alle paludi. Ciò estese il beneficio di queste opere anche alle terre inferiori, le quali non ricevevano più il gettito modesto dei fontanili soffocati, ma portate più 160


copiose che la nuova canalizzazione finalmente liberava, aumentando il fluire delle vene acquee. La dinamica fondiaria appare chiaramente dai grafici, ma le cifre non sono certamente meno rappresentative. Queste purtroppo non si riferiscono alle stesse epoche dei grafici, ma agli anni del 1882 e al 1932, anno in cui si considera praticamente conclusa l’opera di bonifica. Il terreno è così ripartito: • coltivo asciutto: ettari • coltivo acquitrinoso: ettari • palude: ettari totale:

ettari

35 92 153 280

I fontanili della zona sono: Scovoletta, Boschetto, a mattina della Scovola, la Fontana Noce, la Trusa, l’Oriolo e la Fontana Capriolo, con una portata complessiva di 405 litri/secondo continui.

L’intera superficie è trasformata in terreno bonificato ed irrigato, e successivi acquisti si aggiungeranno all’appezzamento iniziale. Nel quadro delle trasformazioni compiute nel cinquantennio considerato, sappiamo che verranno scavati: canali emuntori e di irrigazione • m. 63.560 opere in muratura costruite su detti canali: • ponti n° 287 • chiaviche n° 357 • condotti n° 81 strade nuove costruite nell’interno dell’azienda • m. 14.700 sistemazione dei terreni per l’irrigazione, • metri cubi 340.000 di terra smossa Costruzione di fabbricati rurali espressi in metri quadrati: • abitazioni 4.251 • stalle 8.121 • granai e magazzini 3.134 • servizi vari 779 161

Capirolo - Manufatto e paratoia sul corso irriguo.


162


163


Capirolo - Terminale del lungo tratto diritto dal suo Capofonte.

A conclusione crediamo opportuno riportare un quadro riepilogativo di alcuni dati significativi e relativi agli anni 1883, 1932 e 1962. Produzioni (q.li/ha)

1882* 1932** 1962***

Grano tenero 8 Mais 15 Ladino 20 Bestiame (peso vivo per ha) 0,40

32 40 70

45 66 110

6

13

* solo da **da lavoro e *** solo lavoro da reddito da reddito1

I fratelli De Giuli ottennero numerosi riconoscimenti. Nei concorsi statali per opere di bonifica e miglioramenti agrari conseguirono, oltre a tante gratifiche minori, il primo premio di lire 6.000 con medaglia d’oro nel 1888 e, di nuovo il primo premio di lire 5.000 con medaglia d’oro nel 1893, insieme a due premi singolarmente al solo Camillo. La consegna di questa seconda medaglia d’oro e dei diplomi annessi fu fatta nel marzo del 1894, in forma solenne presso la sede del Comizio Agrario, dal prefetto di Brescia alla presenza di moltissime autorità. Il prefetto, nel suo intervento d’apertura dei festeggiamenti, accennò ai lavori di bonifica effettuati in molta parte del terreno paludoso che si estendeva tra Leno e Porzano, ma pose l’accento soprattutto sull’impegno e sui sacrifici che costarono ai De Giuli per vincere gravi difficoltà tecniche e d’ogni natura. Concluse, accolto da vivi applausi, che quella dei De Giuli era da considerarsi “opera tanto più meritevole di pubblica lode in quanto la condussero senza chiedere sussidi allo Stato né ad altri enti, come avrebbero potuto fare valendosi della legge sulle bonifiche”. Conferma interessante delle opere e dei risultati ottenuti dai De Giuli si può leggere nella cronaca di una escursione che i laureandi della Scuola Superiore di Agricoltura di Milano, accompagnati dai loro docenti, fecero nell’estate del 1893 nella nostra pianura orientale per visitare e studiare da vicino esempi di bonifica idraulica dei terreni paludosi ed aridi. La scelta cadde proprio sulla tenuta dei De Giuli, alla Scovola. “Non è a dire – scriveva il cronista – quale impressione abbia fatto la vista dei

terreni bonificati dai fratelli De Giuli e la meraviglia che in quella schiera di studiosi hanno destato le grandiose opere di prosciugamento compiute e recentemente iniziate per la porzione che ancora rimane acquitrinosa in quell’azienda (...); i nuovi canali che si stanno eseguendo mostrano quanta fede abbiano i De Giuli nelle loro opere, che i loro fatti confermano essere degne di ammirazione ed imitazione” 2.

Capirolo sud. Manufatti con guide (cardinali) d’inserimento chiaviche per tre direzioni adaquatorie. 164


Su progetto presentato al sindaco il 22 maggio 1907, a firma del geom. G. Piovani di Manerbio, il signor Giuseppe Santini ottiene il permesso per la costruzione di un ponte-canale d’acqua alla Fontana Nuova, di proprietà comunale, in località Fontanone mattina. L’opera di questi pionieri della bonifica italiana assurge ad alta autorità per l’esempio che essi diedero all’attuale attività del paese, per la miglior valorizzazione delle sue terre e delle sue acque.

Pluda ed Uniti Bonifiche ed innovazioni agricole. Anche il podere Pluda faceva parte del territorio delle Lame da bonificare posto tra Leno, Ghedi e Gottolengo ed esteso su una superficie di 1200 ettari. Gli stabili costituenti le proprietà Olmo-Torri e Pluda-Lame vennero alienate al prezzo di 80.000 lire dal nobile Alessandro Legnazzi ai signori Enrico e Giuseppe Crosti e a Pietro Borsa, che le acquistarono in comune ed in parti uguali mediante atto notarile, 26 marzo 1872. In seguito, con altro atto si procedette alla divisione delle acque di irrigazione definendo diritti, manutenzione di manufatti, di ponti e canali, ecc. La suddivisione delle acque era così definita: • a) acque di assoluta proprietà dello stabile “Pluda ed Uniti” per la totalità • b) acque in comproprietà con terzi e perciò solo in parte di proprietà ed uso • c) acque di proprietà di enti, assegnate allo stabile mediante il pagamento di canone annuo • d) acque del Consorzio Mella-Chiese assegnate allo stabile mediante il pagamento di canone annuo e di un contributo di miglioria. I soci Crosti e Borsa si resero benemeriti per molte opere in cui vennero impiegati molti salariati. Nella sola zona paludosa del Pluda, comprese le cascine Olmo e Capolupo, negli anni 1870-74, vivevano 13 famiglie, che giunsero a 43 dopo le opere di bonifica, nelle quali furono impiegati anche avventizi abitanti in paese. Nel 1903 la tenuta passò in proprietà di Gaetano Gatti il quale continuò i lavori di bonifica realizzando fontanili e opere per la messa a coltura. Nel 1931 la proprietà fu divisa fra i fratelli Leopoldo, Annibale e Giuseppe, eredi Gatti3. Olmo Già nel 1880 (e forse prima) subentrarono nella proprietà i soci Crosti e Borsa ed iniziarono intense opere di bonifica agraria di alcune lame con la sistemazione dei terreni per la messa a coltura e svariate altre opere di carattere idraulico, favorendo la dimora in cascina di un maggior numero di famiglie ed

un tenore di vita più elevato. Fra le opere idrauliche ricordiamo la realizzazione del Cavo Nuovo destinato a “tradurre acque d’irrigazione in codesto tenimento” (atto 18 ottobre 1885, del notaio Pietro Gramatica). Ha origine principalmente in tre rami o fontanili denominati ramo Pluda, ramo Lovatella e ramo Lametta, scavati nei terreni di compendio del Tenimento Pluda ed Uniti; in seguito riceve inoltre acque provenienti dagli stabili superiori dello stesso Tenimento Pluda nonché i coli dell’irrigazione dei fondi fra cui scorrono i detti rami mediante le acque dei vasi comunali Felice ed Antoniola4. Altra zona da bonificare ci viene proposta dall’ing. Federico Ravelli, a tale scopo la prima adunanza delle proprietà si tenne in Gottolengo il 17 giugno 1877, presieduta dall’on. Cav. Gabriele Rosa, presidente del Comizio Agrario di 165


Brescia. Al termine si aprì una sottoscrizione e vi aderirono i signori: Strada Ercole L. 200, Gibellini L. 60, Bertoli L. 50, Pedali Guido L. 70, Municipio di Ostiano L. 500, Municipio di Pralboino L. 200, Conte Viganotti di Solaro L. 200, N.N. L. 200. Il Comune di Leno è assente. L’ingegnere espone i vantaggi igienici ed economici dell’opera, e la spesa preventiva. L’estensione complessiva delle zone paludose si farebbe ascendere, secondo dati desunti dalle tabelle censuarie, ad ettari 7488, mentre le paludi che stanno interposte fra Leno, Gottolengo e Ghedi hanno una superficie di circa ettari 12005. Il guado del Capirolo da e per la Scovola vista da sud verso nord. A destra: Capirolo - Nuovo percorso cascina Scovola. A sinistra in alto: Canal Grande o Fontanone verso il Capofonte.

166


L. Cirimbelli, Dodici secoli nel cuore della Bassa. Il territorio, gli eventi, i personaggi, Bagnolo Mella, 1993, vol. II, pp. 67 e ss. 2 L. Cirimbelli, La via delle cascine. Storia e tradizione delle campagne lenesi, Bagnolo Mella, 2004, pp. 124 e ss. A. De Giuli, Ramo di Leno della famiglia De Giuli di Motta Visconti, Gianico, 1999, pp. 11 e ss. M. Serpelloni, Dai protocolli di consegna di lame, Ghedi, 1837, in “Acqua, fontanili, bonifiche e agricoltura�, Brescia 2006, pp. 55 e ss. Bibliografia di G. Nardi, pp. 98 e ss. 3 L. Cirimbelli, La vie delle cascine, cit. p. 167 ss. 4 Cfr. L. Cirimbelli, La via delle cascine, cit. p. 231. 5 F. Ravelli, Relazione sulla bonifica dei terreni paludosi fra Leno, Ghedi e Gottolengo e sulla conseguente irrigazione dei Comuni limitrofi, Brescia, 1880. 1

167


Seriolazza - Fonte di accesso ai campi a nord della Scovola. A sinistra: sottopasso per l’irrigazione.


Capitolo dodicesimo Relazione comparativa sulle portate dei vasi irrigui di proprietĂ del Comune


Portata dei cavi irrigui (1908-1910) La Giunta Municipale di Leno fino dall’anno 1907 diede incarico all’ing. Emilio Lazzari di procedere alla misura delle portate di tutti i cavi irrigui di spettanza del Comune, allo scopo: 1. di procurarsi in equo criterio di graduazione della tassa d’acqua da applicare alle diverse utenze; 2. di poter confrontare le condizioni delle diverse zone irrigue, in rapporto alla quantità d’acqua disponibile per unità di superficie; 3. di dedurre in conseguenza i maggiori bisogni dei Cavi per poter avvisare ai possibili miglioramenti. L’operazione, ritardata per cause diverse, venne intrapresa dell’ingegnere Lazzari due volte nell’anno 1908, ma poi interrotta per piogge sopravvenute durante il periodo dei rilievi. Era infatti, per gli scopi prefissi, impossibile studiare i Cavi durante il tempo dell’irrigazione ed in condizioni normali di portata, né di massima magra, né di piena. Ed era anche indispensabile rilevarne il più contemporaneamente possibile le condizioni per poter trarre conseguenze comparative con effetti fiscali. L’ingegnere ebbe finalmente l’opportunità di completare i propri rilievi nei giorni di luglio (1910?) nelle migliori condizioni desiderabili, quando cioè le acque erano nel pieno impiego d’irrigazione e avevano una portata abbondante, superiore alla magra ordinaria, ma uniforme per tutte le rogge, con la regolare raccolta dei coli ricadenti dalle superiori nelle inferiori utenze; quando cioè tutti i cavi potevano ritenersi nel regime normale della loro funzione. Ciò premesso, richiamando il modo di distribuzione delle singole bocche e l’estensione delle relative utenze, il risultato delle misure eseguite sui rilievi nell’anno 1910, furono collegati con quelli incompleti assunti nei mesi di luglio ed agosto 1908.

A - Roggia Seriolazza 1. Salvasecca o Pavona. È regolata in turno di giorni otto e serve all’irrigazione di ha 290,34. La sua portata risultò di litri 276 al minuto/secondo. La detta portata è minore per gli utenti alla località Molvici, ove trovasi il noto bocchetto arbitrariamente stabilito in sponda sinistra, il quale sottrae dal cavo portata di litri 60; così che la portata della Pavona riducesi per detti utenti a soli litri 216. Annotazione. Osservasi che la portata d’acqua della Pavona, unitamente a quella della seguente roggia Milzanella 170


Seriolazza. Seguendo il corso sinuoso a nord della Scovola.

precedente n° 1; la portata netta desunta dalla misura risultò di litri 148.

era il dì dei rilievi aumentata del tributo della sorgente Capirolo di proprietà del signor De Giuli cav. Pietro, e che, dal volume complessivo delle due rogge, si dedusse poi proporzionalmente la portata della sorgente medesima. La portata esposta rappresenta la competenza netta della Pavona.

3. Bocca Striaga. Viene erogata in portata continua e l’irrigazione si compie in turno di giorni otto a favore di ettari 106,54. La sua portata risultò di litri 37.

2. Pozzola o Milzanella. Ha nella stagione estiva del flusso perenne e viene distribuita in turno di giorni sette, di cui tre e mezzo soltanto paganti la tassa d’irrigazione al Comune e serventi ad irrigare ettari 125,2. Vale per questa l’annotazione di cui al

4. Onizzetto. Come è noto la vecchia bocca del Cavo Onizzetto aumentata da parte del Bocchetto a mattina della Scovola, venne volta all’irrigazione dei fondi della bonifica Onizzetto, i quali corrispondono al Comune una tassa commisurata alla rispettiva superficie. 171


L’irruenza delle acque del Capirolo-Noce prima di arricchire l’origine del Lavaculo. A sinistra: fontanile dell’Onizzetto Nuovo. Capofonte nei pressi della Cascina Bada di Sotto.

I fondi della vecchia utenza vennero invece dotati dell’acqua scaturente nel cavo di bonifica della zona, questa soltanto perciò interessava di prendere in esame. Tale Cavo di bonifica diede portata complessiva di litri 222, di cui una parte e cioè litri 62, viene erogata alla Roggia Serioletta detto Scaricatore Villa Sartori e la residua di litri 160 viene assegnata all’utenza in turno di giorni sette, sopra estensione di ettari 81,45. 5. Bocchetto Costa. È aperto ogni domenica in tempo parificato a ore 17 e serve ad irrigare un’estensione di circa ettari 8. Ha portata di circa litri 50. 6. Serradore Costa. Aperto per ore 8 ogni settimana decorrenti unitamente alle bocche superiori della Molina. Serve per ettari 9,58. Ha la portata di circa litri 100 al secondo. 7. Bocca Felice. È aperta per ore 70 continue in turno di giorni otto ed è destinata a bagnare una superficie di ettari 74,55. Essa diede una portata di litri 43. 8. Bocca Scanalocco. Continuamente aperta, viene distribuita in turno di giorni otto sopra un’estensione di ettari 140,33. La sua portata risultò di litri 57.

9. Bocca Antoniola. È aperta per ore 28 in ruota di giorni otto (dopo chiusa la Bocca Felice) e serve ettari 8,90. Con portata (metà Molina) di litri 55. 10. Bocca Tremiselvi. Scorre per ore103 continue in ruota di giorni otto (dopo chiusa la Bocca Antoniola) e serve per ettari 50,77. La sua portata risultò di litri 47. 11. Serradore Dossi. È aperto per ore 98 in ruota di giorni otto da distribuire sopra ettari 91,70. La sua portata venne calcolata in litri 64. 12. Bocchetta Gorna. Defluisce dopo ore 29 in ruota di giorni otto ed irriga ettari 24,72, con portata, come la precedente di litri 64. 13. Roggia Serioletta. Ha portata continua con turni di giorni sette di cui tre e mezzo soggetti a tassa e gli altri esenti (salva limitazione di portata in relazione all’originaria concessione). L’orario si svolge in parte a bocca-intera (ore doppie) ed in parte a metà bocca (ore semplici decorrenti in due serie simultanee). La prima ora del turno poi, viene parificata ad ore sette paganti, ed assegnata contemporaneamente ad orti nell’interno dell’abitato. L’irrigazione contribuente si estende a ettari 13,35. La portata del cavo risulta di litri 326. 172


Uscita del Sifone sotto la Seriolazza prima e strada per Ghedi poi - Cascina Scovola. A sinistra: deviatori per l’irrigazione a mattina della Cascina Scovola Onizzetto Vecchio.

B - Roggia Naviglio Avvertesi che la portata della Roggia Naviglio e quindi, quella delle bocche derivate (S. Gervasa, Nicla, Nicletta, Cicogna) ed anche il Bocchetto Miaro, tributario della Pozzola o Salvasecca, viene per due giorni ogni settimana diminuita di tutto il corpo d’acqua scorrente nel ramo principale del Naviglio al manufatto Conforti e che, perciò, le portate singole esposte in seguito, vennero proporzionalmente ridotte di 2/7 della detta portata del ramo Naviglio. 1. Bocca S. Gervasa. Ha flusso perenne ed è regolata in turno di otto giorni distribuendosi sopra una superficie di ettari 119,29. Il volume dell’acqua in essa scorrente, come sopra ridotto, risulta di litri 106 al minuto secondo. 2. Bocca Nicla. Ha deflusso per ore 61 continue in ruota di giorni otto alternativamente con le seguenti Bocche Nicletta e Cicogna e va ad irrigare una superficie di ettari 3,67. La sua portata, ridotta come si è detto sopra, risulta di litri 177. 3. Bocca Nicletta. Ha deflusso per ore 21 in continuazione alle precedenti e serve all’irrigazione di ettari 13,53 con portata come la precedente, litri 177.

4. Bocca Cicogna. Funziona per oltre 101 ore per irrigare la superficie di ettari 101,25 con portata sempre di 177 litri. 5. Camponuovo o Rodello. È costituita dai coli della S. Gervasa, Nicla e Nicletta e serve ad irrigare la superficie di ettari 21,34. Per gli effetti della tassa, l’intero turno è parificato a ore 27 e la portata del cavo è, naturalmente, assai variabile. 6. Rassica. I coli del Naviglio servono ad irrigare alcuni orti, che contribuiscono in ragione di ore 5 normali. C - Roggia Benvenuta 1. Bocca Viganovo e Bocca Formola. Sono regolate in turno di giorni nove; ore 159 decorrono per la prima (Bocca Viganovo) e ore 57 per la seconda (Bocca Formola). Bocca Viganovo provvede ad irrigare ettari 81,15 e Bocca Formola, ettari 47,10. Entrambe hanno alimento dalla Bocca Oriolo, la cui portata risultò di litri 100. 2. Bocca Gambaresa. Oltre la sua competenza, data dal partitore della Benvenuta, questa bocca gode di un tributo di litri 61 dal nuovo cavo inferiore di bonifica. E poiché la portata, al partitore con l’Oriolo, risultò di 173


174


Palmipedi (nedròcc) nel fosso Seriolazza a nord della Cascina Scovola. Nella foto a sinistra: Seriolazza - Cascina Costa. Tratto finale in canalone prima dei compartitori.

litri 126, di cui metà viene erogata nella Gambaresa di S. Giovanna, restano dal cavo principale litri 63 che aggiunti i sopra detti litri 61 risulta la portata di Gambaresa di litri 124. E, tale portata, pare sia esuberante ai bisogni, perché essendo assai trascurata la manutenzione del cavo principale, il dì del rilievo l’ingegnere trovò che assai poca acqua scendeva in esso, a tutto vantaggio del concorrente cavo S. Giovanna. La Bocca Gambaresa scorre continuamente e si distribuisce all’utenza di ettari 50,22, in turno di giorni nove. D - Roggia Bassina 1. Bocca Bassina. Funziona per ore 80 in ruota di giorni sette e provvede ad irrigare ettari 71,34. La sua portata risultò di litri 55 ma, il dì del rilievo, cadeva nel turno di ore 60 settimanali durante il quale la roggia è impinguata dal Fontanello Ochi, che ha portata calcolata all’epoca dell’acquisto in litri 29. La portata della Bassina dovrà perciò ridursi in proporzione e risulterà di litri 45. 2. Bocca Bassinetta. Funziona per ore 88 dopo la chiusa della bocca precedente e irriga ettari 123,67, con portata normale come la precedente.

sera, cioè tolto il contributo dato alla Gambaresa, è di litri 173. In totale, con quel contributo, è di litri 234. F - Cavo superiore di bonifica La portata di questo cavo risultò di litri 87. Graduazione della tassa Salvo condizioni speciali che si espongono in seguito, volendo proporzionare la tassa sul volume d’acqua che effettivamente il Comune dà agli utenti delle singole rogge, si dovrà per ogni bocca trovare il rapporto fra la portata e la durata del turno espresso in ore. La tassa da applicarsi a ogni ora d’acqua, dovrà essere proporzionale a quel rapporto. Infatti un ora d’acqua tributa tanto maggior volume quanto maggiore è la portata della bocca; e quanto più breve è la durata del turno, tanto più frequente è la disponibilità dell’ora spettante ad un dato utente. Nella seguente tabella vengono pertanto riassunti i risultati delle misure eseguite ed espressi i rapporti di cui sopra. Tali rapporti, salvo eccezioni, rappresentano, date le attuali portate dei cavi irrigui, gli indici o gradi di utenza; moltiplicati per un coefficiente eguale per tutti, daranno il contributo perequato che l’ora di ogni singolo cavo deve corrispondere al Comune per affitto e per rifusione delle spese di manutenzione ecc. (tassa d’acqua).

E - Cavo inferiore di bonifica La portata di questo nel ramo volto a 175


Seriolazza - Habitat per la nidificazione di aironi cinerini.


TABELLA 1a n° Bocche

Portata in litri

Durata Rapporto turno portatain ore durata

A) Seriolazza Pavona Milzanella Striaga Onizzetto Bocchetto Costa Sorradore Costa Felice Scanalocco Antoniola Tremiselvi Sorrador Dossi Bocchetto Gorna Serioletta

276* 148 37 160 50 100 43 57* 37 47 64 64 326

192 168 192 168 168 168 192 192 192 192 192 192 168

1,437 0,881 0,193 0,952 0,927 0,595 0,223 0,296 0,193 0,244 0,333 0,333 1,940

B) Naviglio S. Gervasa Nicla Nicletta Cicogna Rodello Rassica

106 177 177 177 –– ––

192 192 192 192 192 192

0,552 0,922 0,922 0,922 0,922 0,922

C) Benvenuta 1 Viganovo 1/b Formola 2 Gambaresa

100 100 124

216 216 216

0,463 0,463 0,574

D) Bassina 1 Bassina 2 Bassinetta

45 45

168 168

0,268 0,268

E) Cavo inf. di Bonifica

173

216

0,801

F) Cavo sup. di Bonifica

87

216

0,403

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 1 2 3 4 5 6

Annotazioni

*216 pei fondi inferiori ai Molvici 1,124

*38 durante l’orario del Felice 0,197


In relazione agli “indici” sopra esposti, la tassa d’acqua dovrà essere graduata come alla seguente classificazione e, a cominciare dai cavi che godono, in un ora, maggior volume d’acqua. 1. Serioletta 2. Pavona (a monte fermata Molvici) 3. Pavona (a valle fermata Molvici) 4. Onizzetto e Bocchetto Costa 5. Cicogna, Nicla, Nicletta 6. Milzanella 7. Cavo inferiore di Bonifica 8. Sorradore Costa 9. Gambaresa, S. Gervasa 10. S. Gervasa 11. Viganovo e Formola 12. Cavo superiore di Bonifica 13. Bocchetta Gorna e Sorradore Dossi 14. Scanalocco (fuori da orario Felice) 15. Bassina e Bassinetta 16. Tremiselvi 17. Felice 18. Scanalocco (durante orario Felice) 19. Antoniola e Striaga Si devono però, per ragioni speciali, portare a tale graduatoria alcune modificazioni, rese necessarie dalle condizioni particolari di alcune bocche. Così, l’Onizzetto, che occupa nella graduatoria uno dei primi posti, deve essere spostato e collocato, per esempio, dopo la S. Gervasa, perché la sovrabbondanza d’acqua di cui gode, è la conseguenza di uno scambio d’acqua operato dal Comune che volle, con largo assegno, evitare eventuali lagni degli utenti. La sistemazione dell’irrigazione con tale cavo, non deve ritenersi definitiva perché potrà forse occorrere al Comune di sovvenire con parte dell’acqua della Bonifica Onizzetto, l’utenza poverissima della Striaga. La Gambaresa, dopo il sussidio datole dal Cavo inferiore di Bonifica, è abbondantemente dotata, così che, nella graduatoria va ad occupare il 9° posto. Ma è noto che l’irrigazione richiede un rigonfio notevole nel vaso principale, che induce una diminuzione di efflusso a danno dei fondi più elevati e a vantaggio della S. Giovanna, ove cadono i coli e dove defluisce la Gambaresa (ramo sinistro) di Pralboino, che ha la sua presa al partitore assai vicino all’utenza nostra. Parimenti, mentre risulta un notevole indice nel Bocchetto Costa, l’acqua effettivamente goduta dai fondi utenti è ben scarsa per le inevitabili perdite, che av-

vengono nella derivazione di un piccolissimo corpo d’acqua in un dugale a sponde in gran parte in posizione elevata. Si è detto sopra che, gli indici dati dalla tabella 1a, potranno servire di base all’applicazione della tassa graduale, quando si calcoli la tassa stessa moltiplicando quegli indici per un coefficiente fisso per tutti i cavi. Se si adottasse, per esempio, il coefficiente 10, si avrebbe, supponiamo: per la Serioletta la tassa di per la Pavona superiore ” per la Pavona inferiore ” per la Cicogna, Nicla e Nicletta ” per la Milzanella ” per la Bassina e Bassinetta ” per l’Antoniola e Striaga ”

L. 19,40 L. 14,37 L. 11,24 L. L. L. L.

9,22 8,81 2,68 1,98

Resta inteso che la tassa è riferibile alla Bocca intera, cioè alle ore doppie (dove il cavo si biparte) e che la tassa delle ore semplici, sarà la metà. Se si adottasse, invece del coefficiente 10 la costante 6, si otterrebbe: per la Serioletta la tassa di per la Pavona sup. ” per la Pavona inf. ” per la Cicogna, Nicla, Nicletta ” per la Milzanella ” per la Bassina e Bassinetta ” per l’Antoniola e Striaga ” ...e così di seguito ...

