La (buona) scuola

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| IL FATTO QUOTIDIANO | Lunedì 28 Novembre 2016

Storia di copertina

Riforma e paralisi

A

» TOMMASO RODANO

I numeri

30%

I bambini disabili delle scuole di Genova che quest’anno resteranno senza insegnante di sostegno (dati Anief)

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giorni su 7: secondo l’Usb Lombardia, molte scuole della Regione, a ottobre, non riuscivano a restare aperte a tempo pieno

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miliardi, secondo Renzi, l’investimento del governo nella Scuola: “Eppure abbiamo fatto arrabbiare tutti”

lla Federico Di Donato di Roma, per molti bambini l’anno scolastico è iniziato a fine novembre. Non siamo in un istituto dimenticato da dio e dallo Stato – nelle periferie dove l’abitudine a fare a meno di tutto non fa più nemmeno notizia – ma in un palazzo del centro, quartiere Esquilino; è una delle scuole primarie più inclusive e multiculturali della città. Alla Di Donato mancano gli insegnanti. Fino alla scorsa settimana gli alunni di una delle classi di III elementare, sezione A, erano rimasti senza maestri. Solo nei primi giorni di novembre è arrivata una nuova supplente di matematica e lunedì scorso una di italiano. Prima, il vuoto. I genitori dei bambini della “scuola che non c’è”, dopo settimane in attesa che la situazione si sbloccasse, avevano scritto una lettera al presidente della Repubblica: “L’insegnante titolare di Italiano ha ottenuto un altro incarico e, senza molte premure né senza avere il tempo di un reale dialogo con genitori e bambini, se ne è andata (...) Dal momento in cui ques t’unica maestra di ruolo, che aveva accompagnato i nostri figli fin dal primo giorno del primo anno, ha abbandonato l’edificio e la classe, la scuola ha tentato di ‘coprire’ le ore di Italiano, Storia, Arte e Educazione Motoria, come ha potuto, suddividendo i bambini in altre classi, ricorrendo alle vecchie ore di programmazione di ogni docente, eccetera. Il quaderno di Italiano dei nostri bambini è fermo. Da trenta giorni alla domanda curiosa, divertita, complice – posta ai nostri figli, o ai loro compagni –di come sia andata a scuola, la risposta è stata ‘niente’ o ‘non so’ oppure ‘ma non eravamo nella stessa classe!’, “boh’”.

“Abbiamo fatto arrabbiare tutti” Quella della Di Donato non è una situazione limite, ma un caso tipico. Non solo a Roma, ma in tutta Italia (e soprattutto al Nord). Aiuta a descrivere il rapporto tra la “Buona scuola” della riforma (la legge 107/2015) e la scuola reale. Una distanza tra intenzioni e risultati che alla fine ha dovuto ammettere lo stesso Matteo Renzi, nel bilancio dei mille giorni del suo governo: “Abbiamo messo tre miliardi nella scuola. Nonostante questo siamo riusciti a fare arrabbiare tutti. Bisogna essere bravi per riuscirci. Evidentemente qualcosa non ha funzionato”.

Qualcosa non ha funzionato, soprattutto nella previsione degli effetti della riforma sugli organici degli istituti. L’inizio dell’an no scolastico in corso è stato disastroso. Le cronache locali hanno raccontato giorno dopo giorno i ritardi nelle scuole italiane; la somma dei singoli casi restituisce un quadro inquietante, con problemi che si sono trascinati fino a pochi giorni fa (e in alcuni territori non sono ancora stati risolti). A Treviso, per coprire i buchi nel personale, sono dovuti tornare dietro le cattedre i dirigenti scolastici. Tra di loro Gianni Maddalon, presidente dell’Associazione nazionale presidi di Treviso e Belluno, che ha spiegato al Gazzettino quale fosse la condizione degli istituti trevigiani ancora a metà ottobre, un mese abbondante dall’inizio delle lezioni: “Ci siamo messi ad insegnare per garantire la copertura di un minimo di ore. In molte scuole si è ancora ben lontani dall’orario definitivo”. La stessa denuncia – negli stessi giorni – era arrivata da moltissime altre province italiane. In quella di Varese, per esempio, un mese dopo la prima campanella, mancavano ancora 250 docenti: “Gli insegnanti contattabili – ha detto a Varesenews il dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale Claudio Merletti – non si muovono finché avranno speranza di ottenere un posto migliore”. Stessa storia a Bologna, con decine di cattedre vacanti e orari ridotti. O in Lombardia, dove l’Usb ancora a ottobre denunciava “il caos” per la mancanza “all’appello di centinaia di maestre, professori e, cosa ancor più grave, docenti di sostegno”: “Ci sono scuole che aprono solo 4 giorni a settimana, scuole che sono aperte da tre settimane a metà tempo, scuole in cui i docenti di sostegno coprono le cattedre curriculari, ledendo il diritto degli allievi

La (Buona) Scuola non ha neanche i maestri

disabili, scuole dove addirittura di rischia di invalidare l’anno scolastico per la perdita di ore di lezione”.

