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Diario

| IL FATTO QUOTIDIANO | Lunedì 7 Novembre 2016

MALTEMPO/1

MALTEMPO/2

Pioggia e trombe d’aria Due morti vicino Roma

La piena dell’Arno torna a far paura

UN VIOLENTO temporale ha messo in ginocchio Roma. Almeno due i morti: ovunque strade allagate e alberi caduti. A Ladispoli, sul litorale, sono crollati gli ultimi due piani di un palazzo e un ragazzo pakistano di 23 anni ha perso la vita dopo essere stato colpito da un cornicione. A Cesano un uomo di 74 anni è rimasto schiacciato da un albero. La sindaca Raggi –a Cracovia con gli studenti per il Viaggio della Memoria – ha rassicurato la città. Ma già sono esplose le polemiche sulla mancanza di pulizia dei tombini.

CINQUANT’ANNI dopo l’alluvione, torna a far paura l’Arno. All'altezza degli Uffizi il fiume ha raggiunto quasi quattro metri di altezza. Chiusi temporaneamente il Lungarno e Ponte Vespucci. Alcune famiglie sono rimaste isolate nell’aretino, mentre a Siena è stata evacuata una residenza universitaria. Ed è polemica sul mancato allarme: “I sindaci del Valdarno osserva la parlamentare Pd Elisa Simoni - non sono stati avvertiti tempestivamente dell’arrivo della piena, presumibilmente per l’apertura della diga”.

FIRENZE

La kermesse Terrorizzato dai sondaggi il premier personalizza (di nuovo) il referendum, attacca e insulta “il Fatto”, i manifestanti e i la

» WANDA MARRA

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inviata a Firenze

ossiamo spiegarlo nel merito, ma in un mondo nel quale la contestazione diventa odio, abbiamo un’unica possibilità: spiegare che questo referendum riguarda non noi, ma il nostro futuro”. Ci voleva la chiusura della Leopolda numero 7 perché Matteo Renzi ricominciasse a fare quello che aveva promesso di non fare più. Ovvero, personalizzare. Il messaggio che torna a mandare è, più o meno, “dopo di me il diluvio”. Sottotesto: comunque vada, sarà lui che decide. Tanto è vero che lo fa dire al ministro del Lavoro Poletti in un’intervista a Repubblica:: Se vince il No, ci saranno le elezioni. E poi le larghe intese. Cose che aveva annunciato e poi negato, a giorni alterni. L’ANTICA STAZIONE i n d ustriale di Firenze è pienissima. Prima di lui, sul palco salgono le neo-mamme. Perché il Sì è per i bambini, il Sì è per il futuro, il Sì è contro l’Europa dei burocrati, il Sì è per la stabilità. Qualcosa Renzi lo dice, altro lo fa dire. Il timore per il 4 dicembre lo ha accompagnato per tutta la tre giorni. “Sono ancora convinto di vincere”, dice. Ma in realtà è tutta una ricerca di piani B. In apertura, gliel’aveva detto Matteo Richetti: “La gente vota No perché non ti sopporta”. Lui evidentemente lo sa e ha deciso di declinare questa consapevolezza a modo suo: andando allo scontro frontale, ridicolizzando e attaccando gli avversari. E mettendosi al centro della scena. Non ci sono “guru”che tengano, non ci sono rimproveri di Napolitano che bastino, Renzi fa l’unica cosa che è in grado di fare: lui contro tutti. Così era cominciata, durante la conferenza stampa di fine anno: “Se perdo il referendum smetto di far politica”. Convinto di avere abbastanza consenso per trainare il voto. Dopo la sconfitta alle amministrative, consapevole di quanto fosse stata anche la sua persona a provocarla, la parola d’ordine diventa “spersonalizzare”. Quindi, slegare le sorti del referendum dal suo destino. Di abbandono della vita

Inversioni Sul referendum, il premier Matteo Renzi ha cambiate diverse strategie Ansa/LaPresse

