Shalabayeva

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8 » POLITICA

| IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 26 Novembre 2016

DA NORD A SUD

GIORNATA nera sul fronte degli incidenti di lavoro: quattro le vittime. A Portoferraio, sull'Isola d’Elba, un operaio 50enne è morto mentre lavorava in un cantiere. L’uomo sarebbe scivolato su una conduttura andando a sbattere la testa sulla bocchetta terminale in ferro della tubazione per la gettata di calcestruzzo provocandosi la frattura del cranio. Un giovane di 22 anni è morto ieri mattina

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Giornata di sangue per il lavoro: morti quattro operai

all’ospedale S. Chiara di Trento: era stato ricoverato giovedì sera. Era stato schiacciato mentre era intento a spostare i pesanti pannelli per costruzione in legno da una postazione della gru a carro-ponte alla Xlam Dolomiti di Castelnuovo, in Valsugana. Il blocco dei pannelli di 3 tonnellate, urtando pareti e pavimento ha investito l’operaio spingendolo e schiacciandolo contro i nastri trasportatori. Un operatore

ecologico è morto per le ferite riportate in un incidente sul lavoro alla periferia di Casoria (Napoli). L’uomo, 52 anni, è rimasto schiacciato da due autocompattatori. Un 43 enne di origine albanese, G.R., residente a Fossano (Cuneo), è morto mentre era al lavoro nell’ex stabilimento Radici di via fratelli Cairoli a Isola Dovarese (Cremona). Sarebbe stato investito da un muletto guidato da un collega.

L’ESPULSIONE Alla sbarra possono finire Cortese, ora ai vertici dello Sco della polizia, il questore di Rimini, altri funzionari, un giudice di pace e l’ambasciatore kazako. Ma i conti non tornano

» ANTONIO MASSARI

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ono tanti gli elementi controversi nell'inchiesta che vede indagati l'ex capo della Squadra mobile di Roma Renato Cortese, ora a capo dello Sco (Servizio centrale operativo della polizia), l’ex responsabile dell’ufficio Immigrazione Maurizio Improta, oggi questore di Rimini e altri funzionari della polizia, con l'accusa di falso in atto pubblico, omissioni, abuso d’ufficio, sequestro di persona. L'accusa è grave: sequestro di Alma Shalabayeva – moglie del dissidente Mukhtar Ablyazov – e sua figlia Alua, espulse nella primavera del 2013. La Cassazione annullò poi l'espulsione: “Illegittimità originaria”. Ma allora: per quale motivo

“Shalabayeva, fu sequestro” L’unico innocente è Alfano Fatto a mano

UN ALTRO DETTAGLIO. Pansa

L’indagine di Perugia Resta un mistero su chi ordinò di obbedire ai diplomatici e rispedire la donna nel suo Paese funzionari dello Stato del calibro di Cortese – ha arrestato Bernardo Provenzano, giusto per dirne una – av r eb b er o commesso, in concorso tra di loro, una catena di reati finalizzati al sequestro della donna kazaka? E su ordine di chi, l'avrebbero sequestrata? A GIUDICARE dall'avviso di

conclusione delle indagini notificato ieri, a questa domanda la Procura di Perugia non è riuscita a dare risposta. Di certo, tra gli indagati c’è l'ambasciatore kazako Andrian Yelemessov che, come dichiara il capo della polizia Alessandro Pansa il 28 maggio 2013, “tenta di contattare il ministro dell'Interno, senza esito”. “L'ambasciatore – continua Pansa – viene ricevuto dal capo della Squadra mobile e consegna un appunto informale con il quale mette al corrente che a Roma, in una villa a Casal Palocco, aveva trovato rifugio, unitamente alla moglie Shalabayeva Alma. il latitante Kazako Mukthar Ablyaov, ricercato in ambito internazionale per truffa e associazione criminale per aver sottratto in quel Paese ingentissime somme di denaro”. È una questione internazionale e “il ministro dell'Interno, a seguito di ulteriori telefonate dell'ambasciatore, cui non ha risposto, fa incontrare lo stesso con il suo capo di gabinetto”, Giuseppe Procaccini. E Procaccini, non indagato, si dimette nel luglio 2013 dichiarando che Alfano non fu messo al corrente di nulla. Non essendo inda-

nelle quali si leggeva chiaramente, il 31 maggio 2013, che la donna usava il nome di Alma Ayan per ragioni di sicurezza personale ed era la moglie di nu perseguitato dal regime dittatoriale kazako? La risposta potrebbe essere in uno dei capi di imputazione: i funzionari avevano omesso di comunicarlo, secondo l’accusa, anche alla Procura di Roma. Eppure, l'avvocato De Bavier viene citato nella relazione di Pansa, ma non per questo importante episodio.