L. 11,64 L. 8,62 L. 6,74 L. L. L. L.

5,53 5,29 1,61 1,16

In pratica, gli importi di tassa potranno anche venire arrotondati; oppure ancora, il quadro graduatorio, potrà essere diviso in gruppi con applicazione, a ciascun gruppo di determinato canone decrescente nella scala dei gruppi stessi. 178

Cascina Bada di Sotto, guado nella Seriolazza. Nella foto a destra: Seriolazza - Cascina Scovola/Bada.



Dotazione delle singole utenze Più che l’esame degli orari stabiliti dall’uso secolare senza criteri esatti d’utilità generale ma dipendenti dai bisogni del momento, che andarono variando col variare, progredire e trasformarsi delle coltivazioni, importa l’esame della dotazione d’acque irrigue alle diverse zone, in relazione alla portata effettiva dei cavi ed all’estensione dei terreni a cui detta portata deve provvedere. La distribuzione delle acque comunali di Leno fra terreni irrigui del territorio è quanto di più irregolare e talvolta di più assurdo si possa verificare nella pratica, a scapito della vera economia dell’irrigazione di questo inestimabile beneficio della moderna agricoltura. Non è raro il caso di assegni d’acqua superiore agli ordinari bisogni, mentre è frequentissimo il caso di insopportabile deficienza così che, una gran parte di terreni del territorio, sono soltanto nominalmente irrigui. Ed effettivamente, nei tempi di magra, quando cioè maggiormente si risentirebbe il vantaggio dell’irrigazione, questa viene a mancare per la scarsa portata dei cavi irrigui. Nella seguente tabella 2a vengono riassunte le portate verificate nei singoli cavi e confrontate con l’estensione della rispettiva utenza e, deducendo la portata unitaria in litri per ogni utenza, supposta la portata continua. La dotazione di acqua continua dei terreni irrigui coi cavi di proprietà comunale varia dunque da un massimo di litri 2,469 (Bocca Gambaresa) ad un minimo di litri 0,190 (Bocca Bassinetta); e volendo classificare le diverse bocche in relazione a tale dotazione si otterrebbe la seguente graduatoria: 1. Gambaresa 2. Onizzetto 3. Serioletta 4. Nicletta 5. Nicla 6. Pavona (sopra fermata Molvici) 7. Cicogna 8. Viganovo 9. S. Gervasa 10. Pavona (sotto fermata Molvici) 11. Bocchetto Costa 12. Antoniola 13. Sorradore Costa 14. Milzanella 15. Formola

L’alveo espanso della Seriolazza a nord della Cascina Scovola.

180


181


TABELLA 2a n° Bocche

Durata turno giorni

Portata in litri

Superficie utenza E.a

Portata per ettaro

A) Seriolazza 1 Pavona

8

276*

290,34

0,954

2 3 4 5 6 7 8

Milzanella Striaga Onizzetto Bocchetto Costa Soradore Costa Felice Scanalocco

7 8 7 7 7 8 8

148 37 160 50 100 43 57*

125,12 106,54 81,45 8,00 9,58 74,55 140,33

0,591 0,357 1,964 0,632 0,499 0,210 0,413

9 10 11 12 13

Antoniola Tremiselvi Sorador Dossi Bocchetto Gorna Serioletta

8 8 8 8 7

8,90 50,77 91,70 24,72 113,35

0,605 0,495 0,355 0,390 1,437

1 2 3 4 5 6

B) Naviglio S. Gervasa Nicla Nicletta Cicogna Rodello Rassica

C) Benvenuta 1 Viganovo 1/b Formola 2 Gambaresa

D) Bassina 1 Bassina 2 Bassinetta

8 8 8 8 8 8

9 9 9

7 7

37 47 64 64 326 Sommano E.a 106 177 177 177 – – – – Sommano E.a 100 100 124 Sommano E.a

Annotazioni

*216 pei fondi inferiori ai Molvici con indice 0,744 Metà sola del turno Per 17/168 dell’orario Per 8/168 dell’orario Per 70/192 dell’orario L.i 38 durante l’orario del Felice con indice 0,271 Per 28/192 del turno Per 103/192 del turno Per 98/192 del turno Per 29/192 del turno Per metà orario

1.125,35 119,29 43,67 13,53 101,25 21,34 – –

0,888 1,287 1,430 0,919 – – – –

Per 61/192 del turno Per 21/192 del turno Per 101/192 del turno

299,08 81,15 47,10 50,22

0,907 0,560 2,469

Per 159/216 del turno Per 57/216 del turno

0,300 0,190

Per 80/168 del turno Per 88/168 del turno

178,47

45 45 Sommano E.a

71,34 123,67 195,01

E) Cavo inf. di Bonifica

9

173

– –

– –

F) Cavo sup. di Bonifica

9

87

– –

– –


Scaricatore dello Scanalocco si getta con le sue acque nel canale Santa Giovanna, localitĂ Cava Ceresa.


16. Tremiselvi 17. Scanalocco (fuori orario Felice) 18. Bocchetto Gorna 19. Striaga 20. Soradore Dossi 21. Bassina 22. Scanalocco (durante orario Felice) 23. Felice 24. Bassinetta Il sovra esposto quadro dà indirizzo esatto della relativa ricchezza o povertà di ogni utenza. È da ritenersi che, per provvedere convenientemente all’irrigazione dei terreni di Leno, occorra almeno, la portata continua di litri 0,80 per ogni ettaro. Secondo tale criterio avrebbero dotazione esuberante o sufficiente ai bisogni le sovra indicate bocche dal n° 1 al n° 9; sarebbero deficienti tutte le altre. Fra le più povere, oltre la Bassina, sono tutte le diramazioni della Seriolazza dopo l’erogazione del Lavaculo. Ciò non è una novità, ma il calcolo conferma pienamente la previsione; mentre non conferma la credenza della povertà delle utenze del Naviglio, per le quali non nella mancanza d’acqua, ma in qualche al-

tra irregolarità di distribuzione, deve ricercarsi la ragione del disagio. Si crede che i lagni dipendano dalla mancanza d’acqua, che effettivamente si verifica ogni settimana quando viene chiuso il manufatto Conforti, mancanza che viene patita da tutti gli utenti perché, il loro turno è su 8 invece che su sette giorni. Né molto floride risultano le condizioni della Roggia Milzanella e della Pavona inferiore, contrariamente alla generale convinzione. Proposte di maggioramenti Da quanto sopra è spontanea la conseguenza che, essendo proposito dell’Amministrazione di portare miglioramenti al servizio d’irrigazione, essa dovrà dare la precedenza ai Cavi che risultano più in basso nella scala sovra esposta. La sistemazione ideale di tutti i cavi dovrebbe tendere a livellarne le condizioni, in modo da tagliare a chi ha troppo per darne a chi ha poco, completando con nuove sorgenti la dotazione d’acqua necessaria al complesso dei terreni irrigui, estendendo altresì il beneficio al184

Seriolazza - Biforcazione in ramo secondario irrigatori verso la Bocca 40 Piò (ex Lavaculo).


le zone oggidì asciutte completamente. Ma praticamente, tale grandioso concetto, si logorerebbe contro difficoltà insormontabili dipendenti dalla lunga consuetudine, la quale può avere legata la libertà nel Comune di rimaneggiare l’assegno delle proprie acque. E perciò sarà d’uopo limitarsi a parziali modificazioni, da concretarsi man mano, senza urtare contro opposizioni deliberate, mettendo in opera ogni mezzo per dimostrare e fare accettare l’utilità delle riforme proposte. Sarà, poi, primo dovere dell’amministrazione quello di rivendicare i diritti del Comune manomessi da terzi e risparmiare tutte le acque che, trascurata negligenza o per ingiustificata tolleranza, vennero finora indebitamente godute da chi non ne ha ragione. A tale proposito si deve accennare che gli orari esenti da canone sulle rogge Serioletta e Milzanella sono relativi a portate determinate dagli originari atti di concessione; portate sensibilmente inferiori alle attuali. Sarebbe pertanto utile studiare se le acque che in tal modo il Comune potesse risparmiare hanno opportunità di venire dirette ad impinguare vasi poveri (Molina, Bassina) o ad irrigare terreni oggi asciutti. E sarebbe anche utile vedere se, a tale scopo, potessero venire volte le acque che avanzano alla Gambaresa, all’Oriolo ecc., dopo l’introduzione del cavo inferiore e che ora cadono, inutilmente per il Comune, nella Roggia S. Giovanna. L’estrema povertà della Bocca Striaga potrebbe venire sovvenuta con l’acqua sovrabbondante del Cavo di Bonifica Onizzetto, sottraendo parte dell’utenza di Striaga per irrigarla con quest’ultimo cavo. Il disagio delle utenze inferiori della Roggia Seriolazza dipende, prima di tutto, dalla debolezza delle portate delle singole bocche, per cui richiedonsi urgenti operazioni per aumentare il volume d’acqua dell’arteria principale e quindi, la necessità di spingere alacremente le ventilate convenzioni coi sig. De Giuli e col sig. Nassa e di riprendere lo studio di sistemazione dell’Oriolo Torto o di altro nuovo cavo d’impinguamento. Ma il disagio stesso dipende anche dall’eccessivo frazionamento delle portate, per cui si dà origine ad una quantità di piccole condotte soggette a perdite sproporzionatamente maggiori di quelle cui soggiacciono le condotte di

corsi considerevoli. A detta dell’ingegnere, si reputa perciò che converrebbe studiare l’aggregazione delle utenze inferiori alla Costa in un unico organismo, tenendo unito tutto il corpo della Molina e distribuendo nelle proporzioni d’orario unico corrispondenti alle competenze attuali o, meglio ancora, in ragione della superficie dei terreni da bagnare. Verificandosi tale fatto, si assegnerebbe, in un determinato turno (p.e. di giorni 10) tutta la Molina prima del Felice, poi allo Scanalocco, poi all’Antoniola, al Tremiselvi, al bocchetto Gorna e al Sorradore Dossi. Un prolungamento di turno di irrigazione sarebbe poi utilissimo a tutte le utenze. L’irrigazione ogni sette o otto giorni infatti, non corrisponde affatto ai moderni metodi di coltura e, la ruota alternata che si porta a 14 o 16 giorni, è troppo lunga per le coltivazioni foraggiere. Sarebbe conveniente un turno da 10 a 12 giorni. In tal modo anche avuto riguardo anche alle attuali competenze; oltre procurare la possibilità di irrigare sufficientemente sia pure ad intervallo un po’ più lungo, mentre ora si irriga dai più, stentatamente quantunque più di frequente si renderebbero disponibili certamente alcune esuberanze che potrebbero, con profitto, venire assegnate ai fondi più poveri o a quelli asciutti, con vantaggio anche dell’erario comunale. Tutte queste che si intitolano proposte non sono naturalmente che idee nude che hanno, in caso di adozione, d’uopo di studio diligente e di perseverante e consapevole attività nell’amministrazione per superare le immancabili opposizioni alle novità. Vastissimo è, pertanto, il programma e, l’amministrazione deve applicarvisi come al più importante interesse non solo dell’erario ma dell’intero paese1.

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Relazione a stampa dell’ing. E. Lazzari, datata Leno 2 dicembre 1910. (Archivio privato Luigi Cirimbelli).


L’adacquarolo Renato Spinelli nel 1994 mentre opera nel Vaso Rino Inferiore (foto di Renato Spinelli).


Capitolo tredicesimo Il camparo d’acqua



L’adacquarolo veniva scelto fra i contadini più seri ed autorevoli; si impegnavano per contratto ad evitare sbornie, poiché, se fosse sembrato anche solo un poco alterato dal vino, avrebbe potuto essere immediatamente privato delle sue funzioni e ridotto a semplice bifolco. L’adacquarolo riceve sia in denaro che in derrate qualche cosa più dei bifolchi; ovvero, se ha l’egual corrispettivo viene pagato per ogni notte di sorveglianza per l’irrigazione con una mercede pari alla giornata dei braccianti1.

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B. Benedini, Usi e costumi dei contadini bresciani nell’Ottocento. Stampa anastatica, F. Sardini, 1976, pp. 157/158.


Il camparo d’acqua o adacquarolo In un documento in copia del 1647 contenente le “consuetudini” e i privilegi della comunità, ricaviamo che essa era retta da un arengo, da un consiglio o consolato, formato da dodici consoli, che eleggeva i funzionari comunali che erano un notaio cancelliere, i massari, il nunzio, il campanaro ed orologiaio, il pesatore dei grani, l’estimatore dei danni, cinque campari, a cui se ne aggiungevano altri cinque in tempo di vendemmia, il pesatore delle vettovaglie e del pane, tre sindaci, “incaricati del resoconto col massaro”, tre deputati sopra le differenze dei confini, l’adacquarolo, il maestro, il medico, il barbiere o chirurgo (Casnighi 1860). Il camparo era il guardiano dei corsi d’acqua, sovrintendeva alla manutenzione del canale e alla distribuzione dell’acqua nelle varie aziende. Generalmente era un bracciante incaricato a sovrintendere il lavoro complessivo dei campi e dell’intera rete d’irrigazione. L’acqua, infatti, era soggetta a controllo per evitare ruberie o abusi, e tramite la ruota ogni proprietario riceveva l’acqua di cui aveva bisogno per un periodo concordato ogni giorno, attraverso un sistema di paratoie che si aprivano o chiudevano secondo turni prestabiliti. Tra le categorie dei dipendenti delle aziende agricole, quella dell’adacquarolo, forse, gode di un privilegio: lavorare in armonia con la natura. Un lavoro duro, sempre all’aria aperta e soggetto alle intemperie, al forte caldo oppure al freddo. E inizia nel formare “l’anvasada”, poi l’adacquarolo ritorna al suo campo e dal dugale principale apre bocchette per irrigare il prato, ne pratica altre e più numerose per irrigare il mais, chiude alcune falle con piccoli argini (cöte) per convogliare l’acqua in tutti i canaletti tra le file del granoturco... e la sete delle piante si estingue. Poi c’è il ritorno verso la cascina, in famiglia, per la notte, E al mattino presto pronti per una nuova giornata: arriva il capouomini che passa di casa in casa e con la lunga pertica picchia su ogni anta decrepita svegliando il salariato per la giornata di lavoro che lo attende. Trascorsa l’estate il lavoro dell’adacquarolo ricomincia dall’ottobre in poi per la preparazione dei campi destinati a marcita. Iniziano i consueti preparativi: si prende cura affinché l’acqua trabocchi dal canale principale e si espanda nel

prato mediante solchi (candele), e la luce lunare fa’ brillare lo scorrere delle acque sulle verdi distese d’erba. Una poesia i colori dell’autunno: dal verde delle marcite al giallo delle foglie di betulla, della quercia il bianco macchiato dei tronchi d’albero e le gocce iridescenti che cadono dall’estremità dei rami spogli, dal tenue colore della corolla del cardo ai fiori selvatici che sembrano in attesa di posare per gli artisti. Iniziano le piogge che ingrossano fossi e rogge, il vento fa scrollare le ultime foglie morte che si ammucchiano lungo la capezzagna e i dugali. Gelsi spogli, i platani sono tronchi solitari avvolti dalla nebbia e dall’edera tenacemente aggrappata, stocchi di mais coprono campi deserti, la terra è nuda, è triste in attesa che l’aratro la faccia rivivere per accogliere le sementi che marciranno per generare nuove vite e nuovi frutti. È già dicembre, i primi fiocchi di neve cadono silenziosi. La neve copre ogni cosa e come un candido piumone protegge le piantine di grano in attesa che la luce del sole dia forma alle spighe che daranno pane. 190

Sgürà i dugali È tradizione coltivare un filare di saggina o melica, dalla cui cima privata dai semi si ottengono le comuni granate (sgàrnere) per spazzare e i granatini utili in cucina (smarsaröl). Ancor prima della stagione delle irrigazioni si pulivano (sgürà) dalle erbacce i canali irrigui o dugali, i fossi, e si procedeva alla manutenzione delle paratoie o chiaviche e delle griglie.


Tipico atteggiamento del daquaröl che osserva le bocche di spargimento.

Una giornata nella natura Proviamo allora a descrivere una giornata tipo di un adacquarolo, e proviamo a raccontare un incanto, una meraviglia, e tutto quanto è una preghiera al Creato, perché è quanto circonda l’adacquarolo nel suo lavoro. Andiamo... addentrandoci soprattutto nella natura che circonda in un abbraccio l’adacquarolo. Lo vediamo all’ombra d’oro del gelso, a godersi la leggera brezza che accarezzando i fiori si rende profumata, mentre sulle cime degli alti pioppi si ode il vento scuotere rami e foglie. Non è solo: cutrettole e ballerine saltellano tra le zolle del campo arato in cerca di insetti; nel guado del fontanile, un via-vai di uccelletti svolazzano sull’acqua, dagli alberi si ode l’intenso frinire delle cicale, non mancano farfalle, maggiolini, le utili coccinelle, le moscardine dal caratteristico odore, vespe e calabroni, il cervo volante, i tafani, succhiatori di sangue animale, grillotalpe e scorpioni, le piacevoli libellule e sciami d’api in cerca di nettare. Dalla larga piana di spighe dorate dal sole, macchiata qua e là dal ros-

so dei papaveri e dall’indesiderabile veccia, si ode il canto della quaglia, mentre, dal suolo dove vive, l’allodola, sollevandosi in volo verso il cielo a grande altezza, fino a scomparire alla vista, fa ancora sentire il suo canto. Stormi di tortore e di colombi gorgogliando vanno in cerca di semi, more ed altri frutti; nel campo vicino il lieto garrire delle rondini in volo radente sul prato falciato di fresco per la fienagione. Anche la poiana, in alto, con volo lento, attende la sua preda. A sera, nel silenzio che riempie il cuore Mentre scende lentamente la sera, a ponente il cielo si tinge di rosa, la lepre dal suo covo corre sul terreno, e lucertole e ramarri cercano un nascondiglio. Appaiono le lucciole con i loro puntini luminosi ed intermittenti, e il canto dei grilli si diffonde ovunque. Al limite della capezzagna resiste uno specchio d’acqua stagnante che dà vita a minuscoli esseri acquatici, dai girini ai ragnetti d’acqua, alle gracidanti raganelle e, nel vicino canneto la gallinella d’acqua fa senti191


La campana per orologio Il lavoro dell’adacquarolo, subordinato agli orari imposti dai turni della ruota, di giorno o di notte, era cadenzato da un “tempo” che ognuno non aveva lì per lì da controllare. Nessun contadino, infatti, possedeva un orologio e pertanto attendevano il rintocco della campana per il levare o abbassare le paratoie. Ecco, allora, una semplice e significativa richiesta rivolta al Comune da parte di alcuni possidenti locali di Castelletto.

re la sua presenza. E’ l’ora dei rapaci notturni che si staccano dagli alberi e si lanciano in cerca di prede: ecco il falchetto, l’allocco e la civetta con i suoi gridi monotoni ed aspri, mentre con voce stridula ed acuta si rincorrono i pipistrelli. L’adacquarolo si concede una breve sosta; appende ad un ramo la lucerna a petrolio, illuminando le fronde abbracciate dai fili di seta della ragnatela a raggiera lasciata dal suo abilissimo costruttore, affonda il badile nel terreno, appoggia il mento sul dorso della mano sulla cima del manico, gira e rigira tra le labbra il mozzicone di sigaro. Ora si ritrova solo. La solitudine si spezza solo con il canto armonioso dell’usignolo, ricco di suoni modulati che riempie di dolcezza il cielo e la campagna, mentre i rumori e le luci del paese sono lontani. È notte! L’aria si fa pungente, ma è limpida, e la campagna colma di silenzio si addormenta. Anche il vento riposa e la quiete avanza. Il cielo si accende di un azzurro intenso, illuminato dallo scintillio delle stelle e dispiega i suoi tesori più luminosi: Sirius, Rigel, Vega, Spica, Arcturus, ... Uno sterminato numero, dalla remota lontananza, che danno lo stupore e il tormento dell’immensità e, fra tutte queste bellezze eterne, la Via Lattea appare come una superba fascia luminosa, una sconfinata aiuola di ammassi stellari, di regioni scure e brillanti che cinge il cielo. È il prodigio della notte. L’adacquaro-

Nella foto: chiesa campestre dei Santi Nazaro e Celso in contrada dei Ronchi.

“Onorevole Giunta Municipale-Leno, i sottoscritti terrieri possidenti al Castelletto fanno istanza a codesta On. Rappresentanza onde ottenere che nel trasferimento dell’orologio Comunale dalla vecchia alla nuova torre sia dato ordine al meccanico che faccia un riparino all’orologio in maniera che batti la 1/2 ora dopo le ore necessarie per l’orario dell’irrigazione dei propri fondi che fanno uso dell’acqua Comunale aventi nel scomparto parecchie 1/2 ore. Certi del buon esito le anticipiamo i più sentiti ringraziamenti”. Castelletto di Leno, 12-X-1886. Calestani Andrea, Zucca Battista, Mondini Faustino, Piubeni Antonio, Gabrieli Giuseppe, Piubeni Angelo, Mainetti Battista. lo ammira il firmamento; una meteora si stacca dalla volta celeste quasi a rigarla e la sua parabola è talmente rapida che il nostro spettatore non riesce a formulare un desiderio per il proprio destino. Questo figlio dei campi dal viso scarno, con rughe sulla fronte e dalle mani incallite, è sereno nell’animo e si abbandona come in un richiamo delle stelle, a riflettere, ad attingere da esse pensieri e a riconoscere la propria fragilità di uomo nell’immenso, ed è questa la vera immagine notturna: sono i raggi delle luci che gli brillano dentro, nell’animo. La notte è trascorsa, lunga e sofferta; tutte le stelle che s’erano accese sul suo capo, perdono a poco a poco il loro fulgore, si spengono una ad una ed in questo tardo autunno appare ad oriente Venere, splendore del mattino, mentre il suono della campana intona l’Ave e diffonde il profumo del nuovo giorno. 192

20 lire al piò Nell’art. 36 del Patto Colonico a salariato fisso della provincia di Brescia, 1920-21, si legge che: “...nelle aziende irrigue all’adacquarolo verrà dato un compenso annuo di lire 20 al piò, per i primi cento piò effettivamente irrigati, per qualunque numero di irrigazioni fatte durante l’anno, oltre i 100 piò, salvo accordi speciali”. E si annota che per il servizio di marcentazione verranno forniti gli stivali.


Un Regolamento per gli adacquaroli Gli adacquaroli erano sottoposti ad un Regolamento speciale approvato dalla Giunta comunale e da una commissione sulle acque. Nel 1903 il Regolamento da osservarsi dagli adacquaroli del Comune di Leno era il seguente:

Il controllo dei vasi comunali È del 1909, invece, il resoconto che pubblichiamo di una seduta della Commissione sulla sistemazione dei vasi comunali. Seduta del 26 settembre 1909, presenti i signori: Gobbi Pietro assessore delegato. Venturelli Andrea, Baroschi Enrico, Turrini Alessandro, Zerbio Giuseppe. La Commissione così composta ad unanimità di voti stabilisce anzitutto che l’assessore delegato a rappresentare il Comune sia il proprio presidente col diritto però col voto soltanto quando la Commissione stessa si trovi riunita in numero pari di membri essendo il compito del presidente limitato solo alla direzione delle sedute. Poi statuisce la massima che ogni seduta per essere valida necessita l’intervento di almeno tre membri senza tener conto dell’assessore delegato. L’invito alle sedute deve essere notificato al domicilio d’ogni membro cinque giorni prima ed il Commissario in caso d’impedimento dovrà preannunziare alla presidenza l’assenza ventiquattro ore prima della seduta. La Commissione avrà la sua sede presso il Municipio. A segretario la Commissione nomina ad unanimità di voti il Segretario comunale sig. Giovanardi Giovanni. La Commissione compresa del proprio compito che è sol quello di migliorare i vasi comunali delibera di iniziare le proprie operazioni indicando fin d’ora un sopraluogo che si verificherà alle ore nove del giorno sette del prossimo mese di ottobre nella località designata Gandine di Sotto, in tenere di Ghedi. Fatto, letto e sottoscritto La Commissione (seguono le firme)

Art. 1. Gli adacquaroli sono nominati dalla Giunta Municipale e durano in carica tre anni. Art. 2. Fra gli adacquaroli vi è un capo per nomina distinto con l’annuo salario di £ 250, e gli altri percepiscono il salario annuo di £ 120 ciascuno. Art. 3. Gli adacquaroli devono obbedire agli ordini del loro capo, il quale userà della loro opera a se- Vaso Cucca. conda dei bisogni che si presenteranno per la custodia dei vasi comunali ed uso delle acque, concorso dei lavori da praticarsi ai medesimi e curazioni ordinarie e straordinarie, nel qual caso avranno diritto al pagamento della giornata in cent. 25 più degli altri giornalieri; inoltre dovranno riferire al medesimo circa le novità che riscontrassero sui vasi comunali. Art. 4. Il capo adacquarolo riferirà alla Giunta Municipale sopra ogni mancanza che potesse dai suoi subordinati essere commessa. Art. 5. Gli adacquaroli ricevono in consegna le paratoie che il Comune mette alle sue chiaviche, le chiavi delle serrature ed i lucchetti che servono alle stesse, ed è loro formalmente proibito di affidare chiavi o lucchetti a chicchessia, dovendo essi personalmente recarsi in posto a levare e chiudere le paratoie ogni qualvolta sia necessario. Art. 6. Il capo adacquarolo, od un suo incaricato, in caso d’inadempimento dovrà presentarsi tutte le domeniche in Ufficio Comunale e rimanervi a disposizione del Sindaco e della Giunta Municipale a cui riferirà circa l’andamento del servizio delle acque comunali. Art. 7. Il capo adacquarolo nel tempo estivo dovrà fare almeno tre volte alla settimana la visita a tutti i vasi comunali sino alle loro origini, nel tempo jemale tale visita basterà sia fatta una sola volta alla settimana riferendo alla Giunta sopra ogni inconveniente riscontrato. In caso di malattia del capo adacquarolo tale servizio dovrà essere fatto gratuitamente per turno giornaliero o settimanale dagli altri adacquaroli; ed il capo adacquarolo pure gratuitamente dovrà sostituire nel servizio gli altri adacquaroli in caso di loro malattia. Art. 8. Il capo adacquarolo riceverà ed eseguirà gli ordini che gli verranno impartiti. Art. 9. Le mancanze commesse dagli adacquaroli sono accertate e punite dalla Giunta. 1° coll’ammonizione, 2° colla sospensione di un mese di salario, 3° col licenziamento. (Leno, 1 settembre 1903. La Giunta Municipale: Gatti - Venturelli - De Giuli - Buzzi - Lanti)2.