La Leopolda della paura: Renzi evoca l’Apocalisse politica non si parla più. Forse di dimissioni da premier. Magari non da segretario, per poter poi gestire un’eventuale sconfitta come leader del partito di maggioranza. Il 9 agosto alla Festa dell’Unità di Villalunga ammette: “Ho sbagliato a personalizzare”. Un paio di settimane dopo, alla Versiliana: “Si vota nel 2018”. Comunque vada il referendum? “Sì”. Con quale governo, chissà. Il messaggio che passa è: se vince il No, non succede niente. Parte il nuovo mantra: “Il voto è nel merito. Parliamo del merito”. Nei sondaggi non paga: il

FOLGORAZIONI

» ANDREA SCANZI

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embravano diversi, ma per un piatto di lenticchie si sono già placati. O almeno così sembra. Gianni Cuperlo e Matteo Richetti sono assai diversi, ma li accomuna l’essere redenti renziani: “Redenziani”. Prima reprobi e poi folgorati sulla via della Leopolda: son soddisfazioni. Cuperlo è uno dei parlamentari più dotti d’Italia, un po’ perché anche il Canaro sembrerebbe Kant se rapportato a D’Anna e un po’ perché è colto davvero. Uomo garbato e intelligente, ieri dalemiano e oggi boh, si è rivelato negli anni un campione di penultimatum, che regala ogni giorno senza riposarsi mai. Ogni volta che c’è una direzione Pd, si ritaglia i suoi cinque mi-

Il ministro Poletti ha parlato di un governo di scopo per fare la legge elettorale e votare in tre mesi No resta stabilmente avanti, almeno di 2-4 punti. E anche il trend degli incerti, che vengono dati intorno al 30%, negli ultimi giorni, vede il Sì in discesa. Due terzi del paese non è con il premier. Ieri, per l’ipotesi di sconfitta, Renzi provo-

ca: “Volete un governicchio tecnico?”. Il sottotesto è chefarà di tutto per evitarlo. Sostenendo solo un governo per fare la legge elettorale e votare in tre mesi (come annuncia appunto Poletti) o chissà, accettando un reincarico. Scenari,

peraltro, non proprio nella sua disponibilità. Se vince il No, non è detto che possa dare le carte. Neanche nel Pd. Segnali: ieri il ministro della Cultura, Dario Franceschini, alla Leopolda c’era. Ma i suoi non si sono visti nei due giorni prima. Uno che si prepara a scendere dal carro con tutto il suo potere. “L’anno prossimo la Leopolda sarà tra il 20 e il 22 ottobre”, annuncia Renzi in risposta a chi immaginava fosse l’ultima. Come dire: io rimango in gioco. IERI, il suo intervento è prece-

duto da un black out. Via la luce, giù i maxi schermi, fuori ci sono tuoni e fulmini. “È un castigo divino”, dice lui, quando può iniziare. L’incidente lo carica ancora di più. Il castigo lo promette lui: “Il quesito per molti non è sulla Costituzione: ci sono quelli che votano No per ritornare al potere, quelli che puntano a distruggere il Pd, quelli che hanno votato sei volte sì, come Renato Schifani e poi sono a capo del comitato del No”, dice. Ne ha per tutti. “Ci sono i leoni della tastiera, che quando ti incontrano non ti guardano negli occhi. Ogni