Il paradosso del “Salvemini” Oggi, a fine novembre, il peggio sembra passato. Secondo l’associazione sindacale professionale Anief, la

La celebrazione Matteo Renzi festeggiato all’inaugurazione dell’anno scolastico in una scuola in provincia di Pescara Ansa

LE CARENZE PEGGIORI SONO NELL’ORGANICO DEGLI INSEGNANTI DI SOSTEGNO. AL SALVEMINI DI BOLOGNA, I DISABILI GRAVI COSTRETTI A RESTARE A CASA

situazione si è stabilizzata nella maggior parte delle Regioni, anche se rimane molto critica la carenza di insegnanti di sostegno. La situazione peggiore è a Genova dove – secondo Anief – “il 30% dei bambini disabili delle scuole primarie non avranno docenti specializzati”. Inoltre restano segnalazioni “anche dal Sud, in Calabria, Campania e Sicilia”, dove “risultano ancora vuoti spezzoni di cattedra”. Il caso più imbarazzante è quello dell’istituto tecnico “Salvemini” di Casalecchio di Reno, alle porte di Bologna. In questa scuola all’inizio dell’anno erano stati nominati 18 insegnanti di sostegno. Addirittura 17 di loro hanno chiesto ed ottenuto il

trasferimento. Il risultato è che gli alunni più fragili ed esposti, molto semplicemente, non avranno nessuna figura specifica ad accompagnarli nell’anno scolastico. Il preside del “S al v em i ni” non ha trovato soluzione migliore che consigliare ai genitori, “nel caso di studenti con problemi gravissimi, di valutare la possibilità di lasciarli a casa, qualora la mancanza dell’ins eg nan te di sostegno potesse destabilizzarli”.

La distanza tra proclami e realtà “Questa situazione è il risultato di una somma di errori e resp onsabil ità”. Siamo di nuovo alla Di Donato di Roma. A parlare è Stefano Maschietti, rappresentante del-


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Cattedre vacanti Da Treviso al Sud, passando per Roma, negli istituti non ci sono abbastanza docenti. Chi è di ruolo può chiedere di essere assegnato altrove, i vuoti sono colmati in ritardo IL BONUS » ALESSIA GROSSI

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l nuovo sistema permetterà alle scuole di essere alleggerite dalla burocrazia”: con questo slogan il Ministero dell’Istruzione spiega sul suo sito l’invenzione del “borsellino el et tr on ic o” dentro cui staranno i 500 euro a disposizione degli insegnanti per l’anno 2016/2017. “A disposizione” è una definizione molto ottimistica. Per ottenere il bonus, infatti, bisogna partecipare a un gioco del tipo: “Vuoi i soldi? Prova a prenderli”. Da oggi (la direttiva del Miur è dei primi di novembre) è attivo il sito “Carta del do ce nt e”: un’a pp lic az io ne web a cui registrarsi per prendere il bottino. Via!

Bonus digitale: la corsa a ostacoli per i 500 euro

PER ARRIVARE a questo pun-

la classe III A e a sua volta insegnante nel pubblico. “Con la Buona Scuola – spiega – il governo prima ha voluto riempire gli organici, con un proclama propagandistico. Ha provato a farlo imponendo una minaccia: chi non accetta il posto perché non vuole andare lontano da casa, perde il lavoro. Infine, dopo le proteste e i primi problemi, è andato in retromarcia e ha permesso agli insegnanti di usare discrezionalmente lo strumento dell’ ‘assegnazione provvisoria’ come un trasferimento camuffato”. È successo anche al Di Donato: “La nostra insegnante di ruolo – prosegue Stefano – ha chiesto il trasferimento senza ottenerlo, poi ha atteso l’as se gn az io ne provvisoria. Le è stata con-

cessa con due mesi di ritardo, grazie alla lentezza degli uffici scolastici”. Il risultato è che i buchi lasciati negli organici sono colmati – tardi – dai supplenti, che ruotano continuamente, senza peraltro poter essere stabilizzati, visto che il ruolo è occupato. “Bastava poco: – conclude Maschietti – se avessero analizzato il rapporto tra territori e docenti disponibili, avrebbero scoperto l’acqua calda, cioè che al Sud ci sono troppi docenti ma non tutti sono disposti a cambiare vita e lasciare casa, magari a 50 anni e rotti. Avrebbero potuto studiare una soluzione graduale, invece hanno preferito la propaganda. Ignorando gli effetti concreti delle loro scelte”. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Cortei e proteste Alcuni immagini dai cortei studenteschi dello scorso ottobre contro la Buona Scuola, a Milano e a Napoli Ansa/LaPresse