Nel 1925 la Commissione delle Acque Comunali è così composta: Fiori Andrea, sindaco; Mazzini Bortolo, membro; Smussi Battista, membro; Prandini Enrico, membro; Marangoni Achille, ing. Comunale. Nel 1934, con delibera del 2 febbraio si confermano gli adacquaroli sottoelencati: Coglio Stefano, capo adacquarolo; Ghidotti Battista che subentra a Zappa Giuseppe, Pietta Angelo, Coglio Battista che subentrerà a Coglio Stefano. Mentre negli anni Cinquanta: Quinzanini Giovanni, Smussi Tomasoni Erminio, Cavalli Domenico, Piovani Mario, Coglio Battista, Turrini Giovanni. Nel 1978 troviamo: Pennati Emilio, Losio Luigi, Ferrari Antonio, Ferrante Giovanni. Fino alla costituzione dell’attuale Consorzio: Massa Luciano, Spinelli Renato, Pintossi Angelo, Manerba Giordano. Regolamento di manutenzione e sorveglianza acque, 1901-1934, ASC Leno, Parte antica, Sezione sec. XX, b. 22/8. 3 Manutenzione e sorveglianza acque, ASC Leno, Parte antica, Sezione sec. XX, b. 22/2. 2

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Biancospino sul Naviglio.

Una nuova stagione per l’adacquarolo Certo qualcosa è cambiato ed oggi il paesaggio agrario non è più quello di una volta: i terreni non sono più aridi, né coperti di acque stagnanti, la campagna è verdeggiante con filari di gelsi che delimitano i campi coltivati e, lungo le seriole irrigatorie troviamo platani, ontani, pioppi, robinie, salici, ceppaie di vimini, di gelsi selvatici, boschetti di sambuco, mentre le ripe sono ricoperte di diverse specie di vegetazione spontanea; dal vischio all’edera, all’ortica, alla malva medicamentosa, all’acetosella, alla limoncella, la festuca e il giacintino, il giaggiolo, le aiole di camomilla e altre varietà di fiori selvatici come la viola, il geranio, la genziana e la saponaria. L’opera d’un tempo del nostro adacquarolo è cambiata. È stata in gran parte sostituita dalla tecnologia, da macchine che con violenza penetrano nelle falde idriche del sottosuolo appropriandosi dell’acqua per irrigare. Il progresso ha toccato inevitabilmente non solo gli insediamenti industriali, ma anche l’agricoltura e l’utilizzo di prodotti chimici. Il risultato, spesso, è quello di lottare contro agenti inquinanti, di verificare cave di ghiaia abbandonate, discariche abusive, serbatoi di rifiuti a cielo aperto, ricettacoli di sporcizia, di topi di ogni genere. È l’inquinamento che avanza anche in quei “paradisi” della natura in cui ci siamo appena addentrati. L’eccessivo sfruttamento delle risorse idriche e quello delle terre coltivate per aumentare la produttività è un problema che la storia non ha del tutto risolto, se già nel Medioevo se ne parlava. Questo processo evolutivo ha rotto qualcosa, la mano dell’uomo ha modellato completamente il paesaggio agrario, ha fatto scomparire tante cose mirabili che lui stesso si era costruito, ma l’ingiuria del tempo e soprattutto degli uomini non riuscirà mai a cancellare del tutto la magnificenza del Creato.

Preparazione per la prossima irrigazione. 194


Un patrimonio da difendere Sono preoccupanti i segnali di degrado, e le cause sono molte. Soprattutto l’inquinamento, le bonifiche senza un piano concordato e congegnato, la siccità provocata dall’abbassamento delle falde idriche, la distruzione delle boscaglie e dei saliceti perialveali. Ma se gran parte dei biotopi si sono alterati nel tempo ed alcuni addirittura distrutti, questo deve solo portare a una riflessione e a un recupero di quanto si rischia di perdere definitivamente. Occorre, subito, una inversione di tendenza per difendere un patrimonio di tutti, che appartiene all’umanità e che ci consentirà di vivere.

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Rino - Fondale asciutto, a destra si intravvede in parallelo il Capirolo.


Capitolo quattordicesimo Relazione tecnica sul progetto di massima delle opere immediate che intende ottenere il “Consorzio speciale di esecuzione delle opere di bonifica Agro bresciano fra Mella e Chiese�.


La situazione nel 1925 Con R.D. 20 gennaio 1925 fu costituito il Consorzio Speciale di bonifica “Agro Bresciano fra Mella e Chiese”. Dal Progetto di Massima compilato dall’ing. Achille Marangoni (biografia a lato) stralciamo alcuni brani riguardanti le notizie generali e le opere da eseguirsi nel nostro territorio. “Il comprensorio di bonifica dell’Agro Bresciano aveva una estensione di ettari 1.609.64 non era una zona paludosa di terreni paludosi e pressoché incolti e sterili, come comunemente avviene, ma è una vasta zona di terreni che aveva già da tempo subito ad opera dei privati proprietari una parziale bonifica resa coltivabile e solo in parte da bonificare, sia che bonifica s’intenda di prosciugamento con colatori emungenti, sia che s’intenda nel senso più lato di dotare di acqua d’irrigazione terreni asciutti ed assai scarsamente irrigati. Nel nostro caso perciò il comprensorio è già intersecato da una fitta rete di colatori e fontanili che sfruttano la falda idrica ristagnante nel sottosuolo od affiorante a breve profondità, solo che, colatori e fontanili, per essere creati dai singoli privati proprietari per i loro terreni, in vari terreni, in vari tempi, ed in modi differenti, e per non essere perciò collegati da nessun Progetto Generale informatore delle opere, sono riusciti un sistema slegato, quasi sempre insufficiente ai bisogni delle varie zone da bonificare ed irrigare. Perciò si trovano nel comprensorio grandi sperequazioni nella distribuzione dell’acqua da irrigare che il comprensorio stesso può fornire, mentre parecchie zone di terreno sono ricchissime e sovrabbondanti di acqua d’irrigazione, altre magari vicine e sottostanti ne sono scarsissime o del tutto prive. Né ormai è impossibile ai singoli proprietari fare nuove opere più complete nelle zone in certo qual modo usucapite dai primi privati senza incappare irrimediabilmente in cause giudiziali costosissime ed eterne che finiscono per logorare uomini e danaro senza dare alcun frutto tangibile. Nel progetto di massima il territorio del Comprensorio di bonifica venne suddiviso in sei zone, a noi interessano le prime due, cioè Porzano con una superficie di Ea 915.79.12, la seconda, Leno superficie Ea 538.09.21, Milzanello Ea 309.75.50”.

“Per la irrigazione e la distribuzione delle acque ad orario, si è calcolata la quantità d’acqua da assegnarsi per ettaro, e la durata del turno, tenendo ben presente la natura del sottosuolo dei terreni da irrigarsi, in quanto ché essi, se sono compatti, abbisognano di minor quantità di acqua per ettaro, mentre se sono ghiaiosi-sabbiosi e assai permeabili occorre assegnare un maggior quantitativo e stabilire un turno più breve. Così tenendo per base il turno di irrigazione di giorni 10 e !/2, a terreni compatti noi abbiamo assegnato circa litri 1 !/2 continui al secondo per ettaro, mentre, per i terreni sabbiosi, siamo saliti a litri 2, riducendo il turno a otto giorni”. Descrizione sommaria dei vari bacini, sistemi e cavi di bonifica Bacino 1° (Colore rosso cartina a pag. 207) Esso comprende parte dei territori dei Comuni di Bagnolo Mella, Porzano, Leno, Milzanello e Manerbio; è dell’estensione di circa Ea. 3.740.20.07 ed ha la sua fisionomia speciale così conformata: Abbiamo a monte una vasta zona di terreno ancora paludosa da prosciugare e bonificare, mentre a valle vi è una vasta zona di terreno in parte già bonificata ed in buona parte asciutta od assai scarsa di acqua di irrigazione. Nella parte alta e verso sera noi troviamo già esistente un colatore naturale, tortuoso e poco profondo, denominato “Molone”, che serve assai insufficientemente al suo scopo, e che dà acque a varie riprese, a rogge che vanno ad irrigare parte della zona centrale e di sud del bacino, ma in modo del tutto scarso ed incompleto. Vi è poi quasi al centro del bacino, per naturale configurazione del terreno, un avvallamento ancora paludoso da prosciugare che si estende dalla parte più alta del Comprensorio nei pressi di Bagnolo Mella, fino contro alla comunale Leno-Manerbio. Servono poi alla irrigazione della zona sud-orientale del bacino, sempre in modo alquanto incompleto, alcuni vasi di proprietà del Comune di Leno, quali la Pavona e la Milzanella, che traggono le loro origini nel bacino 2° che andremo a descrivere. Il nostro compito perciò di studio si è subito fissato e delineato, e cioè sistemare il colatore naturale Molone già esistente, a varie tratte, prendendo per 198

Marangoni Achille (Visano, 29 dicembre 1880 - † Brescia, 2 dicembre 1945), di Giuseppe e di Clorinda Macchi. Ingegnere. Proprietario terriero. Presidente del sindacato agricoltori, andò presto orientandosi verso il sostegno al fascismo diventando, tra l’altro, con un discorso al Teatro Sociale del 13 dicembre 1922 e poi in seguito uno dei più implacabili accusatori del dott. Antonio Bianchi e della Cattedra Ambulante di Agricoltura. Altrettanto severo fu nell’aprile 1923 nei riguardi del Comizio Agrario. Ma il 29 settembre 1923, sentendosi contestare dal fiduciario della federazione sindacale fascista di “impedire l’ordinamento del Sindacato agricoltori, verso persone gradite al fascismo locale”, dava le dimissioni. Dal 1925 al 1929 fu consigliere dell’Istituto Pastori. Fu inoltre, dal 1924 al 1929, podestà di Visano (...)1. Nel 1925/26 stese il progetto di massima per le opere di bonifica da realizzare per il Consorzio provinciale di bonifica Agro bresciano tra Mella e Chiese. Ebbe incarichi nel nostro comune per l’Azienda acque, nel 1933 progettò il canale Littorio. Suo è il progetto del Giardino d’Infanzia.

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A. Fappani, Enciclopedia Bresciana, Brescia, 1991, Vol. VIII, p. 180.


ognuna di esse come quota di partenza le soglie delle varie derivazioni, raddrizzando il suo percorso tortuoso risalendo a monte fino alla tratta superiore con pendenza 1:1.000, o poco meno, in modo da spingersi al capofonte il più profondo che sia possibile, rendendo così efficace al massimo l’azione emungente, e ottenendo così a disposizione la maggior quantità possibile di acqua per tradurla coi cavi conduttori esistenti impinguanti, o con eventuali cavi conduttori nuovi, ove non esistano, ad irrigare le zone mediana e di mezzodì del bacino, scarse d’acqua d’irrigazione ed in parte asciutte. Inoltre, nel tratto centrale e più a monte del bacino, tosto a valle di Bagnolo Mella ed intorno a Porzano, abbiamo creato ex novo un profondo colatore a più branche ed a più salti, che scendendo da monte a valle, bonifica la zona prosciugandola. Lo stesso colatore giunto alla zona mediana povera d’acqua e non tortuosa, funziona da canale distributore delle acque raccolte superiormente, per la irrigazione, e prosegue poi con canali in buona parte già esistenti sulla porzione più a sud del bacino anch’essa assai scarsa di acqua di irrigazione. Diremo poi nel trattare del secondo bacino come si è progettato l’impinguamento dei vasi che hanno origine nella zona assegnata al secondo bacino e che vengono ad irrigare la parte sud-est del primo bacino: inquantoché, per quanto divisi in bacini ben distinti, l’opera di bonifica dell’Intero Comprensorio è tutta legata e congiunta da un unico ed organico piano generale ed i bacini sono tra di loro interferenti. Nel prospetto generale, allegato più innanzi, abbiamo segnato quale superficie si presume di bonificare, coi cavi progettati, sia per prosciugamento che per irrigazione. Nel bacino 1° vi sono due colatori principali formanti due sistemi: A) Il Cavo Molone che noi sistemiamo a tronchi per rispettare le rogge di irrigazione cui esso già dà origine. In questo sistema abbiamo così i seguenti Cavi: 1° - Il cavo Molone, I° tronco, che ha le sue origini in territorio di Bagnolo Mella, sul Mappale n° 2105, ad una quota sul livello del mare di m. 84,80, e

che scende ad una profondità di m. 3,42 sotto il piano di campagna. Esso cavo ha una larghezza al capofonte di m. 13,20 in superficie e sul fondo di m. 5,00, ed ha uno sviluppo di ml. 843, dei quali si calcolano emungenti e sorgentizi circa ml. 600. Si è pensato poi di sostenere e difendere le sponde con palafitte di ontano e prismi di cemento per una lunghezza di circa ml. 500 a partire dal capofonte. Con questo cavo, dai calcoli di massima fatti a norma dei criteri enunciati, noi riteniamo di completare la bonifica per prosciugamento di circa Ea 60 di terreno semilamivo, e di raccogliere un maggior volume d’acqua di irrigazione di circa litri 200/sec., da immettersi nelle rogge Botta e Cavallina, aumentando così la irrigazione di circa Ea 150 di terreno. 2° - Il cavo Molone, II° tronco. Esso ha le sue origini in territorio del Comune di Bagnolo Mella, sul Mappale n° 1422 tosto a valle dello scarico nei vasi Botta e Cavallina del I° tronco. Il suo capofonte è alla quota di m. 80,50 sul livello del mare e scende alla profondità di m. 3,16 sotto al piano di campagna. Esso ha al capofonte una larghezza di m. 11,32 in sommità mentre al letto è assegnato una larghezza di m. 5. Il suo percorso è di ml. 2.156. Si è previsto poi di difendere e sostenere le sponde con palafitte di ontano e prismi di cemento per una lunghezza di circa ml. 645 dal capofonte. 199

Molone dopo lo spartitore.


Calvero a sud della Cascina Bogalei.

Con questo cavo, dai calcoli di massima istituiti, noi riteniamo di completare la bonifica per prosciugamento di circa Ea 80 di terreno semipaludoso e di raccogliere un maggior volume d’acqua di irrigazione di circa litri 400/sec. da immettersi nelle rogge Gemella e Lusignolo, aumentando così l’irrigazione di circa Ea 250 di terreno. 3° - Cavo Molone, III° tronco. Esso ha le sue origini in territorio di Bagnolo Mella, sul Mappale n° 1117, tosto a valle della presa delle rogge Gemella e Lusignolo, cioè dove finisce il secondo tronco. Il suo capofonte è alla quota di m. 75 sul livello del mare e scende ad una profondità di m. 3 sotto il piano di campagna. Esso ha al capofonte in sommità una larghezza di m. 13,42, mentre al letto è assegnata una larghezza di m. 5. Il suo percorso è di ml. 1.100. Si è previsto di sostenere le sponde e difenderle per circa ml. 830 dal capofonte con palafitte di ontano e prismi di cemento. Con questo cavo, dai calcoli di massima istituiti, noi riteniamo di completare la bonifica per prosciugamento di circa Ea 50 di terreno semilamivo e di raccogliere un maggior volume d’acqua di irrigazione di litri 2007/sec., da immettersi nella roggia Cazzadiga e ruzza aumentando così la irrigazione di circa Ea 150 di terreno. B) Il sistema dei cavi: Mazzola, Mortaro, Caselle ed Uggera 4° - Il cavo Mazzola ha le sue origini in territorio del Comune di Bagnolo Mella, sui Mappali n° 2709-1964, ad una quota di m. 78.75 sul livello del mare. Esso al capofonte scende ad una profondità sotto al piano di campagna di m. 4,16, ed ha uno sviluppo di ml. 920. In superficie lo scavo al capofonte è largo m. 13,32, mentre il letto del cavo è largo m. 3. Si calcola che esso compia la sua funzione emungente per una lunghezza di ml. 700 circa dal capofonte, mentre poi diventa cavo conduttore fino allo scarico nel vaso Catilina. Con esso si calcola di prosciugare, bonificandola, una zona di terreno di circa Ea 10 e di raccogliere un volume di acqua di irrigazione di circa litri 170/sec., in modo da poter irrigare circa Ea 150 di terreno asciutto.

Si è previsto poi di difendere e sistemare le sponde con palafitte di ontano e prismi di cemento per circa ml. 400 dal capofonte. 5° - Il cavo Mortaro ha le sue origini in territorio del Comune di Porzano, sul Mappale n° 300, a valle del cavo Mazzola, ad una quota di m. 74,50 sul livello del mare. Esso al capofonte scende ad una profondità sotto al piano di campagna di m. 3,88 ed ha uno sviluppo di m. 1.182. In superficie lo scavo al capofonte è largo m. 12,76, mentre il letto del cavo è largo m. 3,00; si è previsto di difendere e sostenere le sponde con palafitte di ontano e prismi di cemento per circa ml. 690 dal capofonte. Si calcola che compia la sua funzione emungente per una lunghezza di ml. 900 dal capofonte. Con esso si calcola di prosciugare, bonificandola, una zona di terreno di circa Ea 100 e di raccogliere un volume di acqua di irrigazione di circa litri 180/sec. in modo da estendere con esso la irrigazione a circa Ea 120 di terreno asciutto. 6° - Cavo Caselle. È in prosecuzione del precedente e viene a completare l’azione dei primi due. Esso ha le sue origini in territorio del Comune di Porzano, sul Mappale n° 206-209, ad una quota di m. 72 sul livello del mare. Esso al capofonte scende a m. 4,75 sotto al piano di campagna ed ha in superficie una larghezza di m. 14,50 e sul 200


S. Giovanna. Ponte Atalia.

fondo di m. 3. esso ha uno sviluppo complessivo di ml 1490, di cui si ritengono emungenti circa ml. 1.000 dal capofonte, mentre poi diviene cavo conduttore fino al suo scarico nel vaso Molina. Si è previsto di sostenere e difendere le sponde con palafitte di ontano e prismi di cemento per una lunghezza di ml. 830 dal capofonte. Con esso si calcola di prosciugare, bonificandoli, circa Ea 150 di terreno e di raccogliere un volume d’acqua di irrigazione di circa litri 250/sec. in modo da poter estendere la irrigazione a circa Ea 200 di terreno asciutto. 7° - Cavo Uggera. È l’ultimo cavo di questo sistema e finisce nel vaso conduttore Calvero già esistente. Esso ha la sua origini in territorio del Comune di Porzano, sul Mappale n° 393, ad una quota di m. 71,50. Esso al capofonte scende a m. 4,96 sotto al piano di campagna, ed ha in superficie una larghezza di m. 15,22 e sul fondo di m. 3. Esso ha uno sviluppo complessivo di ml. 1.440 di cui si ritengono emungenti circa ml. 1.400 dal capofonte, mentre poi diviene cavo conduttore per pochissima parte fino al suo scarico nel Calvero. Si è previsto di sostenere e difendere le sponde con palafitte di ontano e prismi di cemento per una lunghezza di ml. 880 dal capofonte. Con esso si calcola di bonificare, prosciugandolo, circa Ea 200 di terreno, e di raccogliere un volume di acqua di irrigazione di circa litri 350/sec., in modo da poter estendere la irrigazione a Ea 250 di terreno asciutto. Bacino II° (Colore verde cartina a pag. 207) Il II° bacino è della estensione di circa Ea 7375.15.53 e comprende parte dei territori dei Comuni di Bagnolo Mella, Porzano, Ghedi, Leno, Gottolengo e Isorella. Dai rilievi fino ad ora eseguiti risulta che in questo, come nel primo bacino, nella parte alta e mediana, cioè a monte ed al centro, vi è abbondanza di terreni paludosi o semipaludosi, in buona parte già prosciugati da private iniziative con frequenti cavi che intersecano la zona in ogni loro parte, ma che però non hanno compiute in varie plaghe la loro funzione emungente e prosciugante in modo completo. Qui, a differenza del I° bacino, la zona paludosa è estesa, e non rimane tutta la

porzione di monte e centrale; mentre quella di mezzodì è bonificata ma è anche scarsissima di acqua di irrigazione. In quanto ai sistemi progettati od esistenti, di cavi emungenti, essi si possono così raggruppare: C) Sistema del Vaso Naviglio. Che trae le sue origini nella parte alta del Bacino in territorio dei Comuni di Bagnolo Mella e Porzano e serve colle rogge di irrigazione da esso alimentate, ad irrigare una porzione del territorio di Porzano e di Leno, posta parte nel I° e parte nel II° Bacino, a cavaliere della strada provinciale Bagnolo Mella, Leno,Gottolengo dividente i due bacini stessi. D) Sistema del Vaso Seriolazza, che è anche il più importante, inquantoché dà poi origine a ben 13 utenze inferiori che servono alla irrigazioni dei tre quarti del territorio di Leno. Ad esso sistema si ricollega e frammischia anche tutta la vasta rete di canali emungenti creati dai fratelli De Giuli, che servono alla irrigazione di tutti i loro fondi posti in territorio del Comune di Leno, Ghedi, Bagnolo Mella e Porzano e che danno poi anche acqua di sopravvanzo che va, mediante il vaso Calvero a scaricarsi direttamente al Mella, senza essere utilizzata per irrigazioni. Il sistema Seriolazza-De Giuli ha le sue origini nei territori di Bagnolo Mella, di Leno e di Ghedi, nella parte alta del Bacino ed in quella centrale, e serve poi alla irrigazione specialmente della parte alta e mediana del territorio di Leno, mentre tutta la parte di sud-est, di sud e di sud201


ovest, è scarsissima di acqua di irrigazione ed in buona parte asciutta. E) Sistema delle Gandine e di Gottolengo, e che interessa la zona del secondo bacino che si inizia verso mattina cavaliere dell’abitato di Ghedi, andando giù rasente alla comunale Ghedi-Isorella fino al territorio del Comune di Gottolengo ed Isorella. Questa zona, nella maggior parte di origine paludosa, fu da tempo intersecata da abbondanti cavi colatori che la prosciugarono, ma solo in parte, mentre troviamo in essa ancora delle zone vaste e paludose e pressocchè infruttifere. I colatori sono fra di loro indipendenti, quantunque siano però collegati tutti da un’unica falda acquifera che contemporaneamente hanno sfruttato. F) Altro importante colatore ha origine in questa zona: il Cavo Santa Giovanna, che porta poi le sue acque ad irrigare terreni fuori comprensorio, posti a valle di questo, in territorio di Pralboino e Pavone Mella. G) Sempre in questo bacino troviamo, a sera, lungo la comunale GhediIsorella, il colatore Naviglio inferiore di Isorella che spinge i suoi cavi emungenti anche nel Bacino III°, e porta la irrigazione ad alcuni terreni inclusi nel comprensorio ed a molti altri che sono a valle fuori di esso nei territori dei Comuni di Isorella, Remedello, Asola e Canneto. H) Finalmente in questo bacino vi è una rete fittissima di fontanili, posti a valle dell’abitato di Ghedi (circa una cinquantina), moltissimi dei quali creati dai privati proprietari negli ultimi decenni, più a scopo di ricerca d’acqua di irrigazione che per bonifica; indipendenti tra di loro, che servono scarsamente però ad irrigare i terreni stessi posti in questa zona, poco più a valle della loro origine; mentre alcuni fontanili antichissimi, come il Rodone, o recentissimi come il Bertellia che è in corso di esecuzione, compiono la loro funzione emungente e prosciugante in zona tutt’ora assai paludosa e portano l’acqua alle terre inferiori di Gottolengo. Di fronte a questo quadro della situazione generale del Comprensorio del II° Bacino, noi, lasciando per ora da parte i sistemi Santa Giovanna e Naviglio inferiore di Isorella, che provvedono ad irrigare terreni fuori comprensorio, ci siamo preoccupati di completare la bonifica nel senso di portare la irrigazione ai

Rino. Fontanile primario in territorio confinante con Bagnolo. Primo deviatore per irrigazione.