Di lotta e di governo È bastato cambiare l’Italicum (davvero?) o tornare in tv

Cuperlo&Richetti, i “redenziani” placati con un pugno di lenticchie nuti di libertà, uscendo dal fino a quel momento a Orfini ruolo di Don Abbondio e as- in ciabatte, facendosi un selfie surgendo (quasi) a ribelle. I con la Boschi. Poi, quando suoi interventi, tutti riassumi- Renzi gli ha venduto un’auto bili con un “se continuate così usata e pure rotta, ha finto che porto via il pallofosse una Porne”, rimbalzano sche e ha gridato subito in rete e al miracolo: “L’Itutti titolano: talicum cambie“Forse Cuperlo Povero Gianni rà dopo il sì, mi fise ne va”. E ogni Gli è stata venduta do e torno all’ovivolta è quel “forle”. Renzi è ancoun’auto usata: se” a vincere. ra lì che ride: Giorni fa, per lui ha finto che neanche lui si sal’adunanza rorebbe disegnato mana dei finti fosse una Porsche da solo dei “dissinuovi, Cuperlo e ha gridato de nti ” così imha abbattuto il palpabili. record di tristez- al miracolo La storia di Riza, appartenente chetti è differen-

te. Renziano della prima ora, è poi caduto in disgrazia non per motivi politici bensì personali. Lasciando stare il gossip imperante, assai attivo tanto a Firenze quanto a Modena, Richetti aveva un difetto inaccettabile agli occhi del Mister Bean di Rignano: gli faceva ombra. Come tutti i diversamente avvenenti, e anche per questo insicuri, Renzi si circonda sempre di uomini al cui confronto Beruschi apparirebbe Jude Law. Da qui il proliferare dei Carrai, Lotti, Sensi, Faraone e Nardella. È del tutto ovvio che, se ti fai accompagnare da gente così, puoi quasi passare per figo. Per

questo Richetti era pericoloso: piacente e piacione, nonché scaltro e preparato, andava isolato in ogni modo. COSÌ, FINO A poche settimane

fa, Richetti è caduto nel dimenticatoio. Nei talkshow assurgeva ad anello di congiunzione tra Civati e Renzi: non abbastanza dissidente, ma neanche pienamente renziano. Renzi lo usava come carne da macello. Richetti, da par suo, alternava riformismo e autocritica. Col sorriso sulle labbra. Poi, quando lui stesso pareva avere verso Renzi la stessa stima che ne ha Zagrebelsky, è tornato neanche un


LA GIORNATA

Lunedì 7 Novembre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |

IMMIGRAZIONE

LA ROCCAFORTE DELL’ISIS

Donna muore su barcone I figli vegliano il corpo

Siria, l’offensiva curda contro la città di Raqqa

C’ERA anche il cadavere di una giovane donna a bordo della nave Hos Hestia di Save the Children che ha portato a Pozzallo, nel ragusano, i circa 300 migranti soccorsi in precedenza. Con la donna c’erano anche i suoi due figli di 6 e di 9 anni, che sono già stati affidati a una comunità. Altri tre migranti sono morti per un gommone che si è rotto durante le fasi di salvataggio. A Catania è invece approdata la nave di Medici senza frontiere con 867 profughi. Tra di loro anche 119 donne e otto bambini di cui quattro neonati.

LE FORZE democratiche siriane (Sdf) a maggioranza curda, sostenute dagli Usa, hanno annunciato ieri l’offensiva verso Raqqa, capitale dello Stato islamico in Siria. A dare l’annuncio, una donna in divisa militare in una conferenza stampa a 50 km della città. L'operazione, denominata Ira dell’Eufrate, è cominciata la scorsa notte e coinvoge 30mila miliziani. Conferme anche dall’inviato speciale Usa che ha confermato che gli americani forniscono copertura aerea con i loro bombardamenti. Esclusa la Turchia.

Il leader nasconde “caimani” e ministri E si rimette l’elmetto O

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STOCCATA E FUGA

“Inguaribili sognatori” con l’autista al seguito » ANTONIO PADELLARO

Via dal palco Serra e Carrai, Boschi parla solo della “sua”

riforma, in prima fila i volontari e il sindaco di Lampedusa » DAVIDE VECCHI

V riferimento a Travaglio è puramente casuale”. Beppe Grillo? “No, lui ha detto che non l’ha studiata la riforma, e se l’è fatta spiegare da Di Maio che non l’ha capita”. I manifestanti? “Non si difende la Costituzione, insultando l’istituzione”. A D’Alema: “Ha detto: ‘Noi l’avremmo fatta meglio’. ‘E perché non l’hai fatta?’ gli chiedo”. La platea gli dedica una standing ovation e urla “Fuori, fuori”. Gianni Cuperlo ha annunciato il suo Sì, gli altri vengono invitati all’uscita. Bersani lo nomina per associazione tra quelli che “quando ci