to però, nei giorni scorsi ogni docente deve aver ottenuto il proprio Spid – in soldoni, l’identità digitale – che se per i giovani insegnanti (unici destinatari del borsellino) è un concetto comprensibile, per gli altri più esperti, diciamo, è un termine oscuro. Semplificando per tutti: se il sito non riconosce l’insegnante, i 500 euro restano virtuali. Ma come si ottiene l’identità? Con una procedura che fa rimpiangere la vecchia burocrazia: in teoria infatti basta andare sul sito www.spid.gov.it e seguire le istruzioni. In pratica, auguri. Per richiedere lo Spid bisogna avere: un indirizzo e-mail, il numero di telefono del cellulare che si usa “normalmente” (sic!), un documento di identità valido e la tessera sanitaria col codice fiscale. E fin qui potrebbe farcela anche un non nativo digitale. Ma è l’asterisco, il buon vecchio asterisco scritto piccolo a fondo pagina, ad avvisare l’utente dell’inghippo: “*Durante la registrazione può esser necessario fotografarli e allegarli al form che compilerai”. È solo una sfida: tranquilli, potreste ancora farcela ad arrivare al principio: “Inizia registrandoti sul sito di uno tra Infocert, Poste italiane, Sielte o Tim”. Questi “quattro soggetti” sono “detti Identity Provider”,e“ti offrono diverse modalità per chiedere e ottenere lo Spid”. Provateci con noi: se scegliete Infocert potete registrarvi via webcam –facile facile – (“comodamente online da casa, ma avrete l’aiuto di un operatore e non dovrete stampare e spedire nulla”). E soprattutto a pagamento: 9,90 euro per i 18enni, e 19,90 euro per gli altri. Tempi di attesa? 10 minuti per l’inserimento dei dati online, altri 10 per la videocoferenza. Oppure, sempre per chi non sappia neanche cosa sia una webcam, c’è il noto “spor-

tello più vicino” al quale recarsi di persona e gratuitamente per ottenere le credenziali. Sempre 10 minuti per inserire i dati, mentre per concludere l’operazione bisogna aspettare la chiamata di un operatore per concordare l’appuntamento. In alternativa, ci si deve attaccare al call center. Se scegliete Poste italiane, la registrazione online è gratuita, e i clienti Bancoposta possono utilizzare anche il cellulare certificato o il lettore di carte Postamat. Tempi medi: 5 minuti. Se non avete nessuno di questi servizi, si sottintende che possiate sempre attivarli andando sul sito di Poste, farvi identificare e certificare il cellulare. I tempi medi si allungano, ma sempre meglio che pagare 14,50 euro per il servizio di registrazione a domicilio del portalettere, che verrà a casa vostra “entro 5 giorni lavorativi successivi alla registrazione sul sito”. Se avete problemi attaccatevi al call center come sopra “(il costo della chiamata è legato al piano tariffario dell’operatore utilizzato)”. Se scegliete Sielte, invece, – udite udite – la registrazione via webcam è gratuita e sa-

Il sistema

Lo Spid è il Sistema Pubblico di Identità Digitale, quello che si usa per accedere ai servizi della pubblica amministrazione: dall’Inps ai portali per il cittadino, come servizi di trasporto, anagrafe, controllo dei pagamenti delle tasse

La carta Per l’anno 2016/2017 il Miur ha creato un’applicazione web tramite cui i prof. possono usufruire del credito. Peccato che solo per registrarsi serva un’altra laurea

ranno gli operatori a indicarvi come fare, direttamente da pc, tablet o dispositivo mobile munito di webcam. Dieci minuti per inserire i dati, 24 ore per essere riconosciuti. C’è sempre l’opzione “di persona”, basta trovare l’ufficio più vicino a voi” o chiamare il call center – gratuito? – a vostra disposizione, dal lunedì al sabato. INFINE potete utilizzare Tim,

che online vi registra gratuitamente con la “firma qualificata o digitale, la carta nazionale dei servizi (Cns) o la carta d’identità elettronica preventivamente abilitate per fare la tua richiesta”. Se non avete capito niente o vi sembra un gioco di scatole cinesi, tranquilli, presto potrete “scegliere tra altre modalità, rimani aggiornato”. Oppure chiamate il call center, fate prima. Forse. Tra le altre modalità, se queste non vi fossero bastate, c’è anche la possibilità di tirare fuori l’asso nella manica: “la Carta d’identità elettronica o una Carta Nazionale dei Servizi attiva o una firma digitale” e completare la registrazione totalmente online “tramite un lettore di smart card da collegare al computer”. Ma non era proprio l’identità digitale l’obiettivo di tutto questo? Bah, tant’è che a questo punto il sito vi esorta a “cominciare”. Tempi medi: 20 minuti. Cominciare sì, perché questo è solo l’inizio. Appena avrete un’identità potete divertirvi a riempire il borsellino e magari a svuotarlo. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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