terreni che sono scarsamente irrigati o addirittura del tutto asciutti. A questo scopo abbiamo progettato degli scambi di acqua da un sistema all’altro, là dove l’uno è troppo abbondante e l’altro ne è scarso, creando appositi canali conduttori che li collegano. Per il sistema del Vaso Naviglio il Comune di Leno ha già in corso d’esecuzione un colatore in sostituzione di un colatore naturale denominato Rino Vecchio allo scopo di completare la bonifica per prosciugamento di una vasta zona di terreno paludosa, posta in località Bersaglio o Lame del territorio di Bagnolo Mella. Le acque del Rino Vecchio discaricano poi nel Naviglio al disotto della presa per Porzano, ma siccome quelle del Naviglio sono già più che abbondanti alla bisogna, così con opportuno cavo conduttore noi abbiamo progettato di tradurre parte delle acque del Rino Vecchio che si raccoglieranno col completamento del progetto, ad impinguare l’utenza di Porzano, e con altro canale conduttore a sostituire le derivazioni alte del Cavo Seriolazza che serve all’irrigazione della parte sud-est di Leno, scarsissime di acque di irrigazione. Si chiuderanno così le prese alte Lavaculo e Striaga eroganti alla Seriolazza ben litri 200 di acqua al secondo, e questi proseguiranno nel cavo e verranno erogate a beneficio delle utenze basse di detto cavo, povere e scarse. I cavi progettati sono: 8. Cavo Rino Vecchio, di proprietà 202


del Comune di Leno. Esso in parte è già stato eseguito dal Comune di Leno, ed ora non si tratta che di ultimare l’ultimo tronco. Esso ha la sua origine in territorio del Comune di Bagnolo Mella, sul Mappale n° 310, ad una quota di m. 81,20 sul livello del mare, al capofonte scende a m. 4,20 sotto al piano di campagna ed ha in superficie una larghezza di m. 13,40 e sul fondo di m 3. lo sviluppo suo complessivo è di ml. 1.320 dal capofonte ed è tutto sorgentizio ed emungente. Si è previsto di sostenere e difendere le sponde con palafitte di ontano e prismi di cemento per una lunghezza di ml. 506 dal capofonte. Con esso si calcola di bonificare, prosciugandoli, circa Ea 100 di terreno e di raccogliere un volume d’acqua di irrigazione di circa litri 250/sec., in modo da poter completare la irrigazione di circa Ea 150 di terreno quasi asciutto. È pure compresa, in questo progetto, l’apertura del canale conduttore che dal Rino porta le acque al Vaso Naviglio, prima della derivazione di Porzano per impinguarla. Esso canale è lungo ml 110, ha una profondità media sotto al piano di campagna di m. 2; non ha manufatti. È infine compreso nel progetto l’altro canale conduttore che dal Rino Vecchio porta l’acqua al Vaso Striaga che deriva attualmente dalla Seriolazza. Esso è lungo ml. 1.500, ha una sezione profonda m. 1 sotto al piano di campagna. L) Sistema della Seriolazza. Si è per essa previsto, come si disse sopra, di sostituire la bocca di presa Lavaculo e Striaga con le acque del Rino Vecchio. Si prenderà poi la bocca intermedia detta “40 Piò” e la si trasporterà alla presa Lavaculo, chiudendo la bocca attuale dei “40 Piò”, e ciò allo scopo di non assegnarle un maggior tributo di acqua, facendola partecipare al beneficio della chiusura della bocca superiore Lavaculo. Siccome però il vaso Lavaculo serve a tradurre le acque della “40 Piò” solo per breve tratto, fino all’incontro della bocca detta Cavalletta e la rimanente parte del cavo Lavaculo al disotto della bocca Cavalletta si rende inutile, ed ha un percorso assai tortuoso e superficiale attraverso ad una zona in buona parte ancora completamente paludosa ed in parte assai poco bonificata, così si è progettato di creare in esso tronco di cavo, che verrebbe abbandonato, un tronco di ca-

vo di bonifica, approfondendolo, raddrizzandolo ed allargandolo. Ad impinguarlo poi ancora maggiormente, dato che esso, colle utenze Polla e Milzanella in cui si suddivide a valle dell’abitato di Leno, serve all’irrigazione di vastissima zona di terreno ed assai insufficientemente nel territorio di Leno e Milzanello, così si è progettato di fare acquisto ed immettere nel vaso Lavaculo dell’acqua del cavo De Giuli esuberante al bisogno del loro fondo Pedronca. Per tale presa nessuna grave spesa o quasi vi è da fare, inquantoché il cavo De Giuli sorpassa il cavo Lavaculo al Mappale n° 1216 di Leno e perciò non occorrerà fare che una bocca di presa ed uno sfioratore. I due progetti relativi a tali opere sono i seguenti: 9. Cavo Lavaculo. Esso avrà le sue origini sul Mappale n° 492 del Comune di Porzano ad una quota di m. 76,60 sul livello del mare. Esso al capofonte scende a m. 3,94 sotto al piano di campagna ed ha in superficie una larghezza di m. 13 e sul fondo una larghezza di m. 3; ha uno sviluppo complessivo di ml. 1.021, di cui si ritengono emungenti circa ml. 550 dal capofonte, mentre poi diviene cavo conduttore e si immette nella vecchia sede del vaso Lavaculo, ove questo già esiste raddrizzato ormai da tempo. Si è previsto di sostenere e difendere le sponde con palafitte di ontano e prismi di cemento per una lunghezza di ml. 600 dal capofonte. Con esso cavo si calcola di bonificare 203

Canale S. Giovanna. Incrocio con la SPVII nei pressi della Cascina Bariane.


per prosciugamento circa Ea 100 di terreno e di raccogliere un volume di acqua di irrigazione di litri 200/sec., in modo da compensare i litri 110 circa che saranno lasciati defluire dalla Seriolazza, non solo, ma di aumentare anche la portata dei vasi Pozzola e Milzanella cui il Lavaculo dà origine. Saranno così circa Ea 250 di terreno asciutto che si potranno irrigare in più. 10. Acquisto dell’acqua del Cavo De Giuli. L’acqua del Cavo De Giuli si acquisterebbe nel punto “F” della mappa allegata, sul Mappale di Leno, n° 1216, là dove ora il Cavo De Giuli sottopassa al Lavaculo e dove a progetto eseguito del Lavaculo sistemato, il Cavo De Giuli passerà sopra al Lavaculo. Sopra dette acque esuberanti alle irrigazioni dei fondi De Giuli vanta certi diritti per documenti antichi il Comune di Leno, ad ogni modo si dovrà tener conto di tale fatto nelle definitive trattative di acquisto. Potrà anche darsi che i f.lli De Giuli abbiano a temere un certo danno per emungimento del loro cavo, dalla sistemazione del cavo Lavaculo, inquantoché esso si spinge alquanto più profondo del loro cavo, ma siccome però è visibile e tosto controllabile, che il Cavo De Giuli non è sufficiente a bonificare la zona, e la bonifica deve essere fatta più profonda, così ad ovviare alla minaccia al Cavo De Giuli si potrà commisurare il valore dell’acquisto dell’acqua esuberante del loro cavo, alla misura da eseguirsi prima di aprire il nuovo cavo di bonifica Lavaculo. Il Cavo De Giuli ha le sue origini sul fondo “Scovola” sito in territorio dei Comuni di Leno, Porzano e Ghedi, e la presa per il Cavo Lavaculo si farebbe al Mappale di Leno n° 1216, come sopra si è detto. Unico manufatto necessario è la costruzione, tosto a valle del manufatto di sottopassaggio allegato al Progetto 9° di uno sfioratore che regoli il deflusso dell’acqua del Cavo De Giuli, e di uno scaricatore che traduca l’acqua, esuberante al Lavaculo che sottopassa. Con esse acque si possono irrigare circa 100 Ea di terreno asciutto. 11. Sempre nel sistema Seriolazza e per impinguare le sue utenze inferiori che vanno ad irrigare la parte di sud del territorio di Leno pressoché asciutte, è il Progetto di prolungamento del cavo di bonifica Oriolo. Esso è stato aperto dal Comune di Le-

no venti anni fa in località “Gaifama”, ma non fu spinto alla necessaria profondità per ottenere il completo prosciugamento. Il Progetto di prolungamento porta il capofonte in territorio del Comune di Leno sul Mappale n° 782. Al capofonte esso avrà una quota sul livello del mare di m. 82,15 e sarà profondo sotto al piano di campagna m. 4,50. In superficie, sempre al capofonte, esso avrà una larghezza di m. 13,37 e sul fondo m. 2,50. Esso ha uno sviluppo di ml. 425 tutti emungenti. Si è previsto di sostenere e difendere le sponde con palafitte di ontano e prismi di cemento per una lunghezza di ml. 425 dal capofonte. Con esso cavo si calcola di bonificare per prosciugamento circa Ea 70 di terreno, e di raccogliere un volume di acque di litri 180/sec., in modo da poter estendere la irrigazione a circa Ea 120 di terreno asciutto. 12. Altro cavo di questo sistema è il Vaso Bada. Esso serve alla irrigazione di vasta zona di terreno bonificata da tempo con cavi che tributano acqua alla Seriolazza od alle rogge da essa derivate. La bonifica eseguita con questo cavo in contrada Gaifama è però incompleta per prosciugamento, ed anche i terreni da esso irrigati lo sono in modo scarsissimo od incompleto. Si è però progettata la ultimazione e sistemazione del cavo, portando il suo capofonte presso la strada comunale della Gaifama all’estremità di nord-est del Mappale n° 753 del Comune di Ghedi. Al capofonte esso avrà una quota sul livello del mare di m. 80 e sarà profondo sotto il piano di campagna m. 3,50; mentre alla superficie lo scavo avrà una 204

Rino. Inizio del percorso in direzione est/sud/est, prendendo il nome di Rino-Striaga. Raggiunge ed affianca il Capirolo.


larghezza di m. 11,60 e sul fondo m. 2,50. Il suo sviluppo risulterà di ml. 1.020,50, dei quali emungenti ml. 400. Si è previsto di sostenere e difendere le sponde con palafitte di ontano e prismi di cemento per una lunghezza di ml. 1200 (sic) dal capofonte. Su di esso insiste il seguente manufatto di ordinaria e scarsa importanza. Sottomurazione al manufatto già esistente alla Sezione 3ª. Con la suddetta sistemazione del cavo si calcola di prosciugare completamente circa Ea 20 di terreno e di raccogliere un volume di acqua di litri 90/sec. in modo da poter estendere la irrigazione a circa Ea 60 di terreno ora pressoché asciutto. 13. Altro cavo di questo sistema è quello progettato in una vasta zona ancora paludosa a monte dell’abitato di Leno in contrada Benone o Moresche. Esso ha origine sul Mappale n° 3490, in territorio del Comune di Leno, e dopo lungo percorso va ad irrigare la vasta zona del territorio di sud-est del Comune di Leno, immettendosi nella Roggia Molina che è poi ancora la parte più a sud della Roggia Seriolazza. Esso potrà anche impinguare la utenza Tremiselvi, sempre derivante dalla Seriolazza. Al capofonte ha una quota sul livello del mare di m. 70,10 e scende a m. 4,20 sotto al piano di campagna. In superficie, al capofonte, lo scavo è largo m. 13,40 e sul fondo m. 3. Il cavo ha uno sviluppo di ml. 4.535, dei quali sono emungenti circa ml. 1.400 e nel resto è conduttore fino al suo sbocco nel vaso Molina od altri canali di distribuzione già esistenti. Si è previsto di sostenere e difendere le sponde con palafitte di ontano e prismi di cemento per ml. 500 dal capofonte. Su di esso insistono parecchi manufatti, tutti però di ordinaria e ben scarsa importanza, come ponti ordinari sul vaso conduttore per stradelle campestri o strade comunali. Vi è un sottopassaggio alla Tramvia Elettrica Brescia-Leno-Gambara, ma è già esistente ed ha luce e profondità sufficienti senza bisogno di alcuno né di allargamento né di approfondimento. Vi è inoltre un tronco di canale che verrà coperto, lungo ml. 200 sempre però conduttore ed avente per dimensioni m. 2 in larghezza e m. 1,20 in altezza. Con questo cavo si calcola di prosciugare e bonificare per emungimento circa Ea 100 di terreno paludoso e di raccogliere circa litri 300/sec., per portare e bonificare, dotandoli di acqua d’irriga-

zione circa Ea 300 di terreno ora pressoché asciutti. 14. Cavo Capirola. È pure esso un cavo di bonifica del sistema Seriolazza e che serve a portare l’acqua di irrigazione al territorio di sud e sud-est di Leno come i cavi precedenti, dove i terreni sono asciutti o quasi. Esso ha le sue origini in territorio del Comune di Leno presso alla località Molino della Costa, sul Mappale n° 3182. Al capofonte esso ha una quota di m. 68,20 sul livello del mare e scende ad una profondità di m. 3,85 sotto al piano di campagna. In superficie lo scavo è largo m. 12,20 al capofonte e sul fondo m. 2,50. Presso al capofonte, ed a questo trasversalmente verso sera, in lato di sud del Mappale n° 3182, verrà aperto un altro cavo di impinguamento lungo ml. 80 e profondo come il capofonte descritto. Il cavo esiste già ed ha uno sviluppo di ml. 1400, dei quali si calcola siano sorgentizi ed emungenti circa ml. 300. Con esso cavo si calcola di raccogliere circa 60 litri al secondo in più di quella che ora si raccoglie in esso, e con detta acqua si potrà passare alla irrigazione di parte dello stabile Capirole di proprietà De Giuli-Girelli che ora è pressoché asciutto, saturare la irrigazione dei fondi Gatti, proprietari attuali dei fontanili, e poi colle acque esuberanti passare alla irrigazione dei terreni di sudest dei territori del Comune di Leno che è pressoché asciutto, immettendo le acque esuberanti sia nel cavo Felice che è una roggia derivata dalla Seriolazza sia immettendole nel fontanile Salvadonega già esistente e che va ad irrigare il Rescato ecc., che sono pressoché asciutti. Na205

Livelli di scorrimento. La Seriolazza canalizzata attraversa la S. Giovanna (Cascina Costa).


turalmente qui si dovrà tener conto poi di un eventuale compenso da darsi ai f.lli Gatti per la cessione dei diritti sui fontanili. Sono così circa Ea 50 di terreno ora asciutto che verranno bonificati per irrigazione colle acque raccolte in più nel cavo. 15. Altro cavo del sistema Seriolazza è il Sordina Inferiore che ha origine in territorio del Comune di Ghedi sui Mappali n° 4019-4021 con un ramo, e con l’altro ramo di mattina che verrà solo sistemato, ha origine sul Mappale n° 1882 pure di Ghedi. Anche questo cavo è di proprietà dei f.lli Gatti e serve alla irrigazione dei loro fondi, esso però, così come ora esiste, è poco profondo e non serve completamente a bonificare, per prosciugamento, la zona in cui ha origine. Colla sistemazione progettata, completata la irrigazione del fondo Gatti, colle acque di supero, potrà anche essa impinguare il fontanile detto Salvadonega che va ad irrigare i fondi Rescato ecc. posti nella parte di sud e di sud-est del territorio del Comune di Leno, irrigati ora col sistema Seriolazza. Il nuovo cavo ha al capofonte una quota di m. 69,20 sul livello del mare ed una profondità di m. 2,47 sotto al piano di campagna. La larghezza dello scavo in superficie è di m. 6, e sul fondo di m. 2. Complessivamente i due rami hanno uno sviluppo di ml. 1304 dei quali si calcola emungenti ml 300 circa, mentre nella rimanente parte è conduttore fino al suo sbocco nel vaso Sorda. Con l’apertura di questo cavo si calcola di prosciugare completamente circa Ea 25 di terreno e di ricavare in più di quelli ora scorrenti nel vaso litri 60/sec. di acqua. Saranno così circa Ea 60 di terreno asciutto o quasi che verranno irrigati colle acque raccolte in più. Naturalmente anche qui bisognerà tener presente un eventuale indennizzo ai f.lli Gatti per i diritti acquisiti sul fontanile esistente. Così il sistema del vaso Seriolazza si completa e siamo certi che esso servirà benissimo a prosciugare completamente i terreni semilamivi ed a irrigare la vasta zona di terreni asciutti posti a sud dell’abitato di Leno2.

Nei bacini considerati nel nostro studio insistono manufatti che sono però tutti di scarsissima e di ordinaria importanza: manufatti a caduta e a gradini in getto di cemento, ponti di collegamento terreni n° 13, 5 ponti ad arco, ponti canale per il sottopassaggio di cavi 10, altri 10 fra i quali alcuni a soletta. Uno scaricatore a griglia, due partitori di divisione delle acque e due canali in cemento. La maggior parte della nostra popolazione era addetta ai lavori agricoli; salariati fissi ed avventizi. Dopo la fine della Grande Guerra 1915/18, con il rientro dei nostri soldati, la disoccupazione aumentò notevolmente. La distribuzione dei disoccupati – anche dopo la più rigorosa applicazione dell’imponibile sulle aziende – era sempre e comunque difficile, il Comune provvedeva, sia pure in modo inadeguato, all’occupazione di parte del centinaio di operai, nel 1926, costruendo alcuni canali di irrigazione ed associandosi al Consorzio speciale di esecuzione delle opere di bonifica “Agro bresciano fra Mella e Chiese”. Il Comune spese 7.000 lire nel 1926 e nel 1927, 20.500 nel 1929, 39.000 l’anno successivo, terminando tali opere nel 1931 con una spesa di 32.000 lire.

206

Rino in zona spartitori. A destra la cartina con le zone in colore che sono state interessate dalle bonifiche.

2

A. Marangoni, Relazione tecnica sul progetto di massima delle opere immediate che intende attuare il “Consorzio speciale di esecuzione delle opere di bonifica Agro bresciano fra Mella e Chiese”, Brescia, 1927, pp. 12-24.


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Paratoie sul Vaso Frezule che da origine al Vaso Littorio.


Capitolo quindicesimo Progetto di sistemazione del Cavo Frezule e di derivazione del Cavo Littorio


Progetto di sistemazione del Vaso Frezule e di derivazione del Cavo Littorio Dopo un esame dell’intero gruppo di progetti compilati dall’ing. Achille Marangoni ho preferito riportare la Relazione tecnica, la parte cioè che è di maggior significato sull’argomento, e in modo da ottenere alla fine una prospettiva più sintetica.

Dall’Archivio Storico Azienda Acque (ASAA). Carta non catalogata. 210


211


Relazione tecnica allegata alla domanda di concessione di acqua del Vaso Frezule Si premette che il Comune di Leno da tempo antichissimo possiede una vasta rete di fontanili e cavi irrigui a mezzo dei quali provvede direttamente alla irrigazione di ben @/3 dei terreni inclusi nel suo territorio comunale. Da molti anni esso comune va aumentando il proprio patrimonio idrico per la irrigazione sistemando fontanili e cavi di distribuzione ma, fino ad ora, data la scarsa disponibilità di acqua a monte, è rimasta esclusa quasi totalmente una vasta zona di terra in frazione di Castelletto di Leno di circa 310 Ea di terreno, mentre altri immediatamente a monte sono scarsi di acqua di irrigazione. Per risolvere tale problema, il Comune di Leno ha studiato la possibilità di irrigare anche quelle sue terre di ottima consistenza e che diverranno fertilissime, se dotate dell’acqua di irrigazione sufficiente, utilizzando le acque del suo vaso Frezule, che serviva da tempi antichissimi solo ad azionare con un salto di circa m. 3,20 un edificio di macina delle olive, denominato “Macina Pozzuolo”, pure di proprietà del Comune di Leno, e ad irrigare con la presa posta a monte dell’Edificio Macina, circa Ea 40 di terreno, di cui parte in proprietà del Comune e parte in terzi. L’atto di acquisto del Vaso Frezule da parte del Comune di Leno, faceva a quest’ultimo l’obbligo di provvedere alla irrigazione degli Ea 40 di terreno. Il vaso Frezule, avente ora una portata di litri 120/sec., dopo irrigati questi terreni, ed azionato l’opificio, dopo un percorso di circa ml. 500 va a sfociare nel colatore pubblico denominato Moloncello. Da acconce esperienze istituite il Comune di Leno ha potuto arguire con molta sicurezza, che sistemando il cavo a monte dell’Edificio Macina Pozzuolo, fino all’interno del paese, per una lunghezza di circa ml. (...) sia pure creando diverse livellette, si poteva trarre altri 250 litri d’acqua al secondo, che davano una complessiva portata di moduli 4; acqua che sarebbe sufficiente per la irrigazione di Ea 350 di terreno, post per Ea 310 in frazione di Castelletto, ed Ea 40 presso l’Edificio Macina Pozzuolo e da molto tempo abbandonato, come i meccanismi ormai inservibili, 212


per cui non si pensa nemmeno a volerlo riutilizzare. Fu così che il Comune di Leno presentò un progetto generale di sistemazione e completamento di cavi irrigui, comprendente anche la sistemazione del cavo Frezule, e con le varianti la derivazione dell’acqua del Frezule con il cavo denominato Littorio, che dopo un percorso di circa quattro chilometri la porta per scorrimento ad irrigare le terre di Castelletto di Leno1. Nel frattempo il progetto veniva inoltrato al Competente Ministero per ottenere un mutuo colla Cassa Deposi-

ti e Prestiti in base alla circolare Prefettizia n° 21798 div. IV in data 30 luglio 1931 onde sopperire con opere urgenti alla disoccupazione invernale, il Consorzio Molina, di Milzanello che deriva le acque del vaso Moloncello nel quale sfocia il Frezule dopo il salto all’edificio Macina Pozzuolo, ritenendo che anche il Frezule, per quanto per ora non fosse inscritto nell’elenco delle acque pubbliche, poteva però ritenersi tale, perché affluente del Moloncello, inoltrava domanda di concessione a derivare acqua dal Frezzule, previa sistemazione. Allora anche il Comune di Leno provvide tosto a venire a convenzione col consorzio del Vaso Molina e colla quale, tra Comune di Leno e Consorzio del Vaso Molina, si determinano, diremo così le due zone di sfruttamento d’acqua che il Frezule può fornire lasciando al Comune la parte alta superiore all’edificio Pozzuolo, e riservando al Consorzio Molina la parte bassa, come meglio è precisato nella convenzione. La domanda a derivare ed il progetto allegato ora alla domanda di derivazione del Comune di Leno rispondono esattamente alla convenzione stipulata col Consorzio del Vaso Molina, e sciolgono così ogni dubbio di concorrenza tra le due domande. Le prese del Comune di Leno a monte dell’edificio Macina Pozzuolo sono due; l’una antichissima costituita dalle paratoie di arresto della macina e da due bocche di presa in fregio, per i 40 ettari circa di terreno che si irrigano da tempo, e per essi si tratta di riconoscimento d’uso in via di sanatoria; l’altra, la nuova, da crearsi a monte m. 51 circa dall’estremo di nord-ovest del mappale di Leno n° 1093, come dal tipo allegato per tradurre l’acqua a mezzo del cavo Littorio agli Ea 310 circa di Castelletto di Leno da irrigarsi a nuovo e per i quali si chiede la nuova concessione a derivare. L’opera di sistemazione del vaso Frezule, e di creazione del cavo Littorio, costerà complessivamente circa L. 250.000 (diconsi lire duecentocinquantamila). Il Comune di Leno, intende poi chiedere per l’intero gruppo di progetti presentato, e perciò anche per questo del cavo Frezule per cui si inoltra domanda di concessione dell’acqua, il contributo dello Stato in base al R.D.L. 13 agosto 1921, n° 1907. Brescia, 26 dicembre 1932 213

1 Di questo progetto si allegano qui: a) pianta delle opere da eseguirsi nel cavo Frezule; b) altimetria; c) sezioni; d) particolari; e) planimetria in scala 1:25000 con il cavo derivatore Littorio e con segnate in verde le aree da irrigarsi.

Nelle foto: uso e regolazione delle acque dal Frezule al Littorio nei pressi della cascina Pozzolo. Opera compiuta nel 1933. (Foto di proprietà del sig. Silvio Pavia)

Il vaso Littorio prende acqua dal vaso Frezule. Nel periodo estivo vengono chiuse le due paratoie per inviare acqua nel canale in cemento adiacente.