sono loro c’è la Ditta, se no è l’anarchia”. La platea si spella le mani. Lui, sul palco, ha gli occhi stretti, la camicia bianca che si imbeve di sudore. Ma per scongiurare la sconfitta proprio a quella platea si appella: “Invece di urlare, fate un comitato”. Di mobilitazione non ne vede abbastanza. Mentre parla, la regia inquadra spesso Agnese: è il momento di parlare ai moderati. Messaggio formato famiglia. Mancano 28 giorni e oltre a alzare il tono dello scontro non ha molte carte da giocare. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Reprobi e folgorati A sinistra Matteo Richetti. Accanto, Gianni Cuperlo LaPresse/Ansa

mese fa a Otto e mezzo. Parlando di referendum, è parso credibile. E lì è cambiato tutto. Per il giglio magico è stata una rivelazione sconvolgente: “Oddio, forse non sono tutti come Rondolino, Andrea Romano e la Picierno!”. In realtà, proprio durante quella puntata - a cui ha partecipato chi vi scrive - Richetti non mancò di dire qualche castroneria, tipo che le firme per le leggi di iniziativa popolare salgono

“soltanto”da 50mila a 120mila (no: salgono a 150mila). Non è però da questi particolari che si giudica un propagandista. Così, sabato, Richetti è stato riammesso a corte. Addirittura alla Leopolda, dove – pur di riprendersi uno strapuntino di ribalta – si è ridotto a fare la spalla a vari comici. Che dire? Spiace. Ma mica per noi: per loro. È un peccato che si vogliano così male. © RIPRODUZIONE RISERVATA

inviato a Firenze

enerdì è iniziata con Luca Lotti che abbracciava e baciava tutti. Volontari, ospiti, servizio d’ordine. Sorridente e festoso come non mai. È proseguita sabato con Maria Elena Boschi, apparsa solo per personalizzare la riforma costituzionale e tenuta ben distante dal palco e nascosta. E si è conclusa ieri con Matteo Renzi che ha mitragliato slogan e insulti un po’ per tutti. Dal direttore di questo giornale all’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani. La tre giorni di Leopolda ha confermato con estrema evidenza il timore che premier e compagine governativa hanno del referendum. Tutto era stato studiato nei minimi dettagli per non indispettire l’elettorato. Quindi sono stati tenuti ben distanti i personaggi che potevano creare polemiche, come il finanziare Davide Serra o l’amico di sempre Marco Carrai, apparso di sfuggita pochi minuti. Sul palco sono stati scelti esclusivamente imprenditori ritenuti “sociali”, a partire da Brunello Cucinelli che ha deciso di finanziare il restauro della cattedrale di Todi, colpita dal sisma. O il volto rassicurante (e costante) di Oscar Farinetti. Poi persone comuni: volontari impegnati nelle zone terremotate, sindaco e parroco di Lampedusa in prima linea sull’immigrazione. Toni bassi. Qualche battuta ma fino a ieri è stata rispettata l’indicazione di non indispettire nessuno, di non creare inutili conflitti. Anche il ministro Boschi, fino alla scorsa edizione madrina indiscussa della kermesse renziana, è apparsa esclusivamente sabato pomeriggio ed esclusivamente per parlare della riforma costituzionale. Una scelta di Renzi mirata, bisbigliano i petali del giglio, a mettere le mani avanti: se vincesse il No il volto sulla riforma deve essere quello di Boschi. Talmente bassi apparivano i toni e dialoganti i messaggi lanciati dalla Leopolda che sabato è persino arrivata l’apertura di Gianni Cuperlo alle modifiche all’Italicum. CHIARO ED EVIDENTE il timore del

premier nei confronti del voto del 4 dicembre. Dopo la batosta registrata alle scorse amministrative Renzi aveva scelto di tornare a mostrare un volto conciliante, meno prepotente, più accomodante. Insomma un ten-