Alma Shalabayeva, Alfano e Cortese Ansa/LaPresse

gato, il presunto sequestro non fu né “ordito”, né avallato dal Viminale. E allora, da chi? Perché i funzionari dello Stato ebbero così tanta fretta se nessuno pressava? Tanto meno il ministro Alfano. Il secondo elemento controverso, in questa inchiesta, è che la Procura di Perugia guidata da Luigi De Ficchy, trova delle falle persino nella versione offerta da Pansa, dopo la sua indagine interna e utilizzata da Alfano, nelle ore più calde, per dimostrare che non soltanto non vi fu alcun seque-

stro, ma non vi fu alcuna irregolarità. Quindi qualcuno avrebbe mentito persino al capo della polizia e, di conseguenza, al Parlamento. E allora esistono anche domande politiche, non soltanto giudiziarie, che meriteranno una risposta se la Procura perugina dovesse aver ragione in un eventuale processo. Perché mai, per esempio, nella relazione di Pansa manca qualsiasi cenno alle email, firmate dall'avvocato De Bavier, che i funzionari di polizia trovarono sul tavolo in casa Shalabayeva,

smentisce che tale Sereliyev Bolat durante la perquisizione sia stato picchiato. La Procura inserisce l'episodio in un altro capo di imputazione. E infine: negli atti che Alfano citava in Parlamento, allegati alla relazione di Pansa, c'è un fax della questura in cui si legge –siamo al 31 maggio, tra le 14 e le 20 – che la signora Ayan Alma, in realtà, era la moglie di Ablyazov. E quindi prima di espellerla, sostiene la donna nella sua denuncia – assistita dall'avvocato Astolfo di Amato – che non era poi così difficile scoprire, anche su Wikipedia, che suo marito era un dissidente rifugiato in Francia.

La scheda I FATTI Il 28 maggio 2013 Alma Shalabayeva, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, viene prelevata a Casal Palocco (Roma) e spedita nel suo Paese con la figlia di 6 anni n

LE ACCUSE La Cassazione annulla tutto. Si apre un’inchiesta che investe i dirigenti della polizia, un giudice di pace e due diplomatici kazaki n

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Il processo Alta tensione, scontri verbali tra i difensori, l’accusa e il presidente

PALERMO

Trattativa, si infiamma l’aula bunker na, “che sta su una barella”. Urla e minacce di abbandonare l'aula bunker. Mai in tre anni di l processo per la Trattativa processo il clima era stato così Stato-mafia si infiamma e il incandescente. presidente Alfredo Montalto è Le prime scintille quando il costretto a sospendere l’udien- penalista Basilio Milio, difenza per due volte invitando “alla sore di Mori, ha passato un fopacatezza”. Batglio con alcune tibecchi, frecciadomande a Frante e nervosismo cesco Romito, avhanno caratterizvocato di De Donzato la mattinata La bagarre no, che stava indi ieri spingendo Proteste dei legali, terrogando il coprima i difensori lonnello Massidegli ex ufficiali udienza sospesa mo Giraudo, l'edel Ros Mario L’avvocato sperto di trame Mori e Giuseppe nere che ha collaDe Donno a la- di Riina: “L’Italia borato alle indamentare la “vio- sotto ricatto gini del pool Stalazione dei diritti to-mafia. Il presidella difesa”, e poi da 80 anni” dente lo ha richial'avvocato Luca mato: “Il codice Cianferoni a pronon prevede un etestare per le interruzioni dei same per interposta persona”. pm e a lanciare un invito sibil- Romito, piccato, ha ribattuto: lino: quello a “guardare oltreo- “Le domande le abbiamo preceano” piuttosto che concen- parate insieme”. Quindi Milio trarsi sul suo assistito, Totò Rii- ha lamentato la “violazione dei » SANDRA RIZZA

Palermo

Magistrati Da sinistra, Roberto Tartaglia, Nino Di Matteo, Vittorio Teresi, Francesco Del Bene Ansa

I

diritti di difesa”. Da Parma, Cianferoni ha soffiato sul fuoco: “Do solidarietà a Milio, d'altra parte questo Paese è sotto ricatto da 80 anni...”. A QUESTO PUNTO il pm Nino Di Matteo è sbottato: “Sotto ricatto di chi?”, E Cianferoni: “Guardate oltreoceano e lasciate stare il mio cliente che è su una barella”. Qui Montalto si è alzato e ha sospeso l'udienza per ristabilire la calma. Ma alla ripresa, l'atmosfera si è di nuovo surriscaldata. Al centro dello scontro, inizialmente, l'intreccio Mo-

ro-Mori-Morucci. A proposito dell'allontanamento di Mori dal Sid nel '75 e del suo rientro a Roma il 17 marzo 1978, proprio il giorno dopo il sequestro di via Fani, il pm Roberto Tartaglia ha annunciato che “ci sono atti dell'indagine Moro firmati proprio da Mario Mori”. Quindi ha chiesto a Giraudo di spiegare chi è Valerio Morucci. Ma prima che il colonnello potesse rispondere che si tratta dell'ex capo Br che sparò sulla scorta di Moro, l'avvocato Romito ha esclamato: “È una persona che ha espiato la sua pena”. Tartaglia ha proseguito:

“Risultano rapporti tra Morucci, Mori e De Donno oggi?” “Sì –ha risposto Giraudo –Morucci collabora con la società di geopolitica attualmente diretta da Mori”. L'ex Br è infatti dipendente dalla G-Risk, amministrata fino al 2014 da Mori, e per il 66 per cento di De Donno. L'argomento ha fatto infuriare ancora Milio: “Si continuano a fare domande sulle persone e non sui fatti”. L’alta tensione è riesplosa poco dopo durante il controesame di Pino Lipari, l'ex “consigliori” di Binnu Provenzano. Stavolta Cianferoni, furioso per un'interruzione di Di Matteo, ha urlato: “Basta! Non voglio più essere fermato”. Il presidente ha sospeso di nuovo l'udienza, ma l'avvocato ha detto a Milio: “Non sei solo, non ti preoccupare”. “Non mi preocc up o”, ha risposto Milio. “Nemmeno io”, ha chiosato Di Matteo. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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