Capitolo sedicesimo Opere di conservazione del patrimonio acqueo


1485, 28 aprile. Costituto di Domenico Tamburini, notaro, abitante a Leno, in Atti di Pietro Tamburini fu Domenico depone: ...“di aver visto persone abitanti in Leno, lavorar e fondar nel vaso della Seriola, sopra il territorio di Leno e di Ghedi in contrada di Viganovo, andando verso mezzodì, lavorando, curando e fondando detto vaso fino al termine; e andando verso mezzodì sin alla seriola della Gambara e Martinengo in contrà della Costa, sempre lavorando, curando e slargando detta seriola. Quali lavoratori lavoravano per vaso e per il Comune et Abbatia di Leno continuando il possesso e ragion che saranno o nascono nel medesimo per aumentar ed accrescer per il beneficio di detto Comune et uomini e dell’Abbatia di Leno e suddette possessioni” 1. 1496, 17 maggio, Leno in “domo communis”, Francesco de Trussis, fu Pietro di Brescia, vende al Comune di Leno una pertica di terra della lunghezza di cavezzi 67, in Leno, contrada di Squadretto, al prezzo di lire 18 di planetti per la costruzione di una nuova seriola2. Con altro Instrumentum continua l’opera del Comune. In contrada Squadretti: in Leno il 19 maggio 1507, Bernardino e Battista, fratelli de Gobbis fu Domenico, Agostino de Gobbis fu Pietro, Daniele de Gobbis fu Angelo e Giovanni Maria e Giovanni Tommaso fratelli de Gobbis fu Francesco, vendono al Comune di Leno un terreno largo braccia 4 in Leno, contrada Squadretto per la costruzione di una seriola, con obbligo per il Comune di costruire anche ponti, al prezzo di lire 40 di planetti3. 1497, agosto 18. Leno. Il Comune procede alla cura e manutenzione di un vaso d’acqua iniziante in Leno, contrada della Breda del Pero e continuante lungo la strada per Pavone, ai confini del territorio comunale. Questa operazione costerà al Comune una Vertenza con Girolamo Martinengo conte e abate commendatario dell’abbazia, di fronte a Giovanni Moro, podestà e Marc’Antonio Barbarico, capitano rettore di Brescia. Motivo: “...per modifiche ad un fossato nei pressi della terra detta Breda del Pero in Leno, apportate dal Comune recando danno all’abbazia” 4. Un’Ordinanza del 1614, maggio 21: il Consiglio dei Dieci Savi di Venezia,

Scovola. Esempio di canalizzazione delle acque irrigue.

comunica al capitano di Brescia che la riparazione delle strade di Leno derivate dalle acque di alcune seriole deve essere a carico dei possessori dei beni irrigati da tali seriole e non a carico del Comune, in esecuzione anche alla transazione seguita tra città e il territorio5. In archivio troviamo la Polizza delle spese sostenute per la costruzione della chiavica Cicogna nella seriola Rassica di ragione del Comune di Leno e per la costruzione di un ponte sopra il vaso Scanalocco. Le spese sono suddivise tra coloro che beneficiano delle suddette opere edili6. 1672, giugno 2. Vertenza tra il Comune di Leno e il Comune di Ghedi per la manutenzione dei vasi della seriola Bassina di proprietà del Comune di Leno: ordine di Pietro Valzer, capitano di Brescia7. 1724, giugno 20. Polizza delle spese sostenute dal Comune per la costruzione degli argini del canale in contrada della Breda Mozza e riparto delle spese tra coloro che beneficiano dell’uso del canale8. 1726, marzo 21. Altra polizza delle spese sostenute dal Comune per la riparazione del canalone in contrada Selvadonega9. 216

1485. 28 aprile - ASC Leno, Parte antica. Sommario della Spett. Comunità di Leno contro contribuenti non originari. Mazzo 17 n°14 - II. p. 30 bis E 25. 2 1496. 17 maggio. Ibidem p. 32 E 29. 3 1507. 19 maggio. Ibidem p. 36 bis E 46. 4 1497. 18 agosto. Ibidem p. 33 bis D 6. 5 1614. 21 maggio - ASC Leno, Parte antica, filza IV, f. 10. 6 1672. 2 giugno - ASC Leno, Parte antica, Mazzo XII n° 31 b 17. 7 1672. è un allegato al 2 giugno. 8 1724. 20 giugno. Sommario cit. p. 97 I3. 9 1726. 21 marzo. Ibidem p. 101 G19. 1


Ponte sulla Sangiovanna Il 30 giugno 1837, l’ing. Pietro Pavia presenta il progetto con spaccatodel ponte da costruirsi sul vaso Santa Giovanna nel territorio di Leno detto delle Bariane, tra le strade del Riscatto e quella di Gottolengo. Avviso Il Comune di Leno superiormente autorizzata deve passare ad esperimento d’asta a carico dei signori condomini del vaso Sangiovanna per la costruzione di un ponte sul medesimo denominato delle Bariane ed in contrada del Tremiselvi, pel prezzo di stima di L. 1.456,75 (allegata la relazione).

La Deputazione all’Amministrazione del Comune di Leno coll’assistenza dell’Imp. R. Commissario Distrettuale con Atto d’asta del giorno 24 marzo 1838 è passata alla delibera del ponte sul vaso Sangiovanna detto delle Bariane, a favore del sig. Giuseppe Bertoletti.

ASC Leno, Sez. sec. XIX, b 73/2. 217


218


Nella foto del 1980, manutenzione vaso Frezule. Adacquaroli Emilio Pennati e dipendente ditta Baselli Mario di Farfengo.

219


Disegno dall’Archio Storico Azienda Acque (ASAA) b 184/15. A sinistra: Cascina Pollino dallo spartitore Naviglio, ramo direzione Bogalei, vaso S. Gervasa.

Capitolato degli oneri imposto all’impresa per la esecuzione di rivestimenti del vaso Santa Gervasa (dall’ufficio tecnico, ne riportiamo solo la parte introduttiva)

“Il vaso della Santa Gervasa si stacca dal Rino per irrigare la zona ad ovest dell’abitato di Leno. Nel tratto a valle dell’attraversamento della strada comunale di Bogalei, per una lunghezza di ml 200 circa, presenta un letto eccessivamente largo per cui durante le irrigazioni molta acqua è sperequata; non solo ma, le sponde nei lunghi periodi d’invaso, perdono acqua in forte quantità e l’acqua persa non è più usufruibile dal Comune, ma va ad altri vasi di altre proprietà. Il tronco di 50 metri, che trovasi nella parte a monte dei 200 metri nominati, presenta minore necessità d’esecuzione per cui il rivestimento più a valle, lungo ml 150 circa, deve essere sistemato con carattere d’urgenza. La sistemazione è progettata con una costruzione di un canale di calcestruzzo (...)”.

Rivestimento della Santa Gervasa, 10 settembre 1938 Indetta asta pubblica sulla base di 14.400 lire più spese generali, imprevisti e arrotondamenti di L. 600, per cui il costo totale dell’opera sarà di L. 15.000; si nota che, se l’appalto viene bandito in questa stagione, dato il bisogno di lavoro che c’è nella plaga, si presume di ottenere l’esecuzione dell’opera con un ribasso che potrà arrivare fino anche al 50%. Sotto la direzione dell’ing. Marango220


ni si è provveduto finché gli espurghi dei fontanili fossero eseguiti con ogni cura affinché non si verificasse poi una mancanza d’acqua essendo più che giusto che chi paga l’affitto per le acque del Comune le abbia sicure nel tempo in cui sono più necessarie. Tale operazione non fu né breve né facile perché i cavi o fontanili si trovavano in condizioni deplorevolissime a causa dell’enorme trascuratezza con la quale venivano negli anni trascorsi eseguiti i lavori. Oltre a ciò, a causa di altre usanze ormai inveterate si è trovati costretti a rimettere a posto molti agricoltori che vollero impedire alle squadre dei lavoratori assunti dal Comune di proseguire i lavori e pretendevano di la-

Opere eseguite Dal 1951 al 1955 il Comune ha fatto eseguire molteplici lavori interessanti la ricerca e la distribuzione dell’acqua. Innanzi tutto ha provveduto al ripristino di tutti i fontanili: Rino Nuovo, Rino Vecchio, Benone, Oriolo, Onizzetto, Cavo Inferiore e Superiore, Bada, Formola, Bersaglio, ecc., fontanili danneggiati fortemente dalle alluvioni che hanno causato frane ed intasamenti in certi casi per quasi tutta l’asta dei fontanili (Rino Nuovo, Lavaculo, Oriolo). Il Comune per tali opere si è servito anche di manodopera sovvenzionata dallo Stato (migliorie fondiarie e cantiere) con una spesa complessiva di £ 18.840.000 delle quali 12.064.135 a carico dello Stato e £

vorare nei cavi comunali. Tali agricoltori però erano giustificati dall’usanza invalsa qui di assumere chiunque si presentasse senza riguardo all’età alle condizioni fisiche, in una parola alla idoneità al lavoro, in tal modo le curazioni si tramutavano in una larga distribuzione di beneficenza con grave danno per la cassa comunale, gravissimo danno per i cavi d’irrigazione che non venivano mai espurgati a dovere ed infine con molto malcontento degli utenti i quali pagavano il canone d’affitto senza aver la certezza di poter disporre a tempo e luogo dell’acqua occorrente per garantire i frutti del loro lavoro.

5.975.805 a carico del Comune. Il Comune ha inoltre provveduto alla costruzione del pozzo alla Bada e al rivestimento di un buon tratto di canali irrigui con una ulteriore spesa di £ 4.000.000. Opere previste. Continuare il rivestimento dei canali irrigui ove se ne presenta la necessità; impinguamento del Benone e del Littorio. Per buona norma si trascrive qui di seguito il conto consuntivo dell’Azienda Acque riferito all’anno 1954.

221

Lavori di espurgo del vaso Benone in via Subiaco con motobarca.


Uscite

Entrate Taglie acqua, marcentazione 1954 piò 210 x 5000

1.100.000

Paghe al personale

Acqua estiva (ore paganti 3.822)

6.574.055

Diritti d’acqua al Consorzio Mella e Chiese

Entrate varie

6.250

3.674.164 676.966

Spese varie per manufatti manodopera, taglio alghe, espurghi, attrezzature, varie

1.586.569

Spese assicurazione al personale, ecc. Totale entrate

7.680.305

Totale uscite

408.298 6.345.998

Entrate Uscite Utile

7.680.305 6.345.998 1.334.307

Partitori sulle acque dell’Onizzetto Vecchio confluenti nei terreni della Striaga. 222


Progetto di costruzione del ponte in cemento armato sul Vaso Molone. Strada per Manerbio. Prog. ing. A. Marangoni. Da Archivio Storico Azionda Acque (ASAA), b 119.

Notizie sparse in varie documenti 1892-1907. Opere di raddrizzamento del vaso Rino Vecchio. 1911-1912. Progetto di sistemazione vaso Rino Superiore. Ing. Lazzari e Capitanio. 1914, dicembre. Dallo Studio ing. Marangoni e Presti è predisposto uno studio con relativo preventivo per l’attuazione del progetto di raddrizzamento del vaso Lavaculo. 1921 e ss. Vaso Rino Inferiore. Progetto di fontanile, opere di raddrizzamento e riduzione a fontanile. 1939, aprile. Si eseguono lavori di rivestimento dei cavi Felice e Antoniola. 1940. Si danno in appalto opere di espurghi, manutenzione dei fossi e canali comunali. 1945-1947. Opere di restauro dei vasi comunali. 1947, maggio. Si attua una convenzione con utenti di Porzano sul vaso Rino Superiore. 1956. Si eseguono lavori sul vaso Littorio, rivestimento di un tratto presso la località Squadretto. 1958. Vaso Littorio, altre opere di sistemazione. 1966. Sistemazione dei vasi irrigui nel territorio. 1975, aprile. Lavori di copertura del vaso Frezule. 1980, luglio. Lavori di trivellazione per un nuovo pozzo in località Bada.

223

Nelle foto: a sinistra, canaletta portante alimentata da pozzo. Scorrimento da nord verso sud a fianco del Cavo Inferiore, località cascina Donati. Sotto: pulizia manuale con badile per il ripristino del letto e argini - Lussignolo cascina Baitone.



15-5-1948. Crollo del ponte-canale sulla S. Giovanna. Ricostruzione impresa B. Palmini di Leno.



1952 - Palancole (sbarramento). Riarginatura del canale S. Giovanna in località “Risparmio”. Impresa Vincenzo Chiari di Leno.


Nel dipinto: Ponte su “Il Canale” prosegue in vicolo dei Gelsi (stradèl dèi mur), via Solferino. Sulla sinistra sarà al di poi via Capirola, incrocio via Mazzini via Cavour.


Capitolo diciassettesimo Centro urbano Opere di copertura delle seriole

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Le condizioni igieniche e sanitarie del centro urbano “Da parte dei cittadini si ignoravano tutti quei miglioramenti delle abitazioni che pure erano stati prescritti dal regolamento locale d’igiene e si affermava, da parte dei proprietari, che quei miglioramenti non potevano essere attuati né erano compatibili con le esigenze dell’industria agricola e dell’allevamento del bestiame, che formavano la ricchezza del paese e che non potevano essere inceppati da norme restrittive della libertà del lavoro. Naturalmente questa era una giustificazione di parte, che serviva ai proprietari per evitare le spese che i miglioramenti avrebbero comportato; si preferiva continuare a tenere i lavoratori in tuguri che non meritavano il nome di abitazioni ed il paese in condizioni di salubrità e di pulizia deplorevolissime. Così non solo non furono eliminate le stalle esistenti nel centro dell’abitato, ma si consentì la costruzione di nuove, né si provvide in alcun modo a regolare gli smaltitoi delle stalle e dei cortili e i depositi ed il trasporto dei concimi. Molte stalle smaltivano direttamente sulle strade pubbliche e, mancando le fognature, innanzi alle case scorrevano i rifiuti delle stalle commisti a quelli delle abitazioni: si può immaginare quanto danno ne derivasse alle condizioni igieniche e quale spettacolo costituisse per chiunque doveva abitare in paese od anche semplicemente transitarvi. Il concime veniva accumulato nel cortile ed era poi trasportato in carri inadatti ed in qualunque ora del giorno. Altre volte la causa del disagio igienico era da ricercare nell’affollamento di animali e persone. Pur di tenere il maiale e le oche, che qui rappresentavano la risorsa del povero, si allevavano queste bestie in qualsiasi riparo posto vicino alla casa o anche dentro la casa, nel sottoscala. Così pure avrebbero dovuto essere aboliti, sia pure gradualmente, tutti i “guadi” per abbeverare gli animali, che rendevano pericoloso e antigienico l’attraversamento quotidiano dell’abitato da parte del numeroso bestiame dei diversi cascinali. L’acqua in questa plaga si trova a fior di terra e non si comprende come non sarebbe stato più conveniente agli agricoltori stessi abbeverare il bestiame nelle proprie stalle”1.

In seguito a reiterate istanze del medico condotto dr. W. Zannini, l’amministrazione delibera di dare inizio ai lavori di copertura delle seriole poste nel centro del paese. Il 27 settembre 1893, l’ing. Emilio Lazzari redige il progetto con allegato capitolato generale e speciale d’appalto per la sistemazione della via Amedeo, già via Gambarelle (attuale via Matteotti).

• Importo delle opere • Recupero materiale di demolizione Totale

L. 5.677,50 - L. 149,11 L. 5.528,39

Lavori appaltati al sig. Zucca Giuseppe.

230

Documento riguardante il progetto di sistemazione della via Amedeo. Sotto, il progetto.


Copertura del vaso Frezule in viale Italia. Nell’aprile 1950 viene coperto un tratto adiacente il reparto sanatoriale.

L’8 luglio 1909 il geom. G. Piovani di Manerbio riceve l’incarico dalla nostra Amministrazione di redigere un Progetto per la sistemazione e copertura, in due tronchi, del vaso Frezule nell’abitato da eseguirsi anche col concorso dei “frontisti”. Lo scopo è di togliere il lamentato danno di esalazioni miasmatiche specialmente nella stagione estiva e per mettere in comunicazione importanti vie dell’abitato. Il primo tronco partirebbe dal ponte dell’accennato Vaso in via Solferino e congiungerebbe la via Ermengarda con un percorso di metri 66,90. “Progetto per la sistemazione e copertura di due tronchi del vaso Frezule nell’abitato di Leno da eseguirsi per conto del Comune di Leno col concorso dei Frontisti”. Im p o r t o p re ve n t i vo I I t ro n c o L. 10.212,49 Il progetto dovuto al geom. G. Piovani è datato Manerbio 30 luglio 1909. Tale progetto non venne realizzato. Il nob. Girolamo Seccamani Mazzoli essendo proprietario dell’omonimo molino è messo al corrente (22-81932) con la seguente lettera dei lavori di copertura.

“Questo Comune su invito del signor Medico Provinciale è venuto nella determinazione di chiudere il vaso Rassica nel tratto corrente dallo scaricatore “Sottino” fino a valle del molino. Lungo il percorso però verrebbe costruita la fognatura per gli usi domestici dei frontisti e per le acque piovane. Il diritto all’acqua jemale spettante al molino, questo Comune lo conserverebbe nel senso di acconsentire una presa d’acqua dal Naviglio nel punto che la S.V. vorrà indicare, sufficiente a marcentare da sei a sette piò di terra e con obbligo di 231

Rassica in Via Brescia. Copertura del vaso Rassica di via Garibaldi. Lavori appaltati alla ditta “Costruzioni Edili” di Bortolo Benini, ultimati nel 1934.


restituire i coli ed avanzi d’acqua nei vasi del Comune. Prego la S.V. far conoscere le sue decisioni in merito e gradisca i miei ossequi”. Il Commissario Prefettizio Seguirà una convenzione ComuneSeccamani, rappresentato dall’ing. Lombardi per l’uso dell’acqua jemale del vaso Cicogna.

veda la possibilità di concretare l’opera o direttamente o con possibili accordi con gli Enti nel caso potranno essere prodotti i dettagliati preventivi e disegni già predisposti”. Ringrazio e porgo ossequi Il sindaco Regosa

Il 23 settembre 1966. Il Comune al Consorzio di bonifica fra Mella e Chiese di Brescia, per opere di tombinatura dello scaricatore della S. Giovanna in via Albarotto. “Il Comune è frequentemente sollecitato di realizzare la copertura del tronco di canale che serve di scarico alle acque di supero della S. Giovanna e che fiancheggia la strada dell’Albarotto. Il canale, che dirama dalla roggia, corre coperto in fianco alla predetta strada per m. 210, indi corre tombinato sotto la via del centro di Leno e scarica nel Frezule a ovest dell’abitato per finire poi nel Molone. L’opera potrebbe essere collegata al piano in attuazione di codesto Consorzio per la bonifica dell’agro di Leno. Una buona quantità dell’acqua in supero della S. Giovanna potrebbe essere portata più facilmente nel Molone. Il lavoro di tombinatura del dipendente Ufficio Tecnico verrà a costare presumibilmente sette milioni. Tanto si segnala perché cod. Consorzio

1

L. Cirimbelli, La via delle cascine. Storia e tradizione delle campagne lenesi, Bagnolo Mella 2004, p. 82.

232

A sinistra in alto: vaso Rassica, località Stazione AGIP. Sopra: 1990, 26 gennaio. Su commissione dell’Amministrazione Provinciale iniziano i lavori di rifacimento della copertura della roggia Pavona, corrente sotto la sede stradale e del conseguente totale rifacimento della pavimentazione bituminosa lungo il tratto della provinciale Bagnolo-Seniga (di oltre 300 metri) in via Badia. Il traffico della provinciale è nel frattempo dirottato lungo percorsi alternativi, su strade comunali. A lato: 1985, 29 aprile agosto 1986. Prima dei lavori di ristrutturazione e copertura del vaso Milzanella. Complesso commerciale Elle srl, Leno.


Sopra: un tratto di via Marconi nel primo decennio del secolo. In primo piano, a destra, si nota l’antica fossa che circondava, nel tardo medioevo, il castello di Leno. Nella parte centrale, sullo sfondo, è visibile il portale della chiesa di S. Michele.

1941. La strada sterrata che porta all’Asilo fiancheggia il vaso Pozzola. Attuale via della Repubblica.


Ruota dell’antichissimo molino di Porzano. Demolito negli anni Settanta del Novecento. (Foto Pietta)


Capitolo diciottesimo Molini ad acqua


Molini ad acqua Qui la natura fu molto provvida di sorgenti d’acqua, vi sono fontanili, rivi vulgo seriole o rogge. Da tempo immemorabile l’uomo realizzò molini ad acqua che andò via via perfezionando. È consuetudine dare il nome di molino alle macchine macinatrici, ma si deve intendere il significato all’edificio con tutto il complesso di macchinari ed impianti di vario uso esistenti sul luogo. È un’idea abbastanza esatta pensare che la realizzazione di tali macchine sia dovuta ai benedettini considerando il monastero come una grande azienda con grandi mezzi economici. È certo che l’economia dell’abbazia fu sempre, data la sua posizione geografica quasi esclusivamente agraria. Dalle sue vaste proprietà qui convenivano i prodotti delle terre, le decime, le varie gabelle, derrate naturali, materie prime di ogni genere, legna da ardere, legname pregiato da fabbrica, soprattutto manodopera qualificata e nuove tecnologie. Pertanto è accanto ai resti di mulini a cono di epoca romana o a quello a palmenti con trazione animale, che nella bottega di falegnameria, l’abile lavoro delle mani del marangone, dà forma al primitivo mulino idraulico con macina a

forma di disco e l’incastellatura in legno. La prima menzione finora reperita riguardante questi edifici risale all’anno 1389 data in cui viene steso un Instrumentum nella chiesa di S. Benedetto in Brescia, succursale dell’abbazia di Leno. In esso, Andrea di Taconia, Abate di Leno, vende a titolo di permuta a Pietro Marchesio e Lorenzo fratelli Occanoni di Brescia, un mulino sul territorio di Pavone con patto e condizione che il Comune e gli uomini di Leno possano utilizzare metà dell’acqua della seriola che dal territorio di Leno scorre verso il molino per irrigare prati e campi coltivati e questo nei giorni festivi, mentre l’altra metà resta di diritto dell’abbazia di S. Benedetto; in cambio i fratelli Occanoni vendono all’abate alcuni diritti livellari su terre e case nel distretto di Brescia, nonché diritti e ragioni su altri beni1. A conferma dei privilegi citati riservati all’abbazia, in una sentenza del 1424, 6 novembre, si stabilisce che gli uomini di Leno possono servirsi del molino del monastero o di quello comunale, indifferentemente; per il servizio devono dare molituram bladi che può essere trattenuto dal mugnaio stesso. Per l’approvvigionamento dell’acqua 236

La macinazione agricola dei cereali. Primitivi mulini idraulici da G. Negri.


indispensabile al funzionamento dei molini, nell’Instrumentum del 7 giugno 1466, l’abbazia, il Comune e Pietro Capirola cedono ad Antonio Scovolo di Leno, 160 piò di terra siti in Ghedi, contrada Striaga, in cambio dell’acqua della seriola Scovola sufficiente a muovere tre ruote di un molino2. La comunità, rivolgendosi all’abate Ottobono de Mirabello, propone una convenzione mediante la quale, se l’abbazia corrispondesse al Comune la metà del valore del mulino comunale ne dividerebbe con esso le rendite. Risposta tutt’altro che favorevole, anzi; agli uomini di Leno è negata la possibilità di costruire mulini né altri edifici sull’acqua in tutto il territorio di Leno, ma è concesso eseguire gli espurghi di un canale irriguo, che scorrendo in territorio di Leno, porta l’acqua al mulino del monastero in territorio di Pavone. Nota allegata. I reggenti la comunità, in osservanza alle condizioni imposte dall’abbazia, dovendo demolire l’edificio esistente della Rassica e ricostruirlo in altro luogo per ragioni di comodità come pure costruire un nuovo edificio da mulino, chiedono all’abate Francesco Vitturi se intende anch’egli concorrere alle spese dividendo

l’utile proveniente dalle fabbriche stesse3. Vista l’affluenza di molte famiglie venute ad abitare in Leno “ridotto alla condizione di fortezza o sia di Castello”, e considerata la distanza del mulino esistente nella Terra di Porzano, di proprietà del Comune di Leno, con il consenso dell’abate, il Comune può costruire un nuovo molino in Leno e relativa seriola atta pure all’irrigazione di varie terre. Poiché, in virtù di “Breve Apostolico”, spetta all’abate l’annuo contributo di 300 fiorini, ridotto a soli 150, sia tenuto il Comune corrispondere all’abate, “reso carco di anni e di meriti verso il Comune”, piccole lire 300 per il mantenimento vita natural durante4. Verso la fine del 1500, è pure attivo il “mulino dei Dossi”, sito nell’omonima contrada detta anche “dei Lupi” 5. Il Comune prende accordi con Gerolamo de Lodi per la costruzione di un canale in legno o in mattoni che raccoglie l’acqua del riolo del Viganovo e della seriola Formola e per l’abbassamento del letto della seriola del Comune che dalla contrada Viganovo va ad azionare il molino del Comune (Molino Nuovo) in detta contrada cosicché non pregiudichi la costruzione del canale suddetto6. 237

Vaso Serioletta, località Molino Dagani. Dei sette molini di proprietà comunale, l’unica ruota idraulica del Molino Nuovo, realizzato nel 1546, a riposo dal 1948. Notizie dettagliate in L. Cirimbelli, Dove sorgeva un’antica abbazia, Leno 1971, pp. 28-32.


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Pianta dell’edificio Molino denominato della Rassica (attuale via Garibaldi, 7). Foglio squadrato, acquerellato cm. 68 x 76. Disegno autografo di Pietro Pavia, Ingegnere. Leno, 30 novembre 1830.

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Nel 1503 abbiamo conferma che l’abbazia ed il Comune sono comproprietari della seriola Lavaculo che scorre in contrada Striaga e aziona due molini e questi devono essere mantenuti efficienti a spese comuni ma il commendatario, Francesco Vitturi, si rifiuta. Le sarà imposto da una sentenza emanata dal vice podestà di Brescia, Cristoforo Capello e da Domenico Giustiniani, capitano, con la quale si condanna l’abbazia a pagare al Comune metà delle spese per detta gestione e manutenzione. Il 14 ottobre 1541, si stabilisce la seguente Convenzione: il Comune di Leno assegna all’abate una determinata quantità di acqua delle rogge Lavaculo e Serioletta per la durata di giorni tre e mezzo consecutivi in ciascuna settimana, affatto esente da qualsiasi onere inerente alla manutenzione e condotta dell’acqua stessa da servirsene per l’irrigazione dei terreni di proprietà dell’abbazia, contro rinuncia per parte dell’abate di Leno a tutti i diritti di comproprietà delle acque della roggia Serioletta, le quali per tal modo sono addivenute di esclusivo possesso del Comune di Leno, affette però dalla menzionata servitù passiva in vantaggio dei terreni dell’abbazia. Siamo nel luglio 1550 e i fratelli Romelio e Leone de Ripa quondam Apollonio di Brescia, abitanti a Leno vendono al Comune di Leno un molino detto Molino del Pozzolo con le acque e la seriola che lo alimenta, sito in Leno nell’omonima contrada. Nell’Istromento che si trova nell’Archivio Storico comunale (Filza III, f. 43) si rileva che l’acquisto è fatto con tutte le ragioni di case e mobili appartenenti al molino e le acque tutte del vaso Frezul compresa una regona esistente tra la seriola del molino e il vaso Frezul; il tutto al prezzo di lire 700 di planetti. Nel 1595, 26 novembre, segue l’Istromento con il quale il Comune di Leno costituisce un censo annuo di lire 135 di planetti sul molino chiamato Molino Nuovo in contrada Formola con i diritti d’acqua e ne fa vendita ad Agostino de Patusiis di Brescia, abitante a Leno7. I reggenti del Comune danno in locazione, per 25 anni a Fogazio de Fogatiis 240


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“Un ingegnoso intervento del lavoro dell’uomo è ancora visibile nella bellissima struttura in pietra, che permette alle acque della Seriolazza di oltrepassare la Santa Giovanna per incanalarsi verso le chieviche di partizione e muovere le ruote della macina da grano e dell’olio (semi d lino), purtroppo scomparse come tutti i complicati macchinari”10.