Il sottosegretario Venerdì la Leopolda era iniziata con Luca Lotti che baciava e abbracciava tutti e con i Serra e i Carrai tenuti lontani dalle telecamere LaPresse

tativo di tornare alle origini. Ma è durato poco. La lettura dei giornali ieri mattina e i resoconti televisivi lo hanno indispettito: la manifestazione del No di sabato pomeriggio, che si è svolta nonostante il divieto, ha predominato l’attenzione dei media. E dai primi due giorni di Leopolda non è emerso nulla di rilevante. Neanche un mezzo slogan degno di nota, un colpo di genio, niente che meritasse grandi spazi. Insomma è mancato il quid. Così ieri Renzi ha deciso di sterzare e accelerare. Tornando però alla contrapposizione netta, alla denigrazione degli avversari. “Qui parliamo di politica, loro fanno discorsi da bar”. All’autocelebrazione. E alle accuse. “I manifestanti non volevano venire alla Leopolda ma andare in centro per devastarlo”. Ha vinto il nervosismo. O, più semplicemente, ancora una volta Renzi non è riuscito a tenere nascosto il proprio vero volto. È apparso impaurito. Tanto da ammettere – seppur bofonchiando – la possibilità di una sconfitta. E si è mostrato fragile, incapace di individuare uno slogan forte anche quando ha invitato i volontari della Leopolda a trasformarsi in portavoce del Sì. “Dovete credere in voi stessi. Io dalla Leopolda voglio dire ‘provaci, proviamoci’. Siamo l’Italia che cerca di offrire uno spazio ai propri figli”. Una frase che ripete da sette anni ormai, dalla prima Leopolda. Che da sempre parla del presente che deve diventare futuro senza però riuscire a diventarlo mai. © RIPRODUZIONE RISERVATA

gni tanto ieri alla Leopolda inquadravano un dipinto di Velasquez o forse di Goya anche se in posa non c’era la famiglia di Carlo IV bensì i familiari di Matteo Primo, con la corte al completo (Boschi, Moretti eccetera). Mancava solo il levriero. Mirabile tableau vivent dove spiccava il profilo severo di Massimo Recalcati psicanalista che poco prima aveva suscitato l’entusiasmo dei pazienti accusando i “paternalisti impotenti” (ahi ahi) di “volere uccidere Matteo nella culla”, con un rovesciamento edipico apprezzato da affermati studiosi come Alfano e Verdini. Non fraintendete, il Professore che sulle pagine di Repubblica aveva già diagnosticato agli oppositori del Sì “una sindrome livorosa patologica” è stato convocato a palazzo in qualità di medico curante. Parenti e amici del presidente del Consiglio, infatti, da tempo osservano con apprensione i comportamenti del loro caro che sembrano rientrare nel classico quadro clinico conosciuto volgarmente come scissione della personalità. Purtroppo è accaduto anche ieri. Il premier e leader Pd, colui che con uno schiocco delle dita può chiudere un talk Rai non gradito, il beniamino di banche, petrolieri e Confindustria, l’amico di Obama, sì proprio lui Matteo Renzi improvvisamente ha descritto quella platea, dove il più sfigato viaggia con autista e scorta, come un manipolo di poeti sentimentali, tipo la classe dell’“Attimo fugg en te ”. “Inguaribili sognatori”, piccoli fiammiferai che alla sera mentre si sfregano le dite intirizzite s’incoraggiano l’un l’altro: “forza ce la facciamo, possiamo farcela”. Il problema è che pure pure Recalcati a un certo punto, con gli occhi inumiditi invitava i compagni ad “evocare il sogno”. Ma sicuramente non parlava di Verdini.


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