Pianta del locale della Costa in Leno, Dipartimento del Mella con Molino e Macinatoja di olio. Indice: 1. Molino; 2. Macina di olio; 3. Torchio; 4. Cucina; 5. Stalletto; 6. Stalla pei cavalli; 7. Stalla dei bovini; 8. Due porcili con sopra due pollai; 9. Portico; 10. Portichetto; 11. Cantina; 12. Cortile; 13. Orto. Brescia li 26 gennaio 1814. Il presente tipo è stato rilevato sulla faccia del luogo nel Comune di Leno, da me (Francesco Bozzoni). Scala di braccia bresciane/Scala di metri italiani. Disegno a penna acquerellato in color ... Foglio accuratamente squadrato, cm. 60 x 50. Autografo. 242


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Radici in cerca di umore acqueo per la sopravvivenza.

fu Pietro, di S. Zeno e i suoi figli Giuseppe e Carlo, la cascata del molino di ragione del Comune in contrada della Costa con casamento attiguo, in cui dovrà essere costruita la fucina del maglio, al fitto annuo di lire 90 di planetti, dettando patti e ragioni8. Dall’Estimo generale della città di Brescia (1573), nella terra di Leno si ricava che il Comune di Leno possiede, fra gli altri beni, i sottonotati sette edifici da molino, cioè: Molino di Sopra, della Rassica (con rassega e pista da riso), Mulino Nuovo, delle Gambarelle (con macina della linosa), molino del Pozzolo, della Costa e dei Dossi, animati dalle acque di proprietà comunale. Questi edifici dati in affitto a privati sono stimati in tutto lire 71.000. Il Comune versa ancora all’Abbazia un certo livello annuo. *23 luglio, 1580. Atto di vendita. Parti: Bernardino Marchesini e Stefano Chiappa sindaci che tutelano gli interessi della comunità e l’Eccellentissimo signor Antonio de Rotinghi del fu Giacomo, cittadino di Brescia, acquirente. Per i prestiti ricevuti dal sunnominato de Rotinghi, dell’importo di lire planet 500, il Comune vende metà del Molino di Sopra al prezzo di lire 2.000 planet alle seguenti condizioni: che l’acquirente debba versare 100 lire planet d’affitto ogni anno; che possa far uso delle sgolature o coda d’acqua per regalia e ciò fino alla restituzione delle duemila lire planet; che il Comune possa ri-

tornare in possesso nel termine di dieci anni, salvo l’esborso delle suddette 2 mila lire planet. Per le locazioni e le vendite di immobili, il Comune indice l’inventario “degli oggetti e degli utensili contenuti nei mulini e negli edifici di sua proprietà, osterie, case dei prestini”, ecc. Ne troviamo menzione negli anni 1600, 1646, 1686 e successivi. Comunque per quanto riguarda i mulini dati in affitto, il Comune non garantisce le portate d’acqua delle seriole, specie durante il periodo delle irrigazioni della campagna. Anche per questo capitolo abbiamo interruzioni per mancanza di atti ad esso pertinenti9. 1814, aprile 5. “Con Istrumento di vendita di due molini posti nel Comune di Leno, capoluogo del Cantone II, Distretto III di Verola-Dipartimento del Mella, proveniente dallo stesso Comune. Fatta dalla Direzione Demaniale d’Olona per la Cassa d’Ammortizzazione a favore delli signori Conte Giorgio e Cavaliere Carlo, fratelli Clerici. Rogato dal sig. Dottore Ignazio Brogli, Notaio del dipartimento d’Olona, residente in Milano”. I molini della Costa e dei Dossi furono stimati in lire 26.226,075 centesimi. 244

ASC Leno, Parte antica, Instrumentum, 17 maggio 1389, steso dal notaio Antoniolo de Papis, cittadino di Brescia, in Filza I, f. 14. 2 ASC Leno, Parte antica, Filza II, f. 16. 3 ASC Leno, Parte antica, Filza II, f. 46. Il presente documento fu steso “in camera magna superiori monasterii abbatiae Sancti Benedicti”, 1487, ottobre 16. 4 ASC Leno, Parte antica, Filza A, f. 2. 5 Nella valle del Garza esiste il toponimo detto “Dosso del Lupo”. 6 ASC Leno, Parte antica, Filza II, f. 66. Instrumentum del 15 dicembre 1498. 7 ASC Leno, Parte antica, Filza III, f. 91. 8 ASC Leno, Parte antica, Filza IV, f. 57. 9 ASC Leno, Parte antica, Mazzo XXVIII, Estremi cronologici 1474-1790. Contiene la raccolta di capitoli deliberati dal Consiglio speciale del Comune per gli incanti dei mulini comunali: Sopra, Nuovo, Gambarella, Rassega, Pozzolo, Dossi e Costa. 10 A. Bonini, Notizie storiche in Percorsi ciclabili a Ghedi e dintorni, Ghedi s. indic. data, p. 11. 1


Pianta dell’edificio molino denominato dei Dossi nel Comune di Leno, Dipartimento del Mella con corte ed orto in contrada dei Dossi di provenienza dello stesso Comune di Leno. Indice: 1. Molino a due ruote; 2. Cucina; 3. Stanza terranea; 4. Cantina; 5. Portico; 6. Stalletto dei cavalli; 7. Porcile con pollaio sopra; 8. Due altri porcili con fenile sopra; 9. Portichetto; 10. Cortile; 11. Orto. Brescia li 26 gennaio 1814. Il presente tipo è stato rilevato sulla faccia del luogo nel Comune di Leno da me (Francesco Bozzoni). Scala di braccia bresciane / Scala di metri italiani. Disegno a penna acquerellato in colori ... Foglio accuratamente squadrato, cm. 60 x 50. Autografo.

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Canello: poco pi첫 a nord ha origine il fontanile Catilina.


Capitolo diciannovesimo Ex comuni di Milzanello e Porzano


Ex comuni di Milzanello e di Porzano Con le leggi 4 febbr. e 13 sett. 1926, si introdusse da parte del Regime Fascista la riforma delle amministrazioni comunali, con l’abolizione degli Organi elettivi, Consigli e Giunte comunali, sostituiti da organi di nomina statale: i Podestà, affiancati da organi consultivi. A breve tempo, fece seguito una prima nota prefettizia, tendente a proporre l’aggregazione dei Comuni di Milzanello e Porzano a quello di Leno. Nessuna dimostrazione di entusiasmo da parte della popolazione; soltanto l’autorità fu “felice di poter dimostrare con la pronta accettazione, l’importante disposizione, cogliendo con la più tranquilla fiducia la proposta di unione”. Con Regio Decreto legge 17 ottobre 1927 venivano soppressi i liberi Comuni di Milzanello e di Porzano, tramite aggregazione al Comune di Leno. Il prefetto di Brescia, Siracusa, informava il Podestà di Leno che, con il 1° dicembre 1927, le amministrazioni di Milzanello e di Porzano dovevano cessare ogni attività, pertanto egli doveva adottare gli opportuni provvedimenti per l’esecuzione del decreto e stabilire con regolari deliberazioni il riordinamento di tutti i servizi amministrativi1.

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Milzanello

Vaso Milzanella Periferia sud Leno. Nella pagina a sinistra: molino ad acqua alimentato dalla roggia Molina.

Il territorio dell’ex Comune di Milzanello non presentava che poche eccezioni di fondi che per un’accidentale elevazione erano asciutti. Le acque che irrigavano questo territorio, parte sono state acquistate dal Comune di Leno, parte furono derivate con appositi scavi nel territorio di Bagnolo Mella. A circa un chilometro dal paese scorre il fiume Mella (nasce dal Maniva e si getta nel fiume Oglio) dal quale però non proviene nessun corso d’acqua che bagni tale territorio ma invece raccoglie tutte le acque che ne irrigano la zona. Il fiume Mella segue il confine fra Milzanello e Cigole: in questo tratto esisteva una turbina che serviva per portare parte delle acque del Mella sul territorio di Cigole a scopo irrigatorio. gua i terreni rimasti ancora asciutti, aumentando così tutta la produzione agraria seguendo la potenzialità della zona. La ricchezza di acque d’irrigazione incrementa una maggior produzione delle foraggere, quindi consente un ottimo patrimonio di bestiame da latte e da carne. Nel 1980 circa i vasi principali di irrigazione che servono la maggior parte della zona sono: Vaso Molina Milzanella Uggera Pavona Cavo Vedetti

Per una area di piò 390 580 530 145 30

Totale piò Le seriole o rogge che bagnano la campagna di Milzanello sono: il Molone, proveniente da Bagnolo Mella, passa da Porzano e da Leno. Nel campo “Bagattino” di Breda d’Ale si divide in due rami: Molone e Molina che, dopo aver irrigato parte del territorio di Milzanello, sfociano ambedue nel Mella. La Milzanella prende tale nome a Leno e irriga i campi delle cascine Palazzo, Colombere e finisce nel Mella. Dagli inizi del XX secolo, ad opera soprattutto di privati, si completarono intensi lavori nel campo della bonifica con opere rigorose di livellazione delle superfici coltivate, con scavo di canali per una buona dotazione di acqua irri249

1.675

A sinistra: Milzanello, via Cortivo seriola Molina. Sotto: Cascina Uggera, irrigazione a scorrimento con due bocche aperte sull’argine. L’acqua è prelevata dal laghetto con turbina.


Le bonifiche e le rogge per irrigazioni agrarie Dopo un intervallo di decadenza o di stasi, dal 1400 al 1450 circa, Milzanello deve la propria rinascita agricola alla volontà e all’ingegno della famiglia Uggeri, che realizzò non solo opere di disboscamento e di dissodamento, ma anche di sistemazione idraulica, con la costruzione della prima seriola, l’Uggera, nel 1456. Nel contempo venivano costruiti canali collettori (dugali), ponti, manufatti per chiaviche, partitori per nuove derivazioni d’acque, alle quali opere si associò ben presto la pratica irrigatoria che, se non ancora perfezionata, rappresentava senza dubbio per l’agricoltura di pianura l’aspetto più prestigioso, indice di un ordinamento produttivo. A conferma di questo piano di sviluppo agricolo della zona, in data 12 luglio dell’anno 1542, la nob. Camilla Uxori vedova del sig. Pietro Uggeri, e Gerolamo, suo figlio, abitanti a Milzanello, stipularono un contratto quinquennale d’affitto di acque con il Comune di Leno. Il fabbisogno per l’irrigazione di parte delle loro possessioni consisteva in 72 ore di acqua settimanali per un canone annuo di planet lire 284. La superficie irrigata veniva in seguito ad estendersi notevolmente, tanto che, dall’affitto per un periodo limitato ad un certo numero di anni, venne l’idea di garantirsene l’uso perpetuo. Gli Uggeri ebbero promessa dal nob. Antonio Cavalli circa la cessione di acque ma, per il mancato rispetto dell’impegno, dovettero rivolgersi nuovamente al Comune di Leno. Riunitasi la Vicinia il 19 maggio 1569, venne accolta la richiesta “per i rapporti di buon vicinato e a prezzo onesto attesi li benefici avuti da Casa Uggeri”. Con atto 3 gennaio 1570, a rogito dei notai Vincenzo de Picenni e Giuseppe Ferro, il Comune di Leno “vendette l’acqua della roggia Pozzola, o Milzanella, nella misura di tre quadretti, per tre giorni e mezzo (ore 84) continui ogni settimana, di ogni anno a venire”. In forza di tale convenzione, gli utenti erano esenti da qualsiasi onere o concorso nelle spese degli espurghi annui e delle manutenzioni. Da gran tempo, tuttavia, erano sorte contestazioni per l’uso delle acque un po’ dovunque, dando luogo a perizie, liti e sentenze fino quasi ai nostri giorni. Per rendersi conto del disordine che in

Cascina Morandino. Canale Vedetti: mietitura del frumento 16 giugno 2007. A sinistra: Canale Vedetti - in sottopasso alla Seriola Pavona e strada Leno-Scariona, Crocevia Tram.

quei tempi regnava nel regime idraulico, occorre tener presente anche la mancanza o la carenza di una disciplina giuridica ed amministrativa per cui basti dire che, “Casa Uggeri ha speso assai specialmente nella compra de’ terreni, et ha incontrato aspre et dispendiose liti contro chi non voleva concedere il passo e contro chi usurpava l’acqua”. A difesa di questi diritti acquisiti per acquisti successivi, vennero costituiti dei Consorzi (dal 1930) fra i proprietari dei fondi di Milzanello, quali eredi ed aventi causa dai signori De Asti ed Uggeri2. Il Dipartimento Lavori pubblici della Provincia di Brescia, il 10 febbraio 1992, invia al geom. C. Agosti la seguente notifica: “Per la costruzione del nuovo tratto in deviante sulla S.P. VII Bagnolo-Seniga, nel Comune di Leno, è prevista la canalizzazione e copertura della roggia Milzanella nel tratto interessante la strada in oggetto. Come da accordi intercorsi inviamo lo schema di canalizzazione e copertura del canale come progettualmente previsto lasciando inalterato l’attuale percorso idraulico della roggia”. 250

Il cavo Vedetti, inaugurato nel 1932, nasce alla Pedronca, attraversa il territorio del Comune di Leno irrigando alcune terre delle cascine: Pedronca, Sorgente, Salvasecca, Boarini, Scuderia e Colombare Fenaroli. Infine porta le sue acque nel territorio del Comune di Gottolengo.

Cfr. L. Cirimbelli, Milzanello e la nobile famiglia Uggeri, Bagnolo Mella, 1980, p. 64 ss., 2 Notizie dettagliate in: L. Cirimbelli, Milzanello e la nobile famiglia Uggeri, Bagnolo Mella, 1980 p. 51 ss. L. Cirimbelli, La via delle cascine. Storia e tradizione delle campagne lenesi, Bagnolo Mella, 2004, pp. 287-325. 1


Porzano Cenni storici sulle bonifiche “Nel 1673 per una bonifica delle lame e delle paludi di Porzano come di quelle di Bagnolo, Leno, ecc. l’ing. Vincenzo Barattoni di Padova progettava un canale che doveva allacciare il Naviglio con il Mella. L’opera non venne realizzata e la miseria e la malaria dominarono a lungo1. Fino al 1884, del resto, esisteva nella zona di Porzano-Bagnolo una zona paludosa di 945 ettari, poi bonificata verso la fine del secolo, quando la Bassa potè godere di una nuova politica agraria di notevoli investimenti. Nel 1885 era il Consiglio Provinciale ad interessarsi delle paludi di Porzano, Leno, Gottolengo e a predisporre la loro bonifica. Ampia opera di bonifica venne compiuta verso la fine dell’800 dai fratelli De Giuli e da altri imprenditori. Queste bonifiche diedero ampio impulso all’agricoltura con un forte richiamo di manodopera. Lo sfruttamento della manodopera anche minorile darà il via, poco dopo, a scontri sociali e vedrà la Chiesa fortemente impegnata nell’opera di mediazione. (...) Nel 1926 Porzano costituì con Manerbio la seconda zona per la bonifica agricola. Numerosi sono i progetti per canalizzare le acque e prosciugare i campi allora discussi a livello provinciale ed effettivamente molto è stato fatto per dare un volto nuovo al paesaggio agrario”2. “Il territorio del Comune di Porzano è irrigatorio pressoché tutto se si eccettua la parte paludosa. I proprietari sono quelli che hanno fatto la spesa originaria dello scavo dei vasi, della traduzione dell’acqua e che ne sopportano anche quella della manutenzione. Le acque irriganti di questo comune provengono per lo più dal territorio di Bagnolo”. Nel Catastico Bresciano di Giovanni da Lezze (1609-1610) non sono menzionati i molini, mentre sono elencati nell’Estimo del 1641. Un molino con due ruote animato dall’omonima seriola proprietà di Ludovico figlio del fu dottor Geronimo Conforti; altro molino a due ruote con tre corpi terranei con il locale del maglio, proprietà dei fratelli Ascanio e Antonio, figli del fu Erculano Cucchi. I terreni di loro pro-

prietà sono irrigati dalla Seriola del Molino. Idrografia È una zona ricca di acqua, percorsa dalle seguenti seriole (dati riferiti agli anni ’40): Seriola Cucca che proviene dal vaso Garza di Bagnolo Mella. Percorre la zona da nord a sud, bagnando i terreni di proprietà Zucchi, Bravi, Guerini, Saleri. È sfruttata per 142 ore settimanali ad uso irrigazione. Attualmente non viene più utilizzata come canale irriguo ma come scolatore. Seriola Conforta, detta anche Molina, che sorge presso la cascina Belvedere, al confine nord fra Porzano e Bagnolo. Percorre la zona da nord a sud con qualche deviazione verso est e bagna i terreni di proprietà Zucchi, Bravi, Guerini e Freretti. Dall’autunno alla primavera è sfruttata per l’irrigazione con 168 ore settimanali.

Seriola Catilina che sorge presso la cascina Canello, nel territorio di Bagnolo Mella. Percorre la zona da nord a sud, bagnando i terreni di proprietà Bozano. È sfruttata ad uso irrigazione per 168 ore settimanali. Seriola Uggera che proviene dal fontanile dell’ex proprietà Saleri. Percorre il paese da nord a sud ed entra nella seriola Molina. Serve per irrigazione con 150 ore settimanali. Oltre a queste quattro seriole vi sono diversi fontanili di proprietà privata3. 251

Èl gôi della Catilina sullo sfondo la cascina Fenilnuovo propr. Bozano.


Manufatto Cascina Maglio sul Vaso Molina.

Estratto (Per gentile concessione del Presidente Sig. Giuliano Spinelli. Dall’archivio privato). Il Vaso Catilina, che è il più importante in quanto serve circa 140 ettari della tenuta, è alimentato da acque sorgive, dalle rimanenze di altro canale superiore (Vaso Cavallina), dalle acque colatizie circostanti ed anche da un’oncia di acqua estratta da altro canale (Vaso Forca). Le acque del Vaso Catilina sono di esclusiva spettanza di due soli utenti, vale a dire della sig.ra Gandolfi Maria ved. Bozano per la possessione Mirabella ed uniti, e del sig. Paolo Bozano fu Giacomo pel podere Madonna della Stalla, però con qualche gravame di servitù a favore di altre terre. Il Vaso Catilina ha le proprie origini sullo stabile denominato “Cannello” in territorio del Comune di Bagnolo Mella e che poi dopo un percorso di circa 1500 metri serve alla parziale irrigazione della proprietà Mirabella, Aquila, Colombere, Pinarda n. 7, La Vigna strada per Milzanello n. 5, Chizzole n. 13, Madonna della Stalla Porzano. Il Vaso Molina serve le Colombere, Pinarda, Zappaglia, Pinarda Nuova. La proprietà di esso stabile con la gora e molino pervenne al Co. Martinengo Delle Palle,

che dappoi il Co. GioBatta con scrittura 1° maggio 1824 ebbe a vendere all’avv. Sig. Alessandro Dossi, scrittura stata rifusa nell’istrumento 20 maggio 1830, stipulato in contesto del venditore e degli eredi del compratore. Ivi si legge “che le ragioni dell’acqua dello stabile consistono” nella proprietà assoluta intera della Seriola Catilina, meno dieci ore settimanali estive concesse al Co. Gerolamo Martinengo, e 24 ore settimanali estive concesse al fu Avv. Sig. Alessandro Dossi, con annesso diritto di marcita per l’inverno, tutta la Seriola Molina, metà della Seriola Fola” ecc. diritti stati riconfermati nella seguente scrittura 9 Xbre 1835. Conseguenza del primo acquisto e de’ trapassi di proprietà si fù, che ciascuno de’ proprietari ebbe ad esercitare sulla Seriola Molina dalla sua origine fino al suo fine illimitatamente ogni e qualunque diritto, e per questo di sostenere ogni e qualunque spesa occorrente ai manufatti, agli argini, alle curazioni, come risulta dimostrata dalle molte polizze che vengono custodite nell’archivio de’ Co. Martinengo e che verranno presentate con i documenti di sopra citati.

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Il signor Angelo Boffelli durante le sue ricerche nel territorio dell’ex Comune di Porzano, mi ha fatto pervenire copie autentiche di alcuni Atti di costituzione di Consorzi irrigui. Grazie per la sua collaborazione, unito ai signori: Studio Marini geom. Daria Leno, Giuseppe Guerini, Giuliano Spinelli, Stefano Sudati, Vittorio Agosti. Tali Consorzi hanno la loro origine da proprietà privata e dalle varie successioni si giunge alla costituzione dei Consorzi dei seguenti vasi: Catilina, Molina e Conforta.

Relazione tecnico-illustrativa dell’utilizzazione a scopo irriguo delle acque della roggia Conforta a favore del Consorzio irriguo omonimo Il “Consorzio irriguo della roggia Conforta” ha sede in Porzano di Leno, cascina Mortaro. Si è legalmente costituito con atto notarile del notaio Boletti di Brescia in data 12 marzo 1931, n° 10883 ed è stato riconosciuto con Regio Decreto del 13 febbraio 1933, che ha approvato anche il relativo statuto. A tutt’oggi il Consorzio, gestito sulla base del suddetto atto, cura gli espurghi annuali dei fontanili e del cavo; interviene per la manutenzione dei vari manufatti necessari per la regolazione delle ripartizioni d’acqua e garantisce gli interventi periodici necessari al mantenimento dei rami consortili. Il Comprensorio di competenza, di complessivi 160,4780 ettari di terreni agricoli pressoché generalmente di natu-

ra medio sciolta, si svolge nel territorio del Comune di Leno. A seguito di accurate ricognizioni in loco e ad approfondite indagini cartografiche si è individuato l’esatto perimetro consortile che, attualmente, è esattamente quello risultante dall’allegato Piano Topografico in scala 1:10.000. L’attuale Comprensorio di irrigazione (vedi estratto carta IGM) risulta delimitato a NORD dall’abitato di Porzano di Leno; a SUD, dalla SS 668 “Lenese”; a EST, dalla strada provinciale Bagnolo Mella-Leno; a OVEST, dalla A21, Autostrada Brescia-Piacenza-Torino. La roggia Conforta ha le proprie origini sorgentizie nel territorio di Bagnolo Mella e più precisamente da due teste di fontanile che si trovano tra la cascina Fontana e la cascina Fenil Nuovo di Sotto. Dopo aver recepito anche le acque provenienti da un terzo fontanile posto in fregio alla strada comunale che collega il Comune di Bagnolo Mella con l’abitato di Porzano di Leno, la 253

Vasi Catilina e Molina Dall’Imperial Regia Pretura di Leno. Antonio e Carlo fratelli Dossi espongono: “Che dall’Istrumento 27 giugno 1505 risulta dimostrata la derivazione nonché l’acquisto e proprietà della gora denominata la Molina posta in questo territorio lungo lo stabile denominato Mirabella”.

Nella foto: Vaso Conforta, tratto che scorre parallelo alla strada comunale Bagnolo-Porzano.


roggia Conforta prosegue verso sud per un tratto di circa trecento metri quindi, curvando ad est, lambisce il lato meridionale della cascina Belvedere. Subito dopo la cascina, sulla sponda destra della roggia si apre una diramazione denominata “Bocca dei 50 litri” costituita da un partitore in muratura di calcestruzzo con paratoia metallica rimovibile a mano che irriga una superficie di modesta dimensione, indi a mezzo di fosso colatore scarica nel cavo Uggerina. Subito dopo la diramazione succitata, la roggia, prima sottopassa la summenzionata strada Comunale che collega il Comune di Bagnolo Mella con l’abitato di Porzano di Leno, poi sottopassa anche l’autostrada A21 Brescia-Piacenza-Torino e, dopo aver ricevuto le acque provenienti da un quarto fontanile sito nelle immediate vicinanze della cascina Paolina, volta di nuovo a sud e fiancheggia, in lato mattina, la già citata strada comunale sino all’abitato di Porzano di Leno. Nel tratto predetto, prima sottopassa una capezzagna e, subito dopo, il ponte canale della Seriola Cucca. Giunta all’inizio dell’abitato di Porzano di Leno (dove esiste anche lo scaricatore delle acque di piena che vengono portate, mediante canale sottopassante la già citata strada comunale, nella roggia Uggera), la roggia Conforta piega a mattina per un breve tratto e quindi, dopo aver attraversato la strada comunale denominata “Via Trento”, si divide in due rami. Il principale, che è stato recentemente tombinato, in quanto passa nel centro abitato, dirige verso sud e, subito dopo la piazza della chiesa, tornato a cielo aperto, si divide in diversi rami che vanno ad irrigare il resto dell’intero comprensorio. Uno di questi rami, e precisamente quello che volta a ovest, faceva funzionare, sino a circa venti anni fa, quando l’acqua non serviva per l’irrigazione, un molino, scaricandosi poi nella roggia Molina. Il secondo ramo, anch’esso per un buon tratto tombinato, dopo aver fiancheggiato la “via Trento”, sottopassa la roggia Cucca e, all’inizio della zona industriale, mediante bocca libera aperta nella sponda sud, confluisce nella seriola Capirolo.

Utilizzazione irrigua La gestione delle acque disponibili è regolata tra gli utenti in ruota di 7 (sette) giorni. L’esercizio delle irrigazioni consortili ogni anno inizia il 27 (ventisette) marzo e termina il 15 (quindici) settembre. Il Consorzio è attualmente formato da diverse proprietà consorziate, i cui nominativi risultano dall’allegato elenco. Compito precipuo del Consorzio è quello di eseguire in proprio tutti i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria lungo l’alveo e sui manufatti utili all’esercizio irriguo consortile. SS668 dopo il sottopasso. Seriola Uggera attraversata dal canalone Seriola Catilina.

Gli utenti presenti all’atto di costituzione furono i signori: Bislenghi Cesare, Zucchi Paolo, Freretti Antonio, Filippini Angelo, Filippini Battista, Freretti Luigi, Barbieri Maddalena, Freretti Pietro, Zucchi Domenico, Bellomi Giovanni, Fiori Andrea, Bellomi Pasquino, Fiori Lucia4.

Conforti (est. dopo il 1796) “Anche di questa famiglia, citata dal Nassino fra le antiche di Brescia e che figura nell’elenco del Beaziano (1684), si ignora la data precisa di ammissione al Consiglio, in seno al quale era rappresentata nel 1796, dal nob. Carlo q. Ercole” (AA. Monti della Corte). Le Famiglie del Patriziato bresciano, Bs 1960, p. 34 “di Verde due bande d’argento”.

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A. Fappani, Enciclopedia Bresciana, Brescia 1996, vol. XIII, sub voce “Porzano”, pp. 386-390. 2 Memoria di G. Mompiani, 18351839. 3 L. Cirimbelli, La via delle cascine, cit. pp. 328-365. 4 Dalla “Relazione tecnica” del dott. Domenico Masca, per gentile concessione del presidente sig. Guerini Giuseppe (1931). 1


In questa pagina e nelle seguenti sono pubblicati alcuni disegni tratti dall’Archivio storico privato delle famiglie Zucchi e che rappresentano i corsi d’acqua con note di riferimento alle proprietà di diritto d’uso delle acque stesse.

Disegno B - Mappa originale pubblicata dal comune di Porzano nell’anno 1836. Sono evidenziati confini di proprietà e vasi irrigui.

Disegno A Osservazioni del Vaso Capirolo dalla sua origine “nel tenere di Bagnolo” fino all’uso irrigatorio del campo Bogalei di proprietà del nobile Francesco Martinengo. Nel disegno qui riprodotto: particolare del disegno originale su carta cm. 70 x 25.

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Disegno C: osservazioni sul corso del fiume Molina in data 30 settembre 1867.

Disegno D: non datato, da alcuni atti si presume sia del 1870. Dei luoghi ove cadono le acque dopo l’irrigazione dei Campi denominati Brolo e Prati della Chiesa di ragione Conforti ora del Sig. Ermenegildo Gnecchi. 256


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Glossario In ordine alfabetico, con traduzione dei termini dialettali


A Abate - Primo superiore regolare di un’abbazia incaricato delle questioni temporali e spirituali della comunità. Acqua - Trasparente lascia intravedere la vegetazione. Alberi da frutto - Sul percorso di un fosso irriguo tra le cascine Speranza e Mortaio si trovano alberi spontanei fruttiferi - Brugnì. Allocco - Èl loch, uccello terrestre, massiccio di struttura, occhi neri, piumaggio rossiccio-grigio. Andadore - Uno dei reggenti della Vicinia (supplente). Andana - Antanò. Falciando l’erba con la falce fienaia si crea sul fianco sinistro del raggio d’azione della falce un lungo mucchio lineare di erba tagliata che si chiama antanò. Angolo di campo irregolare Ponciù. Antiano - Responsabile di far rispettare gli orari imposti dal regolamento dell’Universitas delle acque. Antoniola - Vaso irriguo, è utenza filiale del Comprensorio della Seriolazza. Antù - Margine di azione in un campo e disponibile per foraggi, erba, fieno ed anche fra due filari. Quello spazio di terreno che sta in mezzo l’un filare delle viti o di gelsi e l’altro. Arativa - In varie testimonianze l’indicazione ad lamas è riferita ad appezzamenti di terra aratoria o prativa (inizi 1300). Archetti portarete - Di protezione

per pescicoltura - Zona Canal Grande - Scovola. Argine - Cötò, piccolo argine di zol-

le con erba, provvisorio, realizzato per deviare il corso dell’acqua. Artemisia - Erbò legn. Pianta del genere della famiglia delle composite, cresce spontanea lungo le rive e in terreni poveri. Torcendo il gambo ne esce un succo aromatico, usato come disinfettante e cicatrizzante sulle ferite. Per la fasciatura si usava la corteccia dei rami di gelso (mur). B Bada - La Badò. Vaso irriguo. Il toponimo Bada sembrerebbe antico nel significato di guardia. Il nome è attribuito anche alle vicine cascine Bada di Sopra e Bada di Sotto. Il vaso Bada è composto dal Pozzo Bada e Bada sollevato. Ballerina - Boarotò, nera e bianca. Cutrettola - Boarinò, gialla con capo scuro. Uccelli terrestri. Identiche le caratteristiche esterne da noi perchè le conosciamo solo in abito estivo. Sono gruppi molto complessi. Entrambe fanno tremare la coda. Barchessa - Come toponimo anche barek, barachì, indica recinto per animali, tettoia, portico. Nome dato alle ex case nuove Lanti di Via Beccalossi. Bassina - La Basinò. Vaso irriguo. È capo del IV omonimo comprensorio. La posizione del toponimo ne giustifica il nome. Probabilmente dalla voce dialettale basso - bash. Bassinetta - Vaso irriguo. È utenza filiale del IV Comprensorio della Bassina. Bedoletto - Vaso irriguo. Ha origine presso la “Cava Sette Fontane” di 260

Castelletto, scavato nel 1890 circa dai proprietari Seccamani, Locatelli, Sartori. A titolo di cronaca facciamo notare che il Bedoletto è disegnato nella tavola delle proprietà abbaziali qui rilevata nel 1780. Benone - Binù. È citato pure in Val Benone o Moresche. Nome dato anche alla cascina in Via Ghedi. Questo fontanile è suddiviso in quattro settori: Benone Relongo, Benone Rescatto, Benone Mezzodì, Benone S. Nazzaro. Benvenuta - Vaso irriguo. Probabilmente toponimo simbolico. Bersaglio - Vaso irriguo (v.). Biona - Cascina, era situata nella zona della Scovola, con terreni coltivati a risaia. Bocca e Bocchetto - Bocò è Bochèt. Derivazione o presa d’acqua dal vaso principale e può essere così modellata libera con erogazione continua oppure secondo una prefissata unità di tempo. Esempio: Bocca Camponuovo, Bocca Cavalletta, Bocca Sangervasa, Bocca Bredavico, Bocca 40 piò; Bocchetto Costa, Bocchetto Gorna. Bocchetto Costa - Bochèt dè la Costò. È utenza filiale del Comprensorio della Seriolazza. Bonaga - Al confine territoriale fra Ghedi e Bagnolo a ovest del canale della fontana Castella, precisamente alla confluenza di vari vasi irrigui con il canale delle fontane Trusa e Mianina, ha origine la roggia Bonaga. Scorre verso sud e a breve distanza dall’erogatore della Serioletta entra nella Roggia Seriolazza, in zona capofonte del fontanile De Giuli detto N° 4.


Boscatico - In età feudale, tassa che si pagava al signore (nel nostro caso all’abate) per aver il diritto di far legna nei boschi dell’abbazia. Botte a sifone - Èl salt dèl gat. Attraversamento a sifone della roggia Catilina nei pressi della cascina Madonna della Stalla (foto a destra). Braccianti agricoli - vulgo ch’èi dè la säpò. Negli anni ‘50 furono occupati per la manutenzione e sistemazione di canali irrigui particolarmente per il canale Gambara e per occupare la maggior mano d’opera possibile fu scelta la via del badile, della cariola. Breda - Bredò. Significherebbe terreno sterile, non produttivo. Nel nostro territorio troviamo Breda del Latte, Breda D’Ale, Breda Mala, Breda Vico, ecc. Brolo - Bröl. Appezzamento di terreno adiacente alla cascina riservato all’affittuale del fondo, con alberi da frutto: pero, melo, prugne, marene, persici (sic). Fra le altre colture arboree si coltivava la vite, l’americana più resistente alle malattie insieme alla varietà detta “Clinton”. C Calaverna, brina - Calabrosò. Calvero - Calvèr. Vaso irriguo. È citato nell’atto d’investitura del 1223 fatto dall’abate Onesto dove indica una pezza di terra dislocata presso contrata Calver-flumen [non è citato dal Barbera]. Anche chiesa campestre di S. Pietro in Calver. Campagna - Nel Bresciano le campagne così nominate per la povertà dei suoli e delle vegetazioni che le distingue. Esempio: Bosco o Pradasso, Canton Viganovo, Codebò (anche sorgente), Fontanone Mattina, Fontanone Sera, Longura, Moresche, Onizzetto, Schiavetto, Serioletta, Viganovo, Campo Patuzzaia. Camparo - Guardia campestre, carica molto antica, nel 1646 i campari erano quattro, la loro nomina spettava alla Vicinia Generale e potevano essere rieletti. Il camparo perciò era tenuto a denunciare gli eventuali danni recati alla campagna. Camparo d’acqua - Adacquarolo, daquaröl. Il suo compito era di vigilare alla conservazione del patrimo-

nio acqueo. In un concorso del 1862 è scritto “per un posto di custode delle acque comunali”. Campatico - Imposta sui redditi agrari. Campo Nuovo - Rödèl. Vaso irriguo, utenza filiale del Comprensorio II del Naviglio. Canale-fosso - Quel canale che riceve l’acqua dalla presa, la parte sulla terra da irrigare. Di ripresa o di scolo, quello che riceve il rifiuto delle acque di un campo o di un prato per irrigare degli altri più bassi. Cancelliere del Comune - In pratica era la carica più importante, la cui elezione fatta in Vicinia cadeva sempre sopra una persona che fosse notaro. Durava in carica come i consoli ed i sindaci, un anno; poteva però essere rieletto. Il suo dovere è di custodire gli atti raccolti nell’archivio comunale. È l’attuale segretario. Candela - Alla livellazione del terreno segue la tracciatura cioè la formazione di solchi o canaletti equidistanti, perpendicolari al dugale di alimentazione dell’acqua. Scavo sottile e fondo che taglia diritta la marcita. Capirola - Caperöl. Sorgente di proprietà del quondam De Giuli cav. Pietro. Dal nome della famiglia Capirola (?) come all’attuale cascina. Cardellino - Raarì. Faccia rossa, larga banda alare gialla. Uccello di passo, anche stanziale. Carice - Carezè. Piante palustri delle ciperacee le cui fogli lunghe e tenaci servono a impagliare sedie, fiaschi, ecc. Cascina - Cortivo. 261

Cassaga - Vaso irriguo. Potrebbe derivare dal cognome di una famiglia patrizia bresciana. Cavalletta - Vaso irriguo, come Cavallina, dal cognome della nob. famiglia Cavalli, proprietari terrieri in Leno e Porzano nel sec. XV-XVI.

Cavedagna e Capezzana - Caedagnò. Viottolo campestre di accesso lungo le testate dei campi. Cavedano - Caisì. Pesce d’acqua dolce poco pregiato. Cavo Inferiore - Vaso irriguo di bonifica. Cavo Superiore - Vaso irriguo di bonifica. Ceppo - Taparèl. Parte secca del tronco d’albero; si stacca con un colpo di scure (manarì). Nel periodo bellico mancava anche la legna da ardere e il povero vagava per la campagna a “far taparei”. Se incappava nel padrone del fondo, controllava il raccolto nel sacco. Chiavica - Opera in muratura per regolare il deflusso delle acque [da noi è chiamato manufatto]. Negli atti di consegna dei fondi all’affittuale è detta ciaego, come paratoia in larice a due maniglie; misurano mt. 1,15x1,10, 0,95x0,68, 0,83x1,02. Chiavica piccola (ciaeghet). Tipo


steri erano diventati proprietà di principi secolari, i quali ne distribuivano le rendite ai loro favoriti di corte. Coloro che diventavano abati in questo modo venivano chiamati abati commendatari e si diceva che i monasteri erano tenuti in commendam. Questo abuso oggi ha cessato di esistere (T.M.). Contadini - Erano padroni in proprio dei terreni. Colla - Porcò. Tra solco e solco; difetto durante l’aratura del terreno. Coltello - Ranzetò. Lungo coltello rettangolare ottenuto dal troncamento di una vecchia falce con un rustico manico di legno (Muzzi). Cucca - Vaso irriguo in Porzano (v.). Curato, nettato, pulito - cürat. Riferito ai fossi, ai dugali per irrigare. grande in metallo per deviare l’acqua di un canale dicesi in dialetto ciaigù = paratoia o saracinesca mobile. La chiavica in legno è sostituita da tempo, da quella interamente metallica. Cicogna - Segògnè. Cavo del comprensorio II del Naviglio. Ha dato il nome all’ex possessione dell’abbazia. Nel 1780 copriva una superficie di 132 piò. Il toponimo rimane ad un gruppo di case sulla Via Brescia. Cimice - Sömegò. Insetto piatto, sottile di odore ributtante. Cittadini - Rurali, coloro che erano compresi nell’estimo dei contribuenti di Brescia città. Coda d’acqua - Ciò che resta nel canale distributore una volta cessato il periodo di dispensa oraria e che continua a defluire fino a che il canale stesso resta all’asciutto, spetta di diritto all’ultimo utente servito. Coli - Sguì. Diritti di colatura d’acqua da fondi superiori. Colonnato - v. Taglia. Colonnelli - Appezzamenti di terreno che il Comune annualmente assegnava in affitto, per sorteggio, a famiglie originarie. Compartite - Elenchi annuali per determinati orari d’acqua, variabili di anno in anno secondo l’inizio del periodo di irrigazione. Commenda - La pratica di dare le rendite di un’abbazia ad un assente che era abate solo in teoria e che magari non aveva mai visto il monastero. La causa principale di questo abuso era il fatto che molti mona-

D Decima - La decima parte del raccolto, del reddito, dovuta come contributo, per lo più alla Chiesa, a Leno era dovuta all’abbazia.

Difesa - Due immagini di difesa e sostegno delle sponde con palafitte e assi di robinia o di ontano (foto sopra) e con pali e piastre prefabbricati in cemento (foto a destra). Diga - Palinè. È formata da aste di larice e ontano sul Molone in prossimità della foce del fiume Mella a sud-ovest di Milzanello Disboscare - Svegrà - svegrata. Ridurre il terreno in stato di potervi seminare. 262

Divisore - Penèl. Divisore centrale di un vaso per spartizione delle acque. Dugale - Dögal. Piccolo canale adacquatore. E Erba medica - Erbò spagnò. Assai diffusa in agricoltura fra le foraggere per l’alimentazione del bestiame. Erba pavarina - Erbò paarinò. Pianta annua che si trova nei luoghi erbosi, ha le foglie ovate cuneiformi. Viene mangiata dal pollame e dagli uccelli granivori. Erba di San Rocco - Erbò dè san Roch, detta anche Erba di Roberto. Erba di San Giovanni - Erbò dè san Gioàn. Verbena officinalis. Erba comune negli ammassi dei sassi, ha qualche credito di febbrifuga. Erba della Madonna - Erbò dè la Madonò. Pianta annuale che ha fiori ascellari bianchi e colorati. Nasce nei luoghi umidi. Erba grassa - Erbò grasò. Trovasi facilmente quest’erba lungo i fossi, le sue radici tagliuzzate e messe in bagno danno una saponaia che imbianca il lino. Erba di San Giacomo - Erbò dè san Giacom, chiamasi pure senecio maggiore, ha fiori gialli a stella.

Erogazione acqua - Particolare di paratoia metallica rimovibile a mano. Al capo adacquarolo veniva indicato che ad ogni giro di volantino corrispondevano X litri/1’ di acqua erogati.


F Fagiano - Fasà. Variopinto, coda molto lunga, di solito ha un collare bianco; stanziale. Falce fienaia - Ranzò. Ogni falciatore era proprietario del proprio attrezzo, e prima dell’avvento della falciatrice meccanica il taglio dell’erba era manuale. La falce era utile specialmente per la pulizia delle ripe dei fossi e dei dugali prima della stagione delle irrigazioni. Falco - Falchèt. I veri falchi hanno testa piuttosto grande, spalle larghe, ali lunghe appuntite, coda piuttosto lunga. Fattione - Uso, utilità, per estensione da “prestazione d’opera obbligatoria”. Fattoria - Gruppo di edifici agricoli con una cappella e un quartiere di abitazioni condotto generalmente da fratelli laici che lavorano ai limiti della tenuta del monastero. Queste “fattorie” erano necessarie nel Medioevo quando i monasteri possedevano vaste estensioni di terra e le comunicazioni erano difficili (T.M.). Felice - Felèsh. Vaso irriguo, è utenza del I Comprensorio della Seriolazza Fienile - Propriamente vuol dire luogo dove si conservano i foraggi o il materiale per lettiera (da strame) al bestiame. Così erano chiamati un tempo i cascinali attorniati da prati e con stalla dove si portava il bestiame a consumare il fieno. Oggi è sinonimo di cascina. Fiocco, Falda - Faliò di neve. Le falìe sono le lacrime gelate del cielo. Firme: rata et grata - Erano vocaboli usati per indicare pieno consenso di volontà. Fola - Vaso irriguo in territorio di Porzano. Fontana Nuova - Esisteva un “Consorzio Fontana Nuova”. Fontanello Benini - Èl vas dè Binì. Detto anche Vaso Nuovo. Attualmente proprietà dell’azienda agricola Corini Angelo, cascina Bredavico Sotto. Canalizzato sopra il Vaso Littorio. Fontanello Ochi - Nome comune di fontana seguito dal nome di famiglia. Probabilmente ebbero proprietà.

Fontanile, fons, fontana, bolla - Si origina in un rivus, rinus, ingrandendosi da origine ad una Seriola o Roggia. Seguono: Fontanelle il nome può essere giustificato dalla presenza di alcune sorgenti. Altri fontanili: Fontanella Trusa, Fontanella delle more, Fontana lunga, Fontana nuova, Fontana Breda Zoppa, Fontana Co dè Bò, Fontana Bravi, Fontana Gatti, ecc. Nel 1911 l’attuale Via IV Novembre era denominata Vicolo delle Fontane. Formola - Vaso irriguo. È utenza filiale del Comprensorio della Benvenuta. L’origine del nome viene proposto così: “Lo scavo di un fosso per irrigare un campo veniva definito col termine “forma”, una piccola forma era chiamata formola ed ecco che il vaso irriguo e la cascina possono richiamare benissimo un intervento di questo tipo”. A nord dello stabile si trova il capofonte della “Fontana Formola” di scavo relativamente recente. Fossadosso o Fossadaccio - Vaso irriguo. È utenza filiale del IV Comprensorio della Bassina. Frezule - Sfrüzùl. In documenti del XII e XIII secolo è citato come Flumen Frizioli, Friziolus. “L’ospitalis era collocato a ridosso delle mura nella zona nord-ovest del castrum, dove a costeggiarle era il flumen Friziolis”. Fringuello - Franguel. Doppia barra alare bianca, lati della coda bianchi. Ha un bel canto; stanziale. Frisioscata - Vaso irriguo citato dal Fappani in Enciclopedia Bresciana, VII, 135. Non più esistente nel sec. XIV. Fuochi - Nuclei familiari. 263

Frammento di manufatto, a colonnetta con guide cardinali con vistosa rottura datato 1760 sito tra cascina Uggera e Fornasetta. Inserito in testa al ponte sopra la Seriola Fola.

G Gambarella - Riferimenti al flumen Gambarella in una charta investiture del 1250. L’attuale Via Matteotti. I nostri nonni attribuivano l’etimo per la grande quantità di gamberi presenti nel fosso. Gambaresa - Vaso irriguo. Ex utenza filiale del III Comprensorio della Benvenuta. Gancio per il portacote e roncola - Felepò. In tondino di ferro agganciato alla cintura Giaggiolo - Spadù. Fiore selvatico di colore azzurro o giallo. Diffuso nelle nostre campagne. Girino - Ranabòtol. Primo stadio allo schiudersi dell’uovo di molti anfibi (rane, rospi, salamandre, ecc.). Vivevano nei numerosissimi stagni diffusi nelle nostre campagne. Le rane erano il caviale del venerdì (di magro) per moltissime famiglie.


Gora - Canale che conduce l’acqua da una roggia al molino. Gorgo - Goì. Solitamente dopo un ponte dove l’acqua trova un letto più profondo. Gorna - v. Bocchetta Gorna. Gorno era cognome diffuso a Leno. Gravezze - Tasse, come aggravi, imposte.

Guado - Guàt. Nel nostro caso non è da considerarsi un passaggio ma un punto in cui gli animali possono accedere per abbeverarsi. Guazzo - Sguass. Campo pieno d’acqua, adibito a caccia di volatili acquatici di superficie. I Imbottado - Dazio, imposta su biade, prodotti agricoli. Innesto - Enserì. La parte di un ramo con gemme che salta da una pianta viene inserita su di un’altra. Irrigare - Dacquà, adacquare. L Ladino - Ladì e trifoi. Erba foraggera per bestiame. Prato e trifoglio.

Griglia - Restelèt mobile in barrette di legno a semicerchio collocata nel dugale coperta di teli e fissata con zolle. È un antico metodo di sbarramento per convogliare l’acqua sul terreno.

Lampo - Sömelèch. A volte seguito dalla caduta del fulmine (sàetò). 264

Laniva - Terra paludosa, lana. Lanterna - Löcernò. A petrolio multiuso, da appendere in stalla, al carretto, indispensabile di notte per l’adacquarolo. Lavaculo - Laacül. “L’idrotoponimo Lavaculo, vaso, sembra collegarsi ad un intervento di parcellizzazione dagli esiti ancora evidenti, ancorché non si tratti di recupero di strutture in epoca umanistica come potrebbe il termine usato” (A.B.). “Forse dal dialetto laà = lavare e còle = rialzi di terra tra solco e solco” (A.F.). Leno - Latino Lenum, dialetto Len. Lenese, si riferisce alla comunità che si istitualizza alla fine del XII secolo nel “Commune Leni”. Leonense - È definito tutto quanto attiene all’abbazia benedettina. Limoncina, acetosella - Limunsinò. Lingua di cane - Lenguò dè cà. Piantaggine. Pianta selvatica delle plantanginee. Lite - Si metteva lite, questione e controversia per chiarire il carattere giuridico. Littorio - Dei littori, fascio; siamo nell’anno XI dell’E.F. nome dato anche al Campo Sportivo (Ippodromo) alla cascina di Via Ghedi. Utenza filiale del Vaso Frezule in località Torchio Pozzolo. Livello - Dal latino libellus, libretto ch’era il documento in duplice copia che si scambiavano per reciproca grazia i due contraenti, è un contratto agrario a lungo termine. Il livello ebbe diffusione soprattutto in Italia, fra i secoli VII e XIII. Locusta - Già Cavalletta, Caaletò. Nome di alcuni insetti degli Ortotteri di color verdognolo con lunghe zampe posteriori atte a saltare, sono voracissime e danneggiano ogni coltura. Citiamo le cavallette per ricordare la loro presenza tanto nociva nelle nostre campagne. Facciamo riferimento ai verbali del Consiglio Provinciale (seduta 19-6-1891) e del nostro Consiglio (seduta 19-1-1892) durante le quali si approva il Regolamento riguardante i provvedimenti da prevedersi in caso d’invasione delle Cavallette colla aggiunta delle norme per la loro distruzione indicate dal Regio Ministero di Agricoltura.


Loglio, Logliarello, anche Fraina - Lergò. Pianta da foraggio scadente da bestiame. Lombrico - Setòl. Verme degli anetti di color carnicino; frequentissimo nei terreni umidi e grassi. Lucertolone - ramarro - Lözertù. Luccherino - Lögörì. Vertice e mento neri, giallo sulla coda. Lume ad olio - Löm aòio. Vaschetta metallica con un beccuccio da cui usciva un lucignolo alimentato da olio di ricino.

Luppolo - Loèrtìss. Pianta assai nota, spontanea. In primavera si raccolgono le punte perché commestibili. M Macinato - Imposta sul. In uso nei secoli XVI-XVIII, che fu riesumata dal governo italiano nel 1868, per riassestare le finanze statali. Definitivamente abolita nel 1880. Macinatoria da olio - Altro edificio situato in contrada del Viganovo o della Costa, con macina da grano e macinatoia di semi di lino per ricavarne olio (cfr. voce Rassica).

Malinconica visione - Cascina Morosine, paratoia di servizio sul Vaso Rovertorta. Malva - Malvò. Diverse specie, cresce lungo i fossi, le strade campestri, attorno alle abitazioni di campagna. Le malve sono usate come emolienti e rinfrescanti.

Molina - Mulinò. Vaso irriguo. È utenza del I Comprensorio della Seriolazza. Molone - Mulù. Vaso colatore che si forma nel territorio sud-est di Poncarale con acque sorgive, passa per il territorio di Bagnolo e di Leno, alimenta alcuni vasi irrigui e si getta nel Mella al ponte di Manerbio. “Nel 1434, venne ideato ma non compiuto, un canale a vaso che partendo dal Naviglio Grande a S. Zeno raggiungesse Bagnolo Mella sulla seriola Molone, terminante a sua volta a Manerbio” (E.B. X 175). Moronata - Terra, colture con filari di gelsi (mur). Musco, dialettale Muschio - Erbò tepò. Nome generico di molte piantine Embriofite che vive nei luoghi umidi e sui tronchi.

Manufatto con paratia - In pietra, di divisione delle acque, a tre vie con chiaviche metalliche, in un campo nei pressi della cascina “Madonna della Stalla”. Marcita - Marsidò. È una particolare coltura jemale che esige un terreno sistemato e livellato che consenta lo scorrere lieve di un velo d’acqua sul terreno che impedisce il raffreddamento della coltre permettendo all’erba di crescere. Massaro - Esattore, Massaria = esattoria, anche colono a mezzadria (dial. màser). 1641 a Leno, “massarolo, che ha cura et obbligo di eseguir gl’ordini dè pubblici Rappresentanti”. 1557 a Porzano: Zuan Piero Zambon massaro di messer Questin Cavallo. Lazarin de Lazarin massaro di domino Marc. Poepagni.

Natrice - Bes ranèr. Denominazione comune di serpentelli del genere natrix, in particolare della biscia d’acqua. Naviglio - Naelè. Vaso irriguo. È capo del II Comprensorio omonimo. Nicla - Vaso irriguo. È utenza filiale del II Comprensorio del Naviglio. Nicletta - Vaso irriguo. È utenza filiale del II Comprensorio del Naviglio. Noce - Vaso irriguo. È formato dalle acque dei fontanili Lamoni e Capirolo.

Mella, fiume - A confine del territorio di Milzanello, anse provocate dalle piene. Merlo - Tutto nero, becco giallo. Stanziale nei nostri giardini. Misure - Vedi scheda pagina seguente.

Nutria - Roditore, noto anche con le denominazioni di topo d’acqua o castoro di palude. È presente nella nostra campagna provocando danni devastanti.

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Misure Due esempi di misura della portata delle acque, citate in documenti del 1541 e 1570. 1541. “...Quadretti 3 di acqua in tutto, computando quella si ritrova nella Serioletta da esser misurata da Cavezzi 50 insuso di sopra della strada di Ghedi per altri Cavezzi 100 con soglie 3 di Brazza 6 l’una di larghezza; con caduta di Oncie 4 in detti Cavezzi 100 situata poi sopra a quella di mezzo e detta acqua sia poi per giorni 3 e mezzo della settimana”. 1570. “L’acqua deve essere misurata in un modello costituito un tratto di vaso rettilineo lungo 100 Cavezzi (mt. 283,10) con tendenza uniforme di 4 Oncie (mt. 16,7) sui 100 Cavezzi pari a pendenza unitaria di metri 0,56 per chilometro (sic) largo al letto oncie 48 (1,884) nel quale siano poste 5 soglie di pietra una per ogni 25 Cavezzi (mt. 70,73) e deve il Comune mantenere perpetuamente sulla soglia di mezzo una sezione liquida di flusso dell’altezza di Oncie 9 pari a mt. 0,353 e della larghezza di Oncie 48 pari a mt. 1,884: dimensioni il cui prodotto da appunto tre quadretti di superficie”. 1844. Misure delle acque irrigatorie. Si soleva nei primi tempi stabilire l’onciato o misura con una bocca aperta nella sponda del canale ad una determinata altezza aldisopra del fondo, e aldisotto della superficie ordinaria delle acque. E così si costuma ancora nelle provincie di Bergamo, Brescia e Mantova, mentre nelle provincie di Milano, Lodi, Pavia e Cremona il modulo di misurare venne perfezionato. Oncia d’acqua Il Cattaneo la usa come unità di deflusso dell’acqua e la fa equivalente a tonnellate N° 2 1/2 (o 2.500 litri) per minuto secondo. Il Benedini riferisce che: “È spezioso a notarsi come la terra bresciana, culla dei primi cultori dell’idraulica scienza, manchi, sola fra le lombarde quando le eccettui la bergamasca, di una unità di misura, se non esatta almeno attendibile. Il modulo bresciano è il quadretto descritto dal Barattieri vale a dire un corpo d’acqua corrente in un canale di determinata pendenza, avendo altezza e larghezza di un braccio (metri 0,47099) come vuolsi da alcuno di mezzo braccio di altezza sopra due di larghezza. Ma non essendovi prescrizione di battente ossia di carico, codesta unità di misura riesce affatto arbitraria, perocchè a calcolare l’efflusso di un liquido da un determinato orifizio o cateratta, non sia sufficiente misurare la sezione della vena, ma ben anco convenga calcolare la sua velocità dovuta all’altezza viva della superficie libera del liquido sul labbo superiore della cateratta; così pure ponnosi ottenere i multiplici di codesta superficie di 144 once onde produrre due o tre quadretti componendone in varia guisa le dimensioni, cioè variandone ad arbitrio il perimetro, il quale ha tanta influenza sulla contrazione della vena, e il battente, il quale ha tanta influenza sulla velocità. Infine citiamo il quadretto mantovano. Antica unità di misura della portata di corsi d’acqua equivalente a 314,33 1/s. Sistema metrico Il sistema metrico decimale fu proposto dall’Assemblea Costituente francese nel 1790, introdotto in Italia nel 1860, è entrato in vigore a livello internazionale nel 1875. A Leno si aprì una scuola gratuita festiva pratico-sperimentale affinché il pubblico non incontrasse gravi difficoltà a deporre le vecchie abitudini. 266

Onizzetto - Vaso irriguo. Utenza filiale del I Comprensorio della Seriolazza. Onizzetto Nuovo o Cavo Nuovo Onesèt. Segnato a nord-est di Leno, lo dicono pure diminutivo di Onesh = Ontano. Ontano - Ones. Della famiglia delle betullacee, alto fra i 18 e 26 metri circa. Legno color bianco-giallastro che diventa rossiccio al taglio, tenero, leggero, facilmente lavorabile. Poco durevole all’aria, immerso nell’acqua dura per secoli. Da millenni l’ontano è il fedele custode delle acque, sentinella eterna di tutte le civiltà europee. Da sempre usato nella costruzione di palafitte e strutture sostitutive immerse nell’acqua (F.I.). Non vi è una cascina che non abbia un orticello che dai rispettivi contadini venga coltivato a verdure. Accanto all’orto vengono allevate pianticelle di gelso, platano, robinia e ontano, riservate esclusivamente al proprietario del fondo. Ore d’acqua assegnate - Soggette a canone: se doppie significa a roggia piena, pagando il doppio affitto; se semplici a metà roggia, pagando l’affitto semplice. Orecchietta - Uricinò. Pianta con fiori semprevivi, con foglie carnose. Sono spinaci selvatici. Oriolo - Oriöl. Il prof. Laeng così scrive: “Fra coloro che si sono occupati del toponimo si nota un vero brancolare intorno ai possibili etimi; cosa che il Gnaga condensa nelle osservazioni qui elencate: Oriolum, Oriol, uguale a “porticus” per il Du Cange; Orio, sinonimo di Iorio, per il Lorenzi; nel basso latino orum, uguale a “margine e sito roccioso”... secondo l’Olivieri; da aureulus, secondo il Guerrini; da ravvicinare ad “orum”. È quest’ultimo parere che a nostro avviso assume il suo giusto valore (...)”. Fra i vasi Oriolo del nostro Comune abbiamo: Oriolo Nuovo ex Oriolo Torto.


P Pabbio o Panico - Papol. Pianta che nasce spontanea nei prati destinati al pascolo. Si raccoglie il seme che viene usato come becchime per il pollame. L’attrezzo per la raccolta dei chicchi delle piccole spighe è detto Papolà o Papoladurò, essa consiste in un sacco aperto tondeggiante sostenuto da una forcella di legno.

Partitore - In muratura di calcestruzzo con paratoia metallica rimovibile a mano oppure azionabile tramite vite, a una o due luci (es. P. Scattolini). Pascoliva - Terra adibita a pascolo. Passera d’Italia - Paserò. Vertice cioccolata senza strie ai fianchi. Comunissima da noi. Pasarinò la femmina. Passonata o Palafitta - per fondamenti. Passone - Grande palo. Pastinaca - Maìgolò. Pianta annuale ombrelliferas che nasce nei luoghi sterili, incolti, affine alla carota la cui radice serve di condimento in certe vivande. Maìgola era sinonimo di miseria. Pattume - Patös. Erbaccia di terreni incolti. Serviva solo per fare il letto (falèt) alle bestie. Pavona - Paunò. Vaso irriguo, parte dai “Chiaviconi” (inizio Via della Repubblica-P.zza C. Battisti) sottopassa i giardini pubblici, Via della Badia, (v.).

Pendolino - Uccellino, ammirato per il modo in cui costruisce il suo nido e deve il suo nome alla foggia dello stesso. Sospeso all’estremità di un ramo pieghevole e gli dà la forma ovoidale ed è così complicato e solido che si fatica a credere ch’esso possa essere compiuto nel breve giro di due-tre settimane. Piede - Pè. Antica misura, per i bresciani vale 12 once cioè la sesta parte della pertica, cioè 0,475 467 metri. Piò - Misura agraria di superficie, vale 100 tavole, cioè 400 cavezzi pari a 3.255,393 metri quadrati. Un ettaro = piò 3.071,85. Pistadora o Pista da riso - Edificio situato in contrada Gambarelle (attuale Via Matteotti) serviva alla macinazione del grano con impianto per sgusciare il riso. Poiana - Poianò. Le poiane hanno corpo pesante, coda corta ed ampia. Era diffusa nella nostra campagna.

Polle d’acqua sorgive - Che danno origine al fontanile Conforta di Porzano.

Portulaca - Porselagò. Erba comune con foglie lisce-grasse, si mangia in insalata. Possessione - Nei codici antichi equivale non a possessione, o stabile o possidenza ma bensì al giuridico possesso.

Pozzo - Pos con canaletta prefabbricata in cemento. Pozzola - Posölò. Utenza filiale del I Comprensorio della Seriolazza. Prativa - Coltura a prato. Pregadi - Consiglio dei. Il senato della Repubblica Veneta, in origine (sec. XIII) composto da sessanta membri, con vastissimi poteri legislativi, esecutivi e anche giudiziari, ma considerato sempre un’emanazione del Maggior Consiglio. Provvisioni - Delibere. Q Quadra - Circoscrizione amministrativa dei tempi dei Visconti e di Venezia, comprendente un certo numero di comuni. R

Ponte - Sapel. Passaggio angusto di poca larghezza che da accesso ai campi. 267

Raccolta sassi - Spradà. Raccogliere manualmente le pietre sparse sul terreno. Lavoro eseguito in primavera. Ragionato - Nel 1646: “li Ragionati giudicano in specie le accuse de’ danni della campagna”. Ragnatela - Talamorò. Si raccoglieva con cura nei locali del molino. La ragnatela, i cui fili ingrossati dal


pulviscolo della farina, era un toccasana se posata sulla piaga o mali di ogni genere. Rametto giovane - Ampolò. Solitamente riferito al ramo di gelso (mur). Ramolaccio - Renolàs. Pianta erbacea spontanea; si coltivava un tempo per la radice di sapore buono da mangiarsi. Rassica - Rasegò. Vaso irriguo, scorre a sera della provinciale Leno-Brescia. Il cui nome deriva certamente dal “Molin della Rassega” (attuale Via Garibaldi n. 7) con l’edifizio della Rassega e macina della linosa. Questa lavorazione avviene principalmente in due fasi: i semi di lino dopo essere stati accuratamente vagliati e purificati vengono macinati; la farina ottenuta viene scaldata e pressata con un torchio comune azionato a mano con sottostanti bacini in pietra per la raccolta dell’olio. L’olio ottenuto ed i sottoprodotti vengono restituiti interamente ai singoli clienti. Ultimo proprietario il nob. Girolamo SeccamaniMazzoli. Rastrello - Restèl. Con denti in ferro, usato per la raccolta delle foglie in autunno tra i filari e lungo le ripe. Ravizzone - Raisù. Da rapa, pianta coltivata per il suo seme oleoso. Redone - Canale che nasce dai fontanili della campagna tra la cascina Rosa e Tibera. Di queste acque il Comune di Ghedi vendette i diritti al Comune di Gottolengo il 19 gennaio 1460. Esso termina entrando nella seriola Gambara a Gottolengo. Reggente - Reggitore o amministratore del Comune, delle Confraternite. Regona - “Quei tratti di terreno che per ingorgo di acque pluviali e per sorgiva o filtrazione sia dai fiumi, sia dai fondi superiori, in tempo di escrescenza, chiudendosi le chiaviche di scolo, vanno soggetti ad alluvione”. Anche: ciglione, argine naturale. Alla bassa Lombardia vale “terreno soggetto alle inondazioni dei fiumi o terra acquitrinosa”. Riempimento rapido - L’avanzadò. Riempimento rapido del canale. Acque riunite per l’azione della chiavica.

Ruota d’acqua - Rödò dè l’acquò. Il periodo che corre fra una concessione d’irrigazione e la successiva. Tale durata varia secondo i bisogni di ciascuna azienda delle colture e della qualità del terreno. Può essere settimanale, di nove o di dieci giorni. Al termine dell’orario stabilito, l’acqua passava al successivo utente, variando la posizione delle chiaviche. Pertanto si usava dire: “’no a girà la ciaegò” oppure “’no a oltà l’acquò la garès dè esèr riadò èn co”. S Rigagnolo - Fosadèl. Diminutivo di fosso.

Rino - Rì. Nome comune di corso d’acqua. Nell’azienda acque abbiamo Rino inferiore, superiore, vecchio. Ripa - Fianco di un fosso o di un vaso irriguo. Le ripe boscate sono sempre unite ai fondi e se fanno parte integrante dei medesimi sono comprese nell’affitto. Il nome è italianizzato dal dialetto riò-riè. Robinia - Rübì. Dal nome del botanico J. Robin. Genere di piante spermatolite, detto volgarmente falsa acacia. Sono alberi o arbusti recanti foglie e spine con fiori odorosi a grappolo penduli. Il suo legno è usato specialmente per consolidare arginature di fiumi, torrenti e fontanili. Rodello - Rödel. Vaso irriguo detto anche Campo Nuovo. Nel 1910 era una bocca del Naviglio. Roncola - Podèt o Podetò. Per tagliare la legna. Rosolaccio - Rosolè. Pianta spontanea di papavero, si raccoglie prima della fioritura, cotta è ottima da mangiare. Rovi - Roedè. Fruttice spinoso, delle rosacee, i cui frutti detti more di macchia sono dolci e commestibili (Melzi). 268

Saggina - Melgò, anche milica. Salvasecca - Vaso irriguo. Utenza filiale del I Comprensorio della Seriolazza. Sambuco - Sambüch. Pianta delle Coniceracee con fusto e rami midollosi i cui fiori bianchi a grappoli servono per infusi medicinali. Sangervasa - Vaso irriguo. È utenza filiale del II Comprensorio del Naviglio. Sanguisuga - Sanguetò. Verme nero diffuso nei nostri fossi. In primavera, un capiente vaso di vetro ne conteva decine e faceva bella mostra di sè sul banco delle farmacie. Si attaccavano alla schiena del malato, ne incideva la pelle per succhiarne il sangue. Scanalocco - Scanaloc. Vaso irriguo. È utenza filiale del I Comprensorio della Seriolazza. Il toponimo è di antica origine, già indicato come “Quartiero” nel 1677, verosimilmente la primitiva cascina assunse il nome dal cavo di irrigazione detto Bocca Scanalocco. Si ritiene il nome derivato da soprannomi di persona dato ad altre località come Scannabue, Scannaporco, Scannabò, ecc. A Leno “Cristoforo Scannalupi” 1437. Scodiroli e quinternetti - Elenchi delle utenze ricavate dalle compartite che servivano all’esenzione del canone d’affitto, in uso anteriormente al 1800 commisurato sul numero delle ore d’acqua usate. Sega - Rasegot per le piante. Questa sega è a due impugnature adatta al taglio di grandi tronchi, pertanto è usata da due uomini (Muzzi). Seriola - Ser, sar, scorrere. In vari dialetti lombardi ed anche veneti, si-


gnifica roggia, acqua corrente. A Leno abbiamo la Serioletta e la Seriolazza che è il più importante in quanto che dà origine a diverse utenze inferiori che servono alla irrigazione dei tre quarti del territorio di Leno. Seriolazza - Seriolasò. Grande seriola. È capo dell’omonimo I Comprensorio. Serioletta - Serioletò. Vaso irriguo, utenza filiale del Comprensorio della Seriolazza. Animava la ruota del Molino Nuovo di v. Viganovo.

Sfioratore - Invaso dalla confluenza delle seriole Fala-Frezule, a destra dopo lo sfioratore grandi paratoie. Inizio del Molone. Sguazzero - Eletto dalla Vicinia, aveva cura di dare alloggio ai soldati di passaggio, a piedi e a cavallo. Sindaco - In alcuni casi significa arbitro, incaricato, deputato a fare. Vigilava sull’operato dei Consoli, in realtà era quella di coadiuvarli nella loro opera. Soprastante - Di solito erano due, s’intende tra i Vicini ed erano salariati. Sopraintendevano al pane, alle fabbriche, ai danni, ecc. Soradore - Soradùr. È un canale scaricatore per il quale i mugnai aprono la via all’acqua quando non la utilizzano per la macinatura. Infatti abbiamo: Soradore Dossi e Soradore Costa (sede di molini). Soradore Costa - cfr. Soradore Dossi. Utenza filiale del I Comprensorio Seriolazza. Sorda - Vaso irriguo. È utenza filiale del IV Comprensorio della Bassina. Sorgente - Pompine con tubi Norton a infissioni profondi circa tre metri. Spigolare - Spigulà, in agricoltura, raccogliere qua e là spighe, pannoc-

chie di mais, ora patate e pomodori lasciati sul terreno dalle macchine. Sponde - Sono definite scarpate, regolari se bene inerbite. Stelo del mais - Malgas. Stocco - Scamös di mais o di medica. Parte rimasta nel terreno dopo il taglio del fusto. Storno - Stornel. Piumaggio iridescente finemente macchiettato, becco affilato. Striaga - Streagò. Vaso irriguo, è utenza filiale del Comprensorio della Seriolazza. Negli atti di una causa (1357) tra Comune di Leno e Comune di Ghedi a proposito di diritti di erbatico nell’indicare tali zone si legge: ...in territorio di Leno in contrata Striaga.

Tremiselvi - Vaso irriguo. Utenza filiale del I Comprensorio della Seriolazza. Tributo sul macinato - Stopelà, da stoppello, antica misura di aridi di quattro quartini. È un tributo in natura dovuto dall’avventore e che il mugnaio trattiene in base al cereale macinato.

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Tafàno - Taà. Insetto che succhia il sangue dei mammiferi e specialmente dei bovini e degli equini. Talea - Tansa, taglia, imposta: terriera, forestiera, reale, de’ gente d’armi, ecc. Tavola - Taolò, taolè, misura di superficie agraria. Vale mq. 3,071.825. 100 tavole formano un piò bresciano. Terminatori - Definitori, misuratori, agrimensori. Terra - Usavasi indifferentemente Terra Paese e Territorio. Tortora domestica - Turturò. Habitat: nei villaggi, in campagna e nei centri abitati dove nidifica.

Vanessa - 1879, nel nostro territorio sono comparse moltissime farfalle del “genere vanessa con ali rosse macchiate di bruno”. La loro apparizione ebbe luogo nei primi di maggio e durarono, al di poi, abbondantemente per tutta la metà di giugno. Ad intervalli volano fitte a stormi tenendo la direzione di mezzodì. Sono molto feconde di uova i cui bruchi devastano campi di prati, granoturco e specialmente il quarantino appena germinato. Vanga con staffa - Badil col gambèr, fisso sul manico a destra o sinistra, la staffa è utile per meglio affondare la vanga nel terreno. Altro tipo di badile con una stecca orizzontale detta vangile per appoggiare il piede.

Trattore - Trattore con turbina per l’estrazione dell’acqua da una cava per uso irrigazione. 269

U Usignolo - Rösögnol. Uccellino piuttosto senza caratteristiche se si escludono la coda castano bruna ed il notevole canto ricco forte e musicale melodioso. Il suo habitat preferito sono i boschi cedui, vegetazione fitta, tra le ortiche.

Vasi irrigui - Nella foto planimetria dei vasi irrigui: Onizzetto, Serioletta, Bada, Seriolazza. Zona: “La Volta” strada comunale Leno-Ghedi.


Vegriva - Terra incolta, a eghér. Vetrice - Pendol, è una specie di salice: Salix helix. Vinco da paniere o altro come legaccio ai tralci della vite. Vicinia - Voce dell’uso medievale. L’insieme dei Vicini; l’insieme degli abitanti di una certa zona residenti entro i suoi confini; l’insieme dei cosidetti antichi originari col diritto esclusivo dell’amministrazione e del godimento dei beni comuni con l’onere di pagare le imposte. Dalla V. erano esclusi i forestieri e in genere i nobili, ed era formata dai capifamiglia degli abitanti originari. Viganovo - Zona agricola. Bisognerebbe avanzare una doppia ipotesi: “Vucus novus” oppure “Viganum novum”. Vicus è la forma dell’insediamento abitativo di epoca romana e altomedievale. Nell’anno 1250 veniva indicato come una pecia di terra in Viganovo. Vite - tralcio di - Mader.

Z Zappada - Sapadò. In una pergamena del 1446 presso l’archivio storico antico è detta Zapatam. Non saprei se si intende cascata o arginatura; pare però che presso gli antichi il vocabolo Zepatam equivalesse a cascata artificiale. Zappone - Sapù, costituito da un bipenne con un tagliente e una grossa zappa infilati in un grosso manico in legno. Zel - Nome comune delle alghe che vegetano nei nostri fossi. Zolla - Lotò. Si ottiene spingendo la vanga nel terreno, generalmente è erbosa.

A.S.Bs. - Particolare del disegno di Vincenzo Barattoni. Fondo mappe Cigola al n° 1, a. 1673.

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Indicazioni bibliografiche Vocabolario Bresciano-Italiano delle sole voci che si scostano fra loro di G. Rosa, Brescia, 1877. A. Gnaga, Vocabolario topografico Toponomastico della provincia di Brescia, Brescia, MCMXXXVII vol. I A-C ed. Ateneo di Brescia, vol. II lettere D-P - vol. III - lettere P-Z, Brescia MCMXXXIX. D. Olivieri, Dizionario di toponomastica lombarda, Milano, 1961.

T. Romano, ...’na quat paròlå dèlå Bàså Brèsanå. G. Scaramella, Nuovo Vocabolario Ortografico Bresciano, Brescia, seconda edizione 2003. A. Fappani, Enciclopedia Bresciana, Brescia, pubblicazione giunta al XIX volume del 2004. A. Baronio, Monasterium et populus... per la storia del contado lombardo, Leno, Brescia, MCMLXXXIV. D.A. Sina, Le cariche nella Vicinia, in Esine, Storia di una terra camuna, Brescia, MCMXLVI. 271

G. Laeng, Appunti relativi alla conca della Vrenda di Vallio e suoi toponimi, Brescia, 1966. G.B. Melchiori, Vocabolario Bresciano-Italiano, Tomi due, Ristampa anastatica, Giornale di Brescia, 2007. G.B. Muzzi, Memoria delle cose. Il lavoro e i giorni dei contadini della pianura bresciana, Brescia, 2000 (Passin).


Dello stesso autore: Un po’ di storia delle nostre campane, in “La Badia” mensile di vita parrocchiale, Leno, maggio 1962. Dove sorgeva un’antica abbazia, Leno - Tip. Gadaldi, 1971, pp. 296. Invito al Firmamento, Editrice La Scuola Brescia, modesta collaborazione con l’autore prof. Alvero Valetti. Per un trentennio al servizio della Parrocchia, in “La Badia saluta il suo abate mons. B. Galli nel 50° di Sacerdozio”, suppl. “La Badia”, giugno 1974, pp. 40-44 in coll. con Mirella Cerutti. La soppressione dell’abbazia di Leno, Soc. Editrice Vannini, Brescia 1975, pp. 112 con 15b tav.f.t. Uniti a tutta la Famiglia Salesiana, partecipiamo al gaudio per la celebrazione del 30° di Sacerdozio di Padre Eugenio Pennati, Leno-Piura, 1 dicembre 1976, Tip. M. Colenghi-Gambara, pp. 16. A un anno dalla morte di don Francesco Viviani, in “La Badia”, marzo-aprile e maggio 1979.

Agricoltura: le nostre radici. Un profilo storico delle principali colture, in “L’Agricoltore Bresciano”, Brescia, 26 maggio 1990, pp. 111-119. Leno. Dodici secoli nel cuore della Bassa. Il territorio, gli eventi, i personaggi, ediz. a cura della Cassa Rurale ed Artigiana Padana, Litografica Bagnolese, 1993 - vol. I pp. 198, vol. II pp. 236, vol. III pp. 237. Parrocchia di S. Martino in Porzano, memorie storiche, Euroteam, Ciliverghe, 1995, pp. 109. Dalla campagna, alla bottega, all’impresa, Tipolitografia Graficasette, Bagnolo Mella, 1996, pp. 120. Immagini e ricordi dei Caduti lenesi 1940-1945, Graficasette, Bagnolo Mella, 1998, pp. 184. La via delle cascine. Storia e tradizione delle campagne lenesi, Bagnolo Mella, 2004, pp. 379. Miscellanea Leonense di frammenti e documenti, Bagnolo Mella, 2004, pp. 88.

Milzanello e la nobile famiglia Uggeri, Litografica Bagnolese, febbraio 1980, pp. 160. Chiese, priorati e cappelle dipendenti o fondati dal Monastero di Leno (sec. VIII-XIV), in “La Badia”, luglio 1980, pp. 111-121. La Cassa Rurale ed Artigiana di Leno nel XC di fondazione, ricerca storica, Litografica Bagnolese, 1983, pp. 109. Ad Flexum nella storia della Bassa Bresciana, Tip. Di Ferranti e Casarini, Gambara, 1983, pp. 240.

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CARTONCINO VERDONE


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